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Sommario del 29/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Stasera prima Via Crucis di Papa Francesco al Colosseo. Le meditazioni scritte da giovani libanesi
  • Messa in Coena Domini. Il Papa porta la carezza di Gesù ai giovani detenuti di Casal del Marmo
  • L'abbraccio del Papa ai ragazzi di Casal del Marmo riuniti nella palestra. Le voci di chi lavora nel carcere
  • Il cappellano di Casal del Marmo: il Papa ha dato speranza ed emozioni ai cuori dei ragazzi
  • Il Papa e la lavanda dei piedi. Il sociologo Sorice: immagine della Chiesa che si abbassa verso gli ultimi
  • Briefing di padre Lombardi sulle celebrazioni di Pasqua. Ieri, telefonata di Papa Francesco a Benedetto XVI
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Gerusalemme, via Crucis guidata dal Custode di Terra Santa e dai francescani
  • Centrafrica: continuano le razzie dei ribelli. Pasqua di paura per le comunità cristiane
  • Alta tensione nel Pacifico: Usa inviano bombardieri, Pyongyang allerta unità missilistiche
  • "Su Re": nei cinema italiani una drammatica versione della Passione di Gesù
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Messaggio di Napolitano a Papa Francesco: la Pasqua porti pace, giustizia e solidarietà
  • Ondata di attentati in Iraq: almeno 19 morti, colpite moschee sciite
  • Sudafrica: pogressi costanti per la salute di Nelson Mandela
  • Congo: l’Onu autorizza un mandato militare contro i ribelli
  • Tanzania: 15 morti nel crollo di un palazzo in costruzione a Dar es Salam
  • Tibet: un monaco di 28 anni si immola per protesta contro la Cina
  • Il Papa e la Santa Sede



    Stasera prima Via Crucis di Papa Francesco al Colosseo. Le meditazioni scritte da giovani libanesi

    ◊   Per la prima volta, questa sera, dalle 21.15, Papa Francesco sarà al Colosseo per presiedere il rito della Via Crucis in diretta mondovisione. Autori delle meditazioni di quest’anno sono alcuni giovani libanesi, sotto la guida del patriarca maronita, il cardinale Béchara Boutros Raï, che hanno sviluppato una intensa preghiera che abbraccia singole categorie di persone, come le donne e la loro dignità spesso violata, o i giovani vittime di felicità “artificiali”. Con una preghiera per la Chiesa, in particolare per quella che patisce in Medio Oriente. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Ci sarà il mondo questa sera a portare la Croce tra le penombre create ad arte tra le arcate del Colosseo. Dalla Terra Santa alla Cina, dall’Africa all’America Latina, in poco più di venti si alterneranno nel seguire la pista sonora delle meditazioni che scandiranno le tappe della Via Dolorosa di Gesù, a partire dalla sua condanna che fa emergere in filigrana quei molti ‘Pilato’ che – si legge nel testo – “tengono nelle mani le leve del potere e ne fanno uso al servizio dei più forti”. Mentre al peso della Croce che piega le spalle di Gesù si aggiunge quello del mondo che piega le sue spalle sotto il “laicismo cieco”, che vuole soffocare la fede e la morale, o il “fondamentalismo violento che prende a pretesto la difesa dei valori religiosi”.

    Poi, Gesù cade una prima volta – come spesso cade l’umanità quando si “accontenta” delle risposte parziali della scienza e non si pone le domande fondamentali della vita – quindi incontra sua Madre. Qui è il contatto tra due sofferenze che si cercano e dalle quali, si legge, “nasce un’umanità nuova”. E nasce anche una preghiera per le famiglie, perché in tempi per loro difficili siano “luoghi” della presenza di Gesù. La Via Crucis prosegue e sulla scena compare il Cireneo. È il simbolo dell’uomo che portando la sua croce dietro Gesù la accetta perché essa – si legge – “può inchiodare alla sedia ma non impedire di sognare”, “può appesantire l’anima ma non derubare della libertà”. Il gesto di pietà della Veronica che asciuga il viso di Gesù invita a fare altrettanto per l’uomo in miseria, che soffre. Aiutaci, invoca la preghiera che segue, ad “asciugare dal suo volto le tracce della povertà e dell’ingiustizia”. Arriva poi la seconda caduta. Gesù, si sottolinea, si rialza “forte della fiducia infinita” che nutre in Dio suo Padre. Per l’autore è l’occasione di ricordare chi questa fiducia rischia di perderla – come i cristiani in Medio Oriente – e dunque di pregare perché, pur in “una terra lacerata dall’ingiustizia”, siano consolati e resi forti.

    L’incontro di Gesù con le donne lungo la Via Dolorosa è occasione per riflettere sulla loro dignità e quella di ogni donna. “Il mondo è pieno di madri afflitte”, di donne “violentate dalle discriminazioni, dall’ingiustizia e dalla sofferenza. O Cristo sofferente – termina la preghiera – sii la loro pace e il balsamo delle loro ferite”. La terza caduta di Gesù prima di giungere alla Croce accende la riflessione sulla Chiesa “oppressa sotto la croce delle divisioni” e la preghiera perché i cristiani si rialzino e avanzino “sulla via dell’unità”. La decima stazione – Gesù spogliato delle vesti – è in certo modo eco della settima: il pensiero va, si legge, “ai figli delle Chiese orientali” spogliati e indeboliti “da varie difficoltà”, come la persecuzione e l’emigrazione, per i quali viene invocato “il coraggio di restare nei loro Paesi e comunicare la Buona Novella”.

    Nell’11.ma stazione riecheggiano i colpi di martello che inchiodano Gesù alla croce, ognuno dei quali è paragonato a un “battito del cuore” immolato che diventa rifugio per ogni persona. In particolare, qui la preghiera è per quei giovani, “vittime della droga, delle sette e delle perversioni”, perché la felicità che cercano la scoprano nell’Amore di chi ha dato la vita per loro. La dodicesima stazione è il momento del grido di abbandono e della morte e il pensiero è perché sia aperto il cuore di chi la morte la provoca pensando di difendere un diritto con l’aborto, l’eutanasia, o la mette in pericolo con tecniche rischiose. Poi, Gesù viene calato dalla croce in braccio a sua Madre. Sembra la vittoria della violenza e invece è un seme di pace: quella che in questa circostanza viene invocata per i Paesi in guerra e specie per il Medio Oriente, perché – è l’auspicio – “recuperi lo splendore della sua vocazione di culla di civiltà e di valori spirituali e umani”. Infine, il sepolcro. È il momento in cui, si nota, la morte “esige una speranza salda, una fede viva”. La preghiera è per chi “cerca il senso della vita” e per “quanti hanno perso la speranza”, perché non si accontentino più “di una vita priva di bellezza e di significato”.

    Tre degli autori delle meditazioni della Via Crucis porteranno stasera la Croce e le fiaccole durante il rito al Colosseo. Sono Gioia, Carlos e Marielle, tutti membri del Patriarcato maronita di Berké. Al microfono di Marie Duhamel, della redazione francese della nostra emittente, raccontano dei pensieri che hanno voluto trasfondere nei loro testo e della loro reazione alla richiesta di preparare la Via Crucis per Papa Francesco:

    R. – E’ stato veramente un privilegio, l’onore di preparare qualcosa di così grande come questo.

    R. – Signore, mi sono detto, è una Grazia: chi sono io, poi, per redigere i testi delle meditazioni per la Via Crucis?...

    R. – E’ stato uno choc all’inizio, c’è stato panico, non sapevamo cosa fare, in cosa aiutare… Poi, man mano, abbiamo visto come funzionava e abbiamo cominciato…

    R. – Tutti i giovani delle Chiese hanno partecipato alla stesura di queste meditazioni. I giovani della Chiesa latina hanno scritto per una stazione, poi i giovani di quella melkita-cattolica, i giovani armeni, i caldei… C’era proprio un grande spirito di comunione.

    D. – Ci siamo presi una vacanza dal nostro lavoro giornaliero, qualche giorno per pensare, per pregare. Siamo stati come una famiglia che lavora insieme per la preparazione e dunque il tempo di questa preparazione è stato un tempo molto forte, di fratellanza.

    R. – A livello personale non ero troppo ferrata nelle Scritture, forse non ho tutto questo bagaglio ma certo sono stata presente con la mia preghiera. Ho pregato sempre per comunicare al mondo quello che abbiamo vissuto, perché queste stazioni riflettano veramente quello che stiamo vivendo.

    R. – Abbiamo cercato di portare, con la croce di Gesù, le sofferenze dell’Oriente.

    R. - Abbiamo pregato per i giovani siriani, i giovani iracheni, i giovani della Terra Santa che stanno attraversando un tempo di guerra e di terrorismo. Siamo in comunione, soprattutto i noi cristiani di questa regione.

    R. - Tutti cercano la fede, tutti difendono la vita umana, sono punti comuni all’Oriente e all’Occidente. Ma, certo, abbiamo la nostra sofferenza, il nostro grido per la pace, per la non discriminazione, il nostro grido per la vita… veramente, è il nostro grido dell’Oriente!

    R. - Sì, la sofferenza crea una maturità, aiuta molto a scrivere di cuore.

    R. - Leggendo queste preghiere, troverete sì la sofferenza ma anche la speranza.

    R. - Sappiamo di essere nel cuore del Signore. Abbiamo condiviso questo Calvario, se così si può dire, in un altro modo, ma non ci fermiamo qui. Non ci fermiamo alla 14.ma stazione della Via Crucis: c’è una 15.ma stazione, che è la Risurrezione, che ci porta a vivere nuovamente e pienamente.

    R. – Anche se portiamo l’Oriente con tutte le sue sofferenze, abbiamo la piena fiducia che il nostro Oriente sia anche un porto di speranza, un luogo di testimonianza, un luogo dove veramente si può vivere la fede.

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    Messa in Coena Domini. Il Papa porta la carezza di Gesù ai giovani detenuti di Casal del Marmo

    ◊   La lavanda dei piedi è “una carezza che fa Gesù” per invitarci a lavarci i piedi gli uni gli altri. E’ questa l’esortazione che Papa Francesco rivolge nella sua prima Messa in Coena Domini da Pontefice, celebrata all’interno del Carcere minorile romano di Casal del Marmo. Vi hanno preso parte circa 120 persone, fra le quali 50 giovani detenuti. Durante la celebrazione che ha dato inizio al Triduo Pasquale, il Papa ha lavato i piedi a 12 di loro, di nazionalità e confessioni diverse, tra cui due ragazze. Il servizio di Debora Donnini:

    Se io, il Signore, ho lavato i piedi a voi anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Nella breve omelia pronunciata a braccio, Papa Francesco si rivolge ai giovani detenuti di Casal del Marmo con parole toccanti, che vanno dritte al cuore, partendo dall’immagine di Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. “Questo è commovente”, afferma Papa Francesco. Pietro non capiva, rifiutava, come si evince dal Vangelo proclamato, ma Gesù glielo ha spiegato:

    “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto io”.

    E dunque l’invito di Papa Francesco è a seguire “l’esempio del Signore”: lui, Dio, che “è più importante” lava i piedi:

    “Perché fra noi quello chi è il più in alto, deve essere al servizio degli altri”.

    Lavare i piedi è, infatti, dire “io sono al tuo servizio”, e concretamente significa che “dobbiamo aiutarci” l’un l’altro:

    “A volte mi sono arrabbiato con uno, con l’altra … ma, lascia perdere: lascia perdere! E se ti chiede un favore, fatelo. Aiutarci l’uno l’altro: questo Gesù ci insegna e questo è quello che io faccio, e lo faccio di cuore, perché è mio dovere, come prete e come vescovo devo essere al vostro servizio”.

    Parole che commuovono e con le quali Papa Francesco vuole indicare dove è la radice di quest’attitudine:

    “Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha insegnato. Ma anche voi, aiutateci: aiutateci sempre. L’uno verso l’altro. E così, aiutandoci ci faremo del bene”.

    Papa Francesco conclude, ricordando il senso del gesto della lavanda dei piedi:

    “Ciascuno di noi pensi: 'Io davvero sono disposta, sono disposto, a servire, ad aiutare l’altro?'. Pensiamo questo, soltanto. E pensiamo che questo segno è una carezza che fa Gesù, perché Gesù è venuto proprio per questo: per servire, per aiutarci”.

    Quindi, Papa Francesco ha compiuto lui stesso il gesto che Gesù fece duemila anni fa: si è inginocchiato lavando i piedi a 12 giovani detenuti - fra cui due ragazze e un paio di musulmani - e poi li ha asciugati e baciati, rendendo così concreto e visibile quanto aveva detto prima: “quello che è più in alto, deve essere al servizio degli altri”. E facendo sì che quella commozione nel vedere Gesù che lava i piedi, si trasmettesse vibrante fra i giovani detenuti di Casal del Marmo. Per compiere il rito della lavanda dei piedi, Papa Francesco ha indossato un grembiule donato dalla comunità di “Villa San Francesco” di Facen di Pedavena, in provincia di Belluno, che ospita ragazzi con difficoltà familiari e personali. Questi giovani hanno realizzato l’indumento con filamenti provenienti dalla Terra Santa. Al momento della pace, Papa Francesco ha abbracciato e baciato nuovamente i 12 giovani rappresentanti di tutti gli altri. E dopo ha dato personalmente l'Eucaristia a tutti coloro che si sono avvicinati alla Comunione. La liturgia è stata animata da canti col sottofondo della chitarra. L’animazione è stata, infatti, affidata ad un gruppo di 40 ragazzi dell’Associazione denominata ‘Volontari Casal del Marmo", che da anni lavorano nel carcere. Insieme con loro, anche i membri del Rinnovamento nello Spirito, che animano la liturgia domenicale. A concelebrare con il Santo Padre, il cardinale vicario Agostino Vallini, il sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, il segretario particolare del Papa mons. Alfred Xuereb, padre Gaetano Greco, cappellano del carcere, e un suo confratello. Nel suo ministero come arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio usava celebrare la Messa in Coena Domini in un carcere, in un ospedale o in un ospizio per poveri o persone emarginate. Con la celebrazione a Casal del Marmo il Papa Francesco ha dunque voluto continuare quest’uso, caratterizzato da un contesto di semplicità.

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    L'abbraccio del Papa ai ragazzi di Casal del Marmo riuniti nella palestra. Le voci di chi lavora nel carcere

    ◊   Al termine della messa, celebrata nella cappella “Padre Misericordioso”, Papa Francesco ha incontrato tutti i giovani nella palestra. I detenuti gli hanno donato una croce e un inginocchiatoio in legno realizzati da loro e il Papa ha ricambiato con uova di cioccolato e colombe per tutti. Il servizio di Davide Dionisi:

    “Sono venuto qui, ma dal cuore è venuto quello, soltanto. (…) Le cose del cuore non hanno spiegazione, vengono da sole”.

    Il motivo della visita di Papa Francesco, ieri nell’Istituto Penale per Minorenni di Casal del Marmo, è tutto in questa risposta data a uno dei ragazzi detenuti, durante l’incontro nella palestra attigua alla cappella “Padre Misericordioso”, dopo la Messa in Coena Domini. Il Papa ha voluto salutare e abbracciare tutti i giovani ospiti, regalando loro un messaggio che ha fatto immediatamente breccia nei loro cuori:

    “Non lasciatevi rubare la speranza. Capito? Sempre con la speranza, avanti!”.

    Un’esperienza molto forte, l’ha definita il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha lasciato un segno indelebile:

    “Certamente, un’esperienza molto forte in cui la presenza del Santo Padre, le sue parole, la vicinanza a questi ragazzi, il suo sguardo di affetto e di amore hanno toccato tutti e hanno aperto il cuore al Signore”.

    Per il ministro della Giustizia, Paola Severino, grazie a questa straordinaria dimostrazione di affetto di Papa Francesco, ciascuno dei ragazzi ha compreso realmente cosa vuol dire essere circondati dall’amore e dal senso della speranza:

    R. – Io credo che in quel cielo grigio si sia aperto uno squarcio di speranza, così come diceva il Papa: ‘Non perdete la speranza’, perché anche in un carcere, in una struttura semplice come questa, ci può essere tanto amore e tanto spirito di servizio. I fervidi sentimenti che ho visto anche nel nostro personale di polizia penitenziaria, nei volontari, in tutti coloro che aiutano questi ragazzi.

    D. – Nel suo intervento, nel suo saluto, lei ha ricordato l’inizio del suo percorso istituzionale con Rebibbia e poi a Casal del Marmo. Un percorso costellato anche di altre tappe, come lei ha ricordato …

    R. – Molte di queste tappe sono state dedicate, appunto, al carcere. Devo dire che ne è valsa la pena, perché non so se il bilancio sia di tante o poche cose fatte. Io avrei voluto farne molte di più, per il carcere, però certamente ho dedicato al carcere un’attenzione continua e queste due tappe – la prima e l’ultima – che hanno segnato questo cammino, mi sono sembrate veramente molto importanti.

    Oltre ai ragazzi, c’è stata tanta emozione anche tra il personale che lavora in carcere. Tra loro, Caterina Chinnici, capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile, figlia del giudice Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia nel 1983. Proprio lei ha voluto regalare al Papa un libro sulla storia del padre magistrato e ne parla al microfono di Davide Dionisi:

    R. – E’ stata innanzitutto una grandissima emozione, che veramente ci ha coinvolto tutti: sia me come capo Dipartimento, sia i miei collaboratori, ma soprattutto all’interno dell’Istituto penale. E la stessa emozione l’hanno provata i ragazzi. Sono ragazzi che non sono abituati a gestire le proprie emozioni e li abbiamo accompagnati proprio nel senso di comprendere veramente quanto sia importante questo gesto del Santo Padre: l’attenzione, la cura, l’amore che dedica a questi ragazzi per portare un segno di speranza e – a me piace dire – un segno di fiducia. Io ho vissuto questo momento in continuità con un impegno che a me viene anche dal mio percorso di vita personale: mio padre è stato il primo a rivolgere l’attenzione ai ragazzi. Io ho fatto per 14 anni il giudice minorile e mi sono trovata davanti ragazzi che avevano commesso reati molto gravi, anche per fatti di mafia. E mi tornavano alla mente le parole di mio padre che diceva: “Io ho fiducia nelle giovani generazioni”. E io questa fiducia l’ho sempre riposta nei giovani, anche in quelli meno fortunati che possono avere commesso degli errori. Questa Messa che il Papa ha voluto dedicare proprio ai ragazzi, è un segnale forte di questa fiducia. E per noi è un incoraggiamento a proseguire a lavorare proprio per questi ragazzi.

    Sono difficili le condizioni di chi lavora nel carcere di Casal del Marmo, in particolare per gli agenti di Polizia penitenziaria chiamati a far rispettare l’ordine ma anche alle prese con minori e con le fatiche che questo comporta. Davide Dionisi ne ha parlato con il comandante della Polizia penitenziaria di Casal del Marmo, Saulo Patrizi:

    R. – E’ un compito estremamente complesso, non tanto per i numeri che sono presenti nel nostro reparto, che è comunque è un reparto piccolo, quanto per l’animo e la professionalità che ci mette il personale, che spesso – avendo poi anche turni lunghi all’interno delle sezioni – tende a metabolizzare tanta sofferenza che si vive nelle sezioni assieme ai ragazzi. Bisogna anche essere grandi "contenitori" di emozioni, non solo per i nostri giovani detenuti ma anche per il personale che dobbiamo gestire.

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    Il cappellano di Casal del Marmo: il Papa ha dato speranza ed emozioni ai cuori dei ragazzi

    ◊   A Casal del Marmo si respira oggi un'atmosfera particolare dopo la visita di ieri di Papa Francesco. L’emozione è stata grandissima tra i ragazzi, come conferma al microfono di Benedetta Capelli, padre Gaetano Greco, cappellano del carcere minorile:

    R. – Erano felici, ed è dir poco; contenti di quanto avevano vissuto. E quando uno è contento nel cuore, poi si manifesta anche la felicità negli occhi!

    D. – Sappiamo che c’è stata tanta commozione tra i ragazzi, non solo tra quelli che hanno vissuto la lavanda dei piedi …

    R. – Sì: la sorpresa, la grande sorpresa, è stata proprio questa: i ragazzi si sono commossi e a qualcuno di loro sono scese le lacrime … Credo che la visita abbia proprio colto nel segno, emblematica la risposta che ha dato il Papa sulle emozioni del cuore, non ci sono parole per raccontarle. Credo che il Papa sia riuscito a trasmettere ai ragazzi questa emozione forte che lui aveva vissuto fin dal momento in cui aveva scelto di venire a Casal del Marmo e che poi ha manifestato nel rito liturgico prima e poi nell’incontro individuale con loro.

    D. – Come è stata accolta questa frase, “Non fatevi rubare la speranza!”?

    R. – L’impatto è stato forte, per questo “Non fatevi rubare la speranza!”. Per questo, io mi auguro che, come è stato capace il Papa di restituire attraverso questa visita e questa emozione forte, la speranza nei loro cuori, anche la società sappia rispondere con la stessa intensità nel restituire la speranza a questi ragazzi. Speranza che avevano perso o che hanno perso non nel carcere, ma nelle esperienze negative vissute prima di arrivare al carcere, quando gli adulti già avevano rubato loro la speranza. Quindi, se qualcuno ha cominciato a ricostruirla, è bene che ci impegniamo un po’ tutti, con più coraggio, con più forza, perché non si rispenga in loro la speranza, perché sarebbe la fine!

    D. – Da cappellano cosa le rimane di questa visita?

    R. – Non fermarmi, continuare sulla strada percorsa finora. Mi piace quello che, invece, la mattina aveva detto ai vescovi e a tutto il Popolo di Dio, nella celebrazione della Messa crismale: il pastore deve riconoscersi dall’odore delle pecore. E io che, in fondo, sono figlio di un pastore, so che cos’è l’odore delle pecore: questa donazione totale al servizio sacerdotale, alla ragione del sacerdozio.

    D. – Qual è la fotografia che porta di questo incontro con il Papa ed i suoi ragazzi, i ragazzi di Casal del Marmo?

    R. – La mano del ragazzo che aiuta il Papa a sollevarsi dopo che questi gli aveva lavato i piedi; il bacio del Papa a tutti i ragazzi nel momento dello scambio del segno della pace. Sono due momenti che mi hanno emozionato fortemente.

    D. – Invece, il Papa come l’ha visto? Emozionato, coinvolto?

    R. – Fortemente coinvolto, specialmente quando poi in palestra ha salutato tutti individualmente e ha potuto scambiare qualche parola con loro.

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    Il Papa e la lavanda dei piedi. Il sociologo Sorice: immagine della Chiesa che si abbassa verso gli ultimi

    ◊   L’immagine del Papa chino sui piedi di giovani di religioni e culture diverse ha colpito anche chi segue l’evolversi dei fenomeni sociali e che in questo episodio, ripreso dalle televisioni di tutto il mondo, ha visto l’immagine viva del Cristo. E’ il caso di Michele Sorice, docente di Sociologia delle Comunicazioni alla Luiss di Roma. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Mi sembra che il Santo Padre abbia voluto realizzare quello già don Tonino Bello diceva qualche anno fa, cioè farci scioccare, farci colpire, rimanere inquieti di fronte al mistero del primo che diventa servo e del servizio che diventa la centralità della stessa esistenza umana e della missione cristiana. Questo Papa umile, che si inginocchia davanti ai piedi di giovani, con tanti colori diversi, con tatuaggi, appartenenti a fedi diverse, apre una prospettiva della Chiesa che abbraccia il mondo e che non lo giudica, che invera in maniera straordinaria non soltanto il ministero petrino ma direi ancora di più la stessa presenza storica della Chiesa.

    D. - E questo nelle immagini è proprio immediato...

    R. - Sì. Infatti l’immagine è l’aspetto più rilevante; un’immagine che tiene presente lo sguardo sui piedi, su questa dimensione del basso: il Papa si abbassa e non si abbassa di fronte ai piedi dei potenti, di quelli che hanno la parola, ma di fronte a quelli che non hanno la parola e che non possono neanche avere il volto – come tra l’altro è giusto nei media - e che al tempo stesso sono le ultime persone alle quali una persona autorevole vorrebbe chiedere conforto, consiglio... È veramente l’immagine del Cristo che si piega di fronte ai discepoli, che erano persone straordinarie, ma comunque come noi.

    D. - Non solo tra i ragazzi due giovani donne, ma anche di religioni diverse. Cosa comporta questo a livello di rapporti tra le religioni?

    R. – Gesù non chiedeva alle persone che lo seguivano o a quelli che semplicemente interloquivano con lui a quale fede appartenessero, ma semplicemente se avessero la buona volontà di voler seguire un messaggio diverso. Ecco, mi sembra che da questo punto di vista, anche nel gesto così bel esplicitato dalle immagini, Papa Francesco rappresenti non soltanto la rottura con i vecchi integralismi che ancora – ahimé – colpiscono tutte le fedi, ma che abbia veramente voluto riprendere la centralità del Vangelo e dell’abbraccio che la Chiesa pone come suo fondamento e cemento e che è il senso più profondo della fede in Gesù Cristo.

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    Briefing di padre Lombardi sulle celebrazioni di Pasqua. Ieri, telefonata di Papa Francesco a Benedetto XVI

    ◊   Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha illustrato stamani in un briefing con i giornalisti le celebrazioni pasquali. Padre Lombardi ha anche reso noto che ieri, dopo la Messa Crismale nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco ha telefonato a Benedetto XVI per esprimere comunione e affetto nel giorno in cui i presbiteri rinnovano le loro promesse sacerdotali. Sempre ieri, il Santo Padre ha pranzato con 7 sacerdoti, impegnati soprattutto nel campo della carità. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La preghiera silenziosa del Papa prostrato davanti all’altare, la lettura del Passio, l’assemblea e il Pontefice in ginocchio al momento della morte di Gesù, l’orazione universale. Sarà scandita da questi momenti oggi pomeriggio, a partire dalle 17, la celebrazione liturgica della Passione del Signore nella Basilica di San Pietro. L’omelia sarà pronunciata dal predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Particolarmente toccante - ha spiegato padre Lombardi - sarà il momento dell’adorazione della Croce:

    “Il Papa scende dalla sua sede per andare ad adorare la Croce, che gli viene presentata dal diacono, togliendosi la casula e rimanendo quindi con il camice e la stola”.

    Padre Lombardi si è poi soffermato sulla celebrazione di questa sera della Via Crucis ricordando che i testi, redatti da giovani libanesi sotto la guida del Patriarca Bechara Raï, riflettono la tradizione dei padri e delle liturgie orientali e l’esortazione di Benedetto XVI “Ecclesia in Medio Oriente”. Nella prima e nell’ultima stazione porterà la Croce il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha poi aggiunto che Papa Francesco non porterà la Croce:

    “Il Papa va direttamente al terrazzo del Palatino, dove c’è un gazebo, come negli ultimi anni e come già avveniva con i Papi precedenti. Quindi non fa il percorso della Via Crucis: assiste e la attende all’arrivo. Alla fine della Via Crucis, naturalmente, ci saranno delle parole del Santo Padre”.

    Padre Lombardi ha inoltre ricordato che domani sera si terrà una delle “più belle celebrazioni della Liturgia cristiana”, la Veglia Pasquale, che si aprirà con la Liturgia della Luce. La processione con il cero pasquale, lungo la navata della Basilica, sarà accompagnata dalle luci e dalle candele che si accenderanno gradualmente:

    “Un momento fondamentale di questa celebrazione è naturalmente poi la Liturgia dei Sacramenti e dell’iniziazione cristiana: il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia. Nella notte di Pasqua vi sono dei neofiti, cioè dei catecumeni preparati al Battesimo, che ricevono dal Papa il Battesimo durante la notte di Pasqua. Non solo ricevono il Battesimo, ma essendo adulti - nello stesso giorno - ricevono anche la Cresima e per la prima volta anche la Comunione”.

    La Messa di Pasqua - ha precisato poi il direttore della Sala Stampa della Santa Sede - non è concelebrata. Dopo la celebrazione, in cui non è prevista l’omelia, seguirà il messaggio Urbi et Orbi. Per quanto riguarda i saluti nelle diverse lingue, circa una sessantina, Padre Lombardi ha detto infine che il Papa, probabilmente, sceglierà quest'anno una formula augurale più breve.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’olio che si sparge: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla lavanda dei piedi nella Messa celebrata dal Papa tra i giovani detenuti di Casal del Marmo e sull’omelia durante la Messa crismale.

    Dalla Pasqua un messaggio di rinascita: gli auguri del presidente Giorgio Napolitano al Pontefice.

    Nel segno della continuità: da Buenos Aires, Cristian Martini Grimaldi racconta la soddisfazione tra i sacerdoti per la nomina del nuovo arcivescovo, mons. Mario Aurelio Poli.

    Tutte le cose sotto una luce nuova: la lettera “Con Papa Francesco all’inizio del suo Pontificato” inviata ai confratelli dal preposito generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolas Pachon.

    Quegli occhi che tutto cambiano: in cultura, Pier Giordano Cabra sui figli del Cireneo.

    Sulla “Deposizione dalla Croce” di Roger Van der Weyden un articolo di Jean-Pierre De Rycke dal titolo “Un’appassionata coreografia di sentimenti”.

    Dalla grotta della Natività a quella del sepolcro: Fabrizio Bisconti sulla ricostruzione della basilica costantiniana.

    Povere e regali allo stesso tempo: Antonio Paolucci illustra il senso iconografico della Madonna dell’umiltà.

    Scatti in cerca di speranza: Isabella Farinelli sui luoghi del dolore visti da giovani fotografi.

    Nubi sull’Afpak: nell’informazione internazionale, Gabriele Nicolò sui sempre più difficili rapporti fra Pakistan e Afghanistan.

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    Oggi in Primo Piano



    A Gerusalemme, via Crucis guidata dal Custode di Terra Santa e dai francescani

    ◊   Venerdì Santo, il giorno della croce, ha un particolare significato vissuto a Gerusalemme dove di croci oggi se ne vedono tante: sono croci di legno, piccole o grandi, portate sulle spalle di cristiani locali e pellegrini che durante tutto il giorno percorrono in preghiera la strada più famosa della città vecchia: la Via Dolorosa. Parliamo del tragitto - tra il luogo dell’antica fortezza Antonia e il Golgota - che la tradizione identifica come il percorso lungo il quale Gesù camminò carico della croce. Il servizio di Stefania Sboarina:

    Come è tradizione, il Custode di Terra Santa e i francescani hanno guidato la Via Crucis più numerosa, partita in tarda mattinata dalla prima stazione, presso il Santuario della Condanna. Ma sono stati tanti i fedeli che singolarmente o in gruppo hanno vissuto momenti di devozione e di preghiera lungo le stazioni della Via Dolorosa, la quale - snodandosi tra la calca e la vivacità del suk arabo - aiuta ad immaginare quale potrebbe essere stata la reale ambientazione di quella prima Via Crucis. Per tutti, francescani, parrocchiani di Gerusalemme, pellegrini (giunti numerosi anche quest’anno per vivere la Pasqua a Gerusalemme) il percorso sulla Via Dolorosa termina alla Basilica del Santo Sepolcro che custodisce anche il luogo del Golgota. E’ qui, accanto alla roccia sulla quale fu infissa la Croce di Cristo, che stamattina è stata celebrata dai francescani una toccante Liturgia della Passione.

    Ma le suggestive celebrazioni gerosolimitane di questo triduo pasquale erano iniziate già ieri al mattino al Santo Sepolcro con la Messa del Crisma e la Coena Domini unite in un’unica celebrazione presieduta dal Patriarca latino di Gerusalemme. Nel pomeriggio, poi, la peregrinazione francescana al Cenacolo, il luogo storico dell’Ultima Cena, dove il Custode ha ripetuto il gesto della lavanda dei piedi. Infine, la notte del giovedì santo, che è stata commemorata al Getsemani con l’Ora Santa, accanto alla roccia dell’agonia: un momento di preghiera commossa, partecipata da centinaia di fedeli e trasmessa in diretta televisiva per molte emittenti, che è proseguita con la processione a piedi verso la Chiesa del Gallicantu, il luogo probabile della casa di Caifa, dove Pietro rinnegò Gesù e dove Gesù trascorse la notte in prigione. E’ qui, sui resti dell’antica strada romana sicuramente percorsa da Gesù in catene, che in molti hanno vegliato in preghiera, tutta la notte.

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    Centrafrica: continuano le razzie dei ribelli. Pasqua di paura per le comunità cristiane

    ◊   Dopo il colpo di Stato col quale il gruppo ribelle "Seleka" ha conquistato il potere in Repubblica Centrafricana, costringendo il presidente Bozizè a lasciare la più alta carica del Paese, c’è attesa per la formazione del nuovo governo e per le future elezioni, che gli insorti definiscono “realmente democratiche”. Intanto, sul terreno non si fermano le razzie e i saccheggi dei miliziani ai danni della popolazione, già stremata dalla guerra civile. Della situazione attuale di caos, nella quale spicca l’impegno della Caritas a favore dei civili, Giancarlo La Vella ha parlato con don Mathieu Bondobo, sacerdote centrafricano:

    R. – La situazione ora è molto confusa. Con la caduta della capitale, avvenuta nella Domenica delle Palme, ci sono stati saccheggi, edifici distrutti, persone che hanno visto le loro cose rubate, sia da questi ribelli "Seleka", sia da parte della popolazione civile. E’ una situazione molto confusa. Speriamo che le cose riescano presto a cambiare nel senso della normalità perché la popolazione vive terrorizzata.

    D. - Nonostante la situazione ancora di grave tensione però la Caritas locale, anche con l’aiuto delle altre Caritas, sta cercando di portare aiuti alla popolazione civile?

    R. – Questo è un segno di solidarietà. In momenti così difficili bisogna aiutare chi si trova nel bisogno e quindi questi gesti della Caritas, nonostante la difficoltà della situazione attuale, testimoniano una grande solidarietà che per noi cristiani è una cosa molto importante. C’è gente che veramente ha bisogno e che ha perso tutto. C’è gente che non sa veramente cosa fare. Oltre alla paura, c’è anche la paura del domani, perché chi non ha più niente a casa sua, come fa a vedere un futuro sereno? Ringraziamo quelli della Caritas che hanno un grande coraggio perché circolando nella capitale c’è il rischio di essere aggrediti… Questo può portare a un livello anche alto la tensione che c’è.

    D. - Siamo nella settimana Santa, è un momento in cui la comunità cristiana è impegnata nei riti di Pasqua, c’è il rischio che la ribellione prenda di mira anche i cristiani?

    R. – Diciamo che è quello che si sente dalle testimonianze, dalle notizie che ho ricevuto io. Nella Domenica delle Palme, alla cattedrale, poco prima della Messa questi ribelli sono entrati e hanno terrorizzato la gente che si trovava lì. Hanno portato via alcune cose, alcuni beni, dalla cattedrale ma anche dalle altre parrocchie, dalle altre case religiose. I cristiani hanno paura. C’è il coprifuoco nella città, dalle 7 della sera fino alle 6, e questo può anche compromettere l’andamento della Settimana Santa. L’augurio per questa Settimana Santa, che per noi cattolici è un momento molto forte della nostra fede, è che i cristiani del mio Paese possano condividere questo momento a un livello spirituale più profondo.

    D. - Si spera che nel momento in cui la situazione si stabilizzi politicamente, anche dal punto di vista sociale, rientri tutto nella normalità…

    D. - La situazione non può rimanere come tale attualmente. L’augurio è che tutto possa diventare normale, che la gente cominci a lavorare, che si torni a scuola… Ritrovare la normalità di un Paese tranquillo e pacifico, questo è l’augurio, anche se le difficoltà reali ci sono.

    D. - Ma che cosa si pensa di un futuro governo a guida "Seleka"?

    R. – Questo è già un passo, il fatto che il primo ministro è stato già nominato e che tocchi a lui formare un governo di transizione. Speriamo che le cose possano andare avanti perché questo popolo non può rimanere a soffrire a lungo, che i responsabili attuali possano rendersi conto della loro responsabilità, pensare a proteggere la popolazione e fare in modo tale che la popolazione ritrovi la pace, lavorare e anche portare avanti lo sviluppo economico del Paese.

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    Alta tensione nel Pacifico: Usa inviano bombardieri, Pyongyang allerta unità missilistiche

    ◊   Gli Stati Uniti hanno inviato due bombardieri B-2 Spirit Stealth, che possono essere dotati sia di armi convenzionali che nucleari, in Corea del Sud, nell’ambito delle esercitazioni militari congiunte con le forze sudcoreane. La Corea del Nord da giorni si è dichiarata in “assetto da combattimento” e, dopo l’invio dei bombardieri da Washington, risponde alle esercitazioni con minacce sempre più incalzanti, ha annunciato l'allerta per tutte le unità missilistiche, pronte al lancio contro le basi Usa nel sud del Pacifico e la Corea del Sud. Dell’inquietante braccio di ferro nel Pacifico Fausta Speranza ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università Cattolica di Milano:

    R. - Per quanto nelle esercitazioni militari ci possano essere queste operazioni, l’invio di bombardieri è chiaramente una risposta al tentativo della Corea del Nord di alzare notevolmente la tensione, soprattutto con le ultime minacce di bombardare le postazioni militari americane presenti nel Pacifico.

    D. - Parliamo di strumenti militari e di obiettivi geopolitici: quali?

    R. - Dal punto di vista della Corea del Nord, bisogna purtroppo partire dall’assoluta imprevedibilità di questo regime, o meglio, dalla prevedibilità di una risposta “quasi paranoica” di un regime che è al completo fallimento economico: da anni il Paese è ridotto alla fame, è stremato dal punto di vista dell’energia. Come sempre, quando la Corea del Nord è in forte difficoltà rilancia la sfida nel tentativo di giocarsi il tutto per tutto. Il regime minaccia di crollare tirando con sé il numero maggiore di attori regionali. In realtà con la Corea del Nord non sono mai molto funzionate le politiche occidentali, né quella a brutto muso, dura, di sfida delle presidenze Bush che non hanno portato frutto ma invece hanno portato poi la Corea del Nord a degli esperimenti nucleari; né altre politiche di regionalizzazione delle tensioni. Il fatto è che questo regime cerca disperatamente di sopravvivere ai suoi fallimenti.

    D. - Parliamo allora di Stati Uniti e di Corea del Sud…

    R. - La Corea del Sud ha diversi obbiettivi: il primo è l’unificazione guidata dal Sud, poi l’eliminazione del regime comunista del Nord e, allo stesso tempo, ha forzature geo-strategiche che hanno a che fare con il discorso della sicurezza: la Corea del Sud sa di essere facilmente attaccabile dalla Corea del Nord, non solo dal punto di vista nucleare, ma anche con l’artiglieria convenzionale. I nordcoreani hanno più volte minacciato di causare danni insostenibili alla Corea del Sud. Nella Corea del Sud c’è anche una forte pressione popolare affinché venga dato in qualche modo aiuto alla popolazione del Nord che è veramente piegata da anni di carestie. Per gli Stati Uniti il discorso è più complicato: da un lato, sono garanti di una rete di alleanze politiche e militari che coinvolgono la Corea del Sud e il Giappone; dall’altro c’è questa “partita a scacchi” con la Cina, che in passato è stato un Paese sostenitore della Corea del Nord, e che adesso guarda - anche se con preoccupazione - alle mosse di Pyongyang. Infine, c’è la partita della supremazia nel Pacifico, alla quale gli americani non vogliono assolutamente rinunciare. Tutto questo rende la lettura molto meno immediata di quanto possa sembrare.

    D. - Ci rimane una riflessione sulla Cina, che invita a non fare alzare la tensione, e poi sulla Russia che parla di attività militare unilaterale inaccettabile da parte della Corea del Nord...

    R. - La Russia, ma soprattutto la Cina guardano con grande preoccupazione alla Corea del Nord. Da un lato non vogliono la catastrofe di questo regime. La Cina, in particolare, teme che la catastrofe possa coinvolgerla in una guerra o possa provocare milioni di profughi nordcoreani alle frontiere cinesi o rafforzare eccessivamente gli Stati Uniti. Quindi la Cina non vuole il collasso della Corea del Nord. Dall’altra parte è preoccupata da questa deriva estremista e apparentemente irrazionale del regime. La Cina e la Russia lavorano sempre per portare i nordcoreani ad un tavolo, che non sia solamente un tavolo di negoziati con la Corea del Sud o con gli Stati Uniti, ma un tavolo regionale.

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    "Su Re": nei cinema italiani una drammatica versione della Passione di Gesù

    ◊   Sugli schermi una potente e drammatica versione della Passione di Gesù: il regista sardo Giovanni Columbu ambienta “Su Re” tra gli scarni altipiani della sua isola, con personaggi, scelti tra pastori e contadini, che parlano un dialetto antico e un Cristo che richiama l’immagine dolorosa del Servo sofferente di Isaia. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Parlano il dialetto sardo, una lingua dura, quasi arcana e sconosciuta, e sono avvolti in manti neri di lana grezza e pelli fino ai piedi, come bronzi nuragici: i personaggi dei Vangeli stanno spesso immobili, dentro un panorama brullo e primitivo, nel quale il regista Giovanni Columbu sposta il dramma della Passione. I sassi di Matera, tra i quali Pier Paolo Pasolini ambientò il suo Vangelo secondo Matteo, non sono così diversi dalle pietre del monte Corrasi, nei pressi di Nuoro, dove il film è stato girato. E il regista commenta:

    “Aggiungerei questo: che non sono neanche tanto distanti dalla Palestina, anche se sono luoghi diversi da quelli storici. Il che sta a dire che la storia di Gesù può essere ritrovata ovunque”.

    Una scelta personale è stata quella di affidare il ruolo di Gesù all’attore Fiorenzo Mattu, molto lontano dall’iconografia classica, che richiama l’immagine del servo sofferente di Isaia: “Non ha apparenza né bellezza, per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene compiacere”:

    “Sono partito più dai sentimenti che dai ragionamenti. Io avvertivo che la rappresentazione del Cristo non potesse essere ancora una volta una rappresentazione patinata: no. Io sentivo l’esigenza di un Gesù soprattutto intenso, più che bello esteriormente. Devo dire che lì per lì ho vissuto, io stesso, un po’ di apprensione perché mi sono posto il problema: magari con una scelta di questo genere potrebbe risultare offensiva o comunque potrebbe dispiacere, perché è talmente lontana dal Gesù come è stato rappresentato fino ad oggi, che magari può suscitare una reazione negativa. Invece, è stato accolto molto molto bene già sul set e poi, da quello che sembra, anche dal pubblico cinematografico”.

    Con un andamento non cronologico, la Passione procede come un sogno, in cui la natura ha un ruolo importante:

    “Tutto il film tende a nominare poco o a evocare solo in modo indiretto il mistero della divinità; rimanda piuttosto a quel mistero e a quell’idea di Dio che è possibile ritrovare più in quel che non è detto che nelle parole; più nel silenzio o nei suoni o nelle immagini della natura”.

    Nel finale, quando Giuseppe d'Arimatea chiede il corpo di Cristo per dargli sepoltura, entrano le note del Nunc dimittis di Arvo Pärt. Perché questa scelta?

    “Perché quello è un altro momento in cui in una rappresentazione pur così cruda e violenta, come lo è quella che si dà appunto in questo film, riaffiora la speranza e riaffiorano le ragioni di un desiderio di riscatto che è in tutti. Quando a Pilato, che noi abbiamo visto chiuso in una sorta di spazio metafisico, lui, prigioniero di un suo punto di vista razionale in questo racconto, in cui tutto sembra asservito al potere, e anche le persone più vicine a Gesù fuggono, tradiscono; in quel momento cosa succede? Che si presenta a Pilato e si definisce un amico di Gesù. Ecco, già questo è una cosa immensa, perché ci vuole coraggio anche per definirsi come un amico: un amico di quella persona che è stata perseguitata da tutti. Quello è il momento in cui si affermano le ragioni dei sentimenti, che sono evidentemente molto più vaste di quelle della pura razionalità. Ed è lì che parte quella musica che è una musica decisamente "da chiesa" e che quindi ha anche il valore di una sorta di flash forward musicale, cioè anticipa quello che seguirà a questa vicenda così dolorosa. Nel film, la Resurrezione è solo annunciata dalle parole di Isaia che dice: “Dopo tanto dolore, Egli tornerà a splendere e con Lui il mondo”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Messaggio di Napolitano a Papa Francesco: la Pasqua porti pace, giustizia e solidarietà

    ◊   Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato a Papa Francesco un messaggio per la Pasqua, la prima celebrata dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro. Napolitano rivolge personalmente e a nome del popolo italiano, “che già l'ha accolta con grandissimo calore e affetto", i più fervidi auguri al nuovo Pontefice. Le festività pasquali, scrive Napolitano, “ricorrono quest'anno in un momento particolarmente impegnativo per l'Italia, che affronta una fase cruciale di ricambio democratico ai vertici delle istituzioni”. E aggiunge che tali festività “invitano a dare ascolto al condiviso anelito di pace, di giustizia e di solidarietà e a trovare la forza e coesione necessarie per raccogliere il messaggio cristiano e universale di rinascita e di speranza" la Pasqua "porta con sé e diffonde al mondo”. Il presidente esprime dunque “sentimenti di amicizia e di profonda considerazione” per la “missione apostolica" di Papa Francesco. (A.G.)

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    Ondata di attentati in Iraq: almeno 19 morti, colpite moschee sciite

    ◊   Almeno 19 morti e 72 feriti in una serie di attentati che ha scosso questa mattina L'Iraq. Secondo testimoni citati dalle tv panarabe, le esplosioni sono avvenute nei pressi di alcune moschee sciite, alla fine della preghiera del venerdì. Tre le deflagrazioni che hanno interessato Baghdad; avvenute nell’arco di un’ora, hanno colpito i quartieri di Jihad, Qahira e Zafraniyah. L’attentato più grave, però, è stato condotto nei pressi della Moschea di al-Rassoul al-Adham a Kirkouk, nel Nord del Paese, nell’area del Kurdistan iracheno, da sempre teatro di tensioni. Gli attentati di oggi si inseriscono in un momento di gravi frizioni, causato dalla campagna per le elezioni provinciali previste per il 20 aprile in 12 delle 18 province del Paese del Golfo. Secondo un bilancio diffuso dall’agenzia France Press, dalla fine di febbraio sarebbero almeno 11 i candidati rimasti uccisi.

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    Sudafrica: pogressi costanti per la salute di Nelson Mandela

    ◊   Nelson Mandela sta facendo "progressi costanti". Lo ha riferito l'ufficio del presidente sudafricano, Jacob Zuma, che tiene informato il Paese sulle sorti dell'anziano eroe della lotta contro l'Apartheid. Il leader era stato ricoverato d’urgenza mercoledì scorso a causa di una grave infezione polmonare. "L'ex presidente Nelson Mandela è di buon umore e ha gradito la colazione questa mattina", si legge nel comunicato. Mandela, 94 anni, rimane comunque in cura e sotto osservazione in ospedale. La presidenza inoltre ribadisce il suo appello "ai media e alla gente di rispettare la privacy di Madiba e della sua famiglia".

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    Congo: l’Onu autorizza un mandato militare contro i ribelli

    ◊   Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha autorizzato ieri l’invio di una “brigata di intervento” per il Congo, con un mandato senza precedenti ad agire militarmente contro i gruppi di ribelli, al fine di riportare la pace nell’est del Paese, devastato dal conflitto. La risoluzione, adottata all’unanimità e sponsorizzata da Francia, Stati Uniti e Togo, dà la possibilità alla brigata di compiere azioni offensive “in una maniera robusta, molto mobile e versatile”, da sola oppure al fianco delle truppe congolesi, per neutralizzare e disarmare i gruppi armati, affinché non rappresentino una minaccia per l’autorità del governo o per la sicurezza dei civili. Il Palazzo di vetro ha stabilito che il mandato ha la durata di un anno “su una base eccezionale e senza creare precedenti” ai principi di peacekeeping delle Nazioni Unite. Il vice ambasciatore statunitense, Jeffrey DeLaurentis, ha affermato che il coordinamento tra civili e militari nelle missioni delle Nazioni Unite è cruciale per assicurare adeguata protezione a donne e bambini, “per prevenire il protrarsi dell’orribile scia di violenze sessuali” in Congo. La brigata farà parte della missione di peacekeeping dell’Onu nel Paese, che conta quasi 20 mila truppe. Le Nazioni Unite attualmente hanno oltre 17 mila 700 peacekeepers e più di 1400 poliziotti internazionali nella Repubblica Democratica del Congo, con un mandato fino alla fine di marzo 2014. Le nuove unità saranno composte da tre battaglioni di fanteria, una compagnia di artiglieria, una di forze speciali e una di riconoscimento. In totale, la brigata conterà tra le due e le tremila truppe. Il quartier generale sarà stabilito a Goma, nel Nord Kivu, una provincia ricca di risorse minerarie, dove quotidianamente le forze governative si scontrano i ribelli del movimento 23 marzo, fondato lo scorso aprile, quando centinaia di truppe ufficiali defezionarono. (V.C.)

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    Tanzania: 15 morti nel crollo di un palazzo in costruzione a Dar es Salam

    ◊   Sono almeno 15 le vittime del crollo di un palazzo in costruzione a Dar es Salaam, la capitale economica della Tanzania. Al momento, secondo quanto riferiscono fonti locali, i soccorritori stanno scavando – anche con le mani – tra le macerie per trovare i superstiti. “Per ora solo due persone sono state estratte vive, ma le operazioni di recupero sono ancora in corso”, ha detto il comandante della polizia Suleiman Kova. L’edificio prevedeva 12 o più piani e si trovava a Kariakoo, un distretto di Dar es Salaam centrale. Alcuni testimoni affermano che, vicino al palazzo, alcuni bambini stavano giocando a pallone nel parco giochi annesso a una moschea. “Ci sono diverse persone intrappolate nell’edificio”, ha riferito Hamisi Mgosi, un trader di Kariakoo. “Un ragazzo ha chiamato suo padre con il cellulare dall’interno del palazzo dicendo che non può respirare”, ha aggiunto. L’economia in ascesa della Tanzania ha alimentato un boom dell’edilizia, concentrato in particolare a Kariakoo. La velocità di costruzione ha sollevato delle preoccupazioni circa gli standard utilizzati. (V.C.)

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    Tibet: un monaco di 28 anni si immola per protesta contro la Cina

    ◊   Salgono a 114 le immolazioni in Cina dal 2009. Un altro monaco tibetano, di 28 anni, si è dato fuoco. Il governo ha imposto nuove restrizioni sulla diffusione di informazioni. A dare la notizia infatti è Radio free Asia, con sede negli Stati Uniti, citando fonti tibetane in esilio. Il giovane buddista, Tenzin Kunchok, ha compiuto il drammatico gesto nei pressi di un monastero nella contea di Luqu, nella provincia nordoccidentale di Gansu. Intanto, il governo tibetano, in esilio a Dharamsala in India, ha aggiunto alla lista delle immolazioni i nomi di Thubten Nyadak Rinpoche, 47 anni, e quello di sua nipote Atse, di 25. La loro morte, che risale all’aprile dell’anno scorso, era stata presentata dalle autorità come accidentale. (V.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 88

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.