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Sommario del 21/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco incontra Pérez Esquivel, simbolo della lotta alla dittatura in Argentina
  • Messaggi di Papa Francesco e Benedetto XVI al primate anglicano Justin Welby
  • Altre udienze
  • Papa Francesco a Casal del Marmo per la Messa in Coena Domini. Sorpresa e gioia tra i ragazzi del carcere
  • Ortodossi: Francesco, un "dono di Dio". Chiese Riformate: la sua gioia dà speranza
  • "Francesco, Papa della tenerezza". Mons. Rocchetta: convertire il cuore di pietra in cuore di carne
  • L'ausiliare di Buenos Aires sui rapporti fraterni del card. Bergoglio con gli ebrei
  • Al Colosseo la Via Crucis dei giovani libanesi. Il patriarca Raï: un grido di dolore illuminato dalla speranza
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Obama chiede Stato per i palestinesi e condanna politica degli insediamenti israeliani
  • Crisi a Cipro: l'Eurogruppo teme un "rischio sistemico". Mosca reagisce con forza
  • Cei. Mons. Crociata: la scelta di Papa Francesco dimostra la vitalità della Chiesa
  • Prima Giornata Onu per la tutela delle foreste
  • E' morto Pietro Mennea " la freccia del Sud": il ricordo di Livio Berruti e Nicola Candeloro
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Gli operatori finanziari al Papa: “Misericordia e giustizia anche nella finanza”
  • Guatemala: la Chiesa chiede azioni concrete per promuovere la riforma migratoria negli Usa
  • Honduras: “Marcia per la Pace”, una tradizionale Via Crucis per fermare la violenza
  • Myanmar: 10 morti e 20 feriti negli scontri tra buddisti e musulmani
  • Mali: attentato suicida a Timbuctù provoca due morti e sei feriti
  • Centrafrica: il vescovo di Bangassou minacciato di morte dai ribelli. Devastata la città
  • Naufragio nel Golfo di Guinea: le vittime erano migranti
  • Angola: i vescovi respingono le accuse del leader dell’Unita
  • Congo: Ntaganda trasferito all’Aja entro due giorni
  • Filippine: sospesa la legge sulla salute riproduttiva. La Chiesa: vittoria temporanea
  • Indonesia: a West Java cristiani contro la demolizione di una chiesa e l’arresto di un pastore
  • Messico: minacce al sacerdote che accoglie i migranti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco incontra Pérez Esquivel, simbolo della lotta alla dittatura in Argentina

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, stamani, in udienza l’attivista argentino per i diritti umani Adolfo Pérez Esquivel, Premio Nobel per la Pace nel 1980 per la sua strenua opposizione alla dittatura nel suo Paese. Dopo l’incontro, Esquivel ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha ribadito che sono del tutto false le accuse contro l’allora provinciale dei Gesuiti Bergoglio ai tempi del dittatore Videla. La sua elezione - ha detto Esquivel - è stata accolta con grande gioia da tutti gli argentini e rappresenta una sfida per il mondo. Papa Francesco, ha affermato il Premio Nobel, mi ha ribadito con molta chiarezza che è importante arrivare alla verità e alla giustizia per i crimini commessi in Argentina. Pérez Esquivel ha definito l’incontro molto emozionante ed ha aggiunto di aver visto Papa Francesco sicuro e deciso a portare avanti il suo cammino apostolico.

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    Messaggi di Papa Francesco e Benedetto XVI al primate anglicano Justin Welby

    ◊   Papa Francesco ha indirizzato oggi un Messaggio di auguri e di reciproca preghiera al primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo Justin Welby, in occasione dell'odierna cerimonia di Intronizzazione nella Cattedrale di Canterbury. Ma al nuovo capo degli anglicani giunge, sempre oggi, anche un messaggio firmato da Benedetto XVI una settimana prima di rinunciare al ministero petrino. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un doppio, straordinario augurio come straordinaria è la fase vissuta dalla Chiesa cattolica da quaranta giorni a questa parte. A ricevere le congratulazioni per l’inizio del suo ministero come primate anglicano è l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, al quale in un Messaggio Papa Francesco confida di attendere con sollecitudine il momento di un incontro “nel prossimo futuro”, così come di voler “proseguire nelle calorose relazioni fraterne delle quali – riconosce – hanno gioito i nostri predecessori”. Assicurando sue preghiere al primate anglicano, chiedendogliene a sua volta e ringraziandolo per gli auguri ricevuti al momento dell’elezione alla Cattedra di Pietro, Papa Francesco afferma: “Il ministero pastorale è una chiamata a camminare nella fedeltà al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo”.

    Un aspetto, quest’ultimo, sul quale si sofferma anche Benedetto XVI nel messaggio da lui firmato lo scorso 4 febbraio, in occasione dell’investitura ufficiale (la “Confirmation of Election”) dell’arcivescovo di Canterbury, celebrata nella Cattedrale londinese di St. Paul. Nel suo scritto, il Pontefice ora emerito rende “grazie a Dio” per i legami “consolidati da decenni” tra cattolici e anglicani e nota come l’inizio della nuova responsabilità per il primate anglicano coincida con “un momento in cui la fede cristiana viene messa in discussione in molte parti del mondo occidentale da parte di coloro che sostengono che la religione sia un fatto privato, senza alcun contributo da offrire al dibattito pubblico”. Nonostante la “stanchezza” e la “diffusa sordità” nei riguardi della fede, “la “fame di Dio – prosegue Benedetto XVI – anche se non riconosciuta, è sempre presente nella nostra società e il compito dell’annunciatore, come messaggero di speranza, è di affermare la verità con amore, ponendo la luce di Cristo nel buio della vita delle persone”. Che il vostro apostolato – conclude – produca un ricco raccolto e apra gli occhi e le orecchie di molti al messaggio vivificante del Vangelo”.

    "Ho molto da imparare da Francesco". Alla Radio Vaticana, il primate anglicano, l'arcivescovo Justin Welby, parla con umiltà e ammirazione del nuovo Pontefice. E si sofferma in particolare sul Magistero sociale della Chiesa cattolica: un patrimonio – sostiene – da cui partire per rafforzare il dialogo con la Comunione anglicana, su temi come la giustizia, la pace, l’ambiente, e che a suo dire dovrebbe essere riscoperto anche dagli stessi cattolici. Le parole del primate anglicano al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – If you forgive me a moment of criticism…
    Se mi perdona una piccola critica, voi tutti avete mantenuto l’insegnamento sociale cattolico fin troppo nascosto... E’ uno dei maggiori tesori a cui le Chiese, a livello globale, possono attingere. A cominciare dalla Rerum Novarum, alla fine del XIX secolo, per passare poi dalla notevole evoluzione con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, con grandi ricchezze anche nel periodo precedente, come ad esempio il Concilio Vaticano II. Penso che in questi documenti si possa riconoscere una struttura ponderata circa un approccio al modo in cui dobbiamo pensare l’ordinamento di una società, affinché sappia riflettere gli insegnamenti cristiani, i valori cristiani, l’amore, l’integrità di Gesù Cristo. Credo sia un patrimonio immenso da cui tutta la Chiesa può imparare e credo ci condurrà a una collaborazione molto più stretta, in particolare sugli argomenti prettamente sociali che lei menzionava.

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    Altre udienze

    ◊   Il Papa ha ricevuto in successive udienze stamani mons. Carlos Maria Nannei; il cardinale Paul Josef Cordes, Presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum e Sua Beatitudine Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babiloina dei Caldei e seguito. Il Santo Padre ha ricevuto infine in udienza, presso la Domus Sanctæ Marthæ, Mizengo Kayanza Peter Pinda, primo ministro di Tanzania.

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    Papa Francesco a Casal del Marmo per la Messa in Coena Domini. Sorpresa e gioia tra i ragazzi del carcere

    ◊   Nel giorno del Giovedì Santo, il prossimo 28 marzo, Papa Francesco celebrerà alle 17.30 la Messa nella Cena del Signore nel Carcere minorile di Casal del Marmo a Roma. In mattinata, invece, il Pontefice, presiederà la Messa Crismale nella Basilica di San Pietro. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Grande gioia tra i giovani detenuti di Casal del Marmo alla notizia che Papa Francesco sarà presto tar loro. “Com’è noto – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - la Messa nella Cena del Signore è caratterizzata dall’annuncio del Comandamento dell’amore e dal gesto della Lavanda dei piedi. Nel suo ministero come arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio usava celebrare tale Messa in un carcere o in un ospedale o in un ospizio per poveri o persone emarginate. Con la celebrazione a Casal del Marmo il Papa Francesco continua tale uso, che dev’essere caratterizzato da un contesto di semplicità”. Le altre celebrazioni della Settimana Santa si svolgeranno invece secondo tradizione, come risulterà dalla notificazione dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche. Benedetto XVI aveva visitato l’Istituto di Casal del Marmo il 18 marzo 2007, celebrando la Messa nella Cappella del “Padre Misericordioso”.

    Grande emozione, dunque, tra i ragazzi che vivono a Casal del Marmo. Lo conferma al microfono di Benedetta Capelli, il cappellano del penitenziario minorile, padre Gaetano Greco:

    R. – Per coloro che hanno avuto la fortuna di sapere la notizia direttamente dai media è stata di grande sorpresa un po’ da parte di tutti, sia dei ragazzi ma di tutti gli operatori, reazione di sorpresa e quasi di incredulità. Però, grande gioia, questo sì! Mamma mia, che meraviglia!

    D. – Che cosa significa secondo lei per un ragazzo che ha alle spalle un’esperienza dura che lo ha portato in un penitenziario, incontrare – invece – il Papa?

    R. – Io penso che sia innanzitutto l’occasione per incontrare la persona che tutti vorrebbero incontrare e che, per la loro situazione, ritengono impossibile che possa accadere. Quindi, questo significa veramente essere fortunati. L’altro elemento, poi, credo sia il senso di giustizia: i ragazzi sono molto forti e rimangano male quando gli adulti che sbagliano non pagano, loro che tutto sommato – come dicono in gergo sono “ladri di polli” - stanno pagando pene che forse sono eccessive, secondo la loro concezione delle cose.

    D. – Per un cappellano del carcere che cosa significa, invece, incontrare il Papa?

    R. – Tanta speranza! Tanta speranza, tanta gioia. Una carica in più per andare avanti ad annunciare il Vangelo e ad essere presenti anche in luoghi a volte difficili. Cosa significa? Significa quello che Papa Francesco ha già detto e mostrato con la sua attenzione verso i poveri, verso i più deboli, verso i più fragili.

    D. – I ragazzi di Casal del Marmo che cosa le hanno detto di Papa Francesco, di questo Papa dei gesti?

    R. – Hanno detto: “Ma è vero, tutto questo? Il Papa che va a pagare il conto in albergo, il Papa che si ferma a parlare con la gente …”. Per loro appare come qualcosa di irreale. Ma questo credo che sia quello che poi ci fa vivere fortemente l’emozione nei confronti del Papa appena eletto. Quindi, gli auguriamo una vita lunga e che possa veramente portare avanti questa sua semplicità. D’altra parte, se ha scelto Francesco come nome, una ragione c’è e credo che lo stia dimostrando.

    D. – La Messa in Coena Domini è una celebrazione che prevede la lavanda dei piedi …

    R. – Fantastico! Fantastico: non ci sarebbe stata occasione più bella per poter dimostrare questo servizio ai più piccoli, il servizio agli ultimi. Quindi, il Papa che viene per la lavanda dei piedi ai ragazzi: mi sembra di vedere Gesù che trova gli apostoli … Anche per loro penso che sarà un’emozione grande che segnerà la loro vita, che porterà un segno positivo nella loro vita.

    D. – La visita che Benedetto XVI fece a Casal del Marmo il 18 marzo 2007: quali segni ha lasciato il Papa emerito?

    R. – Anzittutto, il ricordo di una persona buona, di una persona che ha voluto loro bene: almeno per quelli con cui mi sento di tanto in tanto, che erano presenti alla visita e la ricordano come l’evento più importante della loro vita. Tutti gli operatori che hanno partecipato a quell’evento, vivono tutti lo stesso ricordo e la stessa emozione. E’ stato, anche quello, un evento straordinario per cui mi immagino questo, considerando che c’è tutta un’attenzione – a livello mediatico – nei riguardi di Papa Francesco, di quello che ha detto e del suo modo di agire, che sta impressionando fortemente gli adulti ma ancor più i giovani, e con essi i minori.

    D. – C’è un messaggio, un ringraziamento che vuole dare a Papa Francesco dai microfoni della sua Radio?

    R. – Grazie per avere scelto i ragazzi di Casal del Marmo come primo impatto con la realtà della giustizia in Italia e nel mondo intero. Veramente, grazie: continuo ad essere commosso, da ieri sera. Quando ci penso, quasi mi viene da piangere. E’ una cosa talmente grande, inaspettata … per cui: grazie! E che il Papa ci benedica e ci accompagni in questo cammino!

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    Ortodossi: Francesco, un "dono di Dio". Chiese Riformate: la sua gioia dà speranza

    ◊   E’ ancora forte l’eco delle parole di Papa Francesco ieri ai rappresentanti delle Chiese e delle comunità ecclesiali, del popolo ebraico e delle varie religioni. Il Pontefice ha ribadito la volontà di proseguire nel dialogo, nella responsabilità verso l’altro e nella necessità di lavorare insieme per la riconciliazione e la pace. In precedenza, nel suo saluto, il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I, aveva espresso la stessa intenzione e disponibilità a camminare insieme. Adriana Masotti ha raccolto le impressioni del Metropolita Zervos Gennadios, arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta del Patriarcato ecumenico:

    R. – Il Patriarca Bartolomeo ha sottolineato molto questo grande problema dell’unità, ha evidenziato che le Chiese devono camminare insieme, collaborare per realizzare la volontà di Dio e cioè "Che tutti siano una cosa sola".

    D. – C’è stato anche un richiamo all’attenzione verso i poveri, ai piccoli, a quelli che soffrono, ad esempio, anche per la crisi economica di questi tempi…

    R. – Non è la prima volta che il Patriarca parla della Chiesa povera, che ci ricorda che dobbiamo aiutare i piccoli e che dobbiamo tutti insieme essere loro vicini e dare spiritualità, amore e pace.

    D. – Qual è la sua impressione su Papa Francesco e quella degli altri rappresentanti ortodossi?

    R. – Io credo che Papa Francesco sia meraviglioso. E’ una personalità mandata da Dio. La sua allegria, la sua gioia, la sua umiltà, la sua semplicità, la sua disponibilità: tutte queste cose, questi carismi ci hanno impressionato. Tutti preghiamo per la sua salute, per la sua missione che è straordinaria. Siamo sicuri che Dio lo aiuterà e lo farà camminare sulla stessa via: la via dell’unità, la via della riconciliazione, la via della fratellanza, la via della pace e dell’unità dei cristiani.

    D. – Quando il Papa ci ha spiegato perché ha scelto il nome Francesco, ha citato la povertà, ha ricordato Francesco come uomo di pace e ha fatto riferimento anche alla salvaguardia del Creato, dell’ambiente. Questo è un tema che sta molto a cuore al Patriarca Bartolomeo e alla Chiesa ortodossa…

    R. – Sì, l’hanno chiamato anche il “Patriarca verde”… Lui è un grande protagonista della tutela del Creato. Ha organizzato tanti simposi, tanti convegni, tanti congressi internazionali sul Creato, tanti viaggi per parlare del Creato. E non solo questo: ha chiamato anche le altre Chiese e confessioni cristiane ad assumere le loro responsabilità, in particolare la Chiesa cattolica romana.

    D. – Quindi, questa sottolineatura di Papa Francesco vi fa piacere?

    R. – Questo è un dono di Dio: nella scelta del nome “Francesco” c’è tutto. La semplicità, l’umiltà, il bene, la pace, la serenità, la disponibilità, il sacrificio… Questo amore verso il Creato è una cosa meravigliosa, veramente. E poi, non soltanto il nome, ma anche la personalità del Papa: speriamo che durante la sua missione si possano fare tante cose utili per l’uomo, per il Creato, per la pace, per la giustizia e per i diritti umani. Io ho salutato il Papa: Sua Santità il Patriarca Bartolomeo mi ha presentato. E’ una cosa molto, molto bella: lui ha parlato con me come un padre, come un fratello. E questa vicinanza, questo carisma che lui ha nel comunicare con il prossimo è un grande dono. Sono contento, contentissimo, e pregherò sempre per la sua salute e per la sua straordinaria missione.

    Ma come sta vivendo l’inizio del Pontificato di Papa Francesco la Comunione delle Chiese Riformate? Al microfono di Adriana Masotti ascoltiamo il pastore Setri Nyomi, segretario generale della Comunione Mondiale delle Chiese Riformate:

    R. – The Reformed Churches are also sharing...
    Anche le Chiese Riformate condividono la gioia in questo momento della Chiesa cattolica romana per l’insediamento di Papa Francesco. Siamo incoraggiati soprattutto dal modo con cui si è mostrato nella Chiesa, che ha bisogno di farsi sempre più custode dei doni di Dio, ma anche dall’umiltà con cui lui ha iniziato il suo Pontificato. Ci dà un senso di speranza perché proprio lui è venuto a guidarci in questo momento. Noi lo riconosciamo come una guida mondiale, per lui vogliamo pregare e a lui vogliamo essere vicini.

    Un’impressione positiva è stata espressa anche dal generale Linda Bond, presidente dell’Esercito della Salvezza:

    R. – Well I’m with the Salvation Army....
    Io appartengo all’Esercito della Salvezza e la mia prima impressione è estremamente positiva. Lui sta dicendo tutte quelle cose in cui crede l’Esercito della Salvezza e che ci stanno molto a cuore.

    D. – Quale impulso prevede che possa venire anche per il suo lavoro?

    R. – I’m very inspired by...
    Io mi sento molto ispirata dalla dedizione del Papa nel vivere una vita semplice. Mi sento ispirata dal fatto che lui voglia farsi interprete delle persone emarginate e sono molto, molto contenta che il Papa voglia essere vicino alla gente. Credo che nel XXI secolo per la Chiesa questi siano assolutamente alcuni dei valori più importanti che una guida mondiale debba avere.

    D. – Può già sottolineare un aspetto, una parola, che l’ha particolarmente sollecitata?

    R. – Humility.
    L’umiltà.

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    "Francesco, Papa della tenerezza". Mons. Rocchetta: convertire il cuore di pietra in cuore di carne

    ◊   Dostoevskij la definì “forza dell’amore umile”: la tenerezza infatti, contrariamente al comune modo di pensare, non è virtù dei deboli. Papa Francesco ne ha fatto un pilastro del suo inizio pontificato invitando a non averne paura perché attraverso di essa si può ridare un volto umano al mondo. Da dieci anni appena compiuti a Perugia è attiva la comunità Casa della Tenerezza impegnata nella formazione di fidanzati, sposi, separati e persone in difficoltà. A guidarla è mons. Carlo Rocchetta, autore del volume “Teologia della tenerezza. Un vangelo da riscoprire”. Paolo Ondarza gli ha chiesto come ha accolto la parole del Papa:

    R. – Mi sono commosso moltissimo, perché da anni credo al valore della tenerezza, essendo un tema fondamentale della Bibbia. Dio è tenerezza e c’è tutta una teologia della tenerezza che arriva fino alla croce. Sulla croce, Gesù, abbraccia tutti.

    D. – Che cos’è la tenerezza?

    R. – Dio è tenerezza. Noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio e quindi siamo felici se impariamo da Lui ad amare con tenerezza. Tutti noi siamo chiamati a vivere la tenerezza di Dio e ad espanderla, a prenderci cura di noi stessi, dell’altro e di ogni più piccola realtà del creato.

    R. – Tenerezza e misericordia sono diverse e complementari...

    R. – La tenerezza porta quel sentire affettivo che è fondamentale alla misericordia, altrimenti la misericordia si può ridurre solo all’opera di mettersi al servizio degli altri, ma senza partecipazione del cuore.

    D. - E’ la tenerezza che ci rende sensibili, attenti, custodi, per usare una parola del Papa, del disegno iscritto da Dio nella natura?

    R. – Custodire il creato, custodire l’altro, custodire il cuore, significa custodirlo con tenerezza. Amare, per esempio, la creazione non è soltanto un’ecologia, è una “eco tenerezza”, un amare il creato, perché tutto è dono di Dio. Al vertice, poi, del creato, sta la persona umana, sta il bambino, sta il povero, l’indifeso. Per esempio, cosa c’è di più tenero di un bambino nel grembo della madre? C’è un’etimologia interessantissima. Dal punto di vista biblico il termine “tenerezza” deriva da un termine aramaico che al femminile è proprio il grembo della madre. La madre che porta in sé il bambino è l’atto più tenero che possa esistere. Infatti, la Bibbia usa spesso la metafora “madre” per richiamare la tenerezza di Dio. Come una madre ama il bambino, così Dio ama il popolo.

    D. – Doveroso sfatare anche erronee interpretazioni della parola “tenerezza”, che non è una virtù dei deboli, non è un sentimento sdolcinato, non è – se pensiamo ai genitori con i figli – permissivismo...

    R. – Mi è piaciuto tantissimo che il Papa abbia sottolineato che la tenerezza non è debolezza, ma è fortezza dell’animo. Soltanto chi è forte nell’animo, chi è stabile affettivamente, è capace di tenerezza, altrimenti si tradurrebbe in tenerume, in falsa tenerezza, in sdolcinatezza, in smanceria. Direi che la tenerezza chiama a convertire il nostro cuore da un cuore di pietra ad un cuore di carne, come direbbe la Scrittura.

    D. – Quindi in nessun modo tenerezza è una premessa ad uno sconto alla verità?

    R. – No, assolutamente. La tenerezza, come del resto la misericordia, vanno sempre coniugati con la verità, perché altrimenti non è più tenerezza vera, diventa faciloneria, relativismo. Bisogna sempre distinguere, come fa sempre il Santo Padre, ed anche Benedetto XVI ha fatto, tra la persona e il peccato, tra il peccato e il peccatore: il peccatore va amato, il peccato va condannato.

    D. – Ha destato interesse il fatto che il Papa abbia rivolto questo appello a non aver paura della tenerezza di fronte ad una Piazza San Pietro in cui erano presenti rappresentanti di tutti i Paesi, quindi anche i potenti della Terra...

    R. – Io lo considero una sorta di manifesto cristiano, perché praticamente ha proclamato il Vangelo: vincere il male con il bene. Il Papa ha avuto il coraggio di dire: non abbiate paura, la tenerezza vince il mondo. La tenerezza è riconoscimento di Dio, perché non dimentichiamo che la tenerezza nasce da Dio e rimanda a Dio, Dio è la sorgente della tenerezza. La tenerezza è dire grazie a Dio con la propria vita, sentendosi amati da Dio e riamandolo. Quindi da questa sorgente nasce un nuovo modo di essere con gli altri, che non è quello propagato dalla violenza, dalla durezza del cuore, ma quello propagato dall’amabilità, dalla bontà del cuore. Veramente, la parola “tenerezza” può diventare il criterio di lettura anche del futuro dell’umanità.

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    L'ausiliare di Buenos Aires sui rapporti fraterni del card. Bergoglio con gli ebrei

    ◊   Nel discorso di ieri Papa Francesco si è rivolto, in un passaggio, ai rappresentanti del popolo ebraico al quale – ha detto – “ci lega uno specialissimo vincolo spirituale” e ha sottolineato l’importanza di proseguire quel dialogo fraterno che il Concilio auspicava e che si è realizzato portando non pochi frutti, specialmente negli ultimi decenni. Come arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio ha da sempre portato avanti relazioni fraterne con gli ebrei, come ci conferma, al microfono di Debora Donnini, mons. Eduardo García, vescovo ausiliare della stessa diocesi:

    R. – Ha participado a celebraciones, juntos con representantes del hebraísmo…
    Ha partecipato a celebrazioni insieme a rappresentanti dell’ebraismo, anche nella Cattedrale, come a Capodanno. Il cardinale Bergoglio ha avuto anche incontri occasionali e settimanali: teneva un programma televisivo di dialogo con il Gran Rabbino di Buenos Aires. Ha sempre avuto un dialogo molto fraterno e molto caloroso con loro, che andava al di là delle formalità: nell’atteggiamento quotidiano, nel dialogo, in quel che era necessario fare, incluse molte delle questioni che avevano come tema una questione sociale, nelle quali lavorava insieme alla comunità ebraica.

    D. – Papa Francesco, nel suo discorso, ha citato la dichiarazione conciliare Nostra Aetate per sottolineare che gli inizi della fede della Chiesa si trovano già nei Patriarchi, in Mosè e nei Profeti: questo era un tema molto caro al cardinale Bergoglio?

    R. – Si, siempre se ha referido ad ellos como “nuestros hermanos mayores”...
    Sì. Si è sempre riferito a loro come “nostri fratelli maggiori”. Quando si rivolgeva alla comunità ebraica, lo faceva dicendo “fratelli maggiori”, sempre con un rispetto molto grande per quel che era il significato della tradizione e per l’importanza che l’Antico Testamento ha anche nella nostra vita cristiana. Per lui, Abramo, il nostro Padre nella fede, è una figura molto importante e sempre la sottolinea.

    D. – A poche ore dalla sua elezione, Papa Francesco ha inviato al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, un messaggio nel quale esprimeva il suo desiderio di contribuire al progresso delle relazioni tra ebrei e cattolici…

    R. – Es un tema muy importante y lo mas notable es que lo vive…
    E’ un tema molto importante e la cosa più rilevante è che lo vive con grande naturalezza. Per lui non è un tema di “politica ecclesiastica”, ma rappresenta un tema spirituale, oltre a essere un tema di relazioni.

    D. – Lei diceva che Papa Francesco compie gesti…

    R. – Los gestos de acercamientos, los abrazos, el dialogo…
    I gesti di avvicinamento, gli abbracci, il dialogo, i colloqui informali che ha avuto, credo che parlino chiaramente di quanto sente nel profondo della sua concezione e della sua spiritualità. Quando si vede ciò che fa, si capisce ciò che pensa e ciò che sente. Lo ripeto: lui sente veramente che sono i nostri fratelli maggiori e quindi si avvicina a loro con questo rispetto e con questa venerazione.

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    Al Colosseo la Via Crucis dei giovani libanesi. Il patriarca Raï: un grido di dolore illuminato dalla speranza

    ◊   Al Colosseo quest’anno, per la Via Crucis del Venerdì Santo, le meditazioni faranno conoscere le ansie e le aspettative dei popoli del Medio Oriente. Prima ancora di rinunciare al ministero petrino, Benedetto XVI aveva chiesto che fossero i giovani del Libano a dar voce alle stazioni del Calvario di Cristo. Sotto la guida del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï, un gruppo di ragazzi ha sviluppato le meditazioni spirituali, le riflessioni sulle sofferenze del mondo contemporaneo e le attese di speranza. Tiziana Campisi ha intervistato il cardinale Béchara Raï:

    R. – L’importante nella Via Crucis è che ognuno possa ritrovarsi nel volto di Cristo e possa aver la luce e la forza di poter portare la propria croce. Questo è poi il valore delle stazioni: si chiamano “stazioni”, che significa “fermate” di meditazione personale e comune con Cristo, il quale riflette la nostra sofferenza e noi troviamo in Lui le luci di speranza.

    D. – Lei ha parlato di sofferenze: quali avete voluto portare alla luce?

    R. – La guerra, la violenza, l’attesa dei giovani che trovano chiusi gli orizzonti, la sofferenza della migrazione, la mancanza di sicurezza per il futuro dei giovani e quella dei problemi insolubili: la comunità internazionale non si cura di trovare soluzioni ai problemi della pace mondiale, della giustizia. Noi nel Medio Oriente viviamo la grande tragedia della questione palestinese, la tragedia della guerra in Siria, del vivere in comune con i musulmani, il problema dei fondamentalisti …

    D. – Ci sono molti spunti tratti dalla liturgia orientale e ci sono anche spunti tratti dall’Esortazione post-sinodale di Benedetto XVI “Ecclesia in Medio Oriente”. Quanto questa Esortazione vi ha ispirati?

    R. – E’ ricca. L’Esortazione apostolica, in questa chiamata ad essere “uno”, alla comunione, ad aprirsi agli altri, a costruire ponti con tutti quelli con cui viviamo. Di fatti, nell’Esortazione apostolica la comunione parte dalla comunione interna, a livello della comunità o della Chiesa, ma anche a livello delle altre Chiese - cattoliche, ortodosse, protestanti – dei musulmani, degli ebrei e delle altre religioni con cui viviamo. Questo ha dato molto impulso all’apertura a vivere in comune. E’ testimoniare l’amore di Cristo. Hanno trovato nell’Esortazione una grande miniera di idee per poter esprimere le ansie, le preghiere, insieme alla liturgia orientale: liturgia antiochena, bizantina, siriaca…

    D. – Meditazioni sul dolore, meditazioni sulla sofferenza: eppure aprite le porte alla speranza…

    R. – Certamente, perché siamo sicuri che le “stazioni” non terminano. Di fatti, in molte delle tradizioni delle nostre Chiese, non terminano con la XIV, ma c’è anche la XV, ovvero, la Resurrezione. Tutto il valore delle meditazioni e delle sofferenze è perché arrivano alla domenica: non si fermano a venerdì, ma arrivano fino alla domenica. Soffriamo, moriamo per resuscitare.

    D. – Sinteticamente, qual è il messaggio che i giovani libanesi intendono far giungere all’umanità?

    R. – Il valore della pace, il grido contro l’ingiustizia, perché i giovani libanesi vedono con i loro occhi che c’è tanta ingiustizia. Penso che Benedetto XVI profeticamente ha voluto che questi giovani esprimessero a nome dell’umanità il loro grido di dolore, di speranza e di giustizia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sul film francese "L'amore inatteso" di Anne Giaffieri, storia di conversione fra cinema e realtà. In cultura, un articolo di Ritanna Armeni dal titolo "Serate in parrocchia scambiate per tradimento".

    Nella fedeltà al Vangelo: l'intronizzazione di Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana. Il messaggio di Benedetto XVI e la lettera di Papa Francesco consegnati a Welby dal cardinale Kurt Kock, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

    A Villa 21 la speranza a costo zero: Cristian Martini Grimaldi incontra padre Olivero impegnato nel recupero dei tossicodipendenti di Buenos Aires.

    Al di là del confine: tradotto in italiano uno scritto inedito, "Antropologia cristiana", di Romano Guardini.

    Dio, Einstein e il Gps: sulle convergenze tra fede e scienza il confronto tra Marco Bersanelli, astronomo e astrofisico dell'Università di Milano, e Michael Heller, fisico e cosmologo polacco, membro della Pontificia Accademia delle Scienze e astronomo della Specola Vaticana, presentato nell'ultimo numero di "Via Pensiero".

    Niente malva per Giobbe: Silvia Guidi recensisce il libro di Giuseppe Bertelli Motta "Le erbe della Bibbia. Citazioni dalla Sacre Scritture e consigli terapeutici".

    Un articolo di Claudio Toscani dal titolo "Quant'è difficile diventare adulti: il meraviglioso giardino di un monastero al centro del sorprendente romanzo "Rosa candida" dell'islandese Audur Ava Olafasdòttir.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'imminente visita del presidente cinese in Tanzania, Sud Africa e Repubblica del Congo con l'obiettivo di rafforzare i rapporti fra Pechino e il continente africano.

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    Oggi in Primo Piano



    Obama chiede Stato per i palestinesi e condanna politica degli insediamenti israeliani

    ◊   “I palestinesi si meritano un proprio Stato”: è quanto afferma il presidente degli Stati Uniti, Obama, in conferenza stampa a Ramallah con il presidente palestinese Abu Mazen. Obama condanna la politica degli insediamenti israeliani. Il servizio di Fausta Speranza:

    "Lo Stato palestinese deve essere ''indipendente, in grado di sostenersi, dotato di contiguità territoriale, accanto allo Stato di Israele”. Sono parole di Obama che ribadisce: "Non possiamo rinunciare alla pace, non è importante quanto sia difficile raggiungerla". Riferisce di aver detto a Netanyahu, nell'incontro di ieri a Gerusalemme, che "la politica degli insediamenti non è nè costruttiva nè appropriata per la pace", citando in particolare l'espansione delle colonie nella zona E-1 fra Gerusalemme e Maleeh Adumim, definendola ''non compatibile'' con la soluzione dei due Stati. Obama fotografa così la questione centrale del conflitto israelo-palestinese: “Assicurare la sovranità ai palestinesi e la sicurezza agli israeliani''. In Cisgiordania, dove è giunto tra imponenti misure di sicurezza in elicottero da Gerusalemme, Obama è stato accolto da manifestazioni di protesta. La seconda giornata del presidente Usa in Medio Oriente era cominciata con quattro razzi sparati dalla Striscia di Gaza verso il Neghev israeliano, condannati duramente da Obama e da Abu Mazen. Nel pomeriggio, Obama parlerà agli israeliani con un discorso che ha voluto pronunciare all'Università di Gerusalemme e non alla Knesset. Ieri, gli incontri con le autorità israeliane in cui ha ribadito la vicinanza tra Tel Aviv e Washington. Al centro, soprattutto la Siria con l’incognita delle armi chimiche e la questione iraniana.

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    Crisi a Cipro: l'Eurogruppo teme un "rischio sistemico". Mosca reagisce con forza

    ◊   La crisi economica a Cipro rischia di diventare, come ha ribadito l’Eurogruppo, un “rischio sistemico” per l’intera area Euro. E mentre il governo di Nicosia dovrebbe presentare oggi il suo piano per reperire i fondi necessari a salvare l’isola dalla bancarotta, Mosca si pone su una posizione alquanto minacciosa. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Nicosia e Mosca lontane, ma mai così vicine. Perché la crisi che rischia di far sprofondare l’economia dell’isola potrebbe travolgere anche la Russia, a causa delle ingenti somme custodite dalle banche cipriote, circa 31 miliardi secondo una stima dell'agenzia di rating Moody's. Non è un caso che stamattina il premier Medvedev abbia sottolineato che Mosca potrebbe rivedere la quota in euro delle sue riserve, nel caso che la soluzione della crisi cipriota leda gli interessi russi. Più cauta la posizione del presidente dell'Eurogruppo, Dijsselbloem, secondo il quale si è pronti a discutere una nuova proposta da Nicosia, essendo dell'idea che Cipro ponga un “rischio sistemico” per l’intera area euro. Da Francoforte, la Banca centrale europea (Bce) spiega che garantirà a Cipro l'attuale livello di liquidità di emergenza fino a lunedì 25 marzo. Immediata la reazione della gente: lunghe code si sono formate in pochi minuti agli sportelli bancomat in tutta l'isola. La notizia è stata recepita come un allarme dalle Borse, deboli nelle contrattazioni. Intanto, il governo oggi presenterà il famoso piano “B”, che dovrebbe permettere di reperire parte degli oltre cinque miliardi che servirebbero a salvare il Paese dalla bancarotta.

    Per un’analisi della situazione a Cipro, e per gli effetti di contagio per gli altri Paesi dell’area euro, Salvatore Sabatino ha intervistato Carlo Altomonte, docente di Economia politica europea presso l’Università Bocconi di Milano:

    R. - Più che di "rischio sistemico", bisognerebbe parlare di una pressione politica che viene messa sul parlamento cipriota, affinché in qualche modo partecipi dei costi delle operazioni di salvataggio: la Germania vuole far sì che il prestito che viene dato a Cipro non superi, in percentuale del Pil, quello che è stato dato ad altri Paesi come Grecia e Irlanda. Certo, il fatto che poi Cipro non abbia la controparte da mettere in campo sta creando non pochi problemi, ma da qui a definire questo un rischio sistemico secondo me ancora ce ne vuole.

    D. – L’Europa aveva innescato questo allarme con questo famoso "prelievo forzoso" su tutti i conti correnti, era una misura certamente pesante. Si può parlare a questo punto di un passo indietro da parte di Bruxelles?

    R. – Secondo me sì. La situazione all’Ecofin è un po’ scappata di mano nel momento in cui hanno chiuso questa proposta e probabilmente si sconta un po’ anche l’inesperienza del nuovo presidente dell’Ecofin, Dijsselbloem. Con Juncker probabilmente tutto questo non sarebbe avvenuto, perché un accordo simile Junker probabilmente non l’avrebbe fatto passare. Da questo punto di vista, quindi, sicuramente adesso si cercando di porre un rimedio. Certo, non è stato bello vedere scritta una proposta simile.

    D. – Il governo di Nicosia pare abbia trovato, comunque, il modo per reperire parte degli oltrer cinque miliardi che servirebbero a salvare il Paese dalla bancarotta. In che modo?

    R. – Potrebbero sicuramente usare parte di un fondo pensione del governo disponibile - che è di circa due miliardi e mezzo di euro - potrebbero rimodulare una parte dell’onere di un prestito che Cipro ha ricevuto dalla Russia, allungando le scadenze e riducendo il tasso di interesse. Questo consentirebbe loro di esentare i piccoli depositanti sotto i 100 mila euro dalla tassazione e scaricare l’onere sui depositanti sopra i 100 mila euro. In questo modo, Cipro recupera un po’ di risorse autonomamente ed un po’ le recupera attraverso la tassazione dei grandi correntisti bancari.

    D. – C’è però il grave problema della Russia che è comunque molto coinvolta, a causa dei 31 miliardi di Euro depositati nelle banche cipriote. Come si risolverà questo problema?

    R. – Quello è un problema serio, perché una parte dei grandi depositi bancari di Cipro in realtà sono soldi dei cittadini russi. Quindi, di fatto tassare i depositanti sopra i 100 mila euro vuol dire tassare dei cittadini russi. Adesso, da questo punto di vista ovviamente il Cremlino sta facendo la voce grossa, però sostanzialmente questi sono soldi di cittadini russi - di provenienza non chiara - che vengono portati in un centro offshore per non essere tassati da Mosca. Quindi, da questo punto di vista, non so poi quanto il Cremlino in realtà sia scontento del fatto che vengano penalizzati. Dall’altro canto, la Russia sta usando questa come una leva per entrare a Cipro, perché Cipro ha scoperto dei giacimenti di gas naturale a cui Gazprom è interessata. Quindi, è un po’ una partita a scacchi che si sta giocando tra Europa, Cipro e la stessa Russia in quest’area, il che spiega anche tanta parte dell’incertezza politica che c’è in queste ore.

    D. – La Banca centrale europea ha annunciato che garantirà a Cipro l’attuale livello di liquidità di emergenza fino al 25 marzo: è possibile che si giunga ad una soluzione entro lunedì?

    R. – Penso proprio di sì, perché al momento le banche cipriote sono chiuse, ma evidentemente i cittadini hanno bisogno prima o poi di andare al bancomat a prendere liquidità. Quindi, è ovvio che la soluzione deve essere trovata a strettissimo giro.

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    Cei. Mons. Crociata: la scelta di Papa Francesco dimostra la vitalità della Chiesa

    ◊   I vescovi italiani ribadiscono la loro speciale sintonia con Papa Francesco. Il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, ha presentato il comunicato finale del Consiglio Permanente e annunciato che il Pontefice è stato invitato all’assemblea che si terrà a maggio. Sul fronte politico, i vescovi chiedono che l’Italia abbia un governo stabile. Alessandro Guarasci:

    La Chiesa italiana si impegna a essere custode di quanti sono affidati alla sua responsabilità, specialmente della vita più debole e indifesa. La figura di Papa Francesco, che guarda agli ultimi, dunque sollecita i vescovi italiani. Il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata:

    “Questo impegno assume un significato nuovo nella presenza personale di un Papa, che viene dal sud del mondo: quello di una Chiesa viva che va a scegliere il suo Papa, nuovo, alla 'fine del mondo', laddove il sud del mondo è un luogo geografico, ma anche una condizione sociale”.

    E poi c’è la situazione politica interna, con le consultazioni per il nuovo esecutivo. La Cei auspica che “il Paese abbia una guida, un governo stabile”. Ancora mons. Crociata:

    “Abbiamo vissuto un anno e più di grande impegno e fatica nel cercare di mettere al sicuro l’economia del Paese. Dal punto di vista economico, sociale e istituzionale sarebbe veramente grave che i sacrifici fatti venissero frettolosamente messi a rischio, con conseguenze che non vogliamo pensare”.

    A maggio, poi, sarà pubblicato il documento preparatorio della 47.ma Settimana sociale dei cattolici, che si terrà a Torino a settembre. Al centro ci sarà la famiglia e il suo valore sociale.

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    Prima Giornata Onu per la tutela delle foreste

    ◊   Proteggere le foreste vuol dire tutelare e garantire un futuro più ecosostenibile per tutti. E’ questo il messaggio della prima giornata mondiale delle foreste istituita dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite e che da oggi, si ricorderà ogni anno il 21 marzo, giorno d’inizio dell’ equinozio di primavera. Ma come nasce questa ricorrenza? Ascoltiamo Antonio Brunori segretario generale del Pefc Italia, l’Organizzazione non governativa per il sistema di certificazione forestale più diffuso al mondo, al microfono di Marina Tomarro.

    R. - Il 2011 è stato l’Anno mondiale delle foreste. Le Nazioni Unite si sono rese conto di quanto l’“ecosistema foreste” sia strettamente correlato all’“ecosistema uomo”: infatti circa un miliardo e mezzo di persone vivono delle risorse forestali, intese come legna da ardere o cibo o direttamente collegati alle risorse economiche. Di conseguenza è stato pensato di ricordare, almeno ogni due anni, che le foreste sono rilevanti per il nostro mondo: è nata allora l’idea, in occasione dell’equinozio della primavera, di ricordare le foreste.

    D. - Ma le foreste, oggi, nel mondo come stanno?

    R. - Se parliamo delle foreste intese come superficie forestale, stiamo parlando di un ecosistema che si sta riducendo di anno in anno: parliamo di circa 13 milioni di ettari di foreste in meno ogni anno, che corrisponde circa a tutte le foreste italiane più tutte le foreste austriache che insieme spariscono. E’ evidente che alcuni continenti, come il continente africano e il continente sudamericano, hanno più problemi rispetto ad altri. L’Europa, per esempio, da questo punto di vista è più virtuosa, perché aumenta la propria foresta di un milione di ettari l’anno. Le motivazioni sono legate sia all’aspetto dello sfruttamento economico di questa risorsa, ma anche all’aumento dell’uso dell’agricoltura - quindi di suoli forestali per l’agricoltura e per la zootecnia - creando pascoli o usare nuovi terreni.

    D. - Ma le foreste perché sono così importanti? Perché è importante dedicare loro addirittura una Giornata?

    R. - I motivi possono essere tre. L’elemento ambientale è sicuramente il più immediato da capire: fin da piccoli noi sappiamo che le foreste sono il polmone del mondo e dopo il Protocollo di Kyoto sappiamo anche che le foreste hanno un luogo eccezionale nell’assorbimento dell’anidride carbonica. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto economico - per esempio - in Italia la filiera legata al legno ha un valore di circa 400 miliardi di euro l’anno, quindi un valore elevatissimo: è la terza voce export del manifatturiero. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto sociale va da sé che le comunità montane, se non ci fossero le foreste, andrebbero giù in pianura…

    D. - Il Pefc si occupa di gestione responsabile dei boschi: perché è importante tutto ciò?

    R. - La certificazione della gestione sostenibile dei boschi ha proprio lo scopo di dare un valore alle modalità con cui un tecnico, una ditta o anche un semplice cittadino vive la foresta. Sostenibilità vuol dire gestire in maniera corretta e responsabile una risorsa e avere un bosco certificato vuol dire che è - prima di tutto - ben gestito e che si è pensa al suo futuro, si pensa a chi ci lavora. In Italia il 9 per cento delle foreste italiane sono certificate; la maggior parte sono nell’arco alpino. La cosa interessante è che la sensibilità degli italiani sta aumentando, perché la richiesta di prodotti certificati è sempre in crescendo.

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    E' morto Pietro Mennea " la freccia del Sud": il ricordo di Livio Berruti e Nicola Candeloro

    ◊   Lo sport italiano piange la prematura scomparsa di Pietro Mennea, campione di atletica leggera, morto oggi a 61 anni in una clinica romana. Primatista dei 200 metri piani dal 1979 al 1996, Mennea ha raccolto molti successi nella sua vita come la medaglia d’oro nelle Olimpiadi di Mosca del 1980. Originario di Barletta e terzo di cinque figli, negli ultimi anni si dedicò alla professione di avvocato e anche alla politica. Benedetta Capelli ha chiesto a Livio Berruti, medaglia d'oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma del 1960, cosa lo legava di più a Pietro Mennea:

    R. - L’amore per lo sport, anche se noi l’abbiamo esercitato in maniera diametralmente opposta: per me lo sport era un momento di gioia, di piacevolezza e di divertimento, quasi. Invece, lui l’ha praticato con grande tenacia, con grande spirito di sacrificio pur di arrivare al risultato e ha dimostrato che con il sacrificio si possono ottenere grossi risultati.

    D. – Quella medaglia d’oro nel 1980, alle Olimpiadi di Mosca: lei che ricordo ha di quel momento?

    R. – Una gara molto bella, soprattutto era stata una gara nella quale erano mancati gli americani ma anche altri, che ha dimostrato come l’allenamento sia determinante per raggiungere i risultati. Infatti, è stato il primo atleta – per merito del suo allenatore, il prof. Vittori – ad utilizzare allenamenti di resistenza anche nel campo della velocità. Questo, infatti, gli ha permesso di agguantare questa vittoria proprio negli ultimi metri della gara, a dimostrazione che il lavoro, anche se a volte faticoso e sofferente, riesce a pagare.

    D. – Secondo lei, Mennea che cosa lascia allo sport italiano, al di là dei tanti riconoscimenti sportivi?

    R. – Lascia un esempio di una persona che, con sacrificio e grande determinazione, riesce ad ottenere grandi risultati. Quindi, è importante applicarsi con tenacia, con costanza e non distrarsi; infatti, lui era talmente concentrato sullo sport, sulla gara, che anche a Capodanno a volte andava a letto presto pur di svegliarsi il mattino dopo. Quindi, ha dimostrato come il grande lavoro abbia la possibilità di poter dare grandi soddisfazioni.

    D. – Aveva un carattere schivo: nato nel Sud d'Italia, da una famiglia semplice … Una storia di riscatto, anche …

    R. – Sì, forse: aveva anche questa origine che gli permetteva di avere questa grande forza di volontà per riscattarsi e per raggiungere grandi risultati.

    D. – Non vi siete mai incontrati nella vita, non vi siete sfiorati?

    R. - Sì: qualche volta sì. Però lui ha viaggiato anche per l’Iveco, che è una società della Fiat, e io ero in Fiat, e quindi c’è stato appunto questo rapporto. Un rapporto non sempre piacevole, perché viaggiavamo su due livelli diversi: per me lo sport era gioioso, per lui lo sport era assoluta concentrazione e determinazione per raggiungere il risultato, con qualsiasi sforzo. Ecco, c’era questa diversità di approccio che però otteneva poi grandi risultati.

    D. – Al di là della differenza di vedute, oggi di fronte a questa scomparsa il suo pensiero dove va?

    R. – Sono cose che colpiscono molto e dispiacciono, perché quando manca un campione che è un punto di riferimento, dispiace sempre. Purtroppo, dimostra che lo sport fa vivere meglio ma non ti fa vivere di più …

    Un uomo dal fisico magro e apparentemente fragile, ma con una mente straordinaria e una forza interiore che gli ha permesso di eccellere. E’ il ricordo che di Pietro Mennea ha Nicola Candeloro, direttore della Scuola nazionale di atletica leggera di Formia, dove Pietro trascorreva 280 giorni l’anno come fosse una sua seconda casa. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Come direttore della scuola di Formia, lui e il suo allenatore, Vittori, vivevano qui dentro. Quindi ho assistito ad una vita intera di allenamenti e di sacrifici.

    D. – Questo campione è stato per 17 anni detentore del record del mondo dei 200 metri. Era un uomo infaticabile...

    R. – Io credo di non aver mai visto in nessun altro atleta la capacità di lavoro e di recupero che Pietro ha avuto.

    D. – Quante ore si allenava? Quali erano le sue abitudini?

    R. – Per sua abitudine faceva tre ore di allenamento la mattina e tre ore di allenamento il pomeriggio. Erano allenamenti duri, intensi. Natale, Capodanno, Pasqua, per lui erano giorni di lavoro. Ha dato molto e ha aperto nuove vie alle tecniche di allenamento, per quantità e intensità. Per fare alcuni esempi, Berruti arrivava sul campo a suo tempo, 20 anni prima, faceva due allunghi, due corsette e l’allenamento era finito. Mennea se doveva correre i 60 metri, li correva almeno 36 volte.

    D. – Come ha fatto ad essere per 17 anni detentore di questo record, secondo lei?

    R. – E’ proprio nella quantità di lavoro che sta la sua grandezza, nella sua capacità di sopportare grossi carichi di lavoro. Lui era, assieme al suo allenatore, un programmatore: sapevano esattamente quello che potevano fare e fin dove si potevano spingere.

    D. – Come uomo che ricordo ha?

    R. – Aveva una mente di una capacità e di una forza unica. Era un uomo di impegno. Ha preso tre lauree: mentre si allenava e lavorava, nei momenti di pausa non perdeva tempo e studiava. Aveva una mente sveglia, arguta, un’intelligenza viva e faceva battute fulminanti.

    D. – Per i giovani di oggi, i giovani atleti, quelli che vogliono intraprendere questa carriera, quali sono i suggerimenti che possono venire da questa figura?

    R. – Il lavoro paga. Questo è il grosso insegnamento. Una persona con un fisico apparentemente non adatto a combattere con gli americani, che erano alti e con le gambe lunghe, e gli stessi russi, che erano atleti notevoli, o anche gli inglesi e così via, per eccellere è stato costretto a lavorare molto più degli altri ed è riuscito a metterli tutti in fila attraverso il lavoro, attraverso l’allenamento, che era il suo vero segreto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Gli operatori finanziari al Papa: “Misericordia e giustizia anche nella finanza”

    ◊   “La società ha un disperato bisogno di misericordia e di giustizia in materia di finanza”, afferma un messaggio di congratulazioni inviato a Papa Francesco dalla “Association of Christian Financial Advisers”, con sede a Londra. L’Associazione – spiega una nota inviata all'agenzia Fides – saluta con favore l’elezione del Papa che “ha celebrato la sua messa di inaugurazione parlando a nome dei poveri”. “Chiedendo una Chiesa per i poveri e difendendo la virtù della semplicità - nota nel messaggio il portavoce dell'Associazione, Aidan Vaughan - Papa Francesco abbraccia le preghiere di molti che invocano la giustizia economica e finanziaria al centro della società”. Vaughan apprezza, in particolare, il passaggio del discorso di Papa Francesco, nella sua Messa di inizio pontificato, in cui chiede “a tutti coloro che hanno posizioni di responsabilità nella vita economica, politica e sociale di proteggere la Creazione”, invocando “sollecitudine amorevole per ogni persona, soprattutto i bambini, gli anziani, i bisognosi”. “In Papa Francesco sembra che la Chiesa cattolica abbia trovato un leader che ha a cuore i bisognosi e che parlerà per la giustizia”, rimarca Vaughan. La “Association of Christian Financial Advisers” promuove “buone pratiche” e un’etica cristiana nelle relazioni e nelle operazioni finanziarie. Attualmente, continua la sua campagna contro i prestiti a tassi di interesse elevati, definiti “un male sociale” e invita le autorità politiche dei governi europei a prevedere “aiuti alle fasce più deboli, colpite dai tagli della spesa pubblica”. (R.P.)

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    Guatemala: la Chiesa chiede azioni concrete per promuovere la riforma migratoria negli Usa

    ◊   Il messaggio per la Via Crucis del Migrante 2013, Giornata che la Chiesa del Guatemala celebra ogni 16 marzo, ha messo al centro “la piaga delle deportazioni e dell'indifferenza” di fronte alle migliaia di persone che nel tentativo di migliorare le proprie condizioni di vita, subiscono violenze e sono vittime di azione xenofobe e discriminatorie. Secondo il documento pubblicato da mons. Mario Fiandri, vescovo del vicariato apostolico del Petén, presidente della Commissione episcopale di Pastorale della Mobilita Umana, ogni ora 14 guatemaltechi emigrano, il che significa circa 330 persone che ogni giorno cercano migliori opportunità di sviluppo personale e famigliare. Oltre all’insistente richiesta di politiche concrete da parte del governo per creare adeguate condizioni socioeconomiche in modo di evitare e contenere il flusso migratorio, il documento ribadisce l’urgenza della riforma migratoria annunciata dal rieletto presidente statunitense, Barak Obama e che rappresenta un grande sollievo per circa 12 milioni di migranti latinoamericani in situazione irregolare e, pertanto, soggette a retate e deportazioni. “L’intento di sigillare e militarizzare le frontiere statunitensi - si legge nel messaggio dell’episcopato - non fa altro che riversare il flusso di migranti verso luoghi a rischio perche controllati da bande di narcotrafficanti e dal crimine organizzato”. Inoltre, la Chiesa esprime la sua preoccupazione per l’azione spesso inumane e xenofobe contro le comunità d’immigranti negli USA, vittime d’intolleranza, di discriminazione e di odio razziale. D’altro canto il messaggio condanna il Messico per le azioni d’intercettazione, di detenzione e di deportazione d’immigranti, e aggiunge che le deportazioni compiute dalle autorità messicane sono d’uguale o maggiore proporzione alle attuate via aerea dagli Stati Uniti. Di fronte a questa continua violazione dei diritti umani, dell’integrità fisica e della vita dei migranti nel tentativo di sopravvivere, la Chiesa del Guatemala chiama ai “governi centroamericani perche di forma individuale o collettiva, costituiscano una lobby che agisca nei settori oppositori alla riforma migratoria” nel Congresso degli Stati Uniti, premendo particolarmente “sulla chiara influenza elettorale della comunità ispanoamericana negli USA”. Infine, il messaggio della Commissione di Pastorale della Mobilità Umana dell’episcopato del Guatemala chiama a sconfiggere l’indifferenza e intraprendere il cammino della solidarietà, della volontà politica e personale di offrire all’immigrante accoglienza, ospitalità e carità. (A cura di Alina Tufani)

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    Honduras: “Marcia per la Pace”, una tradizionale Via Crucis per fermare la violenza

    ◊   Parte domani dalla parrocchia di San Gaspar a Taulabé (Comayagua), la "Caminata por la Paz" (Marcia per la Pace), la processione di migliaia di fedeli che arrivano da tutto l’Honduras. "Questo evento è una tradizione nata al tempo del missionario Manuel de Jesus Subirana ed è diventata un’espressione della profonda spiritualità del nostro popolo, che in questo modo condivide i dolori, le tristezze e le angosce, con la certezza di ricevere il conforto, il perdono e la forza necessaria per continuare a vivere ognuno nella propria comunità", ha osservato padre Eduardo Mendez, il parroco che ha organizzato l’evento che comprende pure la celebrazione della Via Crucis. Il tema della pace - riporta l'agenzia Fides - è molto sentito in un Paese dove, come riferisce una nota inviata a Fides, la violenza è vissuta a tutti i livelli, dalla famiglia alla società civile. In questi ultimi anni in particolare è in aumento la violenza contro le donne: solo nel 2012 ne sono state uccise 417. (R.P.)

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    Myanmar: 10 morti e 20 feriti negli scontri tra buddisti e musulmani

    ◊   Oggi seconda notte di coprifuoco a Meikhtila, sulle sponde dell’omonimo lago nella divisione di Mandalay, al centro di Myanmar, dopo che degli scontri hanno ucciso dieci persone, incluso un monaco buddista, e ferito altre venti, secondo quanto riferiscono le autorità. I disordini sono scoppiati nella giornata di mercoledì, dopo un banale litigio avvenuto tra una coppia buddista e i proprietari musulmani di un’oreficeria, sfociato in una rivolta che ha coinvolto centinaia di persone, stando alle dichiarazioni della polizia. “Non possiamo dire che la situazione sia sotto controllo. Le Forze di polizia non sono forti abbastanza per controllare la situazione”, ha dichiarato Win Htein, membro della Lega Nazionale per la democrazia, partito all’opposizione. Per questo, come riporta l'agenzia AsiaNews, l’amministrazione centrale, guidata dal presidente Thein Sein, ha chiesto ai responsabili della polizia di rafforzare le misure di sicurezza e di ripristinare l’ordine, per evitare un’escalation delle tensioni. Il timore infatti è che le violenze si possano estendere ad altre aree del Paese. Perciò, gruppi di monaci e attivisti di Mandaly e Sagain, oltre ad altre organizzazioni non governative di Yangon, si sono diretti nella zona. Le tensioni tra buddisti e la minoranza musulmana sono in fermento dall’anno scorso, quando nello Stato occidentale di Rakhine sono state uccise 110 persone, stando alle fonti ufficiali e 120 mila sono rimaste senza casa. L’Onu ha sottolineato che questo clima potrebbe danneggiare le riforme democratiche, avviate dopo la fine del governo militare nel 2011. (V.C.)

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    Mali: attentato suicida a Timbuctù provoca due morti e sei feriti

    ◊   Un’autobomba è esplosa a Timbuctù nei pressi dell’aeroporto, nella notte tra mercoledì e giovedì, uccidendo, oltre all’attentatore, un soldato maliano e ferendo sei persone. Secondo una fonte dell’esercito maliano, un jihadista avrebbe azionato “la sua cintura esplosiva” e sarebbe “morto sul colpo”. Si è trattato del primo attacco nella città dopo la liberazione da parte delle truppe francesi, avvenuta circa 2 mesi fa. “Stiamo rastrellando l’area per vedere se ci sono altri aggressori nell’area”, ha detto il capitano Samba Coulibaly, portavoce dell’esercito del Mali a Timbuctù. Le truppe di terra e aeree francesi sono immediatamente intervenute per respingere l’attacco, ma non ci sono state vittime nei contingenti, secondo quanto affermato dal colonnello Thierry Burkhard, portavoce dell’esercito francese. “C’erano circa 30 attentatori... c’è voluto un po’ di tempo ma alla fine il risultato è stato buono” ha detto un ufficiale alla Reuters, chiedendo di rimanere anonimo. La fonte non ha rivelato se gli aggressori siano stati catturati oppure uccisi. Proprio ieri il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault ha annunciato in Parlamento che il ritiro dei soldati francesi – circa 4 mila uomini – comincerà a fine aprile. Hollande ha ribadito che “siamo ormai entrati nell’ultima fase dell’intervento e tra qualche giorno la sicurezza sarà ristabilita sulla quasi totalità del territorio maliano”. L’operazione Serval, dal nome di un felino africano, è cominciata l’11 gennaio. Inoltre, come riferisce l’agenzia Misna, entro luglio, la Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma), sotto comando africano, dovrebbe essere sostituita da una missione di peacekeeping dell’Onu. (V.C.)

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    Centrafrica: il vescovo di Bangassou minacciato di morte dai ribelli. Devastata la città

    ◊   I ribelli di Seleka “sono entrati a Bangassou l’11 marzo dopo essersi battuti con le poche Forze centrafricane che erano in città. Hanno rubato una decine di macchine della missione, del seminario minore, della seconda parrocchia di Bangassou. Hanno distrutto la casa dei padri spiritani, delle suore francescane, poi hanno rubato e distrutto la casa del rettore del seminario minore diocesano, la falegnameria, il Centro internet, il collegio cattolico, la pediatria, la farmacia, il nuovo blocco operatorio, la maternità. Hanno brutalizzato la popolazione, i padri e le suore. Hanno una lista di persone da colpire: io sono il primo, segue il mio vicario poi il procuratore ed altri”. Questo il terribile racconto di mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, sulla conquista della città centrafricana, inviato all’agenzia Fides. Secondo il presule, i ribelli vorrebbero capovolgere il governo per creare una Repubblica islamica e per questo hanno risparmiato, nelle razzie, i fedeli della loro stessa religione. “Hanno rispettato soltanto le moschee e i commercianti musulmani ai quali hanno dato parte dei nostri beni da vendere”, ha aggiunto il vescovo. Nella lettera, egli afferma che, dopo aver lasciato “una popolazione brutalizzata e impaurita”, i ribelli sarebbero partiti su 15 automezzi “stipati di oggetti rubati”, dirigendosi alla volta di Bambari (a 400 km di distanza). Secondo mons. Muños, anche ad est, dove da 7 anni è presente la ribellione dell’Lra (Esercito di Resistenza del Signore), la situazione è simile. “Abbiamo assistito a orrori di ogni genere: omicidi, bambini strappati dai genitori e portati nella foresta, villaggi incendiati, rapine, i diritti fondamentali delle persone calpestati senza alcuno scrupolo. Adesso abbiamo i ribelli di Seleka e non so fino a quando resteranno. Non ci resta che pregare il Signore”, ha concluso accorato il vescovo. (V.C.)

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    Naufragio nel Golfo di Guinea: le vittime erano migranti

    ◊   Migranti irregolari, provenienti per lo più da Togo, Ghana e Niger. Questa l’identità dei passeggeri del battello naufragato nei giorni scorsi nel Golfo di Guinea. Lo ha riferito il quotidiano Vanguard, citando le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti e dei responsabili dei servizi di soccorso, secondo quanto riporta l’agenzia Misna. Ancora incerto invece il bilancio delle vittime: probabilmente decine, considerando che quasi 130 persone si trovavano a bordo e che i superstiti accertati sono solo 27. Questi ultimi raccontano che il viaggio era stato organizzato da un trafficante nigeriano. Salpato venerdì da un porto nel Sud-est della Nigeria, il battello è naufragato poche ore dopo. I primi soccorsi però sono arrivati solo domenica. Stando alle testimonianze raccolte dal Vanguard, i passeggeri erano tutti migranti diretti in Gabon, un Paese dell’Africa centrale in cui il petrolio offre opportunità di lavoro anche agli stranieri. Non si tratta comunque del primo episodio. Sul lungomare di Libreville, nel 2008 erano stati rinvenuti i corpi senza vita di 37 migranti, partiti sempre dalla Nigeria. (V.C.)

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    Angola: i vescovi respingono le accuse del leader dell’Unita

    ◊   "Ignobili, diffamatorie e calunniose": così la Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé (Ceast) qualifica le parole del Presidente dell'Unita (Unione Totale per l’Indipendenza dell’Angola, il principale partito di opposizione del Paese), Isaias Samakuva, che in un discorso ai parlamentari del suo partito, il 15 marzo scorso, aveva affermato, tra l’altro, che “la gerarchia della Chiesa cattolica, per esempio, ha riconosciuto pubblicamente che la Chiesa è stata infettata dal virus della corruzione”. In una dichiarazione pubblicata sul suo sito Internet e ripresa dall'agenzia Fides, la Ceast esprime il suo disappunto e chiede il rispetto delle persone e delle istituzioni. “La Chiesa cattolica in Angola - scrive la Conferenza episcopale in un comunicato stampa - ha accolto con sorpresa e preoccupazione, le recenti dichiarazioni del presidente dell'Unita, in un discorso ai suoi parlamentari nella città di Menongue, il 15 marzo scorso. Pertanto, la Chiesa cattolica dell’ Angola, intende chiarire ai fedeli e all'opinione pubblica che: 1 - la missione della Chiesa non è quella di esprimere opinioni in materia di controversie politiche dei partiti, né sostenere le loro cause. Tuttavia, è imperativo per i pastori della Chiesa, di esprimersi sul degrado del linguaggio che fa male alla pace e alla riconciliazione tra gli angolani. 2 – Le dichiarazioni del Presidente dell'Unita sono inappropriate, offensive e diffamatorie. Violano e feriscono il decoro istituzionale e il buon nome della Chiesa in Angola. 3 - Per questo motivo, la Chiesa cattolica in Angola condanna ed esprime il suo dispiacere per tali dichiarazioni e chiede il rispetto delle persone e delle istituzioni. 4 - Inoltre - concludono i vescovi della regione - invita tutti i mezzi di comunicazione sociale al rispetto della verità dei fatti e di evitare la manipolazione e l'uso improprio dei pronunciamenti della Chiesa”. (R.P.)

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    Congo: Ntaganda trasferito all’Aja entro due giorni

    ◊   Bosco Ntaganda, capo ribelle ed ex generale dissidente consegnatosi lunedì all’Ambasciata Usa a Kigali, sarà trasferito alla Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja entro due giorni, come riferisce l’agenzia Misna. Lo rende noto il procuratore della Cpi Fatou Bensouda, precisando che dopo il suo arrivo è prevista una prima comparizione davanti ai giudici. Johnnie Carson, responsabile per l’Africa del dipartimento di Stato americano, aveva invitato ieri le autorità del Rwanda “a non interferire” con la consegna di Ntaganda al Cpi. Carson spera che questo gesto mandi un segnale agli altri capi rebelli, favorendo così una rapida pacificazione dell’est del Congo. I reati commessi in Ituri, provincia orientale della Repubblica del Congo, sono costati a Ntaganda un’incriminazione e un mandato di cattura internazionale. Inoltre, gli attivisti per i diritti umani lo accusano per i crimini commessi in Kivu dal Movimento del 23 marzo, nato dalle ceneri dell’ex Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) e arrivato, lo scorso novembre, a conquistare il capoluogo di Goma. (V.C.)

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    Filippine: sospesa la legge sulla salute riproduttiva. La Chiesa: vittoria temporanea

    ◊   “Una vittoria, seppure temporanea”: così mons. Melvin Castro, membro della Commissione episcopale filippina per la Famiglia e la Vita, commenta la decisione della Corte Suprema di Manila di sospendere per quattro mesi l’applicazione della legge sulla salute riproduttiva. Il decreto, emesso martedì con 10 voti a favore e 5 contro, apre un nuovo capitolo nella storia del lungo ‘braccio di ferro’ tra Chiesa e Stato filippino su un provvedimento che contiene misure come la contraccezione artificiale, l’educazione sessuale, la pianificazione familiare e metodi di controllo delle nascite, senza escludere l’aborto. “È una grazia di Dio – continua mons. Castro – che questo decreto arrivi nel giorno di San Giuseppe, custode della Sacra Famiglia”, poiché significa che “la Corte Suprema ha ascoltato le nostre preghiere contro qualsiasi legge che sia discutibile e che quindi, come prescritto dalla Costituzione, non dovrebbe essere attuata”. Il dibattito sulla normativa è stato posticipato al 18 giugno, ovvero dopo le elezioni parlamentari previste per il 13 maggio. Una tempistica che mons. Castro commenta così: “Ciò significa che dovremmo essere più attivi nella nostra campagna contro la legge; per gli elettori, si tratta di una ulteriore sfida a votare candidati che siano a favore della vita e della famiglia”. (I.P.)

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    Indonesia: a West Java cristiani contro la demolizione di una chiesa e l’arresto di un pastore

    ◊   Oggi un centinaio di manifestanti della Huria Kristen Batak Protestant (Hkbp) Filadelfia Church di Bekasi sono scesi in piazza in un sobborgo della capitale, nell'estremo tentativo di salvare il luogo di culto utilizzato da oltre 13 anni per le funzioni religiose. A poca distanza dalla luogo di culto, circa 200 musulmani lanciavano slogan e canti fra cui "demolite subito questa chiesa" e "sono infedeli e costruiscono chiese senza autorizzazioni". Le autorità - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno posto da tempo i sigilli all'edificio perché privo - secondo la versione dell'amministrazione locale e di movimenti islamici - dei permessi di costruzione, e assicurano che l'abbattimento verrà eseguito nelle prossime ore. Intanto un pastore della comunità, oggetto in passato di minacce di morte, è finito sotto inchiesta con generiche accuse di "diffamazione". In Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, la minoranza cristiana è ancora vittima di abusi e violazioni del diritto - sancito dalla Costituzione - alla libertà religiosa. I manifestanti hanno invocato il nome di Gesù e sottolineato che "non facciamo altro che pregare e non commettiamo alcun crimine". Tuttavia, suppliche e appelli non sembrano dare risultati e si fa sempre più concreta l'ipotesi di demolizione della Filadelfia Church di Bekasi, da tempo al centro di una lunga battaglia legale tra fedeli ed autorità locali. Inoltre, nei giorni scorsi la polizia ha confermato l'apertura di un fascicolo a carico del pastore Palti Panjaitan, membro della Filadelfia Church di Bekasi. Egli è incriminato in base all'accusa di diffamazione, per aver denunciato il leader estremista islamico Abdul Azis che lo aveva più volte minacciato di morte in passato. Nell'aprile 2012 il rev. Panjaitan ha sporto denuncia presso la polizia; nelle settimane successive, gli agenti hanno insabbiato il fascicolo e la vicenda sembrava conclusa. Tuttavia, a dicembre il leader islamico ha presentato una contro-denuncia, in base al reato di diffamazione. La comunità è stata inoltre oggetto di attacchi durante le funzioni religiose svolte sulla pubblica piazza; i fedeli, infatti, non possono pregare perché le autorità hanno bloccato gli accessi al luogo di culto. Ora il pastore è sotto inchiesta e rischia di finire in prigione. (R.P.)

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    Messico: minacce al sacerdote che accoglie i migranti

    ◊   "Veniamo a prendere la tua testa", con queste parole proferite al telefono da sconosciuti e poi riportate da un migrante terrorizzato utilizzato come emissario, è stato minacciato padre Fray Tomás González, coordinatore della Casa Rifugio per Migranti "La 72" di Tenosique, nello Stato di Tabasco nel Messico meridionale. "Abbiamo ricevuto più di una minaccia solo per denunciare che non vogliamo pagare il pizzo ai gruppi che vogliono liberarsi degli immigrati", ha riferito padre González a una radio locale. Una nota pervenuta all'agenzia Fides riferisce anche che il personale dell'ostello ha denunciato le minacce all'Ufficio del Procuratore generale della Repubblica, che ha aperto un'inchiesta. A seguito della denuncia, però, gli atti di intimidazione sono aumentati. Anche l'Ong Amnesty International ha messo in guardia sulle minacce di morte ricevute da uno dei principali responsabili dell'ostello, Ruben Figueroa. La violenza contro i difensori dei migranti nel sud del Messico è aumentata negli ultimi tempi dopo che l’attenzione sulla questione dell’immigrazione clandestina, fino all’anno scorso concentrata sul nord del Paese, si è spostata sull’area meridionale. (R.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 80

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