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Sommario del 02/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Briefing in Sala Stampa: Adorazione eucaristica permanente in San Pietro in vista del Conclave
  • Sede vacante, dalle Congregazioni dei cardinali al Conclave
  • Commiato nella speranza: editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il Patriarca Raї: con Kirill abbiamo parlato dei diritti dei cristiani in Medio Oriente e di pace in Siria
  • Usa: Obama firma decreto sui tagli alla spesa. A rischio 750 mila posti di lavoro
  • Scontri in Egitto, l'opposizione rifiuta incontro con l'inviato Usa, Kerry
  • Congo. L'esercito riconquista due città nel Nord-Kivu. Mons. Ambongo: popolo sfinito dalla guerra
  • Napolitano: senso di responsabilità per bene Paese. P. Simone: partiti guardino al capo di Stato
  • Due anni fa l'omicidio di Shahbaz Bhatti. Il fratello: incoraggiato a proseguire nella sua missione
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Indonesia: a Jakarta leader cristiano-islamici pregano per Benedetto XVI
  • Sindone: il 30 marzo ostensione televisiva. Mons. Nosiglia: "luce della vita"
  • Vienna: rapporto sull'ondata di crimini d'odio contro i cristiani in Europa
  • Libia: a Bengasi 48 egiziani cristiani arrestati per motivi religiosi
  • Vietnam: migliaia di firme per liberare i cattolici in prigione
  • Centrafrica: una fazione dissidente di Seleka riprende le ostilità
  • Il Ciad rende omaggio ai militari caduti in Mali; incertezza sulla morte del leader islamico
  • Brasile: il conflitto per la terra mina la cultura delle comunità indigene
  • Nepal: attivisti per i diritti umani digiunano contro la corruzione
  • Svizzera: lettera dei vescovi agli ammalati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Briefing in Sala Stampa: Adorazione eucaristica permanente in San Pietro in vista del Conclave

    ◊   Una Chiesa viva raccolta in preghiera. E’ l’immagine che il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha dato ai giornalisti nell’odierno briefing. Ha quindi sottolineato che nella Basilica di San Pietro si stanno tenendo l’Adorazione eucaristica permanente e una preghiera speciale per la Chiesa e in vista del Conclave. Lunedì – ha detto - si conoscerà il numero esatto dei cardinali che prenderanno parte all’assise, in Cappella Sistina, per l’elezione del nuovo Papa. Massimiliano Menichetti:

    E’ la dimensione della preghiera del raccoglimento che in questo periodo di Sede vacante guida tutta la Chiesa. Così l’Adorazione permanente avviata nella cappella del Santissimo, in San Pietro, dove – ha spiegato padre Lombardi – tre religiose contemplative messicane si alternano davanti a Gesù Eucaristia. Prima della Messa della sera, sempre in Basilica – ha aggiunto - viene recitata una preghiera speciale per il Collegio dei cardinali e per la preparazione all'elezione del Santo Padre.

    Nel briefing con i giornalisti, il direttore della Sala Stampa vaticana, ha puntualizzato che ancora non è chiaro quanti saranno i cardinali elettori presenti, ovvero coloro che non hanno compiuto 80 anni all’apertura della Sede vacante, e che bisognerà aspettare lunedì, quando inizieranno i lavori della Congregazione generale, nell’Aula Nuova del Sinodo:

    “A Roma risultano risiedere permanentemente 75 cardinali. 66 cardinali, che non risiedono a Roma, hanno già indicato esattamente la loro residenza in modo che il Collegio cardinalizio possa essere in contatto con loro e la data del loro arrivo. Altri stanno arrivando. Gli officiali del Collegio ritengono però che prima di lunedì, alla prima riunione, non avremo ancora un conto preciso dei presenti. Sono arrivate anche alcune informazioni di cardinali che non parteciperanno: non solo i due elettori di cui abbiamo già parlato, ma anche diversi non elettori hanno comunicato che per motivi di salute non verranno”.

    Padre Lombardi ha spiegato che i lavori preparatori nella Cappella Sistina, che ospiterà il Conclave, non sono ancora iniziati. E, ricordando il “Trittico romano”, composizione poetica di Papa Giovanni Paolo II che nell’epilogo parla dell’esperienza del Conclave proprio nella Sala dipinta da Michelangelo, ne ha letto alcuni passaggi:

    “«La policromia sistina propagherà la Parola del Signore: 'Tu es Petrus' - udì Simone il figlio di Giona. 'A te consegnerò le chiavi del Regno'. La stirpe a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi si riunisce qui lasciandosi circondare dalla policromia sistina. Era così nell’agosto e nell’ottobre del memorabile anno dei due Conclavi, e così sarà ancora quando se ne presenterà l’esigenza dopo la mia morte'». Quindi, lui evoca i due conclavi nella Cappella Sistina, collegandoli esplicitamente alla contemplazione di Michelangelo e della creazione del giudizio e della storia della salvezza”.

    Quindi, ricordando che la presentazione al “Trittico romano” è stata scritta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, ha proseguito:

    “L’epilogo della seconda tavola, Contemplazione del Giudizio è forse la parte del Trittico che commuove di più il lettore: dagli occhi interiori del Papa emerge nuovamente il ricordo dei Conclavi dell’agosto e dell’ottobre ’78. 'Poiché anch’io ero presente – dice il cardinale Ratzinger - so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano, come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità'”.

    Il direttore della Sala Stampa vaticana ha anche evidenziato che l’Anello Piscatorio di Benedetto XVI non è stato ancora annullato, ma che la Segreteria di Stato ha consegnato alla Camera Apostolica i sigilli con cui si bollavano le lettere a nome di Sua Santità. I timbri sono stati rigati, in modo da non essere più utilizzabili. Poi, una nota sulla variazione all’interno della Messa:

    “Nel Canone della Messa, nella preghiera eucaristica, c’è normalmente la menzione della preghiera per il Santo Padre: in questo periodo, di Sede vacante, questa menzione, non si fa e a Roma non si fa neanche la menzione per il vescovo, perché il Papa è il vescovo di Roma”.

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    Sede vacante, dalle Congregazioni dei cardinali al Conclave

    ◊   Dalle 20 di giovedì scorso è iniziata la “Sede vacante” che indica l’intervallo di tempo che intercorre tra la fine del governo della Chiesa da parte di un Papa e l'elezione del suo Successore. Su quanto accade in questo periodo ci riferisce Benedetta Capelli:

    “Sede vacante” o “Vacanza della Sede Apostolica” in questi due modi si definisce il periodo particolare che la Chiesa sta vivendo in attesa della scelta, nel Conclave, del nuovo Pontefice. Un tempo regolato secondo le disposizioni della Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis” emanata il 22 febbraio 1996 da Giovanni Paolo II. Il governo della Chiesa, nel periodo di Sede vacante, è affidato al Collegio cardinalizio chiamato a sbrigare soltanto le questioni ordinarie e a preparare l’elezione del nuovo Papa. In carica restano alcune figure chiave come il camerlengo di Santa Romana Chiesa, il penitenziere maggiore, il cardinale vicario generale per la diocesi di Roma, il cardinale arciprete della Basilica Vaticana e il vicario generale per la Città del Vaticano. Mantengono la direzione dei loro uffici il sostituto della Segreteria di Stato, il segretario per i Rapporti con gli Stati ed i segretari dei dicasteri della Curia Romana, nonché i nunzi apostolici. Dopo la comunicazione del decano del Collegio cardinalizio, i porporati giunti a Roma sono chiamati a presiedere a due speciali Congregazioni.

    La Congregazione generale comprende anche i cardinali non elettori, si terrà a partire da lunedì nell'Aula Nuova del Sinodo ed è presieduta dal cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio. Nel corso di tale incontri si stabiliscono una serie di decisioni prima del Conclave come far predisporre i locali della Domus Sanctae Marthae, dove alloggeranno i cardinali – le camere saranno assegnate tramite sorteggio – e della Cappella Sistina per le operazioni relative all’elezione. I cardinali sono chiamati anche a scegliere tra di loro “due ecclesiastici di specchiata dottrina, saggezza ed autorevolezza morale” che dovranno tenere “ponderate meditazioni circa i problemi della Chiesa”; stabilire poi la data e l’ora di inizio del Conclave; annullare l’anello piscatorio ed il sigillo di piombo del Pontefice precedente.

    Nella Congregazione particolare si riuniscono il cardinale camerlengo di Santa Romana Chiesa e tre cardinali – uno per l’ordine dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi - estratti a sorte tra gli elettori. Questi ultimi hanno il compito di assistere la Congregazione particolare nel disbrigo quotidiano degli affari ordinari soprattutto durante l’elezione. Il loro incarico dura tre giorni poi si procederà ad un nuovo sorteggio.

    Nel suo ultimo Motu Proprio (Normas nonnullas) Benedetto XVI ha concesso al Collegio cardinalizio la possibilità di anticipare l’inizio del Conclave, rispetto ai canonici 15-20 giorni, in caso di presenza di tutti i cardinali elettori. Dall’inizio della Sede vacante fino ad un massimo di 20 giorni, tutti i porporati elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione.

    Del Conclave ricordiamo che, secondo quanto stabilito da Benedetto XVI, “nessun cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto”. Nel primo giorno di Conclave si potrà già votare e successivamente sono in programma due votazioni sia al mattino che al pomeriggio. Dopo tre giorni senza esito (12 o 13 scrutini se si vota il primo giorno), gli scrutini verranno sospesi per un giorno di riflessione e preghiera e poi si procederà di nuovo a 7 scrutini. Se anch’essi saranno senza esito, dopo una nuova pausa, si procederà ancora fino a che al 33.mo, o 34.mo se si è votato il primo giorno, si andrà al ballottaggio tra i due cardinali che hanno ottenuto più voti nell’ultimo scrutinio. Entrambi però non potranno votare: ci sarà l’elezione del nuovo Papa solo in caso di maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei cardinali “presenti e votanti”.

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    Commiato nella speranza: editoriale di padre Lombardi

    ◊   La comunità ecclesiale è in preghiera in attesa del Conclave che dovrà eleggere il nuovo Papa. Benedetto XVI, ormai “semplice pellegrino”, ha affidato la Chiesa al suo Sommo Pastore, Cristo: la Chiesa è sua – ha detto – ed è Lui che continua a guidarla, mentre nel cuore dei credenti non si sono ancora spente le emozioni di questi giorni. Ascoltiamo l’editoriale del nostro direttore, padre Federico Lombardi:

    Gli ultimi due giorni del Pontificato di Benedetto XVI rimarranno certamente scolpiti nella memoria di innumerevoli persone e segneranno una tappa importante, nuova e inedita, della storia della Chiesa in cammino. Per molti è stata quasi una scoperta dell’umanità e della spiritualità del Papa, per altri una conferma della sua umile e insieme altissima vita nella fede.

    Se Papa Wojtyla aveva dato con coraggio ammirevole davanti agli occhi del mondo la sua testimonianza di fede nella sofferenza della malattia, Papa Ratzinger con non minore coraggio ci ha dato la testimonianza dell’accettazione davanti a Dio dei limiti della vecchiaia e del discernimento sull’esercizio della responsabilità che Dio gli aveva affidato. Ambedue ci hanno insegnato, non solo con il magistero, ma anche e forse ancor più efficacemente con la vita, che cosa vuol dire cercare e trovare ogni giorno la volontà di Dio per noi e per il nostro servizio, anche nelle situazioni più cruciali dell’esistenza umana.

    Come ci ha detto efficacemente lui stesso, la rinuncia del Papa non è in nessun modo un abbandono, né della missione ricevuta, né tantomeno dei fedeli. E’ un continuare ad affidare a Dio la Sua Chiesa, nella sicura speranza che Egli continuerà a guidarla. Con umiltà e serenità Benedetto XVI afferma di aver “cercato di fare” tutto il possibile per servire bene la Chiesa, una Chiesa che non è sua, ma di Dio e che per la continua opera dello Spirito “vive, cresce e si risveglia nelle anime”.

    In questo senso il lascito di Papa Benedetto è oggi un invito alla preghiera e alla responsabilità per tutti. Anzitutto naturalmente per i cardinali a cui incombe il compito dell’elezione del Successore, ma anche e non meno per tutta la Chiesa, che deve accompagnare nella preghiera il discernimento degli elettori e dovrà accompagnare il nuovo Papa nel compito di annunciare efficacemente il Vangelo “per il bene della Chiesa e dell’umanità”, e di guidare la comunità ad una fedeltà sempre più grande allo stesso Vangelo di Cristo. Perché questo nessun Papa può farlo da solo. Lo faremo dunque anche noi con lui, e il “Papa emerito” continuerà ad accompagnarci “lavorando” per questo – sono le sue ultime parole pubbliche – “con il suo cuore, con il suo amore, con la sua preghiera, con la sua riflessione”. Grazie, Papa Benedetto.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La via della fede: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su come è cambiato lo scenario cattolico.

    Parole e gesti compresi anche dai lontani: il pontificato di Benedetto XVI nei commenti di cardinali e vescovi.

    La gratitudine per l’impegno ecumenico in una lettera della Federazione luterana mondiale.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’intesa fra Washington e Mosca per fermare le violenze in Siria.

    In cultura, un articolo di Tedros Abraha dal titolo “Il signore delle chiavi”: Pietro viene citato spesso nell’innografia e ritratto su libri e pitture sacre anche dopo il concilio di Calcedonia.

    La libertà “allargata” di Duns Scoto. E di Benedetto XVI: Silvia Guidi su un tema filosofico attuale oggi come nel Trecento.

    Siamo tutti carne e sangue di Tiziano: Antonio Paolucci su quaranta capolavori del Vecellio in mostra a Roma.

    Uno scudo tra le bombe: Marco Tibaldi recensisce il libro di Vittorio Sgarbi sulle rappresentazioni di Cristo, in cui il critico d’arte “scopre” la Resurrezione di Piero della Francesca.

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    Oggi in Primo Piano



    Il Patriarca Raї: con Kirill abbiamo parlato dei diritti dei cristiani in Medio Oriente e di pace in Siria

    ◊   Il Patriarca maronita di Antiochia e di tutto l'Oriente, Béchara Boutros Raї, ha concluso ieri la sua visita pastorale a Mosca dove ha incontrato il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie Kirill I. Al centro dei colloqui, la difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente e la pace in Siria. Sul contenuto degli incontri ascoltiamo lo stesso cardinale Raї:

    R. - Abbiamo parlato del significato della presenza dei cristiani in Medio Oriente, che si trovano in questi Paesi dal tempo di Gesù, 600 anni prima dell’islam! I cristiani non sono stranieri, hanno dato l’impronta del Vangelo, l’impronta della cultura cristiana, alle culture locali e, infatti, chi viene in Medio Oriente trova gli ambienti musulmani differenti da altri ambienti perché la cultura cristiana ha permeato la vita sociale, culturale, politica ed economica di queste regioni e poi anche la rinascita culturale e sociale in Medio Oriente è avvenuta grazie ai cristiani.

    D. – Quindi, cosa avete detto durante questi incontri?

    R. - La prima cosa da dire è che i cristiani sono cittadini che hanno tutti i loro diritti e quindi rappresentano una grande missione per il mondo, perché i cristiani fanno conoscere all’islam la realtà del cristianesimo, un cristianesimo aperto, che rispetta la persona umana, i diritti dell’uomo, le libertà. Vivendo con i musulmani, inviamo questo messaggio del cristianesimo. Dall’esperienza di convivialità noi faremo conoscere l’Occidente alla realtà dell’islam e i musulmani faranno conoscere ai musulmani la realtà del cristianesimo. Quindi la presenza cristiano-musulmana è necessaria per il mondo.

    D. - Alcuni parlano di conflitto di religione, conflitto di culture e di civiltà …

    R. – Non viviamo un conflitto di questo tipo. Sì, ci sono problemi politici, problemi economici, però non esiste un conflitto tra le culture, anzi viviamo come componenti complementari. Purtroppo c’è una certa politica che fomenta il radicalismo, il fondamentalismo. Stati dell’Oriente e dell’Occidente sostengono gruppi integralisti e radicali con armi, soldi e sostegno politico. E’ questo che crea problemi in Medio Oriente. Quindi noi vogliamo insistere per dire al mondo che l’islam è moderato nella sua maggioranza, non è fondamentalista, non è integralista.

    R. – Cosa auspica?

    D. - Bisogna che la pace nel Medio Oriente possa regnare perché musulmani e cristiani possano dare testimonianza questa al mondo. Noi non vogliamo chiedere protezione ma pace e stabilità, perché possiamo continuare a dire questo messaggio all’umanità: cristiani e musulmani vivono in pace nella terra dove Gesù si è incarnato, dove il Vangelo è partito.

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    Usa: Obama firma decreto sui tagli alla spesa. A rischio 750 mila posti di lavoro

    ◊   Nessun accordo negli Stati Uniti per evitare i tagli automatici alla spesa per 85 miliardi di dollari, che sono già scattati grazie ad un decreto firmato dal presidente, Barack Obama. La stretta colpirà servizi pubblici, programmi sociali, ricerca, salari statali e spese militari. Da Washington, il servizio di Francesca Baronio:

    A nulla sono valse le negoziazioni che sono andate avanti sino a ieri con i leder del Congresso, convocati in extremis alla Casa Bianca. Alla fine, il presidente Stati Uniti, Barack Obama, ha dovuto firmare il decreto che autorizza tagli alla spesa pubblica per 85 miliardi. “I tagli avranno un effetto domino sull’economia, ha detto Obama, che con un durissimo intervento ha parlato della perdita 750 mila posti di lavoro. Secondo l’Amministrazione americana, "i tagli non sono necessari", serve invece "responsabilità". Di parere opposto lo speaker della Camera, John Boehner, che propone, ancora una volta, la linea dei repubblicani: "Il problema non sono le maggiori entrate ma la spesa". E preoccupazione è espressa anche dal Fondo monetario internazionale, che parla di rallentamento dell’economia globale e una riduzione di quella americana dello 0,5%. Già da ieri, 42 miliardi di dollari sono stati sottratti alla spesa sociale, alla sanità, all'istruzione e alla giustizia. I restanti 43 riguardano invece tagli al bilancio della Difesa.

    E sulle conseguenze del decreto sui tagli della spesa americana, Giancarlo La Vella ha intervistato Nico Perrone, docente di Storia Americana all’Università di Bari:

    R. – Io credo che si debba riconoscere ad Obama la sensibilità di rendersi conto che i tempi sono cambiati ovunque. Ora, diciamo che la spinta a lui è venuta dalle difficoltà che ci sono: maggioranze instabili, due rami del parlamento che non riesce a controllare… Resta però il fatto dell’esistenza di un problema incombente molto grande per gli Stati Uniti e per il mondo, di cui Obama ha la percezione e la consapevolezza di voler cercare dei rimedi.
    D. – Cercare dei rimedi anche in questo caso, come in Europa, attraverso una serie di sacrifici: si parla di 750 mila posti di lavoro a rischio …

    R. – Questo è certamente vero. Diciamo che però i sacrifici, finora, in America, non sono stati diretti in modo particolare verso i ceti più poveri. I sacrifici ci sono e sono sacrifici per tutti, ma graduati a seconda del reddito. Questo invece non si è riscontrato in Europa e in Italia.

    D. – In una innegabile connessione, che esiste tra le grandi economie mondiali, questa decisione di Obama quali effetti può avere, da una parte per l’Europa, che sta cercando di uscire dalla crisi, e, dall’altro, per la Cina, un’economia emergente, sia pure in rallentamento?

    R. – La Cina è l’economia emergente di cui tutti hanno paura, nonostante il rallentamento, che sta facendo registrare. Tuttavia, l’attento controllo della situazione – rispetto alla crisi – credo che da parte degli Stati Uniti, da parte di Obama in particolare, sia riconfermato, anche ora, come il più stabile, il più deciso, il più lungimirante. Se questo possa servire, è difficile dirlo ora; certo è che Obama si preoccupa di non ridurre fortemente i consumi: questa preoccupazione invece in Europa non c’è stata. E questa è una differenza non da poco.

    D. – L’aspetto politico di questa decisione: è ancora una volta scontro con il fronte repubblicano?

    R. – Una spaccatura certamente lui l’ha messa in conto; ma le divisioni erano molto più preoccupanti quando aveva bisogno della rielezione. Credo che ora giocherà molto la carta dell’appello all’opinione pubblica, cercando di catturare anche gli incerti e cercando di avere un certo equilibrio per la sua amministrazione.

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    Scontri in Egitto, l'opposizione rifiuta incontro con l'inviato Usa, Kerry

    ◊   In Egitto, non si placano le proteste contro il presidente Morsi. Un uomo è morto e decine di persone sono rimaste ferite negli scontri tra polizia e manifestanti avvenuti nella notte a Mansoura, a nord del Cairo. E nella capitale in serata arriverà il segretario di stato Usa, John Kerry, per una serie di incontri con i leader egiziani e il segretario della Lega Araba, Nabil Elaraby. Ma l’invito a incontrare il capo della diplomazia americana è stato respinto dai due principali esponenti dell’opposizione, Hamdin Sabahi e Mohamed el Baradei, per protesta contro le posizioni americane giudicate troppo compiacenti nei confronti del presidente Morsi. Sul significato di questa difficile missione diplomatica, Marco Guerra ha sentito l'opinione di Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa:

    R. - Kerry è soprattutto preoccupato del rischio della destabilizzazione nel Paese. Vorrebbe, inoltre, rinsaldare col presidente Morsi un’interlocuzione che si è fatta più intensa nell’ultimo anno, soprattutto dopo il ruolo giocato da Morsi nella risoluzione della crisi di Gaza, lo scorso anno. Quindi, l’Egitto è visto come un partner affidabile nello scacchiere mediterraneo e mediorientale. Gli Stati Uniti sono preoccupati dalla possibilità che questo interlocutore si indebolisca e non possa giocare un ruolo determinante come è sempre stato storicamente quello dell’Egitto in quell’area.

    D. - Si assiste a una contrapposizione sempre più "muscolare" tra Fratelli musulmani e opposizione laica, che sfocia quasi quotidianamente in violenze di piazza. E’ possibile arrivare a una soluzione o dobbiamo aspettarci una escalation della crisi?

    R. - La presa di posizione delle opposizioni, o quantomeno della maggiore forza di opposizione, il Fronte di salvezza nazionale, fa pensare a una escalation nelle tensioni, nelle proteste di piazza e quindi anche nelle violenze e nella risposta violenta da parte del potere egiziano. Ci sono elementi, all’interno del parlamento - piuttosto isolati per la verità - che cercano ancora di gettare ponti tra la fratellanza musulmana e le opposizioni. Certo, ma è un tentativo molto difficile. In questo momento, è più facile prevedere uno scontro sempre più aperto tra il potere e le opposizioni.

    D. - Fra le altre cose, l’opposizione intende boicottare le elezioni parlamentari che si dovrebbero svolgere a partire dal 22 aprile, in quattro fasi. Alla fine si riuscirà ad andare al voto?

    R. - Mi sembra che il presidente Morsi sia deciso ad andare comunque al voto, così come le opposizioni del Fronte di salvezza nazionale sono decise a boicottarlo. E’ chiaro che questo è, probabilmente, il maggior fattore di tensione che si annuncia in un prossimo futuro.

    D. - Lo stallo egiziano può avere ripercussioni sulla stabilità di tutta la regione, già messa alla prova da altri annosi dossier, come quello siriano e palestinese?

    R. - L’andata al potere di Morsi aveva fatto pensare ad un Egitto finalmente stabilizzato, dopo la caduta di Mubarak. Si pensava che l’Egitto potesse riprendere il proprio ruolo nel Medio Oriente e nel Mediterraneo e quindi sia nella questione palestinese, sia anche nella questione siriana. La crisi politica prolungata - ormai da un anno - in Egitto metterà a dura prova la capacità del Paese di giocare ancora un ruolo determinante. Però, sia per la posizione geografica, sia per il peso demografico è chiaro che l’Egitto continuerà comunque a essere un interlocutore indispensabile per la soluzione di quelle crisi e in modo particolare in quella palestinese e in quella siriana.

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    Congo. L'esercito riconquista due città nel Nord-Kivu. Mons. Ambongo: popolo sfinito dalla guerra

    ◊   Non si fermano le violenze nell’Est della Repubblica Democratica del Congo: sono migliaia i civili in fuga dai combattimenti tra due diverse fazioni del movimento ribelle M23. Gli scontri si aggiungono a quelli tra esercito regolare e un altro gruppo armato che hanno già provocato 36 morti nel Nord-Kivu: qui l'esercito ha riconquistato le città di Rutshuru e di Kiwanja, occupati nel luglio scorso da M23. Davide Maggiore ha chiesto a mons. Fridolin Ambongo, vescovo di Bokungu-Ikela, se nel Paese c’è ancora speranza nella tenuta degli accordi di pace firmati solo la scorsa settimana ad Addis Abeba:

    R. – C’è speranza di pace per il nostro Paese. I gruppi ribelli sono forti. I problemi fra i due gruppi non sono a livello nazionale e non si può rimettere in discussione l’accordo di pace che hanno firmato ad Addis Abeba. Nel territorio di Rutshuru, c’è stato un problema di leadership in M23, fra il gruppo che stava con Jean Bosco Ntaganda e gli altri che non lo vogliono. A Ovest la situazione è abbastanza tranquilla ma la sofferenza a livello economico è uguale per tutti perché la situazione a Est ha conseguenze su tutto il Paese. Quasi il 30 per cento dell’economia è per la guerra, invece di essere usata per lo sviluppo del Paese. Se non ci fosse questa guerra, il governo potrebbe concentrarsi sullo sviluppo del Paese e così portare anche benessere al popolo.

    D. – Quindi il problema politico all’Est del Congo è solo una parte del problema?

    R. - Il problema del Congo ha due aspetti. Un aspetto internazionale, con i problemi che vengono dai Paesi vicini, anzitutto Ruanda e Uganda. Il secondo aspetto è, a livello interno, l’assenza di un dialogo politico fra i congolesi. I congolesi devono incontrarsi e poi fare un’analisi della situazione politica e cercare insieme una via per uscire da questa crisi.

    D. - Alla fine della guerra civile congolese, la Chiesa ha svolto un ruolo molto importante per la riconciliazione. Ci sono possibilità che possa farlo anche nell’eventualità che questo dialogo inizi?

    R. – Noi siamo molto prudenti, per non entrare in un ruolo politico che non è il nostro. Noi vogliamo sempre svolgere un ruolo profetico, che è il nostro. Noi siamo lì per vegliare, per vedere il pericolo per il popolo e anche informare il popolo, e così i politici possono vedere fra di loro come fare per evitare questo pericolo. Lì è il nostro ruolo. Quando ci incontriamo facciamo sempre una dichiarazione sulla situazione del Paese e vediamo anche le vie per uscire da questa situazione.

    D. - Come le popolazioni del Congo vivono questa situazione di guerra continua? Qual è la loro condizione, quali sono i loro bisogni, quali sono le loro speranze?

    R. – Prima cosa, il popolo è stanco, stanchissimo, con tutte queste guerre che non finiscono. Il futuro del Paese non si vede bene… Dopo due, tre, anni di pace, un altro gruppo comincia con la guerra… Il popolo chiede solo la pace per potere lavorare, ma non si scoraggia, c’è sempre una speranza di pace per il Paese. Noi, come Chiesa cattolica, ci crediamo fortemente e così lavoriamo per la pace.

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    Napolitano: senso di responsabilità per bene Paese. P. Simone: partiti guardino al capo di Stato

    ◊   Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si riserva ''ogni autonoma valutazione nella fase delle previste consultazioni formali con le forze politiche rappresentate in Parlamento”. E’ ciò che si legge in una nota del Quirinale diffusa oggi. Il capo dello Stato raccomanda a tutte le forze politiche misura, realismo, senso di responsabilità perché, scrive ''abbiamo tutti il dovere di salvaguardare l'interesse generale e l'immagine internazionale del Paese''. Tra le tante soluzioni all’attuale impasse, quella di Grillo, il quale ribadisce oggi che il suo “Movimento 5 Stelle” non darà la fiducia a nessun governo, ma voterà legge per legge in accordo con il suo programma. Una formula praticabile? Adriana Masotti lo ha chiesto a padre Michele Simone, notista politico di “Civiltà Cattolica”:

    R. – Certo, è una forma difficile da perseguire: c’è un governo di minoranza con Grillo che non vota la fiducia. E non so, così, come si potrebbe andare avanti. Secondo me – date le difficoltà che ci sono a mettere insieme un minimo di numero sufficiente in Parlamento – dovrebbero tutti fare un passo indietro e mettere al centro il presidente della Repubblica. E’ lui che ha in mano le carte per “inventare” un passaggio sufficiente in Parlamento.

    D. – Napolitano ha chiarito ieri che non sta assolutamente pensando ad un ritorno a breve al voto, mentre questo è quello che sembra suggerire Berlusconi …

    R. – Sì, ma questo è un percorso non percorribile, perché Berlusconi vuole riaprire la campagna elettorale al più presto per poter sfruttare tutta la propaganda contro la magistratura.

    D. – Un’altra possibilità ventilata è l’accordo tra il Pd e il Pdl, ma scontenterebbe – penso – la maggioranza degli elettori del Pd …

    R. – Ma certo! Qualsiasi maggioranza in cui sia presente Berlusconi, per gli altri è impercorribile, tranne – forse per qualche singola legge – per Grillo.

    D. – Guardiamo anche ad altre possibilità: Bersani, oggi, parla di un governo di cambiamento guidato da lui stesso con alcuni punti qualificanti da presentare in Parlamento e vedere di ottenere la fiducia. Questa è un’altra possibilità?

    R. – Sì, ma è una soluzione che presenta notevoli difficoltà. Praticamente, è un governo di minoranza che va avanti con la maggioranza sui singoli punti; non prevede un allargamento della maggioranza del Pd e del Pdl. E quindi mi sembra poco percorribile. C’è bisogno di inventare, di utilizzare la creatività che ha sempre caratterizzato la classe politica italiana, anche nei suoi aspetti negativi – non soltanto positivi – e, appunto, mettere tutto nelle mani del presidente della Repubblica.

    D. – Riesce ad immaginare quale potrebbe essere quest’idea che Napolitano potrebbe trovare?

    R. – Questo lui potrà determinarlo quando avrà fatto le consultazioni dei partiti. Per ora, non si vede la possibilità di creare qualcosa in Parlamento. Invece, appoggiando qualsiasi iniziativa di Napolitano che, come ha detto lei, è contrario ad elezioni ravvicinate…, solo lui può inventare qualcosa di nuovo che ci permetta di andare avanti e cominciare a tener conto delle indicazioni dei mercati finanziari, che sono in attesa di vedere se i deputati italiani vogliono creare una stabilità nelle istituzioni italiane e nella finanza, oppure no. Infatti, per ora stanno a guardare, in quanto non è stata presa nessuna decisione. Ma sono lì, con il cannocchiale puntato …

    D. – Una grande responsabilità, per le forze politiche …

    R. – Bè, la responsabilità è nella risposta al voto che gli elettori hanno distribuito alle forze parlamentari. La stabilità, e quindi la responsabilità di mettere in atto una stabilità minima, costituisce il punto di non ritorno.

    D. – Questo delle conseguenze sull’economia dell’incertezza politica, è uno dei problemi maggiori. Torniamo ancora a Grillo, che dice: “Io do ai partiti ancora sei mesi e poi è finita: non potranno più pagare le pensioni e gli stipendi pubblici”. Ma lei pensa che Grillo voglia veramente mettere ancora più in crisi l’Italia?

    R. – Ma che sia capace di farlo e che abbia la forza di farlo, purtroppo, sì! Però siamo ancora in una fase di transizione. Anche perché queste espressioni, un po’ romanzate, di Grillo non sono l’unica forza presente in Parlamento.

    D. – Infatti, stiamo assistendo ad uno scadere dei rapporti e dei toni, del linguaggio in politica. E questo può innescare anche qualcosa di peggio, poi, nella società?

    R. – Proprio questo, non so; ma certamente, la mancanza di decisioni per molto tempo, questo sì!

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    Due anni fa l'omicidio di Shahbaz Bhatti. Il fratello: incoraggiato a proseguire nella sua missione

    ◊   Momenti di preghiera in Pakistan e nel mondo per ricordare Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le Minoranze, ucciso due anni fa a Islamabad. Impegnato fin da giovane per la difesa non solo dei cristiani ma di tutte le minoranze religiose presenti nel Paese, Bhatti venne ritenuto “colpevole” negli ambienti dell’estremismo islamico di volere la revisione della Legge sulla blasfemia, quella norma che ha colpito moltissime persone e tiene in carcere ormai da 1353 giorni Asia Bibi, la donna cristiana madre di 5 figli. Ricordiamo la figura di Bhatti con il servizio di Debora Donnini:

    “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù…Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Le parole scritte da Shahbaz Bhatti nel testamento spirituale hanno scandito la sua vita fin da giovane. Da ragazzo si impegna per i pochi studenti cristiani che riescono ad arrivare all’università e vengono colpiti anche da aggressioni fisiche. Fonda un’associazione per la difesa delle minoranze, aiuta i terremotati del 2005, ottiene che in una prigione sia creata una cappella, va a trovare Asia Bibi, si batte per la revisione della Legge sulla blasfemia, in nome della quale in Pakistan centinaia di persone vengono accusate di aver offeso in qualche modo il Corano o Maometto ma che spesso viene usata in modo pretestuoso per dirimere questioni personali. Il 2 marzo del 2011, trenta colpi di arma da fuoco lo uccidono. Shahbaz sapeva di essere nel mirino dei fondamentalisti ma questo non lo ha mai fermato. Nel suo testamento spirituale scrive: “finche avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”. Sentiamo il padre domenicano Maris Javed, che questo pomeriggio presiede a Roma una Messa per ricordare Shahbaz Bhatti:

    “Questo è l’Anno della fede. Lui aveva una forte fede in Gesù Cristo. Noi dobbiamo avere una fede forte come i martiri della Chiesa, come i santi che hanno dato la loro vita per la fede. Io vedo la stessa cosa nella vita di Shahbaz Bhatti”.

    Paul Bhatti, dopo l’uccisione di suo fratello Shahbaz, è tornato in Pakistan per proseguire la sua opera. Oggi è ministro per l’Armonia e consigliere del primo ministro per le Minoranze religiose. Gli abbiamo chiesto quali i suoi sentimenti in questo momento:

    R. – Profonda tristezza perché abbiamo perso in maniera tragica questo nostro fratello che lottava per la giustizia, per la pace e per la difesa delle minoranze in Pakistan. D’altra parte, vedo che la gente lo ricorda con grande affetto, perciò sono anche incoraggiato e onorato di tutto questo amore che il mondo ha dimostrato. La gente - specialmente i cristiani - è determinata a continuare la sua missione in Pakistan. E’ un grande incoraggiamento per me il fatto che tutta questa gente vorrebbe che la sua missione continuasse e che siano disposti a fare qualsiasi sacrificio purché la sua missione continui, perché rimanga viva la voce di Shahbaz Bhatti.

    D. – L’omicidio di suo fratello si pensa sia avvenuto per mano di fondamentalisti islamici…

    R. – Al momento del suo assassinio, sono stati distribuiti volantini in cui c’erano estremisti, che appartenevano ai talebani, che avevano accettato la responsabilità… Loro avevano dichiarato che lui voleva eliminare la Legge sulla blasfemia in Pakistan e che chiunque avesse parlato contro la blasfemia avrebbe fatto questa fine. Perciò noi crediamo che, per quanto riguarda il suo assassinio, è stato fatto da questi estremisti. La cosa più importante però è questa: stiamo lottando contro un determinato tipo di mentalità che ha ucciso Benazir Bhutto, Salmaan Taseer, che ha ucciso altre persone che operavano per la pace.

    D. – Suo fratello si era battuto molto per la revisione della Legge sulla blasfemia. Come sta andando la situazione?

    R. - Per quanto riguarda la Legge sulla blasfemia noi abbiamo fatto parecchi passi in avanti. Nel senso che io da tempo incontro i leader religiosi di tutti i gruppi religiosi in Pakistan. Ci siamo incontrati anche la settimana scorsa col primo ministro e poi infine anche col presidente per un grande dibattito, in una tavola rotonda, e abbiamo discusso tutti gli aspetti negativi di questa legge. Siamo arrivati a conclusioni molto incoraggianti. Una delle conclusioni è che qualunque persona accusata di blasfemia dovrebbe essere giudicata da una commissione che abbiamo formato noi. A questo incontro, che abbiamo avuto la settimana scorsa, erano presenti i leader religiosi di musulmani, cristiani, indù, sikh e di altre minoranze. Prima che qualcuno venga accusato e perseguito per legge, questa commissione dovrebbe dare la sua opinione. In questo modo tantissimi casi mistificati potrebbero essere eliminati e, in più, se qualcuno ha accusato falsamente dovrebbe avere la stessa punizione stabilita per l’accusato.

    D. - Sarà una commissione formata da esponenti religiosi delle varie religioni?

    R. – Esatto e ogni gruppo religioso nominerà una persona che lo rappresenterà.

    D. - Quindi non è ancora legge ma molto probabilmente lo diventerà?

    R. – Esatto. Noi siamo in una fase abbastanza positiva. C’è speranza perché vediamo spazi di dialogo interreligioso tra i musulmani e i cristiani. Ci si sta rendendo conto che in questo Paese dobbiamo avere una convivenza pacifica. Bisognerebbe arrivare a una strategia comune.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo in cui si parla dell’albero di fichi piantato in una vigna, che il padrone vuole tagliare perché privo di frutti, e poi di alcuni Galilei fatti uccidere da Pilato e delle 18 persone morte per il crollo della torre Sìloe. Gesù, interpellato dalla gente, risponde:

    “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi ci introduce nel vivo di questo tempo di Quaresima, in cui tutta la Chiesa è chiamata a conversione. I fatti della storia, le forti tensioni politiche e sociali anche di questi nostri giorni, gli eventi di ingiustizia che accompagnano la vita di ogni uomo, i cataclismi…, non sono castighi di Dio, come spesso siamo tentati di pensare con superficialità, magari dandone la colpa al Signore della storia, Dio. Non sono castighi, sono piuttosto una “parola” di Dio, sono eventi che vengono a strapparci dal nostro sonno quotidiano, dal tran-tran di una vita spesso improduttiva! E quanto ci compiacciamo, anche noi cristiani, delle foglie che spesso non fanno che nascondere rami senza frutto! Ecco la conversione che ci viene richiesta se non vogliamo “perire tutti allo stesso modo”. Ecco questo tempo di grazia che è la quaresima, un tempo in cui il vignaiuolo, immagine della Chiesa, dell’apostolo, ma anche di ogni cristiano, può zappare attorno alla pianta di fico, cioè togliere quanto inutilmente riempie la nostra vita, strappando radici inutili o dannose, e può mettervi il concime del digiuno, della preghiera e dell’elemosina che ci ottiene la grazia del Signore, quella grazia che fa crescere in noi l’uomo nuovo, l’uomo del battesimo, per produrre i frutti della vita cristiana.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Indonesia: a Jakarta leader cristiano-islamici pregano per Benedetto XVI

    ◊   Una preghiera per Benedetto XVI e la decisione di passare "dalle parole ai fatti concreti", dalle buone intenzioni ai passi reali per affrontare il problema della violenza interconfessionale e del dialogo fra fedeli di religioni diverse. E rimettere al centro dell'agenda politica e sociale il tema "della pace e della giustizia nella regione". Sono gli elementi che hanno animato la tre giorni della conferenza cristiano-islamica, che si è conclusa ieri a Jakarta. All'evento promosso dalla Conferenza degli studiosi islamici (Icis) e dall'episcopato locale (Kwi), assieme alla Federazione dei vescovi asiatici (Fabc) e alla Conferenza di cristiani dell'Asia, hanno partecipato 16 esperti e leader religiosi provenienti da tutto il continente. Nel comunicato ufficiale diffuso al termine dei lavori - riferisce l'agenzia AsiaNews - i rappresentanti cristiano-islamici sottolineano di essere "pienamente consapevoli" dell'impegno "morale" verso "i confratelli", per aiutarli a comprendere che "la religione è la via per esercitare la fede". Di contro, essa non deve prestarsi a strumentalizzazioni o divenire pretesto per attacchi personali e violenze. Nei giorni che hanno preceduto la conferenza, non sono mancate osservazioni sui risultati sinora ottenuti dagli incontri interreligiosi; alcuni critici hanno parlato di appuntamenti "formali", che hanno troppo spesso il torto di non coinvolgere "le fazioni più estremiste", ma di rivolgersi solo a gruppi moderati. Altri puntano il dito contro il "proselitismo", che riguarda movimenti evangelici e fazioni estremiste islamiche; l'inevitabile contrasto fra le due forze causa "violenti conflitti". Tuttavia, nel corso della tre giorni i partecipanti all'assemblea hanno anche lanciato un monito contro alcuni fra i molti "mali endemici" che colpiscono la nazione; su tutti la corruzione, unita alla questione dei migranti e ai maltrattamenti di cui spesso sono vittime. Da ultimo, a nome di tutta l'assemblea dei partecipanti alla conferenza, il vescovo di Timika (reggenza di Mimika, provincia di Papua) mons. John Saklil ha rivolto un pensiero a Benedetto XVI; il prelato ha inoltre invitato gli astanti a pregare per il Papa emerito nei primi giorni del suo ritiro a Castel Gandolfo, in attesa dell'elezione del nuovo successore di Pietro. (R.P.)

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    Sindone: il 30 marzo ostensione televisiva. Mons. Nosiglia: "luce della vita"

    ◊   Sarà la seconda ostensione televisiva della storia dopo quella del 1973. Il pomeriggio del Sabato Santo, il prossimo 30 marzo, la Sindone uscirà dalla teca che la conserva nel Duomo di Torino e sarà esposta alla venerazione dei fedeli in diretta su Rai Uno durante la trasmissione “A sua immagine”, nel corso di una liturgia della parola presieduta dall’arcivescovo e custode pontificio, mons. Cesare Nosiglia. La Sindone - riferisce l'agenzia Sir - sarà mostrata come “icona del Sabato Santo”, secondo la definizione che ne diede Benedetto XVI nella sua meditazione di fronte al Telo durante l’ultima ostensione del 2010: “Il silenzio che avvolge il Sabato Santo è lo stesso silenzio in cui si trova la Sindone”, ha detto mons. Nosiglia, spiegando ai giornalisti la scelta di fare l’ostensione il giorno prima della Pasqua. “Quel volto dell’Uomo dei dolori”, ha aggiunto l’arcivescovo, “richiama il buio della morte ma anche lascia intravedere la luce della vita che da questa morte scaturisce per tutti gli uomini”. L’ostensione televisiva è una tappa nel cammino di “nuova evangelizzazione” voluto da Giovanni Paolo II e proseguito da Benedetto XVI anche attraverso l’indizione dell’Anno della fede. “Sulla possibilità di fare una ostensione televisiva in mondovisione ho cominciato a riflettere da molti mesi con la Santa Sede e ho ottenuto il placet di Benedetto XVI - ha aggiunto mons. Nosiglia - il quale ci ha incoraggiati dando un taglio di evangelizzazione e contemplazione all’evento, in modo da favorire nei fedeli un momento di grande spiritualità proprio nella Settimana Santa”. L’ostensione si terrà nella cattedrale di Torino, dove la Sindone è custodita da oltre tre secoli: la liturgia sarà un invito a riflettere sull’immagine che richiama la Passione del Signore. A venerare la Sindone in duomo ci saranno 300 persone, “scelte tra coloro che portano nel proprio corpo e animo la passione di Cristo sofferente”, ha spiegato l’arcivescovo. Si tratterà di malati, persone che hanno perso la casa o il lavoro. Ci sarà poi un gruppo di giovani: “Perché vogliamo - ha chiarito mons. Nosiglia - che questo evento rientri nel cammino del Sinodo dei giovani”. Tutti gli altri potranno assistere all’ostensione in diretta televisiva. L'ostensione televisiva sarà visibile non solo in televisione, ma anche su smartphone o tablet. Sarà possibile visualizzare per la prima volta la Sindone in alta definizione, attraverso un’applicazione destinata ai device Apple. L’app sarà realizzata dalla società Hal9000, che nel 2008 riprese ad altissima risoluzione il Telo conservato da oltre tre secoli nella cattedrale del capoluogo piemontese: "Grazie alle nuove tecnologie - spiega il vicepresidente della Commissione diocesana per la Sindone, don Roberto Gottardo - tutti coloro che vorranno, anche i più lontani, potranno vedere la Sindone e contemplare l’Uomo dei dolori”. L’applicazione mostrerà l’immagine ad alta definizione della Sindone, un’immagine ripresa nel 2008 che ingrandita al massimo necessiterebbe per essere contenuta interamente di uno schermo di 68 metri per 18, sarà plurilingue e disponibile in due versioni, una gratuita e una a pagamento, con spiegazioni divise in quattro percorsi: i dettagli del Telo, l’Uomo della Sindone, le indagini scientifiche, il percorso biblico. (R.P.)

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    Vienna: rapporto sull'ondata di crimini d'odio contro i cristiani in Europa

    ◊   «C'è un'ondata di crimini d'odio contro i cristiani e la Chiesa Cattolica in Europa». Lo afferma in una nota il sociologo torinese Massimo Introvigne, responsabile dell'Osservatorio della libertà religiosa istituito dal Ministero degli Esteri italiano, citando dati che l'Osservatorio dell'Intolleranza e Discriminazione contro i Cristiani di Vienna ha trasmesso all'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), che sta preparando il suo rapporto annuale sui crimini d'odio. «Nel 2011 - spiega Introvigne - sono stato io stesso rappresentante dell'Osce per la libertà religiosa e ho organizzato un vertice Osce a Roma, dove si è denunciato il rischio che dalla semplice intolleranza e discriminazione l'avversione contro il cristianesimo e la Chiesa passi a esprimersi in veri e propri crimini d'odio, una categoria riconosciuta e punita dalle convenzioni europee». «Ora - prosegue Introvigne - ci siamo. Il rapporto presentato all'Osce elenca e documenta 67 casi di crimini d'odio anticristiani in Europa negli ultimi dodici mesi, che possiamo dividere in tre categorie. Sei casi si riferiscono ad attacchi vandalici contro chiese di cui sono responsabili gruppi ultra-fondamentalisti islamici. Quindici casi si riferiscono ad aggressioni fisiche contro cristiani impegnati nella lotta contro l'aborto o ostili al matrimonio omosessuale. La grande maggioranza dei casi, 46, è costituita da attacchi genericamente anticristiani contro chiese, cappelle, statue e qualche volta contro sacerdoti. La casistica è impressionante: si va da statue della Madonna e di San Giuseppe decapitate a Fréjus, in Francia, il 26 dicembre 2012 a tre chiese bruciate nella stessa notte del 23 dicembre 2012 ad Amstetten in Austria, dall'incendio di una storica croce del XVII secolo a Strujan, in Slovenia, nello scorso maggio alla distruzione delle vetrate di diverse chiese a Duisburg, in Germania, in febbraio». «L'Osce - conclude Introvigne - suona l'allarme da anni. Questi incidenti sono troppi perché si possa ridurli a semplice teppismo. È in atto invece una vera campagna di odio contro la Chiesa, che si fa più intensa in occasione di controversie come quelle sul matrimonio omosessuale in Francia o di grandi eventi com'è ora il Conclave, che non resta solo al livello degli insulti perché sempre di più spinge frange estremiste a passare all'azione e perpetrare crimini d'odio». (A.T.)

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    Libia: a Bengasi 48 egiziani cristiani arrestati per motivi religiosi

    ◊   Gli islamisti di Bengasi continuano a dare la caccia ai lavoratori cristiani presenti nel Paese con presunte accuse di proselitismo. L'ultimo caso riguarda l'arresto di 48 commercianti egiziani copto-ortodossi arrestati la scorsa settimana nella capitale della Cirenaica. Il fermo è scattato dopo la denuncia da parte di alcuni cittadini libici, insospettiti da alcune immagini religiose portate con sé dai venditori, tutti ambulanti nel mercato di Bengasi. In un video subito sequestrato dalla polizia essi appaiono rinchiusi in una piccola stanza guardati a vista da alcuni uomini con la tipica barba portata dai salafiti. Dalle immagini i 48 appaiono in evidente deperimento fisico, molti mostrano lividi ed escoriazioni. Ad ognuno di loro - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato rasato il capo. Il caso ha suscitato indignazione fra la popolazione di Bengasi, che in ottobre è insorta contro le milizie armate salafite accusate di aver organizzato l'attentato al consolato degli Stati Uniti costato la vita all'ambasciatore Cristopher Stevens. Ieri le autorità hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano che i venditori ambulanti sono stati arrestati per aver violato le leggi sull'immigrazione e non per questioni religiose. Tuttavia, questo è l'ennesimo caso di discriminazione contro i cristiani residenti in Libia. A metà febbraio quattro cittadini stranieri - un egiziano, un sudafricano, un sud coreano e uno svedese con passaporto Usa - sono stati arrestati con l'accusa di diffondere bibbie e altro materiale religioso. Il dilagare dell'estremismo islamico sta colpendo anche gli ordini religiosi cattolici presenti da decenni sul territorio libico, impegnate nel lavoro ospedaliero e nella cura degli anziani. A gennaio gli islamisti hanno spinto alla fuga le suore Francescane del Gesù Bambino di Barce e le Orsoline del Sacro Cuore di Gesù di Beida. In ottobre è toccato invece alle suore del convento della Sacra Famiglia di Spoleto di Derna, costrette a lasciare la Libia a causa delle continue minacce degli estremisti islamici, nonostante il parere contrario degli abitanti della città. (R.P.)

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    Vietnam: migliaia di firme per liberare i cattolici in prigione

    ◊   Familiari e amici dei cattolici condannati in carcere nel gennaio scorso per sovversione hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione, che prevede anche una raccolta firme alla quale hanno aderito leader religiosi cristiani e buddisti. L'obiettivo, spiegano i promotori, è quello di diffondere il caso fra la popolazione civile e conquistare, prima di tutto, l'interesse e l'adesione dei vietnamiti. A parlare dell'iniziativa - riferisce l'agenzia AsiaNews - è il fratello minore di una delle persone incarcerate; interpellato dal sito Radio Free Asia (Rfa), egli ha ricordato che si tratta di un'incriminazione ingiusta, fondata su accuse pretestuose che ha spalancato le porte della prigione a persone "innocenti". Il movimento di sensibilizzazione pubblica ha preso il via il 27 gennaio, con una petizione intitolata: "Protesta contro un processo illegale, che si è tenuto a Vinh l'8 e 9 gennaio 2013". I promotori denunciano l'uso di "procedure illegali" per il loro arresto e l'ingiusta condanna. Essi non intendono solo informare della vicenda ma, al tempo stesso, mobilitare "quante più persone possibile" per la causa dei prigionieri. Oggi sono due i gruppi attivi nella Campagna: il primo opera nel nord del Vietnam, mentre il secondo si muove nel sud del Paese. Nel promuovere la raccolta firme, i simpatizzanti precisano anche di non "aderire a organizzazioni o movimenti politici", ma di farsi carico "delle opinioni e dei sentimenti" che vivono i familiari. Alla metà di febbraio sono state raccolte oltre 10mila firme, fra le quali vi sono anche due vescovi cattolici e un religioso buddista della Chiesa unificata buddista del Vietnam (Cubv), non riconosciuta dal governo e spesso oggetto di persecuzioni e abusi. Il monaco e venerabile Thich Khong Tanh ha voluto aderire per "difendere la giustizia e la democrazia nel Paese". (R.P.)

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    Centrafrica: una fazione dissidente di Seleka riprende le ostilità

    ◊   Ancora instabilità nella Repubblica Centrafricana dopo che la coalizione ribelle Seleka si è divisa in almeno due tronconi, il primo riconducibile a Michel Djotodia e il secondo al generale Nouredine Adam. Seleka, è una coalizione di almeno 3 gruppi ribelli che erano passati all’offensiva nei mesi scorsi per poi arrestare la propria avanzata verso la capitale Bangui, dopo aver firmato gli accordi di Libreville dell’11 gennaio. Rappresentanti di Seleka partecipano al governo di unità nazionale previsto dalle intese. Gli uomini Nouredine Adam, che guida uno dei gruppi che fanno parte della coalizione, il Cp Jp (Convention des Patriotes pour la Justice et la Paix) hanno attaccato il 28 febbraio la cittadina di Sido alla frontiera con il Ciad. Gli abitanti e i funzionari locali si sono rifugiati nel Paese vicino. Non c’è ancora un bilancio delle vittime ma da testimonianze raccolte i ribelli hanno commesso saccheggi e distrutto diversi edifici governativi. L’attacco è stato condannato da Christophe Ghazam Betty, uno dei portavoce di Seleka facente capo a Michel Djotodia e Ministro della Comunicazione nel governo di unità nazionale, che ha dichiarato a Rfi: “Questi uomini ci hanno abbandonato ed hanno creato un’altra coalizione. I dissidenti si assumeranno l’intera responsabilità delle loro azioni ma d’altra parte, noi non abbiamo abbandonato il processo di pace”. (R.P.)

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    Il Ciad rende omaggio ai militari caduti in Mali; incertezza sulla morte del leader islamico

    ◊   Il Ciad ha reso omaggio ai 26 militari caduti nei combattimenti nel nord del Mali, nella zone dell’Adrar des Ifoghas, al confine con l’Algeria. Nel corso dell’operazione militare, secondo fonti di stampa algerina, poi confermate dal Presidente ciadiano Idriss Déby Itno, sarebbe stato ucciso Abou Zeid, capo dell’Aqmi (Al Qaida nel Maghreb Islamico). La morte del leader jiahdista - riporta l'agenzia Fides - non è stata però confermata dalle autorità maliane, algerine o francesi. L’offensiva nell’estremo nord-est del Mali è condotta dalle truppe ciadiane, nigerine e francesi (quest’ultime forniscono pure l’appoggio aereo con elicotteri ed aerei da combattimento) ed è volta a conquistare le basi dei movimenti jiahdisti della regione, in primis l’Aqmi. Le truppe maliane e quelle inviate dalla Cedeao (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) per il momento non hanno superato la città di Gao e non sono presenti nelle zone dei combattimenti. Nel frattempo in alcune località evacuate dai gruppi jihadisti, come Kidal, si sono installati gli uomini dell’Mnla (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad), il gruppo tuareg che all’inizio del 2012 aveva lanciato la conquista del nord del Mali e che era stato poi scacciato dai principali centri della regione dai jihadisti. L’Mnla che aveva proclamato “l’indipendenza dell’Azawad” intende ora continuare a portare avanti le sue rivendicazioni. Il contenzioso con le autorità di Bamako è rimasto quindi aperto e solo un dialogo nazionale potrà risolverlo. (R.P.)

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    Brasile: il conflitto per la terra mina la cultura delle comunità indigene

    ◊   In un incontro con le comunità tradizionali, che si è tenuto dal 25 al 28 febbraio scorsi a Luziânia - nello stato di Gioias, al centro del Brasile - gli indigeni brasiliani hanno evidenziato gli effetti negativi che il conflitto per l’appropriazione delle terre stanno avendo sulla loro cultura e sulle loro tradizioni. Ad esempio: i quilombolas di Rio dos Macos, a Bahia, hanno denunciato l’azione della Marina e la violenza nei confronti della loro comunità, cui è stato vietato di coltivare il terreno. Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, all’evento hanno partecipato 120 rappresentanti delle comunità tradizionali di tutto il Paese, che hanno discusso le modalità per proteggere i loro diritti fondiari contro la progressiva acquisizione delle terre da parte dei capitalisti. Come è stato sottolineato durante l’incontro, i diritti di questa collettività sono impliciti nella Costituzione brasiliana, ma devono essere definiti in modo migliore. Inoltre, esistono convenzioni specifiche su questo tema, come la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oit). Secondo il movimento Quilombola del Maranhao, infine, dei 1.838 territori demarcati fino ad oggi, solo 121 hanno titoli di proprietà riconducibili alle comunità indigene. (V.C.)

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    Nepal: attivisti per i diritti umani digiunano contro la corruzione

    ◊   A Kathmandu, capitale del Nepal, un gruppo di attivisti per i diritti umani ha deciso di lanciare un digiuno per protestare contro la corruzione nel Paese. Il coordinatore dell’iniziativa, Sharada Bushal, da alcuni giorni ha smesso di alimentarsi e porta pubblicamente avanti la sua protesta, nel centralissimo parco “Ratnapark”. Stando a quanto riferisce l’agenzia Fides, altri attivisti si sono uniti, come pure centinaia di persone della società civile e di tutte le comunità religiose. Dall’inizio del digiuno, Bushal assume solo poca acqua, la sua salute è peggiorata e, secondo il parere dei medici, la sua vita potrebbe essere messa a rischio. A iniziare la protesta è stata la popolazione del distretto di Mahottari, regione centrale del Nepal, che ha accusato di corruzione gli enti locali: gli attivisti hanno presentato una denuncia alla Commissione per le indagini sugli abusi di autorità, accusando i funzionari del luogo di aver intascato i fondi destinati ai comitati di sviluppo dei villaggi del distretto. Nello specifico, uno è accusato di aver sottratto quasi due milioni di rupie nepalesi (pari a circa 22mila dollari) mentre un altro di essersi indebitamente appropriato di 7 milioni. (V.C.)

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    Svizzera: lettera dei vescovi agli ammalati

    ◊   “La preghiera fiduciosa e perseverante dona forze insospettabili e permette di riconquistare una dignità”. È quanto scrive mons. Joseph Roduit, abate di Saint-Maurice, a nome della Conferenza dei vescovi svizzeri (Ces). In una lettera pubblicata in vista della Giornata nazionale dei malati, che quest’anno ricorre il 3 marzo, la Ces incoraggia i sofferenti a trovare forza e speranza in Cristo, assicurando loro vicinanza e preghiera. “Il mese di marzo – si legge nella missiva – è tradizionalmente un mese in cui si è più attenti ai problemi di salute”; di qui, l’invito a coltivare la pazienza e le virtù che ne conseguono, come la semplicità, la fede e la speranza. Poi, il messaggio della Ces prende in considerazione gli ammalati anziani ed afferma: “Come possiamo accettare i malanni dovuti all’età se non cercando interiormente le forze morali e spirituali?”. La missiva ringrazia, quindi, tutti coloro che sono impegnati nell’alleviare le sofferenze dei pazienti negli ospedali, nelle case di riposo o nelle loro abitazioni: “Il vostro ruolo è molto importante – scrivono i vescovi svizzeri – e risponde alla necessità di una presenza”. In quest’ottica, mons. Roduit richiama l’importanza di circondare di affetto e rispetto le persone anziane che perdono le loro facoltà intellettive, poiché “amarle e servirle significa amare e servire il Signore stesso”. Quanto alle persone che soffrono di patologie dovute ad una qualche dipendenza, come la droga e l’alcolismo, mons. Roduit sottolinea come questi malati siano spesso oggetto di derisione o di disprezzo, mentre invece è importante “trovare il coraggio di continuare ad amarli”, con “gesti, parole d’affetto e di preghiera”. Infine, la Ces ribadisce che “gli anziani, i tossicodipendenti o gli alcolisti trovano nell’incontro personale con Cristo le forze e le ragioni di credere e di sperare ancora”. In Svizzera, la Giornata del Malato viene celebrata da più di 70 anni, ogni prima domenica di marzo. Istituita da Marthe Nicati, medico a Leysin, con lo scopo di sensibilizzare la società riguardo il grave problema dell’isolamento sociale di cui soffre il malato, l’iniziativa quest’anno ha come tema “Lo stress dell'essere malato”. (A cura di Isabella Piro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 61

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.