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Sommario del 18/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Al via la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Il Papa: insieme siamo volto e forza di Cristo
  • Il cardinale Koch: l'ecumenismo della vita ci conduce verso l'unità
  • La questione dei Dalit al centro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
  • I vescovi della Basilicata dal Papa. Mons. Superbo: troppi giovani lasciano la nostra regione
  • Il prof. Dionigi: latino lingua perfetta per Twitter, il Papa esempio di innovazione e tradizione
  • Assenso del Papa all'elezione del nuovo patriarca di Alessandria dei Copti, mons. Ibrahim Isaac Sidrak
  • Il cardinale Ravasi terrà gli esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano
  • Il cardinale Bertone: i sacerdoti, anche se diplomatici, non cedano mai alla routine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Algeria: terroristi sotto assedio, incerto il numero degli ostaggi uccisi
  • L'arcivescovo di Accra: islam integralista in crescita in Africa, ma l'Europa non difende il continente
  • Il patriarca Younan: cristiani del Medio Oriente in grave difficoltà, diritti umani dimenticati
  • Fmi: baratro della crisi superato, ma preoccupa la situazione degli Usa
  • In primavera la nuova social card, esperimento verso il reddito minimo
  • Lincoln, il presidente che salvò l’anima dell’America
  • Laterano. La prima delle Letture teologiche dedicata alla "Lumen Gentium"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: l’impegno dei giovani di Hong Kong
  • Iran, musulmano convertito al cristianesimo rischia la pena di morte
  • Mali, Msf chiede l’accesso a Konna
  • Indonesia: l’impegno della la comunità cattolica per aiutare le vittime di alluvioni
  • In Colombia i funerali del sacerdote ucciso a Tuluá
  • Lettera pastorale dei vescovi dominicani sui valori della fede e della famiglia
  • Somalia, ucciso un giornalista di Radio Shabelle
  • Benin, Colloquio internazionale su giustizia, cultura e carità
  • Malawi, cittadini in piazza contro il carovita
  • Iniziative dell’Aifo in vista della Giornata mondiale dei malati di lebbra
  • Nota dei vescovi su Aquileia 2: “Testimoni di Cristo, in ascolto”
  • Indagine della diocesi spagnola di Merida sul rapporto tra giovani e consumi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Al via la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Il Papa: insieme siamo volto e forza di Cristo

    ◊   “Quel che il Signore esige da noi”: su queste parole del Profeta Michea si fonda il tema dell’edizione 2013 della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che inizia oggi. Sin dall’alba del suo Pontificato, Benedetto XVI ha posto il dialogo ecumenico tra le priorità del suo ministero e in molte circostanze le sue parole hanno espresso con forza l’auspicio che tutti i credenti in Cristo ritrovino l’unità della prima ora della Chiesa. Alessandro De Carolis ricorda alcune affermazioni del Pontefice sull’argomento:

    L’unità della Chiesa nasce a poche ore dalla sua apparente fine. Nasce nel Cenacolo – in quella splendida, intensa preghiera di Gesù che affida al Padre gli Apostoli – e sembra distrutta di lì a poco, quando l’autore della preghiera pende crocifisso sul Golgota. Tra il Getsemani e il Calvario gli Apostoli rinnegano, scappano, si danno per vinti. E in quel loro disperdersi sembra annidarsi il segno di ciò che, nei secoli avvenire, sarà della comunità cristiana, creata sul sangue di un Dio morto e risorto ma incapace di restare unita come il suo Artefice l’aveva pensata e benedetta. Riflettendo sui primi anni del cristianesimo, Benedetto XVI notò in una occasione l’intervento cui fu costretto San Paolo già ai tempi dei primi fedeli corinzi:

    “L’Apostolo, infatti, aveva saputo che nella comunità cristiana di Corinto erano nate discordie e divisioni; perciò, con grande fermezza, aggiunge: 'E’ forse diviso il Cristo?' (1,13). Così dicendo, egli afferma che ogni divisione nella Chiesa è un’offesa a Cristo; e, al tempo stesso, che è sempre in Lui, unico Capo e Signore, che possiamo ritrovarci uniti, per la forza inesauribile della sua grazia”. (Angelus, 23 gennaio 2011)

    La tentazione della discordia è davvero antica pur tra chi è stato creato per essere una cosa sola. E la conseguenza di quella “offesa a Cristo” – ha messo più volte in risalto il Papa – è che la divisione tra i cristiani è sovente uno schermo nero che non lascia trasparire appieno la presenza di Dio al resto dell’umanità:

    "Il mondo soffre per l’assenza di Dio, per l’inaccessibilità di Dio, ha desiderio di conoscere il volto di Dio. Ma come potrebbero e possono, gli uomini di oggi, conoscere questo volto di Dio nel volto di Gesù Cristo se noi cristiani siamo divisi, se uno insegna contro l’altro, se uno sta contro l’altro? Solo nell’unità possiamo mostrare realmente a questo mondo – che ne ha bisogno – il volto di Dio, il volto di Cristo". (Udienza generale, 23 genn. 2008)

    E il primo e più immediato modo di testimoniare l’unità tra cristiani divisi è quello di pregare assieme:

    "Nella preghiera comune, le comunità cristiane si pongono insieme di fronte al Signore e, prendendo coscienza delle contraddizioni generate dalla divisione, manifestano la volontà di ubbidire alla sua volontà ricorrendo fiduciosi al suo onnipotente soccorso (...) La preghiera comune non è quindi un atto volontaristico o puramente sociologico, ma è espressione della fede che unisce tutti i discepoli di Cristo”. (Udienza generale, 23 genn. 2008)

    Preghiera, certo, ma non solo, per non essere cembali squillanti. Ci vuole anche l’azione, quella della carità. Ed è ciò che Benedetto XVI ha sempre auspicato del dialogo ecumenico. Affiancare alla preghiera condivisa anche dei gesti concreti di condivisa solidarietà:

    “Ciò favorisce il cammino dell’unità, perché si può dire che ogni sollievo, pur piccolo, che i cristiani recano insieme alla sofferenza del prossimo, contribuisce a rendere più visibile anche la loro comunione e la loro fedeltà al comando del Signore”.

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    Il cardinale Koch: l'ecumenismo della vita ci conduce verso l'unità

    ◊   L’ecumenismo della vita ci sta conducendo verso la comunione: ne è convinto il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che interviene alla Radio Vaticana in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si svolge da oggi al 25 gennaio sul tema “Quel che il Signore esige da noi“, frase tratta dal libro del profeta Michea. Ascoltiamo il porporato al microfono di Mario Galgano:

    R. – Ich denke, dass in den letzten 50 Jahren sehr, sehr viel geschehen ist. …
    Io credo che negli ultimi 50 anni siano accadute molte cose. Ci sono stati tanti dialoghi, abbiamo trovato tanti avvicinamenti – penso in particolare al grandioso evento che si è verificato poco prima della fine del Concilio, quando le scomuniche tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa sono state affidate all’oblio della storia; penso alla grandiosa Dichiarazione tra la Federazione luterana mondiale e il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani sulla Dottrina della Giustificazione, cioè proprio sul punto che all’epoca della Riforma ci aveva divisi … Accanto a questo, nel frattempo, si è sviluppata una rete mondiale di amicizie ecumeniche e questo lo ritengo ancora più importante, perché non saranno le “carte” ecumeniche a condurci nel futuro, ma la comunione nella vita. Eppure, nonostante tutto quello che abbiamo fatto, dobbiamo dire che la meta dell’ecumenismo non è stata raggiunta: non abbiamo ancora trovato l’unità e c’è ancora molto da lavorare per trovarla …

    D. – Per quanto riguarda il dialogo con gli ortodossi, una delle maggiori difficoltà è data dalle divisioni all’interno della stessa ortodossia …

    R. – Wir habe ja eine große internationale Kommission zwischen der …
    Esiste una grande Commissione internazionale tra la Chiesa cattolico-romana e le Chiese ortodosse, della quale fanno parte delegazioni di quasi tutte le Chiese – ad eccezione della Bulgaria. Si rilevano, in effetti, alcune tensioni tra gli ortodossi; per questo credo che sarebbe un evento importantissimo l’eventuale svolgimento di un Sinodo pan-ortodosso. Seguo questa evoluzione con grande simpatia perché sono convinto che se si riuscisse a realizzare lo svolgimento di questo Sinodo pan-ortodosso, questo significherebbe un grande aiuto anche per il dialogo ecumenico con noi.

    D. – Quale il ruolo dell’Anno della fede in questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani?

    R. – Also, ich denke für das ganze Jahr spielt das eine zentrale Rolle, weil …
    Credo che svolga un ruolo centrale per tutto l’anno, perché l’elemento fondante dell’ecumenismo è la fede! L’ecumenismo non è una faccenda semplicemente diplomatica o politica: è una questione di fede. E quello che ci unisce maggiormente è il Battesimo – riconosciuto da tutti – e il Credo apostolico. In questo senso, l’Anno della fede è una grande sfida a ritrovare le radici dell’ecumenismo che si trovano proprio nella fede.

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    La questione dei Dalit al centro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

    ◊   I testi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sono stati affidati quest'anno dal Consiglio ecumenico delle Chiese e dal dicastero vaticano per l'Unità dei Cristiani a un gruppo di giovani studenti indiani che ricordano, in particolare, le ingiustizie patite dai Dalit, i cosiddetti "fuori casta". Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    In India quasi l’80% dei cristiani – si ricorda nel testo elaborato dal gruppo di giovani studenti indiani - sono di origine Dalit. E in tutto il Paese i cristiani Dalit sono “socialmente emarginati, politicamente sottorappresentati, sfruttati economicamente”. Il commento di padre Joseph Jadhav, gesuita di origine Dalit, docente di sociologia e dottrina sociale della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana:

    “C’è una politica dietro tutte queste discriminazioni. Quando sono discriminati politicamente, non viene preso in considerazione il numero dei cristiani perché tale numero è molto basso. Socialmente sono sempre discriminati perché non sono ben integrati nella società. Economicamente quando diventano cristiani, perdono tutti i privilegi che hanno gli altri Dalit. Per rimuovere tutte le forme di discriminazioni, si può fare fare soltanto una cosa: investire nell’istruzione. Dare un aiuto per un’educazione adeguata per una giusta collocazione nella società”.

    Le ingiustizie nei confronti dei Dalit si riscontrano non solo nella società indiana ma anche all’interno delle comunità cristiane. Ancora padre Joseph Jadhav:

    “E’ molto strano perché secondo il Vangelo siamo tutti fratelli eppure aderiamo alle nostre caste e ne prendiamo i privilegi. Ci sono cristiani che appartengono a caste alte che non vogliono avere niente a che fare con i cristiani delle caste basse. E godono di privilegi che i cristiani Dalit non possono avere. E’ la realtà della comunità cristiana in India. Ci sono le caste anche nelle Chiese. Dobbiamo affrontare questa situazione. Non se ne parla apertamente, ma si vede nel comportamento delle persone”.

    Il sistema delle caste, come il razzismo e il nazionalismo, “mette seriamente alla prova l’unità dei cristiani in India”. La ricerca dell’unità – si sottolinea nel testo a cura dei giovani studenti indiani – non può dunque essere disgiunta dallo smantellamento delle caste. La Settimana di preghiera si snoda attraverso 8 riflessioni che pongono l’accento sui passi da compiere per un autentico cammino di apostolato lungo il sentiero della giustizia. Tra questi, la costruzione di un dialogo capace di superare ogni barriera, il riconoscimento degli sforzi delle comunità oppresse in tutto il mondo e l’offerta di una testimonianza imperniata sulla solidarietà.

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    I vescovi della Basilicata dal Papa. Mons. Superbo: troppi giovani lasciano la nostra regione

    ◊   Stamani il Papa ha ricevuto i presuli della Conferenza episcopale della Basilicata in visita "ad Limina". Un incontro nel quale Benedetto XVI si è interessato delle problematiche e delle ricchezze della regione, suddivisa in sei diocesi e che conta 273 parrocchie. Al termine del colloquio, Benedetta Capelli ha intervistato mons. Agostino Superbo, arcivescovo metropolita di Potenza e presidente della Conferenza episcopale della Basilicata:

    R. – E’ andata molto bene, il Papa ci ha accolto veramente da padre, con un sorriso, ci ha detto qualche parola di augurio e poi ha voluto ascoltare ciascuno di noi per quanto riguarda le ricchezze e anche le problematiche delle nostre comunità diocesane. Noi, a nome di tutti quanti, abbiamo rivolto al Papa l’invito a venire in Basilicata, a visitarci. Poi sceglierà lui come e quando… Non sappiamo se verrà, ma noi gli abbiamo rivolto questo invito perché non è mai venuto in Basilicata. Il colloquio è stato cordialissimo, di grande intensità affettiva e di grande comunione con la sede di Pietro, da parte nostra, e di grande preoccupazione, affettuosa, paterna, da parte sua, per le nostre comunità diocesane.

    D. – Al suo invito di venire in Basilicata, qual è stata la reazione del Papa?

    R. – Un grande sorriso, una bella reazione di accoglienza. Ha capito che siamo disponibili e lo desideriamo però non possiamo imporre ritmi al suo ministero. Ma è stato contento di essere stato invitato.

    D. – Qual è stato l’incoraggiamento più forte che è venuto dal Papa?

    R. – L’incoraggiamento più forte riguarda la vita di fede delle nostre popolazioni e soprattutto un sostegno alla validità della famiglia che da noi, ancora, ha una grande forza allo stesso tempo però ha bisogno di ricevere la luce del Vangelo e soprattutto la forza della testimonianza cristiana.

    D. – Cosa lei ha detto, poi, al Papa della sua diocesi?

    R. - Io all’inizio ho detto qualcosa che riguarda tutta la regione e le problematiche più gravi che riguardano il lavoro e l’emigrazione continua dei giovani. Questo lo ha impressionato. Noi perdiamo circa 1200 abitanti l’anno e la maggior parte sono giovani laureati e questo è una grande povertà per la nostra diocesi. Per quanto riguarda il resto l’ho ringraziato per l’Anno della fede, per la sua attività, per il suo magistero, per la spinta che ci dà ad andare verso il Signore e a portare tutti verso Cristo.

    D. –Un segno della vicinanza del Papa alla Basilicata è dimostrato dal presepe in Piazza San Pietro…

    R. – L’abbiamo ringraziato per questa accoglienza.

    D. – Un legame forte che la Basilicata ha dunque con il Papa…

    R. - Certo, la Basilicata ha un legame forte col Papa, lo ascolta, cerca di mettere in pratica i suoi insegnamenti e seguirlo in questo percorso che ci porta ad attraversare la porta della fede, come lui dice.

    D. – Esce rafforzato da questo incontro, da questa visita ad limina?

    R. – Come sempre. Quando si va da Pietro si esce confortati, rafforzati, confermati nella fede in Gesù Cristo.

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    Il prof. Dionigi: latino lingua perfetta per Twitter, il Papa esempio di innovazione e tradizione

    ◊   Ha avuto ampia eco e destato anche curiosità l’apertura, ieri, dell’account del Papa su Twitter in lingua latina. Il nuovo account, che segue gli 8 già attivi dal 12 dicembre scorso, ha superato in un giorno i 3 mila follower, segno che il latino suscita interesse anche nel mondo della Rete. Per una riflessione su questa inedita iniziativa, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Ivano Dionigi, presidente della Pontificia Accademia di Latinità istituita da Benedetto XVI:

    R. – La prima impressione è quella che viene proprio spazzata via l’idea di un uomo lontano, fuori dal mondo. Anzi è proprio in medias res, usando il mezzo di comunicazione che più rapidamente, in maniera più efficace arriva a tutti. Questo mi sembra un gran bel segnale: oltre al merito in sé della lingua latina, proprio del veicolo che usa. Mi pare che questo sia un segnale di grande attenzione, di voler essere proprio all’ordine del giorno.

    D. – Questo accostamento latino e twitter è piuttosto inedito. In realtà, se vogliamo, il binomio innovazione-tradizione è proprio della storia della Chiesa: anche questo, forse, andrebbe ricordato …

    R. – Sì, questo. Poi, io le dico una cosa ben più semplice che può sembrare una dissonanza: Twitter per il latino. Io ricordo questo: ognuno di noi scrive la posta elettronica: quella chiocciolina, @, è l’“at”. Tutti credono che sia inglese, invece è “ad”. Anche la chiocciolina nella posta elettronica è latino! Allora, nessuna contraddizione, come dico, perché tutta la nostra cultura e lingua e anche la tecnologia, sono innervati di questo. E poi, io credo come diceva Petrarca – noi dobbiamo avere costantemente lo sguardo rivolto in avanti e indietro. Noi viviamo di storia: ognuno di noi è storia. E quindi, questo conciliare i due momenti credo che sia vitale.

    D. – Il Papa sta in qualche modo anche aiutando a sottolineare quanto sia importante riscoprire nella Chiesa – ma non solo – il latino …

    R. – Sì, sta dando un segnale. Anche perché il latino, volendosi attenere a Twitter, proprio a questa rigidità di battute, si attaglia molto bene perché è la lingua della concisione per eccellenza, per antonomasia. Anche qui, conoscere un po’ la struttura della lingua latina, così sintetica, credo che alcuni di coloro che amano Twitter possano trovarsi in buona compagnia del latino. Twitter, infatti, esige rigore, concisione, brevità, andare all’essenziale. Io credo che oggi, poi, tutti noi abbiamo bisogno di tornare ad essere un po’ “tacitiani” in questo profluvio di parole. Imparare il valore delle parole, che aiuta tutti ad una maggiore consapevolezza ed a pensare prima di parlare. Quando uno partiva oppure c’era qualche evento, c’era proprio una formula classica augurale: “Felix, faustus fortunatusque sit hic nuntius!”: questo annuncio sia veramente fausto e abbia buon esito in tutte le direzioni, e quindi raggiunga il maggior numero di interlocutori. Era l’“in bocca al lupo” della classicità, che io mi sento oggi di fare di fronte a questo annuncio.

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    Assenso del Papa all'elezione del nuovo patriarca di Alessandria dei Copti, mons. Ibrahim Isaac Sidrak

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e il cardinale Manuel Monteiro de Castro, penitenziere maggiore, insieme con mons. Krzysztof Józef Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica.

    Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Copta Cattolica, riunitosi a Moqattam (Il Cairo-Egitto) dal 12 al 16 gennaio 2013, dopo aver consultato il Santo Padre, ha accettato la rinuncia all’Ufficio presentata da Sua Beatitudine il cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti, in conformità al CCEO can. 126 – par. 2. Il medesimo Sinodo ha eletto nuovo Patriarca di Alessandria dei Copti mons. Ibrahim Isaac Sidrak, finora vescovo di Minya. Mons. Ibrahim Isaac Sidrak è nato il 19 agosto 1955 a Beni-Chokeir, Eparchia di Assiut. Dopo gli studi di filosofia e teologia nel Seminario Maggiore Copto di Maadi (Cairo) è stato ordinato presbitero il 7 febbraio 1980 e incardinato nell’Eparchia patriarcale. In seguito ha esercitato per due anni il sacro ministero al Cairo nella Parrocchia dell’Arcangelo Michele a Hadayek-el-Kobba e El Moleha. Inviato a Roma, ha studiato alla Pontificia Università Gregoriana, ove ha ottenuto il dottorato in teologia dogmatica. Ritornato in patria ha insegnato teologia dogmatica nel menzionato Seminario Patriarcale di Maadi. Dal 1990 fino al giugno 2001 è stato Rettore dello stesso Seminario e Direttore dell’Istituto catechistico di Sakakini (Cairo), nonché Segretario Generale dell’ufficio per l’insegnamento catechistico nella Chiesa Copta Cattolica. Dall’inizio del 2002 è stato parroco della Cattedrale Patriarcale al Cairo. Eletto Vescovo di Minya il 5 ottobre 2002, è stato consacrato il 15 novembre successivo.

    Benedetto XVI ha elevato l’Esarcato Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Gran Bretagna ad Eparchia, assegnando alla nuova circoscrizione il titolo di “Holy Family of London per i Bizantini Ucraini” ed ha nominato primo vescovo eparchiale l’attuale Esarca, mons. Hlib Borys Sviatoslav Lonchyna, M.S.U., trasferendolo dalla sede titolare vescovile di Bareta. Mons. Hlib Borys Sviatoslav Lonchyna, M.S.U. è nato il 23 febbraio 1954 a Steubenville - Eparchia di Saint Josaphat in Parma degli Ucraini - Ohio (USA) da genitori provenienti dall'Ucraina. Nel 1975 è entrato nel monastero dei Monaci Studiti Ucraini di Grottaferrata, dove ha emesso i voti perpetui il 19 dicembre 1976. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 3 luglio 1977. Ha frequentato l'Università Urbaniana dove ha conseguito la licenza in teologia biblica, nonché il Pontificio Istituto Orientale, laureandosi in teologia liturgica orientale nel 2001. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha lavorato nella parrocchia di San Nicola a Passaic, NJ (USA); quindi è stato prefetto degli studenti del Collegio Santa Sofia a Roma. Recatosi in Ucraina nel 1994, è stato direttore spirituale del Seminario maggiore di Lviv. Nello stesso tempo ha insegnato all'Accademia Teologica di Lviv. Ha prestato servizio come collaboratore locale nella Nunziatura a Kyiv. L'11 gennaio 2002 è stato nominato, da Giovanni Paolo II, Vescovo tit. di Bareta e Ausiliare di Lviv degli Ucraini. Ha ricevuto la consacrazione episcopale 27 febbraio dello stesso anno. È del 14 gennaio 2003 la nomina a Visitatore Apostolico per i fedeli greco-cattolici Ucraini in Italia e Procuratore dell'Arcivescovo Maggiore a Roma. Dal 4 marzo 2004 ha svolto l’ufficio di Visitatore Apostolico anche in Spagna e Irlanda. In data 25 marzo 2006 è rientrato in Ucraina con l’incarico di seguire la Vita Consacrata, pur mantenendo l'impegno di Visitatore Apostolico in Italia, Spagna e Irlanda fino al 2009. Il 2 giugno 2009 è stato nominato Amministratore Apostolico “sede vacante” dell’Esarcato Ucraino di Gran Bretagna e il 14 giugno 2011 ne è divenuto Esarca Apostolico.

    In Irlanda, il Papa ha nominato Arcivescovo Coadiutore dell’arcidiocesi metropolitana di Armagh mons. Eamon Martin, del clero della diocesi di Derry, finora amministratore diocesano della medesima diocesi. Il presule è nato a Derry il 30 ottobre 1961. Dopo l'educazione elementare presso la St. Patrick's Primary School, Pennyburn, Derry, e quella media presso il St. Columb's College, Derry, ha compiuto la formazione al sacerdozio nel St. Patrick's College, Maynooth, ottenendo un Baccalaureato in materie scientifiche e in Teologia. È stato ordinato sacerdote, per la diocesi di Derry, il 28 giugno 1987. In seguito, è stato dapprima Curato nella Cattedrale di St. Eugene, Derry (1987-1989), poi ha compiuto studi di specializzazione per l'insegnamento presso la Queen's University di Belfast (1989-1990) e conseguito un Master in Amministrazione Educativa presso l'Università di Cambridge in Inghilterra (1998-1999). Ha servito, prima come Insegnante e poi come Preside, presso il St. Columb’s College, Derry (1990-1998; 1999-2008). Dal 2008 al 2010 è stato Segretario generale presso la Conferenza Episcopale Irlandese. Negli anni 2010-2011 è stato Vicario Generale della diocesi di Derry. Dal novembre 2011, con le dimissioni di S.E. Mons. Séamus Hegarty, è Amministratore diocesano. Nel 2011 è stato nominato cappellano di Sua Santità.

    In Germania, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Dresden-Meissen mons. Heiner Koch, finora ausiliare di Köln. Mons. Heiner Koch è nato a Düsseldorf (arcidiocesi di Köln) il 13 giugno 1954. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Facoltà teologica dell’Università di Bonn. È stato ordinato sacerdote il 13 giugno 1980 a Köln. Dal 1980 al 1983 ha ricoperto l’incarico di Vice parroco nella parrocchia di S. Martino a Kaarst. Dal 1983 al 1985 è stato cappellano per i giovani nel decanato di Neuss e dal 1984 al 1989 incaricato della pastorale universitaria a Düsseldorf. Al contempo è stato Vicario cooperatore nella parrocchia di S. Paolo in tale città, conseguendo anche il dottorato in teologia. Nel 1989 è stato nominato Rettore della Chiesa di S. Maria Assunta a Köln e nel 1992 Direttore dell’Ufficio Pastorale della Curia arcivescovile. Nel 1996 gli è stato conferito il titolo di Prelato d’Onore e dal 1998 è Canonico del Capitolo Metropolitano di Köln. Dal 2002 è stato nominato anche Pro-Vicario Generale e Segretario Generale del Comitato organizzatore della XXª Giornata Mondiale della Gioventù a Köln. Il 17 marzo 2006 è stato eletto Vescovo titolare di Ros Cré ed Ausiliare dell’Arcivescovo di Köln. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 maggio successivo.

    In Senegal, Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Thiès il sacerdote André Gueye, del clero di Thiès, professore di Filosofia al Seminario Maggiore St. Jean Marie Vianney di Brin (diocesi di Ziguinchor). Il neo presule è nato il 6 gennaio 1967 a Pallo-Youga, nella città di Thiès. Ha compiuto gli studi filosofici prima nel Seminario Maggiore di Sebikhotane (Dakar) e poi in quello di Brin (Ziguinchor). Ha svolto il triennio teologico a Roma, ospite del Pontificio Collegio Urbano, e alunno dell’Università Urbaniana. È stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1992 nella Cattedrale di Thiès. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1997: Vicario parrocchiale di Saint Croix, a Bambey; 1997-2000: Vicario parrocchiale della Cattedrale Sainte Anne di Thiès; 2000-2004: Vicario domenicale della Cattedrale Sainte Anne di Thiès; 2004-2006: Parroco della parrocchia Sainte Croix di Bambey; 2006-2012: Insegnante di Filosofia al Seminario Maggiore St. Jean Marie Vianney di Brin (diocesi di Ziguinchor).

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    Il cardinale Ravasi terrà gli esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano

    ◊   Gli esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano, alla presenza del Papa e della Curia Romana, si terranno dalla prima Domenica di Quaresima, 17 febbraio, a sabato 23 febbraio. Quest’anno a guidare le meditazioni sarà il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

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    Il cardinale Bertone: i sacerdoti, anche se diplomatici, non cedano mai alla routine

    ◊   Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone si è recato ieri sera presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica a Roma per presiedere i Vespri di Sant’Antonio Abate, Patrono della scuola che prepara i sacerdoti destinati al servizio diplomatico della Santa Sede presso le varie nunziature o presso la Segreteria di Stato. “Come ogni altra forma di ministero sacerdotale - ha detto il porporato - anche quello svolto in questa particolare condizione conosca i suoi propri rischi. Tra di essi vi è quella sorta di assuefazione, di adeguamento superficiale alla routine di ogni giorno, di accomodamento a vuote formalità, che con il passare del tempo rischia di renderci meno attenti alla dimensione soprannaturale del nostro lavoro quotidiano”. Il porporato ha ricordato che con l’Anno della fede il Papa chiama “tutta la Chiesa ad una sorta di pellegrinaggio verso l’essenziale, un pellegrinaggio che intende riportare tutti al cuore dell’esperienza cristiana, che è l’incontro vivificante con il Cristo crocifisso e risorto”. “Anche per noi – ha proseguito - che ci troviamo al servizio diretto del Successore di Pietro, nei Dicasteri e uffici della Curia romana o nelle Rappresentanze Pontificie, questo Anno vuole essere un tempo di grazia, un’opportunità per approfondire il nostro radicamento nel Signore e riscoprire così il senso più genuino del nostro servizio”. Di qui l’esortazione: “Maggiore sarà la vostra identificazione a Cristo, e maggiori saranno la vostra passione per la vita della Chiesa, il vostro amore per gli uomini di ogni popolo e nazione, la vostra capacità di costruire relazioni fraterne, legami di collaborazione e di pace, per i quali la vita comunitaria attuale rappresenta un’ottima propedeutica. Tutto ciò – ha sottolineato - vi consentirà di affrontare con più coraggio le difficoltà, talora non lievi, che potrà richiedere il vostro ministero, e di accettare con realismo anche quegli aspetti legati all’inevitabile fragilità della natura umana, di cui non manchiamo di fare esperienza”. Il cardinale Bertone non ha mancato infine di ricordare mons. Ambrose Madtha, nunzio in Costa d'Avorio, morto lo scorso 8 dicembre in un tragico incidente automobilistico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Davanti al sol uomo che è la misura per tutti: Gerhard Ludwig Müller sulla trilogia di Benedetto XVI su Gesù completata con il prologo sui racconti dell’infanzia.

    Uniti nell’incoraggiare il dialogo: Andrea Palmieri, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sui passi del cammino ecumenico con la Chiesa ortodossa.

    Il mondo intero sulle righe di un pentagramma: su toni musicali e animo umano secondo Athanasius Kircher, anticipazione dell’articolo di Claudio Zonta nel numero in uscita de “La Civiltà Cattolica”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la crisi degli ostaggi in Algeria.

    La verità sul matrimonio: nell’informazione religiosa, un articolo sul clero cattolico britannico schierato contro la proposta del Governo sulle unioni omosessuali.

    Gli orafi delle cause dei santi: nell’informazione vaticana, la prolusione del cardinale Angelo Amato all’apertura dello Studium del dicastero.

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    Oggi in Primo Piano



    Algeria: terroristi sotto assedio, incerto il numero degli ostaggi uccisi

    ◊   Oltre la meta dei 132 ostaggi stranieri nel sito algerino di In Amenas sono liberi. Lo riferisce l'agenzia algerina Aps citando fonti della sicurezza. Il numero complessivo degli ostaggi liberi é di 650, tra cui 573 algerini. Ma un numero imprecisato di lavoratori stranieri, all'esplodere della crisi, ha cercato riparo tra le strutture dell'impianto estrattivo e potrebbero essere ancora nascosti. Le unità speciali dell'esercito che stanno operando dentro il compound di In Amenas, teatro del sequestro di stranieri e del blitz, hanno accerchiato una costruzione dove si troverebbero i miliziani islamisti ed un numero imprecisato di ostaggi. I terroristi vorrebbero scambiare due ostaggi Usa con due terroristi islamici detenuti negli Usa, tra cui Omar Abdel Rahman, ritenuto l'ispiratore dell'attacco al World Trade Center del 1993. L'altra richiesta é la fine della guerra in Mali. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il primo ministro britannico Cameron parla di “attacco da parte delle forze terroristiche di vasta entità, ben coordinato e pesantemente armato”. Il premier avrebbe dovuto pronunciare questa mattina in Olanda un atteso discorso sull'Europa ma è rimasto a Londra. Il sito è molto vasto e c'erano centinaia di persone, prima di tutto algerini e poi anche dipendenti occidentali e giapponesi. Peraltro anche il premier nipponico Abe ha annullato un viaggio all'estero. La minaccia viene da Al Qaeda, sottolinea Cameron. E c’è da dire che il gruppo islamico legato ad al Qaeda, autore del sequestro di occidentali al sito per la lavorazione di gas algerino, ha minacciato di compiere nuove azioni e ha allertato allo stesso tempo gli algerini a ''stare fuori dalle installazione del complesso, dove verranno compiuti nuovi attacchi''. Di certo c’è che, dopo l'attacco agli impianti di In Arenas, centinaia di lavoratori delle compagnie petrolifere internazionali sono stati evacuati dall'Algeria ieri e molti altri seguiranno. Lo conferma la British Petroleum.

    L’attacco terroristico in Algeria è in stretta relazione con quanto accade in Mali, lo Stato dell’Africa occidentale dove sono intervenuti i militari francesi in seguito all’occupazione del Nord da parte di forze islamiste e terroristiche. Nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Angelo Turco, della Università Iulm di Milano:

    R. – C’è una connessione molto stretta tra quello che è successo in Algeria e la guerra nel Nord del Mali, dove la componente qaedista è molto forte tra le forze terroristiche. La connessione è data dal fatto che le forze di Al Qaeda nel Nord del Mali erano presenti massicciamente: una componente robusta e certamente strutturata del terrorismo internazionale presente nelle aree desertiche maliane. L’intervento francese, che conosciamo, ha determinato un capovolgimento importante dei rapporti di forza in quella zona e prelude, peraltro, ad un intervento internazionale più consistente. L’attacco in Algeria, quindi, è stato una risposta di Al Qaeda all’attacco francese, alla messa in moto di tutta la macchina di intervento militare in Mali. Una quota consistente dei quaedisti che operano in Mali è di provenienza algerina: quello è – per così dire – il loro terreno quanto a teatro di offesa e di combattimento.

    D. – Cosa può significare per il Paese che si giochi proprio in questi giorni e in Algeria questa battaglia?

    R. – Il teatro algerino è un teatro nel quale si è svolta una lunga, sanguinosa, dolorosa battaglia anti-terroristica in cui l’Occidente, per il vero, c’è entrato molto poco, ed è stata combattuta dagli algerini: dalla costellazione dei nuovi poteri algerini, che è una costellazione molto complessa, un potere militare, un potere che poi gradualmente è divenuto sempre più di matrice civile evolvendo verso modelli di rappresentanza democratica. E’ una rappresentanza democratica evidentemente non compiuta ma certamente significativa … Quindi, qui non si tratta di uno scontro di civiltà tra Occidente e terrorismo: qui c’è un complesso di forze e di Paesi che è colpito dal terrorismo, che minaccia di essere destabilizzato dal terrorismo, e reagisce. Il fatto che il terrorismo abbia colpito in Algeria ha delle cause storiche.

    D. – Che dire della presenza di Al Qaeda in altri Paesi africani?

    R. – Intanto, incominciamo a dire che Al Qaeda c’è. Chi si era illuso che ci fosse un’eclisse dell’organizzazione farebbe bene a ritornare sui propri passi e acquisire l’idea che Al Qaeda non è un’organizzazione terroristica di tipo tradizionale, gerarchica, compatta ma è piuttosto una costellazione di gruppi che hanno una grande autonomia, sia organizzativa, sia finanziaria, sia di armamenti, uomini, tecniche e possibilità di combattimento locale. E’ una grande costellazione che si può muovere con grande autonomia.

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    L'arcivescovo di Accra: islam integralista in crescita in Africa, ma l'Europa non difende il continente

    ◊   Il fondamentalismo islamico sta crescendo in Africa: dai Paesi arabi si sta diffondendo nel resto del continente, dalla Nigeria alla Somalia e al Mali. Cresce, così, anche la preoccupazione delle Chiese cristiane africane. Sergio Centofanti ne ha parlato con l’arcivescovo di Accra, in Ghana, mons. Charles Palmer-Buckle:

    R. – Fino al secolo scorso, c’è stata una coesistenza molto pacifica con l’islam africano, perché nell’islam africano non c’erano i fondamentalisti. Diciamo che è da dieci anni in qua che molti musulmani sono andati a studiare in Arabia Saudita, in Egitto, in Kuwait, in Libia e Iran e da questi posti, adesso, stanno portando all’interno dell’islam africano questo fondamentalismo che purtroppo crea problemi all’interno dello stesso islam e all’interno del continente africano. Ma l’islam africano non era caratterizzato dal fondamentalismo.

    D. – Sta crescendo quindi anche il ruolo di al Qaeda in Africa?

    R. – Che sia al Qaeda, o al Shabaab è difficile da dire. Ma certo, c’è una crescita graduale del fondamentalismo. E allora, si fa presto poi a collaborare con altri fondamentalisti fuori dall’Africa!

    D. – Come considerare il ruolo delle potenze occidentali in Africa?

    R. – Devo dire, per la verità, che io sono deluso dalle potenze occidentali. Adesso, ad esempio, c’è la Francia che si è impegnata in Mali. Vorrei chiedere: qual è lo scopo reale del coinvolgimento militare, adesso, della Francia? E’ ancora una ri-colonizzazione? Purtroppo la Francia si era impegnata anche nella situazione della Costa d’Avorio e ne abbiamo visto i risultati, alla fine. E’ un Paese che non ha pace e non avrà pace per i prossimi 25 anni, perché le ferite che sarebbe stato necessario arginare, cercare di lenire, questo non l’hanno fatto! Quando vedo interventi di altri Paesi europei, quando si decide – ad esempio – che non si daranno più aiuti finanziari a questo Paese, non si concederà più questo o quell’intervento, io mi domando: è proprio per fare fronte a quella crisi, oppure per creare una situazione molto più difficile, di dipendenza sempre maggiore dall’Europa? Ecco, in questo campo io sono molto deluso dei Paesi europei: non mi fido più, non credo che vogliano sostenere l’Africa per difendere i poveri, quelli che soffrono, gli emarginati. Credo di no.

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    Il patriarca Younan: cristiani del Medio Oriente in grave difficoltà, diritti umani dimenticati

    ◊   “Rimanete in Medio Oriente”: è l’appello che il patriarca siro-cattolico Youssif Younan, in questi giorni a Roma, ha lanciato ai cristiani che sono in quella regione. Un’area che, negli ultimi anni, è stata investita dalla primavera araba con inevitabili ripercussioni sulla vita delle persone. In proposito il patriarca ha espresso preoccupazione per la violazione dei diritti umani e per la condizione delle minoranze religiose. Benedetta Capelli lo ha intervistato per Octava Dies, settimanale del Centro Televisivo Vaticano:

    R. - Noi cristiani nel Medio Oriente stiamo attraversando la fase più critica della storia della nostra Chiesa e di tutte le Chiese perché, nonostante quanto si dica sulla primavera araba, i diritti umani sono stati dimenticati.

    D. - Cosa possono fare le comunità cristiane d’Occidente, oltre alla preghiera? La vicinanza del Papa è sentita?

    R. - Sì. Il Santo Padre ci ha benedetti quando nel settembre scorso è venuto in visita in Libano. Ci ha chiamati a vivere veramente quel legame di vera solidarietà nella libertà e nella verità, perché tutti i popoli del Medio Oriente possano vivere assieme con pieno diritto di cittadinanza. Quindi noi cristiani del Medio Oriente contiamo molto sulle preghiere e sulla solidarietà spirituale dei nostri fratelli e sorelle delle Chiese dell’Occidente, richiamandoli ad essere coraggiosi, fedeli ai principi e ai valori cristiani.

    D. - C’è speranza per i cristiani del Medio Oriente, oppure l’attualità - ad esempio il conflitto siriano - sta condizionando la situazione?

    R. - La situazione in Siria è disastrosa. È il popolo che soffre, - non il regime, non coloro che finanziano i movimenti di opposizione - molti innocenti vengono uccisi, rimangono feriti, c’è tanta gente che fugge dal Paese e noi ne abbiamo testimonianza. Siamo in contatto con i nostri vescovi, con il clero, con i fedeli. Nuovamente richiamiamo i potenti in Occidente ad essere mediatori di pace e di vera riconciliazione. Tutti dobbiamo cercare - come il Santo Padre ha detto - di abbandonare la violenza per trovare punti di riconciliazione, di dialogo, affinché si possa salvare il Paese.

    D. - Un mese fa, a Baghdad, c’è stata l’inaugurazione della Cattedrale siro-cattolica di “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso”, teatro il 31 ottobre 2010 di una strage compiuta da un commando di al Qaeda in cui morirono circa 50 fedeli e due sacerdoti. Che cosa ha significato ridare vita a questa chiesa irachena?

    R. - Abbiamo cercato di infondere nuovamente lo spirito di speranza nei nostri fedeli affinché restassero nel loro Paese e nelle loro città. Abbiamo chiesto al governo iracheno di fare di più, affinché i cristiani si sentano nel loro Paese come veri cittadini, e possano godere a pieno dei loro diritti umani, perché tutti hanno diritto di essere rispettati a prescindere dalla religione, dall’etnia di appartenenza.

    D. - Un commento sull’Egitto, dove i Fratelli musulmani hanno messo mano alla Costituzione dandogli una svolta che in molti hanno criticato….

    R. - Una vera democrazia non è quella solamente numerica. I Fratelli musulmani cercano di mostrare che sono democratici, che rispettano gli altri, ma purtroppo questa non è la verità. Finché non avviamo un sistema di governo che dà a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, ci saranno sempre dei problemi perché anche nell’Islam non c’è solamente una confessione o una sola interpretazione della sharia, ce ne sono diverse. Come pastori della Chiesa non vogliamo entrare nelle questioni politiche, però il nostro dovere è di difendere i diritti di tutti. Ai cristiani del Medio Oriente dico: “Rimanete dove siete, cercate di cambiare il sistema in modo democratico, e abbiate il coraggio di far conoscere i vostri diritti e sperare sempre che la verità vinca su tutto!”.

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    Fmi: baratro della crisi superato, ma preoccupa la situazione degli Usa

    ◊   La crisi continua a "mordere". Secondo il Fondo Monetario Internazionale (fMI), il baratro è stato evitato ma non siamo ancora fuori pericolo. L'emergenza resta il lavoro sopratutto giovanile. Christine Lagarde ha lodato i Paesi una volta più a rischio, come Italia e Portogallo, mentre a destare preoccupazione sono oggi gli Stati Uniti che devono trovare l'accordo sul tetto del debito il prima possibile. Ma sta peggio l’Europa o l’America nel medio termine? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di Politica economica europea presso l’Università Bocconi di Milano:

    R. - In questo momento, da un punto di vista finanziario sicuramente l’onere dell’aggiustamento è tutto sugli Stati Uniti. L’Europa ha già fatto i "compiti a casa". Il problema è che nel momento in cui si fanno i compiti a casa, poi si scontano le conseguenze sul tasso di crescita reale dell’economia e quindi anche sulla disoccupazione. Quindi, noi stiamo sicuramente peggio dal punto di vista della crescita della disoccupazione, però probabilmente in futuro staremo lievemente meglio, perché siamo quelli che hanno già fatto un pezzo di strada.

    D. - La ripresa in Europa, secondo la maggior parte degli analisti, ci sarà a partire dal 2014. Ma c’è il pericolo che nel frattempo ci sia una ricaduta della crisi, anche calcolando una possibile onda d’urto da parte della crisi americana?

    R. - Mi pare che i meccanismi di gestione della crisi e delle emergenze ormai siano ampiamente messi in campo con la Bce e il Fondo salva Stati europeo. Quindi, non siamo sicuramente disarmati nel momento in cui dall’altra parte dell’oceano dovesse verificarsi un nuovo acuirsi della crisi finanziaria. Certo, c’è molto da fare sul fronte dell’economia reale: quindi, tutto il tema delle riforme, della riduzione della pressione fiscale, dei tagli della spesa... Ovviamente, continuando a mantenere il bilancio come da programma per ridurre il debito.

    D. - Poi, bisognerebbe risolvere anche il problema più scottante che è quello della disoccupazione, soprattutto giovanile…

    R. - Ma quello non si risolve solo iniziando a crescere e aspettando altri sei mesi dopo l’inizio del processo di crescita. Purtroppo, la disoccupazione è una brutta bestia nel senso che parte dei disagi sociali arriva alla fine del ciclo: prima arriva alla finanza, poi all’economia reale, e poi arriva l’impatto sulla disoccupazione. Quindi, se è vero che avremo la ripresa alla fine del 2013, secondo me prima della metà del 2014 non ci saranno novità sul fronte occupazionale. A maggior ragione, dobbiamo attrezzarci affinché lo Stato sociale possa far fronte a queste esigenze. Ma per far questo evidentemente dobbiamo tagliare gli sprechi.

    D. - Si riuscirà a fare questo nel breve termine?

    R. - Il punto fondamentale a livello italiano - e poi europeo - è quello di portare avanti delle riforme che in qualche misura riattivino i meccanismi di crescita. E per farlo dobbiamo evidentemente tagliare la spesa improduttiva, destinare una parte di queste risorse allo sviluppo delle infrastrutture sia fisiche che digitali, e ovviamente alla tutela sociale delle fasce di popolazione che adesso soffrono sul tema occupazionale. L’Europa a giugno dovrà trovare un accordo importante sul nuovo bilancio europeo, su una programmazione di sette anni. In quell’occasione, saranno stanziate diverse decine di miliardi di euro sul fronte della spesa. E sarà molto importante fare in modo che i Paesi più euroscettici non taglino queste fonti di spesa, ma anzi magari le rafforzino proprio sul fronte della spesa in termini strutturali per il rilancio della crescita.

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    In primavera la nuova social card, esperimento verso il reddito minimo

    ◊   I partiti in questi giorni si stanno confrontando sulla necessità di introdurre anche in Italia il reddito minimo, destinato alle fasce più povere della popolazione. Nel frattempo sta partendo la sperimentazione per la nuova social card che sarà riservata a nuclei familiari con almeno due componenti. Alessandro Guarasci:

    Potrebbero essere almeno 370 mila i beneficiari della nuova social card, che si andrà ad affiancare alla vecchia, varata durante il governo Berlusconi. Cinquanta i milioni destinati alla sperimentazione, che partirà a primavera in 12 città campione, dove vivono 9 milioni di italiani. La nuova carta avrà un valore minimo di 231 euro e massimo di 404 per famiglie con cinque o più soggetti. I beneficiari, nuclei senza reddito, dovranno partecipare a programmi di inclusione sociale, come il rispetto dell’obbligo scolastico per i figli e la partecipazione a corsi di formazione. Positivo il commento di Cristiano Gori, esperto di politiche sociali dell’Università Cattolica:

    “La scelta del target mi sembra condivisibile e rispondente alla crisi attuale, che incide particolarmente sulle famiglie con minori e sulle famiglie numerose. Il punto è cosa accadrà alla fine della sperimentazione, cioè tra un anno. L’Italia e la Grecia sono gli unici due Paesi europei che non hanno una misura base di sostegno pubblico nazionale a favore di tutte le famiglie in povertà assoluta, la più dura delle povertà. La sperimentazione va a testare un modello, che prende tutte le più interessanti indicazioni dell’esperienza europea, anche del dibattito italiano, su come dovrebbe essere il reddito minimo, in Italia”.

    La stessa Europa ha più volte invitato l’Italia, assieme alla Grecia, a migliorare le proprie strategie per l’inclusione.

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    Lincoln, il presidente che salvò l’anima dell’America

    ◊   Nello studio ovale, di fronte alla scrivania del presidente Barack Obama campeggia un ritratto di Abraham Lincoln. Una figura che oggi torna ad essere di interesse mondiale anche grazie al kolossal di Steven Spielperg, in arrivo la prossima settimana nei cinema italiani. Per una riflessione su Lincoln, il presidente che abolì la schiavitù dei neri americani e tenne unita la nazione dopo una sanguinosa guerra civile, Alessandro Gisotti ha intervistato l’americanista Giuseppe Mammarella, docente emerito di relazioni internazionali alla Stanford University:

    R. – Lincoln fa parte di una triade di grandi presidenti: Washington, lo stesso Lincoln e Roosevelt. In questa triade lui ha una posizione molto particolare: mentre Washington crea l’Unione americana, Lincoln la preserva, mentre Roosevelt fa dell’America una grande potenza. Questa è la funzione fondamentale di Lincoln: preservare l’unità del Paese, che è anche la ragione principale della Guerra di Secessione. E’ chiaro che Lincoln combatte per l’emancipazione degli schiavi, ma la funzione principale di Lincoln, e il grande successo di Lincoln, è stato quello di preservare l’unità dell’Unione americana.

    D. – Nel preservare l’unità dell’Unione, l’unità della nazione, ha in qualche modo anche preservato l’anima dell’America, come poi si è sviluppata?

    R. – Certo. Infatti, alcuni dei suoi biografi sostengono che la grande capacità di comunicare di Lincoln stava nel fatto che venisse identificato come il tipico americano del suo tempo, che accompagnava una certa semplicità di fondo con l’autenticità delle sue azioni, delle sue parole, delle sue condotte. Quindi, un uomo anche di grande moralità.

    D. – I discorsi di Lincoln sono pieni di citazioni bibliche ed evangeliche. Si può dire che la dimensione etico-religiosa abbia avuto un ruolo fondamentale nell’impegno del presidente Lincoln?

    R. – Dicono che Lincoln avesse l’abitudine di dedicarsi alla contemplazione, spesso astraendosi dalla realtà esterna. C’è un episodio, fra l’altro, abbastanza importante nella storia della Guerra di Secessione, dopo la battaglia di Hampton Roads, che il Nord vince, quando Lincoln decise di emanare l’editto di Emancipazione degli schiavi, nonostante alcuni dei suoi ministri fossero contrari, perché pensavano che questo non fosse il momento più giusto. Dirà Lincoln che egli aveva concluso un’alleanza con l’Onnipotente per liberare gli schiavi, non appena i ribelli fossero stati cacciati dal Maryland. Siccome ciò era avvenuto, si sentiva obbligato a mantenere il suo impegno, che era un impegno nei confronti degli schiavi, ma anche nei confronti dell’Onnipotente. Quindi, c’è questa ispirazione. Lui era, poi, un grande conoscitore della Bibbia e le citazioni bibliche nei suoi discorsi erano frequentissime.

    D. – Lincoln ebbe a dire una volta: “Non potrei sostenere per un incarico pubblico un uomo che fosse nemico della religione”. E questo è proprio dello spirito americano. Chesterton affermò: “L’America è una nazione con l’anima di una Chiesa”...

    R. – La religione ha sempre avuto un ruolo estremamente importante nella politica americana. E in modo particolare in quegli anni era ancora molto forte l’influenza puritana, che è alla base della creazione della nazione americana.

    D. – Ad un secolo e mezzo dalla sua morte, pensando anche al fatto che proprio un afro-americano è oggi alla Casa Bianca, qual è l’eredità, secondo lei, più duratura che il presidente Lincoln ha lasciato agli Stati Uniti?

    R. – L’unità del Paese. Oggi l’America è spaccata, come mai lo è stata nel passato recente. Quindi, in questo senso, l’uomo Lincoln è soprattutto il simbolo dell’unità del Paese. E’ comprensibile che l’attuale presidente lo tenga come riferimento, come ispirazione, in un momento in cui appunto il Paese è diviso.

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    Laterano. La prima delle Letture teologiche dedicata alla "Lumen Gentium"

    ◊   E’ stata “la Costituzione dogmatica Lumen Gentium” ad aprire ieri sera a Roma, presso la Sala della Conciliazione del palazzo Lateranense, la prima delle tre letture teologiche dedicate ai “Documenti del Concilio Vaticano II”. L’iniziativa, promossa dalla diocesi, in occasione del cinquantesimo dall’apertura della grande assise ecumenica, vuole invitare ad una riflessione sui documenti più importanti che essa ha prodotto. Il servizio di Marina Tomarro:

    Un Concilio che ha cambiato la storia della Chiesa per sempre, che ha dato una nuova dignità ai laici, che ha fatto sentire ai fedeli la gioia di essere parte di un popolo. Il popolo di Dio. Questo è stato il Concilio Vaticano II e il documento Lumen gentium sicuramente è tra i suoi frutti più importanti. L’arcivescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana:

    “Il rischio di tante interpretazioni e di tante esperienze è quello di sottolineare dimensioni importanti ma in maniera parziale, unilaterale. Riprendere a 50 anni di distanza la Lumen gentium significa riappropriarsi di questa integrità che permette anche di riconoscere innanzitutto il primato di Dio nella realtà della Chiesa per la missione dell’annuncio del Vangelo e quindi anche per un annuncio e una presenza nel mondo capace di trasformare le relazioni personali e la vita della società intera”.

    E i laici, alla luce di questo documento, diventano un elemento vivo ed importante nella Chiesa per la nuova evangelizzazione. Ma quale deve essere il loro ruolo nella società attuale? Carlo Cardia, docente presso l’Università di Roma Tre:

    “Io credo che debba essere un rapporto di totale apertura ma senza complessi di inferiorità su alcuni principi che stanno conducendo l’uomo a un indifferentismo incredibile. Io faccio l’esempio di cui si sta parlando questi giorni: ci sono Paesi che stanno legiferando sul suicidio assistito, ci sono Paesi che stanno legiferando per negare la doppia genitorialità. Su questo, la Chiesa, i laici, devono avere una forza d’animo per far vedere i rischi che esistono per la società”.

    L’incontro è stato concluso dal cardinale vicario, Agostino Vallini, che ha invitato tutti a riscoprire l’importanza della Lumen gentium:

    “La Lumen gentium è importante perché è il documento centrale del Concilio che ha riletto la vita della Chiesa alla luce del mistero della luce di Dio, affermando a chiare lettere che questo mistero si incarna nella storia dell’umanità che diventa popolo, un popolo che viene a essere articolato come il corpo, per il bene, in un cammino verso la destinazione eterna”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: l’impegno dei giovani di Hong Kong

    ◊   Una trentina di giovani cristiani di Hong Kong (cattolici, anglicani, pentecostali e di altre confessioni cristiane), di età compresa tra 18 e 35 anni, si sono riuniti in vista della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani per riflettere e pregare insieme sul tema: “Verso la nuova solidarietà e la comunione”. Secondo quanto riferito da "Kung Kao Po", il bollettino settimanale della diocesi di Hong Kong, l’incontro è stato promosso dalla Commissione di Pastorale Giovanile di Hong Kong e si è svolto dall’11 al 13 gennaio. Nei tre giorni di incontri, i giovani cristiani hanno visitato insieme il carcere di Hong Kong, il convento dei missionari di Maryknoll, un collegio anglicano, il monastero delle Carmelitane scalze, “per conoscere il contributo delle diverse comunità cristiane alla società”. Il Primate della chiesa anglicana di Hong Kong presiederà domani una celebrazione per l’unità dei cristiani nella chiesa cattolica di San Giuda. Dal 2010 la Commissione di Pastorale Giovanile di Hong Kong – ricorda l’agenzia Fides - organizza ogni mese un ritiro spirituale per i giovani che vede sempre una numerosa partecipazione di giovani cristiani di diverse confessioni. (A.L.)

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    Iran, musulmano convertito al cristianesimo rischia la pena di morte

    ◊   In Iran, un cittadino statunitense di origini iraniane, Saeed Abedini, è accusato di attentato alla sicurezza nazionale. Il processo inizierà il prossimo 21 gennaio e secondo la moglie di Saeed Abedini sarà presieduto da Abbas Pir-Abassi, giudice accusato di violazioni dei diritti umani per le dure condanne inflitte ai giovani protagonisti, nel 2009, delle manifestazioni di protesta contro il presidente Mahmoud Ahmadinejad. Nato in Iran, Saeed Abedini vive da anni negli Stati con la moglie e due figli. Torna spesso nel suo Paese d’origine e nel 2009, dopo la sua conversione al cristianesimo, viene arrestato dalla polizia iraniana. Viene rilasciato dopo aver firmato un documento in cui si impegna a non fare opera di proselitismo. Dopo questo episodio, Abedini visita altre nove volte l'Iran, senza alcun problema. Aiuta alcuni amici di una cittadina, nel nord del Paese, a costruire un orfanotrofio. Nel corso dell’ultimo viaggio, nel settembre 2012, la polizia lo arresta di nuovo accusandolo di aver violato gli impegni sottoscritti nel documento firmato nel 2009. La Costituzione iraniana - ricorda l’agenzia AsiaNews - riconosce i diritti di alcune minoranze religiose, tra cui i cristiani, ma punisce anche con la morte i musulmani che cambiano religione. (A.L.)

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    Mali, Msf chiede l’accesso a Konna

    ◊   Dal momento che i bombardamenti e i combattimenti continuano in varie aree del Mali, l’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di autorizzare Msf ad entrare nella zona di Konna e di permettere che venga fornita assistenza umanitaria in tutte le aree dove sono in corso i combattimenti. Da lunedì scorso, Msf è in contatto con le autorità civili e militari del Mali, così come con l’esercito e il governo francese, al fine di ottenere l’autorizzazione per mandare équipe mediche a Konna. Ad oggi, l’esercito maliano tiene chiuso l’accesso stradale a questa città, nel centro del Paese. “Nonostante le nostre ripetute richieste – dichiara Malik Allaouna, direttore delle operazioni di Msf – le autorità continuano a negarci il permesso di accedere all’area di Konna”. “E’ fondamentale che venga garantita assistenza medico-umanitaria neutrale nelle zone dei combattimenti. Chiediamo a tutte le parti coinvolte nel conflitto di rispettare la popolazione civile e il lavoro delle organizzazioni umanitarie”. “Ma da quando le forze maliane e francesi hanno cominciato la loro offensiva, non siamo stati in grado di attraversare le linee del fronte, nonostante la nostra neutralità. Intere regioni adesso sono completamente tagliate fuori da ogni aiuto”. Msf, comunque, sta ancora lavorando nelle aree di Mopti, Timbuktu e Gao. A Douentza, dove le équipe dell’organizzazione umanitaria sono rimaste bloccate per alcuni giorni e senza la possibilità di ricevere nuovi rifornimenti, i pazienti hanno ricominciato a recarsi al centro di salute. (A.L.)

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    Indonesia: l’impegno della la comunità cattolica per aiutare le vittime di alluvioni

    ◊   In Indonesia i cattolici hanno risposto all’appello delle autorità di Jakarta, avviando una raccolta di beni e generi di prima necessità per gli sfollati a causa delle pesanti alluvioni che hanno colpito la capitale. Ieri, il governatore Joko "Jokowi" Widodo ha dichiarato lo "stato di emergenza", lanciando una richiesta ufficiale di aiuti. Varie zone di Jakarta sono allagate e in alcune aree l’acqua raggiunge i 4 metri di altezza. Il bilancio è di almeno 11 morti. Sono inoltre decine di migliaia le persone rimaste senza tetto. All'appello lanciato dalle autorità – rende noto AsiaNews - hanno risposto moltissimi gruppi di volontariato, organizzazioni attiviste e semplici cittadini. Tra questi, molti sono quali cattolici. Nell'area di Kampung Melayu, la parrocchia di Sant'Antonio a Bidara Cina, ha ospitato moltissimi sfollati offrendo loro un riparo. A questa iniziativa si sono uniti diversi gruppi di fedeli, che hanno fornito cibo e bevande. Contribuisce in modo attivo anche la Conferenza dei vescovi indonesiani (Kwi), fornendo quanto necessario per alleviare le sofferenze della popolazione della capitale, paralizzata dalle inondazioni. In Indonesia, i cattolici sono una minoranza composta da circa 7 milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione totale. (A.L.)

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    In Colombia i funerali del sacerdote ucciso a Tuluá

    ◊   Nella cattedrale di Buga, nel Dipartimento colombiano centro-occidentale di Valle del Cauca, si celebreranno oggi le esequie di padre Francisco José Vélez Echeverry, sacerdote diocesano ucciso in circostanze non ancora chiare, a Tuluá, nella notte di mercoledì. “Tristezza, dolore e indignazione - si legge in una nota della Conferenza episcopale della Colombia - sono i sentimenti che accompagnano la comunità di Buga”. “C’è una perdita del senso della vita, dei valori - ha detto il vescovo di Buga, mons. José Roberto Ospina Leongómez - che evidenzia una mancanza di Dio e di rispetto verso l’essere umano”. “La comunità - ha aggiunto il presule le cui parole sono state riprese dalla Misna - abbia la certezza che si continuerà ad indagare fino a quando non si troverà il responsabile”. Mons. José Roberto Ospina Leongómez ha anche ricordato che padre Francisco era un buon predicatore, un pastore distintosi per l’importanza data alla liturgia e molto vicino ai fedeli. Il sacerdote, 55 anni, parroco della chiesa Niño Jesús de Praga, nel comune di Tuluá, avrebbe compiuto domenica 23 anni di sacerdozio. (A.L.)

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    Lettera pastorale dei vescovi dominicani sui valori della fede e della famiglia

    ◊   Il 21 gennaio la Repubblica Dominicana celebrerà la festa di Nuestra Señora de la Altagracia. Nell’Anno della Fede, e nel contesto particolare di questo mese dedicato alla Madonna, la Conferenza episcopale dominicana pubblica una Lettera pastorale intitolata “State saldi nella fede”. Nel documento, ripreso dall’agenzia Fides, i vescovi richiamano l'attenzione sulla situazione di deterioramento delle famiglie e sull'aumento, nel Paese, della criminalità, dell'insicurezza, del traffico di droga. I presuli ricordano anche le piaghe della corruzione pubblica e privata, del gioco d'azzardo e dell’alcolismo. La Lettera pastorale esorta poi a lottare, in modo energico, contro la violenza in famiglia. Si invita a riprendere i valori dell’unione familiare e della fede. Esortiamo gli uomini – scrivono i presuli – “ad apprezzare e rispettare le nostre donne, che sono le nostre mogli, figlie, sorelle, madri, zie, cugine, nonne; le nostre donne che sono lavoratrici, lottatrici, imprenditrici e impegnate per i valori”. “Dobbiamo rivolgere lo sguardo verso Dio che ci dà la fede come dono, che ci spinge verso la ricerca e l'esperienza di atteggiamenti che rafforzano la vita familiare”. (A.L.)

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    Somalia, ucciso un giornalista di Radio Shabelle

    ◊   Un giornalista somalo di Radio Shabelle è stato ucciso a colpi di pistola questa mattina a Mogadiscio, da parte di uomini armati. Lo rende noto la stessa emittente sul suo sito, precisando che l’uomo, Abdihared Osman Adan, è stato raggiunto da numerosi colpi di arma da fuoco mentre stava lasciando la sua abitazione per recarsi al lavoro. Il giornalista è morto in ospedale per le ferite riportate. Era sposato e aveva due bambini. Il 2012 è stato l'anno con il bilancio più drammatico per i giornalisti somali. Se ne contano almeno 18 uccisi, mentre un altro è in prigione per aver intervistato una donna che denunciava uno stupro da parte di soldati governativi. Nessuna delle uccisioni di giornalisti è stata rivendicata, ma il governo punta il dito contro gli islamici Shabab. (A.L.)

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    Benin, Colloquio internazionale su giustizia, cultura e carità

    ◊   “Giustizia, cultura e carità”: su questo tema si svolgerà a Cotonou, in Benin, dal 21 al 25 gennaio, un Colloquio internazionale organizzato dall’Istituto cattolico di Parigi, insieme con il Pontificio Consiglio della Cultura e la Conferenza episcopale del Benin. L’evento vuole ricordare il primo anniversario, appena trascorso, dell’Esortazione apostolica Africae Munus, frutto del secondo Sinodo speciale per l’Africa del 2009 e siglata da Benedetto XVI nel novembre 2011. I lavori si apriranno lunedì prossimo alle ore 15 con i saluti introduttivi di mons. Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, di mons. Michael Blume, nunzio apostolico per il Benin e il Togo, e di mons. Antoine Ganyé, arcivescovo di Cotonou. Seguiranno alcuni interventi dedicati alla “recezione filosofica dell’Africae Munus”, conclusi da una tavola rotonda in videoconferenza guidata da padre Paul Béré, direttore dell’Istituto di Teologia della Compagnia di Gesù di Abidjan. Martedì 22 gennaio, poi, i lavori saranno incentrati sul tema “Giustizia e transizione democratica” e vedranno, in particolare, le relazioni di mons. Nicodème Barrigah, presidente della Commissione Verità, giustizia e riconciliazione in Togo, e di Epiphane Zoro, magistrato e specialista in diritti umani. “Giustizia, cultura e universalità” sarà invece il focus della giornata di mercoledì 23, in cui sono previsti numerosi interventi di docenti e specialisti universitari che si soffermeranno sulla situazione di alcuni Paesi africani, come il Burkina Faso ed il Rwanda, che hanno vissuto il dramma della guerra civile. Giovedì 24 gennaio, il convegno internazionale si soffermerà sul tema “Giustizia e carità: il contributo del cristianesimo e delle altre religioni”, in cui si affronterà anche il legame tra la giustizia ed il pluralismo religioso. Infine, il 25 gennaio verranno presentate le conclusioni dell’incontro. (I.P.)

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    Malawi, cittadini in piazza contro il carovita

    ◊   In Malawi, non si sono registrati ieri incidenti durante la giornata di sciopero indetta dai sindacati dei lavoratori per protestare contro il piano di austerity varato dal governo. L’obiettivo dell’esecutivo con l’introduzione di queste misure, è di rimettere in pareggio il bilancio del Paese e attirare investimenti stranieri. Ma la svalutazione della moneta nazionale kwacha e le riforme sostenute dal Fondo monetario internazionale (Fmi) – ha dichiarato John Kapito, uno dei leader di opposizione e tra gli organizzatori della protesta – hanno provocato un aumento imprevisto dei prezzi, “mettendo in difficoltà soprattutto le fasce più povere della popolazione”. Circa la metà dei 14 milioni di abitanti del Malawai vive al di sotto della soglia di povertà. Lo scorso anno, simili proteste innescarono scontri e saccheggi, costati la vita ad almeno 19 persone. La svalutazione del 48% della valuta nazionale e la deregolamentazione dei prezzi della benzina e dell’elettricità – ricorda l’agenzia Misna – hanno contribuito ad un aumento del carovita, pur consentendo una ripresa dell’erogazione di crediti da parte del Fondo monetario internazionale. (A.L.)

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    Iniziative dell’Aifo in vista della Giornata mondiale dei malati di lebbra

    ◊   Incontri di sensibilizzazione presso scuole, parrocchie e altre istituzioni in tutta Italia e una serie di iniziative per affermare i diritti dei malati e raccogliere fondi in favore delle persone affette da lebbra. A promuovere queste iniziative è l’Associazione italiana amici di Raoul Follerau (Aifo), in vista della 60.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra che si celebrerà il prossimo 27 gennaio. In particolare, venerdì 25 gennaio si terrà il convegno scientifico incentrato sul tema: “Lebbra: flagello o malattia? Profili medico-epidemiologici. Aspetti sociali, politici ed umanitari”. All’incontro, organizzato dall'Ambasciata del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Repubblica di Liberia, parteciperanno tra gli altri mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma e delegato per la pastorale sanitaria, e il ministro italiano della Salute, Renato Balduzzi. Domenica 27 gennaio migliaia di volontari Aifo offriranno, come ogni anno, nelle piazze italiane e in circa 30 parrocchie romane “Il Miele della solidarietà”. A partire da domenica prossima sarà inoltre attivo il numero 45504: inviando un sms, si potranno donare 2 euro e chiamando da telefono fisso fino a 5 euro. Ogni giorno, nel mondo, circa 700 persone si ammalano di lebbra. Nel 2011, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sono stati denunciati oltre 219 mila nuovi casi in 105 Paesi. Le situazioni più gravi si registrano in india e Brasile, ma il fenomeno è presente anche in Italia, dove ogni anno si contano da 6 a 9 nuovi casi. (R.C.)

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    Nota dei vescovi su Aquileia 2: “Testimoni di Cristo, in ascolto”

    ◊   Si intitola “Testimoni di Cristo, in ascolto” la nota pastorale dei vescovi del Triveneto uscita in questi giorni, che rilancia i più significativi elementi emersi durante l’esperienza vissuta in occasione del secondo Convegno ecclesiale delle comunità del Nordest, tenutosi ad Aquileia e a Grado dal 13 al 15 aprile 2012. “A noi, vostri pastori - scrivono i vescovi - sta ora vivamente a cuore che l’intensa esperienza del ‘convenire insieme’ ad Aquileia abbia ad essere accolta e tradotta in vita vissuta”. Con la presente nota pastorale, proseguono, "desideriamo orientare il cammino ecclesiale, affinché quanto abbiamo seminato porti frutti abbondanti per il Regno di Dio nelle nostre terre”. Mons. Renato Marangoni, segretario generale del Convegno ecclesiale “Aquileia 2”, ricorda che il contributo specifico dei vescovi si concentra su tre prioritarie dimensioni della vita delle comunità ecclesiali: una nuova evangelizzazione, l’attenzione alla famiglia e alle nuove generazioni, l’impegno per il bene comune con la consapevolezza del “nuovo” rappresentato dal fenomeno dell’immigrazione. Viene così disegnato un volto di Chiesa nel Nordest “accogliente per tutti, come casa dalle porte sempre aperte all’incontro e al dialogo, propositiva e creativa che annuncia a tutti con freschezza il Vangelo”. (A.L.)

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    Indagine della diocesi spagnola di Merida sul rapporto tra giovani e consumi

    ◊   Comprendere in profondità i meccanismi del mercato e l’influenza dei consumi sui giovani, per giudicarli in un’ottica evangelica. E’ questo l’obiettivo di un’indagine promossa in Spagna dalla Chiesa diocesana di Mérida-Badajoz, attraverso il Movimento della gioventù studentesca cattolica, riguardante i consumi e la loro incidenza sulla personalità dei ragazzi. Il Movimento, riferisce il Sir, sta portando avanti la campagna nelle scuole, analizzando i consumi degli adolescenti in tutti i loro aspetti. I risultati di queste analisi saranno pubblicizzati tra gli studenti e i docenti, nelle parrocchie e nei luoghi di svago. Il prossimo febbraio, si terrà un incontro a Madrid durante il quale si riuniranno giovani studenti di diverse diocesi spagnole nelle quali è attivo il Movimento della gioventù studentesca cattolica. Dopo questa prima fase, ci sarà un confronto tra questi modelli di vita e quello proposto dal Vangelo. Si analizzerà come la sequela di Gesù cambi il rapporto con i consumi e il denaro. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 18

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.