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Sommario del 26/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Messa del Martedì Santo: abbiamo fiducia nella dolcezza del perdono di Gesù
  • Il Papa continuerà a risiedere per ora presso la Domus Sanctae Marthae
  • Messa in "Coena Domini": il Papa laverà i piedi a ragazzi di nazionalià e fede diverse
  • Il ministro Severino: a Casal del Marmo, attesa e speranza tra i ragazzi per la visita del Papa
  • Umiltà e guarigione: a Civiltà Cattolica, presentati i primi libri in italiano del cardinale Bergoglio
  • Un anno fa il viaggio di Benedetto XVI in Messico e Cuba: il ricordo degli ambasciatori dei due Paesi
  • Mons. Paglia: vicinanza spirituale alla Marcia per il Matrimonio a Washington
  • Santa Sede per un Trattato sul commercio delle armi efficace e credibile
  • 20.mo del Catechismo: gli angeli, amici ai quali affidare la vita
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Vertice Lega Araba. Oppositori siriani: a noi il seggio Onu di Damasco
  • Corea del Nord: siamo “in assetto da combattimento” contro gli Usa
  • Myanmar. 40 morti in scontri interetnici tra musulmani e buddisti. Appelli alla riconciliazione
  • Brics: verso accordo per Banca di sviluppo alternativa a Banca mondiale e Fmi
  • "L'azzardo non è un gioco": impatto sconvolgente su persone e famiglie
  • Parte da Tunisi, il 30 marzo, la Carovana antimafie: 70 tappe per parlare di legalità
  • Dalla solidarietà riparte l'Italia: presentata la terza edizione del Festival del Volontariato
  • Ospedale Bambino Gesù: inaugurato nuovo reparto di neuropsichiatria infantile
  • Un presepe pasquale allestito alla Porziuncola di Assisi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terra Santa: Messaggio di Pasqua dei capi delle Chiese cristiane
  • Gerusalemme: in 35 mila pregano per la pace in Terra Santa
  • Siria. Vescovo di Aleppo: Papa Francesco ci sostiene nel vivere il dramma della guerra
  • Il presidente di Caritas Giordania: i profughi siriani sono più di 500 mila
  • Tunisi: al via l’edizione 2013 del Forum sociale mondiale
  • Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: "Evitiamo che la crisi politica diventi religiosa”
  • Caritas Somalia: situazione rifugiati precaria, piani per ricollocamento “irrealistici”
  • Zimbabwe: per le prossime elezioni i vescovi esortano a rifiutare l'intolleranza politica
  • Santo Domingo: aiuti umanitari per sostenere gli abitanti dei bateye
  • Francia: a Pasqua cinquemila adulti riceveranno il Battesimo
  • Francia: 2.500 incidenti vascolari all'anno per la pillola anticoncezionale
  • Indonesia: a West Jakarta minacce islamiste sulle celebrazioni della Settimana Santa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Messa del Martedì Santo: abbiamo fiducia nella dolcezza del perdono di Gesù

    ◊   Aprire il cuore alla dolcezza del perdono di Dio: l’invito di Papa Francesco è contenuto nell’omelia della Messa che il Pontefice ha presieduto questa mattina nella “Casa Santa Marta” in Vaticano, alla presenza degli ospiti della "Domus". Ogni uomo vive la “notte del peccatore”, ha detto il Papa, ma Gesù ha una “carezza” per tutti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Quando Giuda esce fuori dal Cenacolo per portare a termine il tradimento di Gesù, fuori – riferisce l’evangelista Giovanni – “è notte”. Parte da questa annotazione ambientale la breve riflessione di Papa Francesco, che si spinge poi a sondare in profondità la coscienza umana. La notte che avvolge Giuda, osserva, è anche la notte in cui brancola il suo cuore. È quella peggiore, ha affermato, la “notte del corrotto”, una “notte definitiva, quando il cuore si chiude” in un modo “che non sa, non vuole uscire” da sé. Diversa, ha proseguito, è invece la “notte del peccatore”, una notte “provvisoria” che, ha sottolineato Papa Francesco, noi tutti “conosciamo”. Quanti giorni di questa notte “abbiamo avuto”, quanti “tempi – ha insistito – quando la ‘notte’ giunge ed è tutto buio nel cuore…” Poi, ha proseguito, la speranza si fa largo e ci spinge a un nuovo incontro con Gesù. Di questa “notte del peccatore”, ha ribadito, “non abbiamo paura”. “La cosa più bella – ha indicato il Papa – è dire il nome del peccato”, confessandoli, e fare così l’esperienza di San Paolo che affermava “che la sua gloria era Cristo crocifisso nei suoi peccati. Perché? Perché lui, nei suoi peccati, ha trovato Cristo crocifisso che lo perdonava”.

    La realtà del perdono – o meglio, seconda la liturgia odierna, “il gustare la dolcezza del perdono” – è stata la seconda realtà sulla quale Papa Francesco ha sviluppato l’omelia. “In mezzo alla ‘notte’, alle tante ‘notti’, ai tanti peccati che noi facciamo, perché siamo peccatori, c’è sempre – ha assicurato – quella carezza del Signore” che fa dire: “Questa è la mia gloria. Sono un povero peccatore, ma Tu sei il mio Salvatore!”. Ricordando lo sguardo con cui Gesù perdonò Pietro dopo il suo rinnegamento, il Papa ha concluso invitando ad “aprire il cuore e gustare la dolcezza del perdono”: “Pensiamo che bello è essere santi, ma anche che bello è essere perdonati (…) Abbiamo fiducia in questo incontro con Gesù” e “nella dolcezza del suo perdono”.

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    Il Papa continuerà a risiedere per ora presso la Domus Sanctae Marthae

    ◊   Papa Francesco resta a vivere nella Domus Sanctae Marthae e non si trasferisce, almeno per ora, nell'Appartamento Pontificio. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. E’ stato lo stesso Pontefice a dirlo questa mattina agli ospiti della Domus. Ascoltiamo padre Lombardi al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Al termine della Messa di questa mattina, il Santo Padre con parole molto semplici ha lasciato capire che lui intende – almeno in questa fase – rimanere ad abitare con loro nella Domus Sanctae Marthae. Il Papa si è trasferito dalla stanza in cui abitava durante il Conclave all’alloggio più ampio destinato normalmente agli ospiti di riguardo, e lì ha anche la possibilità di ricevere più facilmente persone, avendo uno spazio un po’ più ampio. Però, per le udienze, per l’attività normale della mattina – incontri con gruppi, udienze con visitatori importanti e così via – usa già da diversi giorni l’appartamento delle udienze pontificie al secondo piano del Palazzo Apostolico, dove vi sono la Sala Clementina, la Biblioteca privata e altri ambienti proprio per questa attività ufficiale del Santo Padre. Mentre poi, come abitazione, rientra a Santa Marta.

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    Messa in "Coena Domini": il Papa laverà i piedi a ragazzi di nazionalià e fede diverse

    ◊   Una “cerimonia estremamente semplice”. Sarà questa, “per espressa volontà del Santo Padre”, la caratteristica della Messa in Coena Domini, che Papa Francesco presiederà nel carcere minorile di Casal del Marmo, alle 17.30 di dopodomani, durante la quale laverà i piedi a 12 ragazzi di fede e provenienza varia. I particolari sulla cerimonia del Giovedì Santo sono contenuti in una nota informativa nella quale si riferisce che, assieme al Pontefice, concelebreranno il cardinale Agostino Vallini e padre Gaetano Greco, cappellano del carcere minorile di Casal del Marmo. Con loro anche due diaconi, “il primo del Seminario San Carlo, Fra Roi Jenkins Albuen (terziario cappuccino dell'Addolorata, confratello di Padre Gaetano), due giovani del Seminario romano, di cui uno è vice cappellano (Padre Pedro Acosta, colombiano)”.

    Circa 50, 11 delle quali ragazze, saranno i giovani che parteciperanno alla Messa – tutti ospiti dell’Istituto di pena – i quali cureranno anche le letture e la preghiera dei fedeli. Al rito della lavanda dei piedi, si legge nella nota, “prenderanno parte 12 giovani. La scelta cadrà su giovani di nazionalità e confessione religiosa diversa”. L’animazione, si afferma, “è stata affidata ad un gruppo di 40 volontari dell’Associazione denominata ‘Volontari Casal Del Marmo’. Insieme a loro anche i membri del Rinnovamento nello Spirito che animano la liturgia domenicale”. Al termine della celebrazione Papa Francesco saluterà la Famiglia dell’Istituto nella palestra, nella quale si prevede la presenza di 150 persone.

    La nota riferisce pure che i ragazzi del penitenziario “doneranno al Papa un crocifisso in legno e un inginocchiatoio, sempre in legno, realizzato da loro stessi nel laboratorio artigianale di Casal del Marmo”, mentre da parte sua Papa Francesco donerà a tutti i giovani “uova e colombe pasquali” Ed è previsto “anche un saluto dei ragazzi al Papa e/o uno scritto sempre redatto da loro”.

    La nota elenca i nomi delle autorità che hanno annunciato la presenza alla Messa: il ministro di Grazia e Giustizia, Paola Severino, il capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile, Caterina Chinnici, il comandante Polizia Penitenziaria I.P.M. Casal del Marmo, Saulo Patrizi, e Liana Giambartolomei, direttrice di Casal del Marmo.

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    Il ministro Severino: a Casal del Marmo, attesa e speranza tra i ragazzi per la visita del Papa

    ◊   C’è attesa al Carcere minorile romano di Casal del Marmo per la visita del Papa giovedi prossimo. Il Ministero della Giustizia afferma che la celebrazione della “Messa in Coena Domini” sarà un momento di riservata preghiera, che coinvolgerà soltanto Papa Francesco, i 46 ragazzi ospiti della struttura, la guardasigilli Paola Severino e la responsabile del Dipartimento per la Giustizia Minorile Caterina Chinnici. Sull’atmosfera a Casal Del Marmo Alessandro Guarasci ha sentito il ministro Severino:

    R. - Una grande concentrazione nella preparazione sia da parte di tutto il personale sia da parte dei ragazzi. Io sono andata a fare una piccola visita, un sopralluogo, anche per verificare lo stato d’animo, e devo dire che c’è un clima di aspettativa e di speranza veramente straordinario.

    D. - Come ha trovato i ragazzi? Ci sarà magari qualche sorpresa per il Papa?

    R. - Io credo che tutto avverrà in maniera molto spontanea, così come credo sia nel desiderio del Papa. Io mi sono raccomandata che nulla venisse preparato in maniera artificiosa. E credo che la spontaneità dei ragazzi sarà la testimonianza migliore e il dono migliore per un Papa, che ha mostrato un’immediata attenzione per coloro che soffrono di più; tra essi ci sono sicuramente questi ragazzi che sono spesso stranieri, che sentono molto la mancanza e la lontananza delle famiglie e che hanno come famiglia coloro che lavorano nel carcere.

    D. - Ad oggi quanto è possibile recuperare davvero questi ragazzi, che così giovani entrano in una prigione?

    R. - Ci sono delle storie straordinarie di recupero e delle storie terribili di ricaduta nel reato. Nella direzione del bene accade spesso che giovani, che rimangono lontani dalle famiglie di origine, ce la facciano. Purtroppo il modello criminale che assorbono in famiglia, spesso è quello che li induce a ricadere nel reato. Quindi occorre molta accortezza nel loro reinserimento sociale, ancora di più di quanta non ne occorra per i detenuti maggiorenni.

    D. - Lei è soddisfatta di quest'anno e più di permanenza al Ministero di Grazia e Giustizia? Dovevano essere varate le pene alternative e poi è tutto fallito ed è stata rinviata anche la chiusura degli Opg, gli Ospedali psichiatrici giudiziari…

    R. - Almeno si è segnato l’inizio di un cammino con una traccia molto profonda. Il decreto salva-carceri intanto ha incominciato a funzionare e a dare un certo respiro di deflazione della popolazione carceraria. Per quanto riguarda gli Opg abbiamo avviato un cammino che non si era mai tracciato, con la Sicilia per esempio, che non aveva mai stipulato una convenzione per il passaggio della Sanità dal Ministero della Giustizia appunto al Sistema sanitario. Abbiamo ottenuto i finanziamenti per gli Ospedali psichiatrici giudiziari e le Regioni hanno presentato i progetti. Insomma si tratta di un rinvio e non di abbandono di una strada, che occorrerà comunque percorrere. Se guardo il bicchiere mezzo vuoto ovviamente mi rammarico della mancata approvazione della legge sulle misure alternative alla detenzione. Credo, però, che l’attenzione che continua a permanere sul fenomeno, il fatto che tante autorità laiche e religiose continuino ad occuparsi di questo fenomeno, rappresenti un’indicazione estremamente positiva, nel senso che oggi si tratta di un tema che nell’agenda di tutti è in cima rispetto agli altri, tra i primi a cui, io spero, si potrà apprestare il prossimo Parlamento.

    D. - Ma, secondo lei, c’è ancora una parte della classe politica che tenta di emarginare questo problema?

    R. - Vedo che l’attenzione c’è in tutti. Secondo me il tema sociale è quello da approfondire maggiormente. La gente, infatti, spesso vede il carcere come qualcosa di cui non vale la pena occuparsi, perché riguarda altri, riguarda persone con le quali non ci si potrà mai, non ci si vorrà mai identificare. Allora, questo coinvolgimento sociale dell’opinione pubblica deve rappresentare una tappa ulteriore per l’attenzione al carcere.

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    Umiltà e guarigione: a Civiltà Cattolica, presentati i primi libri in italiano del cardinale Bergoglio

    ◊   “Umiltà, la strada verso Dio” e “Guarire dalla corruzione”: sono i titoli dei primi due libri in italiano di Jorge Mario Bergoglio. I due volumetti, editi dalla Editrice Missionaria Italiana (Emi), sono stati presentati stamani alla sede di “Civiltà Cattolica”. I testi, che raccolgono due meditazioni dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, attingono alla spiritualità ignaziana. A seguire la presentazione per noi c’era Alessandro Gisotti:

    Nei testi del cardinale Bergoglio si respira la spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola. E’ quanto sottolineato da padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica” che ha anche osservato come questa dimensione ignaziana sia presente anche nella modalità che Papa Francesco segue per scrivere i suoi testi, sempre incentrati su tre punti forti, tre parole chiave:

    R. – Questa dimensione del ritmo del discorso è tipico dell’espressione ignaziana, quindi gesuitica. Da sempre, gli Esercizi spirituali sono stati predicati in tre punti. Quindi, quando Papa Francesco parla di tre parole – e lo ha fatto spesso, da cardinale, nelle sue omelie ma anche nei suoi testi – si richiama esattamente a questa capacità di dare ritmo al discorso, individuando i nuclei-chiave, fondamentali.

    D. – Una cosa che colpisce: la forza nelle parole che Papa Francesco usa nei testi. Quasi una severità, a volte, quando c’è una denuncia come proprio nel caso della corruzione …

    R. – Questa severità è resa in metafore. Voglio ricordare che nel testo sulla corruzione, Papa Francesco usa delle immagini che Ignazio adopera parlando dell’inferno, negli Esercizi Spirituali, parlando addirittura dell’uomo corrotto come di una piaga purulenta, quindi con immagini molto forti, molto evidenti che il Papa utilizza con grande scioltezza, con grande agilità. Quindi, direi: questo discorso fatto di ritmo ternario e di metafore molto evidenti dà corpo ad un discorso molto comprensibile – un discorso per tutti – ma estremamente incisivo.

    Nel testo “Guarire dalla corruzione”, l’allora cardinale Bergoglio sottolineava che “non ci sarebbe corruzione sociale senza cuori corrotti”, aggiungendo che il “peccato si perdona, la corruzione non può essere perdonata” perché è una “stanchezza della trascendenza”. Il corrotto, scrive il futuro Papa Francesco, “si erge come autosufficiente”, “si stanca di chiedere perdono”. Parole che hanno molto colpito il presidente di “Libera”, don Luigi Ciotti:

    R. – "Mi ha colpito la radicalità del Vangelo, perché il Vangelo raccomanda la 'parresia', cioè il parlare chiaro che è il contrario di ipocrisia. E in questo testo, Papa Francesco parla molto chiaro: è una denuncia forte, chiara ma soprattutto è una grande riflessione. Quello che a me sembra molto importante è quando dice che non bisogna confondere il peccato con la corruzione, e soprattutto quando dice che la corruzione più che perdonata dev’essere guarita. Quindi, diventa una responsabilità per ciascuno di noi. Quello che per me è importante è la considerazione del peccato sociale. Credo che anche all’interno della Chiesa si debba portare avanti un processo di purificazione da qualunque forma di potere, tant’è vero che lui parla anche della corruzione tra i sacerdoti per scuoterli, per chiedere loro di avere il coraggio di fare maggiori scelte, di non essere corrotti all’interno, cioè di non frenare per scegliere sempre il 'meno peggio'. Ci vuole meno tiepidezza, più coraggio per costruire un bene, un bene comune!".

    “Chi si autoaccusa lascia spazio alla misericordia di Dio”, scrive il cardinale Bergoglio nell’altro testo pubblicato dalla Emi e aggiunge: “Colui che sa accusare se stesso è una persona che saprà sempre ‘avvicinarsi bene’ agli altri, come il buon samaritano, e in questo avvicinamento a Cristo stesso realizzerà l’accesso al fratello”. Questa sottolineatura dell’umiltà, ha detto la prof.ssa Lucetta Scaraffia, unisce Papa Francesco a Papa Benedetto. Se infatti, Joseph Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio sono per tanti aspetti diversi tra loro, ha detto l’editorialista dell’Osservatore Romano, sono in realtà complementari. L’Emi ha, dunque, avuto il merito di essere la prima casa editrice a pubblicare in italiano dei testi del cardinale Bergoglio. Una soddisfazione che viene espressa dal direttore della Casa editrice, Lorenzo Fazzini:

    R. – E’ una grande soddisfazione condita di umiltà: lo viviamo come un servizio ad un Papa missionario, ad un Papa globale, ad un Papa che vive nell’umiltà e ci insegna questa umiltà. Come editrice missionaria abbiamo sempre tenuto gli orizzonti aperti alla Chiesa, alle Chiese ed ai popoli, ed oggi ospitare un Papa venuto dal Sud America per noi è un grandissimo onore e un grandissimo senso di responsabilità.

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    Un anno fa il viaggio di Benedetto XVI in Messico e Cuba: il ricordo degli ambasciatori dei due Paesi

    ◊   Un anno fa, dal 23 al 28 marzo, Benedetto XVI compiva il suo penultimo pellegrinaggio internazionale recandosi in Messico e a Cuba. In questi giorni in molti, nei due Paesi, hanno voluto ricordare questa visita per sottolineare la rilevanza dell’evento e alcune conseguenze positive che stanno continuando a dare frutti. Luis Badilla ha chiesto a Eduardo Delgado Bermúdez, ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, di offrirci i suoi ricordi e le sue riflessioni in occasione di questo primo anniversario:

    R. - El llegó procedente de Guanajuato el dia 26 ....
    Il Papa è arrivato a Santiago di Cuba il 26 marzo, giungendo da Guanajuato. Era una stupenda giornata di sole. Il programma era molto impegnativo e faticoso per il Santo Padre. Ci sono molti ricordi e tutti belli. Il Papa è stato accolto dalle autorità con grande affetto e deferenza, espressione del rispetto del popolo cubano per la guida universale della Chiesa ma anche del cattolicesimo che nel Paese ha radici profonde. Era anche una riposta di grande apprezzamento per la decisione del Papa di voler visitare Cuba e i cubani. Ricordiamo che era il secondo Papa, dopo Giovanni Paolo II, a venire al nostro Paese. Da parte del nostro popolo e delle autorità si desiderava anche esprimere apprezzamento per l'opera pastorale di Papa Benedetto XVI come guida della Chiesa. Come risultato di quel viaggio, sono rimaste tra noi cose importanti come la decisione di dichiarare il Venerdì Santo giorno festivo, cosa che aveva chiesto lo stesso Papa Benedetto XVI e che già era stato concesso alla vigilia del suo arrivo, avvenuto alcuni giorni prima dell'inizio della Settimana Santa 2012. Con Giovanni Paolo II era successa una cosa simile nel caso della festa di Natale. Era nel 1998. D'altra parte, come cittadino, ho visto che anche nella Chiesa cattolica cubana la visita è stata vissuta come un evento straordinario anche perché si è svolta nella cornice dell'Anno giubilare mariano per celebrare i 400 anni della presenza a Cuba dell'immagine della Madonna della Caridad del Cobre: celebrazione per la quale la Chiesa si era preparata con un lungo pellegrinaggio nazionale della statuetta della Madonna in tutti i luoghi dell'isola, da quelli importanti a quelle più umili. Anche se in queste vicende la persona di ciascuno di noi conta poco, devo riconoscere che sono molto soddisfatto di essere stato al servizio del mio Paese, come ambasciatore presso la Santa Sede, in questo periodo storico della visita di Benedetto XVI. Sono felice e anche orgoglioso di aver avuto rapporti con Papa Benedetto XVI. Dal primo giorno della Presentazione delle mie Lettere credenziali ho percepito che con lui si era stabilita una comunicazione bella, soprattutto perché mi ha sempre ascoltato con molto interesse, attenzione e profondità. Dal primo istante ho visto e sperimentato che Benedetto XVI trasmetteva una grande bontà e perciò, rispondendo giorni fa a un mio collega europeo che mi ha chiesto la mia opinione sul Romano Pontefice emerito, ho detto: “Papa Benedetto XVI è un uomo buono. Ha insegnato molte cose e ha dato grandi lezioni”.

    D. - E su Papa Francesco che Lei ha già incontrato, quale impressione ha avuto?

    R. - Comparto la esperanza que tienen muchos ...
    Condivido la speranza che dentro la Chiesa hanno molti. Mi ha dato un'impressione molto buona. E' un uomo che sa comunicare e farsi capire. Si vede subito che è un pastore e ciò è molto evidente nel rapporto con la gente, con tutti. E' chiaro che è molto consapevole delle sfide che oggi l'umanità, e i popoli, hanno davanti: povertà, iniquità, ingiustizia, mancanza di valori, tentazioni violente e aggressive che provocano non solo morte ma tanto male. Inoltre, Papa Francesco trasmette grande modestia e umiltà. E' ciò che ha comunicato al cuore di tutti noi, ambasciatori presso la Santa Sede. Si vede che predica con l'esempio e con l'amore.

    E queste sono le riflessioni di Héctor Federico Ling Altamirano, ambasciatore del Messico presso la Santa Sede che proprio ieri si è congedato da Papa Francesco al termine della sua missione. L’intervista è di Luis Badilla:

    R. – Pues es un acontecimiento que ha quedado grabado en el corazòn …
    E’ un grande evento che è rimasto nel cuore di tutti noi. Devo dire che non è stata una cosa facile da organizzare: c’erano diversi problemi da superare, tra cui le circostanze ambientali nel caso, ad esempio, della città di Leon, la cui altitudine poteva creare difficoltà alla salute del Santo Padre. Perciò, tra l’altro, era stata suggerita un’agenda piuttosto “morbida”, per non affaticarlo. Infine, è da ricordare che si è trattato di una visita alla quale subito dopo sarebbe seguita la visita a Cuba. Gradualmente sono state superate le diverse difficoltà, e per questo oggi il nostro ricordo di quella visita è di essere stati testimoni quasi di un miracolo. Di questo siamo convinti tutti, perché non è stato facile organizzare questo viaggio. Devo sottolineare inoltre che per i cattolici messicani, la visita del Papa ha segnato un momento di abbondanti grazie e speranze. Dobbiamo ricordare anche i temi che Benedetto XVI ha trattato con il presidente della Repubblica, come ad esempio la grande questione dei flussi migratori ed il terribile dramma della violenza nel Paese. Sono due questioni tuttora attuali e per la loro risoluzione le autorità ricordano molti insegnamenti lasciati dal Papa. Noi facciamo il possibile; tra le diverse iniziative, in particolare le difficili trattative per raggiungere un Trattato sull’emigrazione con gli Stati Uniti. In questo ambito, la parola di Benedetto XVI è stata autorevole: infatti, ha sempre ricordato il dovere dei Paesi più sviluppati di accogliere coloro che sono meno favoriti. Insomma, ci ha lasciato un messaggio pieno di speranza, una grande esortazione all’esercizio delle migliori virtù e un invito a credere che è possibile superare questi problemi. Ricordo che durante i quattro giorni della sua visita nel mio Paese non c’è stato un solo atto di violenza.

    D. – Lei ha avuto il privilegio di avere incontrato già due volte Papa Francesco. Che impressione ha avuto del Papa?

    R. – Le voy a contar una anecdota del dia de la recepciòn general a los diplomaticos …
    Rispondo con un ricordo del nostro incontro con lui insieme agli altri ambasciatori. Quando siamo andati a salutarlo, la mia consorte ed io, la prima cosa che ci ha chiesto è stata: “Pregate per me”. Anche il secondo incontro, quello di ieri al termine della mia missione presso la Santa Sede, è stato molto cordiale. Papa Francesco è una persona molto affabile e dà subito un’impressione molto precisa: ha i piedi in terra, conosce i problemi, conosce il mondo, è consapevole delle grandi sfide che attendono la Chiesa e l’intero popolo di Dio. Ho avuto l’impressione – come diciamo noi in Messico – che sia un uomo di cuore. Mi è sembrato sincero e immediato e quindi gli ho augurato, da parte mia e del mio governo, il meglio per il suo Pontificato.

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    Mons. Paglia: vicinanza spirituale alla Marcia per il Matrimonio a Washington

    ◊   Un messaggio di vicinanza e gratitudine è stato inviato dal presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Vincenzo Paglia, alla Conferenza episcopale statunitense e ai partecipanti alla “Marcia per il matrimonio”, in programma oggi a Washington. Un’iniziativa convocata in occasione della riunione della Corte Suprema di Giustizia, chiamata ad esprimersi sulla legge che in California definisce il matrimonio come unione tra uomo e donna e sulla costituzionalità della legge federale sul matrimonio. Nel testo, mons. Paglia evidenzia il contributo ecumenico alla Marcia e invoca “preghiere, testimonianza e sacrificio”. Inoltre il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia ricorda come la famiglia sia “una risorsa unica per il bene dell’umanità” ed evidenzia poi la concomitanza dell’iniziativa con la Settimana Santa nella quale si ricorda “il sacrificio di Gesù nel dare la Sua vita per noi, in un contesto di relazione con gli uomini e che si rispecchia nella vita di ogni famiglia: l’amore devoto del Figlio al Padre - scrive il presule - l’amore provvidenziale nel piano di salvezza del Padre che porta il Figlio dalla sofferenza alla gloria, la pienezza di fede dell’amore materno di Maria ai piedi della Croce sulla quale il Figlio moriva, l’amore protettivo, che aveva imparato da San Giuseppe, che Gesù ha mostrato alla madre quando, poco prima di morire, ha affidato lei a San Giovanni e San Giovanni a lei, come madre e figlio”.

    La “Marcia per il matrimonio” è promossa dall’Organizzazione nazionale per il matrimonio insieme alla Commissione su Laicità, matrimonio, vita familiare e gioventù e la sottocommissione per la Promozione e difesa del matrimonio della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti. In un comunicato, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ricorda il saluto del segretario del dicastero, mons. Jean Laffitte, ai partecipanti alla Marcia e ribadisce che la difesa del matrimonio tra uomo e donna è per la “salvaguardia di un’autentica cultura dell’amore e della vita”. Un messaggio che, nei contenuti, mons. Laffitte aveva già inviato in occasione della manifestazione che si è svolta a Parigi, domenica scorsa e alla quale hanno partecipato oltre un milione e mezzo di persone. Il segretario del dicastero vaticano ricorda che il matrimonio naturale tra un uomo e una donna tutela, innanzitutto, i diritti dei minori mentre sono “fallaci le argomentazioni giuridiche che presumono di fondare pretese di diritti in nome di un principio di legalità e della tolleranza”.

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    Santa Sede per un Trattato sul commercio delle armi efficace e credibile

    ◊   Ripensare la regolamentazione del commercio delle armi mettendo al centro la persona umana. E’ l’appello lanciato da mons. Francis Assisi Chullikat, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu e capo delegazione alla Conferenza per il Trattato sul commercio delle armi in corso fino a giovedì a New York. La Santa Sede invoca l’adozione di un testo “forte, credibile ed efficace” che abbia un impatto reale e duraturo “per una vita più sicura delle persone”. In particolare si chiedono restrizioni al trasferimento di armi nei Paesi dove queste vengono usate contro la popolazione civile in aperta violazione dei diritti umani e delle norme concordate a livello internazionale umanitario. Inoltre si indica un principio giuridico per tutti gli Stati: “expressio unius est alterius exclusio” - l’inclusione di una cosa implica l’esclusione di altre – infine si ribadisce la necessità di proteggere le donne, gli uomini, i bambini, le famiglie, i disabili, gli anziani, i migranti, i rifugiati, gli sfollati interni, le minoranze etniche e religiose. La Conferenza di New York è l’ultima di una serie di incontri che si sono sempre risolti in un nulla di fatto. La bozza sulla quale si sta lavorando sarebbe giudicata “scarsa” dagli attivisti della campagna “Control Arms”, in particolare sul fronte della regolamentazione del trasferimento di proiettili, munizioni ed altre armi non comprese nel Trattato. Inoltre - sempre secondo gli attivisti - alcuni Paesi esportatori godrebbero di ampia libertà nel valutare se inviare o meno armi in una nazione senza così tenere conto delle aperte violazioni dei diritti umani. Secondo il rapporto 2012 dell’Istituto di ricerca per la pace di Stoccolma, gli interessi del commercio mondiale delle armi sono enormi; un giro di affari pari a 1.740 miliardi di dollari, il 2,5% del prodotto interno lordo globale. Sei i Paesi che gestiscono il commercio, in testa gli Stati Uniti, seguiti da Russia, Germania, Gran Bretagna, Cina e Francia.

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    20.mo del Catechismo: gli angeli, amici ai quali affidare la vita

    ◊   L'esistenza e la presenza degli angeli a fianco degli esseri umani "è una verità di fede". Lo ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica, che invita anche a considerare i messaggeri di Dio come amici ai quali rivolgersi. Lo ricorda il gesuita padre Dariusz Kowalczyk, nella sua 19.ma puntata del ciclo dedicato ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:

    Diciamo che Dio è il Creatore “del cielo e della terra”. Questo significa che Dio ha creato tutto ciò che esiste. “La terra” indica il mondo materiale, visibile. “Il cielo” invece si riferisce al mondo spirituale, invisibile.

    Il Catechismo afferma: “L’esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede” (CCC 328). Sant’Agostino spiega che la parola “angelo” indica l’ufficio, cioè la missione del messaggero di Dio. La natura di questi esseri invece viene definita con la parola “spirito”.

    Tra gli angeli ci sono quelli che la tradizione della Chiesa chiama “angeli custodi”. Tutta la Chiesa e ogni fedele beneficiano dell’aiuto misterioso degli angeli. Nel Salmo 92 leggiamo: “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi”. L’autore della Lettera agli Ebrei afferma che gli angeli sono “spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza” (1,14). Gesù stesso è stato, nella sua missione, accompagnato da angeli.

    Il Catechismo riporta le parole di san Basilio di Cesarea: “Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita” (CCC 336). Allora siamo chiamati a parlare con il nostro angelo custode come con un grande amico.

    Le preghiere all’angelo custode non sono affatto adatte solo ai bambini. Il Papa Giovanni XXIII ne ha dato una bella testimonianza: “Quando debbo visitare qualche personaggio importante, impegno il mio Angelo Custode a mettersi d'accordo con il suo, perché influisca sulle sue disposizioni. E' una piccola devozione che mi richiamò il Santo Padre Pio XI e che ho trovato assai fruttuosa”. In tutto ciò non dimentichiamo però che gli angeli non sono delle divinità, ma solo dei messaggeri di Dio uno e trino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “Diversi e complementari”: da Benedetto XVI a Papa Francesco.

    In attesa del padre: riservata ai giovani detenuti la Messa in coena Domini che sarà celebrata dal Papa a Casal del Marmo.

    Cresce in Francia l’intolleranza verso musulmani ed ebrei: nell’informazione religiosa, a proposito di un preoccupante rapporto della Commissione nazionale consultiva dei diritti dell’uomo.

    Le braccia alzate della Maddalena: in cultura, Timothy Verdon sull’arte figurativa quattrocentesca in cui si ritrova il linguaggio utilizzato nel teatro sacro.

    In cerca della bellezza nascosta: sull’arte sacra secondo Jacques Maritain, anticipazione dell’articolo scritto da Maria Antonietta Crippa, direttore scientifico dell’Istituto per la Storia dell’arte lombarda, per il libro “Il grande alfabeto dell’umanità”, curato da Andrea Gianni.

    Umano, troppo umano: Marcello Filotei sulla “Passione secondo Matteo” di Bach diretta da Antonio Pappano all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

    Un articolo di Piero Benvenuti dal titolo “Ma riusciamo a vedere solo il cinque per cento di ciò che esiste”: dal satellite Planck l’immagine più dettagliata del cosmo primordiale sinora ottenuta.

    La creazione dell’uomo: un breve estratto dal libro di Pierre Provoyeur “Chagall. Il gesto e la parola. I pastelli del messaggio biblico”.

    Tutte le sfide del Brics: in rilievo, nell’informazione internazionale, il vertice - a Durban, in Sud Africa - dei Paesi emergenti.

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    Oggi in Primo Piano



    Vertice Lega Araba. Oppositori siriani: a noi il seggio Onu di Damasco

    ◊   Lega Araba riunita oggi a Doha, dove a rappresentare la Siria c'è il leader dimissionario della coalizione al Khatib, che durante il suo intervento ha chiesto che all'opposizione siriana sia conferito il seggio di Damasco all'Onu e che gli Usa schierino i missili anti-missile Patriot a protezione delle aree liberate nel nord della Siria. Una presenza, quella di Al Khatib, molto criticata dal regime di Assad. In Qatar è presente anche Ghassan Hitto, premier designato che sta lavorando alla nascita di un governo ad interim nelle zone della Siria sotto il controllo dei ribelli. Salvatore Sabatino ne ha parlato con la collega Susan Dabbous:

    R. – L’opposizione siriana si presenta a questo vertice evidentemente divisa. La divisione si palesa anche attraverso le due figure chiave che presenzieranno il summit. Da un lato, c’è il nuovo primo ministro del cosiddetto “governo in esilio” che è stato eletto la settimana scorsa, ovvero Ghassan Hitto, e dall’altro lato c'è invece il capo della coalizione siriana "Syrian National coalition", Moaz al Khatib, che è dimissionario ma la sua presenza è stata richiesta al vertice.

    D. – Pare che questo vertice si trasformi anche in occasione di dialogo tra le diverse anime dell’opposizione…

    R. – Sì, sicuramente, perché verrà innanzitutto chiesto ad al Khatib di ritirare le sue dimissioni, seppure sia stato fortemente criticato per le sue aperture al negoziato, al dialogo con il regime di Damasco. Questa è una delle ragioni per cui ha subito forti pressioni e per cui ha deciso di dimettersi.

    D. – Lo stesso mondo arabo è molto diviso. I governi cosiddetti amici restano solo quelli dei Paesi confinanti, Iraq e Libano. Ora, però, con la caduta del governo cosa accadrà, cosa possiamo prevedere?

    R. – Il Libano attualmente sta soffrendo moltissimo della crisi siriana. Parte delle ragioni delle dimissioni del primo ministro libanese, Mikati, è dovuta alla crisi siriana e sicuramente si manterrà quella che formalmente il Libano ha definito una politica neutra. Sostanzialmente, c’è un appoggio concreto al regime di Damasco perché dal Libano passano aiuti, continuano gli scambi commerciali e c’è un coinvolgimento diretto di una parte del governo libanese che è quella di Hezbollah. Dall’altro lato, però, c’è un serio e concreto tentativo di arginare la crisi siriana e non farla dilagare completamente. Perché se è vero che in Libano in questo momento ci sono scontri e situazioni molto critiche, è vero pure che la situazione è ancora contenuta in alcune zone.

    D. – Sull’altro fronte, ci sono invece Paesi come la Turchia, il Qatar, l’Arabia Saudita a sostegno degli oppositori?

    R. – Sì, però dietro la spaccatura all’interno dell’opposizione siriana c’è l’antagonismo esistente tra il Qatar e l’Arabia Saudita e tra i sostenitori e i finanziatori dei Fratelli musulmani e dei salafiti. Quindi, nell’area dei partiti islamisti abbiamo spaccature profonde. Queste spaccature sono sulla visione politica che si ha della Siria del dopo Assad. In questo momento, si stanno accelerando queste spaccature perché è evidente che il regime sta iniziando ad accusare fortemente l’avanzata dei ribelli anche nella capitale e con l’illusione che il regime sul punto di acdere si accelerano anche le lotte per la corsa alla poltrona.

    D. – Nel suo discorso, al Kathib ha introdotto numerosi temi tra i quali quello concernente il pericolo rappresentato dalle armi chimiche nel Paese…

    R. – Questo è un tema profondamente serio e drammatico. Dal Libano, anche dalla Turchia, è possibile vedere ospedali che prendono in cura profughi siriani che portano sul corpo i segni di armi non convenzionali. Ovviamente, in questi casi perdersi nella definizione “tecnica di arma chimica” o “armi con agenti chimici” è puramente retorico, perché l’utilizzo di sostanze deturpanti è assolutamente assodato. Per cui, ovviamente, Kathib che ha uno sguardo umano sulla questione ha fatto leva proprio su questo, mentre la comunità internazionale sta intraprendendo una ricerca, un’indagine per vedere se si stratta delle cosiddette armi chimiche. Era la famosa "linea rossa" che aveva tracciato Obama e che, però, anche in questo caso sembra non essere, alla fine, così definitiva.

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    Corea del Nord: siamo “in assetto da combattimento” contro gli Usa

    ◊   Le Forze armate nordcoreane sono in “assetto da combattimento” avendo per obiettivo gli Stati Uniti: è quanto riporta l'agenzia ufficiale Kcna, secondo cui l'obiettivo sono “le basi Usa continentali, delle Hawaii e di Guam”. Le Forze armate del Nord sono pronte a entrare in azione, mentre le unità di artiglieria con i razzi a lungo raggio sono pronte “al tiro”. Da parte sua, la Cina invita ''tutte le parti in causa'' nelle polemiche sulla situazione in Corea del Nord a esercitare ''la moderazione''. Per capire come si è determinata questa situazione, Fausta Speranza ha intervistato Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss:

    R. – Mentre in passato gli Stati Uniti rispondevano alle provocazioni e ai ricatti della Corea del Nord cercando in qualche modo di predisporre compensazioni per moderare gli attriti e le tensioni, l’amministrazione Obama ha deciso di adottare un atteggiamento del tutto differente per dimostrare che questa politica non paga. Oltretutto, era stata osservata una reiterazione continua del modello di provocazioni. Adesso, evidentemente, la Corea del Nord ha la necessità di rincarare la dose e accentua anche la dimensione regionale delle proprie provocazioni. Questo, ovviamente, per determinare un’ulteriore internazionalizzazione della crisi e anche costringere la Cina ad adottare misure che provochino la concessione di alcuni benefici nei confronti della Corea del Nord che, lo ricordiamo, è un Paese sotto embargo.

    D. – Bisogna dire che la Cina da parte sua invita alla moderazione in questo momento…

    R. – Evidentemente, i cinesi comprendono – probabilmente al contrario dei nordcoreani – che esistono equilibri di natura globale e credo che Pechino non sia più di tanto disposta a rischiare, per la Corea del Nord la compromissione ulteriore della propria posizione strategica nel mondo. Già adesso i cinesi si rendono conto, ad esempio, che ci sono tensioni crescenti in prossimità delle proprie coste e delle proprie frontiere. Non credo che a Pechino si valuti positivamente che un attore considerato in qualche modo alleato si muova così provocatoriamente senza tenere conto delle esigenze della Repubblica popolare.

    D. - Diciamo che Pyongyang ci ha abituato sul piano internazionale a mosse che avevano però un valore soprattutto sul piano interno, cioè di impatto sull’opinione pubblica. In questo caso, che dire?

    R. – E’ possibile che qualcosa del genere sia in atto anche adesso. Occorre ricordare che in Corea del Nord è asceso al potere un leader giovane il quale deve rafforzare la propria considerazione nei confronti dell’élite militare che regge il Paese. Non è da escludere che anche queste provocazioni siano una forma di valorizzazione della principale constituency, del principale soggetto che sostiene il regime. Credo sia opportuno ricordare che la Corea del Nord è un Paese di 24 milioni di abitanti, che ha più di un milione e duecentomila persone sotto le armi. Quindi, il grado di militarizzazione, il grado di controllo militare che si sente in quel Paese è veramente straordinario e risulta molto difficile per chiunque consolidare la propria presa politica sul Paese senza avere le Forze armate al proprio fianco.

    D. – Rimane un regime molto chiuso, dove la popolazione vive in condizioni di povertà…

    R. – Consegue inevitabilmente sia alle sanzioni applicate nei suoi confronti che alla scelta fatta con la stessa adozione del sistema economico-politico comunista di chiudersi nei confronti del resto del mondo. Ed è una cosa che ha ripercussioni non soltanto sulla sfera economica, ma persino in ogni altra dimensione culturale nella Corea del Nord. La presenza degli stranieri è ridotta al minimo: sostanzialmente esistono soltanto i diplomatici delle ambasciate aperte e niente più. E’ uno stato di chiusura completa, che ovviamente rende difficilissimo l’innesco di un processo di sviluppo e compromette la possibilità di raggiungere il benessere.

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    Myanmar. 40 morti in scontri interetnici tra musulmani e buddisti. Appelli alla riconciliazione

    ◊   Alta tensione in Myanmar. È salito a 40 morti il bilancio delle violenze scopiate tra comunità musulmana e buddista, nei giorni scorsi, a Meitkhila, nel centro del Paese. Numerose abitazioni e moschee sono state date alle fiamme. Le autorità hanno imposto il coprifuoco e schierato l’esercito. Disordini oggi si segnalano anche nella regione di Bago. In questo scenario rappresentanti musulmani, cristiani, hindu e buddisti hanno diffuso un appello congiunto alla riconciliazione. Massimiliano Menichetti ha intervistato Stefano Caldirola, docente di Storia contemporanea dell’Asia all’Università degli studi di Bergamo:

    R. – Meikthila è un’area che era stata fino a questo momento al di fuori dei gravissimi scontri verificatisi lo scorso anno, che hanno riguardato soprattutto lo Stato Rakhine, nella zona occidentale del Paese. La mia impressione è che, dietro uno scontro religioso, ci sia in realtà prevalentemente uno scontro di natura etnica. Noi abbiamo visto una serie di violenze tra musulmani e buddisti a partire dagli anni Trenta del Novecento, ma dietro questo conflitto, rivestito di un significato religioso, vi è in realtà uno dei tanti conflitti etnici: ci troviamo in un Paese molto composito dove, con oltre 135 gruppi etnici diversi, gli scontri sono all’ordine del giorno.
    D. - Oggi, chi si sta contrapponendo al centro del Paese rispetto ad un anno fa nello Stato Rakhine?
    R. - Nello Stato Rakhine, la contrapposizione è tra i buddisti autoctoni rakhine e i musulmani rohingya. I musulmani rohingya sono immigrati dall’attuale Bangladesh, quindi dalla regione del Bengala, alcuni in epoche piuttosto remote e altri durante il periodo coloniale. Per quanto riguarda il centro del Paese, in passato ci sono stati scontri e hanno coinvolto però prevalentemente i musulmani di origine indiana, anche questi migrati durante l’epoca coloniale. Ora, non è ben chiaro chi siano le parti in conflitto, in quanto si parla genericamente di scontri tra buddisti e musulmani, ma ci sono diversi gruppi di musulmani in Myanmar, spesso si tende ad accomunarli tutti, ma in realtà ci sono molte differenze.

    D. - In città, a Meikthila, sono state dispiegate le forze armate e decretato lo stato d’emergenza. Come si comporta lo Stato centrale in queste situazioni?

    R. - Ha avuto un atteggiamento piuttosto ambiguo nel corso degli scontri nello Stato Rakhine lo scorso anno, perché, da un lato, si faceva appello ai rivoltosi di fermarsi e si cercava di ristabilire l’ordine, in realtà, molte fonti, sia all’interno della minoranza musulmana sia all’interno dell’opposizione, hanno denunciato un atteggiamento di connivenza da parte delle autorità nei confronti di questi scontri interetnici.

    D. - Perché? Qual è l’interesse?

    R. - Perché le aperture democratiche in un Paese con 135 etnie ufficialmente riconosciute possono portare ad un aumento della conflittualità, che era stata parzialmente sedata in queste zone dal duro governo militare. Certamente, si sta cercando di rimodellare il rapporto tra l’etnia maggioritaria Bamar, profondamente buddista, e le altre minoranze. Fino a questo momento, il conflitto ha riguardato soprattutto le minoranze di confine, per esempio i kachin, gli shan, i karen. Ora, però il timore da parte del governo centrale è che una maggiore democratizzazione della società birmana possa portare ad accendere un conflitto anche nelle zone tradizionalmente a maggioranza bamar.

    D. - La comunità internazionale sembra non esporsi…

    R. - La comunità internazionale è impegnata in un riconoscimento dell’apertura democratica del Myanmar e non vuole prendere posizione su questioni che sono considerate questioni interne. C’è stata una dura presa di posizione da parte dei Paesi musulmani, riguardo alla discriminazione della minoranza, in particolare della minoranza rohingya, e questo ha creato dei problemi a livello diplomatico. Però non credo che questi scontri possano influenzare il processo di riavvicinamento del Myanmar nei confronti dei Paesi europei, nei confronti degli Stati Uniti, che è ormai un processo che sta vivendo fasi di grande rapidità.

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    Brics: verso accordo per Banca di sviluppo alternativa a Banca mondiale e Fmi

    ◊   Gli occhi del mondo, non solo emergente, sono puntati oggi sulla città di Durban, in Sudafrica, dove si è aperto il quinto Vertice dei Paesi riuniti sotto la sigla Brics, ovvero Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica. Tema del summit “Brics ed Africa, collaborazione per lo sviluppo, l’integrazione e l’industrializzazione”. Al centro dei lavori, l’idea di creare una nuova istituzione finanziaria alternativa alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale, enti collegati alle Nazioni Unite. Roberta Gisotti ha intervistato l’economista Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università Statale di Milano:

    R. – L’idea di una Banca di sviluppo promossa dai cinque Paesi è stata lanciata qualche anno fa e ha incontrato diverse difficoltà all’interno degli stessi cinque Paesi. Il Sudafrica, che ospita il Vertice, fortemente vuole il "battesimo" della banca e se possibile anche la scelta di usare questo Paese come sede. Le prospettive reali di una banca di questo tipo sono in realtà consistenti. Questi Paesi hanno la possibilità di finanziare questo strumento molto agevolmente, grazie alla grande quantità di riserve anche internazionali di cui dispongono. Il nodo vero però è, da un lato, quanto all’interno di questi Paesi si riescano a comporre interessi e rivalità e, dall’altro, quanto questi cinque Paesi anche attraverso lo strumento della Banca di sviluppo possano diventare un polo di attrazione per Paesi del sud del mondo, in modo particolare l’Africa, ma anche per alcuni Paesi asiatici e modificare gli equilibri geopolitici del Pianeta.

    D. – E’ vero che molte critiche sono state mosse in passato alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale di non avere promosso vero sviluppo nei Paesi più svantaggiati. Ma non c’è il rischio di illudersi su questa nuova istituzione? Quali sbagli non bisogna fare?

    R. – La proposta dei "cinque" è una Banca, punto e basta. Dunque, non c’è molto di alternativo rispetto a ciò che attualmente è rappresentato dalla realtà della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Se si vuole guardare a qualcosa che tagli radicalmente con il passato, bisogna guardare all’America Latina e alla proposta di nuova architettura finanziaria che sta crescendo intorno all’idea del “Banco del Sur”, intorno al “Sucre”, cioè una moneta comune e al “Fondo de reservas” che da diversi anni, all’interno dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur), si sta sviluppando. In quell’ambito, c’è veramente la voglia di costruire anche sistemi di governance interni, strumenti finanziari diversi, che permettano una partecipazione dal basso sia delle comunità, sia una partecipazione paritetica degli Stati.

    D. – Ma con questa nuova istituzione finanziaria l’economica globale non esce dalla sfera delle Nazioni Unite?

    R. – Con una battuta polemica, si potrebbe dire che non lo era neanche prima, perché di fatto i Paesi più ricchi hanno più potere e sostanzialmente Stati Uniti, Europa, con un piccolo contributo di Canada e Giappone, monopolizzano il processo decisionale, cosa che obiettivamente non avviene nelle agenzie delle Nazioni Unite e ancora meno in sede di Assemblea generale o di Consiglio di sicurezza o del Consiglio economico e sociale dell’Onu (Ecosoc).

    D. – Quindi, una struttura che in qualche modo risponda alla nuova geopolitica…

    R. – Senza dubbio, sì, nel senso che non è immaginabile fermare i processi con veti. Nel momento in cui c’è fatica a mettere in atto un’iniziativa politica per rendere coeso il quadro internazionale è chiaro che gli ‘attori’ si muovono anche singolarmente o in gruppi. Il gruppo dei Brics da molti anni si incontra per riflettere insieme anche sulle posizioni da tenere nelle sedi internazionali multilaterali e da cinque anni ha deciso di darsi un’agenda comune più forte.


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    "L'azzardo non è un gioco": impatto sconvolgente su persone e famiglie

    ◊   I giochi d’azzardo sono ormai la terza industria italiana: danno lavoro a 120 mila addetti, muovendo circa il 4 per cento del Pil. Delle loro implicazioni sociali si è discusso ieri a Roma, in Campidoglio, durante il convegno “L’azzardo non è un gioco”. Il simposio, moderato dal giornalista di Radio Vaticana Massimiliano Menichetti, ha coinvolto esponenti della politica, dei media, della società civile, della Chiesa e delle associazioni di settore. Lo ha seguito per noi Davide Maggiore:

    L’Italia sta diventando un enorme tavolo verde? Il settore dei giochi d’azzardo non ha risentito della crisi economica: anzi, nel 2012, il suo fatturato è cresciuto del 10 per cento, arrivando a sfiorare - secondo i dati dell’associazione ‘Libera’ - i 90 miliardi di euro. Altri 15 miliardi rappresentano un giro d’affari parallelo e illegale. Ne parla l’avvocato Attilio Simeone, che coordina il cartello di associazioni “Insieme contro l’azzardo”:

    “Il gioco d’azzardo illegale non scompare perché c’è lo Stato che se ne occupa, ma viene alimentato dal gioco d’azzardo legale. Per il giocatore, una volta caduto nella patologia, è la stessa cosa giocare legalmente o illegalmente. Questo alimenta queste due sacche e davanti a questi numeri la criminalità organizzata certamente non sta a guardare”.

    C’è anche chi ricorre all’usura per finanziare i suoi debiti di gioco, come spiega mons. Alberto D’Urso, segretario della Consulta nazionale antiusura:

    “È un circolo vizioso, l’azzardo porta a indebitarsi, quindi porta all’usura. Chi ormai è giocatore patologico ha bisogno di soldi e si indebita facilmente, ma a sua volta l’usura è causa dell’azzardo”.

    Quella dei giocatori compulsivi è una vera e propria malattia, che colpisce, secondo le stime, tra le 500 mila e le 800 mila persone. A subirne le conseguenze sono spesso intere famiglie. Ascoltiamo Simone Feder, psicologo, che lavora con la Casa del Giovane di Pavia:

    “Nel 2008 un ragazzino è venuto a chiedermi aiuto per essere aiutato a gestire il conto corrente del papà. Una cosa tragica è che in molte famiglie è presente questo dramma e chi ne soffre di più sono soprattutto i più giovani, i bambini. Sentire la sofferenza che sta dietro a un bambino è sconvolgente: dove oggi abbiamo un giocatore d’azzardo non dobbiamo dimenticare che ci sono cinque familiari che rischiano di ammalarsi”.

    È dunque fondamentale lavorare sulla prevenzione, ma soprattutto sull’educazione, perché la malattia dell’azzardo è un problema sanitario, ma ha radici nella cultura e nell’etica. A indicare un principio guida è mons. Alberto D’Urso:

    “Non è ‘l’uomo per il gioco’, è ‘il gioco per l’uomo’, e l’azzardo non è un gioco: è un grosso pericolo ed è una malattia. Dobbiamo smetterla di essere indifferenti di fronte ai mali di carattere sociale. Come cristiani e cattolici vogliamo testimoniare davvero con le opere la nostra fede; dobbiamo fare una ampia opera di educazione alla sobrietà, di formazione, a cominciare dai bambini, perché oggi noi vediamo che già tra i bambini il ‘gratta e vinci’ è un gioco molto diffuso”.

    Su questo fronte sono chiamati ad impegnarsi anche i media. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire spiega quale può essere il ruolo dell’informazione...

    “… è quello di far capire le proporzioni del fenomeno. Significa dare una mano alle persone davvero, quindi è un’opera di misericordia, perché il gioco d’azzardo, quando diventa davvero compulsivo, sconvolge la vita delle famiglie e mette in crisi le generazioni. Padri gioco-dipendenti accompagnati ai centri di recupero dai figli: è l’opposto di quello che eravamo abituati a vedere con le tossicodipendenze”.

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    Parte da Tunisi, il 30 marzo, la Carovana antimafie: 70 tappe per parlare di legalità

    ◊   Non solo denunciare le situazioni critiche che emergono nei territori attraversati, ma anche rendere visibili le tante esperienze positive di lotta alla criminalità, all’illegalità e alla corruzione che esistono in Italia. E’ l’obiettivo della Carovana internazionale antimafie che dal 30 marzo prossimo darà il via al suo sedicesimo viaggio. Oggi, a Roma, la conferenza stampa di presentazione del programma e del senso dell’iniziativa promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico, in collaborazione con i sindacati. Il servizio di Adriana Masotti:

    E’ Tunisi, la città di partenza di questo viaggio della Carovana antimafie. Da Tunisi, ha preso il via il complesso percorso delle "primavere arabe" ed è lì che si svolge quest’anno il Forum Sociale Mondiale. Il perché della scelta lo spiega Tonio dell’Olio, responsabile di Libera internazionale:

    “Perché la 'primavera araba' non ha smesso di soffiare e la società tunisina sta facendo grandi sforzi per uscire dalla situazione in cui era tenuta soggiogata, soprattutto dai meccanismi di corruzione. E poi, nella classifica annuale di 'Transparency International', l’Italia e la Tunisia sono nello stesso punto della classifica, al 72.mo posto, per la incidenza della corruzione. E noi crediamo che la corruzione sia l’altra faccia della medaglia della criminalità organizzata e che vada combattuta con la stessa efficacia”.

    Dalla Tunisia, i due furgoni della Carovana si imbarcheranno su un traghetto per la Sicilia e da lì passeranno nelle altre regioni italiane per poi finire il percorso nel sud della Francia. Circa 70 le tappe del viaggio, che durerà 69 giorni. Quali gli eventi più significativi:

    “Sicuramente, nella prima tappa siciliana, il 2 aprile, ricorderemo la strage di Pizzolungo, dove in un tragico attentato che voleva colpire il giudice Carlo Palermo, rimasero uccise una donna, Barbara Asta, e Salvatore e Gaetano, i suoi due figli. Vogliamo quindi porre l’attenzione su una mafia che uccide, su una mafia che davvero non ha nulla a che fare con la civiltà, con il messaggio cristiano, con il Vangelo, con la società degli onesti. Poi risaliremo, passando ad esempio per la Campania e, in particolare, ci fermeremo a Napoli, presso la Città della Scienza, che è stata distrutta da un incendio doloso per mano, con ogni probabilità, della stessa camorra. Altrettanto significativamente, andremo in Lombardia, perché oggi è ai primi posti delle classifiche per beni confiscati, essendo la Lombardia l’estensione di organizzazioni quali la camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra”.

    Alla Conferenza stampa, erano presenti anche i dirigenti della squadra Nuova Quarto Calcio per la Legalità, diventata simbolo di riscatto per la società civile. Ancora dell’Olio:

    “Da tempo, noi ci siamo accorti che le mafie investono nello sport, promuovendosi come presidenti di società calcistiche e in maniera particolare ciò è avvenuto in questa cittadina, nell’hinterland di Napoli. I mafiosi lo fanno perché questo legittima la loro immagine: acquistano i cartellini dei calciatori, quindi ne diventano in qualche modo i proprietari e, attraverso l’attività agonistica, riciclano anche denaro. Allora, il calcio, come lo sport in generale, va riportato alla sua vocazione originaria. Questi giovani, con l’amministrazione comunale di questa città, si sono riscattati e una volta che il presidente è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso non l’hanno più riconosciuto. Sono riusciti a riportare la squadra a giocarsi tutto davvero sulla legalità, per cui sulle loro magliette è scritto 'In gioco per la legalità'. E questo significa davvero molto: attraverso il calcio, infatti, si può davvero creare una cultura, una mentalità diversa contro le mafie e per l’onestà e la legalità”.

    Ogni anno, le attività illegali sottraggono miliardi di euro alle economie legali. Un costo enorme che aggrava le conseguenze della crisi, compromettendo le possibilità di sviluppo. Quale il messaggio che la Carovana cercherà di veicolare nel suo lungo viaggio?

    “In questo momento di crisi economica e finanziaria, noi riteniamo che il messaggio debba essere anche in questa direzione. Il mondo della politica, ad esempio, ritiene che spesso la lotta alle mafie sia una questione collaterale a tutte le altre. Noi invece vogliamo mettere in evidenza come i soldi della corruzione, i soldi del lavoro nero e sommerso, i soldi degli appalti truccati, insieme con i tanti guadagni che provengono dai traffici illeciti – droga, armi, esseri umani – ammontino a 500 miliardi in un anno. E questo è sorprendente: significa che se davvero noi riuscissimo a concentrare la nostra attenzione sul contrasto alle mafie, riusciremmo anche a risanare i nostri conti, perché 500 miliardi equivalgono più o meno a tre manovre finanziarie di quelle che abbiamo fatto negli ultimi anni”.

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    Dalla solidarietà riparte l'Italia: presentata la terza edizione del Festival del Volontariato

    ◊   Quattro giorni di eventi, più di cento appuntamenti culturali, circa 400 relatori e ospiti e 150 organizzazioni partecipanti. Sono alcuni dei numeri dell’edizione 2013 del “Festival del volontariato-Villaggio solidale”, presentato questa mattina a Roma. L’evento che vuole mostrare il volto gioioso e generoso dell’Italia, ma anche una cultura del Paese fondata sui valori, si svolgerà a Lucca dall’11 al 14 aprile prossimo. Lo slogan è “Dentro tutti”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Il Volontariato, per lo più assente dai programmi elettorali e dal dibattito parlamentare, è un diritto e dovere essenziale che riguarda tutti ed è aperto a tutti. Questo dice il Festival, che quest'anno ha scelto, anche simbolicamente, di occupare il cuore di Lucca e non la periferia, perché, se il terzo settore, dicono gli organizzatori, non vive nella e della città è inutile. Ma il messaggio vuole essere globale. Edoardo Patriarca presiede il Centro nazionale per il volontariato:

    “Vogliamo proporre anche di fronte a questo passaggio di crisi la buona Italia, cioè quell’Italia che sa convergere, che sa misurarsi sui problemi o anche individuare le priorità, un’Italia più unita di quanto appare la politica”.

    Si trovi dunque il coraggio di scommettere sul bene comune e su chi è impegnato a questo scopo praticando i valori della solidarietà e della gratuità. E questo lo dice anche lo slogan scelto “Dentro tutti”:

    “Una cittadinanza, una nuova democrazia, non può dimenticare i poveri, gli ultimi. ‘Dentro tutti’ vuol dire dentro tutti per davvero”.

    Ma volontariato significa anche, oltre che servizi, cultura. Per questo l’importante novità di quest’anno, oltre a seminari, mostre e presentazioni di libri, ci saranno delle lectio magistralis su alcune parole chiave. Ancora Edoardo Patriarca:

    “Cooperazione, solidarietà, fraternità, liberazione, democrazia, partecipazione, provando a dire che il volontariato appunto è anche un’idea di Paese. Quindi, non soltanto un "esercito" di brava gente che lavora, ma anche un esercito di persone che si fanno proposta di una cultura di cittadinanza nuova. Questa bellissima novità di Papa Francesco è un grande stimolo, aiuto e sostegno a questi percorsi. Credo che il suo tema del "custodire" sia un bel segnale e che questo Papa farà davvero tanto in questo senso”.

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    Ospedale Bambino Gesù: inaugurato nuovo reparto di neuropsichiatria infantile

    ◊   Inaugurato il nuovo reparto di neuropsichiatria infantile all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Un forte segnale medico nella cura dei disturbi psichiatrici dell’età evolutiva: un adolescente su cinque ne è colpito. Gian Giacomo Martinetti ha intervistato il prof. Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e il prof. Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù:

    D. – Prof. Giuseppe Profiti, ci troviamo nel Padiglione Ford: un altro tassello che accresce la voglia di rinnovarsi dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Lei cosa ne pensa?

    R. – Completiamo in un certo qual modo questo Padiglione Ford, che è il padiglione delle neuroscienze, con un’operazione di riconversione delle risorse e le visioni dell’ospedale. Inauguriamo questo nuovo reparto di neuropsichiatria infantile che è la risposta dell’Ospedale Bambino Gesù, che è il maggiore centro pediatrico italiano ed europeo, a quello che è l’impatto di queste nuove patologie che per complessità e numero si stanno affacciando e stanno conquistando prepotentemente la scena. Stiamo parlando di patologie neuropsichiatriche legate ai disturbi del comportamento.

    D. – Parliamo di addetti: da quante unità è composto il personale nel nuovo reparto?

    R. – All’interno di questa struttura lavorano circa 125-130 persone suddivise, naturalmente, tra professioni sanitarie e medici e altri addetti – perché poi, ripeto, non stiamo parlando solo della risposta ad un bisogno fisico ma alla generazione di un piccolo mondo adatto a chi, in un certo modo, porta questa offesa nella sfera psichica.

    D. – Prof. Stefano Vicari, che tipologia di ambiente si offre, qui? Anche a livello direttamente emotivo del paziente? Questa nuova struttura cosa cerca di offrire a livello emozionale?

    R. – Oggi parliamo del ricovero ordinario, posti letto dove i ragazzi trascorrono il loro tempo, compreso il dormire la notte. Quello che abbiamo cercato di fare è costruire una sala polifunzionale in cui i ragazzi possano intanto avere la possibilità di parlarsi tra loro e stabilire una relazione anche valida che vada al di là dell’esperienza del ricovero, e che abbiano anche una relazione con il personale – infermieri, medici, terapisti – che sia più libera dal vincolo strettamente paziente-medico. E poi, in questa sala polifunzionale possono essere svolte delle attività. Quindi, momento di incontro e anche momento di crescita, e quindi anche attività educative, attività formative: ad esempio, c’è la scuola, dove i ragazzi possono seguire le lezioni, c’è la psicoterapia …

    D. – Come si dividono le malattie neuropsichiatriche in età evolutiva?

    R. – Le malattie psichiatriche in età evolutiva si dividono in due grandi capitoli: disturbi dello sviluppo, cioè i disturbi che sono presenti fin dalla nascita nel bambino, come l’autismo, il disturbo del linguaggio, l’Adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder – sindrome da deficit di attenzione e iperattività) e la dislessia, anche se la dislessia si rende evidente quando il bambino arriva a scuola: però, è qualcosa che si porta dietro. E poi, ci sono i disturbi francamente psichiatrici, cioè depressione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo di condotta fino all’esordio psicotico e alla schizofrenia. Questi due grandi capitoli si raccolgono intorno ad età più tipiche: quindi, il bambino piccolo che arriva da noi, per lo più ha un disturbo dello sviluppo, l’adolescente invece rientra più nei disturbi psichiatrici. Noi ci occupiamo in modo importante anche dei bambini che sono stati vittime di abusi e quindi le sequele dal punto di vista psicologico e psichiatrico, a volte, di bambini maltrattati o che abbiano subito abusi sessuali.

    D. – E’ possibile quindi affermare che in Italia siamo ancora impreparati, culturalmente parlando, ad affrontare problematiche mediche di questo tipo?

    R. – Sì: io credo che siamo figli di uno psicologismo, come dicevo prima, per cui una malattia psichiatrica in età evolutiva non esiste. Basaglia stesso, che ha avuto moltissimi meriti – primo fra tutti quello di avere chiuso i manicomi – sotto i 18 anni non parla di malattia psichiatrica, perché c’è una visione arcaica per cui il disturbo psichiatrico è frutto di una società malata, e quindi si manifesterebbe soltanto nell’adulto. Dobbiamo convincerci che la malattia psichiatrica è una malattia biologica, come la polmonite, il cancro o qualunque altro disturbo. Ha una sua origine biologica forte, il contesto ambientale certamente la può favorire o contenere; ma è una malattia.

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    Un presepe pasquale allestito alla Porziuncola di Assisi

    ◊   In occasione dell’ormai prossima festa della Pasqua di Resurrezione del Signore presso la Porziuncola ad Assisi è stato allestito per la prima volta un “presepe pasquale”. Il progetto si inserisce nella tradizione inaugurata a Greccio, nella valle reatina, dove in occasione del Natale del 1223 San Francesco volle rappresentare la natività di Gesù. Ma come è nata l’idea? Paolo Ondarza lo ha chiesto all’artista che l’ha realizzata, padre Massimo Lelli, prefetto della Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola:

    R. – E’ nata sull’onda dell’Anno della Fede. Nasce perché sono un francescano e come francescano ho nel sangue il desiderio di San Francesco: quello di rappresentare e in qualche modo poter vedere con gli occhi del corpo, la povertà e così anche la vita di Gesù. L’ho realizzato attraverso personaggi in resina; 30 cm è la dimensione delle statue, e le scenografie sono fatte con polistirolo e gesso: un materiale molto povero.

    D. – Cosa viene rappresentato in questo “presepe pasquale”?

    R. – Sono 11 scene della vita di Gesù: alcune scene molto articolate, affollate, altre invece molto semplici. Il Natale, il battesimo di Gesù, l’incontro di Gesù con la Samaritana, la moltiplicazione dei pani con l’entrata a Gerusalemme, l’Ultima Cena, tutte le scene dalla Passione: quindi la salita al Calvario, il Calvario e infine la Resurrezione.

    D. – In che cosa il presepe pasquale si distingue dalle sacre rappresentazioni che siamo abituati a vedere durante la Settimana Santa?

    R. – Sicuramente, il presepe pasquale è rappresentato da personaggi statici, realizzati con materie plastiche, mentre nelle sacre rappresentazioni si cerca di far partecipare attivamente le persone. La rappresentazione sacra solitamente viene messa in scena in alcuni paesi è più simile all’esperienza di San Francesco a Greccio, che lì inventò il presepe vivente.

    D. – Ma come Francesco d’Assisi viveva la Pasqua?

    R. – Sicuramente con grande entusiasmo, anche se lui secondo lui la festa delle feste era il Natale: l’incarnazione di Gesù. Ma certamente, sappiamo che l’incarnazione di Gesù non trova senso né significato se non nella Pasqua, nella sua morte e resurrezione. San Francesco ha voluto vivere in modo forte, intenso questa esperienza quando è andato alla Verna, a meditare la Passione di Cristo: quindi per lui la Pasqua è molto importante, è fondamentale!

    D. – L’idea di un “presepe pasquale” suona molto originale: intendete inaugurare una tradizione?

    R. – Speriamo! Anche se di lavoro per realizzarlo ce n’è molto. Ce lo auguriamo, perché qui in Umbria sono molto sentite sia la tradizione del presepe che le espressioni artistiche intorno alla Pasqua.

    D. – Ed è immaginabile pensare, un giorno, ad un “presepe pasquale” anche nelle case?

    R. – Perché no? Tanto più che bisogna un po’ rinvigorire la fede anche attraverso queste semplici esperienze che però possono essere efficaci soprattutto per i bambini, affinché conoscano in modo più profondo la vita di Gesù.

    D. – Arte, devozione e spiritualità si fondono, nel “presepe pasquale” …

    R. – Certamente. Anche perché abbiamo voluto accompagnare queste scene con la lettera “Porta fidei” di Benedetto XVI, come omaggio al servizio che ha svolto nella Chiesa. Quindi mentre visitiamo il “presepe pasquale” possiamo leggere stralci di questa Lettera che servono per meditare la scena che stiamo osservando.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terra Santa: Messaggio di Pasqua dei capi delle Chiese cristiane

    ◊   È un pressante invito a venire in pellegrinaggio in Terra Santa quello che i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme lanciano ai fedeli di tutto il mondo nel loro Messaggio di Pasqua. Un appello ecumenico a “visitare le nostre Chiese, a camminare con le pietre vive di questa Terra sulle orme di Cristo Risorto. La presenza cristiana qui nella Città Madre della nostra fede - si legge nel testo - continua ad essere un faro di luce di Cristo risorto, del quale i primi discepoli furono testimoni davanti al sepolcro vuoto”. “Invitiamo - prosegue il messaggio - tutti gli uomini di fede e di buona volontà nel mondo, in particolare quelli che rivestono ruoli di autorità, a lottare per la giustizia e la pace tra le nazioni. In particolare preghiamo per la Siria, Libano, Palestina e Israele, Egitto, in Iraq, e ovunque ci siano agitazioni politiche. Preghiamo per tutte le vittime della violenza e dell’oppressione, per i prigionieri, per chi vive con la mancanza di sicurezza, e coloro che sono sfollati e rifugiati, soprattutto qui nella nostra terra”. A coloro che non possono fare il pellegrinaggio in Terra Santa, i leader cristiani chiedono di “sostenere i popoli di questa terra nelle loro preghiere, in particolare la presenza cristiana che continua a diminuire”. (R.P.)

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    Gerusalemme: in 35 mila pregano per la pace in Terra Santa

    ◊   "Oggi la nostra processione è quella della salvezza, il Signore stesso è la nostra salvezza. Gesù, il Re della Pace, è entrato a Gerusalemme, città che non ha mai conosciuto la pace". Così mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme ha ricordato il significato della Domenica delle Palme celebrata quest'anno davanti a oltre 35 mila fedeli provenienti da tutto il mondo. Nella sua omelia il prelato ha incoraggiato tutti i presenti a pregare per la Terra Santa perché questa festa "rappresenta il rifiuto di ogni violenza" e ha chiesto a ciascuno di "lasciare entrare nei nostri cuori e nelle nostre vite" il Signore affinché guarisca "le nostre ferite e le nostre divisioni, per fortificarci nelle nostre debolezze e donarci il coraggio di perseverare in mezzo alle prove". La tradizionale processione della Domenica delle Palme è iniziata dal Monte degli Ulivi, proseguendo fino alla Città vecchia per commemorare la trionfale entrata di Gesù a Gerusalemme. Quest'anno - riferisce l'agenzia AsiaNews - più del doppio dei fedeli ha partecipato all'evento. Nel 2012 le autorità avevano contato 15 000 persone. Malgrado lo spostamento delle date di Pasqua nella diocesi - che festeggia la Settimana Santa insieme agli ortodossi - e i pochi permessi rilasciati ai pellegrini palestinesi dagli agenti israeliani (solo 6mila) i fedeli hanno partecipato numerosi portando in processione striscioni con il nome delle varie parrocchie del patriarcato latino: Aboud, Ramallah, Jifna, Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour, Nablus e molte altre. Il cammino è iniziato con il canto "Osanna" dalla chiesa di Betfage, dove Gesù è montato sull'asino. Come accade spesso in questa stagione il sole brillava su questo spettacolo di musica e di colori, dando risalto alle danze di tamburi, chitarre, canti in varie lingue e persone in abiti locali palestinesi. Mons. Fouad Twal ha chiuso la processione insieme ai francescani ed ai cavalieri del Santo Sepolcro, altri capi delle Chiese cattoliche di Terra Santa e del nunzio apostolico per Israele mons. Lazzarotto che è anche delegato apostolico per i Territori palestinesi. In mattinata mons. Twal aveva presieduto al Santo Sepolcro la processione delle palme e la messa pontificale all'altare di Santa Maria Maddalena. Sabato sera, padre Giovanbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha celebrato la messa della vigilia con un veglia nella cappella dell'Apparizione e una messa al Calvario. Quest'anno solo i cattolici delle aree di Betlemme e Gerusalemme celebrano la Pasqua secondo il Calendario gregoriano. Gran parte delle comunità cattoliche presenti in Israele, Territori Palestinesi, Giordania e Cipro seguiranno infatti il Calendario giuliano e inizieranno la Settimana Santa insieme ai cristiani ortodossi nella prima settimana di maggio. L'unificazione delle date delle festività pasquali è stata annunciata lo scorso 15 ottobre 2012 dall'Assemblea dei vescovi ordinari cattolici della Terra Santa, dove è stato stabilito che entro due anni tutti i cattolici delle diocesi di rito latino e dei diversi riti orientali celebreranno la Pasqua secondo il Calendario giuliano. (R.P.)

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    Siria. Vescovo di Aleppo: Papa Francesco ci sostiene nel vivere il dramma della guerra

    ◊   La testimonianza del nuovo Papa Francesco ha dato nuova forza alla popolazione siriana martoriata da oltre due anni di guerra. Mons. Jean- Clément Jeanbart, arcivescovo metropolita di Aleppo per la Chiesa greco-melchita, afferma all'agenzia AsiaNews che "con i suoi discorsi Francesco ci aiuta e ci indica la via per affrontare il dramma che stiamo vivendo. Egli ci rammenta che viviamo per Cristo e dobbiamo fare di tutto per restare vicini a Gesù, che è l'unico che ci può salvare". Il vescovo aggiunge che "ad Aleppo, ma anche nel resto della Siria vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli hanno scritto nel loro cuore questo messaggio e ognuno cerca di realizzarlo e diffonderlo nelle proprie diocesi, parrocchie e famiglie". La decisione della fede è così forte che oltre 2mila siriani, sfidando le bombe e il rischio attentati, hanno partecipato ieri alla messa per la Domenica della Palme celebrata nella cattedrale greco-melchita della Vergine Maria ad Aleppo. "La funzione è stata commovente - racconta il prelato - la Chiesa era stracolma di persone giunte da diverse parti della diocesi, nonostante il clima di guerra e violenza che ha colpito la nostra città". Mons. Jeanbart confessa di aver incentrato la sua predica per la Domenica della Palme proprio sulle parole del Papa: "Ho ricordato ai fedeli che Cristo è con noi in questo dramma e non ci lascerà, la sua pace verrà". Per il prelato, la violenza, la guerra e il radicalismo islamico, non hanno impedito alla gente di sperare e di convertire il proprio cuore. "In Siria - afferma - i musulmani non possono convertirsi al cristianesimo, se lo fanno rischiano la vita. Tuttavia, nei giorni scorsi un uomo mi ha confessato che vuole diventare cristiano e vorrebbe essere battezzato. Questa è una eccezione nella nostra comunità, ma è un segno forte della potenza di Gesù e del messaggio cristiano". Terza città del mondo arabo per numero di cristiani, circa 300mila, dopo Beirut e il Cairo, Aleppo è in stato di assedio da quasi otto mesi. Ribelli islamici ed esercito siriano si sono divisi quartieri centrali e parte della periferia, utilizzando le abitazioni e palazzi come trincee. L'aviazione di Bashar al-Assad ha completamente distrutto il centro storico, patrimonio dell'Unesco, costringendo migliaia di persone alla fuga. Di recente a Khan al-Assal, a pochi chilometri dalla città, sarebbero state lanciate armi chimiche sulla popolazione civile. (R.P.)

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    Il presidente di Caritas Giordania: i profughi siriani sono più di 500 mila

    ◊   I profughi siriani che hanno trovato rifugio in Giordania hanno ormai superato la soglia delle 500mila unità. Lo riferisce all'agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania. “Ogni giorno” spiega Suleiman “entrano in Giordania tra i mille e i duemila rifugiati. Soltanto nella giornata di ieri sono stati 1700. L'ultimo rapporto diffuso su questa emergenza umanitaria calcola che i profughi saranno un milione e mezzo entro dicembre. Allora la situazione diverrà insostenibile per la Giordania”. Secondo il direttore di Caritas Giordania, la situazione rischia di travolgere le pur generose iniziative di accoglienza: “Come Caritas” spiega Suleiman “ i nostri volontari e i nostri impiegati sono più che triplicati dall'inizio dell'afflusso dei profughi. Ora i volontari sono più di duecento, e gli impiegati più di 150. Ma non basta: ieri sono andato a Zarqa e ho visto il nostro punto Caritas circondato da una moltitudine di persone che chiedevano aiuto”. Il governo giordano ha smentito le notizie che ieri avevano riferito di una chiusura delle frontiere. “Un blocco delle frontiere” fa notare il direttore di Caritas Giordania “è di fatto impossibile: anche se venissero chiusi i check point, il confine tra Siria e Regno Hashemita si sviluppa lungo 360 chilometri e non può essere presidiato in maniera sistematica”. L'emergenza profughi in Giordania è aggravata anche dalle lungaggini che finora hanno impedito di inaugurare il secondo campo Onu in allestimento a 20 chilometri da Zarqa, la cui apertura era data per imminente già a dicembre. La nuova struttura era destinata a decongestionare la situazione insostenibile dei 50mila profughi ammassati nel campo di Zaatari, collocato in pieno deserto. Ma i lavori di allargamento del nuovo campo profughi stanno ritardando il previsto trasferimento di donne e i bambini provenienti da Zaatari. (R.P.)

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    Tunisi: al via l’edizione 2013 del Forum sociale mondiale

    ◊   Al via oggi a Tunisi l’edizione 2013 del Forum sociale mondiale. Primo appuntamento l’assemblea delle donne, che mira a rifiutare “il capitalismo selvaggio e tutti i modelli di sviluppo che rendono oggetto, marginalizzano e violentano” le donne, stando a quel che si legge in un comunicato del Fsm. Per la prima volta è un Paese arabo ad ospitare il Forum, quest’anno con lo slogan “Dignità”. Parteciperanno 4578 organizzazioni, oltre 30 mila persone provenienti da 127 Stati, per animare in cinque giorni mille incontri, 70 spettacoli musicali, 100 film e oltre 50 esposizioni. Importante la presenza della delegazione asiatica per il lancio della campagna globale in vista dell’Assemblea ministeriale della Wto che si terrà a Bali, in Indonesia, il prossimo 3-6 dicembre. Fulcro degli eventi l’analisi dei problemi socio-economici che due anni fa furono il motore delle rivolte della primavera araba, ma che ancora oggi sono fattori destabilizzanti per l’intera regione. Non a caso, gli organizzatori hanno scelto un Paese arabo per ospitare il Forum. In Tunisia, l’economia è ferma, la disoccupazione è al 17% e la politica sta vivendo un’impasse in un contesto di proteste sociali e di insicurezza. “Anche se in modi diversi, siamo tutti dentro una transazione e una crisi i cui esiti non sono garantiti – si legge nella dichiarazione che convoca la marcia d’apertura. Anche le lotte in Europa contro le misure di austerità per uscire dalla crisi con soluzioni di democrazia e di giustizia sociale sono in difficoltà. Ma è certo che l’avanzamento della democrazia nel sud del Mediterraneo rappresenta anche per quelle lotte un fattore decisivo”. Nel pomeriggio di oggi partirà la marcia inaugurale del Forum che raggiungerà lo stadio di Menzah. A margine dell’evento si terrà anche il III Forum mondiale dei media alternativi, con due sedute plenarie dedicate alla “comunicazione intesa come bene comune” e ai “media liberi come movimento per il diritto alla comunicazione”. Domani invece partirà il Forum parlamentare mondiale: l’appuntamento dei deputati che hanno aderito alla Carta del Fsm e intendono collaborare con la società civile per realizzare “un altro mondo possibile”. (V.C.)

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    Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: "Evitiamo che la crisi politica diventi religiosa”

    ◊   “Ci troviamo di nuovo in un momento difficile nel quale la popolazione è sballottata da destra a sinistra” ha affermato mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, in un’intervista a Radio France International (Rfi) ripresa dall'agenzia Fides. La capitale della Repubblica Centrafricana sta vivendo momenti difficili dopo la conquista da parte degli uomini della coalizione Seleka. Michel Djotodia, leader di Seleka, ha annunciato la sospensione della Costituzione, lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e del governo e l’imposizione del coprifuoco a Bangui dalle 7 di sera alle 6 del mattino. La città è ancora in preda ai saccheggi da parte di bande criminali. “Il mio primo pensiero va a coloro che hanno perso la vita” dice mons. Nzapalainga. L’arcivescovo di Bangui chiede alla dirigenza di Seleka che la protezione della popolazione e dei suoi beni sia “prioritaria”. “Occorre mettere fine ai saccheggi e i dirigenti di Seleka si facciano carico delle loro responsabilità in rapporto a tutti i danni collaterali” ha aggiunto. “Domenica scorsa - denuncia l’arcivescovo - davanti alla cattedrale, uomini e donne che erano venuti a pregare sono stati rapinati all’uscita della chiesa da persone che volevano anche prendere i loro veicoli con la forza”. Mons. Nzapalainga si chiede se si è trattato di un atto di comune banditismo oppure di una deliberata azione di intimidazione nei confronti dei cristiani. “È compito di coloro che ora hanno assunto la responsabilità del potere di reagire in fretta e di accertare chi sono gli autori di tali atti” ha sottolineato mons. Nzapalainga che si dichiara preoccupato “per le tensioni religiose”. L’arcivescovo ha lanciato un appello alla dirigenza di Seleka perché evita la deriva settaria. “È giunto il momento di mettere rapidamente fine a queste azioni che potrebbero suscitare nella testa della gente sentimenti anti- religiosi o che potrebbero far pensare che questa crisi abbia come obiettivo i cristiani in quanto tali”. “Occorre che i preti, i pastori e gli iman siano protetti. Parlo per tutti. Gli uomini di Dio devono essere protetti. Questa crisi è politica; non possiamo lasciare che prenda una deriva religiosa” ha concluso mons. Nzapalainga. (R.P.)

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    Caritas Somalia: situazione rifugiati precaria, piani per ricollocamento “irrealistici”

    ◊   La situazione per gli sfollati somali resta precaria. È quanto emerge dal rapporto di Caritas Somalia inviato all’agenzia Fides, che, pur riconoscendo un certo miglioramento nelle condizioni generali di vita, pone l’attenzione sulle persistenti difficoltà. Secondo l’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari (Ocha), a Mogadiscio ci sono 369 mila sfollati interni. Di questi, circa 270 mila potranno essere ricollocati in tre campi alla periferia della capitale, in modo da alleviare il sovraffollamento del centro della città. Il progetto suscita però preoccupazioni “per le inadeguate capacità del governo e per l’insicurezza e l’accesso ai servizi delle nuove installazioni”. Inoltre, molti potrebbero non essere disposti a trasferirsi nei nuovi campi. Bisogna poi trovare una collocazione migliore ad almeno un milione e duecento mila sfollati interni e più di un milione di rifugiati che hanno trovato asilo nei Paesi limitrofi (Eritrea, Etiopia, Kenya, Uganda, Tanzania, Gibuti e Yemen). Stando al rapporto, il governo somalo non sarebbe ancora pronto ad ospitare i quasi 600 mila rifugiati somali che vivono “principalmente in Kenya e in Etiopia. Eppure, le autorità somale stanno elaborando un ambizioso piano per creare Centri di accoglienza di grandi dimensioni” all’interno del Paese. “Si spera di spostare centinaia di migliaia di rifugiati nei nuovi campi entro la fine del 2013”, tuttavia “non solo è l’attuazione di questo piano non realistico, ma potrebbe anche esporre i rifugiati a situazioni di pericolo”, si legge in conclusione del testo. (V.C.)

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    Zimbabwe: per le prossime elezioni i vescovi esortano a rifiutare l'intolleranza politica

    ◊   In vista delle elezioni politiche in Zimbabwe previste a giugno, la Conferenza episcopale del Paese (Zec) ha lanciato un accorato appello alla tolleranza per progredire verso un’autentica democrazia. In una lettera pastorale diffusa il 23 marzo e ripresa dall’agenzia cattolica africana Cisa, i vescovi sottolineano l’importanza per il futuro del Paese del prossimo appuntamento elettorale, paragonabile – affermano - al voto che nel 1980 portò all’indipendenza dell’allora Rodesia dal Regno Unito. Lo Zimbabwe “deve chiudere la porta all’intolleranza politica, alla violenza, all’impunità, alla mancanza di trasparenza e all’irresponsabilità, come all’intimidazione e alla corruzione” e aprire un’altra porta, quella “verso un’autentica democrazia”, scrivono i presuli, sottolineando che molti sperano in elezioni “libere e giuste così da permettere una piena riabilitazione del Paese nella comunità internazionale”. Secondo i vescovi questo dovrebbe essere possibile dopo il referendum del 16 marzo con il quale i cittadini dello Zimbabwe hanno approvato la nuova Costituzione. Il testo è stato approvato con il sostegno di Robert Mugabe e Morgan Tsvangirai, i due leader rivali da quattro anni alla guida di un Governo di unità nazionale. La nuova legge fondamentale, che entrerà in vigore solo dopo le prossime elezioni di giugno, fissa un massimo di due mandati di cinque anni per il presidente. Non avendo un carattere retroattivo, non si applica all’anziano Presidente Mugabe, al potere da 33 anni, che ha potuto quindi ricandidarsi anche questa volta. Ricordando le violenze e i brogli che hanno contrassegnato le ultime contestate elezioni presidenziali del 2008, vescovi sottolineano la diffusa volontà di guardare avanti ed esortano il Paese alla riconciliazione per affrontare i suoi problemi: dalla corruzione, all’emigrazione di massa, all’istigazione all’odio, alle divisioni etniche e tribali. La lettera pastorale ricorda in proposito l’impegno concreto della Chiesa per sanare le ferite che hanno diviso i cittadini dello Zimbabwe e sottolineano l’importanza di un processo elettorale “credibile” e “pacifico”. “La violenza e l’intimidazione che abbiamo visto in passato , ammoniscono in conclusione i vescovi - umiliano l’aspirazione della nostra Nazione alla democrazia”.(A cura di Lisa Zengarini)

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    Santo Domingo: aiuti umanitari per sostenere gli abitanti dei bateye

    ◊   Grazie agli aiuti umanitari, haitiani e domenicani, che vivono tra le piantagioni di canna da zucchero ad est di Santo Domingo, riescono a sopravvivere. Il 10% degli abitanti della Repubblica Dominicana vive in condizioni di estrema povertà nei bateye, villaggi costruiti con materiale di recupero. In 16 delle province di San Pedro de Macrorís e La Altagracia, ad est, e Bahoruco a sudovest, negli ultimi 4 anni oltre 10 mila persone hanno beneficiato di un programma di aiuti, organizzato da Save the Children e Mujeres en Desarollo Dominicana (Mude). Obiettivo dell’iniziativa - riferisce l'agenzia Fides - è migliorare le condizioni di vita nei bateye dal punto di vista sanitario, educativo, igenico e abitativo. Stando ai dati, in totale sono state costruite 776 abitazioni per 3.100 persone, 524 latrine per 550 famiglie e 13 scuole per 1.300 bambini. Anche istituzioni statali hanno preso parte al programma, cedendo terreni per edificare Centri comunitari, che a loro volta serviranno come rifugi in caso di emergenza, oppure ospiteranno case o frutteti. (V.C.)

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    Francia: a Pasqua cinquemila adulti riceveranno il Battesimo

    ◊   5 mila giovani e adulti saranno battezzati in Francia durante la celebrazione della Veglia Pasquale (sabato 30 marzo) e la Messa di Pasqua. Nel darne notizia, riporta l’agenzia Sir, la Conferenza episcopale francese precisa che gli adulti che riceveranno i sacramenti del Battesimo, Cresima, Eucaristia sono 3.220. La maggioranza - riferisce l'agenzia Sir - ha un’età compresa tra i 25 e i 30 anni ma rispetto al 2011, i catecumeni di 18/20 anni sono aumentati del 45%, segno che la fede cristiana suscita attrazione tra i giovani. Secondo l’indagine svolta dai vescovi francesi, il 45,4% proviene da un contesto familiare “storicamente cristiano ed essenzialmente cattolico”. Ma cresce di importanza anche la percentuale (42%) di coloro che provengono da luoghi familiari senza particolare tradizione religiosa, pari a 1.349 persone. Agli adulti, si aggiungeranno 1.463 adolescenti (589 ragazzi e 874 ragazze di età compresa tra i 13 e i 18 anni) che saranno battezzati il giorno di Pasqua. Alcuni di loro riceveranno anche l’Eucarestia e la Cresima. Ad accompagnare i catecumeni in questo delicato cammino di fede, ci sono su tutto il territorio francese 10.330 persone, la maggioranza delle quali (il 78%) è laica. La conferenza episcopale fa sapere che ogni anno in Francia, migliaia di giovani adolescenti (circa 13 anni) ricevono il sacramento della Cresima. Ciò avviene nel corso di tutto l’anno liturgico e per le mani del vescovo locale. Nel 2011 (ultimo dato rilevato dalla Conferenza episcopale), 36.824 adolescenti sono stati cresimati. (L.Z.)

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    Francia: 2.500 incidenti vascolari all'anno per la pillola anticoncezionale

    ◊   Prendere la pillola anticoncezionale causa ogni anno in Francia più di 2.500 incidenti legati alla formazione di grumi di sangue nelle vene e 20 decessi ''prematuri''. E' quanto emerge da un rapporto diffuso oggi dall'Agenzia nazionale di sicurezza del Farmaco (Ansm). E questo dato non riguarda solo le pillole di 3/a e 4/a generazione, che sono state di recente messe sotto accusa perché raddoppiano il rischio di ictus e embolie polmonari, ma anche gli altri tipi di pillole, di 2/a generazione. In Francia sono 4,27 milioni le donne (dati del 2011) che prendono la pillola. Gli incidenti vascolari (trombosi e embolie) sono stati in media 2.529 ogni anno e 14 sono stati i decessi registrati, di cui 14 attribuiti all'uso di una pillola di 3/a o 4/a generazione. Il rapporto dell'Agenzia del Farmaco riguarda gli anni dal 2000 al 2011. (S.C.)

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    Indonesia: a West Jakarta minacce islamiste sulle celebrazioni della Settimana Santa

    ◊   Sarà una Settimana Santa all'insegna dei nervi tesi, quella che si profila per i cattolici di West Jakarta, vittime nel fine settimana di ripetute minacce da parte di centinaia di estremisti islamici, che hanno tentato di bloccare gli accessi alla chiesa cattolica Christ the Peace di Kepa Duri, area amministrativa a ovest della capitale indonesiana. Sabato scorso, vigilia della Domenica delle Palme, gruppi islamisti hanno indirizzato pesanti minacce ai cattolici di Kepa Duri, intimando al sacerdote e ai fedeli di annullare le celebrazioni in programma nel fine settimana. A scatenare l'odio estremista, il fatto che il luogo di culto si trova all'interno di una scuola e - a loro avviso - la struttura "non deve essere usata" per ospitare funzioni religiose. Il tentativo di assalto è avvenuto mentre all'interno il sacerdote e alcuni fedeli avevano iniziato un incontro di preghiera. Padre Matthew Widyolestari si è quindi rivolto al Forum Interreligioso di Jakarta, che ha incontrato i leader della protesta estremista. Contattato dall'agenzia AsiaNews, padre Matthew ha assicurato che le funzioni domenicali si sarebbero svolte "regolarmente, come da programma". E così è avvenuto: domenica scorsa i fedeli hanno potuto partecipare alla messa, grazie anche allo spiegamento massiccio di forze dell'ordine a tutela dell'incolumità dei fedeli. Ora le attenzioni si concentrano sulle funzioni della Settimana Santa, attorno alle quali resta altissimo il livello di attenzione. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 85

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.