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Sommario del 09/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: compassione e tenerezza aprono le porte della Chiesa
  • Mons. Montenegro: "Francesco a Lampedusa, pellegrino nel santuario del mondo"
  • Il sindaco di Lampedusa: squarciato il silenzio sulla tragedia di queste coste
  • Il parroco di Lampedusa: Francesco, "capitano" di una grande nave di carità
  • Lampedusa. Mons. Ayuso: il Papa mostra la cultura dell'accoglienza della Chiesa
  • Lampedusa, Acnur: grande gesto del Papa, ha reso visibili i più miseri
  • Mons. Perego: dal Papa a Lampedusa un monito contro la tratta degli esseri umani
  • Gmg: il Papa concede l’indulgenza plenaria. Mons. Nykiel: riscoprire l'Amore misericordioso di Dio
  • Il Papa riceve i cardinali Turkson e Ouellet
  • Tweet del Papa: un cristiano è sempre pieno di speranza e non si scoraggia mai
  • L'augurio del Papa ai musulmani per il Ramadan: porti frutti abbondanti di pace
  • 20.mo del Catechismo: la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: Mansour detta una "road map" ma restano timori di guerra civile
  • Siria: Assad sostituisce i vertici del partito Baath
  • Sud Sudan: 2° anniversario dell'indipendenza. Una suora: è una nazione da costruire
  • Prossimo incontro governo-Osservatorio famiglie. Il Forum: speriamo ci ascoltino
  • Tre i vincitori del Premio Buon Samaritano 2013: un riconoscimento a chi si fa "prossimo" al sofferente
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Venezuela: dialogo positivo fra Chiesa e governo. I vescovi: amnistia per i prigionieri politici
  • Messaggio Kek: "E' tempo di ripartire per servire i popoli d'Europa"
  • Il Giubileo di Cirillo e Metodio a Velehrad e Nitra
  • Unione Europea: Afghanistan, Siria e Balcani i principali richiedenti asilo nel 2012
  • Libano: autobomba a sud di Beirut. Colpita roccaforte Hezbollah
  • Israele: la Chiesa di Terra Santa interviene sull'arruolamento degli arabi cristiani nell'esercito
  • Appello per il Centrafrica dalle Caritas africane
  • Filippine: conclusa la plenaria dei vescovi. Eletto il nuovo presidente
  • Tibet. La polizia cinese spara contro i monaci buddisti: uno è in fin di vita
  • India: i cristiani dicono no alla nuova legge anti-conversione in Madhya Pradesh
  • Paraguay. Emergenza alluvioni: vaccini per migliaia di senza tetto
  • Portogallo: si è insediato il nuovo patriarca di Lisbona
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: compassione e tenerezza aprono le porte della Chiesa

    ◊   Ieri il Papa a Lampedusa ha lanciato un accorato e forte appello a sconfiggere l’indifferenza di fronte a tanti fratelli che soffrono. Oggi il Vangelo ci parla della compassione di Gesù verso le folle “stanche e sfinite”. Un atteggiamento che Papa Francesco ha spesso invitato ad avere in questi suoi primi quattro mesi di pontificato. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Gesù, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”. Papa Francesco fa notare che “la misericordia di Gesù non è solo un sentimento” ma “è una forza che dà vita”:

    “Questa «compassione» è l’amore di Dio per l’uomo, è la misericordia, cioè l’atteggiamento di Dio a contatto con la miseria umana, con la nostra indigenza, la nostra sofferenza, la nostra angoscia. Il termine biblico «compassione» richiama le viscere materne: la madre, infatti, prova una reazione tutta sua di fronte al dolore dei figli. Così ci ama Dio, dice la Scrittura. E qual è il frutto di questo amore, di questa misericordia? E’ la vita!”. (Angelus, 9 giugno 2013)

    La compassione di Gesù si fa tenerezza, un’altra parola usata più volte da Papa Francesco:

    “Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella scienza delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina – vicinanza – e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste due maniere dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con le cose anche più piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché vicinanza e tenerezza ci fanno vedere la fortezza dell’amore di Dio”. (Messa a Santa Marta, 7 giugno 2013)

    Il giudizio finale – esorta il Papa – non ci faccia paura” ma “ci spinga piuttosto a vivere meglio il presente. Dio ci offre con misericordia e pazienza questo tempo affinché impariamo ogni giorno a riconoscerlo nei poveri e nei piccoli”. La compassione – spiega Papa Francesco – significa riconoscere Cristo nell’altro e significa aprire le porte della Chiesa:

    “Pensiamo oggi a Gesù, che sempre vuole che tutti ci avviciniamo a Lui; pensiamo al Santo Popolo di Dio, un popolo semplice, che vuole avvicinarsi a Gesù; e pensiamo a tanti cristiani di buona volontà che sbagliano e che invece di aprire una porta la chiudono … E chiediamo al Signore che tutti quelli che si avvicinano alla Chiesa trovino le porte aperte, trovino le porte aperte, aperte per incontrare questo amore di Gesù. Chiediamo questa grazia”. (Messa a Santa Marta, 25 maggio 2013)

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    Mons. Montenegro: "Francesco a Lampedusa, pellegrino nel santuario del mondo"

    ◊   ''Ho visto un pellegrino che è venuto nel santuario del mondo”: questa la toccante frase di mons. Francesco Montenegro arcivescovo di Agrigento, al termine della visita del Papa. Per un bilancio, Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:

    R. – Il nome di Lampedusa significa sia “roccia”, sia “lampada” e Lampedusa vive questo in pieno. E’ roccia e tanti si incagliano, molti cercano la solidità della vita e arrivano qui. E' faro perché è visibile, da lontano lo vedono e la gente arriva.

    D. – Che cosa dice alla Chiesa agrigentina questa realtà di oggi, questo viaggio del Papa?

    R. – Come Chiesa agrigentina e io come suo vescovo – e molte volte l’ho detto anche in qualche radio che mi intervistava – mi sto chiedendo: è un esodo biblico? Quando ho vissuto la Pasqua, qui, con la gente di Lampedusa, due anni fa, meditando le letture della veglia di Pasqua ho detto: guardate questa storia di tanti, tanti anni e millenni fa, è la nostra storia. Quando ho sentito che il Papa veniva a Lampedusa ho detto: quel popolo ebbe Mosè, ebbe Giosuè che lo guidava, e ora che siamo in cammino alla ricerca di qualcosa di diverso abbiamo anche noi la nostra guida. Sto cercando di leggere con gli occhi della Bibbia questa storia perché davvero ha un significato. Non sono soltanto statistiche – ne arrivano tanti, ne muoiono tanti – sono vite che si intrecciano con le nostre. Allora, dobbiamo continuare a leggere davvero il Signore cosa vuole da questa chiesa agrigentina.

    D. – Parafrasando il Papa, che in sostanza ha detto di non rinnegare le lacrime degli occhi che guardano a un’umanità indifesa e calpestata, questa frase è quasi un ponte con l’omelia che lei ha tenuto nella Chiesa di San Gerlando il giorno prima, nell’attesa del Papa, in cui ha parlato di visita storica, ma anche di grande sfida per quest’isola nell’accoglienza. Il suo indirizzo di saluto poi guardava ancora questo aspetto…

    R. – Io ho l’impressione che Lampedusa sia quel piccolo pezzo di mondo che serve da "test" per vedere che mondo ci sarà. Può sembrare insignificante un pezzo di terra come questo: finisce presto, basta fare il giro dell’isola ed è finito... Però, ha un ruolo importante: il fatto di trovarsi al centro del Mediterraneo, quasi ponte tra due continenti. Lampedusa non è soltanto un’isola, è una piattaforma dove si può inventare qualcosa, dove qualcosa è già stata inventata e l’ha fatto il cuore della gente, dove l’incontro si è già sperimentato. Gente che ha aperto armadi, che ha aperto case, che non si è fatta conti in tasca, la tazzina di caffè messa vicina alla porta… Allora, se questo è possibile, senza conoscere l’altro – e qui le persone l’hanno vissuto – se allarghiamo a macchia d’olio quello che è stato sperimentato qua, sarà il mondo che sarà diverso. Non credo che questa sia un’illusione. Io credo nella continuazione della storia biblica. Siamo tutti diretti verso una terra promessa.

    D. – Lei è stato con il Papa praticamente tutta la giornata. Molto toccanti i momenti dell’imbarco, dove il Papa ha visto le lapidi senza nome: che cosa è successo lì?

    R. – Siamo passati davanti al cimitero e gli ho detto che lì erano sepolti. Poi quando siamo arrivati vicino a porta Europa ho visto che lui si è alzato ed è rimasto a lungo in silenzio nonostante la gente acclamasse dai barconi e dalla riva. Lui ha pregato e poi l’ho visto continuare a pregare. Ho visto i suoi occhi quando ha trovato in fila tutti gli immigrati che lo aspettavano al molo. Qualcuno potrebbe dire: ora stai facendo poesia. Ma là c’era un padre che stava incontrando i figli. Li sentivo, alcuni di loro erano musulmani, e lui a ciascuno ha stretto la mano e li ha guardati, usando la frase di Benedetto, con gli occhi del cuore. Quando poi siamo arrivati vicino al luogo della celebrazione, vedendo le barche, anche quella che fungeva da altare, diceva: ma quanta sofferenza, quanta sofferenza. E’ stato un cammino segnato dalla sofferenza. E credo che lui lo abbia vissuto così.

    D. – Che cosa lascia questa visita?

    R. – Credo che questa visita abbia spalancato porte e abbia spalancato finestre. Quando una porta è aperta, grazie alla porta aperta si può entrare e si può uscire. Quando c’è una finestra aperta che guarda fuori si riesce a guardare lontano. Credo che dopo questa visita non possiamo più guardare la punta del naso. Non possiamo dire che Lampedusa finisce dove arriva il mare, perché Lampedusa, anche se è una macchiolina nel Mediterraneo, è un pezzo di mondo. Il mondo ha bisogno di Lampedusa come Lampedusa ha bisogno del mondo. Credo che questa sia soprattutto la novità.

    D. – Come si terrà adesso acceso questo faro su quest’isola e su tutte le terre di approdo? E’ una sfida grande?

    R. – L’importante è che qui non spegniamo la luce. Perché quando c’è buio, anche una lucetta accesa in una stanza viene vista da lontano e fino a quando c’è una luce a cui guardare c’è sempre un cammino da poter fare. Noi continueremo a tenere accesa questa luce. Se altre ancora se ne accenderanno, è il mondo che sarà illuminato un po’ di più: una luce alla volta, è un mondo sempre più luminoso.

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    Il sindaco di Lampedusa: squarciato il silenzio sulla tragedia di queste coste

    ◊   A Lampedusa, è il giorno della riflessione dopo la visita di ieri di Papa Francesco. Particolare emozione è stata espressa dal sindaco delle Palagie, Giusi Nicolini, convinta che siano “parole fortissime" quelle che Francesco ha pronunciato contro la 'globalizzazione dell'indifferenza' e 'l'amnesia del cuore. Difficilmente dimenticheremo questa giornata”. Sentiamo il sindaco Nicolini, al microfono del nostro inviato, Massimiliano Menichetti:

    R. - L’emozione è stata fortissima. Non avevo mai visto un Papa da vicino e mi sono trovata da sindaco ad accoglierlo nella mia isola.

    D. - Cosa ha pensato quando ha saputo così all’improvviso che sarebbe venuto il Papa qui nella sua isola?

    R. - Mi sembrava incredibile, ma poi mi sono detta che aveva ragione. Noi siamo un’isola importante, siamo al centro del Mediterraneo e facciamo qualcosa di grande.

    D. - Il Papa le ha detto: “Dovevo venire per forza”…

    R. - Sì. Ha detto: “Per forza dovevo venire, qui ci sono 20 mila morti sepolti in mare. Per forza dovevo venire”.

    D. - Una visita che lei ha definito storica, che parla al mondo…

    R. - Parla al mondo e finalmente ha squarciato il silenzio, ha alzato un velo e tutto ciò che era invisibile adesso è diventato visibile. Ha usato parole forti.

    D. - Lei ha regalato a Papa Francesco un libro di fotografie sugli sbarchi. Perché questa scelta?

    R. - Ho voluto che rimanesse in lui indelebile il ricordo di questa giornata. Ho messo immagini di gioia ma anche di dolore, immagini che nessuno ha mai pubblicato o visto perché sono molto forti. Volevo che lui si portasse dietro questa lunga scia di dolore, ma anche di gioia e di speranza che in questa isola si è consumata in questi anni.

    D. - Il Papa ha più volte in questo viaggio - sia nei momenti di preghiera, sia quando ha parlato durante l’omelia, quando ha salutato dalla parrocchia di San Gerlando - più volte ha detto che “non bisogna voltare lo sguardo rispetto alla sofferenza”. Lei in questi giorni ha più volte ribadito che bisogna cambiare le leggi per l’accoglienza degli immigrati. Cosa bisogna fare?

    R. - Bisogna convincersi che innanzitutto non devono più viaggiare così. Renderli liberi dalla tratta degli esseri umani, evitare che muoiano perché eliminarli così è disumano. Non è possibile. Nessuna politica - né di destra né di sinistra - se lo può permettere. Poi, dobbiamo cominciare a immaginare un’accoglienza e a parlare di integrazione in maniera reale, effettiva: non si può fondare l’accoglienza sui mega-centri che diventano luoghi di prigionia e diventano un problema per le città che li ospitano. Non è vero che in questo modo risolviamo i nostri problemi di sicurezza. Non è così che si risolvono. Bisogna capire e far comprendere che quando parliamo di profughi, richiedenti asilo, la maggior parte di queste persone che entra in Europa da Lampedusa non può essere rimpatriate. Quindi, dobbiamo pensare a un futuro insieme, a noi e a loro insieme. Può essere un modo anche per affrontare i nostri problemi di crisi economica.

    D. - Lei che cosa ha detto al Papa?

    R. - L’ho ringraziato. Gli ho espresso la gratitudine immensa della mia comunità, perché per noi è stato veramente un abbraccio, un abbraccio che mai avevamo ricevuto prima. Gli ho chiesto di non dimenticarci.

    D. - Che cosa lascia questa visita all’isola?

    R. - Rimarrà nella storia per molte generazioni a Lampedusa. Lascia una speranza, una speranza che diventa sempre più grande e concreta di vedere queste persone non morire più, non viaggiare più così e vedere all’orizzonte per Lampedusa un futuro che non sia quello di un’“isola di frontiera”.

    D. - La vostra carità è qui da generazioni. Come si fa, secondo lei, a non far spegnere questa luce, questo faro che è su questa isola, questa attenzione che in questo momento c’è…

    R. - Semplicemente, continuando a fare quello che abbiamo sempre fatto, oggi con maggiore coraggio e con maggiore fierezza. Sottolineo una cosa: noi oggi siamo stati catapultati dalla “collina della vergogna” del 2011, alla meraviglia di ascoltare le parole del Papa di avere riconosciuto questa grande impresa che Lampedusa ha fatto. Oggi, noi non dobbiamo più vergognarci di quello che facciamo, ma anzi siamo sempre più fieri ed orgogliosi.

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    Il parroco di Lampedusa: Francesco, "capitano" di una grande nave di carità

    ◊   Una delle tappe più significative del breve viaggio di Papa Francesco a Lampedusa è stata quella nella Chiesa di San Gerlando, vero punto di riferimento per l'isola. Il nostro inviato a Lampedusa, Massimiliano Menichetti, ha chiesto al parroco, don Stefano Nastasi di tracciare un bilancio della storica giornata di ieri:

    R. – Mi ha colpito particolarmente, per esempio, una foto mentre lui tiene l’omelia da quell’ambone nato dal riciclo di alcuni timoni di barche di migranti, con sotto il mare disegnato nella parete che sostiene il tutto: a vedere quella foto, viene fuori quasi un “capitano che guida una grande nave”. Bellissima questa immagine che forse riassume un po’ tutto. A conclusione di questa giornata ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il clima di familiarità che abbiamo vissuto: più che la presenza del Papa, per me personalmente è stata la presenza del pastore, del nostro vescovo, che d'altronde ha questa dimensione: la presenza del vescovo di Roma, vescovo tra i vescovi che presiede nella carità.

    D. – Don Stefano, lei è parroco da più di sei anni. Il 2011 è stato un periodo tremendo per l’isola: oggi (ieri - ndr), ha presentato una comunità molto diversa rispetto ad allora...

    R. – Sì, sicuramente. Però, non è un 2011 che si è cancellato: appartiene alla memoria di questa comunità, alla memoria della nostra società o della nostra comunità europea se vogliamo. È quello che volevamo raccontare al Papa in parole semplici o in immagini. Ho presentato a lui due passaggi di un video che raccontano il 2011, ma raccontano anche l’oggi: nel primo video, c'è quello che è accaduto la notte tra il 7 e l’8 maggio del 2011 a Cala Maluk, dove si incagliò una barca, si salvarono centinaia di persone ma tre morirono. Ma allo stesso tempo, mi ha fatto piacere fargli vedere anche un video, che risale a qualche mese fa, del “Natale degli eritrei”, sperimentato e vissuto con noi nella parrocchia della comunità.

    D. – Di solito, si dice “che cosa resta dopo una giornata di questo tipo”. In realtà, per quello che è successo qui, si deve dire “che cosa inizia adesso?”…

    R. – Penso che per noi inizia l’invito, o la provocazione, a non lasciarsi rassegnare in quel bene che è possibile fare, in quel prendersi premura dell’altro. Non lasciarsi ingabbiare dall’indifferenza perché la tentazione è forte per le tante realtà di miseria che viviamo, non soltanto in termini economici ma anche su altri piani, o fragilità che attraversano la nostra società o le nostre comunità. È forte la tentazione di lasciarsi prendere e avvolgere dall’indifferenza. È proprio dall’indifferenza che bisogna uscire, senza temere, senza avere paura della compassione, così come ci ha detto Papa Francesco.

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    Lampedusa. Mons. Ayuso: il Papa mostra la cultura dell'accoglienza della Chiesa

    ◊   La visita di Papa Francesco a Lampedusa ha testimoniato la centralità che la persona ha nel magistero della Chiesa, insieme con l'inviolabilità della dignità umana e i principi di solidarietà e di condivisione. E' quanto ricorda, nell'intervista di Fausta Speranza, padre Ayuso Guixot Miguel Angel, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso:

    R. - L’attenzione di Papa Francesco verso gli immigrati musulmani, in Lampedusa, con un breve saluto familiare dove ha espresso quanto la Chiesa sia vicina a loro. Credo metta in risalto che, di fronte a questa cruda realtà, non ci siano delle frontiere perché si tratta di qualcosa che riguarda l’essere umano, al di là della sua appartenenza culturale e religiosa. Sappiamo che moltissimi di questi immigrati sono di appartenenza religiosa musulmana. Di conseguenza, il suo gesto credo sia stato di grande valore umano di attenzione e cura dell’altro, semplicemente perché l’essere umano è fatto a immagine e somiglianza di Dio (Cfr Gen 1,26-27). Tutti portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere. L’essere a immagine e somiglianza di Dio indica poi che l’uomo non è chiuso in se stesso, ma ha in Dio il riferimento essenziale (Benedetto XVI, Udienza Generale – 6 febbraio 2013).

    D. - Quindi, percorriamo uno stesso cammino…

    R. - Infatti, “non viviamo gli uni accanto agli altri per caso, stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle” (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, n. 6). La strada è la stessa, quella della vita, ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle diverse espressioni: interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate.

    D. - E la Chiesa?

    R. - La Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, n. 42). “Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione” perché sono tutti membri di una sola famiglia umana!” (Benedetto XVI, Messaggio Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2011).

    D. - Da qui l’importanza del dialogo, che Papa Francesco ha voluto chiamare “dialogo di amicizia e di rispetto”…

    R. - Infatti, il dialogo deve essere costruito sull’amicizia, il rispetto, l’accoglienza e integrazione delle differenze, e testimoniare a tutti che, pure se siamo differenti, se tuttavia siamo coerenti con la nostra religione, assieme possiamo mettere a disposizione della società i valori che ispirano noi credenti: il rispetto della comune natura umana, il senso della fraternità, l’esigenza della solidarietà. Ricordo le parole di Benedetto XVI: “Accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell’intolleranza e del disinteresse” (Udienza Generale del 20 giugno 2007). Papa Francesco ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”, mentre la globalizzazione dovrebbe essere, diceva Benedetto XVI, un’opportunità provvidenziale per manifestare come l’autentico senso religioso possa promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità. Questo è una responsabilità di tutti! I cristiani devono, cioè, essere promotori di una vera e propria "cultura dell'accoglienza", che sappia apprezzare i valori autenticamente umani degli altri, al di sopra di tutte le difficoltà che comporta la convivenza con chi è diverso da noi (cfr ivi, n. 39).

    D. - Negli ultimi tempi è andata sempre più rafforzandosi anche in Italia, la presenza d’immigrati di altre religioni…

    R. - Anche verso di loro, la Chiesa si impegna nella promozione umana e nella testimonianza della carità. I migranti di diversa religione vanno sostenuti, in particolare, affinché conservino la dimensione trascendente della vita. È compito dei cristiani, aiutare gli immigrati a inserirsi nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone le leggi civili. Diceva Giovanni Paolo II, che il dialogo è la via maestra da percorrere e su questa strada la Chiesa invita a camminare per passare dalla diffidenza al rispetto, dal rifiuto all’accoglienza” (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2002, 1-2).

    D. - Però, non sempre il dialogo è facile…

    R. - Per i cristiani, però, la paziente e fiduciosa ricerca di esso costituisce un impegno da perseguire sempre. Contando sulla grazia del Signore che illumina le menti e i cuori, essi restano aperti e accoglienti verso quanti professano altre religioni. Senza smettere di praticare con convinzione la propria fede, cercano il dialogo anche con chi cristiano non è. “Se comune è la volontà di dialogare pur essendo diversi, si può trovare un terreno di proficui scambi e sviluppare un’utile e reciproca amicizia, che può tradursi anche in un’efficace collaborazione per obiettivi condivisi al servizio del bene comune” (ivi, n. 3). Stiamo celebrando il 50° Anniversario del Concilio Vaticano II. Ricordiamo perciò le parole di Paolo VI nell’Omelia per la chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965): “Per la Chiesa cattolica nessuno è straneo, nessuno è escluso, nessuno è lontano”.

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    Lampedusa, Acnur: grande gesto del Papa, ha reso visibili i più miseri

    ◊   Ancora viva l’emozione per la visita di Papa Francesco ieri a Lampedusa. Un viaggio che ha portato in primo piano il drammatico tema dell’immigrazione. Il Pontefice con le sue parole ha voluto dare dignità a chi scappa da guerre, persecuzione e fame, sottolineando i loro diritti e la necessità di agire per far sì che non avvengano più le tragedie simili. Dell’importanza di questa visita, Fabio Colagrande ha parlato con Laurens Jolles, rappresentante dell’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati per l’Europa Meridionale:

    R. – Per noi, è una visita molto importante, perché chi più del Papa riesce a focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi riguardanti i migranti e anche tentare di incoraggiare una maggiore tolleranza e una migliore accoglienza? E’ un grande gesto. E’ un grande gesto simbolico, il fatto che abbia scelto Lampedusa, questa piccola isola, per il primo viaggio fuori da Roma. E credo sia stato un gesto apprezzato da tante persone. Ho apprezzato anche tantissimo quello che ha detto. Credo che possiamo tutti, nel nostro piccolo, guardare già a quello che possiamo fare e a come possiamo contribuire a migliorare un poco la situazione, lasciando poi ai politici e alla comunità internazionale il compito di vedere in che modo si possano risolvere le ragioni per cui la gente debba partire: le violenze, la persecuzione e le guerre. Mi sono anche piaciuti molto gli striscioni. Uno era: “Benvenuto tra gli ultimi!” Ecco, questo per me sintetizza tutto il senso della visita. Il Santo Padre ha voluto andare a trascorrere e a stare in preghiera insieme alle persone che in effetti sono gli ultimi.

    D. – Il Papa è stato esplicito, ha detto tra l’altro: “Domandiamo al Signore quella grazia di piangere sulla nostra crudeltà, sulla crudeltà di coloro che nell’anonimato prendono decisioni socioeconomiche che aprono la strada a drammi come questo”. Sarebbe lungo dire quali sono queste decisioni socioeconomiche, come le possiamo sintetizzare?

    R. – Possono essere varie cose. Prima di tutto, c’è sempre una responsabilità dei governi, delle autorità locali, dei Paesi da cui la gente fugge, che non riescono a dare la protezione o a creare condizioni che possano dare la sicurezza necessaria, che noi tutti conosciamo nei nostri Paesi. Un altro esempio potrebbe essere quello degli sfruttatori, dei trafficanti, della gente che riesce a sfruttare la miseria, la paura di questi migranti, che sono costretti a partire. Credo si riferisse ad alcune di queste situazioni, ma ce ne possono anche essere altre.

    D. - Il Papa ha pregato poi per la conversione del cuore di quanti generano odio, guerra e povertà, sfruttano i fratelli, fanno indegno commercio delle loro fragilità. Il traffico di esseri umani è dunque un tema che si connette in maniera molto forte quando parliamo di immigrazioni nel Canale di Sicilia?

    R. – Assolutamente. Non bisogna però scordare che spesso questa per molti è l’unica maniera per uscire, purtroppo. Non esistono ancora... Se si riesce a rompere, a smettere, a troncare un canale se ne troverà un altro. La cosa cui bisogna pensare è che queste persone spesso si vedono costrette a utilizzare questi canali che sono molto, molto pericolosi, pur di uscire da una situazione che spesso è ancora più pericolosa.

    D. – Il suo auspicio che questo gesto del Papa possa davvero dare dei frutti...

    R. – Io vorrei riferirmi ad una delle osservazioni che ha fatto il Santo Padre. Se non mi sbaglio, ha detto di avere il coraggio di accogliere chi cerca una vita migliore. Questo la dice tutta: avere il coraggio di accogliere chi deve essere accolto.

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    Mons. Perego: dal Papa a Lampedusa un monito contro la tratta degli esseri umani

    ◊   Di fronte alle diecimila persone che ieri hanno assistito alla Messa di Papa Francesco nel campo sportivo di Lampedusa, Papa Francesci ha chiesto perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Dunque, un forte monito anche alla comunità internazionale. Fabio Colagrande ne ha parlato con mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes:

    R. - Da queste parole, sono venute fuori in maniera molto chiara due indicazioni sul piano internazionale: una prima indicazione è chiaramente la condanna dei trafficanti della tratta degli esseri umani, mentre l’altra è anche un invito pressante a governare questa situazione di immobilità, che per noi significa soprattutto più cooperazione internazionale, più attenzione al canale umanitario attraverso il quale le persone si possono muovere in sicurezza, fuggendo da situazioni gravi di persecuzioni e di guerra.

    D. - Uno dei ragazzi africani che il Papa ha incontrato al Molo Favarolo, a Lampedusa, ha detto: “Siamo costretti in qualche modo a restare in Italia. Non abbiamo prospettive”. Una voce che parla per tante altre voci…

    R. - Certamente. Il nuovo progetto di “asilo europeo” va incontro a queste esigenze importanti, cioè la possibilità delle persone di spostarsi all’interno anche della casa comune europea per ricevere rifugio ma anche per facilitare - come è ovvio, da un certo punto di vista - i ricongiungimenti familiari, che tante volte vedono persone ferme per diversi mesi in un territorio, costrette a stare distanti da fratelli, sorelle, madri, padri, che è invece un aspetto importante proprio in ordine alla tutela della dignità della persona. Speriamo che il nuovo “asilo europeo” tenga presente questo aspetto e vada nella direzione di un’accoglienza da parte di ciascuno Stato con un maggior aumento anche di quote di accoglienza - e questo vale soprattutto per l’Italia, che è tra gli ultimi Paesi per questo tipo di accoglienza per i rifugiati nel contesto europeo - ma anche la possibilità di una mobilità dei rifugiati sul piano europeo, a tutela loro ma anche della famiglia e del ricongiungimento familiare.

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    Gmg: il Papa concede l’indulgenza plenaria. Mons. Nykiel: riscoprire l'Amore misericordioso di Dio

    ◊   Papa Francesco concede l’indulgenza plenaria e parziale a quanti parteciperanno alla Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà dal 22 al 28 luglio a Rio de Janeiro in Brasile. La Penitenzieria Apostolica ha pubblicato oggi il relativo Decreto. L’indulgenza può essere ottenuta alle solite condizioni (Confessione, Comunione e preghiera secondo l’intenzione del Papa) anche da quanti non potranno essere a Rio ma parteciperanno spiritualmente alle celebrazioni della Gmg attraverso i mass media. Sul significato di queste indulgenze Fabio Colagrande ha intervistato mons. Krzysztof Nykiel, reggente della Penienzieria:

    R. – Il Santo Padre Francesco ha accordato ai giovani di tutto il mondo il dono dell’Indulgenza, perché spinto dal desiderio che la Giornata mondiale della gioventù diventi una occasione favorevole per sperimentare la grandezza e la bellezza dell’Amore misericordioso di Dio. Egli, infatti, con questa concessione auspica che i giovani possano ottenere gli sperati frutti di santificazione dalla “XXVIII Giornata mondiale della gioventù”, che si celebrerà a Rio de Janeiro e che avrà per tema: “Andate e fate discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28, 19)”.

    D. – Quali sono le condizioni per ottenere l’indulgenza e qual è la differenza tra indulgenza plenaria e indulgenza parziale?

    R. – Per quanto riguarda le condizioni, come prima cosa deve effettuarsi il totale distacco dal peccato, anche quello veniale; se manca questa fondamentale condizione di distacco totale dal peccato e del sincero pentimento, l’indulgenza non sarà plenaria, bensì parziale. In secondo luogo è necessario confessarsi, fare la Comunione, pregare secondo le intenzioni del Papa e compiere l’atto a cui la Chiesa annette l’indulgenza. L’indulgenza plenaria si potrà ottenere una volta al giorno (eccettuato il caso di un fedele che l’ottenga nuovamente nello stesso giorno ‘in articulo mortis’) adempiendole summenzionate condizioni: un’indulgenza plenaria può essere anche applicata in suffragio per i nostri cari defunti. Nel caso della concessione in occasione dell’imminente Giornata mondiale della gioventù, l’indulgenza plenaria si potrà acquisire dal 22 al 29 luglio partecipando ai sacri riti e pii esercizi che si svolgeranno a Rio de Janeiro. Naturalmente, ferme restando le condizioni fondamentali, i fedeli sono invitati a partecipare devotamente ad una liturgia celebrata per impetrare da Dio i propositi della Giornata mondiale della gioventù e dovranno recitare il Padre Nostro, il Credo e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria. Detto questo, desidero rasserenare tutti coloro che non potranno prendere parte a dette celebrazioni legate alla Giornata, a causa del legittimo impedimento; essi anche potranno ottenere l’Indulgenza plenaria purché, ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera, con il proposito di filiale sottomissione al Romano Pontefice, partecipino spiritualmente alle sacre funzioni nei giorni determinati, purché seguano questi stessi riti e pii esercizi mentre si svolgono, tramite televisione e radio o, sempre con la dovuta devozione, attraverso i nuovi mezzi della comunicazione sociale. Per quanto riguarda l’indulgenza parziale (è proporzionata al valore spirituale espiativo dell’azione compiuta dal fedele) questa si può acquisire da parte dei fedeli, ovunque si trovino durante il predetto incontro, ogniqualvolta, almeno con animo contrito, eleveranno fervide preghiere a Dio, concludendo con la preghiera ufficiale della Giornata mondiale della gioventù, e devote invocazioni alla Beata Vergine Maria, Regina del Brasile, sotto il titolo di “Nossa Senhora da Conceiçao Aparecida”, nonché agli altri Patroni e Intercessori del medesimo incontro, affinché stimolino i giovani a rafforzarsi nella Fede e a condurre una vita santa. La differenza tra indulgenza plenaria e indulgenza parziale dipende soprattutto dalla disposizione interiore del fedele. L’indulgenza è parziale o plenaria a seconda che liberi in parte o del tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.

    D. – Secondo Lei questa speciale concessione dell’Indulgenza potrà aiutare soprattutto i giovani ad accostarsi con maggiore fiducia e frequenza al Sacramento della Riconciliazione?

    R. – Certamente. Papa Francesco, più volte nei Suoi diversi discorsi, ci sta esortando a ritornare al Signore, a non avere paura di chiedere il Suo perdono, a fuggire dalla tentazione e da ogni attaccamento al male e al peccato e a trovare rifugio nell’amore misericordioso di Dio. Soprattutto i giovani di oggi che sono esposti ad ogni genere di tentazione (denaro facile, alcol, droga, sesso “sfrenato”, ecc.) hanno bisogno di conoscere il potere distruttivo del peccato per poi fare la scelta di staccarsi completamente da esso e di aprirsi così al potere benefico e salutare della Misericordia del Padre. Perciò, la Giornata mondiale della gioventù può diventare per loro una occasione favorevole per riscoprire l’importanza salvifica del Sacramento della Penitenza. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che tale Sacramento oltre a rimettere i peccati ha un grande potere terapeutico di guarigione e, pertanto, può aiutare enormemente i giovani a rispondere con maggiore slancio alla personale e universale chiamata alla santità, che è lo scopo primario della nuova evangelizzazione e che costituisce il tema fondamentale di questa XXVIII Giornata mondiale della gioventù. Quindi, questo è il mandato della Chiesa ai giovani cattolici che parteciperanno numerosi alla GMG di Rio: “Andate ed evangelizzate con i vostri doni personali! Andate e testimoniate la gioia dell’incontro con Cristo risorto. Andate e fatevi messaggeri della Divina Misericordia sempre più grande del male e del peccato del mondo”.

    D. – C’è chi per diversi motivi critica o guarda con un certo scetticismo alla pratica delle indulgenze. Cosa risponde al riguardo?

    R. – Sappiamo bene che la Missione della Chiesa è quella di annunciare al mondo l’amore misericordioso di Dio che si è reso visibile in Cristo Gesù, l’unigenito Figlio del Padre mandato sulla terra perché “chiunque creda in Lui non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Il dono delle indulgenze credo si inserisca in questa peculiare missione della Chiesa di annunciare al mondo la salvezza. L’indulgenza, infatti, non è altro che la remissione della pena temporale per i peccati commessi da un fedele, che gli sono stati già rimessi quanto alla colpa mediante il Sacramento della Penitenza. Bisogna, quindi, approfittare di questo grande dono di Grazia che ha origine dal cuore materno della Chiesa, dal Tesoro delle soddisfazioni di Nostro Signore Gesù Cristo, della Beatissima Vergine Maria e di tutti i Santi. L’indulgenza è una manifestazione concreta della divina misericordia che ha effetti solo ed esclusivamente positivi in coloro che la ricevano. E allora perché non approfittare di questo grande bene spirituale?

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    Il Papa riceve i cardinali Turkson e Ouellet

    ◊   Mattinata di incontri privati per Papa Francesco, che ha ricevuto in successive udienze il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Papa ha concesso il suo assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita dell’archimandrita padre Basiliano, Eduard Daher, finora parroco di St. Elie in Zahlé, ad arcivescovo di Tripoli del Libano dei Greco-Melkiti. Mons. Daher è nato il 23 aprile 1973 a Quaa, nella Valle della Bekaa (Libano). E’ entrato nel Seminario minore dei Basiliani Soariti nel 1985; ha emesso la professione solenne il 28 agosto 1994. Dopo gli studi istituzionali filosofico-teologici all’Istituto “Saint Paul” di Harissa e all’Università “Saint Esprit” di Kaslik, ha conseguito una licenza in diritto canonico all’Università “La Sagesse” di Beirut. Fu ordinato sacerdote l’8 maggio 1999. Ha ricoperto vari incarichi nel suo Ordine: aiuto maestro dei novizi (1999-2001); rettore del seminario dei Basiliani Soariti (2001-2003); insegnante di religione e aiuto economo al Collegio Orientale di Zahlé (2003-2004); Superiore del Convento di “Saint Antoine” di Karkafé – Kfarchima – (2004-2010); terzo Assistenze Generale (dal 2007), Superiore del Convento “Saint Elie” a Zahlé (dal 2010). E’ stato parroco delle chiese greco-melkite di “Notre Dame” a Bois de Bologne (1999-2001), di “Sainte Thècle” di Kfarchima (2004-2005) e di “Saint Elie” di Zahlé (dal 2010). Lavora al Tribunale Ecclesiastico greco-melkita dal 2001, e dal 2010 è giudice. Nel 2012 ha ricevuto il titolo di “Archimandrita”. Oltre all’arabo, parla il francese e l’inglese.

    Il Pontefice ha nominato Vescovo di San Carlos de Bariloche (Argentina) il Rev.do P. Juan José Chaparro Stivanello, della Congregazione dei Claretiani, finora superiore della comunità del suo Istituto a Lambaré in Paraguay). Mons. Chaparro Stivanello è nato il 22 luglio 1953, a Colonia Freitas, provincia di Entre Ríos (Argentina). Il 2 marzo 1965 è entrato nel Seminario Minore della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria (Claretiani) a Villa del Rosario. Dopo aver concluso il noviziato a Cuatro Vientos (Argentina), il 1° marzo 1975 ha emesso la prima professione e il 12 febbraio 1979 quella perpetua. Il 6 ottobre 1979 è stato ordinato diacono ed il 12 aprile 1980, presbitero. Fra il 1979 ed il 1981 è stato Ausiliare dei postulanti e quindi dei novizi. Inviato a Roma per completare i suoi studi, il 24 febbraio 1983 ha ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica nella Pontificia Università Gregoriana. Rientrato in patria, il 28 dicembre 1983 è stato destinato a Villa Claret, come Prefetto dei Teologi Missionari e Professore del Centro di Studi filosofici e teologici (CEFYT). Sempre a Villa Claret, il 30 dicembre 1986 è stato nominato Prefetto dei Missionari in formazione, il 31 dicembre 1986, Prefetto e Professore del CEFYT. Il 10 gennaio 1996 è stato scelto Superiore Provinciale della Provincia di Argentina-Uruguay. Rieletto successivamente il 7 ottobre 1999 ed il 10 gennaio 2002, il 12 gennaio 2005 è stato nominato Coordinatore Provinciale di Evangelizzazione, e destinato alla Comunità di Inca, a Montevideo (Uruguay). Nominato Consultore della Provincia di San José del Sur il 16 luglio 2011, il 15 febbraio 2013 è stato destinato come superiore alla Comunità di Lambaré, in Paraguay.

    Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di La Rioja, in argentina, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Roberto Rodríguez. Al suo posto, il Papa ha nominato Vescovo della medesima diocesi mons. Marcelo Daniel Colombo, finora Vescovo di Orán. Nato in Buenos Aires il 27 marzo 1961, dopo aver conseguito il baccellierato di perito mercantile e il titolo di avvocato presso l’Università di Buenos Aires, nel 1982 entrò nel Seminario di Quilmes. Ordinato sacerdote il 16 dicembre 1988, nel 1994 conseguì il Dottorato in Diritto Canonico presso l’Angelicum, a Roma. Ha ricoperto vari incarichi in diverse parrocchie, nella Curia e nel Seminario di Quilmes ed è stato professore straordinario presso la Facoltà di Diritto Canonico dell’Università Cattolica Argentina e Delegato episcopale presso l’Università Cattolica de La Plata. Nel 2004 fu nominato Parroco della Cattedrale di Quilmes. Nominato Vescovo di Orán l’8 maggio 2008, è stato consacrato l’8 agosto

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    Tweet del Papa: un cristiano è sempre pieno di speranza e non si scoraggia mai

    ◊   Papa Francesco ha lanciato oggi un nuovo tweet dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Un cristiano è sempre pieno di speranza; non può mai scoraggiarsi”.

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    L'augurio del Papa ai musulmani per il Ramadan: porti frutti abbondanti di pace

    ◊   Tra i tanti pensieri forti che restano della visita di Papa Francesco ieri a Lampedusa, ci sono le parole legate all’inizio del Ramadan, rivolte agli immigrati musulmani incontrati. Il Papa ha espresso l’augurio che il particolare mese considerato sacro possa portare “abbondanti frutti spirituali”. Sulle parole del Papa, Fausta Speranza ha intervistato padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:

    R. – Tra gli immigrati probabilmente c’erano anche dei musulmani, ma non per questo il Papa si è rivolto ai musulmani, ma perché il Ramadan, che è il mese più sacro e più importante spiritualmente, è imminente. Dunque il Papa, che è sensibile all’aspetto più profondo della persona umana e delle religioni, ha sentito la necessità di fare anche semplicemente un’allusione, un augurio. Non ha fatto un discorso politico e sociale, benché in tutto il mondo musulmano ci sia in questo momento una certa effervescenza.

    D. – Padre Samir, innanzitutto il pensiero è che in Egitto, in questo momento, questi frutti spirituali di pace siano momenti di riconciliazione e di dialogo per evitare altri scontri?

    R. – Sì, esatto. Il problema è che c’è stato un primo passo con queste rivoluzioni, ma poi il passo è stato cambiato pochi mesi dopo, perché i giovani che hanno fatto le varie rivoluzioni non erano organizzati: gli unici a essere organizzati e che non appartenevano al vecchio sistema erano i Fratelli musulmani, che hanno preso il potere in Tunisia, in Egitto, in Libia e altrove. E’ ciò che stiamo vedendo anche in Siria: è un confronto un po’ di questo tipo tra musulmani sunniti - talvolta alcuni di loro estremisti - e musulmani sciiti. Il problema religioso dell’islam è al centro di tutto questo. Il mondo musulmano è in ebollizione e sta cercando la sua strada tra un estremismo religioso, da una parte, e dall'altra una secolarizzazione totale in Occidente. Questo da due anni e mezzo: è cominciato con la cosiddetta “primavera araba”, nel dicembre 2010. Questo, dunque, è un momento essenziale e il Papa ha avuto le parole giuste, perché ha parlato di rinnovamento spirituale e poi di augurio di abbondanti frutti, frutti di pace, di serenità, frutti di collaborazione con tutti, frutti di non violenza. Stiamo vivendo in tutto il mondo arabo una violenza più o meno forte, ma comunque esistente. Penso che il Papa sia riuscito a trovare con tre parole l’espressione giusta.

    D. – Padre Samir, sembra che queste parole vengano ad aggiungersi anche ad altre di Papa Francesco, sulla scia di un impegno al dialogo interreligioso. E’ così?

    R. – Mi pare ovvio, anche da tutti i suoi discorsi e dai commenti al Vangelo che fa ogni giorno, che sia la spiritualità il fondamento di tutto. E il Papa lo vede sia per il discorso ecumenico, sia per il discorso interreligioso, sia anche per quello interumano, direi. E’ la base di tutto per Papa Francesco ed è molto chiaro, anche perché negli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, che hanno nutrito tutta la sua vita, la base di tutto è una concezione dell’uomo che parte dallo spirito e dalla spiritualità.

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    20.mo del Catechismo: la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica

    ◊   Le quattro caratteristiche della Chiesa - "una, santa, cattolica e apostolica" - professate nel Credo sono al tempo stesso quattro verità e altrettante strade da percorrere per rafforzare questi singoli pilastri che da duemila anni formano la sua identità profonda. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica un'ampia riflessione a questi aspetti, sui quali si sofferma il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, nella 34.ma puntata del suo ciclo di riflessioni dedicate ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:

    Nel Simbolo professiamo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Il Catechismo afferma che questi quattro tratti essenziali “la Chiesa non se li conferisce da se stessa; è Cristo che, per mezzo dello Spirito Santo, concede alla sua Chiesa” (CCC, 811) di essere tale.

    La Chiesa è una per la sua origine, cioè per il suo Fondatore, Gesù Cristo, e per la sua anima, cioè lo Spirito Santo, che abita nei credenti (cfr. CCC, 813).

    Quali soni i vincoli visibili di questa unità e unicità? Il Catechismo indica tre vincoli fondamentali: la professione di una sola fede, la celebrazione comune dei sacramenti e la successione apostolica mediante il sacramento dell’Ordine (cfr. CCC, 815). Il Concilio Vaticano II insegna che l’unica Chiesa di Cristo “sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui” (LG, 8). Cristo, infatti, non ha fondato molte Chiese diverse, ma una sola, quella di Pietro.

    La Chiesa, purtroppo, ha subito non poche scissioni. Di conseguenza i cristiani sono divisi in diversi gruppi: cattolici, ortodossi, protestanti. Nel Catechismo leggiamo che “lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza” (n. 819). E il Catechismo aggiunge subito che la forza di quegli strumenti “deriva dalla pienezza di grazia che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica” (n. 819).

    Come cercare l’unità perduta, senza indebolire la propria identità? Si devono riprendere le iniziative ecumeniche. La piena unità però non è possibile se non come il dono di Cristo che prega il Padre: “siano anch’essi in noi una cosa sola”. Tuttavia “una cosa sola” non significa una congregazione delle diverse confessioni cristiane. La volontà di ristabilire l’unione non può essere un'ideologia che porti al relativismo, ma sta nella conversione del cuore di ogni cristiano.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per una nuova storia: in prima pagina, Franco La Cecla sulla visita del Papa a Lampedusa; in cultura, i commenti sulla stampa internazionale al viaggio.

    Indulgenze per la giornata mondiale della gioventù concesse dal Papa con decreto della Penitenzieria Apostolica.

    Il senso del sacro nel XXI secolo: tra religiosità rinnovata e secolarizzazione l'articolo di Mary Ann Glendon, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, scritto per l'ultimo numero di "Vita e Pensiero".

    Sulle orme di Antonio Bosio: Fabrizio Bisconti a proposito della riscoperta della catacomba ebraica di Monteverde.

    E la firma spuntò sul quadro invenduto: Antonio Paolucci sul "Cristo e l'adultera" di Lotto, restaurato dai Musei Vaticani e in mostra a Rio de Janeiro per la Gmg.

    Protezione internazionale per i rifugiati: intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Semplicemente prete: Francesco Occhetta sul beato don Pino Puglisi.

    Una questione che continua a dividere: all'esame del prossimo sinodo della Church of England la nuova proposta sulle donne vescovo.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: Mansour detta una "road map" ma restano timori di guerra civile

    ◊   Speranze riposte in Egitto nella road map tracciata dal presidente ad interim Mansur, annunciata dai media locali la scorsa notte. Entro 15 giorni sarà istituita la Commissione costituente, che avrà tempo due mesi per decidere gli emendamenti alla Costituzione - ora sospesa - voluta dai Fratelli Musulmani, da sottoporre poi a referendum. Seguiranno le elezioni parlamentari non oltre il 2014. Intanto, stamani il partito islamico Nour - seconda formazione religiosa del Paese dopo la Fratellanza musulmana - ha accettato la nomina di Samir Radwan, ex titolare delle Finanze, a primo ministro ad interim. Roberta Gisotti ha chiesto Remigio Benni, corrispondente al Cairo dell’Ansa se la road map eviterà la paventata guerra civile:

    R. – Ahimè, questa è forse la domanda più difficile alla quale rispondere, proprio perché – per gli sviluppi che ci sono stati negli ultimi giorni, nelle ultime ore al Cairo e in tutto l’Egitto – sembra molto complicato che si riesca a trovare una mediazione tra i sostenitori del presidente Morsi e quelli che invece hanno fortemente lottato affinché venisse deposto dal suo potere. Cosa che è successa e che continua a provocare ira e risentimento da parte di chi ancora lo vorrebbe presidente, da chi ritiene che questo cambiamento nella storia dell’Egitto sia un cambiamento sul quale non si può tornare indietro, visto che – almeno secondo quanto si sostiene – la sua elezione è stata decisamente democratica: è il primo presidente dell’Egitto che è stato eletto democraticamente e che, a suo tempo, l’anno scorso, ha ricevuto più di 13 milioni di voti.

    D. – Principale motivo del contendere è la riforma per una nuova Costituzione. Forse ha meravigliato che Mansour abbia concesso di mantenere, nella nuova Costituzione, che la sharia sia la principale fonte della legge…

    R. – Questo articolo della Costituzione era già presente, ma diceva non che la sharia fosse la principale fonte di legge, ma che fosse una delle fonti della legge. Questa modifica – averla fatta diventare la principale fonte di legge – ha deluso e irritato molti che non vogliono la scelta di uno Stato teocratico, uno Stato decisamente islamico. Pur accettando l’idea che l’Egitto sia uno Stato musulmano, per molti non è possibile che tutto dipenda e che tutto venga condizionato dai principi della religione. Sostanzialmente, da molti anni il diritto in Egitto è un mix tra fonti delle leggi napoleoniche e delle leggi laiche dello Stato. Questa è una cosa che ha garantito a molti di mantenere una serie non dico di privilegi, ma sicuramente di condizioni di vita che invece l’applicazione della sharia integrale renderebbe molto difficili. Tanto per fare un esempio, polemiche intense ci sono state - negli ultimi mesi - per le proposte, soprattutto dei salafiti, di introdurre leggi che limitino, se non addirittura che aboliscano e bandiscano, la vendita di alcool; ma addirittura dei limiti di leggi sui costumi e sulle abitudini morali del popolo come, per esempio, l’utilizzazione di leggi che impediscano l’uso di bikini sulle spiagge… Anche se in realtà di queste proposte, che sono state fatte, fino a questo momento nessuna è diventata legge.

    D. – Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si di è detto seriamente preoccupato per l’escalation di violenze in Egitto, dopo i 51 morti di ieri. Mentre oggi è una nuova giornata ad alto rischio di scontri cruenti…

    R. – Sì, questo è il problema serio. Ci si aspetterebbe che almeno, visti gli sviluppi politici che ci sono stati, sia possibile avviare una mediazione tra i sostenitori di Morsi e gli oppositori. Il problema vero è che i Fratelli musulmani da 80 anni – cioè dal 1928, quando il movimento fu costituito al Cairo da Hasan al-Banna – aspettavano di conquistare il potere. Adesso che lo hanno conquistato, chiaramente non hanno alcuna intenzione di mollarlo così facilmente e per di più con una procedura che non ritengono affatto democratica. Quindi, sicuramente, questa è la fase più delicata e difficile che può comportare quello che si diceva prima e cioè il possibile salto ad una guerra civile e che credo l’esercito stia combattendo per evitare con tutti i mezzi. Ed è l’unica speranza!

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    Siria: Assad sostituisce i vertici del partito Baath

    ◊   Il presidente siriano Assad ha sostituito i vertici del partito Baath e apre a una missione dell’Onu che indaghi sull’uso di armi chimiche. Cambio anche alla presidenza del consiglio della coalizione d’opposizione. Intanto, le truppe lealiste guadagnano terreno ad Homs, mentre il segretario dell’Onu Ban Ki- moon si unisce alle richieste di tregua per il Ramadan. Ma che fase sta attraversando il conflitto siriano? Marco Guerra lo ha chiesto a Massimiliano Trentin, docente di Storia medioorientale presso l’Università di Bologna:

    R. – Il conflitto siriano sta attraversando una nuova fase, che è iniziata – più o meno – un mese fa. Il regime è passato alla controffensiva e grazie alla conquista della città chiave di Al-Qusayr è riuscito a dare un brutto colpo alle forze militari dell’opposizione e adesso si sta muovendo per consolidare tutta la zona a nord di Hama e Homs, in vista poi di quella che sarà la grande battaglia della città di Aleppo, perché l’obiettivo poi è la riconquista – dal punto di vista del regime – di Aleppo. Le opposizioni si trovano un attimo in difficoltà per tensioni interne agli stessi gruppi armati con i gruppi islamisti, che adesso si trovano di fronte ad un’opposizione da parte degli stessi cittadini siriani che si trovano nelle zone controllate dalle forze ribelli. Qui abbiamo testimonianza dell’insofferenza da parte dell’opposizione civile siriana alla dura disciplina e precetti molto ideologici, di cui si fanno portatori questi gruppi armati islamisti.

    D. – Il fallimento dell’islam politico in Egitto ha avuto ripercussioni su questa opposizione già divisa?

    R. – Sicuramente non fa il gioco delle forze di opposizione più legate all’islam politico anche in Siria. Una delle colonne portanti dell’opposizione siriana all’estero sono appunto i Fratelli musulmani. E’ inevitabile che vi siano delle ripercussioni circa la propria capacità, credibilità, legittimità anche nel campo siriano. Si aggiunge anche che il cambio di leadership nel piccolo ma influente Emirato del Qatar – a favore del più giovane erede regnante – potrebbe portare a una maggiore cautela da parte del Qatar nelle iniziative e nell’esposizione anche diplomatica, ma anche militare, a favore di questi gruppi islamisti armati e non.

    D. – I sauditi sono pronti ad offrire armi più sofisticate e la Russia continua ad appoggiare Assad; sul fronte internazionale, considerando gli Stati Uniti, tutto sembra uguale….

    R. – Tutto sembra immutato. Però quello che è successo in Turchia, quello che sta succedendo in Qatar, quello che sta succedendo anche in Egitto, combinato con i rapporti di forza militari sul campo, potrebbero portare ad una rivalutazione - anche nei prossimi mesi – della situazione, che può andare o verso una escalation ancora maggiore dal punto di vista militare, a fronte essenzialmente - secondo me – delle offensive del regime; oppure all’apertura, in maniera molto più convinta, di una fase negoziale.

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    Sud Sudan: 2° anniversario dell'indipendenza. Una suora: è una nazione da costruire

    ◊   Oggi, il Sud Sudan, alla presenza di vari leader della regione, celebra il secondo anniversario dell’indipendenza da Khartoum, raggiunta dopo una ventennale guerra civile. Nella circostanza, una serie di gruppi della società civile ha inoltrato al presidente Kiir un appello per l'abolizione della pena di morte, firmato anche dai Padri Comboniani. E proprio alla superiora provinciale delle Missionarie comboniane in Sud Sudan, suor Giovanna Sguazza, Davide Maggiore ha chiesto quali siano oggi le condizioni del Paese:

    R. – La situazione è in salita. E’ un Paese che era stato distrutto dalla guerra e che deve iniziare un cammino nuovo, con una popolazione giovane che ha bisogno di essere educata ai valori: della pace, della concordia, dell’onestà, della convivenza. E’ tutto da fare. E’ ancora tutto nel programma. In effetti, abbiamo visto poco in questi due anni.

    D. – Le emergenze più grandi quali sono?

    R. – A mio avviso, un’emergenza è il bisogno di sicurezza sul fatto che i viaggi si possano compiere, che vi sia possibilità di movimento e di intesa fra i diversi gruppi del Sud Sudan. C’è molta insicurezza ancora, ci sono diversi gruppi ribelli. Un’emergenza grossa è avere le infrastrutture, scuole e ospedali, direi soprattutto nelle campagne, dove ci sono posti remoti che non sono ancora raggiunti dai servizi sociali e dove la gente ha bisogno. Ci sono molte organizzazioni non governative in Sud Sudan, impariamo a lavorare assieme. Bisogna avere pazienza e lavorare insieme: aiutare il Sud Sudan a essere una nazione, un popolo, e aiutare la gente a capire che anche loro devono contribuire con il loro lavoro, con la loro presenza, a costruire questa nazione.

    D. – Quanto incidono sulla situazione ancora precaria del Sud Sudan i rapporti con il suo vicino, con Khartoum?

    R. – Questi due anni sono stati due anni di fatica e di malintesi fra i due governi per diversi motivi, il petrolio, i confini delle nazioni, la popolazione del sud che è nel nord, che è in Sudan, e viceversa. Questi problemi grossi, che incidono sullo sviluppo dei due Paesi, non vengono affrontati. Alcuni accordi sono stati fatti ma poi non vengono messi in pratica. I due Paesi devono capire che le relazioni fra questi due Paesi saranno sempre diversi dalla relazione con l’Uganda o col Kenya perché sono stati un Paese unico fino a due anni fa. Ora, non si può completamente tagliare, percorrere questo cammino come se fossero due nazioni che non si sono conosciute, che non sono formate da gente che ha vissuto insieme. Questo è qualcosa che le popolazioni e i governi devono capire. Devono essere due fratelli.

    D. – In questi due anni, in che modo la Chiesa ha accompagnato la popolazione? Quali sono state le attività della Chiesa e in particolare dei missionari?

    R. – La Chiesa nel Sud Sudan, durante la guerra, è stata portavoce, è stata veramente madre durante questi tempi di guerra. In questi due anni di pace, è rimasta ancora una Conferenza episcopale con quattro vescovi a nord e molti più vescovi al sud. Tuttavia, i bisogni pastorali sia al Sudan che al sud sono molto diversi. Direi che al sud la Chiesa sta vedendo come aiutare la gente a vivere la riconciliazione e la pace. I missionari sono presenti e aiutano nello sviluppo e direi che la loro presenza oggi è ancora più necessaria. Faccio un invito a molti altri missionari di venire in Sud Sudan perché i bisogni sono tantissimi, sono tantissimi e urgenti. Siamo qui ma siamo ancora in pochi, abbiamo bisogno di aiuto.

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    Prossimo incontro governo-Osservatorio famiglie. Il Forum: speriamo ci ascoltino

    ◊   La spesa delle famiglie nel primo trimestre del 2013 è diminuita dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Il reddito disponibile è aumentato nello stesso periodo dello 0,8%, ma è diminuito dello 0,4% nel confronto con il primo trimestre del 2012. A rivelarlo è oggi l’Istat. Al di là però di queste piccole variazioni, il dato certo è che i nuclei familiari in Italia stanno pagando pesantemente le conseguenze della crisi. Al centro dei piani per la crescita i temi del lavoro e delle imprese, molto meno quello della famiglia. Perché? Adriana Masotti lo ha chiesto a Roberto Bolsonaro, vicepresidente del Forum delle Associazioni Familiari:

    R. – Perché non si parla più di famiglie, ma si parla di lavoro, si parla di altre cose? Perché in fin dei conti, l’ammortizzatore sociale principe, al di là di quello che può essere la cassa integrazione o cose del genere, è la famiglia. Questo 40% di giovani che non trova lavoro, dove vive e con che soldi vive? Con i soldi della famiglia. Allora, nessuno vuole investire sulla famiglia perché, tanto, la famiglia si sta svenando da sola e quindi risorse le dà lo stesso. E’ un ammortizzatore sociale naturale, quindi c’è già, lasciamolo lì, pensiamo ad altro. Sono sempre più convinto che non solo le famiglie prima o poi non ce la faranno più e a allora lì subentrerà davvero la vera crisi. Ma soprattutto i prossimi interventi del governo saranno ancora peggiori, perché non dimentichiamoci che al di là dell’Imu - che si vedrà come andrà a finire - al di là di altre cose, c’è la Tares che andrà a pesare sulla famiglia. Ci sarà di sicuro una revisione dell’Isee che andrà a gravare pesantemente sulla famiglia. Parliamo di 1.000 euro all’anno per nucleo. Dunque, si prendono risorse da questo contenitore che si chiama famiglia e ci si preoccupa di altro. Il contenitore c’è, i soldi li prendiamo. Quando si toccherà il fondo, allora si vedrà.

    D. - Quindi, la famiglia è vista come "salvadanaio" per lo Stato…

    R. – Sì, la famiglia è il salvadanaio per lo Stato. Mettiamo soldi nel salvadanaio? No. Intanto prendiamoli, poi si vedrà. Questo è il ragionamento.

    D. - Il Consiglio dei ministri dovrebbe assegnare entro un paio di settimane la delega per le politiche familiari. Questo che speranze può dare?

    R. – Sono stato convocato per il 15 di luglio dall’Osservatorio nazionale per la famiglia del quale faccio parte. Lì vedremo cosa dicono. Sembra che la delega ce l’abbia Letta, per adesso. Speriamo di riuscire a far sentire la nostra voce perché nasca qualcosa di positivo.

    D. – Un piccolo segnale di attenzione alle famiglie è arrivato con un aumento delle detrazioni per i figli a carico. Ora, però, si parla di cuneo fiscale, di ridurre il cuneo fiscale, e il Forum chiede al governo di dare un ulteriore segnale, quale?

    R. - L’aumento delle detrazioni per figli a carico, che è stato fatto con l’ultima manovra finanziaria, è stato suggerito al parlamento da parte del Forum delle Associazioni Familiari, come primo passo verso l’applicazione del fattore famiglia nella fiscalità generale. Noi chiediamo al governo un secondo passo. Ciò significa pensare di mettere sul piano di lavoro non un intervento sporadico valido, solo per quest’anno, ma un programma a medio termine che porti a regime, fra tre, quattro, cinque anni una fiscalità corretta e soprattutto che sia equa e rispetti i principi costituzionali della capacità contributiva. Tra l’altro, infatti, rimettendo un po’ di soldi in tasca alle famiglie, diamo loro più capacità di spesa con un beneficio generale per tutti.

    D. - In poche parole, che cosa c’entra la riduzione del cuneo fiscale con il benessere delle famiglie?

    R. – La riduzione del cuneo fiscale si fa in due modi: defiscalizzando o riducendo la fiscalità delle aziende e al contempo riducendo la fiscalità del salario. In questo modo, l’azienda stessa può pagare meno il lavoratore. Però, quest’ultimo non può perdere in busta paga. Allora, se noi facciamo una fiscalità distribuita equamente, tenendo conto di cosa c’è alle spalle del lavoratore, quindi del suo carico familiare, facciamo un’operazione di riduzione della fiscalità del lavoratore che può essere distribuita in un certo modo. Globalmente, il datore di lavoro può dare qualcosa in meno nel reddito lordo al dipendente, ma il dipendente non ci rimette e ci può anche guadagnare qualcosa di più. Questo guadagno, che viene tolto dalla fiscalità del lavoro dipendente, in questo caso, deve essere fatto e distribuito in maniera giusta e corretta. Faccio un esempio: se un operaio, un dipendente pubblico, un dipendente privato, a fine anno si trova con 300-400 euro in meno di tasse da pagare, se vive da solo con quei 400 euro, si fa un super cenone a Capodanno. Se invece uno ha a che fare con tre, quattro persone a carico, con quei 400 euro, a malapena, si compra i pannolini e le cose che servono per mandare avanti i propri figli. Questa è la differenza. Allora se riusciamo a fare qualcosa che si moduli in maniera più corretta, anche a livello fiscale, facciamo un’operazione, prima di tutto di pulizia e di equità e poi andiamo a collaborare alla revisione del cuneo fiscale, che è comunque positivo per l’economia.

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    Tre i vincitori del Premio Buon Samaritano 2013: un riconoscimento a chi si fa "prossimo" al sofferente

    ◊   La responsabile del Centro nazionale per le malattie rare, la casa di cura “Villa Giuseppina” gestita da una Congregazione religiosa e l’Associazione di volontariato “In punta di piedi” sono i tre vincitori del "Premio Buon Samaritano 2013”, promosso dal Centro per la pastorale sanitaria della Diocesi di Roma e consegnato sabato sera al Teatro Argentina della capitale. Un riconoscimento che vuole far emergere la testimonianza di fede di coloro che sanno essere “il prossimo” per chi è nella sofferenza, come il Buon Samaritano del Vangelo. Ascoltiamo il commento del vescovo ausiliare, mons. Lorenzo Leuzzi, delegato della Pastorale sanitaria diocesana, al microfono di Marina Tomarro:

    "La presenza di tanti uomini e di tante donne che rendono un servizio umile, sereno, tranquillo e qualche volta anche nascosto in ambito della vita sanitaria è importante. Ma tutto questo deve però portare a un coinvolgimento sempre maggiore dei giovani, cioè favorire un volontariato che non sia soltanto funzionale, ma che sia occasione per i giovani di rapportarsi con la grande questione della malattia, della sofferenza e della morte che è la questione fondamentale della condizione umana. Solo da questo nuovo rapporto dei giovani, nelle nuove generazioni, verso la malattia, la sofferenza e la morte si potrà creare un tessuto che renda davvero la città accogliente per tutti".

    E tra i premiati, il gruppo di volontariato del Policlinico di Tor Vergata “In punta di piedi”, che con discrezione portano il loro aiuto ai malati gravi e alle loro famiglie. Ma come sono accolti dai degenti? Ascoltiamo Nicoletta Gasparrini:

    "Molte volte siamo accolti bene, nel senso anche con estremo entusiasmo. Ci sono persone che ci ringraziano. Io ho avuto anche esperienze personali di persone che mi dicevano 'Quando torni? Venite tutti i giorni?'. Noi spesso facciamo volontariato una-due volte a settimana. Ci sono anche magari situazioni in cui il malato non ci accoglie proprio bene, perché magari non è pronto o comunque vuole stare da solo, però questa è una piccola percentuale. Ovviamente, noi non forziamo assolutamente. Nella maggior parte dei casi, invece, c’è un’accoglienza del personale medico e infermieristico soprattutto al malato ed anche ai familiari".

    Premiata anche Domenica Taruscio, responsabile del Centro Nazionale per le Malattie Rare:

    "Questo premio è importantissimo perché è un riconoscimento a tutto il mondo della ricerca, per fare in modo che le persone colpite da malattie rare e le loro famiglie abbiano prima di tutto cura, abbiano amore ma soprattutto abbiano una presa in carico globale che va proprio dall’impegno nello studio, fino a comprendere la loro sofferenza e la loro solitudine. Insieme - le persone, i malati, i ricercatori, la società civile - dobbiamo farcela".

    E la serata si è conclusa con la pièce teatrale “Ildegarda la Sibilla del Reno”, dove viene raccontata la vita della badessa benedettina vissuta nel XII secolo, che fu allo stesso tempo veggente, scrittrice, raffinata musicista e scienziata. L’autrice ed interprete dello spettacolo Cristina Borgogni:

    "Erano tanti anni che pensavo a questo personaggio che avevo conosciuto. Era nella mia mente, nel mio cuore: donna straordinaria che oggi - in questo momento così drammatico della nostra vita - credo ci possa ancora indicare la strada verso l’equilibrio, verso la forza. Quindi, piano piano si è formata in me l’idea: ho cominciato a studiare - un lavoro di un anno - per riuscire a trarne una piccola parte dalla sua enorme quantità i libri e di scritti e per portare Ildegarda in giro. Voglio far conoscere questo personaggio, che in Italia non è molto noto".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Venezuela: dialogo positivo fra Chiesa e governo. I vescovi: amnistia per i prigionieri politici

    ◊   All'apertura della 100.ma Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale venezuelana ha partecipato il Ministro degli Interni e della Giustizia, Miguel Rodriguez Torres, con il quale i vescovi hanno affrontato il problema dell'insicurezza nella quale vive buona parte del Paese. La Chiesa cattolica ha ribadito il suo desiderio di dare un contributo significativo al "Plan Patria segura" e alla missione "A Toda Vida Venezuela". Il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumana, in una nota inviata a Fides, ha detto che l’incontro si è svolto in tono sereno e cordiale. “L’incontro fa parte del dialogo che riteniamo appropriato tra il governo e la Chiesa. Abbiamo affrontato la questione della sicurezza, del recupero delle armi illegali, dei prigionieri e degli esiliati politici. Abbiamo anche proposto temi che ci riguardano direttamente, ad esempio la possibilità di facilitare l’entrata nel Paese di sacerdoti, religiosi e missionari senza molte complicazioni", ha riferito mons. Padrón. "Siamo convinti che vi sono stati progressi sulla difficile questione dei prigionieri politici. Ci auguriamo che questo problema finisca al più presto, magari attraverso un’amnistia per fare tornare a casa diverse persone", ha aggiunto il presidente della Conferenza episcopale venezuelana. Durante la conferenza stampa, i vescovi hanno sottolineato che le proteste delle università è uno dei punti che necessita urgentemente una soluzione. Mons. Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo di Merida, ha detto “dobbiamo ascoltare” le richieste degli studenti, perché le università sono in una situazione d'emergenza. (R.P.)

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    Messaggio Kek: "E' tempo di ripartire per servire i popoli d'Europa"

    ◊   “Il nostro compito principale a Budapest è stato quello di rinnovare lo statuto della Kek come espressione del nostro impegno per una profonda condivisione ecumenica e unità in Cristo”: così nel Messaggio finale i delegati all’Assemblea della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), conclusasi ieri a Budapest, descrivono le 6 giornate di lavoro. “In alcuni momenti è stato difficile, ma con la grazia di Dio siamo riusciti” e “alla fine di un intenso processo deliberativo, possiamo celebrare il completamento del rinnovamento degli statuti, fondamento di un’organizzazione ecumenica efficiente e rilevante”. Si legge ancora nel testo ripreso dall'agenzia Sir: “Ora è tempo di partire per servire i popoli d’Europa e del mondo, rispondendo ai loro bisogni spirituali” e “con umiltà e impegno cristiano far sentire le voci dei poveri e degli oppressi, di coloro che ancora attendono iniziative incisive che rispondano alle loro necessità e al desiderio di un futuro migliore”. Il messaggio rivolge anche l’invito a tutte le Chiese europee “a intensificare le relazioni ecumeniche per rafforzare il rispetto reciproco come sorelle e fratelli in Cristo”. Facendo riferimento al titolo dell’Assemblea “E ora che cosa aspettate?”, dice il Messaggio: “Partendo da Budapest, lasciamo alle spalle l’idea dell’attesa come momento di disperazione e indecisione. Portiamo con noi lo spirito di trasformazione e la speranza”. Al termine dell'Assemblea di Budapest il neo "consiglio di direzione" ha deciso le nuove nomine: il vescovo anglicano Christopher Hill (Chiesa d‘Inghilterra) è il nuovo presidente della Kek; vicepresidenti il metropolita Emmanuel di Francia (il presidente uscente) e la decana svedese Karin Burstrand. Oltre alla nuova Costituzione, i membri della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), hanno deciso in Assemblea a Budapest di dotarsi di una “road map strategica”, un documento “da leggere insieme alla Costituzione per dare l’indirizzo del futuro rinnovamento e cammino della Kek”. Il testo spiega gli elementi condivisi dalle Chiese, membri della Kek (mentre le associazioni ecumeniche e i consigli nazionali delle Chiese sono ora diventati membri associati): la fede, la storia comune, la visione (raggiungere la riconciliazione) e la missione (rafforzare la comunione per una testimonianza più efficace). Il documento precisa quali siano i “valori fondamentali necessari per la missione”: fiducia e rispetto reciproci, coraggio, ospitalità, umiltà, affidabilità, trasparenza, sussidiarietà, cura delle cose. Il testo parla poi di sei “obiettivi strategici” per i prossimi anni: “portare a compimento i cambiamenti organizzativi” decisi in Assemblea, “garantire la sostenibilità economica dell’organizzazione”; “rafforzare la comunione attraverso il dialogo”; “sviluppare la capacità di essere un interlocutore efficace nel dialogo”, sia per aiutare il dialogo tra le sue Chiese, che con altri organismi ecumenici o ecclesiali, quali la Chiesa cattolica, l’islam e l’ebraismo; “stimolare e coinvolgere, attraverso una comunicazione più creativa”. (R.P.)

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    Il Giubileo di Cirillo e Metodio a Velehrad e Nitra

    ◊   Circa 60mila pellegrini hanno partecipato alla messa del 5 luglio a Velehrad (Repubblica Ceca), momento clou delle celebrazioni del giubileo dei santi Cirillo e Metodio. A presiedere la solenne liturgia - riferisce l'agenzia Sir - è stato il legato pontificio, card. Josip Bozanić della Croazia, che ha portato i saluti e la benedizione di Papa Francesco alla nazione ceca, ricordando il 1150° anniversario dell’arrivo dei santi nella regione della Grande Moravia. “Il ricordo di questo evento significativo, che ha lasciato segni indelebili nella storia, nell’arte e nell’intera cultura del nostro Paese, è importante specialmente per i fedeli, ma offre anche all’intera nazione l’opportunità di approfondire questo prezioso patrimonio radicato nell’opera missionaria dei santi fratelli di Tessalonica”, si legge nel messaggio. In Slovacchia le celebrazioni per l’occasione si sono concluse a Nitra con un pellegrinaggio nazionale che ha visto la partecipazione del card. Franc Rodé in qualità di legato pontificio dalla Slovenia. Nella sua omelia il card. Rodé ha parlato della santità dei due co-patroni d’Europa che si riflette nel loro costante desiderio di portare Cristo e il suo messaggio di salvezza come “un caldo invito che penetra i cuori” nel loro “amore fraterno e bontà che le nazioni slave non hanno mai dimenticato”. Il card. Rodé ha esortato i credenti ad essere “fedeli al Vangelo di Cristo mostrando una ferma volontà di aderire alla Santa Chiesa”. Secondo il legato pontificio, questo, oltre ad essere “molto importante per l’istituzione di una patria giusta e prospera, costituisce anche la più solida garanzia per il futuro della civiltà europea”. (R.P.)

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    Unione Europea: Afghanistan, Siria e Balcani i principali richiedenti asilo nel 2012

    ◊   È stato pubblicato il rapporto annuale sulla situazione dei richiedenti asilo nell‘Ue nel 2012 dell’Agenzia europea competente in materia (Easo). “Il Rapporto si propone di fornire una panoramica completa della situazione”, si legge in una nota introduttiva, con un focus particolare “su tre flussi di richiedenti asilo: Afghanistan, Siria e Paesi dei Balcani occidentali”. “Nel 2012 - continua la nota - ci sono state 335.365 domande di asilo nell‘Ue” con un aumento del 11% rispetto al 2011. Di questi, “260.575 erano nuovi richiedenti e i candidati dall‘Afghanistan hanno continuato ad essere la percentuale più consistente (28.005), con un gran numero di minori non accompagnati”. La Siria ha, invece, mostrato il maggior aumento delle domande (206% rispetto al 2011), dovuto al deterioramento della sicurezza interna. Infine - riferisce l'agenzia Sir - i candidati dei sei Paesi dei Balcani occidentali “hanno continuato a rappresentare il maggior numero di domande presentate nella Ue - spiega la relazione - ma solo il 4% di esse sono state giudicate fondate”. Dalla relazione si evince, infine, che gli sviluppi raggiunti per quanto riguarda la politica comunitaria e nazionale, i cambiamenti legislativi e giurisprudenziali permettono di comprendere meglio il funzionamento pratico del sistema europeo comune di asilo (Ceas). (R.P.)

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    Libano: autobomba a sud di Beirut. Colpita roccaforte Hezbollah

    ◊   Sono almeno 38 i feriti, di cui diversi bambini, causati dall’autobomba esplosa oggi alle 11.15 (ora locale) a Bir al-Abed, quartiere alla periferia sud di Beirut: lo riferiscono fonti di stampa libanesi e panarabe, tra cui la tv al-Manar, emittente del gruppo sciita di Hezbollah. Il veicolo è deflagrato in un parcheggio situato nei pressi di una cooperativa commerciale chiamata Centro di cooperazione islamica, in un quartiere considerato una roccaforte di Hezbollah. Da subito media e osservatori hanno ricollegato l’attentato al coinvolgimento delle milizie Hezbollah nel conflitto siriano, a sostegno del presidente Bashar al-Assad. Un intervento al quale si oppongono con forza i sunniti libanesi. La crisi nella confinante Siria sta profondamente dividendo il Libano, ufficialmente neutrale, e negli ultimi mesi la scia delle violenze ha già raggiunto la valle della Bekaa (est), Tripoli (nord) e più di recente anche la città meridionale di Sidone. Una nuova linea rossa è stata superata oggi con l’attentato alle porte di Beirut, messo a segno in un momento di grande affluenza della gente impegnata nelle normali attività quotidiane in questo popoloso quartiere. Un’alta colonna di fumo nero si è levata sulla zona dove sono tutt’ora in corso interventi medico-sanitari. L’esplosione, particolarmente violenta, è stata avvertita in molti quartieri della capitale libanese e, secondo al-Manar, avrebbe provocato un cratere profondo due metri. Ingenti i danni materiali agli edifici circostanti e a numerosi veicoli incendiati. Secondo alcune fonti ci potrebbero anche essere alcuni morti, finora non confermati da fonti ufficiali. L’ultimo bilancio diffuso è quello della locale Croce Rossa, secondo cui i feriti sono almeno 38. (R.P.)

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    Israele: la Chiesa di Terra Santa interviene sull'arruolamento degli arabi cristiani nell'esercito

    ◊   Un documento appena pubblicato dalla Commissione Giustizia e Pace – organismo collegato all'Assemblea dei vescovi ordinari cattolici di Terra Santa e presieduto dal Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah - offre criteri di discernimento sulla questione dell'arruolamento degli arabi cristiani nell'esercito israeliano, tornata al centro del dibattito pubblico negli ultimi mesi. Secondo gli estensori del documento, pervenuto all'agenzia Fides, l'esercito è utilizzato come “un'istituzione che promuove coesione sociale” e un “luogo chiave” per coinvolgere i cittadini nel progetto nazionale “così come è concepito dalle autorità, cioè promuovendo Israele come uno Stato nazionale ebraico”. In questa prospettiva, secondo la commissione Giustizia e Pace operante in Terra Santa, “parlare dell'arruolamento dei cristiani arabi piuttosto che degli arabi in generale – musulmani e cristiani – è chiaramente un tentativo di infilare un cuneo tra cristiani e musulmani in Israele”. Nell'affronto di questa delicata problematica, la Chiesa dovrebbe tener presente che “l'esercito è usato come un mezzo per imporre e mantenere l'occupazione dei territori palestinesi e quindi impedire ai palestinesi dal raggiungere dignità e indipendenza”. Esso si configura come “un esercito di aggressione e non di difesa”. Quindi “l'uso del servizio militare per dividere in se stessa la popolazione araba danneggia gli interessi degli arabi come comunità”. Nel documento si prende atto che “molti giovani arabi in Israele stanno perdendo la propria identità nazionale, culturale e religiosa e non si identificano più come arabi”. Soprattutto nelle città miste “cercano in ogni modo di assimilarsi nella maggioranza ebraica e identificarsi con essa”. A questo proposito, i membri della Commissione Giustizia e Pace ripetono che “il compito della Chiesa consiste nell'educare i giovani a accettarsi per quello che sono, offrendo loro un'educazione umana, nazionale e cristiana equilibrata” che aiuti a integrare i vari elementi della loro identità (arabo palestinese, cristiano, cittadino di Israele) senza sacrificarne alcuno. L'auspicio finale espresso dal documento è che vescovi e preti aiutino i loro fedeli nel mezzo di questa crisi di identità e "si facciano carico dei problemi che essi si trovano a affrontare nella vita quotidiana”. (R.P.)

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    Appello per il Centrafrica dalle Caritas africane

    ◊   “Esprimiamo la nostra indignazione per le sofferenze imposte alla popolazione civile innocente” affermano i partecipanti all’incontro dei segretari e direttori nazionali delle Caritas della regione Africa, in una dichiarazione inviata all’agenzia Fides sulla drammatica situazione nella Repubblica Centrafricana. “Salutiamo e sosteniamo gli sforzi coraggiosi e profetici intrapresi dalla Chiesa della Repubblica Centrafricana per ridare speranza alle popolazioni in sofferenza e di operare per prevenire l’estensione di questa crisi oltre a impedire la sua insidiosa trasformazione in un conflitto a carattere religioso” continua il documento. Le Caritas africane, oltre ad assicurare la loro solidarietà al popolo centrafricano, lanciano un appello alle istituzioni internazionali (Onu, Unione Africana, Unione Europea, ecc..) perché accolgano “le richieste di aiuto lanciate dalla Chiesa centrafricana perché si metta fine immediatamente a questa situazione”. Chiedono inoltre “ai nostri Padri, i vescovi, che si riuniscono dall’8 al 15 luglio a Kinshasa nell’Assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (Secam), di affrontare su questa situazione insieme ai vescovi di questo Paese e di autorizzarci ad avviare delle collette di doni nelle nostre Chiese per aiutare il popolo centrafricano”. L’incontro dei responsabili delle Caritas africane si è tenuto a Nairobi dal 1° al 5 luglio. Nella dichiarazione finale, inviata a Fides, si afferma, tra l’altro, che si è preso l’impegno di diffondere in tutte le Chiese africane la conoscenza di due documenti: la dichiarazione dei vescovi fatta a Kinshasa nel 2012 sulla identità e sulla Missione della Caritas alla luce dell’enciclica "Deus caritas est", e il motu proprio “Intima ecclesiae natura” sul servizio alla carità. (R.P.)

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    Filippine: conclusa la plenaria dei vescovi. Eletto il nuovo presidente

    ◊   Si sono conclusi ieri presso il Pope Pius XII Center di Manila i lavori della seconda ssemblea annuale dei vescovi filippini. Durante i lavori, aperti sabato dal nunzio mons. Giuseppe Pinto, è stato eletto il nuovo presidente della Conferenza episcopale (Cbcp). Si tratta di mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan, che entrerà in carica a partire dal 1° dicembre prossimo. 52 anni, mons. Villegas è stato uno dei più stretti collaboratori del compianto card. Jaime Sin, protagonista della fine del regime del dittatore Ferdinando Marcos nel 1986. Villegas sarà affiancato da mons. Romulo Valles, nel ruolo di vice-presidente, e da mons John Du al suo secondo mandato di tesoriere. Numerosi e importanti i temi dibattuti dall’assemblea. A cominciare dall’attesa sentenza della Corte Suprema sulla controversa Legge sulla salute riproduttiva (Rh Bill) che ha iniziato oggi l’esame delle eccezioni di incostituzionalità. La legge – lo ricordiamo – è stata approvata in via definitiva nel dicembre scorso, dopo un anno di discussioni al Congresso segnate da un duro braccio di ferro con la Chiesa. I vescovi hanno ribadito la loro ferma opposizione al provvedimento che, pur rifiutando l'aborto clinico, promuove un discutibile programma di pianificazione familiare per indurre le coppie a non avere più di due figli, anche incoraggiando la sterilizzazione. Altri temi all’ordine del giorno sono stati i preparativi del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, prevista a Cebu nel 2016, e le celebrazioni dell’Anno della Fede nelle Filippine. Tra le varie iniziative promosse dalla Chiesa locale vi è la consacrazione del Paese al Cuore Immacolato di Maria celebrata in tutte le diocesi da maggio fino al prossimo novembre ogni ultimo sabato del mese. I vescovi filippini hanno inoltre fatto il punto sulle elezioni parlamentari del maggio scorso in cui è stato sperimentato per la prima volta un nuovo sistema elettronico di voto che dovrebbe garantire una maggiore trasparenza. Alla prova dei fatti – è stato evidenziato - il nuovo sistema non si è mostrato all’altezza delle aspettative e quindi capace di contrastare piaghe endemiche come il voto di scambio e la trasmissione dinastica delle cariche politiche che continua a garantire a un ristretto numero di famiglie il controllo della vita politica ed economica del Paese a detrimento del bene comune (si calcola che siano circa 250 le famiglie più influenti che, nel tempo, hanno gestito il potere nelle Filippine). Altri temi caldi nella vita politica filippina esaminati durante l’assemblea sono stati, infine, il processo di pace nell’isola di Mindanao; la riforma agraria; la protezione dell’ambiente e l’Apeco, la contestata creazione del porto franco di Casiguran, che ha danneggiato gli agricoltori, i pescatori e le popolazioni indigene locali. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Tibet. La polizia cinese spara contro i monaci buddisti: uno è in fin di vita

    ◊   Senza avvertimenti o tentativi di mediazione, la polizia cinese ha aperto il fuoco contro un gruppo di tibetani riuniti nella zona di Tawu per festeggiare il 78mo compleanno del Dalai Lama. Gli agenti hanno sparato ad altezza uomo e colpito diverse persone: Tashi Sonam, monaco buddista di Nyatso, è stato colpito alla testa da un proiettile. Al momento è in condizioni critiche in un ospedale di Chengdu. I religiosi - riferisce l'agenzia AsiaNews - si erano riuniti lo scorso 6 luglio per pregare e augurare lunga vita al loro leader spirituale. I monaci venivano dal monastero di Nyatso, mentre le monache dal convento Geden Choeling. Uno dei presenti, Jangchup Dorjee, è il fratello di Palden Choetso, monaca che si è data fuoco il 3 novembre del 2011 per protestare contro l'invasione cinese del Tibet e chiedere il ritorno a casa del Dalai Lama. Gli agenti della Polizia armata del popolo - un gruppo paramilitare che risponde al ministero della Difesa di Pechino, non agli Interni - sono arrivati sul luogo della preghiera e senza alcun avvertimento o tentativo di dialogo hanno lanciato lacrimogeni contro la folla. Subito dopo hanno aperto il fuoco ad altezza uomo: fra i feriti anche lo stesso Jangchup, Tsering Dhonudp, Nyendak, Tashi e una monaca ancora non identificata. In Tibet la situazione rimane molto tesa. Ad oggi si sono auto-immolate 119 persone per protestare contro il dominio cinese sull'area, mentre il Dalai Lama (dall'esilio di Dharamsala) ha chiesto ai suoi fedeli di preservare la vita umana "sopra ogni altra cosa". Nei giorni scorsi era circolata la voce di un "rilassamento" delle autorità cinesi riguardo la libertà religiosa e di culto nell'area, ma Pechino ha smentito tutto con forza. Il governo cinese considera il leader buddista "un lupo vestito da agnello" e lo accusa da anni di incitare la regione all'indipendenza. In realtà, il Nobel per la Pace da almeno tre decenni chiede a Pechino soltanto "autonomia culturale e libertà religiosa", ovvero la possibilità per i tibetani di imparare la propria lingua madre e praticare senza restrizioni il buddismo locale. (R.P.)

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    India: i cristiani dicono no alla nuova legge anti-conversione in Madhya Pradesh

    ◊   I cristiani dello Stato del Madhya Pradesh (India centrale) si oppongono con forza a un provvedimento che inasprisce le misure già esistenti sul divieto di conversione. Il nuovo testo di legge è stato approvato dall’esecutivo guidato dal partito nazionalista indù “Bharatiya Janata Party”. In Madhya Pradesh è già in vigore dal 1968 il “Religious Freedom Act” dal 1968 che regolamenta la conversione da una religione all’altra. La nuova legge prevede che la persona che intenda cambiare religione debba informare il magistrato distrettuale della sua decisione. Il nuovo dettato, inoltre, obbliga i sacerdoti che presiedono una “cerimonia di conversione” (ovvero un battesimo) a informare un mese prima il governo dello Stato, sul giorno esatto, luogo e ora in cui la conversione avrà luogo, prevedendo pene se questo non accade. Segue un'indagine amministrativa della polizia, per accertare se vi sono coercizioni. I cristiani temono che questo si tradurrà in nuove violenze contro i ministri di culto. “La normativa sembra lasciare molti cittadini con la falsa impressione che la conversione sia illegale in India e questa idea è portata avanti dai gruppi estremisti che propugnano l’ideologia dell’Hindutva (“induità”) con ferocia religiosa”, spiega in una nota inviata all'agenzia Fides il “Consiglio globale dei cristiani indiani” (Gcic), che riunisce cristiani indiani di diverse confessioni. “Tale decisione frettolosa è parte di un piano che intende creare un clima di sospetto e di odio nei confronti della comunità cristiana, in vista delle elezioni parlamentari del 2014”, denuncia il Gcic. Norme come questa, prosegue la nota inviata a Fides, “hanno un impatto sociale negativo sui cristiani, presentati come persone che hanno lo scopo di fare proseliti. In tal mondo si sminuisce la preziosa opera sociale svolta dai cristiani per i bisognosi e gli emarginati”. Leggi anti-conversione sono attualmente in vigore in sei dei 28 Stati e in sette territori dell'Unione. Le leggi, sulla carta, cercano di frenare le conversioni religiose operate con la forza, l’inganno o lusinghe. Secondo il “Consiglio globale dei cristiani indiani”, in realtà, le leggi ostacolano la conversione in generale e sono strumentalizzate dai gruppi nazionalisti indù per colpiere le minoranze religiose. (R.P.)

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    Paraguay. Emergenza alluvioni: vaccini per migliaia di senza tetto

    ◊   Le autorità hanno dato il via a una massiccia campagna di vaccinazione per immunizzare contro patologie contagiose migliaia di alluvionati causati dallo straripamento dei fiumi Paraguay e Paraná. Il ministro della Sanità Antonio Arbo - riporta l'agenzia Misna - ha precisato che saranno rafforzate in particolare le vaccinazioni contro l’epatite A, per il rischio di acquisirla attraverso il contatto con acqua e alimenti contaminati. “Il ministero garantisce vaccini gratuiti contro questa malattia per tutti i disastrati” si legge in una nota ufficiale. Arbo ha assicurato che i vaccini sono disponibili in quantità sufficiente, soprattutto per le malattie respiratorie e parassitarie, comuni nelle zone inondate. Gli alluvionati avranno anche a disposizione disinfettanti per rendere l’acqua potabile. Si tratta per il momento di misure preventive poiché in base agli ultimi aggiornamenti provenienti da Asunción, almeno nella capitale non risulta alcun focolaio di malattia. Venerdì il Congresso del Paraguay ha dichiarato lo stato d’emergenza a tempo indeterminato in quattro dipartimenti per assistere circa 15.000 famiglie costrette ad abbandonare le loro già precarie case a causa delle inondazioni. Le pianure dei distretti di Concepción, Amambay e Ñeembucú pagano l’esondazione del fiume Paraguay, mentre Misiones quella del Paraná. La crescita dei due corsi d’acqua è dovuta alle forti piogge delle ultime quattro settimane nel sud del Brasile, dove sono localizzate le loro sorgenti. (R.P.)

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    Portogallo: si è insediato il nuovo patriarca di Lisbona

    ◊   Essere comunità di accoglienza e di missione. E’ l’esortazione rivolta ai fedeli dal nuovo Patriarca di Lisbona mons. Manuel Jose' Macario do Nascimento Clemente nella solenne messa di ingresso in diocesi, celebrata domenica nella splendida cornice del Monastero dos Jerónimos. Nell’omelia il presule, nominato il 18 maggio a succedere al cardinale José da Cruz Policarpo, dopo la sua rinuncia al governo pastorale della diocesi per raggiunti limiti di età, si è soffermato sulla dimensione comunitaria della missione di ogni cristiano: “Quando parliamo di Chiesa – ha detto - parliamo di una comunità, non di soggettivismi dispersi. Gesù ci insegna che in Dio l’unità è comunione”. Senza entrare nei dettagli del suo programma pastorale, mons. Clemente ha evidenziato che la Chiesa di Lisbona dovrà seguire le indicazioni emerse dal Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione e presentate l’11 aprile scorso documento della Conferenza episcopale sul “Rinnovamento della pastorale della Chiesa in Portogallo”. Il patriarca si è soffermato quindi delle “implicazioni socioculturali del Vangelo” sia nella sua “concretizzazione comunitaria” sia nella "pratica pastorale", proponendo di inserire i principi della dottrina sociale della Chiesa "nei percorsi della nuova evangelizzazione" e nella "formazione dei cristiani impegnati nel servizio alla comunità nell’ambito sociale e politico”. In particolare ha richiamato la difesa della “dignità della persona umana, nella sua ricchezza di razze e popoli” che - ha detto - va sempre “protetta e promossa dal concepimento fino alla morte naturale” per non mettere in pericolo l’umanità. Mons. Clemente ha poi ribadito la verità cristiana della famiglia “nella complementarietà tra uomo e donna, nella generazione ed educazione dei figli e nell’aiuto reciproco tra giovani e anziani". Infine un richiamo alla distinzione tra Dio e Cesare, che - ha sottolineato - “ha aperto la strada alla laicità positiva delle istituzioni politiche e alla libertà religiosa dei cittadini ". (A cura di Lisa Zengarini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 190


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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.