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Sommario del 25/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Spagna, il Papa prega per le vittime della tragedia. Mons. Barrio Barrio: a Santiago lacrime e fede
  • Messa del Papa a Sumaré: sacerdoti e vescovi sono servitori, non ricerchino onori
  • Il Papa ad Aparecida: i cristiani vivono nella gioia e nella speranza lasciandosi sorprendere da Dio
  • Il Papa dell'Ospedale San Francesco: Chiesa vicina a chi lotta contro le dipendenze
  • Padre Lombardi: forte la devozione mariana dei Papi ad Aparecida
  • Gmg, la festa dei giovani italiani: anche lontanissimi a Rio ci sentiamo a casa
  • Papa Francesco benedice le bandiere olimpiche. Pancalli: un grande gesto
  • Il Papa oggi alla favela di Varginha per incontrare l'altro volto di Rio
  • Il Papa nella favela: la festa di accoglienza guidata dal Gen Rosso
  • La Fiera delle vocazioni a Quinta da Boa Vista
  • Tweet del Papa: lo sport è mezzo di scambio e crescita, non di violenza e odio
  • Gmg. Il card. Bagnasco: gli adulti mostrino ai giovani che non sono abbandonati
  • Il Papa e il no a droga e dipendenze. L'Onu: le sue parole un incoraggiamento
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto. Scontro aperto tra l’esercito e i Fratelli musulmani
  • I politici cattolici e i valori non negoziabili al centro di un convegno a Roma
  • Motociclismo in lutto per la morte del pilota italiano Andrea Antonelli. Gara iniziata sotto il diluvio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan. Nel Rapporto di una ong gli abusi contro le minoranze religiose
  • Malaysia. Studenti non musulmani costretti a mangiare in bagno durante il Ramadan
  • Colombia. Il vescovo emerito di Magangué al fianco dei contadini del Catatumbo
  • Siria, giunta la missione Onu su armi chimiche
  • Indonesia. Si rovescia un barcone di migranti diretto in Australia, 13 morti
  • Continuano i pellegrinaggi delle diocesi messicane alla Basilica di Guadalupe
  • Indonesia. Chiusa con la forza moschea degli ahmadi, la quarta in pochi mesi
  • Sri Lanka. I giovani buddisti: ci piacerebbe vivere un evento come la Gmg cattolica
  • Incontro dei Gesuiti d’Africa sulle risorse naturali del continente
  • Si è aperto in Nicaragua l’Anno giubilare amigoniano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Spagna, il Papa prega per le vittime della tragedia. Mons. Barrio Barrio: a Santiago lacrime e fede

    ◊   La tragedia ferroviaria avvenuta ieri sera in Spagna ha colpito profondamente Papa Francesco, che da Rio de Janeiro, dove si trova per la Giornata Mondiale della Gioventù, ha espresso per telegramma e attraverso un tweet il proprio dolore per il deragliamento di un treno in procinto di giungere a Santiago de Compostela, meta di tanti pellegrini, in particolare oggi, festa di San Giacomo. Drammatico il bilancio ancora provvisorio della tragedia, con 80 morti e 94 feriti, di cui 35 in gravi condizioni, 4 di questi ultimi sono bambini. Il servizio di Marco Guerra:

    “Chiedo a sua eccellenza che faccia giungere a quanti stanno soffrendo per questa disgrazia e ai loro familiari la mia vicinanza spirituale”: così Papa Francesco scrive nel telegramma di cordoglio indirizzato all’arcivescovo di Santiago de Compostela, mons. Julian Barrio Barrio. Assieme alle parole di incoraggiamento, il Pontefice impartisce una speciale benedizione apostolica a tutti gli spagnoli affidandoli all’intercessione di San Giacomo Apostolo. La peggiore sciagura ferroviaria della Spagna dal dopoguerra a questa parte giunge, infatti, alla vigilia del giorno dedicato a San Giacomo e colpisce la Città che porta il suo nome, meta di pellegrini da tutto il mondo. Il deragliamento del treno ad alta velocità sulla tratta Madrid-Ferrol è avvenuto alle 20:42 di ieri sera, a poco più di tre chilometri dalla stazione della città galiziana. Il convoglio viaggiava a 180 km orari, 120 oltre il limite di quel tratto, e si è rovesciato in una curva, con in vagoni finiti uno sopra l'altro. Fra i testimoni c'è chi dice di aver sentito un'esplosione: probabilmente il boato dell'urto, le autorità hanno subito escluso, infatti, l’ipotesi dell’attentato. Due le inchieste aperte per accertare la dinamica, fra gli indagati il macchinista del treno. Tra i particolari emersi, il fatto che il treno aveva quattro minuti di ritardo e che aveva superato un collaudo pochi giorni prima. I soccorsi sono andati avanti tutta la notte. Al mattino è arrivato in visita il premier, Mariano Rajoy, nativo proprio di Santiago, mentre l’amministrazione cittadina ha annullato i festeggiamenti dedicati a San Giacomo, che avrebbero dovuto prendere il via proprio oggi. Tre i giorni di lutto indetti dal governo nazionale.

    Sulla tragedia che ha colpito Santiago de Compostela, le parole di conforto dell’arcivescovo della diocesi mons. Julian Barrio Barrio:

    R. - Vorrei offrire un messaggio di speranza ai familiari delle vittime. Mi sono ricordato molto in questi momenti di quelle parole che Dante faceva dire al Santo Apostolo quando gli diceva: “ Fa che in questo santuario risuoni la speranza!”. Quando ho appreso la notizia di questa tragedia, mi sono recato nella cappella per pregare per coloro che sono morti, per coloro che sono rimasti feriti e per le famiglie, affinché trovino la serenità, la pace e la consolazione, in questi momenti tanto necessarie per loro.

    D. - La comunità di Compostela come sta reagendo alla tragedia?

    R. - Nella Messa che abbiamo celebrato ho ringraziato tanto la comunità per la disponibilità, per la generosità, per tutto quello che ha fatto e che sta facendo. Un vero esempio di grande umanità. Ho ringraziato tante persone che dal primo momento hanno messo disposizione le proprie possibilità.

    D. - Proprio oggi, era previsto l’inizio dei festeggiamenti per San Giacomo Apostolo. Nella preghiera per le vittime fatta questa mattina, avete chiesto il suo conforto. Il Santuario può essere anche un punto di riferimento in questa tragedia?

    R. - Senz’altro. All’Apostolo ho chiesto di darci il coraggio per bere questo calice del Signore in questo momento non facile. Ho potuto vedere come questi pellegrini che sono arrivati oggi fossero commossi. Ho avuto l’occasione di parlare con alcuni di loro e il messaggio che ho dato loro è un messaggio di fede e di speranza nel Signore.

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    Messa del Papa a Sumaré: sacerdoti e vescovi sono servitori, non ricerchino onori

    ◊   Per un giorno, la cappella grande della residenza arcivescovile di Sumaré, dove Papa Francesco alloggia in questi giorni, ha sostituito l’ormai celebre cappella di Casa Santa Marta. Alle 7.30, ora di Rio, il Papa ha celebrato la Messa davanti a 300 persone. Invitati tutti i seminaristi di Rio de Janeiro dei Seminari Maggiore, Propedeutico e Redemptoris Mater, accompagnati dai loro formatori. All’omelia, il Papa è tornato sul contrasto tra l’umiltà richiesta all’uomo di fede e la debolezza che talvolta spinge a ricercare, anche nella Chiesa, carriera e prestigio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La tentazione di barare con se stessi si annida anche in tanti cristiani. La tentazione è quella di credersi migliori di ciò che si è, anche davanti a Dio, anche se una certa scelta di vita imporrebbe uno stile di umiltà. Nello sviluppare la sua meditazione, Papa Francesco collega le due letture della Messa, che celebra la solennità dell’Apostolo Giacomo. La prima è il brano della lettera nella quale Paolo scrive ai cristiani di Corinto affermando: “Abbiamo un tesoro in vasi di creta”. Il tesoro, spiega Papa Francesco, “è la rivelazione di Dio in Gesù Cristo” che Paolo cerca di spiegare sottolineando la “tensione” che esiste “tra la grandezza del regalo” e la “bassezza di chi lo riceve”. Ovvero, la natura umana, fragile vaso di creta in cui Dio ha riversato un indicibile “Mistero”:

    “E per tutti noi, consacrati, religiosi, sacerdoti, vescovi, questo è un denominatore comune: abbiamo ricevuto un regalo e tutti siamo vasi di creta. Il problema è come portare avanti questa tensione: sempre perde l’equilibrio. Lungo la storia della Chiesa appaiono uomini e donne che ricevono il dono, sanno che sono di creta, ma nell’arco della vita si entusiasmano in modo tale che si dimenticano di essere di creta o si dimenticano che il dono è un dono grande. Allora questa tensione perde l’equilibrio che ci fa tanto bene”.

    Paolo, osserva Papa Francesco, è schietto nel definirsi un vaso di creta rispetto al dono ricevuto. Ma noi, domanda il Papa, “ci ricordiamo che siamo di creta?”. “La tentazione – prosegue – sta nel truccare il vaso di creta: dipingerlo, abbellirlo” e così “cominciamo ad ingannare noi stessi e a credere” di essere di “una categoria superiore”. È un po’ ciò che accade a Giacomo e Giovanni nell’episodio citato dal Vangelo di oggi, nel quale la madre dei due Apostoli chiede per loro che siedano alla destra e alla sinistra di Gesù, nel suo Regno. “Sono entrati – commenta Papa Francesco – in quel gioco mondano di dimenticare che siamo di creta e di voler avere un certo prestigio, una certa autorità nel gruppo dei dodici”:

    “La Chiesa ha sofferto molto e soffre molto ogni volta che uno dei chiamati a ricevere il tesoro in vaso di creta accumula tesoro, si dedica a cambiare la natura della creta e crede di essere migliore, di non essere più di creta. Siamo di creta fino alla fine, da questo non ci salva nessuno. Ci salva Gesù a modo suo, ma non alla maniera umana del prestigio, delle apparenze, di avere dei posti rilevanti. Qui nasce il carrierismo nella Chiesa che fa tanto male. I capi delle nazioni, dice Gesù, dominano i loro popoli, li sottomettono, li comandano. Tra voi non deve essere così: voi siete servitori. Voi siete per servire. Vaso di creta e grandezza di Gesù”.

    La prova per capire se si sta truccando il vaso o meno è semplice, indica con molta chiarezza Papa Francesco. È il modo in cui ci si confessa davanti al sacerdote. “Ci sono – dice – molte maniere di confessarsi. Ti confessi intellettualizzando le tue cose in generale? Ti confessi cambiando il confessore, quando c’è qualche peccato di cui ti potresti vergognare? Lì hai già dimenticato che sei di creta. O ti confessi bene?”:

    “Come sapere, dunque, che continuo ad essere di creta? Chiediti come ti confessi e lì saprai se hai coscienza che sei di creta o che hai cominciato a dipingere il vaso, perché appaia diversamente. E come so che il grande dono è Gesù? Perché faccio apostolato, perché lo servo? Sì, tutto questo, ma è ingannevole. Adori, sai adorare Gesù o gli chiedi cose? Lo ringrazi, lo lodi, ma arrivi all’adorazione di Gesù? La preghiera di adorazione è la pietra di paragone per sapere che ancora crediamo che Gesù è il grande regalo”.

    “Chiedo alla Vergine – è la preghiera finale di Papa Francesco – che custodisca in tutti noi ambedue le cose”. Non chiedendo “che trasformi la creta in metallo”: che “sia creta fino alla fine”, ma “che noi sappiamo che è creta” e, insieme, “la grazia di adorare Gesù”.

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    Il Papa ad Aparecida: i cristiani vivono nella gioia e nella speranza lasciandosi sorprendere da Dio

    ◊   Ieri tappa ad Aparecida del Papa per affidare alla “Madonnina nera” tanto cara ai brasiliani, il buon esito della Gmg e la vita del popolo latinoamericano. Il Papa ha dovuto raggiungere la città mariana prima in aereo e poi in elicottero a causa del maltempo. Nella notte due chilometri di fila per migliaia di pellegrini, che sfidando il maltempo si sono messi in coda per poter essere all’interno della Basilica per la Messa. Ad Aparecida oltre 200 mila fedeli sotto una pioggerellina insistente si sono stretti intorno al Papa. Da Rio il servizio del nostro inviato Roberto Piermarini:

    Un pellegrinaggio ai piedi di Maria, nel Santuario di Aparecida, venerata ogni anno da 11 milioni di pellegrini. Così come a Santa Maria Maggiore il giorno dopo la sua elezione per affidare alla Madonna il suo ministero petrino, in questo suo primo viaggio internazionale prima di immergersi nella Gmg di Rio, il Papa ha voluto recarsi ad Aparecida. Come primo atto ha posto la sua vita e la sua missione nelle mani della Vergine, Le ha affidato i giovani della Gmg e Le ha chiesto di sostenere la speranza e la fede dei fedeli “soprattutto quando la Croce pesa di più”. All’omelia ha indicato il senso del suo pellegrinaggio

    Eu venho hoje bater à porta da casa de Maria, que amou e educou Jesus ...
    “Vengo a bussare alla porta della casa di Maria – che ha amato ed educato Gesù - affinché aiuti tutti noi, Pastori del Popolo di Dio, genitori ed educatori, a trasmettere ai nostri giovani – ha esortato il Papa - i valori che li rendano artefici di una Nazione e di un mondo più giusti, solidali e fraterni”.

    Per questo ha indicato tre semplici atteggiamenti: mantenere la speranza, lasciarsi sorprendere da Dio e vivere nella gioia. “Non perdiamo la speranza! - ha esortato Papa Francesco – Non spegniamola nel nostro cuore! Il male che c’è nella storia non è il più forte. “Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza”. Incoraggiamo la generosità dei nostri giovani – ha affermato il Papa – soprattutto quando sono attratti da idoli che si mettono al posto di Dio e sembrano dare speranza come il denaro, il successo, il potere, il piacere. Il Pontefice ha chiesto di accompagnare i giovani nel diventare protagonisti della costruzione di un mondo migliore: perché sono un motore per la Chiesa e per la società ed hanno bisogno di valori come spiritualità, generosità, solidarietà, perseveranza, fraternità, gioia, tutti valori che trovano la loro radice più profonda nella fede cristiana.

    Papa Francesco ha quindi invitato a lasciarsi sorprendere dall’Amore di Dio ed accogliere le sue sorprese. A fidarsi di Lui, perché lontano da Dio “il vino della speranza si esaurisce”. Infine l’esortazione ai cristiani a non essere pessimisti; a non avere facce “da lutto perpetuo”. Se siamo davvero innamorati di Cristo e sentiamo quanto ci ama – ha concluso il Papa – il nostro cuore si infiammerà di una gioia tale che contagerà quanti vivono vicini a noi”. Al termine della Messa, ai piedi dell’immagine della Vergine nera dal tipico mantello blu e la corona regale, il Papa ha consacrato a Nostra Signora di Aparecida, il Brasile e il suo Pontificato:

    Abençoai-me, o´ celestial cooperadora, e com vossa poderosa intercessão...
    “Benedicimi, o Cooperatrice Celeste, e con tutta la tua potente intercessione, rinfrancami nelle mie debolezze affinché, servendoTi fedelmente in questa vita, io possa lodarTi, amarTi e renderTi grazie in cielo, per l’eternità”.

    Al termine, dal balcone del Santuario ha benedetto i presenti con l’immagine della Madonna e in spagnolo ha promesso di ritornare ad Aparecida nel 2017 per il 300° anniversario del ritrovamento dell’immagine nel fiume Paraiba.

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    Il Papa dell'Ospedale San Francesco: Chiesa vicina a chi lotta contro le dipendenze

    ◊   Dal Santuario di Aparecida al “santuario della sofferenza umana”, così il Papa ha definito l’Ospedale San Francesco d’Assisi di Rio de Janeiro, che ha visitato ieri, specializzato nella cura delle dipendenze dall’alcool e dalla droga. Forte il monito nei confronti dei “mercanti di morte”, “non è con la liberalizzazione delle droghe”, ha detto il Papa, che si potrà ridurre la loro diffusione. Il servizio di Benedetta Capelli:

    In una Rio de Janeiro piovosa splende il sorriso del Papa. Il viso è illuminato ma anche commosso per i tanti abbracci ricevuti dai malati che lo hanno atteso all’ospedale San Francesco d’Assisi. Saluti, strette di mano, migliaia di foto scattate al passaggio del Pontefice che fa subito capire che la sua visita, inserita nel programma della Gmg per sua espressa volontà, è nel segno della vicinanza e dell’affetto. “Vorrei abbracciare ciascuno e ciascuna di voi, voi che siete la carne di Cristo” – dice il Papa – e abbracciare “il fratello sofferente” ed “emarginato” è una delle necessità di oggi di fronte a situazioni che richiedono “attenzione, cura e amore” eppure la nostra società è pervasa dall’egoismo:

    “São tantos os ‘mercadores de morte’ que seguem a lógica do poder...
    “Quanti ‘mercanti di morte’ che seguono la logica del potere e del denaro ad ogni costo! La piaga del narcotraffico, che favorisce la violenza e semina dolore e morte, richiede un atto di coraggio di tutta la società. Non è con la liberalizzazione dell'uso delle droghe, come si sta discutendo in varie parti dell’America Latina, che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica”.

    E’ dunque nella “maggiore giustizia”, nell’educazione dei giovani ai veri valori, nell’accompagnamento di chi è in difficoltà che si costruisce la “speranza nel futuro”. “Abbracciare – aggiunge il Papa – non è sufficiente”, bisogna tendere la mano a chi è caduto nel buio della dipendenza ma poi il cammino ognuno deve farlo con le proprie forze:

    “Você é o protagonista da subida; esta é a condição imprescindível!
    “Sei protagonista della salita; questa è la condizione indispensabile! Troverai la mano tesa di chi ti vuole aiutare, ma nessuno può fare la salita al tuo posto”.

    Davanti alla “traversata lunga e faticosa”, il Papa esorta a guardare avanti, a “non perdere la speranza” ma anzi a farsi “portatore di speranza”. “In questo ospedale – aggiunge – si fa concreta la parabola del Buon Samaritano”, attuale più che mai di fronte agli sguardi indifferenti dell’uomo – denuncia il Papa - nei confronti dei poveri. “Qui – prosegue - non c’è l’indifferenza, ma l’attenzione, non c’è il disinteresse ma l’amore”.

    “E quero repetir a todos vocês que lutam contra a dependência
    “E vorrei ripetere a tutti voi che lottate contro la dipendenza chimica, a voi familiari che avete un compito non sempre facile: la Chiesa non è lontana dalle vostre fatiche, ma vi accompagna con affetto. Il Signore vi è vicino e vi tiene per mano. Guardate a Lui nei momenti più duri e vi darà consolazione e speranza. E confidate anche nell’amore materno di Maria sua Madre”.

    A conclusione della visita, il Papa ha rivolto un breve saluto ai giovani italiani riuniti nell’arena di Maracanàzinho “per far festa” e riflettere su Gesù e “le risposte che solo Lui sa dare agli interrogativi di fede e di vita”:

    “Fidatevi di Cristo, ascoltatelo, seguitene le orme. Non ci abbandona mai, neanche nei momenti più bui della vita. E’ Lui la nostra speranza”.

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    Padre Lombardi: forte la devozione mariana dei Papi ad Aparecida

    ◊   Per un bilancio sulla giornata di ieri di Papa Francesco in Brasile, Il nostro inviato, Roberto Piermarini ha intervistato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al seguito del Papa alla Gmg di Rio, che sottolinea l’importanza della visita al Santuario dell’Aparecida e della devozione mariana per gli ultimi Pontefici:

    R. – Certamente. Io sono colpito anche dalla continuità che c’è tra questi atti dei nostri due Papi e, volendo, forse, anche a quelli che risalgono al predecessore, a Giovanni Paolo II. La devozione mariana è fortissima nei Papi recenti, probabilmente anche in quelli precedenti, ma io conosco gli ultimi tre. Ogni volta che c’era un viaggio, c’era un Santuario mariano visitato, un momento mariano molto forte. In questo caso, Aparecida è un Santuario importantissimo, il santuario nazionale del Brasile e non solo: è il Santuario presso cui ha avuto luogo quella grande Conferenza dei vescovi latino-americani, in cui il cardinale Bergoglio ha redatto, ha dato un contributo essenziale alla redazione del documento di Aparecida, che è un po’ la Carta Magna della missione della Chiesa nel continente latino-americano in questi anni. Quindi, Aparecida, la Madonna e il ricordo di questa Conferenza sono qualcosa di molto forte nel cuore del Papa, il quale ha detto una cosa bellissima nel suo discorso, cioè di come l’esperienza dei vescovi che lavoravano nella Conferenza episcopale, nella Conferenza di Aparecida del 2007, fosse portata, incoraggiata, animata dalla presenza, dalla devozione e dalla preghiera dei pellegrini che venivano al Santuario. Quindi, questa dimensione di popolo che ingloba in un certo senso, accoglie, integra la dimensione del lavoro dei pastori. Questo è un pensiero che mi è sembrato molto bello. E lui ha voluto inserire anche il suo ministero di Pietro in questo contesto, nella devozione alla Madonna, quindi, e nel popolo pellegrino che viene a pregare la Madonna.

    D. – E poi, gli ultimi tre Papi - Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco -hanno visitato una favela...

    R. – Certamente. Beh l’attenzione ai poveri, anche se Papa Francesco ne parla in modo così efficace e continuamente, è qualcosa che è stato sempre ben presente alla Chiesa. Io ricordavo questa sera che Benedetto XVI, proprio in Brasile, aveva visitato la Fazenda da Esperança, che era una struttura, anche se un po’ diversa, analoga, nel tipo di impegno e di recupero dei giovani dalla droga, a quella che ha visitato il Papa questa sera all’Ospedale San Francesco di Assisi. Per quanto riguarda le favelas, Giovanni Paolo II aveva visitato proprio una favela a Rio de Janeiro come Papa Francesco.

    D. – Il Papa, come diceva, ha vissuto oggi questo incontro nell’Ospedale San Francesco. Abbiamo visto il Papa commosso. Come l’ha vissuto?

    R. – Il Papa, tra l’altro, è arrivato all’Ospedale e ha passato, come al solito, una processione di sofferenze profonde: ha incontrato tutti i malati presentati a lui lungo il breve vialetto per raggiungere il suo podio. Erano malati gravi, malati d’infermità abbastanza impressionanti: un giovane con la testa rivoltata all’indietro; forme di sofferenza profonda. Il Papa ha parlato di questo Santuario della sofferenza, cui è venuto dopo essere stato al Santuario della Madonna. Certamente, nel suo modo di esprimersi, nella sua sensibilità, vediamo che la vicinanza a questa sofferenza è grande e continua. Anche quando fa le sue udienze generali a Roma, il passaggio presso i malati è sempre uno dei momenti essenziali e prolungati di questo suo venire in contatto con il popolo.

    D. – Oggi abbiamo visto il Papa anche molto entusiasta, molto aitante, vivo. Si è riposato in questa giornata così intensa?

    R. – No, il Papa in questa giornata così intensa non si è riposato per niente, neanche un minuto: è partito la mattina ed è andato ad Aparecida prendendo un aereo, un elicottero ed una papamobile; ha detto la Messa ed è uscito fuori a salutare la gente; ha ripreso la papamobile ed è andato a pranzo, dove ha salutato tutte le persone presenti: quelle che hanno servito il pranzo e che sono venute a visitarlo – le monache di clausura, gli uomini della polizia –; ha ripreso poi la papamobile, l’aereo ed è arrivato all’ospedale San Francesco di Assisi, dove ha incontrato i malati, sotto la pioggia. Di riposo proprio non ce n’è stato! Speriamo stanotte riposi un poco.

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    Gmg, la festa dei giovani italiani: anche lontanissimi a Rio ci sentiamo a casa

    ◊   Erano oltre novemila i giovani che ieri pomeriggio, a Rio De Janeiro, hanno partecipato alla "Festa degli Italiani" organizzato all'interno della Giornata mondiale della gioventù nello stadio di Maracanazinho. E alla fine della serata i ragazzi hanno ricevuto un saluto speciale, quello di Papa Francesco che li ha invitati a ritrovarsi insieme a lui oggi pomeriggio a Copacabana. Il servizio di Marina Tomarro:

    “Fidatevi di Cristo, ascoltatelo, seguitene le orme. Egli non ci abbandona mai, neanche nei momenti più bui della vita”. E’ questo l’appello di Papa Francesco, lanciato al termine dell’incontro all’Ospedale di San Francesco d’Assisi, ai ragazzi italiani riuniti al Maracanazinho, che hanno risposto subito con un lungo applauso. Ma ascoltiamo le parole di questi giovani:

    R. – Siamo molto contente di essere qui, di aver avuto la possibilità di partecipare alla Gmg. Questa è una festa importante, perché vediamo come l’Italia sia unita: siamo un popolo caloroso e vogliamo portare la nostra gioia e la nostra allegria anche a questa popolazione, che ci ha ospitato in modo bellissimo, incredibile. E’ una ospitalità unica”.

    R. – Questa è la quarta Gmg! E’ sempre bellissimo ed è sempre una sorgente che si rinnova. La sensazione che ho avuto è stata di accoglienza, ma anche di bellezza, proprio bellezza del posto. Sono arrivato a Copacabana, accolto in famiglia: ti senti a casa anche a 10 mila chilometri di distanza… Quindi, bellissimo! Per il resto, devo dire che non si può prevedere quali saranno i frutti di questi doni che sono questi eventi. Però, io sono sicuro che se uno arriva con lo spirito giusto, sicuramente tornerà a casa con qualcosa, che adesso non ha.

    R. – E’ un bellissimo momento, anche per conoscerci fra di noi, per stare insieme e per far valere anche lo spirito italiano, lo spirito comune. Sicuramente, è un’occasione per incontrarci per legare tra di noi, sotto la stessa fede, che è Gesù.

    Erano oltre 40 i vescovi italiani che hanno voluto partecipare all’incontro insieme ai giovani delle loro diocesi. Ascoltiamo mons. Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto:

    R. – Credo e ho la convinzione che il grande bisogno di amore che tutti noi ci portiamo dentro, che i giovani sentono in un modo fortissimo, anche di fronte alla crisi del villaggio globale e all’insicurezza per il loro futuro, questo bisogno grande li spinge a trovare una risposta vera: questa risposta vera non può che essere l’amore di Gesù. Siccome Papa Francesco testimonia questo amore in una maniera luminosa e la Chiesa è il luogo in cui questo amore si incontra, si capisce come questi ragazzi, che hanno incontrato Gesù, sentano il bisogno di condividere la gioia di questo incontro e di annunciarlo a tutti quelli che ancora non lo hanno incontrato.

    D. – Cosa porteranno a casa dopo queste Giornate?

    R. – La convinzione che non sono soli, che la Chiesa di Papa Francesco – questa Chiesa che si richiama al Vangelo e alla scelta dei poveri – è una Chiesa credibile, per cui vale la pena di impegnarsi con passione, con entusiasmo e anche con sacrificio.

    Musica, testimonianze e immagini sono stati gli ingredienti di questa festa degli italiani. E tra gli altri protagonisti, c’erano anche i cantanti Francesco Renga e Chiara:

    R. – Un momento di vicinanza e di aggregazione importante, in un momento anche molto particolare per tutto il mondo. Credo che il messaggio di questo Papa rivolto soprattutto ai giovani, uno dei primi, quello di non perdere la speranza, sia il motivo vero per cui siamo tutti quanti qua.

    D. – La musica può aiutare ad evangelizzare le genti?

    R. – Per chi lo fa come lavoro e come mestiere è non solo, appunto, un lavoro, ma anche un modo per raccontarsi, per raccontare il proprio tempo e quindi anche per rivolgersi agli altri in maniera sincera, cercando di arrivare poi all’anima vera delle persone.

    D. – Chiara, la tua presenza qui a Rio de Janeiro e alla festa degli italiani…

    R. – Io sono molto emozionata, perché penso che questa sia un’esperienza che mi rimarrà per sempre.

    D. – Il Papa, quando è arrivato a Rio, ha detto che i giovani sono la finestra attraverso la quale si guarda verso il futuro: tu cosa ne pensi?

    R. – Penso sia veramente così. Penso che siamo noi quelli che animano il futuro, anche nei nostri figli… Insomma, ci dobbiamo impegnare, dobbiamo avere speranza.

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    Papa Francesco benedice le bandiere olimpiche. Pancalli: un grande gesto

    ◊   La quarta giornata di Papa Francesco in Brasile è iniziata la visita al Palazzo di Città di Rio de Janeiro, dove ha ricevuto le chiavi della metropoli da parte del sindaco, il signor Eduardo Paes. Qui ha benedetto anche le bandiere olimpiche, esposte nel giardino. Proprio a Rio, infatti, si svolgeranno nel 2016 i 31.mi Giochi olimpici, i primi in un Paese latinoamericano. Ma qual è l’importanza di un evento del genere per un Paese come il Brasile? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano Paralimpico:

    R. – Credo sia strategica la collocazione. Io mi auguro che attraverso il grande evento olimpico e paralimpico si possa aiutare a migliorare le condizioni del Paese, anche sotto il profilo della riabilitazione di aree urbane degradate, ma soprattutto per una sempre maggiore attenzione sulle problematiche legate al mondo della disabilità. In fondo, l’evento sportivo non deve essere fine a se stesso, ma deve essere collocato in questa visione, a mio modo di vedere, strategica.

    D. – Il fatto che Papa Francesco impartisca la benedizione sulle bandiere olimpica e paralimpica ha un grande valore simbolico…

    R. – Ha un grandissimo valore, per me che sono cattolico ancora di più. Ne siamo orgogliosi. Io credo che la benedizione della bandiera olimpica e paralimpica racchiuda in sé anche un grosso stimolo, anzi uno stimolo sempre più grande per i nostri movimenti a preservare i valori che dovrebbero essere e sono i valori sui quali si fonda tutto il movimento sportivo.

    D. – Questo a maggior ragione in un Paese, come il Brasile, che è ricco di problemi sociali. In questi Paesi lo sport ha un valore assoluto…

    R. – Ha un valore assoluto. Io ne parlavo relativamente alle manifestazioni che c’erano state ai margini della Confederations Cup. Credo che lo sport debba rappresentare e debba continuare a rappresentare un valore, ma deve essere uno strumento di politica sociale e strategica, il grande evento per aiutare a superare le grandi contraddizioni che sta vivendo quel Paese, dove c’è gran parte della popolazione che magari non può vivere condizioni sociali che siano dignitose anche nel rispetto del diritto alla salute, all’educazione e quant’altro.

    D. – Nella prossima edizione olimpica di Rio, cosa ci possiamo aspettare in più rispetto a quella di Londra dello scorso anno, che già è stata straordinaria da questo punto di vista?

    R. – Da questo punto di vista, credo che Londra si stata veramente straordinaria. Per esperienza abbiamo imparato che ogni evento paralimpico che segue quello precedente è sempre più straordinario, però Londra veramente ha fatto qualcosa di quasi insuperabile. Io mi aspetto però dall’evento di Rio de Janeiro che sia un evento a dimensione umana, cioè un evento che sappia onorare il terreno del confronto agonistico ma, nello stesso tempo, sappia richiamare a quei valori che io spero e auspico sempre che il mondo sportivo porti con sé.

    D. – Lei è presidente del Comitato Italiano Paralimpico. I Giochi paralimpici stanno diventando, questo è sotto gli occhi di tutti, sempre più importanti. Si può immaginare in futuro una fusione completa dei due eventi, olimpiadi e paralimpiadi? Sarebbe auspicabile questo?

    R. – Certamente, una fusione degli eventi è nel sogno di tutti noi, però prima ancora che immaginare il risultato bisogna immaginare il percorso affinché poi non si perda e non cali l’attenzione sui nostri straordinari atleti paralimipici. Io dico sempre che prima di raggiungere gli obiettivi bisogna interrogarsi su se i media saranno preparati a tutto questo e il giorno in cui un atleta olimpico vincesse una grande medaglia e nello stesso giorno ci fosse uno straordinario risultato di un atleta paralimpico, i giornali, o i media televisivi, a chi dedicherebbero più attenzione. Io credo che i tempi non siano maturi per tutto questo. Bisogna, però, costruire un grande percorso, soprattutto culturale, che possa portarci ad immaginare tutto questo, perché nel raggiungimento di questo ci sarebbe il rispetto della dignità del nostro movimento.

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    Il Papa oggi alla favela di Varginha per incontrare l'altro volto di Rio

    ◊   Alle 11 ora di Rio, quando in Italia saranno le 16, Papa Francesco inizierà un’altra delle sue visite più attese e intense, quella alla favela di Varginha. Durante il tragitto che lo porterà all’incontro con gli abitanti del posto, sosterà anche nell’abitazione di una famiglia. Uno dei nostri inviati a Rio, Silvonei Protz, ha chiesto a un abitante di Varginha, Manuel José da Penha – un operaio che talvolta presta aiuto nella cappella locale – in che modo la comunità si sia preparata ad accogliere il Papa:

    R. – Estamos nos preparando...
    Ci stiamo preparando con molta allegria, nella pace, nella luce, perché con questa visita il Papa porti molta pace alla nostra comunità, e affinché i giovani, gli adulti siano solidali e tutti noi siamo solidali gli uni con gli altri. Questo è molto importante e di questo abbiamo bisogno.

    D. – Com’è la comunità di Varginha?

    R. – Para mim não tenho o que dizer...
    Io non ho niente da dire, vivendo qui da 38 anni. E’ una comunità legata da grande amicizia e siamo tutti una famiglia. Grazie a Dio, miglioriamo sempre. Una volta avevamo il problema della mancanza di scuole, della mancanza di servizi sanitari. Non è come vorremmo, ma è migliorata molto e sta migliorando ancora, grazie a Dio.

    D. – Adesso, con l’arrivo del Papa, crede che possa migliorare ancora di più?

    R. – Temos fé que possa melhorar muito mais...
    Abbiamo fiducia che migliorerà ancora di più.

    D. – Come sono i giovani della comunità?

    R. – São gente boa...
    I giovani sono brave persone. Abbiamo solo bisogno di sostegno. Io sono sposato e vivo qua da 38 anni, ho due figli che, grazie a Dio, non hanno mai avuto problemi e non sono rimasti coinvolti in nulla di strano. Mia figlia si è già sposata, mentre mio figlio vive ancora con me e lavora. Viviamo questa vita. L’importante è rispettarci, per essere rispettati, ed esercitare l’autorità nel momento giusto. Questo è importante. Purtroppo, non succede a tutti, ma la vita è così. Non posso lamentarmi, sto molto bene e sono soddisfatto così.

    D. – Questa cappella di San Girolamo è molto frequentata?

    R. – É muito frequentada...
    Sì, è molto frequentata. Le Messe delle 18, che il prete viene a celebrare ogni domenica, sono molto frequentate e per me è una meraviglia. E’ un conforto per noi, che ci aiuta a sopportare tutte le difficoltà della vita.

    D. – Qual è la vostra più grande difficoltà qui nella comunità?

    R. – Dificuldade que digo...
    La difficoltà è in tutta la situazione, perché mancano i trasporti e c’è un traffico terribile, che deve migliorare. Tutto il resto va bene. Se Dio vuole, può migliorare, ma non posso lamentarmi.

    R. – Lei lavora qui nella cappella?

    D. – Eu faco alcun servicos aqui para...
    Sì, faccio qualche servizio qui in cappella quando c’è bisogno. Sono elettricista e lavoro alle ristrutturazioni.

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    Il Papa nella favela: la festa di accoglienza guidata dal Gen Rosso

    ◊   Ad animare la festa di accoglienza al Papa tra poco, al campo di calcio dove è riunita la Comunità di Varginha, c’è il Gen Rosso. Il gruppo musicale internazionale nato dal Movimento dei Focolari ha riunito intorno a sé circa 200 ragazzi che partecipano ad un programma di recupero dalla tossicodipendenza attraverso l’arte. Insieme, si esibiranno dinanzi al Pontefice. Gabriella Ceraso ha raggiunto telefonicamente uno dei musicisti, Kiko Sebok, che racconta come si sono preparati a questo momento e l’eco che stanno avendo le prime parole Pontefice tra i ragazzi della comunità:

    R. – Quando il Papa entra nella favela, lo accogliamo con tre canzoni, con tre balli, che facciamo con i 200 che sono arrivati questa mattina da diverse parti del Brasile e che stanno uscendo dalla dipendenza chimica.

    D. – Sono arrivate a loro e sono arrivate anche a voi le prime parole del Papa, l'invito all’accoglienza dell’altro perché nessuno si senta solo. Voi lo state vivendo in questa esperienza che state facendo?

    R. – Esatto, possiamo proprio fare quello che il Papa ci chiede: andare alle periferie a trovare gli ultimi, a stare con tutti perché tutti possono essere capaci di vivere lo stile di vita cristiano.

    D. – Lavorando con questi ragazzi che hanno questo passato così difficile di droga e di dipendenza, vi siete resi conto se questa presenza del Papa può effettivamente avere un’eco fra loro e può spingerli ad andare avanti in un percorso di ripresa?

    R. – Io penso di sì. I ragazzi canteranno al Papa dicendo proprio questo: “Eccoci! Noi scegliamo un’altra vita. C’è la possibilità di un’altra vita!”.

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    La Fiera delle vocazioni a Quinta da Boa Vista

    ◊   La visita al Seminario Bom Jesus di Aparecida ha mostrato quanto le vocazioni stiano a cuore a Papa Francesco che è a Rio per la Giornata Mondiale della Gioventù la quale per molti sacerdoti, religiosi e religiose è stata proprio il momento della “chiamata”. E’ questo lo scopo della "Fiera Vocazionale" che da alcune anni è uno degli eventi più significativi che accompagnano le Gmg nelle varie parti del mondo. A Rio, è stata allestita nel Parco Quinta da Boa Vista, dove Papa Francesco si recherà domani per celebrare il Sacramento della Riconciliazione con alcuni giovani della Gmg. Il servizio del nostro inviato a Rio, Roberto Piermarini:

    Protagonisti della Fiera Vocazionale della Gmg che si svolge questa settimana nella splendida cornice del Parco Quinta da Boa Vista a Rio, sono Ordini ed Istituti religiosi, movimenti e nuove comunità che hanno una dimensione internazionale. Gli “espositori della chiamata vocazionale” di Rio sono oltre 100 ed ai numerosissimi giovani che girano curiosi tra gli stand, offrono depliant, libri, materiale audio-visivo ma anche testimonianze ed esibizioni canore. Ragazzi e ragazze possono così entrare in contatto diretto con i responsabili della pastorale vocazionale per avere notizie, scambiare idee ed avviare un percorso di riflessione. “Questa Fiera – spiegano gli organizzatori – è il luogo ideale per incontrarsi con la volontà di Dio”. A Quinta da Boa Vista abbiamo girato tra gli stand per raccogliere alcune testimonianze:

    D. – Cosa offrono i carmelitani scalzi ai giovani che vengono alla Gmg di Rio?

    R. – Noi Carmelitani Scalzi abbiamo il privilegio di avere due Santi giovani: la patrona, Santa Teresina del Bambino Gesù, e l’intercessore della Giornata mondiale della gioventù, Santa Teresa de Los Andes. I giovani s’identificano molto con questi nostri Santi giovani del Carmelo Scalzo.

    D. – Che cosa vi chiedono i giovani?

    R. – Chiedono l’esempio di questi due Santi e degli altri Santi carmelitani. Chiedono che si possa insegnare loro come vivere la relazione con Gesù, nella maniera che ci ha insegnato Santa Teresa di Gesù o di Avila: come un rapporto di amicizia con Colui che sappiamo ci ama.

    D. – Il Movimento di vita cristiana che cosa offre ai giovani qui alla Gmg di Rio?

    R. – Noi offriamo innanzitutto l’opportunità di conoscere la vita cristiana vissuta da giovani impegnati, da persone che vogliono veramente incontrare il Signore Gesù Cristo e scoprire la propria vocazione, sia quella del matrimonio, sia quella della vita consacrata, sia quella sacerdotale. Offriamo la possibilità, attraverso la natura di Rio de Janeiro, avendo molte persone che abitano qui nel nostro Movimento, di percepire come il Signore parli attraverso la natura, come il Signore sia presente in mezzo a noi e come sia bello essere cristiani. Oltre a tutto questo, ci sono poi vari modi di pregare, c’è la vita sacramentale e spirituale. Quando qualcuno si avvicina a noi, cerchiamo con la nostra vita di mostrargli quello che viviamo: la vita cristiana. Per questo ci chiamiamo così.

    D. – Presente qui a Boa Vista anche la Comunità di Sant’Egidio. Cosa vi chiedono i tanti giovani pellegrini che arrivano?

    R. – Ci chiedono informazioni sulla Comunità: come nasce e come si può far nascere, che vuol dire essere amici dei poveri. Noi spieghiamo che essere amici dei poveri non è un lavoro sociale, perché noi non siamo una ong: noi vogliamo essere realmente un famiglia per i poveri. Questo vuol dire appunto sentirsi loro pari. Non siamo operatori e loro utenti, ma ci sentiamo davvero una famiglia con i tanti poveri che incontriamo nelle nostre città.

    D. – La Comunità di Shalom che cosa offre ai pellegrini che sono qui alla Gmg?

    R. – La Comunità Shalom è qui presente con uno stand, che riproduce quello che è stato il luogo di nascita della comunità: un pub cristiano, dove i giovani potevano venire a bere qualcosa, a conversare e iniziare poi con i missionari della Comunità un rapporto con Dio, attraverso la preghiera e attraverso il dialogo con le persone che li ricevevano.

    D. – I giovani che vengono agli stand di Boa Vista per cercare la loro vocazione, cosa vi chiedono?

    R. – Intanto, molti non conoscono il Cammino Neocatecumenale, quindi chiedono cosa sia il Cammino. Noi cerchiamo di spiegare che il Cammino è un itinerario di iniziazione cristiana per gli adulti, che pian piano cerca di riscoprire il proprio Battesimo, che è la sorgente di tutte le vocazioni. Questo è un carisma, quindi, che è nato nella Chiesa e che sta producendo tanto bene – vocazioni - ma non solo sacerdozio e vita religiosa, anche famiglie e missioni. E’ dunque una grande ricchezza per la Chiesa, che partecipa in modo molto efficace a queste Giornate mondiali della gioventù.

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    Tweet del Papa: lo sport è mezzo di scambio e crescita, non di violenza e odio

    ◊   Tweet di Papa Francesco, lanciato oggi dal suo account @Pontifex dopo la cerimonia di benedizione delle bandiere olimpiche a Rio: “Lo sport può essere sempre un mezzo di scambio e di crescita, non di violenza e odio”.

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    Gmg. Il card. Bagnasco: gli adulti mostrino ai giovani che non sono abbandonati

    ◊   Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Genova, ha tenuto ieri la sua catechesi per i giovani italiani della Gmg nella chiesa di San Paolo a Rio de Janeiro, vicino a Casa Italia. Il porporato ha invitato ad avere il coraggio di essere fedeli a se stessi, “alla sete del nostro cuore”. “Lasciamo parlare il cuore – ha detto – Ascoltiamolo specialmente nei momenti difficili!”. È lo stesso Dio che “mi aiuta a capire che vengo dal cuore della Trinità che è comunione d’Amore”. Sul clima di gioia che si sta vivendo a Rio, ascoltiamo lo stesso cardinale Angelo Bagnasco, al microfono di Marina Tomarro:

    R. - Sì, una grandissima accoglienza, una grande gioia per questo evento della Giornata mondiale e dell’incontro naturalmente con Papa Francesco, prima volta all’estero e proprio nel suo continente di origine. Quindi una particolare tensione di entusiasmo.

    D. - Tanti sono anche gli italiani che partecipano a questa Gmg...

    R. - Sì, come sempre - grazie a Dio! - la presenza dei giovani italiani è una presenza significativa: naturalmente meno che di consueto, ma sono i numeri più o meno delle grandi, grandissime distanze. Mi pare che ci avviciniamo alle 8-9 mila persone, come più o meno in Australia. A parte il numero è l’intensità, la gioia della partecipazione. La grande fraternità che ho visto, visitandoli a Casa Italia.

    D. - E anche da Rio parte un messaggio di speranza per i giovani italiani…

    R. - Sì, direi di sì. Ce ne sono tanti… Uno è che gli adulti, il mondo degli adulti, a tutti i livelli e con ogni responsabilità deve far sentire che i giovani non sono abbandonati a se stessi.

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    Il Papa e il no a droga e dipendenze. L'Onu: le sue parole un incoraggiamento

    ◊   Il secco no alla legalizzazione delle droghe e alla piaga del narcotraffico lanciato da Francesco ancora risuona nell’ospedale di San Francesco d’Assisi di Rio, visitato ieri dal Papa e che ha visto il commovente abbraccio tra il Pontefice e i pazienti, affetti dalla dipendenza di alcool e droga. “Abbracciare non è sufficiente”, ha detto Francesco, per il quale occorre tendere la mano a chi è caduto nel buio della dipendenza. Parole accolte con grande soddisfazione da chi si definisce “il volto umano” della lotta alla droga, come Gilberto Gerra, medico, docente universitario, Capo dipartimento prevenzione droga e salute dell’Unodc, l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine, con sede a Vienna. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – Per noi dell’Organizzazione internazionale che si occupa della droga e del crimine è stato estremamente incoraggiante questo messaggio di Papa Francesco, in piena sintonia con una posizione espressa nell’ultima dichiarazione politica da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite all’unanimità. E cioè, le droghe illegali non debbono diventare una strategia di vita, rimangono pericolose, riconosciute come pericolose per lo sviluppo dei Paesi e per la salute delle giovani generazioni. Devo dire che il messaggio di Papa Francesco è stato – ben prima delle sue parole – quello di andare in visita a un centro di cura per la dipendenza da sostanze. E che cosa ci dice con questo? La vera via è occuparsi del malessere di queste persone, della loro sofferenza, della loro malattia, da un lato senza punire con sanzioni o prigione, dall’altra senza considerare le droghe un qualcosa che si possa accettare come normale nella nostra società. La terza via è, invece, occuparsi di queste persone, restaurando tutto il bisogno di solidarietà, di coesione sociale, di supporto, di cure che questi pazienti hanno e non fingere che la loro sofferenza non esista.

    D. – Quindi, professore, ciò che le ci dice è, da una parte, “no” alla repressione dei tossicodipendenti e, dall’altra, “no” alla legalizzazione…

    R. – Certamente no alla repressione. Occorre chiedersi che cosa ha condotto questo individuo a questo tipo di malattia: grazie a quello che sappiamo dal punto di vista neurobiologico, da tutti gli strumenti che abbiamo della scienza, riconosciamo una vera e propria patogenesi di una malattia per quello che riguarda l’alcoolismo e le tossicodipendenze e riconosciamo una sofferenza interna, interiore, importante, che è spesso il frutto di una serie di svantaggi nel corso della storia clinica di questi pazienti. Sarebbe veramente una crudeltà immaginare un sistema di controllo delle droghe che va a punire - invece che gli spacciatori e i criminali - le persone che sono rimaste impigliate, intrappolate in questa condizione di malattia. Anche quando parliamo di legalizzazione, facciamo un atto di negazione: a nessuno può importare di queste persone, quello che conta è che facciano quello che vogliono, continuino pure… Anche in questo caso, così come punendo, andiamo in qualche modo a fare negazione, a non voler vedere la condizione di sofferenza sottesa a questi comportamenti tossicomanici.

    D. – Il Papa ha usato parole molto forti contro i “mercanti di morte”, che “seguono la logica del potere e del denaro ad ogni costo”. Professore, sappiamo quanto la lotta ai narcos in quel continente e la stessa lotta tra narcos generi vittime e violenza…

    R. – Certamente, la violenza oggi è centrata sulle azioni di queste organizzazioni criminali che si occupano del mercato della droga clandestino. Ma ci sono anche situazioni strutturali – sia economiche, che finanziarie che politiche – che hanno aiutato a costruire nel tempo la struttura e la forza di queste organizzazioni criminali. Possiamo far di tutto con le armi per contrastare il traffico di droga, ma sino a che non saremo capaci di controllare l’appetito immenso, ad esempio per la cocaina, che c’è nei Paesi ricchi, sarà ben difficile, per le leggi di mercato, riuscire a fronteggiare un fenomeno di questo genere. Quindi, l’accento ancora una volta è su prevenzione dell’uso di droga, trattamento delle dipendenze e offerta di una reintegrazione sociale e di una solidarietà sociale attorno a questi pazienti, non stigma e discriminazione.

    D. – Dietro al fenomeno droga, c’è una evidente situazione di profondo malessere sociale. Andiamo ad analizzare proprio la società brasiliana: sappiamo quanto sia dilaniata da un grande divario sociale e come i poveri – e in questo caso molti bambini – siano dipendenti dalle droghe…

    R. – Ho sempre cercato di spiegare ai giovani nell’Occidente industrializzato, che considerano l’uso di droghe erroneamente ricreazionale, quanto invece nei Paesi poveri questo corrisponda spesso alla possibilità di adattarsi a una vita terribile, spesso a una vita nelle strade. Oggi, purtroppo la cocaina-crack è diventata così a buon mercato in questi Paesi, e particolarmente nell’America Latina, da essere possibile da acquistare da parte dei bambini di strada. Non c’è niente di ricreazionale. Non sono ragazzi che vanno in discoteca con una pastiglia di ecstasy. Sono bambini che devono sopravvivere ogni giorno e che spesso consumano queste droghe per non sentire la fame, per non subire un eccessivo carico di lavoro, per riuscire a sopportare uno stress interno infinito e una condizione di abbandono senza limiti. Questi bambini dovrebbero essere un appello per tutti a dire: chiudiamo la porta all’uso di queste sostanze e aiutiamo questi sottogruppi della popolazione a uscire dalla loro condizione, e non certo con la scorciatoia di una medicazione farmacologica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La pioggia e i pellegrini: un editoriale del direttore sul viaggio del Papa.

    Mi metto in gioco se incontro testimoni veri: Pierpaolo Triani a proposito di uno studio dell'Istituto Toniolo sui giovani italiani e il Papa.

    Se questo è un Homo: in cultura, Roberto Volpi sulla riproduzione sessuale tra provette e sequenziatori di Dna.

    Un articolo di Alessandro Scafi dal titolo "Una legge anche per il re": per gli ottocento anni della Magna Charta la British Library riunirà le quattro copie rimaste tra quelle redatte nel 1215.

    Quel treno per Loreto: Claudia Di Giovanni sul film "La porta del cielo" - girato da Vittorio De sica tra il 1943 e il 1944 - ritrovato e restaurato dalla Filmoteca Vaticana.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la sciagura ferroviaria in Spagna.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto. Scontro aperto tra l’esercito e i Fratelli musulmani

    ◊   Un invito a manifestare pacificamente e a respingere quello che definiscono “un golpe militare sanguinoso” è arrivato oggi dalla guida spirituale dei Fratelli musulmani in Egitto, Mohamed Badie, raggiunto ieri da un mandato di arresto. È la riposta della Fratellanza all’appello del capo dei militari, el Sissi, a scendere in piazza in massa. Il servizio di Roberta Barbi:

    È sempre più profonda la spaccatura tra l’esercito e i Fratelli musulmani in Egitto. Ieri, il religioso sunnita Badie, a guida della Fratellanza ,è stato raggiunto da un mandato d’arresto emesso dalla Procura assieme a quello per altri otto dei suoi notabili e ha reagito invitando i suoi a una manifestazione pacifica contro il “colpo di Stato” che ha destituito il presidente Morsi. Al tempo stesso, ha lanciato una fatwa contro gli egiziani che risponderanno a “qualsiasi chiamata alla guerra civile”. Si tratta chiaramente della risposta a distanza all’appello del capo dell’esercito, el Sissi, che ieri ha invitato gli oppositori anti-Morsi a scendere in piazza per appoggiare la lotta delle forze armate contro il terrorismo. Su questo si è pronunciato anche il secondo partito islamico d’Egitto, Nour, che richiama i militari e lo Stato a compiere il proprio dovere “all’interno della legalità”. Si prospetta dunque per domani una giornata ricca di tensione, in occasione del terzo venerdì del mese sacro del Ramadan, mentre non si arrestano le violenze nella “terra di nessuno” del Sinai, dove almeno quattro persone ieri hanno perso la vita a el Arish.

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    I politici cattolici e i valori non negoziabili al centro di un convegno a Roma

    ◊   I cattolici in politica non difendono valori cattolici, ma valori per il bene dell’intera collettività, come vita, famiglia, dignità della persona. E’ la convinzione alla base del convegno, questo pomeriggio a Roma, sul tema "I valori non negoziabili nell’attuale orizzonte dei cattolici impegnati in politica”. A organizzare l’evento, l’Unione giuristi cattolici italiani. Paolo Ondarza ha intervistato Fabio Macioce, segretario dell’organizzazione:

    R. - Il problema è che la cultura diffusa oggi, quella più diffusa sui mezzi di comunicazione, quella più condivisa anche dai grandi partiti dal Pd al Pdl, al Movimento cinque stelle, è una cultura estranea al discorso di valori non negoziabili. Una cultura per la quale l’individuo può far di sé stesso e della propria vita tutto quello che vuole. E' una cultura individualista, libertaria, per la quale lo Stato e il diritto non possono in alcun modo sindacare le scelte del singolo.

    D. - Difendere i valori non negoziabili, non fa prendere voti?

    R. - Evidentemente no, soprattutto quando il discorso tende a rimanere un pochino astratto. Io credo che quello che dovrebbero fare i nostri politici cattolici è cominciare a testimoniare, a far capire che la difesa di alcune molto concrete - la famiglia, la giustizia, l’uguaglianza, la dignità della persona - sono battaglie che servono a tutti per una società più giusta, più degna, in cui tutti possano sentirsi accolti.

    D. - Il parlamento proprio in questi giorni sta esaminando il controverso provvedimento contro l’omofobia, che instaura il reato di discriminazione di genere con pene come la reclusione fino a quattro anni...

    R. - Che l’omofobia sia odiosa non c’è dubbio, e dovremmo dirlo tutti con forza. Certo, però quando si puniscono reati di questo tipo o si sanzionano comportamenti di questo genere, c’è il rischio forte e fondato che venga introdotto nel nostro ordinamento un reato d’opinione, cioè un reato per il quale non è lecito pensarla diversamente ed esprimere il proprio pensiero. Questo è un rischio che va evitato assolutamente e invece nel disegno di legge questo rischio è forte e consistente.

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    Motociclismo in lutto per la morte del pilota italiano Andrea Antonelli. Gara iniziata sotto il diluvio

    ◊   Si celebrano oggi a castiglione del Lago, in provincia di Perugia, i funerali di Andrea Antonelli, il pilota di motociclismo morto domenica scorsa in pista a Mosca durante la gara del Mondiale Supersport, dopo essere stato investito da un pilota che non è riuscito ad evitarlo a causa della nube d'acqua sollevata sulla pista bagnata. Un incidente che ricorda, in parte, quello costato la vita nell'ottobre 2011 a Marco Simoncelli a Sepang. Su questo nuovo dramma, Amedeo Lomonaco ha intervistato il vicedirettore Gazzetta dello Sport, Umberto Zapelloni:

    R. – Il motomondiale, le gare di motociclismo, le gare di Formula 1, le gare di auto in genere, sono pericolose. Però bisogna fare in modo che i pericoli, che non possono essere azzerati, vengano perlomeno ridotti. Ieri, invece, a Mosca non è stato fatto questo. Sono stati mandati in pista questi ragazzi in situazioni di visibilità e aderenza decisamente insufficienti. Io credo che di fronte al pericolo della vita di un protagonista, lo show si debba fermare e ieri l’errore è stato di fermarlo dopo che il fattaccio era già avvenuto; il povero Antonelli era già morto. Invece, quella era una gara che non doveva neppure partire.

    D. - Le corse non si possono fermare. E’ veramente così?

    R. – E’ difficile, lo abbiamo visto anche nel mondiale di Formula 1. Ricordiamo quello che è l’incidente clamorosamente più famoso, cioè quello che portò al decesso di Ayrton Senna, nel ’94, a Imola. La gara continuò, continuò mentre Senna moriva in ospedale, a Bologna, oppure era già morto in pista, come dice qualcun altro. Però quello fu un avvenimento eccezionale, un incidente dovuto a tutta una serie di coincidenze pazzesche. Ieri a Mosca, invece, la gara si doveva, non si poteva fermare, prima che cominciasse, perché quando ti rendi conto che le condizioni sono critiche devi evitare che questi piloti vadano in pista. Credo che debba esserci qualcuno che decida al di sopra dei piloti. Non si può chiedere a piloti giovani che sono lì per mettersi in luce di alzare una mano e dire: qui non si corre. Credo debba esserci un direttore di corsa, che in condizioni del genere, dice: qui non si corre, si aspettano condizioni migliori. Nel motomondiale succede quasi sempre. Bisogna che avvenga in tutte le categorie dove ci sono in pista piloti anche meno esperti.

    D. – Il motociclismo piange un altro pilota: dopo la morte tragica di Simoncelli, anche questa di Antonelli…

    R. – L’incidente di Simoncelli è molto diverso, anche se nella dinamica è molto simile a quello che ha portato via Antonelli, perché Simoncelli e Antonelli sono stati colpiti in una parte vulnerabile da un compagno che li seguiva. Ma mentre Simoncelli è caduto in una gara che si poteva tranquillamente correre, su una pista che per anni è stata teatro del mondiale sia di MotoGP che di Formula 1, ieri, Antonelli è andato a correre in condizioni in cui non si doveva correre, per una mancanza di visibilità ma anche di aderenza. I piloti, in quel rettilineo, erano in una nuvola d’acqua e non vedevano assolutamente nulla. E’ un rischio enorme quando lo fanno in un abitacolo della Formula 1. A cavallo di una motocicletta è qualcosa che non si deve assolutamente fare.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan. Nel Rapporto di una ong gli abusi contro le minoranze religiose

    ◊   Un nuovo Rapporto sullo stato dei diritti umani in Pakistan è stato pubblicato oggi dalla Human Rights Commission of Pakistan, che ne dà notizia all’agenzia Fides. Purtroppo, la fotografia che fa del Paese è drammatica: gravi violazioni, infatti, sono state registrate nel 2012, specialmente nei confronti delle minoranze religiose. Tra le aree più a rischio, la provincia del Beluchistan, dove tra il 2008 e il 2012 sono stati uccisi 758 membri della comunità sciita e solo l’anno scorso cento sciiti di etnia hazara, ma anche Karachi, dove la violenza settaria è molto diffusa: 2284 persone vi sono morte l’anno scorso e 356 attivisti politici. Sempre in città, hanno perso la vita 20 cittadini ahmadi – considerati una setta eretica dai musulmani – e sei chiese cristiane sono state attaccate. Un capitolo a parte riguarda gli abusi nell’applicazione della legge sulla blasfemia: nel 2012 si sono registrate 23 accuse contro i musulmani, 8 contro i cristiani e 5 contro gli ahmadi. La maggior parte dei casi, infine, resta impunita perché molti avvocati rifiutano di prendere in carico questi casi per paura di ritorsioni. (R.B.)

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    Malaysia. Studenti non musulmani costretti a mangiare in bagno durante il Ramadan

    ◊   È stato condannato come un gesto di segregazione la decisione presa da una scuola elementare della periferia di Kuala Lumpur, in Malaysia, che ha costretto i suoi studenti non musulmani – per lo più indiani e cinesi, cristiani o indù – a pranzare nell’atrio dei bagni e non in sala mensa, per rispetto ai compagni musulmani che in questi giorni stanno osservando il digiuno dall’alba al tramonto previsto per il mese sacro del Ramadan. Le foto dell’episodio sono state diffuse via internet da alcuni genitori che si sono detti “inorriditi” per la soluzione poco igienica trovata dall’istituto e il fatto ha sollevato anche lo sdegno della comunità musulmana locale. AsiaNews ricorda che l’islam non chiede ai non musulmani di nascondersi mentre mangiano durante il Ramádan, ma ci sono alcuni Paesi che impongono ai non islamici di non consumare cibo in pubblico. In Malaysia, in particolare, si sono registrati episodi restrittivi in tal senso: nel 2010, la preside di una scuola nello Stato di Kendah accusò gli studenti cinesi di essere insensibili verso i loro compagni e li apostrofò spingendoli a ritornare in Cina se non erano “capaci di rispettare le regole” delle altre etnie. (R.B.)

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    Colombia. Il vescovo emerito di Magangué al fianco dei contadini del Catatumbo

    ◊   Il vescovo emerito di Magangué, in Colombia, mons. Leonardo Gómez Serna, presidente della "Red de Programas de Desarrollo y Paz", interviene sulle proteste dei contadini che in questo periodo stanno agitando diverse aree del Paese e in particolare la regione del Catatumbo, dove il presule per diversi anni è stato responsabile della Prelatura di Bertrania, in una delle zone più povere del distretto settentrionale di Santander. Lo ha fatto - precisa Fides - al termine della Settimana di riflessione promossa dall’organizzazione a Cajica, a nord di Bogotà, in cui si è parlato dello sviluppo del Paese. “Qui ci sono gli stessi problemi di 30 anni fa”, denuncia il vescovo elencando la forte disuguaglianza e povertà che contrasta con l’alta concentrazione di compagnie e pozzi petroliferi che ha causato la protesta degli agricoltori, scesi in piazza per difendere il patrimonio naturale del loro territorio. “La Chiesa negli anni ha organizzato un programma d’insegnanti missionari per garantire l’istruzione ai bambini e la formazione delle comunità secondo i valori di Gesù Cristo”, è la sua testimonianza, anche se i problemi economici persistono, aggravati anche dal continuo braccio di ferro tra il governo e le Farc, le Forze armate rivoluzionarie, le cui trattative sono in corso all’Avana, Cuba. “Il governo riconosca ora che si deve investire nelle aree rurali anche nella tecnologia, nell’istruzione e nella salute”, ha concluso. (R.B.)

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    Siria, giunta la missione Onu su armi chimiche

    ◊   “La Siria uscirà dalla crisi più forte e resistente contro l’entità sionista”. Così si è espresso oggi, nei confronti di Israele, il ministro degli Interni siriano, generale Muhammad Shaar. A Damasco da ieri si trova Ake Sellstrom, il capo della missione Onu che dovrà verificare se vi sia stato o meno l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito, ipotesi che il governo nega, rovesciando le accuse in merito sui ribelli. Continua intanto la violenza nei sobborghi di Damasco, dove oggi è esplosa un'autobomba provocando numerose vittime, così come in molte altre parti del Paese. In particolare peggiora la situazione al confine con la Turchia: oggi è morto in ospedale Ahmet Gunduz, il giovane turco che una settimana fa era rimasto colpito da un proiettile vagante sparato dall’altro lato della frontiera. Intanto, l’Osservatorio siriano per i diritti umani afferma che sarebbero oltre duemila le persone uccise nel Paese dall’inizio del Ramádan, tra queste più di cento bambini. (R.B.)

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    Indonesia. Si rovescia un barcone di migranti diretto in Australia, 13 morti

    ◊   È di almeno 13 morti, tra cui sei bambini e una donna incinta, oltre a un numero ancora imprecisato di dispersi, il bilancio di un drammatico naufragio avvenuto oggi in Indonesia, al largo dell’isola di Java. A rovesciarsi è stato un barcone di migranti, con a bordo circa 200 persone provenienti per lo più da Sri Lanka, Iran e Iraq, e dirette in Australia. Alcuni dei cadaveri sono stati recuperati a una quindicina di chilometri dal luogo del disastro, nei pressi della spiaggia di Karangpotong. I sopravvissuti sono stati portati in salvo grazie al pronto intervento dei soccorsi e anche di diversi pescatori della zona. Il fatto è avvenuto a meno di una settimana dalla firma dell’accordo in materia di rifugiati da parte di Papua Nuova Guinea e Australia, che stabilisce l'isola di Manus come destinazione finale anche di coloro che otterranno lo status di rifugiati, e per questo fortemente criticato dalla Chiesa e da molte organizzazioni umanitarie. L’Indonesia è uno dei principali punti di passaggio per i profughi che dall’Asia si dirigono in Australia alla ricerca di una vita migliore. Nella giornata di oggi, infine, il ministro dell'Immigrazione australiano, Tony Burke - riferisce l'agenzia Misna - si è recato in visita nei campi profughi di Papua e Nauru, per verificare le segnalazioni di abusi, torture, violenze autoinflitte e tentati suicidi, oltre che di accumulo di armi in vista di una possibile sommossa, su cui la sezione australiana di Amnesty International ha chiesto di fare chiarezza. (R.B.)

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    Continuano i pellegrinaggi delle diocesi messicane alla Basilica di Guadalupe

    ◊   Proseguono i pellegrinaggi diocesani organizzati in occasione dell’Anno della Fede, alla Basilica di Guadalupe, in Messico. Lo comunica la Conferenza episcopale locale all’agenzia Fides, raccontando, in particolare, quelli guidati dai vescovi di Tehuantepec e di San Cristobal de Las Casas, nel Chiapas, rispettivamente: mons. Oscar Armando Campos Contreras e mons. Felipe Arizmendi Esquivel. “L’ingiustizia, l’impunità che si riflette nelle criminalità e la povertà economica che poi si trasforma in miseria, non danno alcuna speranza di sviluppo ai giovani – ha detto mons. Contreras – e li rendono fin troppo facile preda della criminalità organizzata”. Dello stesso tenore il discorso di mons. Esquivel ai suoi pellegrini: “Molti giovani hanno cambiato le proprie abitudini dandosi all’alcol, alla droga o vendendosi per denaro, ma noi non vogliamo questo, non vogliamo la violenza né i rapimenti né gli omicidi e neanche - ha ammonito - la discriminazione del nostro popolo, vogliamo vivere nella fraternità e cambiare questo Paese”. (R.B.)

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    Indonesia. Chiusa con la forza moschea degli ahmadi, la quarta in pochi mesi

    ◊   Si aggravano le violenze contro gli ahmadi – minoranza che i musulmani considerano eretica perché non riconosce la figura di Maometto – nella reggenza di Cianjur, in Indonesia, il Paese islamico più popoloso del mondo. A ordinare la chiusura di una moschea ahmadi a Cilimus, nella parte occidentale di Java, è stato un religioso noto come “guru Yiyi”, conosciuto per la sua collaborazione con il Bakorpakem, organismo di controllo delle attività religiose che risponde alla Procura generale ed è considerato parte del servizio di intelligence nazionale. Si tratta del quarto luogo di culto ahmadi chiuso dal mese di aprile senza un vero motivo – specifica AsiaNews - e anche stavolta, nonostante le proteste dei fedeli, la polizia non è intervenuta. L’area è stata spesso terreno di scontro tra gli ahmadi e gruppi di fondamentalisti islamici che, nel 2005, diedero fuoco a quattro villaggi della zona. (R.B.)

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    Sri Lanka. I giovani buddisti: ci piacerebbe vivere un evento come la Gmg cattolica

    ◊   Un’occasione “per condividere sentimenti, opinioni e idee, suggerendo un nuovo cammino nel mondo”. Così i giovani buddisti dello Sri Lanka vedono la Giornata Mondiale della Gioventù – in corso a Rio de Janeiro, Brasile – e auspicano di vivere presto anche loro, come i giovani cattolici, un’esperienza simile. “Vogliamo augurare a tutti i giovani cattolici di vivere un’esperienza significativa e gioiosa a Rio”, hanno detto ad AsiaNews. Quest’anno alla Gmg non è presente alcuna delegazione dal Paese asiatico: “Anche se non abbiamo avuto la possibilità di andare – dicono i giovani cattolici srilankesi – come figli e figlie di Gesù preghiamo affinché questa settimana sia un successo; siamo con gli altri con lo spirito”. Per il prossimo ottobre, la Commissione per i giovani dell’arcidiocesi di Colombo ha organizzato una manifestazione che si terrà a Tewatta, nella chiesa di Nostra Signora di Lanka. (R.B.)

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    Incontro dei Gesuiti d’Africa sulle risorse naturali del continente

    ◊   La maggior parte dei Paesi africani sono classificati tra i più poveri del mondo, eppure sono i più ricchi di risorse naturali e materie prime: è la conclusione cui sono giunti i partecipanti al Seminario organizzato dalla Rete dei centri sociali dei Gesuiti africani (JascNet), che si è svolto giorni fa a Lubumbashi, nella Repubblica Democratica del Congo. Come riporta l’agenzia Fides, gli argomenti che sono stati toccati nell’incontro sono i seguenti: la produzione mineraria, l’accesso alle informazioni sui procedimenti di estrazione petrolifera, la lotta alla deforestazione che minaccia cambiamenti climatici, l’accaparramento delle terre, la siccità e le migrazioni. Il gruppo di lavoro che si è occupato della produzione mineraria, in particolare, ha deciso di creare un blog sul tema e di organizzare un secondo seminario il prossimo ottobre. Il gruppo che ha affrontato la questione petrolifera, invece, disegnerà una mappa sui giacimenti conosciuti dell’Africa, mentre quello sulla governance ambientale sarà impegnato infine in attività educative sull’ecologia. Hanno partecipato all’evento Gesuiti provenienti da Kenya, Zambia, Madagascar, Ciad e Repubblica Democratica del Congo. (R.B.)

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    Si è aperto in Nicaragua l’Anno giubilare amigoniano

    ◊   È stata officiata nei giorni scorsi nella cattedrale di Managua, capitale del Nicaragua, dall’arcivescovo metropolita della città, mons, Leopoldo José Brenes, la celebrazione che ha aperto l’Anno giubilare in occasione del centenario del centro dedicato a Hogar Zacarias Guerra, fondatore e direttore della Congregazione degli Amigoniani. Nel corso della Messa – riferisce la Fides – sono stati anche ricordati i 40 anni di presenza nel Paese dei Terziari cappuccini, per questo al rito, oltre a diversi esponenti Amigoniani, hanno partecipato anche rappresentanti dei Terziari, molti sacerdoti delle varie diocesi e mons. Vincenzo Turturro, segretario del nunzio apostolico. La Congregazione degli Amigoniani è presente in tutta l’America Latina, dove ci occupa di rieducazione, riabilitazione e reinserimento dei bambini e dei giovani con problemi materiali o familiari, disturbi comportamentali e della personalità. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 206

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

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