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Sommario del 23/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Lo storico abbraccio tra Francesco e Benedetto a Castel Gandolfo: "Siamo fratelli"
  • Castel Gandolfo. L'attesa della gente, l'ansia dei media: "Momento unico"
  • Messa di Papa Francesco alla Domus: ogni cristiano deve dire "Cristo è morto per me"
  • Il Papa scrive ai Gesuiti: fedeli al carisma, testimoniate la vostra consacrazione al servizio della Chiesa
  • Il nunzio a Damasco: continue "fumate nere" per la pace
  • Mons. Sako: ho invitato il Papa in Iraq, abbiamo bisogno della sua forza spirituale
  • Il cardinale Koch: con Papa Francesco nuovi passi verso l'unità dei cristiani
  • Padre Cantalamessa: Papa Francesco, un nome che apre ancora di più la Chiesa al mondo
  • Una giornalista italo-argentina racconta l'amore di Papa Francesco per i poveri
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Cipro. Il prelievo sui maxi-depositi ammonterà al 25%
  • Crisi in Centrafrica: ribelli alle porte di Bangui
  • Cina: primo tour all’estero di Xi Jinping, dopo Mosca missione in Africa
  • Al via le consultazioni di Bersani per la formazione del nuovo governo
  • "L'ora della Terra": luoghi simbolo di 150 Paesi al buio per chiedere la tutela del Pianeta
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Concluso in Giordania il viaggio in Medio Oriente di Obama
  • Siria. Unione Europea: accordo su soluzione politica non ancora su revoca embargo armi
  • Thailandia. Incendio in campo rifugiati birmani, 35 morti
  • Coree. Seoul approva l’invio di aiuti umanitari al Nord
  • Etiopia: conflitti, disastri naturali e migrazioni all’origine dell’abbandono scolastico
  • Il cardinale Bagnasco al governo italiano: priorità lavoro e riforme
  • Irlanda del Nord. Scoperta autobomba nei pressi della sede del prossimo G8
  • Nepal: varata in segreto amnistia agli imputati per crimini contro l’umanità
  • Religiosi in India: carisma di Papa Francesco per il rinnovamento della Chiesa
  • In Perù una marcia in difesa della vita in vista della Giornata del Nascituro
  • Santiago de Compostela, 50 ore di adorazione eucaristica per le vocazioni
  • Irlanda. Da 35 anni Cura Cares in prima linea accanto alle mamme in difficoltà
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lo storico abbraccio tra Francesco e Benedetto a Castel Gandolfo: "Siamo fratelli"

    ◊   Le immagini dello “storico incontro” tra Papa Francesco e Benedetto XVI, avvenuto questa mattina a Castel Gandolfo, poco dopo le 12, hanno subito fatto il giro del mondo. Il nuovo Pontefice e il Papa emerito hanno pregato insieme in un clima di profonda sintonia umana e spirituale, quindi hanno condiviso il pranzo. Poco dopo le 14.40, l’elicottero bianco si è levato di nuovo in volo per riportare Papa Francesco in Vaticano. La cronaca dell’evento nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Francesco abbraccia Benedetto e la storia della Chiesa si arricchisce di un’immagine di cui da oggi e per sempre si serberà incancellabile il ricordo. A dare forma visibile a ciò che fino a 40 giorni fa nessuno, credente o laico, avrebbe nemmeno mai osato immaginare, è un minuto di sequenze televisive, girate dal Centro Televisivo Vaticano, scritte con l’inchiostro immateriale della tv, ma poderose ed emozionanti come nemmeno la regia più ispirata avrebbe saputo escogitare. A togliere per primo il fiato, poco dopo le 12.15, è quell’abbraccio intenso – “bellissimo” lo definirà padre Federico Lombardi che ne è uno dei pochi, privilegiati testimoni – che non sarebbe diverso da quello tra due amici di vecchia data se non fosse per la forte impressione che provoca l’assistervi, la prossimità di quei due abiti così simili nella foggia – di diverso solo una fascia e una mantelletta in più sulla talare del nuovo Papa – ma assolutamente uguali nel tono di bianco e nel significato universale di quel colore.

    Francesco che abbraccia Benedetto è l’immagine del millennio. Ma già i contorni di quell’immagine – un esterno, giorno, sul comune sfondo di un elicottero – indicano che la grandezza di quella meraviglia avrà di gigantesco non tanto l’enfasi costruita dell’Evento, ma l’umanità di tratto e di tatto dei suoi due protagonisti. I quali salgono in auto – il primo a destra, il secondo a sinistra – e allo sfondo dell’eliporto di Castel Gandolfo si sostituiscono le mura della cappella del Palazzo apostolico. Qui, la seconda scena del millennio scioglie nella commozione il nodo allo stomaco provocato dall’impatto di poco prima. Papa Francesco entra per primo, Benedetto XVI lo segue, poggiato al bastone. Invece di dirigersi all’inginocchiatoio d’onore, posto davanti e al centro, Papa Francesco fa per dirigersi al banco posteriore. Quando Benedetto XVI vede il gesto, accelera il passo e tende il braccio per trattenere Papa Francesco, per indicargli che il suo posto non è quello, ma invece si vede trattenuto a sua volta dal suo successore, che lo invita a stare accanto a sé, al banco degli umili, a pregare insieme, vicini. “Siamo fratelli”, gli dice semplicemente, è questa a buon diritto è l’affermazione del millennio. E forse, più ancora del primo abbraccio tra due Papi, è questa inquadratura, che ritrae due grandi uomini umili in ginocchio assieme davanti a Dio, a rendere plastica in modo nuovo la forza di fede di cui dispone la Chiesa contemporanea. “Un momento di altissima e profondissima comunione”, lo definirà padre Lombardi.

    Il terzo momento – i circa 45 minuti di colloquio privato nella Biblioteca, iniziato alle 12.30 – è nascosto all’occhio delle telecamere, come il quarto, il pranzo condiviso assieme. Non lo è invece lo scambio dei doni. Francesco dona a Benedetto l’icona della “Madonna dell’umiltà” perché, spiega, quell’appellativo gli ha fatto pensare a lui. E a quella spiegazione Benedetto XVI gli serra di scatto le mani, e il nodo alla gola stavolta è anche il suo, oltre che di chi guarda. I sentimenti provocati da quest’ultima sequenza toccano nel profondo. Nessuno li vedrà abbracciarsi ancora alla partenza, ma il mondo ha visto Francesco abbracciare Benedetto, e assistito quasi a un passaggio di testimone: dal grande Papa pilastro della fede, ma più ancora maestro di una infinita mitezza, al Papa che è già pilastro della carità e che il prossimo Giovedì Santo laverà i piedi di ragazzini ai quali la vita ha già spezzato le ali. Fede e carità: la speranza, non solo per la Chiesa, è nell’aver visto quale forza abbia la loro unità.

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    Castel Gandolfo. L'attesa della gente, l'ansia dei media: "Momento unico"

    ◊   Fin dalle prime ore di questa mattina, la Piazza di Castel Gandolfo è stata l’epicentro di una grande attesa da parte dei media e delle molte persone che l’hanno affollata nel corso della mattina. C'era per noi Alessandro Gisotti:

    Padre Lombardi ha tenuto poco prima delle 14.00 una sorta di estemporaneo briefing, come ormai ci siamo abituati: una sorta di sala stampa en plein air, a cielo aperto a Castel Gandolfo. Tanta l’attenzione dei giornalisti di tutto il mondo, accorsi in massa a Castel Gandolfo per quello di oggi, che è l’incontro degli incontri: l’abbraccio unico nella storia tra un Papa e un Papa emerito. Nella piazza, davanti al Palazzo papale, stamani c’erano e ci sono ancora soprattutto i fedeli di quello che Giovanni Paolo II definì scherzosamente “Vaticano numero II”. Tante le famiglie venute a ribadire l’affetto a Benedetto XVI, sentito ormai come un concittadino, e a manifestare per la prima volta - anche semplicemente con una preghiera - la vicinanza a Papa Francesco, che è già entrato nel cuore dei castellani. Del resto c’è chi si è attrezzato e sventolava bandiere argentine insieme a quelle vaticane. La gioia è tanta e non importa che il Papa non si sia affacciato: per quello - dicono qui - ci sarà tempo. Quando alle 12.13 l’elicottero papale ha compiuto un rapido giro sulla piazza, è scattato un applauso e qualche bimbo - sulle spalle del suo papà - ha accennato un saluto. E’ il popolo che saluta il suo vescovo e sono tornate subito alla mente le parole di Papa Francesco la sera dell’elezione: “vescovo e popolo, un cammino da fare insieme”. Le porte del palazzo restano tuttora chiuse, come resta chiusa la finestra da cui tre settimane fa si era affacciato Papa Benedetto, ora pellegrino in preghiera per il bene della Chiesa. Ma non c’è delusione fra la gente… L’incontro era privato e si sapeva: un incontro a due o meglio a tre, Papa Francesco, Benedetto XVI e lo Spirito Santo, il vero protagonista della vita della Chiesa.

    Affetto e curiosità sono i sentimenti predominanti tra chi, questa mattina, si è riversato nella piazza di Castel Gandolfo, antistante il Palazzo apostolico, per essere partecipe in qualche modo di un evento straordinario. Ecco alcune voci al microfono di uno dei nostri inviati, Antonella Palermo:

    R. - Sono molto emozionato, perché siamo venuti qui per partecipare a un momento che è unico nel suo genere, quindi è un momento storico.

    R. - A me è piaciuto tanto Papa Ratzinger e adesso il nuovo Papa mi piace tantissimo. Io spero che si abbraccino.

    R. - Sono una protestante… Sono qui e sono molto emozionata. Vedo come tutti gli italiani stiano qui ad aspettare il Papa.

    R. - Vengo da un’educazione cattolica, ma mi sono avvicinato alla Chiesa in particolar modo con questo Papa, perché è un Papa umile.

    R. - Io sono molto emozionata perché è una fortuna essere qua, in questo momento, per ricevere il Papa. Per me il Papa è una persona alla quale dare tutto l’affetto, perché lo merita, perché è il nostro Papa e si aspetta da noi questo affetto, perché lui è il padre della Chiesa.

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    Messa di Papa Francesco alla Domus: ogni cristiano deve dire "Cristo è morto per me"

    ◊   Anche oggi, Papa Francesco ha invitato alla celebrazione della Messa mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae alcune maestranze della Città del Vaticano. Era così presente un altro gruppo di addetti del Servizio giardini e nettezza urbana del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano che non avevano potuto partecipare insieme ai loro colleghi di lavoro alla Messa celebrata dal Pontefice nella prima mattina di venerdì, di cui abbiamo dato notizia nell’edizione di ieri. Con loro – riferisce L’Osservatore Romano - erano anche alcuni dipendenti della serra e una quindicina delle suore Pie Discepole del Divin Maestro che prestano servizio nella centrale telefonica della Città del Vaticano. Nell’omelia il Santo Padre ha proposto una breve riflessione sulle letture liturgiche del giorno e, in particolare, sul brano del Vangelo di Giovanni (11, 45-56) dove si leggono le parole del sommo sacerdote Caifa ai capi dei sacerdoti e ai farisei riuniti nel sinedrio e il commento dell’evangelista: «Gesù doveva morire per la nazione, e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi». Gesù è morto per il suo popolo ed è morto per tutti. Ma questo — ha notato il Papa — non va inteso nel senso della globalità: vuol dire che Gesù è morto per ciascun uomo singolarmente. Ogni cristiano deve dunque dire: «Cristo è morto per me». È questa la massima espressione dell’amore di Gesù per ogni uomo. E dalla consapevolezza di questo amore — ha sottolineato Papa Francesco — dovrebbe nascere un grazie. Un grazie talmente profondo e appassionato che potrebbe anche trasformarsi in lacrime di gioia sul volto di ogni fedele. Con il Pontefice hanno concelebrato il cardinale Raúl Eduardo Vela Chiriboga, arcivescovo emerito di Quito in Ecuador, l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario del Collegio Cardinalizio e della Congregazione per i Vescovi, i monsignori Alfred Xuereb e Battista Ricca, direttore della Domus. Tra i presenti anche le suore della Domus e il segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzmán Carriquiry, con la consorte.

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    Il Papa scrive ai Gesuiti: fedeli al carisma, testimoniate la vostra consacrazione al servizio della Chiesa

    ◊   Papa Francesco scrive alla Compagnia di Gesù. Rispondendo a una lettera inviatagli dal preposito generale, padre Adolfo Nicolás, in occasione della sua elezione al Soglio pontificio, prega il Signore perché “illumini e accompagni tutti i Gesuiti affinché – scrive - fedeli al carisma ricevuto e sulle orme dei santi del nostro amato Ordine, possano essere, con l'azione pastorale ma soprattutto con la testimonianza di una vita interamente consacrata al servizio della Chiesa, Sposa di Cristo, lievito evangelico nel mondo, alla ricerca incessante della gloria di Dio e del bene delle anime”.

    Il Papa sottolinea di aver ricevuto “con grande gioia” la “cortese lettera” di padre Nicolás in cui il preposito ribadisce il “desiderio di continuare a servire incondizionatamente la Chiesa e il Vicario di Cristo secondo la regola di Sant'Ignazio di Loyola” e lo ringrazia “di cuore per questo segno di stima e vicinanza”, che ricambia con piacere.

    Quindi, chiede a tutti i Gesuiti di pregare per lui e, affidandosi “all'amorosa protezione della Vergine Maria, nostra Madre del cielo”, imparte “con particolare affetto” la Benedizione Apostolica, che estende “a tutti coloro che collaborano con la Compagnia di Gesù nelle loro attività, beneficiano delle loro opere di bene e partecipano della sua spiritualità”. Il Papa conclude la lettera firmandosi semplicemente "Francesco".

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    Il nunzio a Damasco: continue "fumate nere" per la pace

    ◊   In questi giorni, nelle parole di Papa Francesco è risuonata più volte la parola “pace”, un bene prezioso, assente purtroppo ancora in troppe regioni del mondo. In particolare, il Pontefice ne ha parlato nel suo incontro con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. E la pace purtroppo sembra ancora molto lontana in Siria. Giancarlo La Vella ha sentito il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari:

    R. - Partendo dalle immagini che abbiamo vissuto in questi ultimi giorni, qui in Siria continuano le “fumate nere” per quanto riguarda la pace. Da due anni osserviamo ogni giorno, qua e là, dense colonne di fumo nero che si innalzano per centinaia di metri nel cielo. Queste colonne di fumo nero sono dovute a esplosioni e a bombardamenti. Ecco, sì, io vorrei commentare un passaggio del Santo Padre e precisamente quando ha detto che “Non vi è vera pace, senza verità. Non vi può essere vera pace se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene e degli altri”. Ecco, a partire da quanto si sta vivendo in Siria, e in altri Paesi del mondo che soffrono a causa di guerre civili, viene spontaneo osservare come sia facile la tentazione di pensare di vincere con la forza: con la forza si può ridurre tutto a silenzio, ma sotto le ceneri il conflitto e l’odio non sono spenti. Quello che è importante non è vincere la guerra, ma conquistare la pace. Questo obiettivo naturalmente si ottiene assieme: è un cammino arduo quello per ottenere la pace; è un cammino lungo e tortuoso, che richiede grande coraggio, ma non ci sono altre vie; è un cammino che comporta la ricerca di buoni e necessari compromessi, cosa che - in fondo - non significa perdere, ma significa guadagnare.

    D. - Papa Francesco parlava dell’importanza di creare ponti per favorire un dialogo tra etnie e religioni diverse, come l'Islam, e quindi per favorire alla fine la pace…

    R. - Bisogna tentare di farlo e direi che questa è una parte fondamentale del ministero del Papa come Vicario di Cristo: unire gli uomini a Dio e gli uomini tra di loro.

    D. - Essere Francesco, diventare Francesco: una scelta per ognuno di noi. E' questa, forse, la strada per risolvere la crisi siriana?

    R. - Certamente sì. Francesco è colui che ha vivamente ripercorso l’immagine di Gesù agli occhi dei suoi contemporanei, agli occhi di tutto il mondo e direi di ciascun uomo, al di là della religione che professa. Questo Santo è conosciuto e venerato da queste parti, perché i francescani sono in Terra Santa, in questi luoghi e anche in Siria da diversi secoli. Adesso speriamo nel suo ministero, perché molto ci aspetta anche e soprattutto da queste parti, da Papa Francesco.

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    Mons. Sako: ho invitato il Papa in Iraq, abbiamo bisogno della sua forza spirituale

    ◊   Un invito a venire in Iraq e la certezza di una piena partecipazione alla difficile situazione dei cristiani che vivono in quel Paese. È ciò che il nuovo Patriarca di Babilonia dei Caldei, mons. Louis Sako, ha riportato dell’udienza avuta due giorni fa con Papa Francesco in Vaticano. Al microfono di Helen Destombes, il presule descrive l’incontro col Pontefice e le aspettative legate al suo ministero :

    R. - Je trouvais sa bonté, une très grande bonté, et un esprit qui s’impose, qui se reflet.…
    Ho sentito la sua bontà, una bontà molto grande, e uno spirito che si impone, che si riflette, senza bisogno di parlare. Io sono andato per chiedergli soltanto se nel suo discorso avrebbe menzionato i musulmani, perché questo ci aiuta a vivere insieme, a cambiare le cose come pastori, che vivono le stesse preoccupazioni, le stesse aspirazioni. Già il suo nome mi diceva molto e allora gli ho detto che San Francesco è venuto in Medio Oriente e ha incontrato i musulmani. Quindi ho aggiunto: “Io la invito a fare la stessa cosa. Noi abbiamo bisogno di lei, della sua vicinanza, del suo incoraggiamento per rimanere lì a testimoniare i valori evangelici”. E lui ha detto: “Certo, certo, verrò”. Poi, mi ha rivolto delle domande sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, anche in Iraq.

    D. - Ascoltandola si ha la sensazione che ci sia stato uno scambio di estrema fraternità, di estrema vicinanza…

    R. - Oui, il ya des similitudes. Il est choisi de l'Argentine tout suite j’ai pensé…
    Sì. Ci sono delle similitudini. E’ stato chiamato dall’Argentina e subito ho pensato: “Ha un’esperienza con i poveri; il nostro è un Paese ricco, ma è stato sfruttato come l’America Latina. La guerra ha lasciato molti poveri, orfani, vedove…”. Quindi, gli ho detto che abbiamo avuto molti martiri. E lui ha espresso tutto il suo dolore. Io gli ho detto: “Noi siamo perseguitati, ma siamo molto forti. Dentro di noi abbiamo la pace e la gioia”. E lui: “Questa è la fede”. Gli ho anche espresso che essere Papa non è soltanto avere una carica, ma credo che sia anzitutto una vocazione, una chiamata del Signore. Mi ha detto: “Sono pienamente d’accordo”. Alla fine mi ha detto di pregare per lui e io di rimando: “Anche io ho bisogno della sua preghiera. Noi pregheremo tutti per lei, affinché resti sempre com’è: un uomo che porta la luce di Dio, la parola del Vangelo, un uomo profetico. Noi abbiamo bisogno di un uomo che sia profeta per il nostro tempo, per la gente, che dia un senso alla vita e soprattutto tanta speranza.

    D. - Un uomo che viene dall’America del Sud, un argentino, per evangelizzare in particolare l’Europa…

    R. - Je ne sais pas si c'est seulement l'Europe. Je crois tout d’abord évangéliser…
    Non so se sia solo l’Europa. Credo anzitutto per evangelizzare la Chiesa cattolica: quando la Chiesa cattolica è evangelizzata, può allora aiutare gli altri a rivedere il senso della loro vita e riscoprire la propria identità: chi sono? Cosa cerco? Questo è molto importante e Papa Francesco in questo ci può aiutare. E’ necessario rivedere con molta sincerità la nostra vita, entrare in noi stessi in profondità e vedere cosa facciamo, chi siamo: perché siamo qui come preti, come vescovi, come patriarchi o cardinali? Che cosa Dio si aspetta da noi e cosa la gente si aspetta da noi? Questo per ritrovare, per riscoprire la nostra missione che è molto dinamica e molto esigente.

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    Il cardinale Koch: con Papa Francesco nuovi passi verso l'unità dei cristiani

    ◊   Le parole di Papa Francesco, mercoledì scorso – come pure la sua cordialità nell’accogliere in udienza in Vaticano le delegazioni delle altre confessioni cristiane presenti alla Messa d’inizio del suo ministero – hanno iniettato nuova linfa nel contesto del dialogo ecumenico. La conferma è nelle parole del presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Kurt Koch, che presente due giorni fa a Canterbury alla cerimonia di intronizzazione del nuovo primate anglicano, l’arcivescovo Justin Welby. L’intervista è di Philippa Hitchen:

    R. – Ich habe einen sehr guten Eindruck vom neuen Erzbischof von Canterbury, …
    Ho un’impressione ottima del nuovo arcivescovo di Canterbury, dell’arcivescovo Justin. Ho l’impressione che sia una persona molto realista, pienamente inserita in questo mondo e che – considerando i suoi incarichi precedenti – conosca molto bene il mondo. D’altro canto, così mi è parso, è una persona con una fede profonda e molto radicata, per la quale l’approfondimento e la diffusione della fede nella società attuale rappresentano un impegno molto importante: egli è profondamente convinto del fatto che senza la fede non riusciremo a risolvere i problemi della società attuale.

    D. – Verrà presto in Vaticano?

    R. – Es ist sein eigener Wunsch möglichst bald nach Rom zu kommen und…
    E’ suo specifico desiderio venire a Roma quanto prima per incontrare il Santo Padre, e questo suo desiderio ovviamente mi ha fatto molto piacere. Cercheremo di pianificare questa visita in maniera tale che porti a un incontro positivo e possa quindi aiutare anche la promozione del dialogo ecumenico.

    D. – Papa Francesco ha già incontrato molti delegati ecumenici alla Messa di inaugurazione del suo ministero. Sembra aleggiare un nuovo senso di ottimismo e di speranza per quanto riguarda i rapporti tra le Chiese. Quale posto avrà, secondo lei, tra le priorità del suo Pontificato?

    R. – Ich bin überzeugt, dass dem Heiligen Vater Franziskus die Ökumene sehr…
    Sono sicuro che per Papa Francesco l’ecumenismo sia molto importante: questo si è visto anche nella prima udienza che ha concesso ai delegati del mondo ecumenico. Il Santo Padre ha detto che vuole continuare su questa strada. Per lui ne va anche della credibilità del messaggio del Vangelo nel mondo di oggi, della ricerca e del raggiungimento dell’unità e della riconciliazione che Cristo ci ha incaricato di perseguire. Sono molto, molto fiducioso, perché penso che Papa Francesco contribuirà a dare sostanza a un futuro positivo.

    D. – Abbiamo visto la storica presenza del Patriarca ecumenico Bartolomeo I per la Messa d'inizio del ministero petrino di Papa Francesco. Questo, secondo lei, rappresenta uno sviluppo importante?

    R. – Ich glaube, es ist eine sehr schöne Frucht der bisherigen ökumenischen…
    Credo sia un frutto grande del lavoro ecumenico svolto finora. Il Patriarca Bartolomeo era già venuto a Roma l’11 ottobre, in occasione dell’apertura dell’Anno della Fede nel 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, così sembrava quasi ovvio che fosse presente alla Messa di inaugurazione. Anche Papa Francesco ha voluto rendergli un particolare omaggio offrendogli, durante la celebrazione eucaristica, il segno della pace. Naturalmente, è già un po’ di tempo che abbiamo buoni rapporti con Costantinopoli: alla festa dei Santi Patroni di Roma, Pietro e Paolo, è sempre presente una delegazione di alto livello di Costantinopoli e, dall’altro canto, il 30 novembre, festa di Sant’Andrea, mi reco io stesso a Costantinopoli. Queste visite vicendevoli sono un grande contributo all’approfondimento delle relazioni.

    D. – Il Patriarca Bartolomeo ha espresso il desiderio di andare a Gerusalemme insieme con Papa Francesco, sulle orme di Paolo VI e del Patriarca Atenagora. Pensa si possa realizzare questo desiderio?

    R. – Es ist der große Wunsche, den Patriarch Bartholomäus geäußert hat, auch…
    Questo è il grande desiderio che il Patriarca Bartolomeo ha espresso anche a me e che vuole presentare al Santo Padre. Ritengo che sia una bella idea e ne parleremo anche con il Santo Padre per trovare il modo di realizzarla. Allora, l’incontro tra Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora era stato un passo colmo di grandi speranze per il futuro: oggi sarebbe un bel segno per dare nuovo coraggio e nuovo impulso ai rapporti ecumenici.

    D. – Infine, anche i rapporti con la Chiesa ortodossa russa hanno sperimentato importanti miglioramenti. Lei è sul punto di partire per Mosca e San Pietroburgo: cosa ci può dire in merito a questa visita?

    R. – Die Beziehungen zwischen Moskau und Rom sind sicher besser geworden…
    I rapporti tra Mosca e Roma sono sicuramente migliorati, rispetto al passato, nonostante ci siano ancora alcune questioni aperte e ci siano ancora pochi segnali da parte di Mosca circa una disponibilità a un incontro tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco, così come prima di lui con Papa Benedetto XVI. Ma quello che conta è che possiamo approfondire i rapporti e il dialogo ecumenici. In questo senso è intesa la mia visita a San Pietroburgo e Mosca alla fine di aprile: per poter compiere ulteriori passi.

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    Padre Cantalamessa: Papa Francesco, un nome che apre ancora di più la Chiesa al mondo

    ◊   “Custodire” è una delle parole che Papa Francesco ha più volte ripetuto nei suoi discorsi e nelle omelie. Custodire il creato, sull’esempio del poverello d’Assisi, ma non solo; custodire significa pure essere accanto agli altri con amore e tenerezza ed averne cura. Su questi temi Benedetta Capelli ha raccolto il commento di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia:

    R. - Io sono sicuro che il Papa, da buon conoscitore di Francesco, sa che per Francesco e per tutto il Medio Evo il problema della conservazione del creato non si poneva come oggi, era molto diversa. Era più che altro un atteggiamento "dossologico" quello di Francesco: il creato veniva custodito nel suo senso profondo, i cieli e la terra che narrano la gloria di Dio. Per cui io dico che Francesco era la levatrice che estrae dai cieli e dalla terra la lode nascosta di Dio che contengono, ma che non possono proclamare, non possono dare alla luce.

    D. - Quindi custodire vuol dire anche stare accanto agli altri con attenzione, con amore, con tenerezza…

    R. - Come Giuseppe custodiva Maria, i mariti dovrebbero custodire le mogli e viceversa; custodire i figli. Poi ha aggiunto qualcosa che era nuovo: custodire se stessi e quindi custodire il proprio cuore dal male. Io dico che miliardi di gocce di acqua sporca non faranno mai un oceano pulito così come miliardi di cuori sporchi non faranno mai un’umanità e un creato pulito.

    D. - Parlare di custodia, di custodire, è veramente un termine quasi controcorrente rispetto alla tendenza che l’uomo di oggi ha di dissipare…

    R - Certo. Quella parola del Papa si può prestare a tanti usi. Custodire anche le cose, come ci faceva una volta, che si riparavano le cose, si facevano durare. Il Papa ci dà un ottimo esempio, per quanto piccolo, proprio usando le sue scarpe: è un modo di usare fino in fondo le cose che servono.

    D. - Da francescano, quando ha saputo che il nuovo Papa si sarebbe chiamato Francesco cosa ha pensato?

    R. - Ho avuto un tuffo al cuore, perché evidentemente era già in sé un messaggio enorme. Ma devo dire di più: ho avuto occasione di conoscere il cardinale Bergoglio da vicino e l’ultima volta - l’ottobre scorso - ho predicato un corso di esercizi al suo clero, con lui presente e ho capito che il nome di Francesco non sarebbe potuto cadere su spalle migliori delle sue, perché è un uomo - per come lo ho conosciuto - veramente umile, semplice, che stava in disparte. Alle volte io stesso mi domandavo: ma non stiamo mancando di rispetto verso il cardinale, lasciandolo su una sedia in mezzo agli altri, nel palco? Lui ci stava con grande naturalezza e quello che mi sono detto dopo aver sentito le prime battute, le sue prime parole, è: la persona che appare è quella vera.

    D. - Con quali sentimenti si appresta a predicare nel Venerdì Santo, nella Basilica di San Pietro?

    R. - Questa è la 34.ma Quaresima e quindi non c’è più - come dire - l’emozione o la trepidazione, però è un’emozione grande farlo di nuovo davanti a questo Papa che ammiro, amo moltissimo. Io tacerei, perché lui con due parole ottiene molto di più di quello che io faccio con una predica intera: anzi neanche con due parole, ma con un solo gesto che fa ottiene di più. Bisogna anche esercitare questo ministero e lui ha dato anzi segno di essere capace di stare li, ore e ore, ad ascoltare un semplice sacerdote. Quindi questo mi incoraggia. Come forse lei sa, io sono stato invitato a dare una delle due meditazioni al Conclave e quindi lo ho già visto, gli ho già parlato e avevo, in quel momento, proprio davanti il cardinale Bergoglio.

    D. - Adesso ripensandoci, lo ha sentito come un interlocutore più attento?

    R. - Era lì, modesto come sempre, proprio defilato… Non avrei mai pensato di trovarmi davanti al futuro Vescovo di Roma, come ama chiamarsi. Quando lo ho saputo, è stata veramente un’esperienza epocale: in pochi secondi si è passati dall’attesa spasmodica a un istante di sconcerto - perché nessuno conosceva questo nome e la maggioranza della piazza non sapeva chi fosse - e poi dopo le sue prime parole ad una esplosione corale di simpatia. Lì si è vista proprio la forza del messaggio dei segni. Io credo che farà una grande evangelizzazione semplicemente con questo suo modo di essere.

    D. - E’ impressionante capire questo cambio di direzione della piazza: lei diceva il silenzio e poi l’esplosione di gioia, ma semplicemente anche al nome di Francesco...

    R: - Certo. Questo indica che Francesco è davvero l’uomo universale nel senso più pieno, perché è aperto al creato, è aperto agli uomini, è aperto ai poveri, è aperto alla pace; è universale anche perché è l’uomo accettato da tutti. Francesco ha seguaci e ammiratori presso i buddhisti, i taoisti, i musulmani… E’ stato in Assisi che Giovanni Paolo II ha voluto fare gli incontri tra le varie religioni, proprio perché Francesco rappresenta questo, rappresenta Gesù, perché Francesco non è altro se non un segno di Gesù.

    D. - Come la Chiesa si appresta a vivere questa Settimana Santa con un Papa nuovo?

    R. - Ci aspettiamo, già ne abbiamo avuti, dei segni nuovi, di novità. Sarà un’emozione per lui, immagino, che è abituato a fare le cose con tante discrezione, con umiltà, di filato; adesso non potrà più defilarsi e sarà sotto le telecamere di tutto il mondo…. Ma ci starà con una tale semplicità, umiltà, come abbiamo visto. Sarà lui che farà la predica del Venerdì Santo, non io…

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    Una giornalista italo-argentina racconta l'amore di Papa Francesco per i poveri

    ◊   C'è un quartiere a Buenos Aires che, dal 13 marzo scorso, è diventato "meta di pellegrinaggio": si tratta di Flores, dove Jorge Mario Bergoglio è nato e cresciuto. In questo quartiere, nella zona sudovest della capitale argentina, vive anche la giornalista italo-argentina di origine sarde, Teresa Fantasia che - al microfono di Alessandro Gisotti - parla del quartiere Flores e dei suoi incontri con il cardinale Bergoglio:

    R. - E' un quartiere molto bello e adesso abbiamo scoperto in molti questa cosa: abito qui da 32 anni e sapere che (Papa Francesco) nacque a 300 metri da casa mia è stata una grande sorpresa per me. Lo incontravo spesso quando veniva a celebrare la Messa alla Basilica di San José de Flores, a quattro isolati da casa.

    D. – Che ricordo ha personalmente di questo uomo?

    R. – Così come ha parlato quando si è affacciato dalla Loggia di San Pietro a Roma, così parla sempre, con tanta umiltà e con tanta semplicità. Le sue omelie sono veramente commoventi per questo motivo: lui non alza mai la voce, parla sempre così piano e tranquillo, come un padre che insegna ai figli.

    D. – Poi, ovviamente, c’è questo aspetto del suo essere per i poveri, che credo che appunto noi stiamo imparando a conoscere, ma a Buenos Aires era ben noto da sempre...

    R. – Lui non viveva nel palazzo dell’arcivescovato ma in un piccolo appartamento, andava spesso in giro a piedi: quando doveva celebrare delle nozze in un altro quartiere gli volevano mandare una macchina ma lui prendeva il treno o l’autobus, andava camminando anche alle “Ville miserie”, le baraccopoli. Si fermava lì a prendere il Mate - una bevanda nazionale – insieme ai cartoneros, ovvero, i poveri. Una volta ha fatto anche la guardia perché volevano demolire le case di una baraccopoli, così è rimasto lì la notte insieme a loro, per resistere e per dargli coraggio.

    D. – Lei è figlia di immigrati, proprio come Jorgé Mario Bergoglio è figlio di immigrati italiani e lui questo legame lo manteneva. Cosa può dirci anche su questo?

    R. – Dico sempre che faccio parte della generazione dei “bambini delle navi”, dei quali si parla pochissimo: avevo sette anni quando siamo sbarcati a Buenos Aires – il 31 dicembre del ‘48” – come Papa Francesco, anche lui figlio di immigrati. Conosce bene le sofferenze e le discriminazioni che abbiamo sofferto.

    D. – C’è stata anche la possibilità di un incontro, proprio sul tema dell’immigrazione in particolare, con l’allora cardinale Bergoglio...

    R. – Sì, quando si sono svolte le giornate della Pastoral de Migrantes, organizzata dai padri Scalabriniani; finito questo evento ci ha ricevuto nella sua cappella privata. In quell’occasione gli ho consegnato un dossier sulla storia della Madonna di Bonaria. Ci ha ringraziato tantissimo per questo dossier.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Siamo fratelli: Papa Francesco incontra Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

    Come un ponte dalla morte alla vita: le meditazioni della Via Crucis che sarà presieduta da Papa Francesco al Colosseo la sera di Venerdì santo.

    Cristo è morto per ogni uomo: Messa del Papa nella Domus Sanctae Marthae con alcune maestranze del Vaticano.

    In un tempo nuovo: su Benedetto XVI tra l’Enciclica “Deus caritas est” e la rinuncia al pontificato l’introduzione del vice direttore alla nuova edizione del libro “Ratzinger. Dalla paura al tempo dell’amore”.

    Un grido contro ogni ingiustizia: intervista di Nicola Gori al cardinale Béchara Boutros Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il disgelo fra Israele e Turchia.

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    Oggi in Primo Piano



    Cipro. Il prelievo sui maxi-depositi ammonterà al 25%

    ◊   Ammonterà al 25% l’entità del prelievo forzoso che – ha specificato il ministro delle Finanze cipriota Michalis Sarris – sarà applicato solo ai maxi-depositi oltre i centomila euro che si trovano presso la Bank of Cyprus. Lo ha specificato il governo dell’isola dopo l’incontro avuto stamattina con i rappresentanti della troika. Il servizio di Roberta Barbi:

    Ci sono stati “progressi significativi”: così il governo di Cipro ha commentato l’incontro avuto questa mattina a Nicosia con i rappresentanti di Unione Europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale per scongiurare il crac dell’intero sistema bancario dell’isola. Solo domani il Parlamento tornerà a riunirsi dopo il vertice dell’Eurogruppo. Nel corso della prossima riunione, il Parlamento dovrà pronunciarsi su altri sei progetti di legge – tra i quali, appunto, quello sui prelievi eccezionali dai maxi-depositi – oltre ai tre già approvati stanotte e riguardanti la creazione di un fondo di solidarietà in cui raccogliere gli assets statali; i fondi pensionistici e i beni immobiliari messi a disposizione dalla Chiesa ortodossa; i poteri del governo di imporre restrizioni sui movimenti dei capitali depositati nelle banche. Intanto anche i leader cristiani dell’isola sono intervenuti sulla situazione, lanciando un appello affinché, in un momento così difficile per la popolazione, venga mantenuta un’atmosfera di pace, di riconciliazione e di dialogo interreligioso.

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    Crisi in Centrafrica: ribelli alle porte di Bangui

    ◊   I ribelli centrafricani della coalizione Seleka, che negli ultimi giorni stanno avanzando verso la capitale della Repubblica centrafricana, hanno annunciato di essere ''alle porte di Bangui'' e affermano che l'ultimo ostacolo è solo la ''barriera'' dei soldati sudafricani impegnati nel Paese. Sembra fallito dunque il processo politico lanciato dagli accordi di Libreville, firmati l'11 gennaio. Fausta Speranza ne ha parlato con Anna Bono, docente di storia e istituzioni africane all’Università di Torino:

    R. – Questi accordi avrebbero dovuto, nelle intenzioni – così sembrava – sia della Seleca sia dell’alleanza governativa sia del governo, trovare una soluzione, realizzando un governo di coalizione e di unità nazionale che consentisse all’insieme dei movimenti che hanno aderito a questa alleanza governativa, di partecipare alle attività di governo e di avere dei ministeri. Questa soluzione, che sembrava diventare operativa, invece purtroppo, come spesso capita, si è rivelata più che altro forse un espediente per prendere tempo, per ricostruire – da parte dell’alleanza antigovernativa – le proprie forze, per riorganizzarsi e ricompattarsi e, come vediamo, lanciare nuovi attacchi.

    D. – Quale partita si gioca in Centrafrica e quali sono le parti?

    R. – La partita che si gioca in Centrafrica è una partita che, per capire in che cosa consiste, occorre risalire indietro nel tempo. Ad oggi, ci sono dei movimenti antigovernativi che rivendicano un ruolo, una posizione all’interno del governo che contestano vigorosamente – con le armi, come vediamo – il modo di governare del presidente Bozizé e del suo governo, e di sicuro non senza ragione. Le cause più remote di questa crisi sono più o meno le stesse che determinano tante altre crisi nei Paesi africani: la delusione dopo l’indipendenza che aveva portato l’illusione di sviluppo umano, di crescita economica e prima ancora di piena realizzazione delle rivendicazioni che sono state, in tutti i Paesi africani, all’origine delle guerre e dei movimenti di indipendenza, cioè rispetto dei diritti umani, valorizzazione a beneficio di tutta la popolazione delle risorse di un Paese. Tutto questo in Centrafrica non è successo, e se qualcuno ha memoria di questo Paese, ricorda la drammatica e per certi versi grottesca storia di quel delirante leader che si chiamava Jean Bédel Bokassa, l’uomo che si fece addirittura incoronare imperatore, approfittando – e questo è il punto di partenza – di risorse se non immense, certo estremamente cospicue, tanto più per un Paese così piccolo e poco popolato, cioè i diamanti.

    D. – Il Centrafrica rimane tra i Paesi più poveri al mondo?
    R. –
    Nella classifica delle Nazioni Unite, quella nota come indice di sviluppo umano e che ogni anno classifica i Paesi a partire dalle condizioni non soltanto economiche ma più generali cercando appunto di individuare lo sviluppo umano di ogni Paese, il Centrafrica è uno degli ultimi. Sono 180 su 187 i Paesi calcolati. Forse rendo un’idea ancora più precisa della situazione di questo Paese con la speranza di vita alla nascita, che è di 49 anni quando in Italia sfiora gli 80, tanto per avere un termine di confronto. Questo accade in un Paese piccolo, con buone risorse e che avrebbe potuto essere, invece, uno dei Paesi più stabili e meno problematici di tutto il Continente.

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    Cina: primo tour all’estero di Xi Jinping, dopo Mosca missione in Africa

    ◊   Prosegue il primo tour all’estero del neopresidente cinese Xi Jinping. Dopo la tappa a Mosca, dove ha incontrato l’omologo russo Putin, questa domenica è in Tanzania, per poi recarsi in Sudafrica, per il vertice dei Brics, poi sarà nella Repubblica del Congo. Più volte il leader di Pechino ha ribadito la volontà del suo governo di rafforzare i rapporti con i Paesi emergenti e riformare il modello di sviluppo interno. Come leggere dunque la scelta di questa prima missione estera di Xi Jinping? Cecilia Seppia lo ha chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News:

    R. - Senz’altro, il fatto di scegliere subito la Russia come primo viaggio all’estero è un segno proprio di rafforzamento dell’alleanza. Questa alleanza strategica gli osservatori la vedono un po’ come un tentativo di tener fuori sempre di più gli Stati Uniti dall’Estremo Oriente e anche di diminuire l’influenza degli Stati Uniti nei confronti del Medio Oriente.

    D. – Anche la scelta dell’Africa, la Tanzania e la Repubblica del Congo, il Sudafrica di certo non appare casuale…

    R. – Il viaggio in Africa è di fatto un altro viaggio legato ancora alle risorse naturali ed elementi grezzi per lo sviluppo industriale cinese. Per questo Pechino si rivolge all’Africa, dove sta avvenendo - ormai da diversi anni - una vera e propria “colonizzazione”, dei Paesi africani, dei mercati africani e delle risorse.

    D. – Infatti, si torna a parlare con insistenza di politica, di espansione economica della Cina in Africa. Xi Jinping vuole sostanzialmente fare quello che ha fatto il suo predecessore…

    R. – Sì, non penso ci sarà un cambiamento: la Cina, essendo un Paese che ha uno sviluppo del 7-8% del suo Prodotto interno lordo ogni anno e dovendo continuamente produrre in modo tale da dare lavoro a centinaia di milioni di operai, cerca di trovare queste risorse minerarie. In cambio, però, c’è da dire un’altra cosa: dato che l’economia cinese è in sovrapproduzione - c’è troppa produzione industriale, troppa produzione di materiali e c’è un mercato interno ancora non molto sviluppato - la Cina ‘usa’ anche l’Africa per esportare tutti i suoi prodotti che non riesce a vendere all’interno del Paese, o da altre parti. Teniamo presente che in questi anni appunto, Stati Uniti ed Europa hanno abbassato moltissimo il rapporto con la Cina, per cui questa sovrapproduzione è diventata anche più grande; così i mercati africani sono pieni di secchi di plastica prodotti dalla Cina, di computer prodotti dalla Cina e tutto questo sta mettendo molto a rischio proprio il mercato interno africano.

    D. – In Sudafrica, a Durban, Xi Jinping parteciperà poi al vertice dei Paesi emergenti – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. c’è anche la volontà comunque di rafforzare la leadership all’interno di questa alleanza…

    R. – Diciamo che questa leadership è già forte per conto suo, perché la Cina riesce a controllare tutto, riesce soprattutto a trascinare questi Paesi in un confronto sempre più deciso con il mondo occidentale, con il Fondo monetario internazionale e con l’Europa, per trovare un nuovo modo di far sentire la voce di questi Brics dentro l’Organizzazione mondiale del commercio.

    D. – L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) ha stabilito che la Cina sarà la prima economia mondiale entro il 2016 e nei prossimi anni è prevista appunto una crescita media dell’8%. Numeri che sorprendono di fronte alla crisi economica globale…

    R. – Sì, la crescita della Cina c’è e diciamo che è abbastanza evidente: la Cina, anche in passato, ha tenuto in mano almeno il 20-25% dell’economia mondiale. La domanda che ci poniamo è: quanto è solida questa crescita cinese? Questo ancora i leader e gli economisti cinesi non sono riusciti a dirlo.

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    Al via le consultazioni di Bersani per la formazione del nuovo governo

    ◊   In Italia sono cominciati oggi gli incontri di Pierluigi Bersani con forze politiche e parti sociali, dopo che il segretario del Pd ha ricevuto ieri sera dal Capo dello Stato una sorta di pre-incarico di formare il nuovo Governo. Napolitano ha chiesto a Bersani di verificare un sostegno certo del Parlamento. Servizio di Giampiero Guadagni:

    E’ un mandato condizionato quello che Bersani ha ricevuto dal Capo dello Stato. Il segretario del Pd deve infatti verificare in pochi giorni la condizione posta da Napolitano: vale a dire “un sostegno parlamentare certo in grado di garantire la fiducia al Governo”. Napolitano, nella sua dichiarazione alla stampa subito dopo l’incontro con Bersani, ha motivato la sua decisione con la necessità per l’Italia di “darsi al più presto un governo operante nella pienezza dei suoi poteri”. Il capo dello Stato ha sottolineato le “rilevanti difficoltà” a mettere in piedi un governo di larghe intese, come chiesto da centrodestra e Scelta Civica. Avversato invece dal Pd. Bersani cercherà piuttosto una sponda con il centrodestra sulle riforme, per le quali serve una maggioranza di due terzi. Proporrà un'intesa sul suo programma alla coalizione di Monti e soprattutto al Movimento 5 Stelle, che però ribadisce il no a qualunque governo, politico o tecnico che sia. La strada è strettissima. Proprio per questo Napolitano ha conferito a Bersani una sorta di preincarico: soluzione che tiene aperta, in caso di fallimento del tentativo, la possibilità di esaminare altre ipotesi, senza il rischio di una bocciatura in Parlamento che provocherebbe il ritorno alle urne.

    A questo punto quali scenari si aprono per la formazione di un nuovo governo e a chi si rivolgerà Bersani? Paolo Ondarza lo ha chiesto al politologo Agostino Giovagnoli:

    R. - L’evoluzione di queste settimane ha mostrato una chiusura da parte del Movimento 5 Stelle, su cui sembra si indirizzasse in modo quasi esclusivo l’iniziativa di Bersani e del Partito Democratico. Da quella parte non c’è - come dire - un senso adeguato della gravità del momento. Dunque la coesione va cercata altrove: diciamo che questa è una strada molto difficile e anche senza precedenti.

    D. - Si può pensare ad un governo Pd-Pdl per fare le riforme?

    R. - Credo che in questa forma sia abbastanza da escludere. Immagino che Bersani debba trovare qualche soluzione che vada nella direzione del bene del Paese, dell’interesse collettivo: Scelta Civica, ad esempio, è già stata molto chiara in questo senso sulla sua disponibilità; c’è stato qualche segnale in questo senso della Lega nelle settimane scorse; e poi credo che ci sia anche un obiettivo interesse da parte del Pdl.

    D. - E’ un governo che, quindi, testerà un po’ la serietà della politica in Italia?

    R. - Deve farlo, perché l’emergenza da cui è nato il Governo Monti nel 2011 non è affatto finita. E’ incredibile come negli ultimi mesi della campagna elettorale i problemi veri dell’Italia siano stati completamente oscurati. Si deve assolutamente ricominciare dai problemi veri, dalle riforme profonde: le riforme strutturali a cui vanno aggiunte poi anche la riforma elettorale, la riforma delle istituzioni, etc. E’ chiaro che c’è un’urgenza estrema di tornare a fare politica in senso vero!

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    "L'ora della Terra": luoghi simbolo di 150 Paesi al buio per chiedere la tutela del Pianeta

    ◊   Un’ora di buio per ricordare al mondo la necessità di intervenire per salvare la Terra dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale. Scatta oggi “L’Ora della Terra”: in oltre 150 paesi, a seconda del fuso orario, per un'ora verrà spenta l’illuminazione ai luoghi simbolo. Si va dalla Cupola di San Pietro a Roma, alle 20.30, all’Empire State Building di New York, dalla porta di Brandeburgo di Berlino, al Cremlino a Mosca. L’iniziativa, nata per volere del WWF, quest’anno ha visto l’adesione del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon e di nuovi Paesi, come Palestina, Tunisia, Galapagos, Suriname, Guyana Francese, St.Helena e Rwanda. Francesca Sabatinelli ha intervistato Simone Bastianoni, docente di chimica dell’ambiente all’Università di Siena:

    R. – Stiamo consumando le risorse del pianeta in maniera troppo veloce e troppo devastante per il pianeta stesso.

    D. – Sono tantissimi i Paesi che hanno aderito, ci sono manifestazioni collegate a questo evento che poi alla fine si riduce a un’ora in un anno. Bisognerebbe sensibilizzare di più gli abitanti di questo pianeta: ci si riesce?

    R. – E’ molto difficile, perché ci sono due esigenze all’apparenza contrastanti. Da una parte c’è questa crisi ambientale enorme per cui in un anno consumiamo quello che la Terra ci darebbe in un anno e mezzo: ci vorrebbero, quindi, 1,5 terre per supportare gli abitanti della Terra stessa. Al contempo, la crisi economica ci dice sempre che la parola d’ordine è “crescita”, quindi: aumentare i consumi. Queste due cose, all’apparenza diventano opposte l’una all’altra, nemica l’una dell’altra: l’economia nemica degli aspetti ambientali, e così via. In realtà, la cosa potrebbe essere molto più facilmente gestibile con un’unione armoniosa delle due, dell’economia e degli aspetti ambientali.

    D. – Da chi dovrebbe partire l’educazione, in questo senso?

    R. – Siamo abbastanza pieni, direi, di educazione, nel senso che di momenti in cui queste cose ci vengono ricordate sono veramente tanti. Purtroppo, il metro economico al momento è quello dominante per cui la cultura di quello che viene il giorno dopo è sempre più impellente che non una visione un po’ più a lungo termine.

    D. – Papa Francesco, sin dalla sua elezione si è molto richiamato alla responsabilità dell’uomo affinché si dedichi di più all’ambiente, affinché manifesti una maggiore attenzione verso l’ambiente, verso il Creato …

    R. – Devo dire che le parole del Papa hanno dato anche a me una grande speranza di cambiamento in questo senso. C’è bisogno di capire che la Terra è quella che ci fornisce da mangiare, da vestire, tutto ciò che abbiamo ce lo fornisce la Terra. E se noi avveleniamo la Terra, o la consumiamo troppo velocemente, ovviamente la Terra non potrà che darci il risultato di questi eccessi di consumi, degli eccessi di inquinamento, e quindi per noi non sarà un momento – in qualche caso lo è già – particolarmente facile da affrontare.

    D. – Ma lo stato attuale di salute della Terra, qual è?

    R. – Lo stato attuale non è semplice. La situazione per molti aspetti è ancora reversibile: siamo ancora in tempo a percorrere strade molto più virtuose di quelle attuali. Sicuramente la direzione in cui stiamo andando non è quella auspicabile. La popolazione della Terra è una popolazione enorme, per essere mantenuta in vita ha bisogno di risorse in grandissima quantità. Queste risorse ovviamente sono limitate. Fino a che non ci rendiamo conto che viviamo in un sistema limitato, e non traiamo le conseguenze da questa idea, non cambieremo rotta e la rotta che stiamo seguendo non è sicuramente una rotta auspicabile per il bene dell’umanità.

    D. – Comunque ci sono degli esempi virtuosi: ci sono aziende che hanno basato la loro produzione e anche le loro campagne pubblicitarie sul rispetto dell’ambiente …

    R. – Sicuramente sì! Esempi virtuosi in questo senso ce ne sono. E’ una cultura che si sta diffondendo: situazioni in cui, ad esempio, alla fine della spesa, una persona può vedere quanti gas-serra con quanto acquistato. C’è l’idea di aumentare la consapevolezza delle persone anche da parte di alcune grandi aziende o del sistema di distribuzione, ma è il criterio dei valori, la cultura, che devono cambiare profondamente.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore, il Vangelo, aprendo la Settimana Santa e l’annuncio della Risurrezione, racconta la Passione del Nostro Signore Gesù. Il buon ladrone, crocifisso accanto al Signore, gli dice con fiducia: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E Gesù risponde:

    “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”.

    Sul Vangelo della Passione ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Che mistero profondo è la vita dell’uomo, con il suo carico di sofferenza, di croce. “L’uomo è terra che soffre”, dice un antico testo cristiano (Lettera di Barnaba, 6,9): dal gemito che lo introduce alla vita, al rantolo che lo consegna all’eternità. E davanti a questo mistero non ci sono alternative: o sotto la croce, schiacciato e frantumato, o sopra la croce, libero, uomo vero, uomo che si dona. In questa Domenica delle Palme entriamo a Gerusalemme con Gesù, l’uomo della croce, vittorioso, per dare inizio alla sua Passione gloriosa. Il Vangelo oggi racconta la Via della Croce del Signore. In questa settimana, che la tradizione cristiana, con profonda verità, dice “santa”, siamo chiamati a stare, insieme alla Vergine Maria, accanto alla Croce del Signore, ad unirci a Lui, a seguirLo! Non a seguire una vittima, un condannato, ma a contemplare il dono che Egli fa di sé. Un antico inno canta: “O albero di vita eterna, pilastro dell’universo, ossatura della terra, la tua cima tocca il Cielo e nelle tue braccia aperte brilla l’amore di Dio”. Dalle croci quotidiane della vita, spesso frutto della nostra debolezza, dei nostri peccati, ma anche della violenza e della prepotenza di chi ci sta accanto, guardando la Croce di Cristo, Lui che si dona per noi, possiamo fare nostre le parole del buon ladrone: “Signore Gesù, ricordati di me quando vieni nel tuo regno”. Che questi giorni di preparazione silenziosa ed orante alla Passione di Cristo, ci permettano di udire e di accogliere la sua parola divina, il suo “Io ti dico”, rivolto ad ognuno di noi: “Oggi con me sarai nel paradiso”. E la Pasqua ci sarà data come liberazione.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Concluso in Giordania il viaggio in Medio Oriente di Obama

    ◊   È stata la Giordania – con una visita all’incantevole Petra - l’ultima tappa del breve viaggio di quattro giorni in Medio Oriente del presidente Usa Barak Obama, che porta a casa l’importante risultato del disgelo delle relazioni tra Israele e Turchia. Proprio in Giordania, uno dei pochi Paesi appena sfiorati dalla cosiddetta primavera araba, il numero uno della Casa Bianca ha avuto un colloquio ad Amman con re Abdallah incentrato prevalentemente sul conflitto in Siria: al sovrano, Obama ha espresso la preoccupazione americana che gli estremisti possano prendere il potere a Damasco in caso di caduta del governo di Assad. Infine, anche un appello all’Iran sul dossier nucleare sospettato di avere finalità militari, sempre negate da Teheran: una questione che Obama ha comunque definito “risolvibile” in sede di negoziati. (R.B.)

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    Siria. Unione Europea: accordo su soluzione politica non ancora su revoca embargo armi

    ◊   In seno all'Unione Europea, c'è la volontà comune di trovare ''una soluzione politica'' per risolvere la drammatica situazione in Siria, e ''tutte le opzioni sono sul tavolo per raggiungere i nostri obiettivi'', anche l'eventualità di una revoca dell'embargo sulle armi il primo giugno, un punto sul quale non c'è al momento accordo”: lo ha detto oggi a Dublino Catherine Ashton, la responsabile della diplomazia dell'Ue, al termine di una riunione informale dei ministri degli Esteri dei 27 più la Croazia, la cui adesione è in calendario a luglio. Com'è stato confermato nella due giorni svoltasi nel castello della capitale irlandese, Francia e Gran Bretagna premono per una revoca dell'embargo in modo da poter fornire armi all'opposizione moderata al regime di Bashar al-Assad, mentre altri Paesi, Germania e scandinavi in testa, sono contrari. La linea finora accettata da tutti, ricordano fonti diplomatiche, è quella emersa dall'incontro del 28 febbraio a Roma, alla presenza del segretario di Stato Usa John Kerry e del leader moderato siriano Moaz al-Khatib, con la decisione di fornire, tra l'altro, armi non letali ai ribelli moderati, oltre a supporto logistico e aiuti di emergenza. La Ashton ha insistito sul fatto che il capitolo dell'embargo sulle armi e delle sanzioni rappresenta soltanto una parte dell'azione europea. ''L'obiettivo è raggiungere una soluzione politica - ha detto la responsabile della diplomazia Ue – che permetta di fermare la strage, che autorizzi la fornitura di aiuti umanitari veloci ed efficaci'', con particolare attenzione ai bambini.

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    Thailandia. Incendio in campo rifugiati birmani, 35 morti

    ◊   È di 35 vittime, per la maggior parte donne e bambini morti soffocati, e due feriti gravi il bilancio finale di un violento incendio che si è sviluppato ieri nel campo profughi di Ban Mae Surin, nell'estremo nord della Thailandia, dove sono ospitati circa 3300 rifugiati birmani, per lo più appartenenti alla minoranza Karen. Secondo il governatore dell’area, i danni alla struttura sarebbero ingenti: tra le 3 e le 400 capanne in paglia sarebbero andate distrutte e i circa duemila profughi che hanno perso il loro alloggio sarebbero ora ospitati in tende. Stando alle prime ricostruzioni, l’incendio è stato sedato dopo circa due ore e potrebbe essere stato originato da una cucina di bambù, anche se i roghi nei campi – soprattutto nella stagione calda che in Thailandia si sta avvicinando – non sono rari e si propagano facilmente anche a causa dell’assenza di impianti antincendio. Sull'episodio, comunque, è stata aperta un'inchiesta. Secondo fonti mediche, circa 200 sarebbero i feriti lievi, trasportati nell’ospedale più vicino, a Chiang Mai. Sono oltre centomila, infine, i rifugiati che vivono nei campi thailandesi al confine con il Myanmar, per la maggior parte fuggiti dal conflitto tra il governo birmano e i guerriglieri Karen. Questi campi - circa una decina e teoricamente provvisori - esistono dagli anni Ottanta, ma Bangkok vorrebbe arrivare in tempi brevial rimpatrio dei rifugiati che hanno limitate possibilità di movimento e non possono lavorare. (R.B.)

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    Coree. Seoul approva l’invio di aiuti umanitari al Nord

    ◊   La Corea del Sud ha approvato ieri l’invio di aiuti umanitari al Nord, per la prima volta da quando la tensione bellica e le continue provocazioni militari di Pyongyang hanno costretto Seoul a interrompere la cooperazione. Come sottolinea Kym Hyung-suk, esponente del governo, solo gli “scopi umanitari” hanno guidato la decisione, che “non deve essere letta come un messaggio di apertura, soprattutto dopo le recentissime provocazioni militari del regime”. Come riferisce AsiaNews, a portare gli aiuti sarà la Eugene Bell, una charity americana che da tempo coopera in programmi di prevenzione della tubercolosi in Corea del Nord. Nella penisola, la situazione resta tesa. Sin dal 2008, le incessanti sperimentazioni nucleari del regime hanno provocato l’opposizione della comunità internazionale e di Seoul, che ha chiesto anche al nuovo dittatore Kim Jong-un di “fare un passo indietro” sul programma atomico, per ottenere in cambio maggiori aiuti economici e finanziari. Nel dicembre dello scorso anno e nel febbraio 2013, il governo del Nord ha risposto, però, con due esperimenti nucleari, definiti “esperimenti meteorologici”. L’Onu ha replicato con nuove sanzioni economiche, cui Pyongyang ha reagito con minacce dirette a Seoul e a Washington. Mercoledì scorso il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha deciso di istituire una commissione di inchiesta sui crimini contro l’umanità in Corea del Nord. Alla base di questo provvedimento, il lancio di un nuovo rapporto e la diffusione di immagini satellitari sul progressivo inglobamento di alcuni villaggi e della loro popolazione civile nei campi di detenzione politica. (V.C.)

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    Etiopia: conflitti, disastri naturali e migrazioni all’origine dell’abbandono scolastico

    ◊   Conflitti etnici, disastri naturali, migrazioni stagionali: sono queste le cause principali che spingono i bambini etiopi ad abbandonare gli studi. Come riporta l’agenzia Fides, solo nel mese di febbraio 2013, almeno 17mila bambini hanno abbandonato la scuola, fondamentalmente per spostamenti dovuti alla siccità. Stando al recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha), nella regione dell’Etiopia nord-orientale abitata dagli Afar, sono state chiuse 15 strutture per mancanza d’acqua durante l’attuale stagione secca, causando danni all’istruzione di circa 1899 bambini. Nelle aree della zona Oromo dell’Hararghe orientale, coinvolta in un conflitto, per oltre tre mesi circa 10.600 bambini appartenenti a 35 scuole elementari di diversi distretti, non hanno fatto lezione. Nella regione Somali sudorientale, infine, a influire negativamente sull’offerta culturale sono anche le alluvioni stagionali, i conflitti etnici tra i residenti delle aree di confine e quelli interni. Nel 2012 ad esempio, una grave inondazione ha distrutto molte scuole in quest’area del Paese, togliendo la possibilità di studiare a quasi 3200 bambini. (V.C.)

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    Il cardinale Bagnasco al governo italiano: priorità lavoro e riforme

    ◊   L’Italia ha bisogno di un governo stabile “per affrontare i problemi dell’occupazione e le riforme strutturali”. Così il presidente dei vescovi italiani e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, ha parlato oggi a margine del convegno “Felici di crescere” a Palazzo Ducale, indicando come priorità del nuovo esecutivo “lavoro e riforme”. “Qualunque sia il governo – ha aggiunto – l’augurio è di far fronte alle esigenze del Paese”. Secondo il porporato, che ha poi allargato il discorso alla società, è necessario “avere più fiducia gli uni degli altri, una fiducia intelligente tra istituzioni diverse, tra pubblico e privato, in modo che non ci si guardi con aria di sospetto, ma con fiducia e quindi con solidarietà reciproca”, anche perché l’Italia ha bisogno di “crescere velocemente”. Il presidente della Cei ha poi definito “inquietante” il dato relativo all’aumento della povertà, che “fa crescere il malessere”, ma non deve comunque “spegnere la speranza e la voglia di riscatto, perché bisogna andare nel segno della speranza, della fiducia verso il rilancio”. L’arcivescovo di Genova ha anche rivolto un pensiero a Papa Francesco: “Non so se verrà in Liguria, lo speriamo!”, ha detto, parlando del Santo Padre come di “un grande dono che il Signore ci ha fatto. I cardinali lo hanno eletto con molta consapevolezza, responsabilità e fiducia. Ora gli siamo tutti vicino, come sempre, per seguire i suoi passi”. (R.B.)

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    Irlanda del Nord. Scoperta autobomba nei pressi della sede del prossimo G8

    ◊   Un’autobomba carica di esplosivo è stata ritrovata ieri dalla polizia nordirlandese nella contea sudoccidentale di Fermanagh, una località rurale a una ventina di km dal Lough Erne Resort dove a giugno si svolgerà la riunione del G8. L’auto era abbandonata sulla strada principale che congiunge Dublino a Enniskillen, che è stata chiusa per motivi di sicurezza, mentre l’area circostante è stata evacuata. Secondo le prime ipotesi investigative al vaglio delle forze dell’ordine, si potrebbe trattare dell’operato di un gruppo di dissidenti repubblicani contrari al processo di pace in corso nella provincia britannica. Già una settimana fa, un ordigno fu scoperto nei pressi del commissariato di New Barnsley, a nord di Belfast. (R.B.)

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    Nepal: varata in segreto amnistia agli imputati per crimini contro l’umanità

    ◊   Agli imputati per crimini contro l’umanità, consumati negli 11 anni di guerra civile fra monarchia indù e maoisti, sarà garantita un’amnistia: così ha deciso, a sorpresa, il governo nepalese, modificando le competenze della Commissione per la verità e la riconciliazione, come riferito da AsiaNews. La decisione del Primo ministro Khilaraj Regmi serve a velocizzare i processi contro gli ex quadri maoisti e i membri del precedente regime monarchico, che bloccano il programma di riconciliazione. Unione Europea e Onu hanno criticato la nuova legge, accusando il nuovo esecutivo di irresponsabilità e connivenza con gli autori dei crimini. Ieri i rappresentanti di entrambe le istituzioni, che da anni supervisionano lo sviluppo della riconciliazione nel Paese, hanno chiesto al governo di fare un passo indietro sulla normativa. Contro queste contestazioni, Madhav Ghimire, ministro nepalese degli Esteri, ha organizzato ieri un incontro con gli ambasciatori europei, in cui difende la posizione del Nepal: “Il governo non può costringere la società alla riconciliazione”, un “atto volontario” che “necessita di tempo e di adeguate misure legislative”, ha detto Navi Pillay, Alto Commissario Onu per i diritti umani. “Tale amnistia, oltre a violare i principali trattati di diritto internazionale, mina anche i tentativi di costruire un reale clima di pace nel Paese”, ha poi aggiunto. Il commissario ha contestato anche i modi con cui è passata la legge: questa, infatti, è stata varata senza alcuna consultazione con i rappresentanti della società civile, soprattutto con le associazioni che tutelano le famiglie delle vittime. Nonostante nel 2007 sia stata creata la Truth and Reconciliation Commission, fondata in collaborazione con le Nazioni Unite, comunisti e membri di spicco dei partiti conservatori, coinvolti nei crimini, si rifiutano di consegnare alla giustizia i quadri sotto accusa, alcuni dei quali sono in Parlamento e hanno incarichi di Stato. Nel 2010, ben 309 procedimenti penali sono stati archiviati dal governo; 282 invece sono i casi revocati dall’Esecutivo maoista fra il 2008 e il 2009. (V.C.)

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    Religiosi in India: carisma di Papa Francesco per il rinnovamento della Chiesa

    ◊   Far sentire in tutto il mondo il “respiro universale” del messaggio evangelico. Come riporta l’agenzia Fides, secondo fratel Mani Mekkunnel, il segretario nazionale della Conferenza dei religiosi in India (Cri), questa è una delle sfide del Pontificato di Papa Francesco. “La teologia cattolica ha sempre sostenuto che la Chiesa universale è una comunione di chiese”, spesso però è stata percepita come “Chiesa cattolica romana”, che esporta la sua fede. In alcuni Paesi dell’Asia, il cristianesimo viene definito “religione straniera”. Tuttavia, con l’elezione del Santo Padre arriva un’aria di rinnovamento. “La storia ha dimostrato più volte che il carisma della vita religiosa può determinare un cambiamento e la crescita della Chiesa, in termini di santità e di efficacia della sua missione". San Benedetto, San Francesco, Sant’Ignazio – ha affermato Mekkunnel - sono esempi di tali conquiste storiche. Con Papa Francesco lo Spirito Santo indica questa via”. La Cri apprezza anche il linguaggio utilizzato dal Santo Padre, specialmente parole come “fratellanza”, “semplicità”, “custodia” e “povertà”, che - si auspica - possano fiorire nella vita della Chiesa. (V.C.)

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    In Perù una marcia in difesa della vita in vista della Giornata del Nascituro

    ◊   Tutte le diocesi peruviane sono state coinvolte dall’arcidiocesi di Lima nella Grande Marcia in difesa della vita che si svolge oggi, in vista della Giornata del Nascituro – instituita nel 2002 – che si celebrerà, invece, lunedì 25 marzo sul tema “La vita umana è sacra”. I vescovi sono stati attivamente impegnati nell’organizzazione di manifestazioni di carattere culturale, sociale e religioso, mentre la Commissione per la Famiglia e la Vita della Conferenza episcopale locale, nel suo messaggio pubblicato per l’occasione, ha ribadito la necessità di una forte e concreta difesa della vita dei figli nella sua sacralità e inviolabilità, fin dal momento del concepimento. “Ogni giorno ci troviamo davanti ad attacchi gravi contro la vita umana, specialmente verso il nascituro”, si legge nel testo con il quale i vescovi invitano a non tacere di fronte ad atteggiamenti contro la vita e contro il matrimonio, quali proposte di leggi che portano alla “cosificazione” e all’utilitarismo dell’essere umano, alla distruzione dell’istituzione familiare e quindi della società. Nella nota, infine, i presuli ricordano le parole di Benedetto XVI nel messaggio inviato alla XIV Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita nel 2006: “Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l’uomo rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione. La vita umana è sempre un bene, poiché essa è, nel mondo, manifestazione di Dio, segno della sua presenza, orma della sua gloria”. (R.B.)

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    Santiago de Compostela, 50 ore di adorazione eucaristica per le vocazioni

    ◊   Cinquanta ore ininterrotte di Adorazione eucaristica: è questa l’iniziativa promossa dal Seminario maggiore di Santiago de Compostela, in Spagna, in occasione della 50.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che ricorrerà il 21 aprile prossimo. L’iniziativa avrà inizio il 17 aprile alle ore 19 con una Santa Messa, e terminerà il 19 aprile, alle ore 20.30, con i Vespri. L’adorazione si terrà nella Cappella del Seminario maggiore e sarà aperta a tutti i fedeli. Inoltre, nell’ambito delle celebrazioni della Giornata, dal 19 al 20 aprile, lo stesso Seminario organizzerà il tradizionale “Incontro vocazionale di primavera”, rivolto ai giovani universitari che s’interrogano sulla chiamata alla vita sacerdotale. “Tale incontro – spiega una nota dell’arcidiocesi di Santiago – ha come obiettivo primario il discernimento vocazionale del sacerdozio: si tratta di un evento segnato dalla convivenza e dalla conoscenza reciproca, a partire dalla condivisione e dalla preghiera”. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Conferenza episcopale spagnola, nel Paese si segnala una crescita continua di vocazioni: tra il 2011 e il 2012 i seminaristi sono passati da 1227 a 1278 iscritti, mentre nel corso del 2012-2013 sono arrivati a 1307 presenze. Inoltre, quest’anno è aumentato del 6,5 per cento il numero di iscritti ai seminari maggiori, mentre i seminaristi ordinati sono 133, il che equivale a un 9 per cento in più rispetto all’anno scorso. (I.P.)

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    Irlanda. Da 35 anni Cura Cares in prima linea accanto alle mamme in difficoltà

    ◊   Da oltre 35 anni la porta di Cura Cares, l’ente caritativo sostenuto dalla Conferenza episcopale irlandese, è sempre aperta per le donne che si trovano ad affrontare gravidanze difficili, fornendo un aiuto economico alle nuove famiglie e consulenza psicologica a coloro che hanno subito aborti. Insomma, una “vasta gamma di servizi e di supporto in modo professionale, rimanendo, in ogni momento, fedele all’etica cattolica”, ha spiegato il presidente e vescovo ausiliare di Dublino, mons. Eamonn Oliver Walsh, nel corso della 27.ma conferenza annuale dell’ente, le cui dichiarazioni sono riportate dall’Osservatore Romano. Sono migliaia le donne di cui Cura Cares, dal 1977 a oggi, si è occupata senza lasciarle mai sole e trovando una soluzione per la famiglia e per una vita dignitosa del nascituro. “Si fa il possibile – ha proseguito il presule – in modo che il rapporto affettivo tra genitori e figlio possa trovare piena espressione”. In Irlanda il settore della cura materna e neonatale è particolarmente avanzato e ha indici di mortalità tra i più bassi d’Europa: “Non esistono vite umane di seconda classe e nessuna vita merita minore rispetto o minore protezione”, ha chiosato la coordinatrice nazionale di Cura Cares, Louise Graham, precisando che il punto di forza dell’organizzazione è il lavoro dei volontari che non si tirano mai indietro, neanche di fronte alle situazioni più difficili. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 82

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