Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 09/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • P. Lombardi: grande convergenza dei cardinali su data inizio Conclave
  • Benedetto XVI: l'unità è il "biglietto da visita" della Chiesa
  • Ultimi lavori alla Cappella Sistina per il Conclave, montato il comignolo sul tetto
  • Allestito in Vaticano il Media Center. Accreditati oltre 4800 giornalisti
  • Conclave: la Radio Vaticana presente su tutte le piattaforme di diffusione
  • Radio Vaticana. Angelus sostituito dall'annuncio con le parole di Benedetto XVI: la Chiesa non è mia ma di Cristo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan: estremisti musulmani attaccano quartiere cristiano, feriti anche bambini
  • Egitto. 21 condanne a morte, 28 assolti per la strage di Port Said. Caos nella città
  • Libano, ripercussioni della crisi siriana: intervista con il consigliere del Gran Mufti
  • Kenyatta nuovo presidente del Kenya ma lo sfidante Odinga annuncia il ricorso
  • Fitch declassa l'Italia e Napolitano torna a sollecitare la formazione del nuovo governo
  • Conclusa in Brasile la fase diocesana del processo di beatificazione di Ginetta Calliari, tra le prime compagne di Chiara Lubich
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Duplice attentato in Afghanistan, tra le vittime anche bambini
  • Pakistan. Attentato in moschea a Peshawar, almeno 6 morti
  • Zambia: gli anglicani in prima linea per i diritti delle donne
  • India. Cristiani picchiati a una veglia di preghiera nel Karnataka, otto feriti
  • La Chiesa di Panama propone un “patto etico elettorale” in vista delle Presidenziali del 2014
  • Chiese in Europa: lavorare per sradicare "povertà e disuguaglianza"
  • Il Papa e la Santa Sede



    P. Lombardi: grande convergenza dei cardinali su data inizio Conclave

    ◊   La decisione per l'inizio del Conclave, il prossimo 12 marzo, è stata presa dai cardinali a larga maggioranza. E' quanto reso noto stamani da padre Federico Lombardi, nel tradizionale briefing con i giornalisti di tutto il mondo. Intanto stamani, nell’Aula del Sinodo in Vaticano, altri interventi dei porporati in una nuova congregazione, la nona, in vista del Conclave. Padre Lombardi si è dunque soffermato sui prossimi passi che porteranno all'Extra Omnes nel pomeriggio di martedi. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    La data di martedì 12 marzo - ha sottolineato padre Lombardi - ha trovato il consenso di quasi tutto il Collegio cardinalizio:

    Il cardinale decano ha fatto fare subito la votazione a proposito del giorno di inizio del Conclave e, alla prima votazione, c’è stata una maggioranza assolutamente inequivoca per martedì 12 marzo, che è stata la prima proposta fatta. Vi dico che la maggioranza è stata di tipo dieci a uno, quindi non c’era nessuna discussione o nessuna divisione fra i cardinali sul fatto di voler andare oltre o avere molto più tempo.

    Rispondendo ai giornalisti, poi, il direttore della Sala Stampa vaticana ha specificato il significato della grande coesione del voto sulla data del Conclave espresso dal Collegio cardinalizio:

    “Questo dice che la sensibilità che il Collegio dei cardinali ha della sua preparazione è matura, è sufficiente. Se il Conclave sarà lungo o meno? Io non lo so dire. Però in un tempo relativamente rapido, quando ci sono tante votazioni, una dopo l’altra, ognuno capisce quali siano i candidati più in grado di ricevere consenso e quindi converge sul candidato che appare in grado di ricevere più consenso, in modo tale da orientare la scelta in quella direzione. Queste cose possono avvenire piuttosto rapidamente nel corso di successive votazioni. Credo che sia un processo che si può svolgere nel corso di alcuni giorni, senza particolari difficoltà”.

    Martedì prossimo, dunque, l’ingresso nella Cappella Sistina verrà preceduto, nella mattina, dalla Messa pro eligendo Romano Pontifice, che verrà presieduta dal cardinale decano Angelo Sodano, nella Basilica di San Pietro. Poi nel pomeriggio la breve processione dei cardinali elettori che si trasferiranno dalla Cappella Paolina alla Sistina, ormai già allestita per le operazioni di voto. Stamani la sistemazione sul tetto dalla Cappella Sistina del comignolo, sul quale da martedì pomeriggio saranno puntati gli occhi del mondo intero. Prima dell’Extra omnes, vi sarà la seconda meditazione affidata al cardinale maltese non elettore, Grech, poi un’unica votazione, se i cardinali lo vorranno. Quindi, si andrà avanti con quatto scrutinii al giorno sino alla scelta del nuovo Papa, al quale occorrerà, per essere eletto, la maggioranza di 2/3 dei 115 elettori, pari a 77 voti.

    Parlando ai giornalisti, padre Lombardi ha comunicato che nelle Congregazioni di ieri e oggi hanno preso la parola 32 cardinali, per un totale di 133 interventi, sui seguenti argomenti:

    “Questa mattina ci sono stati diversi interventi su una gamma molto ampia: le attese nei confronti del nuovo Papa, l’attività della Santa Sede, dei dicasteri e il lavoro della Curia e il suo miglioramento; e poi un'informazione su grandi aeree della Chiesa, sulla situazione della Chiesa in grandi aeree del mondo. Temi di questo genere, in una trentina di interventi tra ieri e oggi”.

    Oggi è stato deciso che i porporati elettori si trasferiranno nella Casa Santa Marta martedì mattina, prima della Messa “pro eligendo Pontifice”. Contestualmente sono state sorteggiate le camere nelle quali i cardinali alloggeranno durante il Conclave. Lunedì pomeriggio nella Cappella Paolina si terrà il giuramento di riservatezza del personale ausiliario che parteciperà alla clausura del Conclave. Domani, domenica, giornata dedicata al Signore. Molti dei cardinali celebreranno Messa nella chiesa romana di cui sono titolari. Lunedì mattina ultima Congregazione generale.

    inizio pagina

    Benedetto XVI: l'unità è il "biglietto da visita" della Chiesa

    ◊   “Il centro di una vita felice, di una vita vera, è l’amicizia con Gesù”. Questo insegnamento di Benedetto XVI appare particolarmente in sintonia con il momento che vive la Chiesa, alla vigilia di un nuovo Conclave. Dal magistero del Papa emerito arriva l’invito all’unità più piena, quella che è dono dello Spirito Santo, perché è quella che trasforma i cuori e dona la gioia, che è segno della presenza di Dio nella Chiesa. Riascoltiamo le parole di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Duemila anni di esperienza di comunione nella Chiesa non hanno mai eliminato il pericolo della divisione. Per via della debolezza umana, che non risparmia nessun cristiano, allo stabat coraggioso sul Calvario c’è il rischio di preferire una più esaltante ascesa sulla torre di Babele. Da entrambi le sommità si vede il cielo, ma solo in un caso si tocca Dio. E solo in un caso, in presenza di una precisa caratteristica che è dono di Dio, si può parlare dell’esistenza della Chiesa, come molte volte affermato da Benedetto XVI:

    “L’unità; perciò l’unità è il segno di riconoscimento, il ‘biglietto da visita’ della Chiesa nel corso della sua storia universale”. (Omelia di Pentecoste, 23 maggio 2010)

    Una unità, ha detto in un’altra occasione, che non livella nessuno, né gli individui né il corpo nel suo insieme:

    “Al contrario, questo è piuttosto il modello di Babele, cioè l’imposizione di una cultura dell’unità che potremmo definire ‘tecnica’. La Bibbia, infatti, ci dice che a Babele tutti parlavano una sola lingua. A Pentecoste, invece, gli Apostoli parlano lingue diverse in modo che ciascuno comprenda il messaggio nel proprio idioma. L’unità dello Spirito si manifesta nella pluralità della comprensione”. (Omelia di Pentecoste, 23 maggio 2010)

    La differenza tra la Chiesa-comunione e la Babele della disunità sta tutta nel verificarsi di un incontro, quello con Cristo. Un incontro che, ha ripetuto ad oltranza Benedetto XVI, avviene con una “Persona viva non un’idea":

    “L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore (...) è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane”. (Udienza generale, 17 ottobre 2012)

    Il fatto è che oggi sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità ed emozioni sono diversamente intesi da quella società che vive come se Dio non esistesse. Sono doti molto spesso orientate alla vetta di Babele e questo spinge il corpo cristiano, pastori in testa, a testimoniare sempre e di nuovo quale sia la giusta strada che porta al cielo, rispetto all’altra inutile e distruttiva scorciatoia:

    “La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza (...) Non è il potere che redime, ma l’amore (...) Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore (...) Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini”. (Messa di inizio del Ministero petrino, 24 aprile 2005)

    inizio pagina

    Ultimi lavori alla Cappella Sistina per il Conclave, montato il comignolo sul tetto

    ◊   Quello che si apre martedì sarà il 75.mo Conclave, nella forma che conosciamo oggi, della storia della Chiesa, il 25.mo ad essere ospitato nella Cappella Sistina in Vaticano. Chiusa già dallo scorso 5 marzo per i preparativi, oggi la Cappella è stata aperta alla visita di un folto gruppo di giornalisti e foto reporter appartenenti a testate di tutto il mondo. Per noi c’era Adriana Masotti:

    La “Via Pulchritudinis”, la via della Bellezza, è una via capace di guidare la mente e il cuore verso l’Eterno, di elevarli fino alle altezze di Dio. Benedetto XVI l’aveva detto il 25 ottobre scorso in occasione del 500.mo anniversario della Cappella Sistina. Se questo è ciò che accade alle migliaia di persone che ogni giorno la visitano, tanto più lo sarà per i 115 cardinali che verranno "chiusi" in questo straordinario spazio. Giovanni Paolo II scriveva nella “Universi Dominici Gregis” riguardo alle disposizioni per il Conclave dopo la sua morte: “Dispongo che l’elezione continui a svolgersi nella Cappella Sistina, ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato”. Un monito non da poco per quanti hanno il compito di affidare le chiavi della Chiesa ad uno di loro. Bellezza e segretezza: l’altro elemento fondamentale della Cappella che dopo l’ingresso in solenne processione dei cardinali nel pomeriggio di martedì, con l’ordine dell’ “Extra omnes” , il “fuori tutti”, si chiuderà ponendo il sigillo alla porta dall’interno, dando inizio al Conclave. Completamente oscurate le vetrate nella zona adibita alle votazioni, impossibile l’uso di cellulari e computer.

    Nella Cappella proseguono intanto i lavori. In mattinata sul tetto è stato montato il camino da cui uscirà il fumo che, a seconda del colore, annuncerà al mondo l'elezione o meno del nuovo Papa. E sono proprio le stufe a cui il comignolo è collegato la grande attrattiva di chi oggi ha avuto il privilegio di poter entrare nella Cappella Sistina. Sono collocate l’una a fianco all’altra, a sinistra, appena superato l’ingresso, alla loro estremità superiore i loro tubi si congiungono in un unico condotto che sale fino a raggiungere il tetto del palazzo. La prima stufa, quella di linea più geometrica, utilizzata per la prima volta nel 2005, è dotata di un'apparecchiatura ausiliaria a fumogeni per incrementare la visibilità delle fumate. Per migliorare il tiraggio, la canna è preriscaldata mediante resistenze elettriche ed è dotata di un ventilatore da avviare in caso di necessità. In base al risultato, miscele di composizioni diverse vengono inserite nell’apposito scomparto e l’accensione viene innescata da un’unità di controllo nel giro di pochi minuti, mentre le schede bruciano nel fornetto. L’altra stufa, a forma cilindrica, serve per bruciare le schede dopo la votazione. Usata per la prima volta nel conclave del 1939, è alta circa un metro e con un diametro approssimativo di 45 centimetri, è fornita di sportello che si abbassa attraverso il quale la stufa viene accesa, un regolatore manuale e uno sportello superiore per introdurre le carte da bruciare.

    Al centro della prima sezione della Cappella una pedana rivestita da un telo color nocciola conduce alla seconda sezione che ha visto l’intervento principale cioè la realizzazione di una pavimentazione nuova su cui si muoveranno i cardinali. Su questo piano, a sinistra e a destra, sono in allestimento i posti per i cardinali: due file di tavoli ricoperti di panno rosso e relative sedie. A dominare su tutto, il grande Giudizio Universale di Michelangelo che parla e racconta la storia e il destino dell’umanità in continuo e perenne rapporto con il proprio Creatore.

    inizio pagina

    Allestito in Vaticano il Media Center. Accreditati oltre 4800 giornalisti

    ◊   Sono migliaia i giornalisti accreditati presso il Media Center, all’interno dell’Aula Paolo VI, per seguire gli eventi legati alla Sede Vacante, al Conclave e all’inizio del nuovo Pontificato. La struttura - allestita dallo Stato della Città del Vaticano, dalla Sala Stampa della Santa Sede, dalla Radio Vaticana, dal Centro Televisivo Vaticano e con la collaborazione del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e dell’Unione Europea Radio Diffusione (Ebu) – permette di soddisfare diverse esigenze operative. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’Aula Paolo VI, come già accaduto in occasione della morte di Giovanni Paolo II e della sua Beatificazione, torna ad ospitare migliaia di giornalisti e assume, in questi giorni cruciali, la fisionomia di un villaggio mediatico globale. Il Media Center occupa, in gran parte, gli spazi della superficie dell’Atrio dell’Aula Paolo VI ed è suddiviso in quattro settori: la sezione per la mondovisione, con 18 postazioni per i cronisti televisivi, il Centro Servizi Stampa, con postazioni dotate tra l’altro di connessione Internet e telefono, l’area Tv, con 21 cabine, e quella Radio, dotata di 28 postazioni e 11 cabine. Sono diverse migliaia, finora, le richieste di accredito pervenute da tutto il mondo. Domenico Cinque, assistente al controllo nel Media Center:

    “Abbiamo 5.256 richieste di accredito, tra cui 4.812 andate a buon fine, dopo i dovuti controlli. In totale, comprendiamo più di 1.400 testate giornalistiche, divise in 24 lingue, con 65 nazioni presenti. La maggior parte dei giornalisti pervengono dalle stesse località da dove arrivano i cardinali. Per ovvi motivi, all’ingresso troviamo la gendarmeria che permette l’accesso solo alle persone accreditate. Poi c’è il controllo con il metal detector per evitare che vengano introdotti strumenti non idonei. Noi invece abbiamo il compito di valutare che l’accredito sia reale ed indirizzare la persona verso il settore per cui ha richiesto l’accredito”.

    L’area riservata alla stampa fornisce postazioni di lavoro per giornalisti e fotografi. Marzia Pellegrino, coordinatrice del Centro Servizi Stampa:

    “Abbiamo quattro file di tavoli: l’ultima è riservata a coloro cui è garantita una connessione internet molto veloce – 100 mega – e i servizi di telefonia; mentre, nella seconda fila ci sono i computer connessi con il cavo lan, le altre due file sono senza computer ma hanno comunque possibilità di connessione. Quindi, anche durante le Congregazioni, quando i telefonini erano schermati e non c’era il Wi Fi, i giornalisti hanno avuto la possibilità di collegarsi via internet - con il cavo Lan – o altrimenti usare i computer che sono a loro disposizione”.

    Per la sezione riservata alle emittenti radiofoniche è primario, in particolare, il contributo fornito dalla Radio Vaticana. Giacomo Ghisani, responsabile dell’ufficio Relazioni Internazionali della nostra emittente:

    “Essendo la Radio Vaticana l’emittente ‘nazionale’ del luogo in cui il Conclave e l’elezione del nuovo Papa si svolgeranno, ha il dovere di predisporre in base agli standard internazionali e ai principi di cooperazione internazionale, quanto necessario per dare modo alle emittenti estere di poter garantire, dal Vaticano, un’intera copertura. Quindi, la Radio vaticana ha predisposto spazi di lavoro e cabine per trasmissioni radiofoniche a beneficio proprio di tutti questi partner internazionali. Sono circa 30 open space - spazi di lavoro - più 15 cabine attrezzate per radiocronache, per un totale quindi di una cinquantina di disponibilità a favore delle emittenti radiofoniche”.

    Molte delle postazioni, all’interno del Media Center, offrono ai giornalisti la possibilità di utilizzare le immagini del Centro Televisivo Vaticano e l’audio diffuso dalla Radio Vaticana.

    inizio pagina

    Conclave: la Radio Vaticana presente su tutte le piattaforme di diffusione

    ◊   In occasione del Conclave, da martedì 12 marzo fino all’elezione del nuovo Papa, la Radio Vaticana adotterà una programmazione speciale per seguire in diretta, momento per momento, questo importante evento. Ce ne parla Sean Patrick Lovett, responsabile della Sezione inglese della nostra emittente:

    Si parla tanto di Chiesa e tecnologia e dei primati della Radio Vaticana come emittente della Santa Sede. È importante ricordare che per la prima volta nella storia della comunicazione di massa, un’emittente concentrerà su tutte le piattaforme attualmente disponibili – digitali ed analogiche – le sue attenzioni, per diffondere un unico evento. La Radio Vaticana, in occasione del Conclave, sarà presente non soltanto sulle tradizionali piattaforme – onde corte, onde medie, FM, satellite – ma anche in televisione: avremo una telecamera privilegiata, quella del Ctv, il Centro Televisivo Vaticano, puntata su Piazza San Pietro e sul comignolo della Sistina; andremo in web casting, quindi una diretta che può essere seguita sul nostro sito www.radiovaticana.va, sul Vatican Player, sulla nostra App (scaricabile gratuitamente dal sito), con l’Agenda Vaticana (Tic), audio e video streaming in diretta e con aggiornamenti in tempo reale su Twitter e la possibilità di interagire sulla pagina Facebook (come quella in inglese www.facebook.com/VaticanRadioEnglish), che permette anche di rispondere a quesiti, domande e curiosità da parte di chi ci segue su queste piattaforme.

    In particolare, saranno tre le redazioni linguistiche, italiana, inglese e brasiliana, che seguiranno in diretta, ogni giorno, le due fumate ‘canoniche’ previste quotidianamente al termine delle votazioni, nella tarda mattinata e nel pomeriggio. Un’altra redazione, quella francese, seguirà la fumata pomeridiana.

    inizio pagina

    Radio Vaticana. Angelus sostituito dall'annuncio con le parole di Benedetto XVI: la Chiesa non è mia ma di Cristo

    ◊   Nella seconda domenica senza Angelus, anche la Radio Vaticana, come già avvenuto domenica scorsa, trasmetterà a mezzogiorno il seguente annuncio:

    “La barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua, del Signore, e non la lascia affondare.” Così Papa Benedetto XVI si è rivolto a tutti i fedeli del mondo, a conclusione del suo pontificato, terminato il 28 febbraio scorso. Benedetto XVI ha voluto lasciare un pensiero che gli sta molto a cuore: “La Chiesa non è un’organizzazione, è un corpo vivo, una comunione di frateli e sorelle nel corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti.” Con questo spirito, in questo appuntamento tradizionalmente dedicato alla recita dell’Angelus, invitiamo i nostri ascoltatori ad unirsi alla preghiera di tutta la comunità cristiana per l’elezione del nuovo Papa. Nella preghiera, desideriamo continuare ad essere vicini a Benedetto XVI. Con lui, preghiamo per i cardinali che nei prossimi giorni si riuniranno in Conclave, “affinché siano pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che il Signore mostri loro quello che è voluto da Lui".

    L’annuncio andrà in onda 11.50, alle 12.00 e alle 12.15, accompagnato da musica, con traduzione in inglese, francese, spagnolo, portoghese/brasiliano.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il 12 marzo inizierà il conclave: la decisione è stata presa nel corso dell’ottava congregazione dei cardinali.

    La lezione della Sistina: Antonio Paolucci su cosa vedranno i cardinali elettori entrando in conclave.

    Gli occhi del mondo in Vaticano: un articolo sull’eccezionale mobilitazione mediatica.

    Tra la creazione e il giorno del Giudizio: alcuni versi tratti da “Trittico romano. Meditazioni” di Giovanni Paolo II e uno stralcio della presentazione scritta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger.

    Come un’ultima enciclica: sulla rinuncia di Benedetto XVI al Pontificato l’editoriale del direttore Stefano Femminis nel numero di marzo del mensile dei gesuiti italiani “Popoli”.

    Una risposta universale alle urgenze di oggi: Reinhard Marx sull’Europa di fronte all’Enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII.

    Che felicità il purgatorio: la mistica di Giuliana di Norwich e Caterina da Genova nel libro “Il paradiso. Di che si tratta?”, del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

    Radici o scomodo corpo estraneo? Cristianesimo, secolarizzazione e declino dell’occidente nel volume “Cristo in Europa” del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna.

    Il vescovo di Lodi e presidente della Caritas italiana, Giuseppe Merisi, su fede e carità nel Motu proprio “Intima Ecclesiae natura”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Afghanistan, dove - a causa delle perduranti violenze - la diplomazia non riesce a decollare.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Pakistan: estremisti musulmani attaccano quartiere cristiano, feriti anche bambini

    ◊   Nuova fiammata di violenze anticristiane in Pakistan: questa mattina a Lahore una folla di estremisti islamici ha dato alle fiamme circa 100 case della locale comunità cristiana, dopo che ieri sera un altro attacco aveva costretto alla fuga 150 famiglie residenti nell’area. Alla base di questi fatti c’è un presunto caso di blasfemia, che anche i media pakistani definiscono falso. Sull’accaduto è intervenuto anche l’amministratore apostolico di Lahore, il vescovo Sebastian Shaw, che ha condannato l’episodio e ha espresso il sostegno e la solidarietà della Chiesa alla comunità locale. Sui fatti di oggi e la situazione generale nel Paese, Marco Guerra ha intervistato il prof. Shahid Mobeen, fondatore dell’Associazione dei cristiani pakistani in Italia:

    R. - Tutto è iniziato ieri sera quando il cristiano Savan Masi ha litigato con un cittadino musulmano del Pakistan. Non si sanno le ragioni precise, ma sembra che sia stato accusato di blasfemia. Stamattina, invece, un gruppo di cittadini di Lahore ha attaccato l’intero quartiere, bruciando le case. Sono state ferite più di 100 persone, 37 si trovano in ospedale e tre sono bambini, che secondo i dati dell’ospedale hanno ustioni sul 7% del corpo, anche nelle parti intime.

    D. – Si tratta dell’ennesimo caso di un abuso dell’applicazione della legge sulla blasfemia...

    R. – Sì, perché il popolo pakistano, di qualsiasi regione esso sia, è profondamente religioso e non commetterebbe blasfemia nei confronti di alcuna figura religiosa, a prescindere dall’islam che è la religione della maggioranza e si sa quali tipi di reazione si va a causare.

    D. – A che punto è la campagna per l’abolizione della blasfemia?

    R. – Sembra che per ora si è rinunciato all’idea di abolire la legge sulla blasfemia, ma si è costituito un comitato misto di ulema sunniti e sciiti, ed anche altre figure di minoranze religiose del Pakistan, per poter studiare una strategia affinché si possa evitare l’abuso di questa legge.

    inizio pagina

    Egitto. 21 condanne a morte, 28 assolti per la strage di Port Said. Caos nella città

    ◊   Egitto. E’ arrivata oggi l’attesa sentenza per le violenze allo stadio di Port Said del 1 febbraio 2012, in cui persero la vita 74 persone. La Corte ha confermato in appello 21 condanne a morte, 5 ergastoli, 19 pene detentive più brevi, mentre 28 imputati, tra cui diversi poliziotti, sono stati assolti. La sentenza ora passerà al vaglio del Gran Muftì ma nella città è scoppiato subito il caos: data alle fiamme la sede della polizia e altri locali; alcuni manifestanti hanno bloccato il transito dei traghetti verso Suez, mentre il governo ha deciso di schierare l’esercito e dichiarato lo stato di emergenza nel Sinai dove si temono attacchi dei jihadisti contro la polizia. Cecilia Seppia ha sentito Michele Zanzucchi direttore del periodico Città Nuova:

    R. - Questa sentenza così dura e così radicale, suscita davvero un certo timore: evidentemente la situazione sta sfuggendo di mano e quindi si stanno cercando di porre degli atti che diano un po’ di calma al Paese. Ebbene, questa sentenza, che ha una forte connotazione politica, s’inserisce nella lista di notizie che sono arrivate in questi ultimi giorni e in questi ultimi mesi sulla situazione di conflittualità e di instabilità del Paese. La visita del segretario di Stato Usa John Kerry non è riuscita a calmare le acque, anzi probabilmente le ha turbate ancora di più.

    D. - Una sentenza che, comunque, deve essere ancora convalidata dal Gran Muftì: quindi resta ancora provvisoria ma nella città è già scoppiato il caos?

    R. - Non c’è nulla di definitivo in questo momento in Egitto! Le sentenze vengono annullate, vengono riproposte; le decisioni presidenziali vengono sottoposte al giudizio di diversi organi dello Stato... Bisogna che l’autorità statale riprenda una certa autorità, perché altrimenti non si riuscirà ad uscire da questa situazione. Penso comunque che non si arriverà all’esecuzione dei condannati.

    D. - Sul fronte politico sono saltate le elezioni di aprile decise dal presidente Morsi, attraverso questo decreto che poi è stato giudicato incostituzionale per gravi vizi procedurali. Insomma, lo stallo politico nel Paese sembra non avere fine…

    R. - Sembra non aver fine e probabilmente durerà ancora per un certo periodo. Si sottovaluta in questo momento la gravissima situazione economica del Paese. I salari cominciano a non essere pagati anche da parte dello Stato; la disoccupazione ha raggiunto livelli elevatissimi e quindi l’emigrazione dei giovani aumenta ulteriormente; le conflittualità tra musulmani più radicali e la piazza che ha provocato, che ha sostenuto e che sta portando avanti tutt’ora la cosiddetta “primavera araba” o “transizione araba”: ebbene, tutto questo dice che nel breve periodo è difficile che si possa arrivare ad una situazione di stabilizzazione. Certamente questi Paesi, però, hanno delle risorse inaspettate e quindi se ci fosse un convergere tra il presidente Morsi e l’opposizione attorno ad alcuni temi potrebbe darsi che la situazione si calmi, anche con una certa rapidità.

    D. - C’è anche questo strano conflitto tra il governo, in particolare il ministero dell’Interno, e la polizia: ricordiamo che ieri 30 commissariati hanno chiuso i battenti dopo la rimozione del capo della polizia antisommossa e addirittura si sono rifiutati di difendere la sede del partito dei Fratelli musulmani al Cairo. Le forze dell’ordine sembrerebbero schierate - diciamo - dalla parte dei cittadini…

    R. - Diciamo che, dopo la destituzione di Mubarak, l’esercito ha perso in qualche modo parte del suo potere. L’esercito, che era la garanzia assoluta della stabilizzazione del Paese, ha fatto poi la scelta di sostenere Morsi e allora si è schierato, in qualche modo, con i Fratelli musulmani per cercare di contenere le proteste di piazza e per dare una certa stabilità al Paese. La polizia, che non è direttamente dipendente dall’esercito, sta facendo un gioco un po’ originale effettivamente, schierandosi dalla parte della popolazione, ma questo non è altro che un sintomo della destabilizzazione che c’è e del fatto che i temi di libertà e di giustizia, che sono stati propugnati da Piazza Tahrir e da tutti gli altri, sono ancora ben vivi nella popolazione. Quindi anche i provvedimenti del governo Morsi che vadano contro questa libertà, anche ogni provvedimento che imbrigli un po’ la capacità della popolazione di dire la sua, ebbene questo non sarà accettato!

    inizio pagina

    Libano, ripercussioni della crisi siriana: intervista con il consigliere del Gran Mufti

    ◊   Proseguono gli scontri in Siria, a poco meno di tre chilometri dal confine con Israele, dove sono stati rapiti i 21 caschi blu di nazionalità filippina della cui liberazione si stanno occupando le Nazioni Unite. Gravi difficoltà si vivono anche a un altro confine, quello con il Libano, Paese esempio di convivenza, ma anche luogo di gravi frizioni politiche, sociali e religiose sfociate spesso in violenze; e che oggi vede arrivare giorno dopo giorno sul proprio territorio decine di migliaia di rifugiati siriani. Il rischio di sconfinamento del conflitto è all’ordine del giorno, così come la rottura di quegli equilibri interni già estremamente fragili. “Il problema è insistere sull'importanza della libertà religiosa – afferma Mohammad Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano e segretario generale del Comitato Libanese Islamo-Cristiano per il Dialogo – ma bisogna anche esortare il rispetto delle minoranze religiose nel mondo arabo, come i cristiani“. Ma perchè oggi è così difficile dialogare? Salvatore Sabatino lo ha chiesto allo stesso Mohammad Sammak:

    R. – It’s not really difficult: it’s the reaction of extremism. …
    In realtà, non è difficile: è la reazione dell’estremismo. Non può esistere un dialogo scientifico e spirituale con chi crede di essere nel giusto o di avere il monopolio della verità; con queste persone non si può condurre un dialogo, perché loro si rifiutano a priori. Queste persone alzano la voce, ma sono in minoranza e questi fenomeni non hanno vita lunga: sono fenomeni miopi. Noi confidiamo nel fatto che la comprensione tra cristiani e musulmani e con i musulmani moderati possa far sentire la sua voce, per far cadere questo movimento e riportare il rapporto con i cristiani sul versante giusto.

    D. – Lei parla di tre regole alla base della comunità e del dialogo …

    R. – Yes. The first rule is human dignity, respect of human dignity. …
    Sì. La prima regola riguarda la dignità umana, il rispetto della dignità dell’uomo. La dignità dell’uomo è un dono di Dio a ciascun essere umano, a prescindere dalla sua appartenenza etnica, della sua fede religiosa, del sesso e via dicendo. Questo rispetto deve essere una base comune per la comprensione delle persone. La seconda regola da osservare è nella consapevolezza della diversità delle persone: le persone sono create “diverse” e nella loro diversità manifestano la grandezza di Dio che ha creato persone diverse tra loro. Per questo noi dobbiamo rispettare Dio nel rispettare le differenze tra le persone,. Temo che ci sia una serie di malintesi riguardo a questi principi, che portano poi all’incomprensione tra le persone.

    D. – Lei viene dal Libano, un Paese piccolo ma importante in Medio Oriente. Come è la situazione adesso, nel suo Paese?

    R. – Well, I can say, it is a tense situation because the repercussions of what …
    Beh, posso dire che la situazione è tesa, perché le ripercussioni di quanto sta accadendo in Siria arrivano anche in Libano. Abbiamo un milione di profughi siriani ora, laddove il Libano è un Paese con quattro milioni di abitanti: quindi, i profughi rappresentano ora un quinto della popolazione. Oltre a loro, abbiamo mezzo milione di profughi palestinesi … Questo Paese non è in grado, economicamente e socialmente, di affrontare questa situazione. Questa situazione, insieme al conflitto in Medio Oriente, si ripercuotono tutti sul Libano. La nostra economia, inoltre, è debole … Ma ciò nonostante, il Libano rimane un “paradiso felice” per tutti coloro che credono nel pluralismo nel Medio Oriente. Il Medio Oriente è pluralista, ma il rispetto del pluralismo è fiacco …

    D. – Lei teme la situazione in Siria? Si parla sempre più spesso di regionalizzazione del conflitto..

    R. – Yes, certainly we are scared: for the sake of the Syrians, who are suffering …
    Certo che abbiamo paura: per i siriani che ne soffrono – a tutt’oggi, i morti sono oltre 70 mila. Il Paese è completamente distrutto e questo avrà conseguenze politiche, sociali ed economiche nel prossimo futuro! Non solo il Libano ne soffrirà: tutto il Medio Oriente risentirà di quello che sta accadendo ora in Siria! Noi speriamo tanto che questa sofferenza finisca, ma temo che la comunità internazionale non stia facendo il suo dovere nel modo appropriato: si limita a parlare e finora si è impegnata ai minimi termini. Ecco, io spero tanto che prendano la cosa più sul serio perché è a rischio la sicurezza internazionale.

    inizio pagina

    Kenyatta nuovo presidente del Kenya ma lo sfidante Odinga annuncia il ricorso

    ◊   Nel giorno della proclamazione del nuovo presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, l’altro candidato, l’ex primo ministro Raila Odinga, annuncia il ricorso. Kenyatta, che ha vinto per un soffio le presidenziali che si sono svolte il 4 marzo, è accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l'umanità. Lo sconfitto Odinga, che promette sfida in tribunale, afferma che il livello “delle carenze nel sistema rende molto difficile credere che sia un risultato credibile”. Dopo le estenuanti operazioni di scrutinio, dunque c’è il rischio di nuove tensioni. Fausta Speranza ne ha parlato con Aldo Pigoli, docente di storia dell’Africa contemporanea all’Università Cattolica di Milano:

    R. – In molti si attendono un’evoluzione carica di tensioni e anche di violenza a livello locale. Il Paese appare frammentato soprattutto in questo momento elettorale. Tuttavia questa frammentazione, questa rivalità, che ha carattere etnico-tribale, è molto meno marcata cioè si manifesta molto meno in momenti diversi da quelli elettorali. Chiaramente, l’elemento della politicizzazione qui è evidente e prende corpo prima e dopo l’annuncio dei risultati elettorali da parte della Commissione nazionale o comunque delle autorità adibite a questo compito.

    D. – Ci dice qualcosa di più su Kenyatta, accusato di crimini contro l’umanità?

    R. – La comunità internazionale si è un po’ schierata - soprattutto l’ex madrepatria coloniale, la Gran Bretagna - contro Kenyatta proprio in ragione di questa condanna da parte della Corte Penale internazionale, per crimini contro l’umanità, in particolar modo relativi a quello che è successo nel periodo 2007-2008, a cavallo delle precedenti elezioni presidenziali. Kenyatta è un personaggio controverso, ha alle spalle la figura importante, fondamentale per la storia del Kenya, di Jomo Kenyatta, il padre fondatore dello Stato indipendente del Kenya, figura di spicco in quello che è l’immaginario collettivo africano: rappresenta l’indipendenza dal colonialismo, l’emancipazione. Kenyatta è riuscito, però, anche a livello personale, a crearsi un’immagine politica indipendente e autorevole, ed è riuscito a superare in qualche modo la frammentazione politica del Paese ottenendo un risultato significativo alle elezioni. Almeno fino a prova contraria, poi si vedrà quello che succederà nei prossimi giorni. Quindi, è sicuramente una figura di spicco nel Paese. Però, ha la macchia di questo suo passato che è stato sanzionato a livello internazionale dalla Corte Penale di Giustizia.

    D. – Invece, che cosa dire di Odinga?

    R. – Odinga è ex premier e questa è, come dire, la testimonianza di un livello di democraticità che magari non ci si aspetterebbe. Di solito si pensa che in Africa chi ha il controllo delle istituzioni riesca a manipolare le elezioni a suo favore, invece questo non è avvenuto o, se è avvenuto, la manipolazione è avvenuta al contrario, almeno per quanto dicono i sostenitori di Odinga. Odinga è un’altra figura di grande politico, con una carriera anche di leader di diversi ministeri e istituzioni, in passato, oltre al recente incarico di primo ministro. E’ un personaggio che è riuscito a mettere assieme la diversità etnica per trovare sostegno – ampio sostegno – per la sua coalizione. Anche qui è un esempio dell’assenza di una corrispondenza diretta tra appartenenza etnica e voto politico. Lui è riuscito un po’ trasversalmente a raccogliere i vari voti. Prima di questo esito ci si aspettava una violenza più forte nel caso avesse vinto Odinga e fosse stato Kenyatta a contestare le elezioni; ora, bisognerà vedere anche la capacità, il senso di responsabilità di Odinga, al di là di quello che emergerà dalle indagini che verranno fatte. Bisogna anche ricordare un aspetto centrale di queste elezioni: avrebbero dovuto essere caratterizzate da un elevato impatto della tecnologia informatica per il voto. Invece, il fallimento di questa tecnologia, che ha portato anche a più di un problema in vari collegi elettorali, ha fatto emergere il dubbio che ci siano stati brogli e che siano state distrutte o manipolate numerose schede. Quindi, vedremo un po’ quello che succederà nei prossimi giorni.

    inizio pagina

    Fitch declassa l'Italia e Napolitano torna a sollecitare la formazione del nuovo governo

    ◊   Alla chiusura settimanale delle borse, Fitch ha tagliato il rating dell'Italia a BBB+, un’iniziativa che riflette – si legge nella nota dell’agenzia – il “risultato inconcludente delle elezioni italiane”. E mentre permane la distanza e lo stallo nel confronto tra le principali forze politiche, il presidente della Repubblica Napolitano esorta l’Italia a darsi un nuovo governo. Sulla stessa linea il presidente di Confindustria Squinzi che chiede “al più presto un esecutivo che dia stabilità”. Marco Guerra ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di economia politica alla Bocconi, quali ripercussioni sull’economia può avere un’instabilità prolungata:

    R. – Quello che è importante per i mercati è che ci sia l’assicurazione che l’Italia continui sulla rotta di forma e di consolidamento fiscale, tracciata dal precedente governo. Quanto più questa rotta sembra in qualche modo messa in discussione dagli eventi politici, tanto più le agenzie di rating si preoccupano. Il vantaggio è che per il momento questo, se vogliamo, è un avvertimento e non è ancora un’azione con conseguenze operative.

    D. – Dobbiamo aspettarci nuovi attacchi speculativi sui mercati come quelli avvenuti nel 2012?

    R. – Penso di no. In questo momento le agenzie di rating stanno cercando di capire se l’Italia si avvierà verso un governo stabile che prosegue l’agenda di riforme. Nel momento in cui questa certezza non dovesse essere messa in discussione non succederà niente, tant’è che in questi giorni la Borsa sta andando bene, a seguito di quella americana, e lo spread è altamente sotto controllo. In più rispetto al 2012 c’è indubbiamente una volontà politica da parte dell’Unione europea di porre fine alla crisi grazie agli interventi della Banca centrale europea. Da questo punto di vista, per il momento, mi sembra abbastanza lontano il problema del rischio di un attacco speculativo.

    D. – Per quanto riguarda l’economia reale è prevista una contrazione del Pil dell’1,8 nel 2013. Un governo stabile può invertire la spirale della recessione e della disoccupazione?

    R. - Un governo stabile potrebbe negoziare con Bruxelles un allentamento dell’austerità. Noi dovremmo continuare a mantenere avanzi primari del 4 - 4,5 per cento nei prossimi anni per portare verso il basso il rapporto debito-Pil. Potremmo, tuttavia, avviare un percorso concordato con i partner, che ci consentano minori velocità di aggiustamento: significherebbe 7, 8, 10 miliardi all’anno da liberare per la crescita e la riduzione del carico fiscale.

    D. – Draghi ha rassicurato i mercati parlando di un’Italia con il “pilota automatico”. Il caso del Belgio ci dice che è possibile stare senza esecutivo anche per più di un anno…

    R. –Il “pilota automatico” cui si riferisce Draghi è il fiscal compact, cioè il patto fiscale che abbiamo firmato in cui si dice: questi sono gli impegni che l’Italia ha preso, che il parlamento ha votato e che continueranno a essere onorati da qualunque governo che verrà in futuro. Per il momento, la ragione per cui non vediamo attacchi speculativi, la ragione per cui tutto sommato i mercati sono tranquilli, è che sono tutti convinti che il pilota automatico porterà l’Italia verso il consolidamento fiscale a cui l’Italia stessa si è impegnata. Resta però la sfida di avere un governo che guidi, perché bisogna tenere la rotta ma bisogna anche evitare le buche. In questo senso è opportuno avere un governo che consenta di rimodulare spesa e carico fiscale e nello stesso tempo migliorare le condizioni di crescita e occupazione del Paese.

    inizio pagina

    Conclusa in Brasile la fase diocesana del processo di beatificazione di Ginetta Calliari, tra le prime compagne di Chiara Lubich

    ◊   “Oggi è una giornata molto importante. Attraverso la sua testimonianza, annunciamo al mondo Gesù, via non solo di salvezza personale, ma per la costruzione di una società fraterna”. Così mons. Ersilio Turco, vescovo di Osasco, in Brasile, ha concluso ieri sera la solenne celebrazione in chiusura del processo di Beatificazione di Ginetta Calliari, una delle prime compagne di Chiara Lubich, da lei riconosciuta confondatrice dei Movimento dei Focolari in Brasile, dove ha vissuto per più di 40 anni. In un messaggio, il cardinale Odilo Schrerer, arcivescovo di San Paolo, ha auspicato che la santità di vita di Ginetta possa essere riconosciuta quanto prima per il bene della Chiesa. Ma ascoltiamo da Osasco, il servizio di Carla Cotignoli:

    Ieri sera, nella cattedrale di Osasco si respirava un clima di grande gioia e commozione. Quel volto luminoso di Ginetta che campeggiava a lato, sull’altare maggiore, rendeva visibile la forza di attrazione che continua ad esercitare una vita radicata, senza riserve, nel Vangelo. Forte la testimonianza di Norma Curti, che aveva vissuto con Ginetta per più di 30 anni:

    “Con Ginetta si viveva lo straordinario nell’ordinario. Sempre lei ci comunicava le sue esperienze, sia a noi sia ai giovani, alle famiglie, ai politici, agli imprenditori … Posso dire che comunicava il fascino di Dio. Non c’era ostacolo, imprevisto o contrarietà che la fermasse, e la sua forza era la fede nella Parola. La fede – diceva – è la nostra partecipazione all’onnipotenza di Dio”.

    Più voci ieri, come quella del postulatore della Causa, l’avvocato Carlo Fusco, hanno ricordato questa sua fede adamantina nell’attuare quell’ispirazione di Chiara Lubich, nata proprio qui, in Brasile: l’Economia di Comunione, entrata ora nel Magistero della Chiesa. La consegna era quella di far sorgere un polo imprenditoriale che ne mostrasse l’attuazione, fatto che pareva impossibile negli anni in cui il Brasile viveva una forte recessione economica. Ma per la fede di Ginetta diventò possibile. Ieri sera il suo volto è apparso sul grande schermo situato sopra l’altare. Lei stessa ha comunicato i momenti in cui si è accesa nel suo cuore questa fede, quando nel 1944 ha incontrato Chiara Lubich e la sua vita è stata trasformata dalla luce del Vangelo. Le sue parole sono avvertite da tutti come una consegna:

    “Capivo che la Parola costruisce … la Parola è il Verbo, è la sapienza. E allora, io ho fatto questa esperienza: che la Parola di Dio ha un fascino che trasforma, che tocca. Come ha toccato me, se poi è vissuta – non letta o commentata, ma se è trasmessa con la vita, veramente opera cose grandi nelle persone!”.

    inizio pagina

    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella quarta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone la parabola dell’amore misericordioso di Dio o del figliol prodigo: la festa del padre per il ritorno del figlio che aveva sperperato parte dell’eredità, riceve il disprezzo del fratello maggiore, a cui il padre risponde:

    “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo la riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    La pagina del Vangelo di Luca che si proclama in questa quarta domenica forse la conosciamo di più come “parabola del figliol prodigo”, con l’accento posto sulla storia di questo giovane che si allontana dalla casa paterna e sperpera tutti i suoi averi. Il nuovo titolo coglie meglio il significato delle parole del Signore: esse raccontano l’amore misericordioso di Dio verso l’uomo. Il fratello maggiore. L’uomo del “dovere”, l’uomo che serve, ma senza amore, che cova una invidia profonda verso il fratello che se n’è andato, si “indigna”, dice letteralmente il Vangelo, per l’indulgenza del padre che egli né comprende, né condivide. “Ha sbagliato, che paghi!”, è il commento di tanti fratelli maggiori anche oggi nella Chiesa – ed anche al di fuori di essa, ma dove questo atteggiamento è più comprensibile, perché non ha nulla a che fare con la storia d’amore di Dio. Dio, il Padre buono, che ha creato l’uomo per renderlo partecipe, in Cristo, della Sua vita divina non solo non ha questa grettezza di cuore, ma è rimasto – e rimane, nonostante il nostro cuore traviato e distorto – il “filantropo”, l’amante dell’uomo, capace di mettere in atto tutto pur di poterlo salvare. Il tempo di Quaresima è tempo di grazia particolare per uscire dalle nostre grettezze ed entrare di cuore nell’anno della fede con la gioia di aprirci all’altro, all’ultimo, al lontano, perché così il Padre ha fatto con noi.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Duplice attentato in Afghanistan, tra le vittime anche bambini

    ◊   È di 9 morti, tra cui 7 civili e due soldati afghani, oltre a una decina di feriti, il bilancio preliminare di un attentato avvenuto questa mattina intorno alle 9 ora locale, a Kabul, in Afghanistan, nei pressi del palazzo che ospita il Ministero della Difesa afghano. Secondo alcuni testimoni oculari, un kamikaze si sarebbe avvicinato in bicicletta trasportando una carica di esplosivo che poi ha fatto esplodere nei pressi dell’ingresso dell’edificio riservato al personale locale. Un altro ingresso sarebbe riservato al personale Nato nella zona verde. L’attacco è avvenuto poco dopo l’arrivo in Afghanistan del segretario alla Difesa americano, Chuck Hagel. Non è chiaro se al momento Chuck Hagel si trovasse all’interno della struttura, comunque è stato trasportato in un luogo sicuro. L’attentato è stato rivendicato dai talebani afghani che lo attribuiscono al “martire” Muhammad Kandahan. Un altro attentato, inoltre, ha insanguinato la giornata di oggi nel Paese: un kamikaze si è fatto esplodere al passaggio di una pattuglia afghano-americana nell’area di Kandi, alla periferia di Khost City, nel sud-est dell’Afghanistan, uccidendo un agente e otto bambini. (R.B.)

    inizio pagina

    Pakistan. Attentato in moschea a Peshawar, almeno 6 morti

    ◊   È di almeno sei morti e decine di feriti – alcuni in gravi condizioni - il bilancio di un attentato avvenuto ieri sera al termine della preghiera serale del venerdì in una moschea di Peshawar, nel Pakistan nord-occidentale. Un ordigno posto sotto il pulpito della moschea di Jamia Chishtia, è esploso investendo l’imam, che è tra le vittime, e una cinquantina di fedeli, oltre a danneggiare pesantemente la struttura. Difficile anche la gestione dei soccorsi, a causa della vicinanza con il Meena Bazaar e le strette viuzze che hanno complicato l’accesso agli automezzi e rallentato il trasporto dei feriti al Lady Reading Hospital della città. Una forte condanna dell’attentato, che ricorda quello del 28 ottobre 2009 nei pressi del Charri Koban Bazaar, in cui morirono 120 persone, è arrivata dal governatore della regione che ha disposto l’emergenza in tutti i nosocomi della zona. Anche i talebani pakistani hanno condannato l’attentato – del quale non è ancora giunta alcuna rivendicazione – definendolo “un incidente barbaro”. Hanno espresso solidarietà alle famiglie delle vittime e ricordato che i talebani pakistani “non hanno mai attaccato civili e che un attacco dentro una moschea è un atto disumano”. (R.B.)

    inizio pagina

    Zambia: gli anglicani in prima linea per i diritti delle donne

    ◊   Gruppi di sviluppo e di confronto tra donne, in modo da aumentare la consapevolezza dei propri problemi, ma anche per fornire assistenza e aiuto nel crearsi un proprio reddito e di conseguenza una propria indipendenza economica e psicologica. È questo l’impegno delle comunità cristiane presenti in Zambia, dove è stata lanciata una nuova iniziativa finalizzata proprio a combattere la violenza nei confronti delle donne, un fenomeno che assume proporzioni preoccupanti nel Paese africano. L’impulso è venuto dalla Chiesa evangelica, precisa l’agenzia Fides, che offre supporto e consulenza alle donne del Paese, coadiuvata anche da diverse ong internazionali: “Quando le donne non sono economicamente indipendenti dagli uomini non hanno accesso alle informazioni sui propri diritti e sono vulnerabili ai maltrattamenti e alle violenze, quindi la Chiesa, prendendo posizione contro questo approccio, fa del bene a tutta la comunità –sono le parole di Grazia Mazala Phiri, direttrice nazionale dei programmi per la Chiesa anglicana in Zambia, che racconta il cuore della campagna – intendiamo sostenere le donne e ricostruire i rapporti sociali, affinché esse possano vivere nelle loro comunità, nei luoghi di lavoro e a casa in tutta sicurezza”. “Come cristiani sosteniamo le donne fino al raggiungimento della parità in tutti i settori, a partire dall’istruzione”, le fa eco l’arcivescovo anglicano dell’Africa centrale, rev. Albert Chama. (R.B.)

    inizio pagina

    India. Cristiani picchiati a una veglia di preghiera nel Karnataka, otto feriti

    ◊   Otto persone, tra cui un pastore, sono rimaste ferite nell’attacco che un gruppo di fondamentalisti indù ha sferrato contro una comunità cristiana pentecostale che si stava preparando a una veglia notturna di preghiera nel villaggio indiano di Moodubelle, vicino a Udupi, nello Stato del Karnataka. Gli estremisti – precisa AsiaNews – hanno accusato il religioso, il reverendo Robert Lobo, di praticare conversioni forzate al cristianesimo di fedeli indù. La polizia locale ha assicurato che sarà fatta giustizia, ma si tratta del sesto attacco, dall’inizio dell’anno, che nel Karnataka viene rivolto contro i cristiani, in particolare contro i pentecostali, e che rende quindi l’area particolarmente pericolosa per le comunità cristiane presenti. In India, la libertà religiosa è un diritto sancito dalla Costituzione e la professione del proprio culto – di cui, appunto, la veglia notturna era un’espressione – assolutamente legale. (R.B.)

    inizio pagina

    La Chiesa di Panama propone un “patto etico elettorale” in vista delle Presidenziali del 2014

    ◊   In vista delle elezioni previste per il 2014 a Panama, la Chiesa cattolica locale ha promosso un “patto etico elettorale” che è stato sottoscritto da tutti i partiti eccetto il Cambio Democratico attualmente al governo. L’arcivescovo di Panama, mons. José Domingo Ulloa Mendieta, ha espresso alla Fides l’auspicio che l’intesa possa coinvolgere anche altre organizzazioni e i candidati alla presidenza indipendenti. In base ai contenuti del patto, una commissione della Chiesa cattolica locale si riunirà ogni due settimane come organo consultivo permanente per verificare che il patto venga rispettato: a ogni incontro si valuteranno eventuali reclami e segnalazioni ed eventualmente si procederà ad applicare le sanzioni morali del caso. Il patto mira a promuovere un processo elettorale democratico e partecipato che miri anche a fermare “il confronto sleale e la mutua squalifica fra partiti e candidati alle elezioni”. L’accordo non violento, che ha tra gli obiettivi la sconfitta della pratica della compravendita del voto e della corruzione, resterà in vigore fino all’agosto 2014, cioè tre mesi dopo la data prevista per la tornata elettorale. (R.B.)

    inizio pagina

    Chiese in Europa: lavorare per sradicare "povertà e disuguaglianza"

    ◊   “Discutere di austerità economica” non deve essere disgiunto dal prevedere “misure per la coesione sociale”. È il messaggio che arriva dall’incontro tra le Chiese europee e la presidenza irlandese dell’Ue avvenuto ieri a Dublino. Esponendo i temi presentati dalle Chiese in “un incontro cordiale e aperto”, il comunicato stampa diffuso alla conclusione del dialogo e ripreso dall'agenzia Sir, afferma che “sradicare la povertà strutturale e la disuguaglianza” dovrebbero essere due elementi da considerare “per misurare il progresso economico”. Le Chiese europee, rappresentate dai delegati delle principali comunità cristiane in Irlanda, sono state ricevute dal primo ministro irlandese, Taoiseach Enda Kenny, secondo una tradizione consolidata e prevista dall’art. 17 del Trattato europeo. La preoccupazione delle Chiese si rivolge alla “pesante crisi” e “alle sue conseguenze su piano sociale” nell’Ue, evidenti nelle “comunità locali” e in particolare “all’impatto dell’austerità sulle generazioni presenti e future e sui più deboli della società”. Le Chiese sostengono che “l’occupazione e la creazione di posti di lavoro in Europa sono necessità prioritarie”, ma hanno anche messo in luce “l’aumento dei lavoratori poveri”. Queste persone in Europa hanno un “urgente bisogno di un giorno settimanale di riposo”, visto come segno “di riconciliazione della vita personale, familiare e professionale, da includere nella revisione della Direttiva sull’orario di lavoro”. I rappresentanti delle Chiese europee hanno inoltre sottolineato che “l’aiuto allo sviluppo continua a trasformare le vite” e hanno messo in luce l’importanza che i Paesi membri dell’Ue “riprendano i propri impegni per favorire gli obiettivi di sviluppo internazionali entro il 2015”. Laddove l’aiuto non è più necessario, le Chiese chiedono che “le autorità fiscali dei Paesi in via di sviluppo abbiano la possibilità di riscuotere le tasse dalle compagnie multinazionali che operano nei loro territori”. Tra i punti all’ordine del giorno nell’agenda europea, le Chiese ritengono che sia particolarmente urgente “difendere l’accordo raggiunto sulla riforma bancaria (Crd) tra il Consiglio, il Parlamento e la Commissione”; riformare le direttive sulla trasparenza e responsabilità perché “includano un maggior numero di settori”; “lavorare contro l’impatto insidioso dei paradisi fiscali”; verificare che le politiche fiscali nazionali nei Paesi Ocse “non abbiano conseguenze negative sui Paesi in via di sviluppo”. L’incontro è stato organizzato dal Consiglio delle Chiese irlandesi, su incarico della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) e dalla Commissione Chiesa e società della Conferenza delle Chiese europee. Vi hanno partecipato rappresentanti della Chiesa cattolica, anglicana, ortodossa, metodista, oltre che i segretariati generali dei due organismi europei. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 68

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.