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Sommario del 01/11/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus nella festa di Tutti i Santi: camminiamo sulla via della santità. Al Verano pregherà per i cristiani perseguitati. Il pensiero del Pontefice ancora ai migranti
  • Nel pomeriggio il Papa al Cimitero romano del Verano
  • Oggi è la "Giornata della Santificazione Universale". Con noi, Mirella Scalia
  • Nuove schiavitù: Pontificia Accademia delle Scienze e medici a convegno
  • Dichiarazione di padre Lombardi sulle polemiche riguardanti uno spettacolo di Dario Fo
  • Oggi in Primo Piano

  • Niger: si aggrava il bilancio dei migranti morti nel deserto. Don Zerai: risolvere le cause di questi flussi
  • Siria blocca la produzione di armi chimiche. Si complica però la strada verso Ginevra 2
  • Elezioni locali domenica in Kosovo, test di convivenza pacifica dopo la guerra
  • Ultime ore per aderire alla campagna "Uno di noi" in difesa della vita dal concepimento
  • A Rimini, la Conferenza animatori di Rinnovamento nello Spirito Santo
  • A Roma ritorna il Pitigliani Kolno'a Festival, rassegna dedicata al cinema israeliano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ognissanti: cardinale Bagnasco, come i Santi vivere la libertà dei figli di Dio
  • Conclusa la visita dell’arcivescovo Becciu in Kuwait per la nuova nunziatura apostolica
  • Dedicata a progetti sanitari nelle Isole Salomone la Corsa dei Santi
  • Ancora attentati in Iraq. Ottobre il mese più sanguinoso dal 2008
  • Datagate. Le ammissioni di Kerry: “Gli Usa spinti troppo in là, non accadrà più”
  • Thailandia. Parlamento dice sì all’amnistia; Shinawatra potrebbe tornare in patria
  • Medio Oriente. Scontri nella Striscia di Gaza, morti 4 miliziani di Hamas
  • Ucraina: Giornata della Memoria nell’80° anniversario dell'Holodomor
  • Bangladesh: poveri costretti a vendere i propri organi per pagare i debiti
  • Terra Santa: si terrà a Nazareth la Giornata mondiale del malato 2016
  • Usa: 23 e 24 novembre, colletta della Campagna cattolica per lo sviluppo umano
  • Malawi: al via a gennaio le trasmissioni di Radio Tuntufye FM
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus nella festa di Tutti i Santi: camminiamo sulla via della santità. Al Verano pregherà per i cristiani perseguitati. Il pensiero del Pontefice ancora ai migranti

    ◊   Essere santi non è un privilegio di pochi, ma è una vocazione per tutti. Lo ha ricordato Papa Francesco, oggi all’Angelus in Piazza San Pietro, nell’odierna festa di Tutti i Santi. “Il traguardo della nostra esistenza - ha detto - “non è la morte”, bensì il Paradiso. Nel pomeriggio, ha poi aggiunto, si recherà al cimitero romano del Verano, per la Santa Messa e la commemorazione dei defunti. Nell’occasione, il pensiero del Santo Padre è andato alla recente tragedia in Niger, dove un centinaio di migranti sono morti nel deserto, tentando di raggiungere la vicina Algeria. Il servizio di Giada Aquilino:

    Non sono superuomini, né sono nati perfetti. “Sono come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze”. Così Papa Francesco ha parlato della figura dei Santi: gli “amici di Dio”, li ha definiti, perché nella loro esistenza terrena hanno vissuto “in comunione profonda con Dio”. È per questo che “nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa”:

    “Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni o ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per l’amore di Dio non hanno fatto la loro vita con condizioni a Dio; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri - servire il prossimo - e hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare. I Santi mai hanno odiato. Perché - ma capite bene questo, eh? - l’amore è di Dio, ma l’odio da chi viene? Viene da Dio l’odio? No, viene dal diavolo! E i Santi si sono allontanati dal diavolo”.

    I Santi sono quindi uomini e donne che “hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri”:

    “Essere santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità. Tutti noi abbiamo l’eredità di poter diventare Santi nel Battesimo. E’ una vocazione per tutti. Tutti perciò siamo chiamati a camminare sulla via della santità, e questa via ha un nome. La via che porta alla santità ha un nome, ha un volto: il volto di Gesù. Lui ci insegna a diventare Santi: Gesù Cristo”.

    Nel Vangelo, il Signore “ci mostra la strada”, quella delle Beatitudini: “il Regno dei cieli - ha spiegato il Pontefice - è per quanti non pongono la loro sicurezza nelle cose, ma nell’amore di Dio; per quanti - ha proseguito - hanno un cuore semplice, umile, non presumono di essere giusti e non giudicano gli altri, quanti sanno soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce, non sono violenti ma - ha aggiunto - misericordiosi e cercano di essere artefici di riconciliazione e di pace”. Quindi “è bella la santità. E’ una bella strada”.

    “Oggi i Santi ci danno un messaggio in questa festa. Ci dicono: fidatevi del Signore, perché il Signore non delude! Il Signore non delude mai! E’ un buon amico, sempre al nostro fianco. Non delude mai! Con la loro testimonianza i Santi ci incoraggiano a non avere paura di andare controcorrente o di essere incompresi e derisi quando parliamo di Lui e del Vangelo; ci dimostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla sua Parola sperimenta già su questa terra il conforto del suo amore e poi il ‘centuplo’ nell’eternità”.

    In fondo, ha notato il Santo Padre, questo “è ciò che speriamo e domandiamo al Signore per i nostri fratelli e sorelle defunti”. “Con sapienza, la Chiesa ha posto in stretta sequenza la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti”. Alla nostra preghiera di lode a Dio e di venerazione degli spiriti beati si unisce, ha aggiunto il Papa, “l’orazione di suffragio per quanti ci hanno preceduto nel passaggio da questo mondo alla vita eterna”. Quindi, dopo la preghiera mariana, ha ricordato che nel pomeriggio si recherà al cimitero del Verano e celebrerà la Santa Messa:

    “Sarò unito spiritualmente a quanti in questi giorni visitano i cimiteri, dove dormono coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e attendono il giorno della risurrezione. In particolare, pregherò per le vittime della violenza, specialmente per i cristiani che hanno perso la vita a causa delle persecuzioni”.

    Poi il pensiero all’ultima tragedia dell’immigrazione, quella accaduta nei giorni scorsi nel deserto del Niger, dove persone che cercavano una vita migliore sono invece morte in condizioni disperate. Forte si è levata la preghiera del Papa:

    “In modo speciale pregherò per quanti, fratelli e sorelle nostri, uomini, donne e bambini, sono morti, assaliti dalla sete e dalla fame e dalla fatica nel tragitto per raggiungere una condizione di vita migliore. In questi giorni abbiamo visto nei giornali quell’immagine del crudele deserto”.

    Infine, nel rivolgersi ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, il Pontefice ha salutato i partecipanti alla Corsa dei Santi, organizzata dalla Fondazione Don Bosco nel mondo. “San Paolo direbbe che tutta la vita del cristiano è una ‘corsa’ per conquistare il premio della santità: voi - ha concluso - ci date un buon esempio”.

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    Nel pomeriggio il Papa al Cimitero romano del Verano

    ◊   Oggi alle 16.00, presso l’ingresso del Cimitero monumentale del Verano a Roma, Papa Francesco - come ha ricordato all'Angelus - presiederà la Santa Messa nell’odierna Solennità di Tutti i Santi. Al termine, si terrà un momento di preghiera per i defunti, con la benedizione delle tombe. A concelebrare col Pontefice saranno il cardinale vicario Agostino Vallini, l’arcivescovo Filippo Iannone, vicegerente della diocesi di Roma, i vescovi ausiliari e il parroco dell’attigua Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura, padre Armando Ambrosi. Risale esattamente a vent’anni fa l’ultima visita di un Papa al Verano: Giovanni Paolo II, infatti, il 1° novembre 1993 vi celebrò la Santa Messa nella Solennità di Tutti i Santi.

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    Oggi è la "Giornata della Santificazione Universale". Con noi, Mirella Scalia

    ◊   Ricorre oggi, festa di Tutti i Santi, la “Giornata della Santificazione Universale” promossa dal Movimento Pro Sanctitate fondato nel 1947 dal Servo di Dio, Guglielmo Giaquinta. La Giornata di quest'anno apre anche le celebrazioni con cui il Movimento ricorderà il centenario della nascita del suo fondatore, avvenuta il 25 giugno 1914. A Roma, nella Chiesa di S. Maria di Loreto a Piazza Venezia, una messa è stata presieduta a mezzogiorno da mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore centro e diverse iniziative di preghiera e di riflessione sono in programma in Italia e nei Paesi in cui è presente il Movimento, tutte incentrate sul tema: “Narrare Dio”. Obiettivo della “Giornata della Santificazione Universale” è sottolineare che la santità è una chiamata che riguarda tutti i cristiani senza eccezioni. Adriana Masotti ne ha parlato con Mirella Scalia, segretaria nazionale di Pro Sanctitate:

    R. - Senz’altro, questo è il senso: mettere nel cuore dei cristiani, della Chiesa, delle comunità questa luce. I Santi non sono solo alcuni, separati, diversi, ma c’è un messaggio che circola nel Vangelo di richiamo forte all’amore che ci coinvolge tutti, nessuno escluso.

    D. – Forse non per tutti è chiaro, però, che cosa significa santità e chi è il Santo…

    R. – Sì, forse quello che difficilmente passa nel tessuto concreto della vita di ogni credente è che prima di tutto c’è da guardare alla santità di Dio. È lui il Santo. Quindi, essere santi è prima di tutto riuscire a stare continuamente dentro questa luce di Dio. Concretamente, significa: mettersi in ascolto del Vangelo, essere sempre riempiti da quello che Dio in Gesù ci vuole dire, passo dopo passo senza pensare chissà a quali gesti eclatanti. Realizzare in pieno la propria umanità fatta di piccole cose, dove in ogni gesto, in ogni scelta della vita, prima di tutto ci sia il Vangelo; vivere, soffrire, gioire della vita degli altri.

    D. – La ricerca della santità, che possiamo pensare essere anche la ricerca della perfezione, può essere una forma di egoismo spirituale. Come evitare questo?

    R. – E’ vero, questo è un grosso rischio perché noi esseri umani siamo un po’ “assetati” di perfezionismo. Però, la santità non è perfezionismo e non è neanche una vita senza errori: è prendere sempre più coscienza non solo della fragilità personale, ma anche della fragilità della storia e mettere tutto questo nel grande cuore di Dio come una risorsa da poter investire. Questo è quello che ci hanno raccontato i santi, anche attraverso la loro vita.

    D. – Il Santo poi non guarda a se stesso…

    R. – Sì, questa è un’altra grande prospettiva che ci apre il Vangelo. Cristo è tutto, attimo per attimo, in ogni suo respiro, in ogni sua parola per gli altri. Quindi, più partecipiamo del Suo amore, più sicuramente la vita diventa un’apertura infinita alle proposte di Dio che passano attraverso le voci, a volte le grida, dei fratelli che ci chiedono prepotentemente questo amore.

    D. – A questo proposito, Papa Francesco nell’ultima udienza generale ha parlato della necessità e della bellezza di aiutarsi gli uni con gli altri nel cammino della fede…

    R. – Direi che ne abbiamo profondamente bisogno. Questa è una grande prospettiva che ci propone il Papa: sottolineare sempre di più che santi si diventa insieme, che la santità “comunitaria”, la santità “sociale” potrebbe davvero trasformare il volto della società e della storia di oggi. In realtà, aggregazioni, movimenti, tantissime voci e cellule della Chiesa hanno voluto sottolineare che la santità - come qualsiasi cammino profondo ed autentico di fede - è una storia che si costruisce insieme: fratello accanto a fratello, ci si aiuta a camminare perché da soli non saremmo dentro la logica di Dio.

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    Nuove schiavitù: Pontificia Accademia delle Scienze e medici a convegno

    ◊   L’attuale situazione del traffico di esseri umani e della schiavitù moderna, nonché un piano d’azione per combatterli. Sono i due principali aspetti al centro di una Conferenza di due giorni, domani e domenica, organizzata in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali assieme alla FAIMC (Federazione Mondiale delle Associazioni Mediche Cattoliche). L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che tra il 2002 e il 2010 sono state circa 21 milioni le vittime del lavoro forzato, inteso anche come sfruttamento sessuale. Ogni anno circa due milioni di persone sono vittime del traffico sessuale, il 60% delle quali sono ragazze, mentre il traffico di organi umani raggiunge quasi l’11% del totale. A ricordare questi agghiaccianti dati è mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. A Francesca Sabatinelli, che lo ha intervistato, mons. Sorondo spiega l’origine della Conferenza:

    R. - All’origine di tutto è il Santo Padre che era già a conoscenza di questi problemi. Non appena eletto, il Papa ci ha ricevuto, noi della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Nella lettera di ringraziamento inviatagli successivamente, i consiglieri hanno anche chiesto se desiderasse che ci si occupasse di qualcosa in particolare, e lui, immediatamente, con la stessa busta ha risposto: “Marcelo, voglio che si studi il problema delle nuove forme di schiavitù e del traffico delle persone, incluso il problema della vendita di organi”. Così l’Accademia ha cominciato a lavorare. Abbiamo visto però che era necessario coinvolgere i medici e quindi abbiamo chiamato i medici cattolici, perché il presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche, José María Simón de Castelví, ha voluto collaborare; e poi anche l’Accademia delle Scienze, perché le soluzioni possono essere anche di carattere scientifico. Così è nata l’iniziativa.

    D. – Il fenomeno della tratta, o della schiavitù moderna, viene analizzato sotto quali aspetti?

    R. – Sotto ogni aspetto. Quello che vogliamo è capire la reale estensione del fenomeno, che un po’ già si conosce, ma vogliamo comunque avere dati più precisi. Vogliamo anche raggiungere un’idea comune per la Chiesa, per le Conferenze episcopali. Ci sono conferenze episcopali, come ad esempio quella inglese, o quella del Guatemala, che hanno redatto alcuni documenti, ma credo che la Chiesa nel suo insieme non abbia sufficiente coscienza del problema. Vogliamo poi trovare orientamenti concreti: abbiamo chiesto a tutti gli invitati, agli osservatori così come ai relatori, di inviarci proposte concrete ed ora le stiamo valutando. C’è, ne è una molto interessante presentata da un medico, che suggerisce di conservare il DNA di bambini scomparsi insieme a quello dei genitori che ne denunciano la scomparsa e confrontarlo: infatti, la prima cosa che fanno i trafficanti è cancellare le loro impronte digitali.

    D. – Sappiamo che all’origine della tratta ci sono condizioni di povertà estrema, guerre, conflitti interni... C’è una parte del mondo che sfrutta tutto questo...

    R. – E lo diremo, questo. A cominciare da quegli stessi Paesi che hanno leggi che fanno il doppio gioco: da una parte parlano di vita umana, dall’altra le loro stesse istituzioni non vogliono vedere questo problema, o addirittura lo favoriscono. Per esempio, prendiamo ciò che è accaduto in Bosnia, che ha coinvolto alcuni americani, e non solo, in un traffico di schiave, denunciato da una donna americana successivamente licenziata per questo da una sussidiaria dell’Onu (il caso Kathryn Bolkovac N.d.R.). Per questo motivo, ci è sembrato opportuno coinvolgere i medici perché anche loro sono compromessi, le istituzioni che dovrebbero difendere sono quelle più compromesse. Quindi, da una parte ci troviamo davanti ad una situazione drammatica, non si vuole parlare di questo problema, non si vuol vedere cosa succede; dall’altra si fa il doppio gioco. Ci sono poi quei Paesi che riconoscono la prostituzione come un lavoro: anche loro creano il mercato della tratta. In Germania, per esempio, questo problema è terribile. Ma non solo in Germania, anche in altri Paesi del nord. Quindi, lo Stato da una parte dice che bisogna intervenire, mentre dall’altra ci guadagna. Il Papa, fin da quando ancora era arcivescovo, aveva già intuito questo grave problema sociale che tocca proprio l’anima del mondo sociale, delle scienze sociali. Noi siamo rimasti colpiti per non averlo capito prima.

    D. – A questo punto, con gli atti di questa conferenza, la Chiesa cosa vuole fare?

    R. – Noi vogliamo fare questo primo incontro; poi ne faremo altri, ma questo è già un primo passo per andare incontro ai desideri del Papa. Cercheremo di fare del nostro meglio, non pretendiamo di aver trovato la soluzione al problema, ma almeno è un passo avanti. Noi abbiamo chiesto alla Santa Sede perché non abbia ancora aderito al Protocollo di Palermo (Protocollo delle Nazioni Unite sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, in particolar modo donne e bambini N.d.R.) e ancora non abbiamo avuto risposta, l’hanno chiesto gli stessi nostri accademici. Vuol dire che non c’è ancora una politica comune. Sicuramente il Papa vuole mettere chiarezza su queste cose. Bisogna fare un elogio al Papa: con la sua sensibilità ha riportato noi dell’Accademia - che discutevamo di cose un po’ astratte - sulla strada concreta della realtà di questa globalizzazione che porta con sé aspetti terribili tra cui – come egli stesso ha detto a Lampedusa - l’indifferenza. La gente viene venduta ma a nessuno importa della persona umana, l’unica cosa che importa sono i soldi, anzi: si fanno soldi con le persone come si faceva un tempo con la schiavitù, e in un certo modo è ancora peggio! Soprattutto se consideriamo l’aspetto sessuale, nel quale sono coinvolti e compromessi bambine ed anche bambini. E’ una delle cose più tragiche del mondo globale, insieme all’immigrazione, i cui effetti abbiamo visto a Lampedusa.

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    Dichiarazione di padre Lombardi sulle polemiche riguardanti uno spettacolo di Dario Fo

    ◊   A proposito della polemica sulla rappresentazione di uno spettacolo di Dario Fo all’Auditorium della Conciliazione a Roma, sulla quale hanno riferito alcuni quotidiani con titoli fuorvianti, a seguito di dichiarazioni dello stesso Fo, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, interpellato dai giornalisti, ha dichiarato anzitutto che nessuna autorità vaticana era al corrente di richieste, “né alla Presidenza dell’APSA, proprietaria dell’Auditorium, né in Segreteria di Stato, né ai Consigli della Cultura o delle Comunicazioni Sociali”. E alla luce delle polemiche padre Lombardi ha concluso: “Dopo queste uscite mediatiche, che cercano di mettere in mezzo il Vaticano e il Papa in modo non corretto e forse addirittura strumentale, penso proprio che sia meglio che lo spettacolo non si faccia all'Auditorium”. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Oggi in Primo Piano



    Niger: si aggrava il bilancio dei migranti morti nel deserto. Don Zerai: risolvere le cause di questi flussi

    ◊   Ennesima tragedia dell’immigrazione, ricordata dal Papa oggi all'Angelus, durante il quale ha rivolto una preghiera speciale per le vittime. E’ salito a 92 il bilancio dei migranti, per lo più donne e bambini, morti di fame e di sete nel deserto del Niger, probabilmente all’inizio del mese, mentre a bordo di due camion provavano a raggiungere l’Algeria per iniziare il loro viaggio verso l’Europa. Oggi il Paese ha deciso che si osserveranno tre giorni di lutto nazionale. Si tratta di un fenomeno migratorio di proporzioni ingenti che attraversa questa parte di Africa, non diverso da quello che avviene giornalmente nel Canale di Sicilia come sottolinea don Moussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia per la Cooperazione e lo Sviluppo, al microfono di Cecilia Seppia.

    R. – E' un fenomeno molto legato a quello del Mediterraneo e dei recenti naufragi. Non se ne sente parlare, ma spesso succede che muoiano decine e decine di migranti anche lì, al confine tra Sudan e Libia, Ciad o Niger. Però nessuno, purtroppo, lo racconta.

    D. – Tra l’altro si tratta di corpi trovati in stato avanzato di decomposizione, quindi oltre alla tragedia c’è anche, in questo caso, la totale, brutale noncuranza, il non rispetto per queste vittime...

    R. – Purtroppo sì, perché spesso vengono abbandonati dai trafficanti. Anche in passato, almeno durante il regime di Gheddafi, gli stessi militari prendevano delle persone e le abbandonavano proprio al confine tra i due Paesi e lì morivano di fame e di sete. C’è questo non rispetto dei vivi figuriamoci dei morti, purtroppo.

    D. – Viaggi della disperazione dietro ai quali c’è una criminalità organizzata molto capillare, molto estesa. Addirittura, appunto, sappiamo di trafficanti di esseri umani che vanno a prelevare la gente nei campi profughi, facendosi pagare ingenti somme di denaro e promettendo loro chissà che cosa.

    R. – Sì, lo fanno spesso anche con la complicità dei militari o delle autorità locali, perché non è pensabile fare spostamenti di gruppi di persone senza essere avvistati o senza incappare nei controlli. Eppure grazie alla corruzione si riesce a superare ogni ostacolo e i trafficanti fanno affari sulla pelle di questi poveri.

    D. – Ancora una volta questa tragedia solleva il bisogno di una cooperazione internazionale, ma davvero basta parlare di corridoi umanitari?

    R. – Non bastano solo i corridoi umanitari, bisogna lavorare su vari fronti. Il primo impegno della comunità internazionale è quello di risolvere le cause che spingono queste persone ad abbandonare i loro Paesi, ma anche – come soluzione temporanea – trovare canali legali per accogliere queste persone e realmente dare loro la protezione di cui hanno bisogno: ambasciate che aprano le loro porte per accogliere le richieste di asilo; programmi di reinsediamento, strumenti vari per un trasferimento legale del richiedente asilo dai campi profughi verso i Paesi che offrono una protezione.

    D. – Spesso, infatti, soprattutto da parte europea si applica la politica del contenimento, ma bisognerebbe pure – come diceva anche lei – concentrarsi sulle cause scatenanti di questi flussi migratori. Pensiamo alla Somalia, dove c’è la guerra civile da 20 anni. Scenari davvero di crisi profondissime...

    R. – Sì, perché è inutile alzare delle barricate. Anche in questi giorni si è parlato solo di rafforzamento della Frontex: cosa vuol dire questo, rafforziamo i respingimenti? Allora esponiamo poi le persone al rischio di morire nel deserto, perché poi questi Paesi che devono tentare di bloccare tali flussi usano proprio questo vile strumento di abbandonare le persone lungo il confine nel deserto. E ciò non va bene. Quindi se la "fortezza Europa" con la chiusura totale dei confini porta a questo tipo di violazione, l’Europa stessa finisce per diventare complice di queste violazioni. Non dev'essere così. Quindi l’azione non è solamente quella di alzare le barricate e basta, bisogna lavorare e prima di tutto spegnere i focolai che ci sono nei vari Paesi. Lei ha citato la Somalia da venti anni … In Eritrea da venti anni c’è una dittatura che giustifica la sua esistenza per una guerra mai guerreggiata. Un conflitto irrisolto che da 13 anni è al confine tra l’Etiopia e l’Eritrea. La stessa Siria … più si protrae questo tipo di guerra, più profughi avremo.

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    Siria blocca la produzione di armi chimiche. Si complica però la strada verso Ginevra 2

    ◊   Il Programma alimentare mondiale (Pam) fa sapere che in ottobre ha potuto distribuire aiuti a 3,3 milioni di persone in Siria, un record dallo scoppio del conflitto ma al di sotto dei bisogni della popolazione. Sul piano diplomatico, intanto, il negoziatore internazionale Brahimi, in partenza da Damasco, avverte: nessuna Conferenza di ‘Ginevra 2’ senza l'opposizione. Sul terreno è stato confermato l'attacco di aerei militari israeliani alla base siriana di Latakia, per evitare – è stato detto - "il trasferimento di missili a Hezbollah". Damasco infine asseconda la comunità internazionale e - per la scadenza odierna - disattiva tutte le istallazioni per la produzione e l’assemblaggio delle armi chimiche. Poste sotto sigilli, impossibili da violare, oltre mille tonnellate di agenti chimici e rese inutilizzabili 290 tonnellate di armi. Lo fa sapere l'Opac, l’Organizzazione che si occupa dello smantellamento degli arsenali nel Paese. Sull’attendibilità e il significato della disattivazione delle armi da parte del regime di Assad, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di Giorgio Alba di "Archivio Disarmo":

    R. - Abbiamo una massima credibilità in quanto la dichiarazione è supportata dalla presenza sul terreno di personale altamente specializzato, consapevole anche dell’impatto politico di eventuali dichiarazioni errate. Da un punto di vista prospettico, i tempi sono rapidi ma non dobbiamo farci confondere da questo, l’importante è raggiungere l’obbiettivo: fermata la produzione di ulteriori armi, cosa fare con le armi già esistenti? Queste devono essere smantellate. Attualmente sono in corso dei negoziati soprattutto tra Stati Uniti e Paesi occidentali: la Norvegia e l’Albania potrebbero essere i due Paesi incaricati allo smantellamento.

    D. - Quindi rimane tutta la pianificazione successiva, si parlava dalla metà del 2014 per la distruzione definitiva…

    R. - Esatto. Non prevedo ritardi. Bisognerà però verificare nel tempo come questo smantellamento avverrà e soprattutto che impatto da un punto di vista ambientale avrà. Le scorie risultanti dallo smantellamento delle armi chimiche infatti hanno dei rischi ambientali molto elevati, per questo attualmente i Paesi che dovrebbero, non stanno accettando di ospitare queste armi.

    D. - È possibile che ci siano armi chimiche nelle mani dei ribelli e in tal caso cosa succede a quelle armi?

    R. - Attualmente gli esperti nel settore indicano, con tutta probabilità, l’assenza di armi chimiche nelle mani dei ribelli o eventualmente la presenza di armi chimiche o sostanze associabili alle armi chimiche che vengono però fornite dall’esterno.

    D. - Quindi lei sta dicendo che, nonostante questa operazione, comunque c’è possibilità che circolino ancora armi chimiche?

    R. - Fino a quando tutti i Paesi non ratificano il Trattato per la messa al bando delle armi chimiche non è possibile escludere queste ipotesi.

    D. - Comunque armi in Siria continuano ad essere presenti, perché il conflitto sta andando avanti …

    R. - Le armi continuano ad essere presenti in quanto esistono canali di trasporto, di commercio di armi convenzionali attraverso la Turchia, la Giordania e il confine con l’Iraq. Esistendo queste rotte, non possiamo escludere che con un buon finanziamento, qualche entità governativa o meno possa utilizzare questi canali di trasporto per trasferire armi chimiche all’interno della Siria o all’esterno, quindi dalla Siria verso Paesi terzi.

    D. - Come vede, a livello strategico, questa ipotetica data della “Ginevra 2” dopo che lo stesso Assad ha avvertito che l’esito dipende dal supporto degli stranieri ai terroristi locali?

    R. - L’indicazione che ha fatto Assad significa semplicemente un posizionamento tattico nei confronti dei propri referenti politici a livello internazionale. Assad rappresenta il vertice di una struttura di potere religioso e etnico in Siria che vuole essere tutelata. Assad rappresenta questi interessi e sta segnalando che questi interessi devono essere tutelati: “Siamo pronti al negoziato ma dovete prima tutelare i nostri interessi”. Teniamo presente l’esempio dell’Iraq, dove gli interessi delle minoranze sunnite - pensiamo agli ultimi attentati con autobombe e esplosivi - non sono pienamente tutelati dal governo sciita.

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    Elezioni locali domenica in Kosovo, test di convivenza pacifica dopo la guerra

    ◊   Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, ha lanciato un appello a votare nelle elezioni locali di domenica prossima in Kosovo, sostenendo che un successo della consultazione sarà importante per la pace e la stabilità nella regione. Un appello alla popolazione del Kosovo, ed in particolare alla comunità serba nel nord del Paese, ad andare a votare il 3 novembre arriva anche dal capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton. Dei circa 120 mila serbi del Kosovo, su una popolazione di 2 milioni di abitanti in larga maggioranza di etnia albanese, infatti, oltre 40 mila vivono nel nord del Paese. Molti di essi sono ostili a ogni tipo di collaborazione con le autorità di Pristina e minacciano di boicottare le amministrative kosovare. Luca Collodi ha chiesto a don Lush Gjergji, vicario generale dell’amministrazione apostolica in Kosovo, qual è il ruolo della Chiesa cattolica nel Kosovo ad ormai 14 anni dalla guerra con la Serbia:

    R. - Prima di tutto è una Chiesa che ha una storia di 2mila anni. E’ una Chiesa fiorente perché ha molte vocazioni sacerdotali e religiose, è una Chiesa che sta prendendo consapevolezza della realtà non solo storica ma attuale in mezzo all’islam ed in mezzo alla Chiesa ortodossa. È una Chiesa “ponte”. Noi abbiamo intrapreso due anni fa l'iniziativa di fare incontri regolari con i responsabili delle comunità religiose; loro hanno risposto positivamente: ogni tre mesi ci incontriamo regolarmente e discutiamo apertamente, fraternamente sulle questioni da risolvere, da affrontare insieme. Da questi incontri sono nati anche gruppi di studio, gruppi di esperti che preparano e divulgano quello che noi cerchiamo di raggiungere, la ricerca del bene comune di ogni cittadino - quindi di ogni credente - e il bene comune del Kosovo come Stato libero e giovane democrazia.

    D. – Quali sono le questioni ancora aperte in Kosovo?

    R. – Sottolineamo la mancanza della legge sulle comunità religiose su cui già da un anno si sta discutendo. Abbiamo consegnato le nostre osservazioni che sono state prese con molta serietà dal ministero della Giustizia. Vogliamo avere oltre alla Costituzione – che prevede la possibilità di libertà religiosa – anche una legge esplicita che regola i rapporti delle comunità religiose. La seconda mancanza è che non esiste ancora una legge sulla proprietà; quindi, collegato a questo, ci sono la nazionalizzazione e la denazionalizzazione: molti beni appartenenti alle nostre Chiese ma anche alle altre comunità sono stati nazionalizzati dal comunismo di Tito.

    D. – Nella popolazione, il rapporto tra ortodossi serbi e kosovari albanesi qual è? Non dimentichiamoci che in Kosovo è ancora presente la KFOR, la forza multinazionale di pace, una forza militare…

    R. – Adesso questa è più che altro un decoro perché finalmente – il 19 aprile di quest’anno – è stato raggiunto un accordo tra il primo ministro del Kosovo ed il primo ministro della Serbia; si sono incontrati più volte a Bruxelles, sotto il patrocinio della Comunità europea. Hanno riconosciuto alcuni documenti: possiamo viaggiare con la carta di identità, riconoscono anche le registrazioni dei veicoli ed il titolo scolastico; si parlerà anche di altre cose, come delle pensioni. Siamo a buon punto. Avremo un banco di prova il 3 novembre, quando ci saranno le elezioni locali: per la prima volta parteciperanno anche le comunità serbe del nord riconoscendo finalmente la costituzione del Kosovo e riconoscendo la nuova realtà che si è creata. A questo punto le questioni aperte ci sono, si parla apertamente e si è fatto un cammino abbastanza positivo.

    D. – La popolazione è povera, manca il lavoro. Che prospettive ci sono per i kosovari?

    R. – Purtroppo ci sono tanti pregiudizi. Sono state messe in circolazione diverse questioni che non sono reali ma servono solo a creare pregiudizi e a presentare il Kosovo come luogo di transito di droga, prostituzione, armi ed addirittura di organi; ma anche di fondamentalismo islamico… Nel Kosovo esiste un islam molto moderato, una fratellanza universale fra noi albanesi. Quindi i presupposti fondamentali per un dialogo interreligioso cristiano-musulmano e per un dialogo ecumenico tra noi cristiani cattolici e ortodossi esistono. Siamo un esempio unico a livello dei Balcani, dell’Europa e del mondo. Questa realtà purtroppo non viene né conosciuta, né riconosciuta in buona parte dall’Europa e dal mondo.

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    Ultime ore per aderire alla campagna "Uno di noi" in difesa della vita dal concepimento

    ◊   Ultime ore per aderire anche online all’iniziativa europea di raccolta firme “Uno di noi” in difesa dell'embrione umano: c’è tempo fino alla mezzanotte di oggi. Oltre un milione e cinquecentomila finora le sottoscrizioni per chiedere al Parlamento Ue che, in conformità con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, siano tutelati dignità, diritto alla vita e integrità di ogni essere umano fin dal concepimento. Paolo Ondarza ha intervistato il coordinatore nazionale della campagna Michele Trotta:

    R. - È stata veramente una bella iniziativa popolare. Abbiamo avuto un proliferare di adesioni da parte dei singoli cittadini, tra l’altro con lettere meravigliose. Sono venuti a conoscenza di questa iniziativa soltanto attraverso il mezzo stampa e i servizi che la Radio Vaticana ha fatto per noi; purtroppo non abbiamo mezzi economici tali da poter coprire mediaticamente tutto il Paese.

    D. – Siete comunque arrivati ad un numero considerevole di firme…

    R. – Fino ad oggi in Europa sono state raccolte 1.644.462 adesioni. In Italia abbiamo raccolto fino ad oggi 580mila adesioni, ma stiamo andando verso le 600mila. Ne stanno arrivando copiosamente proprio in queste ultime ore.

    D. – Stiamo parlando di persone non necessariamente appartenenti all’area cattolica…

    R. – No, uomini di buona volontà, anche persone lontane dalla Chiesa che ci hanno scritto dicendoci che loro stessi avevano vissuto il dramma dell’aborto. Dicevano: “Io non vado in Chiesa ma so che questo bambino non c’è più…”.

    D. – Proprio perché la Campagna Uno di Noi fa appello alla ragione, prima ancora che al cuore degli uomini…

    R. – Sì, è chiaro. La Campagna parte da una semplice dichiarazione, ovvero, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: la dignità è sempre ugualmente grande in ogni essere umano. Se non c’è questo riconoscimento diventa un po’ difficile poi parlare di pace, libertà e di giustizia.

    D. – E’ possibile firmare on line fino alla mezzanotte del primo novembre. Dopo quella scadenza cosa ne sarà di tutte queste adesioni?

    R. – Consegneremo tutte le schede a Bruxelles. A quel punto la Commissione stabilirà se abbiamo effettivamente superato il milione di firme. Poi, il Parlamento europeo si dovrà esprimere sulla richiesta di Uno di Noi.

    D. – Che l’embrione sia “uno di noi”, lo ribadiscono anche tante iniziative. Una tra queste è l’impegno a dare sepoltura ai bambini non nati. Sta accadendo, ad esempio, anche nel comune di Firenze dove è allo studio un progetto di allestimento di un’area del cimitero dedicata ai bimbi mai nati…

    R. – Siamo contenti che Firenze - città di civiltà e di storia - vada a chiedere un nuovo regolamento di polizia cimiteriale in modo da dare giusto spazio ai bambini non nati.

    D. – C’è chi chiede anche una legge per iscrivere i bimbi non nati all’anagrafe. Voi che ne pensate?

    R. – Questo sarebbe ancora più bello. Certo, qui il rischio è che possano mettere limiti circa le settimane di gestazione. Non dimentichiamo che per effetto della legge 194 sull’aborto – e queste sono le relazioni del ministro della Sanità – ogni anno vengono certificati cifre intorno ai 160 mila, ovvero, ogni anno una città tipo Verona sparisce dalla carta geografica. Sarebbe bello che anche loro avessero dignità.

    D. – Un appello per le ultime firme…

    R. – Facciamo questo bel regalo al Santo Padre! Quando il Parlamento europeo stabilirà che l’embrione è “uno di noi” penso che i nostri figli ed i figli dei nostri figli ne trarranno un beneficio.

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    A Rimini, la Conferenza animatori di Rinnovamento nello Spirito Santo

    ◊   Al via ieri a Rimini la 37ma Conferenza nazionale animatori sul tema: “Tutti siano una cosa sola perché il mondo creda” - Comunione e Nuova Evangelizzazione, organizzata dal Rinnovamento nello Spirito Santo. Al presidente nazionale Salvatore Martinez, la relazione programmatica dell’evento. Federico Piana l’ha intervistato:

    R. – Cinquemila animatori e responsabili, in rappresentanza dei 1900 gruppi e comunità del Rinnovamento nello Spirito, si ritrovano per riflettere attorno ad un tema, che quest’anno è il binomio “comunione" ed "evangelizzazione”. Pertanto si guarda alla vita del movimento e, soprattutto, in questo caso, parlando del tema della comunione, a tutte quelle che sono le relazioni che si vivono, anche a livello ecclesiale. Poi si comprende anche quali siano sostanzialmente le prospettive che si vivono in questo nostro tempo, sotto il pontificato di Papa Francesco, interrogandosi all’insegna della spiritualità propria del movimento. La nostra è una spiritualità missionaria, evangelizzatrice.

    D. – Andiamo al cuore del tema di questa Conferenza, che è “Tutti siano una cosa sola perché il mondo creda”. Un tema ardimentoso, direi...

    R. – Direi di sì. Credo che sia davvero la sfida più grande che la Chiesa ha da 2000 anni. Dovremmo potere riconiugare il verbo di Gesù e dire: “Tutti siamo una cosa sola”. Perché questo amore da duemila anni ancora commuove, stupisce, converte, ma nonostante questo si fa fatica – lo vediamo ogni giorno – a rimanere uniti nelle famiglie, nella società, nella Chiesa. Questo è un concetto caro anche a Papa Francesco, che parlando proprio dello Spirito Santo ci dice che, se da una parte lui suscita la diversità, le differenze, poi è lui stesso a creare l’armonia nella Chiesa. Riaffermare il bisogno della comunione, dell’unità non è mai scontato, perché l’amore scade ogni giorno e ha bisogno di essere rinnovato, ma l’amore è credibile nella misura in cui unisce, affratella, riconcilia. E nel tempo della crisi, credo che la soluzione più immediata, la più vera, la più efficace sia quella di ritrovare ciò che unisce, ed insieme, anche con umiltà, provare a ricostruire ciò che è devastato o, come nel caso del tema della nostra Conferenza, a rendere ragione di questa fede in Gesù e, quindi, ad evangelizzare.

    D. – Come si fa ad essere tutti una cosa sola, in questo momento anche un po’ di confusione all’interno di alcuni gruppi, di alcune situazioni?

    R. – L’uomo teme la diversità, ha il complesso di vedere tutto all’insegna di se stesso: vede, riflette la propria immagine come dinanzi ad uno specchio. Ed è questa la grande sfida: vedere invece nell’altro ciò che completa il mio essere uomo; per un credente, vedere nell’altro ciò che autentica la mia fede; vedere nell’altro, nel prossimo, ciò che la rende vera. E pertanto è un esodo da sé continuo, la comunione.

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    A Roma ritorna il Pitigliani Kolno'a Festival, rassegna dedicata al cinema israeliano

    ◊   Torna a Roma il Pitigliani Kolno’a Festival, unica rassegna cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di argomento ebraico. Dal 2 al 6 novembre, con ingresso gratuito, si potrà assistere a film e documentari, laboratori e incontri con registi e protagonisti, alla Casa del Cinema fino al 5 novembre, e al Centro Ebraico Italiano ‘Il Pitigliani’ nella giornata conclusiva, mercoledì 6. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Ottava edizione di un festival grazie al quale in questi anni l’occhio dello spettatore italiano è riuscito a guardare un po’ meglio, e forse anche a comprendere, la complessa realtà israeliana. Il Kolno’a 2013 presenta 12 pellicole, meno degli altri anni, ma perché frutto di una estrema selezione che porta alla Casa del Cinema di Roma, così come al Pitigliani, soprattutto documentari. Ariela Piattelli, con Dan Muggia, è direttore artistico del festival:

    "Sicuramente, il documentario rappresenta uno dei mezzi più interessanti a livello cinematografico per conoscere la realtà; e noi, volendo appunto rappresentare la realtà israeliana, ci siamo concentrati su una rosa di documentari che raccontano un po’ l’evoluzione, la prospettiva che c’è in Israele su determinati temi e determinate tematiche".

    In apertura, sabato 2, ‘The Flat’, di Arnon Goldfinger, storia della famiglia del regista che, fuggita in Israele dalla Germania, scopre gli stretti rapporti di amicizia, prima e dopo la Shoah, tra i nonni, fuggiti dalla furia antisemita, e una famiglia tedesca, forse persino nazista:

    "E’ un tema molto importante, perché nel nostro immaginario il rapporto del cinema con la Shoah, ma anche della società in generale, è assistere ad un racconto sui campi di concentramento e sulla tragedia immane della Shoah. Mentre in Israele si parla molto del rapporto che c’è tra le nuove generazioni e la Shoah, quindi degli effetti che ha sulle nuove generazioni. Il cinema israeliano indaga perché riconosce che ancora c’è una forte incidenza di questo evento che ha sconvolto il mondo, e soprattutto la storia ebraica, sulle generazioni nuove".

    Altri titoli: ‘I Guardiani di Israele – The Gatekeepers’, di Dror Moreh, film discusso in Israele per il racconto senza filtri di sei ex capi dello Shin Bet, i servizi segreti israeliani. ‘Let’s Dance’ che racconta il grande successo della danza contemporanea israeliana nel mondo grazie a interviste a celebri coreografi, materiale d’archivio e video-danze. E poi ‘Children of the sun’, di Ran Tal, che parteciperà al Festival per presentare due pellicole. Il film, visto in una precedente edizione del Kolno’a, ripropone un aspetto caratteristico della vita in Israele, e forse anche un po’ sconosciuto: la vita nel Novecento nei kibbutzim, le aziende agricole israeliane.

    "Questa è una rappresentazione che arriva fino alle estreme conseguenze: parla di alcuni kibbutz degli anni Cinquanta dove non solo si viveva l’idea del socialismo, ma questa idea investiva anche la vita e la natura umana. I bambini, sin da neonati, vivevano tutti insieme, lontani dai genitori; i genitori vivevano nel kibbutz, potevano andare tutti i giorni a trovare i loro figli, ma i figli crescevano tutti insieme, come in una grande famiglia. Questa edizione si concentra sul cinema, quindi non ragioniamo più soltanto con un criterio tematico, ma mostreremo i film di altissimo valore cinematografico come appunto i documentari di Ran Tal che rappresentano lezioni sul cinema, che spiegano come il cinema sia all’avanguardia in Israele pur avendo imparato la lezione del grande cinema europeo".

    Tutti i film sono in lingua originale sottotitolati, due i documentari in lingua italiana, di Matteo Bellinelli e Ruggero Gabbai, entrambi i registi presenti al Festival.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ognissanti: cardinale Bagnasco, come i Santi vivere la libertà dei figli di Dio

    ◊   Il mondo di oggi “è ben lontano da questa visione ampia e profonda dei Santi che hanno costruito una società migliore perché hanno vissuto la libertà dei figli di Dio”. Così il presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, all’omelia per la celebrazione della festa di Ognissanti pronunciata questa mattina nella cattedrale della città. “Noi invece, ci crediamo spesso liberi, ma siamo sottomessi a tante cose”, ha aggiunto il porporato, citando come esempio San Benedetto, padre del monachesimo occidentale, che “con i suoi monasteri sparsi in tutta Europa è stato l’antesignano della civiltà dei Comuni, di quelle forme di aggregazione umana e sociale che nella vita monastica hanno individuato una società che si sarebbe affermata fino a oggi”. In queste comunità, in particolare, ci si sente parte di qualcosa, “di un popolo, per cui è bello lavorare, sacrificarsi, donare se stessi, senza sentirci annullati da nulla e da nessuno”. Oggi, invece, anziché seguire questo esempio, ci allontaniamo sempre di più dalla “convinzione di essere fratelli e non solo vicini di casa, non solo dei simili, ma figli dello stesso Padre”. Soltanto se recupereremo questa visione, potremo costruire una società e un mondo migliore; altrimenti siamo solo “una moltitudine, un agglomerato di individui, anziché creare una comunione”. (R.B.)

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    Conclusa la visita dell’arcivescovo Becciu in Kuwait per la nuova nunziatura apostolica

    ◊   Si è conclusa ieri la visita di tre giorni in Kuwait del sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, che ha partecipato all’inaugurazione della nuova sede della nunziatura apostolica nella Penisola Araba. Il presule, accompagnato nel suo viaggio da mons. Alberto Perlasca, alla cerimonia dei giorni scorsi alla presenza del corpo diplomatico, del clero locale, dei rappresentanti delle altre Chiese e denominazioni cristiane nel Paese, nonché delle autorità religiose, ha ricordato le parole di Papa Francesco al corpo diplomatico: “Non si possono vivere veri legami con Dio ignorando gli altri”. Mons. Becciu, riferisce L’Osservatore Romano, ha quindi auspicato che “la presenza dei molti cristiani nella regione e gli sforzi della nunziatura apostolica possano contribuire a un’autentica esperienza di dialogo e cooperazione, nel mutuo rispetto e amicizia, verso la meta desiderata di una coesistenza pacifica che dia gloria a Dio e incrementi la buona volontà tra i popoli”. In Kuwait vivono circa 350mila cattolici e il Paese ha relazioni con la Santa Sede da ben 45 anni: un rapporto di dialogo culturale e interreligioso che si augura venga proseguito anche il rappresentante della autorità locali, Sceicco Khaled Al Ahmad al Khaled Al Sabah. Durante il viaggio, mons. Becciu ha pure incontrato il nunzio apostolico del Kuwait, mons. Peter Rajic, e i due vicari della Penisola Araba, mons. Camillo Ballin dell’Arabia del nord e mons. Paul Hinder dell’Arabia del sud, giunti rispettivamente dal Bahrein e dagli Emirati Arabi Uniti. Il presule ha pure visitato la Carmel School delle Apostolic Carmel Sisters, dove studiano 2700 bambini figli di emigrati indiani, e la alla Gran Moschea di Kuwait City. (R.B.)

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    Dedicata a progetti sanitari nelle Isole Salomone la Corsa dei Santi

    ◊   Sesta edizione, quella odierna a Roma, della Corsa dei Santi. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Don Bosco nel Mondo e ricordata da Papa Francesco nella Preghiera Mariana, celebra i valori dello sport nella festa di Ognissanti e lo fa sostenendo ogni anno un progetto di solidarietà. Quest’anno la scelta è caduta su “Un aiuto ai confini del mondo”, dedicato alle Isole Salomone. Al centro dell’iniziativa, l’obiettivo della prevenzione sanitaria. Nelle Isole Salomone infatti esistono solo due ospedali, quello nazionale e il “Good Samaritan Hospital”, costruito da monsignor Luciano Capelli con l’aiuto della onlus “Amici Missione Isole Salomone”. Entrambi si trovano sull’isola principale, Guadalcanal. Il progetto missionario nasce proprio per creare un nuovo presidio sanitario mobile e provvedere alla formazione del personale sanitario locale, per contrastare malattie quali hiv, malaria, tubercolosi e soprattutto la Bakwa, una grave micosi cutanea, diffusa nelle isole più sperdute dell’arcipelago, le Shortlands. Circa 6mila gli iscritti. (I.P.)

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    Ancora attentati in Iraq. Ottobre il mese più sanguinoso dal 2008

    ◊   Il mese di ottobre appena conclusosi è stato il più sanguinoso in Iraq dall’aprile 2008, quando si registrarono ben 1073 morti. Stavolta a perdere la vita sono state 964 persone: 855 civili, 65 poliziotti e 44 soldati, ma secondo i dati forniti ci sarebbero anche almeno 1600 feriti. Solo ieri, una serie di attentati a nord della capitale Baghdad ha causato 21 vittime: le prime due autobombe sono esplose in una strada affollata di Baquba, nel centro del Paese, uccidendo 8 persone e ferendone 14; poi, a Mosul, nel nord, un ordigno è esploso contro una pattuglia della polizia uccidendone altre sei, tra cui quattro agenti. Infine, altri 7 morti e 37 feriti ci sono stati nei pressi del mercato di Tuz Khurmato, una cittadina a maggioranza turkmena. Intanto, sempre ieri, giornata in cui veniva commemorato l’anniversario della strage di cristiani della chiesa Notre Dame du Salut nel quartiere commerciale Karrada di Baghdad, in cui persero la vita 44 fedeli e due sacerdoti, all’esterno dell’edificio di culto, circondato da un imponente servizio d’ordine, si sono riuniti diversi musulmani appartenenti sia alla comunità sciita che alla comunità sunnita per chiedere ai cristiani, con candele accese e striscioni, di non lasciare la città. L’attentato di tre anni fa, infatti, il più sanguinoso contro i cristiani dall’inizio dell’intervento americano nel Paese nel 2003, diede il via al massiccio esodo di cristiani dall’Iraq: se allora, infatti, costituivano una minoranza pari a circa un milione di persone, oggi sono meno di 500mila. (R.B.)

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    Datagate. Le ammissioni di Kerry: “Gli Usa spinti troppo in là, non accadrà più”

    ◊   “In certi casi gli Stati Uniti, nella loro attività d’intelligence, sono andati troppo lontano, in modo inappropriato”. Queste le parole pronunciate ieri dal segretario di Stato americano John Kerry durante una videoconferenza: si tratta delle prime ammissioni di Washington sugli scandali riguardanti la massiva raccolta di dati su leader politici stranieri, anche alleati, da parte degli Usa. “In futuro non accadrà più”, ha promesso Kerry che però ha tenuto a sottolineare l’importanza del programma Prims e dell’attività della National Security Agency, ribadendo che “l’obiettivo dell’Nsa è esclusivamente quello di contrastare il terrorismo e proteggere gli interessi degli Stati Uniti e dei suoi alleati”. “Vi assicuro – ha concluso – che le persone innocenti non subiscono abusi in questo processo”. (R.B.)

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    Thailandia. Parlamento dice sì all’amnistia; Shinawatra potrebbe tornare in patria

    ◊   Nonostante la manifestazione organizzata dalle forze d’opposizione nella capitale Bangkok mercoledì scorso, ieri il Parlamento della Thailandia ha votato il discusso progetto di legge sull’amnistia che coinvolgerebbe tutti i crimini legati all’instabilità politica nel Paese fino al 2004 e potrebbe aprire la strada a un ritorno nel Paese asiatico dell’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, attualmente in esilio volontario a Dubai per evitare di scontare in patria una condanna a due anni per corruzione e abuso di potere comminatagli nel 2008. Secondo i sostenitori della legge, tra cui gli esponenti del partito dell’ex premier, la sanatoria sarà “un nuovo inizio per il Paese”, dopo un lungo periodo di turbolenze che sfociarono nel 2010 in proteste di massa con diverse vittime. Secondo i detrattori, invece, il provvedimento, oltre a sancire l’immunità per Shinawatra e altri, servirà ad a perpetuare una cultura dell’impunità. (R.B.)

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    Medio Oriente. Scontri nella Striscia di Gaza, morti 4 miliziani di Hamas

    ◊   Quattro combattenti di Hamas sono rimasti uccisi oggi in uno scontro a fuoco con un’unità militare nella Striscia di Gaza. I disordini sono seguiti al ferimento di almeno cinque soldati israeliani in seguito all’esplosione di una mina che ha investito l’unità che era penetrata di almeno un centinaio di metri in territorio palestinese alla ricerca di un tunnel sotterraneo che presumibilmente avrebbe dovuto essere impiegato per compiere attacchi terroristici. Un secondo tunnel, localizzato nel sud della Striscia di Gaza, è stato poi bombardato dall’aviazione israeliana. “Una missione d’obbligo”, l’ha definita il portavoce dell’esercito israeliano Peter Lerner, ricordando che il tunnel in questione era del tutto simile a quello utilizzato per uccidere due soldati israeliani e per rapire Shalit nel 2006. La prossima settimana il segretario di Stato americano Kerry è atteso in Medio Oriente per i colloqui di pace tra israeliani e palestinesi. Intanto l’Autorità dell’energia del territorio governato da Hamas fa sapere di aver fermato alle 6 del mattino di oggi l’attività della principale centrale elettrica dei Territori, per mancanza di carburante. Scenderà, così, dalle attuali 8 a 5-6 ore l’erogazione quotidiana di corrente che viene fornita alla Striscia dall’Egitto e da Israele, ma che non è sufficiente a soddisfare neppure le minime necessità di una popolazione di un milione e 700mila abitanti. (R.B.)

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    Ucraina: Giornata della Memoria nell’80° anniversario dell'Holodomor

    ◊   Sabato 23 novembre in Ucraina ricorre l’80° anniversario dell'”Holodomor”, la terribile carestia degli anni 1932-1933 pianificata dal regime staliniano nella stessa Ucraina e in altre regioni dell'Unione Sovietica in nome della collettivizzazione forzata. Per l’occasione i leader delle Chiese cristiane ucraine invitano tutti i fedeli e le persone di buona volontà a partecipare a una speciale Giornata Nazionale della Memoria in ricordo dei milioni di vittime. L’iniziativa è promossa da uno speciale Comitato composto da studiosi, personalità pubbliche e del mondo della cultura e dai rappresentanti delle stesse Chiese cristiane. L’appuntamento centrale è per il pomeriggio del 23 novembre presso il Museo Nazionale della capitale Kiev. Tutti i cittadini e i fedeli del Paese sono poi invitati a rendere omaggio alle vittime presso le fosse comuni in cui sono seppellite. Le celebrazioni commemorative – affermano i leader cristiani nel loro appello congiunto diffuso nei giorni scorsi a Kiev – saranno anche un’occasione per riaffermare lo spirito di unità e solidarietà nazionale in questo difficile momento per l’economia e la vita politica del Paese.(A cura di Lisa Zengarini)

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    Bangladesh: poveri costretti a vendere i propri organi per pagare i debiti

    ◊   Si fa sempre più preoccupante il fenomeno del commercio illegale di organi in Bangladesh, dove molti poveri fanno ricorso a questa pratica per risarcire i prestiti di microcredito assunti. Secondo quanto reso noto dall’agenzia Fides, il mercato nero continua a proliferare a causa di mediatori che reperiscono facilmente venditori e acquirenti, falsificando i passaporti e producendo documenti ‘legali’ che attestano che donatore e destinatario degli organi trapiantati sono parenti. L’Organ Transplant Act, varato dal governo nel 1999, vieta, infatti, il traffico di organi e la pubblicità dei venditori degli stessi, ma autorizza la donazione e il trapianto tra parenti e coniugi. Sempre Fides riferisce che, oltre al traffico di reni, si è aggiunto di recente anche quello di fegato e cornee, mentre in molti ospedali è stato introdotto il test del Dna per identificare il donatore. Emblema di tale emergenza è Kalai: nel cuore del villaggio a nord di Dacca, nel distretto di Jotpurhat, una zona rurale che in molti a prima vista descrivono come idilliaca, gli abitanti vivono una vita di stenti. Con la speranza di alleviare il loro stato di povertà molti si indebitano con i creditori di microcredito, solo per ritrovarsi in una situazione ancora più complicata quando non sono in grado di rimborsare il prestito. L’idea della vendita di organi, iniziata in Bangladesh nel 1982, e del relativo commercio, non è nuova in Asia meridionale, dove da anni i più sfortunati ricorrono a questo metodo per rimborsare i prestiti del microcredito. In origine tali istituti di credito erano stati creati per sconfiggere l’alto tasso di povertà, incoraggiare l'imprenditorialità e l'emancipazione delle donne, offrendo piccoli prestiti a coloro che non erano in grado di ottenere quelli bancari tradizionali. (C.S.)

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    Terra Santa: si terrà a Nazareth la Giornata mondiale del malato 2016

    ◊   L’edizione 2016 della Giornata mondiale del malato si svolgerà a Nazareth. Lo ha reso noto l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in questi giorni in Terra Santa per visitare - riferisce l'agenzia Sir - le strutture sanitarie e gli ospedali gestiti dalla Chiesa locale. La giornata viene celebrata ogni anno a livello locale (diocesi e parrocchie) ed in modo solenne ogni tre anni, sempre nei pressi di un santuario mariano. Si realizza così un desiderio sostenuto dal Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. L’annuncio è stato dato in occasione della festa della Vergine Maria, Regina della Palestina, che ha avuto luogo nel santuario di Deir Rafat, tra Tel Aviv e Gerusalemme, e che ha riunito duemila persone, tra giovani e meno giovani, venuti da Nazaret, Betlemme, Bet Sahour, Ramallah e Gerusalemme. La Messa è stata celebrata dal nunzio e delegato apostolico, l'arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, insieme a cinque vescovi e circa cinquanta sacerdoti. (C.S.)

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    Usa: 23 e 24 novembre, colletta della Campagna cattolica per lo sviluppo umano

    ◊   “Difendi la dignità umana: cancella la povertà dalla mappa”. Questo il tema scelto per la prossima colletta annuale della Campagna cattolica per lo sviluppo umano (“Catholic Campaign for Human Development" - CCHD), il programma contro la povertà portato avanti dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti. La colletta avrà luogo in diverse parrocchie americane, il 23 e il 24 novembre, nel weekend che precede la festa del Ringraziamento. Istituita nel 1969, la CCHD finanzia numerosi progetti di promozione umana, economica e sociale, a favore degli indigenti del Paese. A questo scopo, promuove, a gennaio di ogni anno, anche un “Mese di sensibilizzazione sulla povertà in America”. Negli ultimi due anni ha distribuito 214 sovvenzioni, per un totale di 9 milioni di dollari. Di queste, 178 sono state destinate a progetti a favore delle comunità svantaggiate e 36 a progetti di sviluppo economico e di creazione di posti di lavoro. “Negli Stati Uniti – spiega mons. Jaime Soto, vescovo di Sacramento e presidente della sotto-commissione dei vescovi per la Cchd – 46 milioni di persone vivono in povertà e molte famiglie continuano a fare i conti con la disoccupazione e l’aumento del costo della vita. Molti nostri vicini fanno fatica ad affrontare le spese sanitarie, a mantenere i figli e anche a trovare di che mangiare”. “La CCHD – continua il presule – focalizza il messaggio evangelico sulla giustizia sociale: non possiamo semplicemente aiutare le famiglie in difficoltà oggi e lasciarle senza mezzi di sostentamento un domani. I nostri progetti guardano invece a soluzioni a lungo termine della povertà. Questo completa il lavoro di assistenza diretta delle organizzazioni caritative cattoliche”. (L.Z.)

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    Malawi: al via a gennaio le trasmissioni di Radio Tuntufye FM

    ◊   Si avvicina l’inaugurazione della quarta emittente cattolica in modulazione di frequenza del Malawi: si chiamerà “Radio Tuntufye FM” e andrà in onda con le sue trasmissioni a partire da gennaio, dalla diocesi di Karonga. L’iniziativa - riferisce il Servizio di informazioni africane Cisa – è sostenuta dalla Conferenza episcopale. La nuova emittente ha ottenuto, a luglio, dalla locale Autorità per le Telecomunicazioni l’autorizzazione a trasmettere e le frequenze, mentre Signis, l’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione, ha già messo a disposizione un primo lotto di apparecchiature radiofoniche. Procedono, intanto, i lavori di ristrutturazione dei locali che ospiteranno gli studi della nuova emittente. Anche se destinata principalmente ai 65mila cattolici della diocesi di Karonga, la nuova radio sarà aperta anche alle altre comunità religiose presenti nel territorio. Oltre alla pastorale, porrà l’accento su temi d’interesse locale come lo sviluppo, l’economia, la cultura e la società. In Malawi, dove i cattolici rappresentano meno di un terzo della popolazione, in maggioranza protestante, la Chiesa può già contare su tre emittenti: Radio Maria a Mangochi, nel sud del Paese, Radio Alinafe nella capitale Lilongwe e Radio Tigabane, a Mzuzu, nel nord. (L.Z.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 305

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.