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Sommario del 30/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Via Crucis al Colosseo. Papa Francesco: "La croce: risposta di Dio al male del mondo"
  • Ostensione televisiva della Sindone. Il Papa: il Volto sfigurato del Sacro Lino ci parla dell’amore di Dio
  • Passione di Cristo. Padre Cantalamessa: "La Chiesa annunci Cristo tornando alla semplicità delle origini"
  • Gli auguri di Pasqua al Papa del rabbino Di Segni
  • Nel segno di Papa Francesco: grande emozione a Buenos Aires per la Via Crucis
  • Sabato Santo. Il mariologo: nel silenzio di Maria sotto la Croce c'è l'eco della Resurrezione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Centrafrica: in 4 milioni colpiti dal conflitto. Unicef: la metà sono bambini
  • Italia. Napolitano: no a tempi insostenibili per il governo, al Quirinale sino alla fine
  • A Milano, l'ultimo caloroso abbraccio di artisti e amici a Enzo Jannacci
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo di Pasqua
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iran, Nord Corea e Siria bloccano trattato sulle armi
  • Tunisi: si conclude il Forum Sociale Mondiale, al centro il tema della dignità
  • Filippine: Venerdi Santo in memoria di padre Tentorio, assassinato a Mindanao
  • Pasqua a Kabul: la testimonianza del cappellano dell'ambasciata italiana
  • Swaziland: riunioni religiose interrotte dalla polizia. La Chiesa impegnata nel dialogo
  • Myanmar: l'arcivescovo di Yangon chiede la fine delle violenze nel centro del Paese
  • Domani torna l'ora legale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Via Crucis al Colosseo. Papa Francesco: "La croce: risposta di Dio al male del mondo"

    ◊   Di fronte al silenzio suscitato dalla morte di Cristo, Papa Francesco usa poche incisive parole: è la Croce di Cristo che deve parlare all’uomo, Croce che offre la risposta di Dio al male del mondo, ma che è anche segno d’amore, misericordia e perdono. Alla sua prima Via Crucis al Colosseo, dove a sorreggere la Croce c’erano una famiglia italiana, una indiana, un disabile, fedeli della Cina, del Libano, della Nigeria e del Brasile, il Pontefice ha esortato a camminare sulla via della Croce di tutti i giorni nell’amore e nel perdono. Il servizio di Tiziana Campisi:

    “Una sola parola”: Papa Francesco lascia questo a chi lo ha seguito al Colosseo nel rito della Via Crucis. Vuole che nel silenzio della notte della morte di Cristo parli la Croce:

    “La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono”.

    Ma la Croce di Cristo è anche giudizio, ha aggiunto il Pontefice:

    “Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva (…) La parola della Croce è anche la risposta dei cristiani al male che continua ad agire in noi e intorno a noi”.

    Eccolo l’insegnamento di Gesù che Papa Francesco evidenzia: “I cristiani devono rispondere al male con il bene, prendendo su di sé la croce”. Quindi, il Santo Padre ha ringraziato i giovani libanesi che quest’anno hanno composto le meditazioni ricordando la loro testimonianza al mondo, soprattutto nei giorni della visita pastorale di Benedetto XVI, nel settembre dello scorso anno:

    “E’ stato un segno per il Medio Oriente e per il mondo intero: un segno di speranza”.

    E anche i giovani libanesi, meditando le 14 stazioni della Via Crucis – lette da Orazio Coclite, Lina Sastri e Carolina Zaccarini – hanno focalizzato la loro riflessione sulla Croce di Cristo, usando un’espressione di Efrem il Siro per definirla: la Croce di Cristo è il ponte attraverso il quale gli uomini passano dalla morte alla vita.

    E’ questa la chiave di lettura per comprendere il mistero della Via dolorosa: Gesù dona la vera vita, la vita eterna, e insegna che la strada per raggiungerla è quella della sua Passione. Da qui, i parallelismi tra le sue tappe verso il Golgota e le sofferenze dell’uomo contemporaneo. E così il percorso di Cristo verso la crocifissione è oggi quello dei popoli del Medio Oriente che soffrono pregiudizi e ingiustizie, dei cristiani che vivono divisioni, di molti innocenti vittime del terrorismo. Ma nella Via dolorosa vengono meditati anche i mali odierni - la guerra, il terrorismo, la violenza - le piaghe e le malattie che affliggono molti.

    Nella via del Calvario del mondo moderno, ci sono poi tanti “‘Pilato’ che tengono nelle mani le leve del potere e ne fanno uso al servizio dei forti”, molti “deboli e vili” che, seguendo le correnti di potere, impegnano la loro autorità al servizio dell’ingiustizia e calpestano la dignità dell’uomo e il suo diritto alla vita”, e ci sono uomini che credono di poter determinare da soli il bene e il male escludendo Dio “in nome della ragione, del potere o del denaro”:

    (II stazione) (voce Lina Sastri) "Anche oggi il mondo si piega sotto realtà che cercano di espellere Dio dalla vita dell’uomo, come il laicismo cieco che soffoca i valori della fede e della morale in nome di una presunta difesa dell’uomo; o il fondamentalismo violento che prende a pretesto la difesa dei valori religiosi".

    Di fronte a tale realtà, si leva la preghiera dei giovani libanesi, perché quanti sono smarriti trovino in Dio la verità e l’amore. E la preghiera è anche per le nuove generazioni che a volte si perdono nella droga, nelle sette o nelle perversioni.

    Ogni stazione è lo spunto per trasporre nel presente i diversi volti del dolore incontrati da Cristo nel cammino verso il Calvario. Così l’incontro con Maria (quarta stazione) apre alla riflessione sui rapporti difficili tra genitori e figli, sulle famiglie, che dovrebbero essere immagine della famiglia di Nazaret, oasi d’amore, luoghi della presenza di Dio:

    (Voce Carolina Zaccarini) "Gesù è aiutato a da Simone di Cirene a portare la Croce".

    Sul mistero della sofferenza si sofferma la quinta stazione:

    (Voce Orazio Coclite) "Dio non vuole la sofferenza e non accetta il male. Lo stesso vale per l’essere umano. Ma la sofferenza, accolta nella fede, si trasforma in via di salvezza. Allora noi l’accettiamo come Gesù e aiutiamo a portarla come Simone di Cirene".

    Non manca, nella Via Crucis di quest’anno, il pensiero per gli ultimi. A renderlo vivo è la Veronica che col suo amorevole gesto rivolto a Cristo, rinvia alle esigenze dei bisognosi, alle necessità dei deboli, alle attenzioni per i più piccoli. Ma più volte i riflettori tornano sul Medio Oriente, sulle divergenze umane e religiose che provocano conflitti e divisioni. E a Dio allora sale l’invocazione perché saggezza e umiltà possano unire nella verità e nell’amore (IX stazione). Per i figli delle Chiese Orientali la X stazione è invece un invito a restare nei loro Paesi per annunciare la Buona Novella. Come Gesù spogliato delle vesti ha accettato la crocifissione, così, vincendo la paura della persecuzione può venir meno l’emigrazione.

    Alla morte Dio contrappone la vita: gli ultimi tratti della Via Crucis non conducono al buio eterno, Geù crocifisso insegna che la morte non vincerà, per questo la meditazione della XII stazione propone una preghiera per quanti promuovono l’aborto e difendono l’eutanasia, “perché si impegnino nell’edificazione della civiltà della vita e dell’amore”.

    Infine, davanti al sepolcro di Cristo la sintesi del mistero della Passione: le difficoltà, gli avvenimenti dolorosi, la morte, hanno un volto nuovo se affrontati con una speranza salda e una fede viva.

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    Ostensione televisiva della Sindone. Il Papa: il Volto sfigurato del Sacro Lino ci parla dell’amore di Dio

    ◊   Nel Volto sfigurato della Sindone vediamo la sofferenza dei più deboli e ci immergiamo nel silenzio dell’amore. E’ quanto afferma Papa Francesco in un videomessaggio in occasione dell’Ostensione straordinaria della Sindone di Torino, trasmessa in mondo visione da Rai Uno. L’evento si colloca nell’ambito dell’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI. Nel videomessaggio, il Papa ringrazia il Signore per gli strumenti di comunicazione che oggi offrono questa possibilità di venerazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Altissimo e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio”. Contemplando l’Uomo della Sindone, il Papa ripete la preghiera di Francesco d’Assisi davanti al Crocifisso. E subito sottolinea come, difronte alla Sindone, l’osservare diventa un “venerare”, è “uno sguardo di preghiera”. Anzi, aggiunge, è un “lasciarsi guardare”. “Questo Volto – osserva Papa Francesco – ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda e nel silenzio ci parla”. Come è possibile? “Questa immagine, impressa nel telo - è la sua riflessione - parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore”

    Lasciamoci, dunque, “raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore”, è l’invito del Papa. E aggiunge: “attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l’Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia”, un amore che “ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio”. “Questo Volto sfigurato - afferma il Papa - assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli. Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maestà”. Quel Volto, conclude il Papa, “è come se lasciasse trasparire un’energia contenuta ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell’amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto”.

    Fedeli di tutto il mondo sintonizzati oggi con Torino, dove in diretta mondovisione - nell’ambito del programma “A sua immagine” su Raiuno - verrà trasmessa l’ostensione televisiva della Sindone, direttamente dal Duomo del capoluogo piemontese, dove è custodita. Per l’occasione, si attende un videomessaggio di Papa Francesco. L’evento, promosso dall’arcidiocesi di Torino nell’ambito dell’Anno della Fede, si potrà seguire anche su smartphone e tablet, grazie ad una semplice app. Isabella Piro ne ha parlato con l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia:

    R. - L’Ostensione durerà poco più di un’ora e mezza, e sarà divisa in due parti: la prima, della durata di circa un’ora, sarà impostata sulla celebrazione della Parola di Dio, con canti, preghiere e meditazioni. Nel Duomo di Torino, saranno presenti 300 disabili, malati, persone che portano nella loro vita, e anche nel loro corpo, l’immagine e la realtà della sofferenza che la Sindone ci richiama. Ci sarà anche un gruppo di giovani, in modo che anche a livello giovanile ci sia questa attenzione e disponibilità nei confronti di un evento così importante. Poi, queste 300 persone passeranno davanti alla Sindone e vedranno da vicino il Sacro Lino, accompagnati da preghiere ed anche da spazi di silenzio, perché vorremmo che fosse proprio la Sindone al centro dell’evento.

    D. - Si tratta della seconda Ostensione televisiva della storia, dopo quella del 1973. Come è cambiato, in quarant’anni, l’approccio dei fedeli alla Sindone?

    R. - Mi pare che adesso ci sia un’impostazione molto forte sul punto di vista dell’annuncio, dell’evangelizzazione, di ciò che rappresenta questa icona della Passione e morte del Signore. Sembra di avere un Vangelo davanti agli occhi. La Sindone non è un segno di sconfitta, ma di vittoria e di speranza perché in qualche modo anticipa la Risurrezione. Non parla solo di dolore, ma parla di gioia: quella gioia che nasce proprio dal sapere che Dio ci ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito, per cui chi crede in Lui veramente ha la vita.

    D. – L’ostensione della Sindone coincide con la prima Pasqua di Papa Francesco che, sin dai suoi primi discorsi, ha ribadito l’importanza di una Chiesa povera, vicina ai malati e ai sofferenti. Questo dà un valore aggiunto all’ostensione del Sacro Lino?

    R. – Sì, credo che si raccordi molto bene con il messaggio che abbiamo avuto nei primi interventi di Papa Francesco. Quando ha parlato di “custodire”, io pensavo che la Sindone viene “custodita” perché è una realtà preziosa, che dà un continuo stimolo a impostare la vita sulla fede in Cristo, riconosciuto e accolto da tutti coloro che soffrono, che sono in difficoltà. È un messaggio che va custodito da parte della Chiesa affinché sia poi custodito nel cuore dei poveri, dei sofferenti, delle famiglie, di coloro che si trovano in situazioni difficili. La Sindone è quindi un messaggio di grande speranza: di fronte a un mondo che diffonde messaggi accattivanti, ma di evasione e di disimpegno, la Sindone richiama invece la dimensione di un amore che si dona, che si offre veramente in sacrificio. C’è la necessità, quindi, non solo di condividere la sofferenza degli altri, ma anche di farsi sofferenti con i sofferenti, poveri con i poveri, nel senso proprio di condividere davvero fino in fondo la situazione difficile di questi nostri fratelli che ci danno molto: loro custodiscono noi e noi custodiamo loro. E poi ricordo il bellissimo momento di silenzio, in Piazza San Pietro, [il 13 marzo, la sera dell’elezione di Papa Francesco ndr] in cui Papa Francesco ha chiesto di essere benedetto attraverso la preghiera silenziosa dei fedeli. Ebbene: la Sindone esprime questo silenzio, il silenzio del Sepolcro di Cristo che però non è un silenzio vuoto, bensì è carico di benedizione, di attesa, di speranza per tutti, soprattutto per chi soffre, ma anche per chi si fa carico delle sofferenze dei fratelli.

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    Passione di Cristo. Padre Cantalamessa: "La Chiesa annunci Cristo tornando alla semplicità delle origini"

    ◊   Tornare alla semplicità nell’annuncio di Cristo, morto e risorto, abbattendo quegli impedimenti che sono di ostacolo all’evangelizzazione: residui di cerimoniali, eccesso di burocrazia, controversie passate. E’ l’esortazione del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, pronunciata durante la predica della Passione del Signore presieduta ieri pomeriggio nella Basilica Vaticana da Papa Francesco. “La fede cristiana – ha detto il sacerdote francescano – ha una risposta sicura” da dare ai grandi interrogativi del mondo secolarizzato e del nostro continente europeo. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Steso sul pavimento della Basilica Vaticana. Papa Francesco, come i sacerdoti di tutte le chiese del mondo nel venerdì santo, compie il gesto di adorazione del Cristo morto in Croce. Dall’alto del Calvario – spiega il predicatore della Casa Pontificia padre Raniero Cantalamessa – la vita umana appare diversa da come i nostri occhi la vedono. Il sacerdote francescano cita ad esempio le foto della terra vista da un satellite: esse ci danno un’immagine del pianeta che non conosciamo “standoci dentro”. In Gesù crocifisso, morto e risorto, – osserva – appare evidente che nonostante le miserie, le ingiustizie, le mostruosità esistenti, "il mondo nuovo è già iniziato". Il male e la morte sono sconfitti:

    "Cristo è entrato nella morte come si entra in una prigione oscura; ma ne è uscito dalla parete opposta. Non è tornato indietro da dove era venuto, come Lazzaro che torna a vivere per morire di nuovo. Ha aperto una breccia verso la vita che nessuno potrà più richiudere, e per la quale tutti possono seguirlo. La morte non è più un muro contro cui si infrange ogni speranza umana: è diventata un ponte verso l’eternità. Un 'ponte dei sospiri', forse, perché a nessuno piace morire, ma un ponte, non più un abisso che tutto inghiotte".

    Nel Triduo pasquale, vertice di questo Anno della Fede che il Papa emerito Benedetto XVI ci ha donato – sottolinea padre Cantalamessa – è urgente dire al mondo che “Cristo è morto per tutti”. Abbiamo la possibilità di prendere oggi la decisione più importante della nostra vita: credere:

    "Questo Venerdì Santo celebrato nell’anno della fede e in presenza del nuovo successore di Pietro, potrebbe essere, se lo vogliamo, il principio di una nuova vita".
    Nella Croce risiede la risposta sicura che solo la fede cristiana può dare ai grandi interrogativi del mondo secolarizzato, ai tanti “uomini alla finestra” che sognano di riceverla: dobbiamo fare il possibile – esorta il predicatore – perché nella Chiesa il messaggio di Cristo "non trovi impedimenti, ma esca libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa":

    "Sappiamo quali sono gli impedimenti: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie Chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti".

    Sono tempi nuovi per la Chiesa: padre Cantalamessa la paragona a quegli edifici antichi che nel corso dei secoli per essere adattati alle esigenze del momento hanno subito modifiche: scalinate, stanze, tramezzi; adattamenti che possono non rispondere più alle esigenze attuali. Di qui l’invito a trovare il coraggio di abbatterli per riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle origini:

    "Fu la missione che ricevette un giorno un uomo che pregava davanti al crocifisso di San Damiano: 'Va’, Francesco, ripara la mia Chiesa'. Che lo Spirito Santo, in questo momento in cui si apre per la Chiesa un tempo nuovo, pieno di speranza, ridesti negli uomini che sono alla finestra l’attesa del messaggio e nei messaggeri la volontà di farlo giungere ad essi, anche a costo della vita".

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    Gli auguri di Pasqua al Papa del rabbino Di Segni

    ◊   Una festa che in passato generava intolleranza, mentre oggi suscita “gioia e armonia”. È quanto scrive il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, nella lettera di auguri inviata a Papa Francesco, in risposta alle parole scritte dal Pontefice alla comunità ebraica capitolina per la festa del Pesach. Nel ringraziare Papa Francesco per gli auguri ricevuti, Di Segni nota che “che l’occasione della Pasqua è particolarmente significativa perché questa grande festa, spesso contemporanea nel calendario, come questo anno, rappresenta sia il legame che il distacco tra le nostre religioni. Un distacco – osserva – che nel corso della storia sfociava, proprio in questi giorni, in manifestazioni di ostilità e di intolleranza antiebraica. Se oggi, a differenza del passato, questi giorni sono vissuti da entrambi le fedi in gioia e in armonia lo dobbiamo a tutti gli uomini che in questa opera di risanamento si sono impegnati, ed esserne grati al Signore”.

    “La nostra preghiera per Lei – prosegue la lettera – è in spirito di rispetto e di fraterna amicizia, consapevoli della difficoltà di augurare non solo quello che noi reputiamo essere il suo bene, ma anche e soprattutto quello che reputa essere bene per se stesso, per quanto diverso e non comprensibile”. Proprio in questi giorni, conclude il rabbino Di Segni, “in cui le preghiere di rito risentono del peso di una storia di incomprensione, l’augurio è che il Santo Benedetto ci renda capaci di comprendere reciprocamente il senso della differenza e il valore della fratellanza”.

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    Nel segno di Papa Francesco: grande emozione a Buenos Aires per la Via Crucis

    ◊   La Via Crucis è stata vissuta con particolare emozione a Buenos Aires, per tanti anni arcidiocesi dell’allora cardinale Bergoglio. Le processioni si sono snodate in particolare nella più grande baraccopoli della capitale e in altre zone dove maggiori sono l’emarginazione, l’esclusione e la povertà. Un segno di come gli argentini continuino a camminare sulle orme di Papa Francesco. Da Buenos Aires, Francesca Ambrogetti:

    Primavera della fede in Argentina, anche se nell’emisfero australe è appena iniziato l’autunno. Tantissimi fedeli hanno riempito le chiese, molti più del solito secondo quasi tutti i parroci, per assistere alle cerimonie che hanno ricordato la Passione e la Morte di Gesù. Particolarmente seguita la Via Crucis che tutti gli anni guidava, portando la Croce, il cardinale Bergoglio. La processione è partita dalla cattedrale – la sua chiesa prima di essere eletto Papa – seguita da un’alta, lunghissima, pesante Croce orizzontale, illuminata da 140 candele e portata a spalla da decine di giovani. L’hanno seguita migliaia di persone che accompagnavano col canto un coro di 80 voci. “Veniamo tutti gli anni con un gruppo di fedeli – ha detto un sacerdote della parrocchia della Merced, al centro di Buenos Aires – ma non abbiamo mai visto tanta emozione e tanto fervore: è il nostro Papa che trascina tutti”, ha aggiunto, “in particolare i giovani".

    Processione e Via Crucis anche in tutti i quartieri periferici di questa immensa città e nelle “villas miserias” dove così spesso si recava Jorge Mario Bergoglio. In una delle più grandi di queste bidonvilles, a Ciudad Occulta, nella zona di Mataderos, è stata preparata una Via Crucis vivente: un giovane catechista, con i capelli e la barba lunga, noto per il suo impegno sociale, è stato scelto come il Cristo vivente: forse la più commovente tra le tante cerimonie. Alcune stazioni televisive hanno trasmesso nel corso del pomeriggio, in diretta, la Via Crucis al Colosseo, con alti indici di ascolto: la differenza oraria ha consentito agli argentini di essere vicini al Papa attraverso le immagini televisive, e poi di recarsi in chiesa.

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    Sabato Santo. Il mariologo: nel silenzio di Maria sotto la Croce c'è l'eco della Resurrezione

    ◊   Nella Chiesa bizantina è una tradizione antichissima. Il Sabato Santo lo sguardo del credente si sofferma su Maria, è “l’Ora della Madre”: Maria sotto la Croce che vive il culmine della Passione del Figlio, lo accoglie tra le sue braccia, diventando così Madre della Chiesa. Sul significato di questa realtà spirituale e liturgica si sofferma, al microfono di Alessandro De Carolis, il preside della Pontificia Facoltà teologica Marianum, padre Salvatore Maria Perrella:

    R. – E’ una tradizione che affonda le sue radici nella realtà liturgica e spirituale dell’Oriente cristiano e che da qualche anno un nostro frate, padre Toniolo, ripropone come meditazione, come liturgia il Sabato Santo. Nel Sabato Santo, la Chiesa è in silenzio. Ebbene, il Sabato Santo è la Vergine che è silente e orante, e la sua fede che aspetta la realizzazione delle promesse di Dio circa suo Figlio e circa l’umanità, è esempio per la Chiesa. Come Maria ha partecipato all’evento della Crocifissione rimanendo sotto la Croce e riflettendo il mistero della Croce – diventando quindi lei stessa adulta nella fede, per cui viene costituita da Gesù “Madre della Chiesa” – così Maria in veste di tale testimonianza e di tale maternità suggerisce alla Chiesa nel giorno del Sabato Santo di aspettare nella fede e nella preghiera la gioia della Pasqua.

    D. – Quindi, possiamo dire che l’Ora della Madre è come un ponte tra la Passione e la Risurrezione?

    R. – Certamente. C’è una cosa da dire: gli Apostoli hanno tradito perché non hanno compreso pienamente le Scritture. La Vergine Maria, sin dagli inizi, ha camminato nella fede seguendo Gesù e imparando da Gesù che cosa significa essere nello Spirito. Quindi, Maria non poteva tradire Cristo, non poteva disperdersi con gli altri dispersi, ma rimaneva concentrata nella Parola di Dio, nella sua fedeltà di donna ebrea e cristiana alle promesse di Dio. L’"Ora della Madre" ci indica come stare presso Dio: il Dio crocifisso ieri, il Dio morto oggi, il Dio risorto domani.

    D. – Cosa dice ai cristiani, e non solo a loro, questo stabat di Maria che sotto la Croce stringe tra le braccia il corpo senza vita di suo Figlio?

    R. – Possiamo considerare l’elezione di Papa Francesco come un dono pasquale di Gesù. Lo Spirito Santo ci ha dato un Papa che, vivendo personalmente e ministerialmente il grande mistero di Cristo povero e crocifisso e solidale, proprio in questa Pasqua – essendo molto legato a Maria nell’affetto, nella devozione, soprattutto nell’accoglienza di Maria, Madre e Maestra – il Papa ci insegna che stare con Maria equivale a stare con Cristo, ma soprattutto stare come Maria significa stare come i discepoli presso il Figlio di Dio, che è Maestro e Signore.

    D. – L’Ora della Madre, lei lo ha ricordato, nasce da un’antica tradizione bizantina. Quindi, è un un ponte anche di tipo ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Chiese d’Oriente?

    R. – Ma certamente, sì! La preghiera di per sé elimina tutte le sovrastrutture createsi nel tempo: la dimensione umana, la dimensione narcisistica di ogni confessione… La preghiera ci fa fare esperienza di Dio e nell’esperienza unitiva di Dio nello Spirito non ci sono assolutamente nodi da sciogliere. Quindi, la dimensione ecumenica di questa preghiera, di questo celebrare la fede di Maria nell’attesa del giorno di Pasqua unisce queste due realtà dell’unica Chiesa di Cristo, che sono l’Oriente e l’Occidente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, ampio spazio è dedicato a "La parola della Croce", le frasi pronunciate da Papa Francesco al termine della Via crucis presieduta al Colosseo.

    A fondo pagina, "Orrore a Bangui. Decine di cadaveri rinvenuti nella capitale centroafricana", mentre, sempre in prima pagina, si torna a parlare della drammatica situazione in Siria durante l'avanzata dei ribelli nel sud del Paese.

    A pagina due, "Cipro e il prelievo sui depositi", in cui si parla del piano di tagli e risparmi che Nicosia dovrà presentare all’Eurogruppo entro il 4 aprile.

    Nel paginone centrale dedicato alla cultura, "Lo guardò in faccia e lui capì se stesso", il dialogo tra il Cristo risorto e il pescatore di Galilea in un discorso di sant’Agostino, tratto dal libro "La Pasqua", curato da Remo Piccolomini, che raccoglie discorsi che il vescovo d’Ippona scrisse per la sua diocesi, e "I colori distraggono" di Gaetano Vallini, dedicato alla mostra antologica, in corso a Venezia, del fotoreporter Gianni Berengo Gardin.

    In «Anch’io ho visto la carezza del Nazareno», Silvia Guidi ricorda il cantautore Enzo Jannacci, appena scomparso.

    Nell'articolo "L'uovo e la Resurrezione" il cardinale Gianfranco Ravasi ripercorre le mille declinazioni di un simbolo antico, dai miti cosmogonici più remoti alla certezza cristiana nel Risorto.

    A pagina sei "Vita, non ti attardare tra i morti", il Sabato Santo nella tradizione bizantina, spiegato nella sua ricca simbologia da Manuel Nin.


    Nella stessa pagina, "Come il santo di Assisi", una lettera a Papa Francesco scritta dai giovani dell’Umbria a pochi giorni dall'incontro che il 6 e 7 aprile li vedrà riuniti a Orvieto.

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    Oggi in Primo Piano



    Centrafrica: in 4 milioni colpiti dal conflitto. Unicef: la metà sono bambini

    ◊   E’ necessario stabilizzare rapidamente la Repubblica Centrafricana. E’ l’appello di Unicef che oggi ha diffuso i dati sulla crisi nel Paese. Quattro milioni di persone sono state coinvolte, in vario modo, nel conflitto. Due milioni di bambini, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, non hanno accesso ai servizi sociali di base e sono esposti alla violenza. Massimiliano Menichetti:

    Una settimana dopo la conquista della capitale Bangui da parte dei golpisti Seleka, le condizioni di sicurezza, in Centrafrica, ancora non migliorano. Fonti locali riferiscono di violenze diffuse, furti, chiese saccheggiate, ospedali al collasso. Monsignor Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, chiede che si mantenga la calma e non si fomentino odio e diffidenza. Mentre l’Unicef denuncia che il conflitto ha colpito oltre quattro milioni di persone e che due milioni di bambini non hanno accesso ai servizi sociali di base e sono esposti alla violenza. In questo scenario si cerca, a fatica, di individuare le frange di saccheggiatori che stanno approfittando del caos. Sul fronte interno nonostante gli appelli per la ripresa delle attività, del primo ministro di Nicolas Tiangaye, nulla sembra tornare alla normalità. Parole rasserenanti anche dall’autoproclamato presidente, Michel Djotodia, che è tornato a garantire il ripristino, al più presto, dell’ordine costituzionale, mentre il deposto presidente Bozizé ha chiesto asilo politico in Benin, dopo la fuga in Camerun.

    Sulla difficile situazione umanitaria, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Andrea Iacomini portavoce di Unicef- Italia:

    R. – Nelle scorse settimane, avevamo già segnalato la grave crisi in Centrafrica rimarcando che c’erano almeno 600 mila bambini che non andavano più a scuola e che gran parte degli aiuti umanitari erano a rischio di saccheggio. Oggi, questa situazione è esplosa: adesso sono quattro milioni le persone colpite da quanto accaduto e due milioni sono bambini. Abbiamo detto con forza alla coalizione di Seleka che è giunto il momento di agire: chi ha preso il potere, lo scorso fine settimana, adesso deve dimostrare quanto sia impegnato anche a far rispettare i principi umanitari, i diritti umani, altrimenti la situazione si farà sempre più esplosiva. Non dimentichiamo che la Repubblica di Centrafrica è ai primi posti per quanto riguarda la malnutrizione e la mortalità infantile. E’ un Paese davvero che vive in condizioni disperate. E’ importante che il nuovo governo si impegni nei confronti dei bambini e di tutte le persone.

    D. – Nonostante la crisi siete ancora presenti in Africa?

    R. – Certo, proprio in questi giorni il nostro direttore regionale dell’Unicef ha detto che è indispensabile avere un accesso concreto e sicuro alle comunità che sono state colpite dal conflitto. Non mancano però le difficoltà, questa settimana dal magazzino centrale dell’Unicef sono stati rubate dieci tonnellate di aiuti di prima necessità, aiuti che di fatto erano destinati a 30mila persone, le più vulnerabili, in particolare bambini e donne.

    D. – Cosa è stato rubato esattamente?

    R. – Kit per l’acqua, zanzariere, coperte, teli di plastica, farmaci essenziali… Aver rubato dal magazzino tutti questi aiuti porta grandissimi problemi per tutti, anche per i bisogni dei bambini, che per noi sono una priorità.

    D. – In questo momento, voi riuscite a coprire le zone che riuscivate a servire?

    R. – L’Unicef continua a fornire il proprio aiuto. E’ chiaro che ogni giorno ci sono difficoltà, ma se aumentano le situazioni in cui non siamo in grado di fornire aiuto, aumentano anche le malattie e il rischio delle epidemie. Adesso, per noi è urgente intervenire ovunque ci sia necessità. Ecco perché l’appello dell’Unicef al governo è proprio quello di garantire un accesso libero e sicuro dei nostri operatori a chi ne ha bisogno e quindi garantire che vengano rispettati i principi umanitari, i dritti umani e lo Stato di diritto.

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    Italia. Napolitano: no a tempi insostenibili per il governo, al Quirinale sino alla fine

    ◊   In Italia, il presidente della repubblica Napolitano ha escluso di voler rassegnare le dimissioni, e ha fatto un appello alla “responsabilità” delle forze politiche, anticipando inoltre che si rivolgerà a degli esperti per avere proposte su provvedimenti condivisi. Sono questi i contenuti della dichiarazione che il capo dello Stato ha rilasciato oggi, comunicando i risultati delle nuove consultazioni per la formazione di un governo. Il servizio di Davide Maggiore:

    Napolitano ha detto “no” a tempi insostenibili per la formazione di un nuovo esecutivo. Il capo dello Stato italiano ha anche dichiarato che eserciterà il suo mandato “fino all’ultimo giorno”. Per affrontare i “problemi gravi” del Paese, ha spiegato il presidente della Repubblica, serve un “valido governo”, anche se i colloqui degli scorsi giorni hanno mostrato che tra le forze politiche continuano a esserci “posizioni nettamente diverse”. L’appello è dunque alla “responsabilità” dei partiti. In vista della possibile costituzione di un esecutivo, Napolitano chiederà a “due gruppi ristretti di personalità” di formulare “precise proposte programmatiche” su temi istituzionali ed economico-sociali. I nomi di queste personalità saranno resi noti nel pomeriggio. Il presidente uscente ha poi ribadito che la data delle prossime elezioni è una questione di cui non si sta interessando: la scelta su un eventuale scioglimento delle Camere spetterà dunque al suo successore. Napolitano auspica che su questo voto ci sia “ampia intesa” tra le forze politiche. Il governo Monti, ha spiegato inoltre il capo dello Stato italiano, non è stato sfiduciato dal parlamento, e “sta per adottare provvedimenti urgenti per l'economia, d'intesa con le istituzioni europee e con l'essenziale contributo del nuovo parlamento”.

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    A Milano, l'ultimo caloroso abbraccio di artisti e amici a Enzo Jannacci

    ◊   Da questa mattina una lunga fila di artisti e gente comune, ammiratori e colleghi, sta rendendo omaggio alla salma di Enzo Jannacci, scomparso ieri sera dopo una lunga malattia. Con la sua musica ha dato voce ai diseredati, ci ha regalato una poesia spiazzante, ha rivoluzionato il modo di fare la canzone italiana: sono tanti i messaggi che anche sul web così ricordano un artista eclettico, nato e vissuto nell’amata Milano dove dal 1959 ha cominciato a fare spettacolo. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Jannacci è stato tante cose insieme: così vogliamo ricordarlo. Cardiologo e comico, cantautore e autore, più di 30 album, tante colonne sonore e collaborazioni con i grandi del teatro, del cinema e della tv; capo-scuola del cabaret, divo del teatro-canzone anche se la sua prima etichetta fu quella di pioniere del rock-‘n-roll per il sodalizio di oltre 40 anni, che negli anni Cinquanta strinse con Gaber, suo grande amico, come più tardi fu Dario Fo, ma anche con Celentano, Tenco e Little Tony. La sua cifra espressiva, assolutamente unica. Franz Coriasco, critico musicale:

    “Questo sapere raccontare la vita con un linguaggio che in prima battuta è estremamente popolare, così come erano estremamente stradaioli i suoi personaggi; ma che racchiudeva un’anima molto profonda: c’era la sua attenzione agli emarginati, agli ultimi, ma direi anche ai giullari, quale lui stesso è stato …”.

    Emblematico, a questo proposito, il “Vengo anch’io – no, tu no”, il tormentone che sdoganò Jannacci, solo apparentemente una canzone-paradosso. Da qui, tanti altri successi: “Giovanni Telegrafista”, “L’Armando”, “Veronica”, “Andava a Rogoredo”. Sempre sociologico, il taglio dei suoi testi, ma mediato dalla poesia e mai volgare. Milano, la sua culla e la sua ispirazione. Ancora Coriasco:

    “Al pari di Gaber, sono stati i primi a cogliere che sotto ai coriandoli del miracolo italiano in realtà c’erano delle inquietudini che poi sarebbero sopravvissute. Poi, lui è sempre stato un personaggio che non ha mai amato troppo il pubblico: me lo ricordo in tante interviste. Già questo suo parlare sbiascicato, indolente, che era però semplicemente di facciata. E poi, magari, riteneva urticanti certi riti tipici del music-business o della comunicazione all’interno del mondo dello spettacolo. Anzi, di questo amava dimostrarsi in tutti i modi decisamente altro. Un’altra cosa molto bella che ha saputo fare Jannacci è stato il rapporto con suo figlio, che è diventato poi, alla fine, una colonna fondamentale del suo continuare ad essere artista anche negli ultimi anni della sua carriera. Cosa bellissima, ma purtroppo rara …”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo di Pasqua

    ◊   In questa Pasqua di Resurrezione, la liturgia della Veglia ci presenta il Vangelo in cui le donne, recatesi al sepolcro, lo trovano aperto: il corpo di Gesù non c’è. Mentre si domandano che senso abbia tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante, dicendo:

    “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo”, canta la liturgia pasquale, con le parole del Salmo 117. Il silenzio e il digiuno del Venerdì e Sabato Santo, accompagnando la morte e sepoltura del Signore, si sono vestiti d’esultanza durante tutta la Veglia Pasquale, con l’accensione del cero, la “nuova luce”, con il canto dell’”Exultet”, nell’ascolto delle opere gloriose del Signore nella storia della salvezza, fino ad esplodere nel canto dell’Alleluia, nel Battesimo di nuovi figli di Dio e nell’esultanza incontenibile dell’Eucaristia. Si apre ora davanti a noi un lungo “giorno” solenne, festoso, che copre tutto il tempo pasquale: 50 giorni per prepararci a ricevere il Dono nuziale che il Signore ci ha guadagnato con il suo sacrificio: lo Spirito Santo. Di buon mattino le donne vanno al sepolcro con gli aromi preparati per ungere il corpo del Signore, ma trovano il sepolcro aperto e l’annuncio che il Signore non è qui, è risorto. Impaurite, senza sapere cosa fare, corrono dagli altri discepoli che semplicemente considerano le loro parole un vaneggiamento. Fino a constatare essi stessi che le cose stanno proprio come hanno detto le donne. La morte è finalmente inghiottita dalla vittoria. E il “buon profumo di Cristo”, la sua vittoria sopra la morte, incomincia a correre per le strade del mondo, ad espandersi ovunque, portando consolazione, gioia, speranza, certezza di vita eterna. Che questa buona notizia raggiunga e riempia oggi anche i nostri cuori. Buona Pasqua!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iran, Nord Corea e Siria bloccano trattato sulle armi

    ◊   Nessuna intesa sul trattato per il commercio delle armi. Iran, Corea del Nord e Siria hanno impedito il raggiungimento di un consenso per l’accordo e così i lavori, aperti il 18 marzo e che hanno coinvolto tutti i 193 paesi dell’Onu, si sono chiusi senza risultati, con “profonda delusione” del segretario generale Ban Ki-moon. Come riporta l’agenzia Misna, il Messico, sostenuto da diversi Stati africani e latinoamericani, ha proposto in extremis di modificare le regole della sessione, affinché il testo fosse adottato anche senza una votazione; una possibilità esclusa in modo assoluto dal rappresentante russo. Inoltre, la delegazione di Mosca ha fatto sapere che non supporterà un trattato che non tiene conto della voce della minoranza. Il Kenya, insieme ad altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna, ha chiesto l’invio della bozza del trattato all’Assemblea generale dell’Onu per l’adozione. Rimane aperta quindi la possibilità di approvazione da parte di quest’ultima, con la maggioranza dei due terzi. Il Trattato, che è oggetto di negoziati da sette anni, mira a regolare il controllo di un mercato che muove ogni anno 80 miliardi di dollari fissando, per la prima volta, standard internazionali che impongono il rispetto dei diritti umani. I Paesi firmatari si lavoreranno per impedire che le armi convenzionali siano trasferite in Stati colpiti da embargo o in cui siano in atto genocidi, crimini di guerra o contro l’umanità. Stando al testo, dovrebbero essere gli Paesi a valutare se le armi inviate corrano il rischio di essere utilizzate per “violazioni gravi” o finire nelle mani della criminalità organizzata. Inizialmente, a opporsi al trattato erano stati Cina, Russia e Stati Uniti, tra i maggiori esportatori di armi al mondo. Lo scorso luglio, Washington aveva frenato sull’accordo e il presidente americano, Barack Obama, era stato accusato di agire a fini elettorali in vista delle elezioni di novembre. Contro il trattato si è infatti schierata la National Rifle Association (Nra), la potente lobby americana delle armi. Questa volta però, anche gli Stati Uniti erano vicini alla firmi del Trattato, “un testo forte, equilibrato e applicabile”, a detta del capo delegazione Tom Countryman. (V.C.)

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    Tunisi: si conclude il Forum Sociale Mondiale, al centro il tema della dignità

    ◊   Si conclude oggi il Forum Sociale mondiale di Tunisi: l’iniziativa nata 12 anni fa a Porto Alegre, in Brasile, ha avuto luogo per la prima volta in un Paese arabo, in omaggio a tutti i protagonisti delle "primavere" che hanno cambiato l'assetto dello scacchiere. Già ieri il Forum, dedicato in particolare al tema della “Dignità”, aveva “raggiunto i 50 mila partecipanti”, come dichiarato all’agenzia di stampa ufficiale ‘Tap’ da Mohieddine Charbib, del comitato organizzativo. Le decine di sessioni di lavoro di questi giorni – riferisce la MISNA - hanno guardato al futuro dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente: giustizia sociale, lotta alla corruzione, accesso alla sanità e all’istruzione per la libertà, dignità e cittadinanza nei Paesi della primavera araba sono stati alcuni tra i temi affrontati. Ma a Tunisi si è anche parlato dell’austerità economica in Occidente, delle sfide ambientali per uno sviluppo sostenibile, dell’immigrazione e del debito del Sud del mondo. Nei giorni scorsi, i partecipanti al Forum hanno lanciato infine un appello contro la schiavitù moderna. “Più di 100 milioni di lavoratori sono utilizzati per pulire, cucinare, occuparsi di bambini e anziani. Il loro lavoro è sottopagato e invisibile. La stragrande maggioranza dei domestici è donna (82%), migrante o bambino”, hanno denunciato i vari esperti al dibattito sul tema. Dedicata alla questione della cittadinanza è invece la campagna “L’Europa sono anch’io”, lanciata in anteprima mondiale dalle tre principali realtà promotrici (Caritas, Cgil, Arci). Cittadinanza dalla nascita agli immigrati residenti in tutti i Paesi dell’Unione europea; diritto di voto alle elezioni amministrative e ratifica della Convenzione Onu per i diritti dei migranti e delle loro famiglie sono gli obiettivi principali dell’iniziativa. Un bilancio dell’intero Forum è stato tracciato al Sir da Oliviero Forti, di Caritas italiana che ha guidato a Tunisi una ventina di delegati delle Caritas diocesane esperti in migrazioni. “La Tunisia, con l’entusiasmo dei giovani e di un intero popolo che ha fatto la rivoluzione e sta cercando democrazia, diritti e dignità, è stato, in questo periodo storico, il luogo migliore dove poter svolgere un Forum sociale e portare avanti le varie istanze per i diritti sociali e degli ultimi”, ha dichiarato Forti. Come nei precedenti Forum a Dakar, Nairobi, Belem, Porto Alegre, la presenza della Chiesa - con volontari, operatori, missionari e religiose - è stata impegnata, partecipata, attiva e visibile. I cattolici si sono ritrovati lunedì in cattedrale per una messa iniziale e hanno concluso con la celebrazione del Venerdì Santo. Oggi la chiusura dell’evento, con una marcia di solidarietà con il popolo palestinese, e in coincidenza con l’Earth Day (Giornata della Terra). (D.M.)

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    Filippine: Venerdi Santo in memoria di padre Tentorio, assassinato a Mindanao

    ◊   Una Pasqua in memoria di padre Fausto Tentorio, il sacerdote del Pime ucciso a colpi di pistola il 17 ottobre 2011. I fedeli delle Filippine, in occasione del Venerdì Santo, hanno deciso di ricordare il “suo sacrificio e la sua testimonianza di fede”, come racconta ad AsiaNews padre Giovanni Vettoretto, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere nell’Arkan Valley (Cotabato del Nord, Mindanao), confratello del defunto sacerdote. A rendere un particolare omaggio è stata la parrocchia Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, dove padre Tentorio ha lavorato per tutta la vita. La comunità dei fedeli testimonia con la presenza la devozione per il sacerdote. “Ancora adesso la gente continua a gremire la chiesa. Di solito col buio gli abitanti dei villaggi si ritirano nelle loro case, ma questi giorni sono speciali e il flusso è costante”, ha commentato padre Vettoretto, che, parlando di padre Tentorio, ha aggiunto: “La gente parla ancora di lui con le lacrime agli occhi”. Secondo quanto racconta il sacerdote, per le celebrazioni della settimana Santa sono state allestite varie illustrazioni, “ma, al fondo, resta sempre la partecipazione alle funzioni e il profondo legame con i riti e i simboli”. Padre Tentorio è stato il terzo missionario del Pime ucciso nelle Filippine, in particolare nell’isola di Mindanao. Nel 1985, p. Tullio Favali fu assassinato a Tulunan, nella diocesi di Kidapawan, per mano di un gruppo di guardie private armate. Nel 1992, a Zamboanga, perse la vita padre Salvatore Carzedda, impegnato nel dialogo con i musulmani. (V.C.)

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    Pasqua a Kabul: la testimonianza del cappellano dell'ambasciata italiana

    ◊   "In questa realtà che sembra non avere scampo preghiamo che dopo il Calvario vi sia la Resurrezione. Qui la Passione di Gesù è la sofferenza di milioni di persone che patiscono ogni giorno il dramma della guerra, dell'odio, della povertà". Questa testimonianza – raccolta da AsiaNews – è di padre Giuseppe Moretti, parroco della cappella interna all'ambasciata italiana a Kabul. Il sacerdote definisce la piccola comunità cristiana, composta da 12 suore e alcune decine fra militari e funzionari di ambasciate, una "Chiesa catacombale, silenziosa, discreta, ma operosa perché testimonia Cristo al popolo afghano con il proprio esempio di vita e con la presenza quotidiana dell'Eucarestia". Nonostante le difficoltà numerose persone stanno partecipando alle funzioni della Settimana Santa. La presenza dei militari, anche di alto rango, alle messe è un segno di speranza. "Alla domenica delle Palme – racconta il parroco - la Chiesa era stracolma”. Le palme, prosegue il religioso, “sono un simbolo di pace e qui tutto è in rapporto con la terribile realtà afghana, dove domina invece la guerra". Per la Veglia Pasquale “ci attendiamo molte persone”, nota ancora padre Moretti, che poi ricorda: “Chi viene lo fa anche rischiando la vita". Il Paese è al 99% musulmano e vi è il divieto di comunicare il Vangelo. Ai cristiani è vietato esporre simboli religiosi e le funzioni sono limitate alla messa quotidiana. Le processioni non si possono svolgere nemmeno all'interno dell'ambasciata. "Questa condizione - sottolinea padre Moretti - non è un ostacolo. Noi andiamo incontro alla Pasqua con entusiasmo e pienezza, come se fossimo dentro una bellissima cattedrale. Non è il luogo che fa la differenza, ma la presenza di Cristo". Per padre Moretti la missione è anzitutto nei confronti dei militari, gli unici che possono avere contatti diretti con la popolazione musulmana. "I valori del Vangelo – sottolinea il religioso - si trasmettono anche attraverso di loro". I sei sacerdoti presenti nel Paese sono tutti cappellani nelle basi Nato sparse per il Paese e il loro compito è far riscoprire la fede ai cristiani che operano in Afghanistan. "Nella Messa Crismale celebrata lo scorso 24 marzo – racconta padre Moretti - abbiamo sperimentato che la nostra presenza qui ha senso solo se viviamo come afferma Papa Francesco: come veri pastori con 'il profumo delle pecore' sulle nostre vesti, per testimoniare il Vangelo là dove il Signore ci invia". I religiosi e le religiose che operano in Afghanistan sono in tutto 15. La presenza più radicata nel Paese è quella delle Piccole sorelle di Gesù. Rispettate anche dai talebani, le quattro suore operano da 50 anni a Kabul. La caduta del regime talebano nel 2001 ha permesso l'arrivo delle suore di Madre Teresa, che dal 2006 lavorano con i malati e i poveri. Un'altra realtà stimata dalla popolazione è quella dell'associazione ‘Pro bambini’ di Kabul che assiste orfani e disabili. (D.M.)

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    Swaziland: riunioni religiose interrotte dalla polizia. La Chiesa impegnata nel dialogo

    ◊   La polizia dello Swaziland ha impedito più volte nelle ultime settimane lo svolgimento di incontri di preghiera e dibattiti convocati dalla Chiesa cattolica insieme con altre organizzazioni religiose. Fonti della Misna riferiscono che nel Paese il governo del re Mswati III ha definito le iniziative “riunioni politiche e pericolose”. Gli episodi si sono verificati a Manzini, la principale città del piccolo regno dell’Africa australe. Secondo le fonti, il 16 febbraio gli agenti hanno fatto irruzione nella cattedrale cattolica prima che cominciasse un incontro di preghiera ecumenico, intimando ai partecipanti di uscire dall’edificio nel giro di pochi minuti. Una decina di giorni fa, la polizia ha inoltre impedito lo svolgimento di un dibattito nella sede della Caritas dopo che il governo aveva la riunione come “politica e pericolosa”. Martedì scorso, dicono alla Misna, un terzo incontro ha invece potuto svolgersi regolarmente nonostante nella platea ci fossero molti agenti in borghese. Al dibattito ha partecipato anche l’arcivescovo di Maseru, capitale del vicino Lesotho, monsignor Gerard Tlali Lerotholi, che ha parlato dei progressi sul piano della democrazia consolidati nel suo Paese dalle elezioni legislative dello scorso anno. Secondo le fonti, in Swaziland la Chiesa cattolica cerca di “favorire il dialogo e dare a tutti la possibilità di farsi ascoltare”. Nella monarchia retta da Mswati III, la Costituzione in vigore dal 1973 vieta i partiti politici e il parlamento è dotato di poteri soltanto consultivi. Nelle ultime settimane la tensione è salita, sia perché tra qualche mese dovrebbero tenersi elezioni legislative, sia perché le difficoltà finanziarie dello Stato rischiano di portare a tagli di spesa che potrebbero aggravare la povertà della popolazione (D.M.)


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    Myanmar: l'arcivescovo di Yangon chiede la fine delle violenze nel centro del Paese

    ◊   Giovani buddisti, cristiani, musulmani e indù birmani hanno raccolto l'invito alla pace lanciato nei giorni scorsi dall'arcivescovo di Yangon, siglando un documento in cui chiedono "la fine delle violenze" fra buddisti e musulmani nel centro del Paese. Da giorni, il Myanmar è teatro di scontri di piazza che hanno causato decine di morti e devastazioni di case e luoghi di culto. Per arginare le violenze, il presidente non ha escluso l'uso della forza contro quelli che considera provocatori interessati solo a fomentare il disordine e il caos. Secondo alcuni esperti di politica birmana – citati dall’agenzia AsiaNews - dietro gli assalti vi sarebbero infatti gruppi vicini all'esercito e a fazioni estremiste, che starebbero tentando di sovvertire l'ordine dello Stato e riconsegnare il potere nelle mani della giunta militare. In questo contesto, mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha diffuso un messaggio improntato alla pace e alla speranza, subito rilanciato da vari movimenti interreligiosi giovanili. Il presule ha sottolineato che "amore e compassione sono valori centrali nel buddismo, nell'islam e nel cristianesimo" e per questo è "assai urgente e importante che tutti i responsabili religiosi si riuniscano e si ascoltino in modo reciproco, all'insegna del rispetto" per giungere "a una parola e a un'azione comune". Mons. Bo ha infine ricordato che "unità e convivenza pacifica" si possono raggiungere non solo con "una Costituzione o un esercito", ma grazie alla "legge dell'amore, la sola in grado di donarle". Intanto, il presidente birmano Thein Sein punta il dito contro quelli che definisce "sobillatori", colpevoli di fomentare le violenze antimusulmane per "opportunismo politico ed estremismo religioso". In un discorso di 10 minuti, trasmesso dall'emittente di Stato alle 6 del pomeriggio di ieri, egli ha aggiunto che "non esiterà a usare la forza" se questa sarà "l'ultima spiaggia", che resterà in campo per "salvare vite umane e proteggere le proprietà". Le violenze erano divampate il 20 marzo scorso a Meikhtila, in seguito a un banale alterco fra un musulmano veditore di oro e un cliente di fede buddista. La lite è sfociata in veri e propri scontri di piazza, durante i quali - secondo fonti della polizia - sono morte 42 persone. Ingenti anche i danni materiali, con 37 edifici religiosi (in maggioranza moschee) e 1.227 case andate distrutte. Le forze dell'ordine hanno operato 68 arresti nelle aree interessate dalle violenze, partite da Meikhtila e poi propagate in 11 diverse cittadine sparse nelle divisioni di Pegu e Mandalay, al centro del Myanmar. Le autorità locali hanno imposto il coprifuoco e vietato assembramenti pubblici, ma i provvedimenti non sono serviti a scongiurare nuovi incidenti. Secondo la tv di Stato birmana, ieri gruppi di persone hanno assaltato case, negozi ed edifici religiosi in due diverse cittadine. Il giorno precedente le forze di sicurezza avevano lanciato colpi di avvertimento in aria per respingere altri assalitori che stavano per colpire proprietà appartenenti a musulmani (D.M.)

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    Domani torna l'ora legale

    ◊   Alle ore 2.00 di domenica notte, 31 marzo, entrerà in vigore l’ora estiva europea, con conseguente spostamento di un’ora in avanti delle lancette degli orologi. L’ora legale resterà in vigore fino alla notte tra il 26 e il 27 ottobre. Non vi saranno cambiamenti di rilievo per il nostro Radiogiornale, che andrà in onda alle stesse ore.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 89

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.