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Sommario del 08/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa per la Giornata del malato: il Buon Samaritano modello di chi cura e offre aiuto
  • Il prof. Felice: per il Papa, gli uomini sono più importanti dei sistemi economici
  • Rinuncia e nomina
  • Egitto, visita del card. Sandri: le divisioni non frenino il sogno cristiano della pace
  • Lettera del card. Piacenza a tutte le madri dei sacerdoti e seminaristi
  • P. Lombardi: Concilio e magistero ecclesiale dicono che ebrei non sono nemici della Chiesa
  • 20 anni del Catechismo: Papa e vescovi unici interpreti del deposito della fede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Israele annuncia la costruzione di un muro al confine con la Siria
  • La Corte europea dei diritti umani condanna l’Italia per trattamento inumano dei detenuti
  • Ue: in aumento nel 2012 le esportazioni di armi
  • Giornata delle Migrazioni. Mons. Perego: lottare contro forme di violenza e prevaricazione
  • Vescovi Usa al Congresso: è tempo di approvare la riforma dell’immigrazione
  • Mons. Lahham: in Giordania cristiani e arabi un cuore solo per i profughi siriani
  • Invecchiamento nel XXI sec. La Comunità di S. Egidio presenta il Rapporto con dati e priorità

  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq: a Mosul uccisa un'insegnante cristiana. In città torna la paura
  • Rapporto Ue sull’occupazione: la situazione peggiora, rischio di esclusione sociale
  • Centrafrica: a Libreville slitta l'apertura dei negoziati di pace
  • Mali: ribelli spingono verso sud. Accuse all'ex premier
  • Russia: messaggio del Patriarca russo Kirill per il Natale ortodosso
  • Siria. L’arcivescovo Nassar: “A Damasco profughi palestinesi costretti all'esodo”
  • Libia. Mons. Martinelli: Natale in serenità per i copti ortodossi
  • India: la Chiesa invita i leader religiosi a smuovere le coscienze contro lo stupro
  • India. I cristiani: "no" a pena di morte e castrazione chimica per gli stupratori
  • Cina. La morte di mons. Chen Shizhong: ai lavori forzati aveva perdonato i propri nemici
  • Cina: scetticismo della società civile sull'eliminazione dei campi di lavoro
  • Venezuela: i vescovi chiedono di "non alterare" la Costituzione
  • Repubblica Dominicana: piano di alfabetizzazione per sradicare la povertà
  • Perù: per la prima volta i “Seminatori di Stelle” in marcia per la strade di Lima
  • Ucraina: il programma delle iniziative per l'Anno della Fede
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa per la Giornata del malato: il Buon Samaritano modello di chi cura e offre aiuto

    ◊   “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. E’ centrato sul Vangelo di Luca e sulla parabola del Buon Samaritano il Messaggio di Benedetto XVI per la XXI Giornata mondiale del malato, che si celebrerà in forma solenne l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, presso il Santuario mariano di Altötting. Cuore delle parole del Papa, l’amore profondo di Dio specie per chi è nel dolore. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Nella Giornata mondiale del malato, momento di preghiera e “offerta della sofferenza per il bene della Chiesa”, nonché di “richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo” morto e risorto per salvare l’umanità, il Papa rinnova in modo particolare la sua vicinanza a chi è nella prova e col Concilio Vaticano II ripete rassicurante: “Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine” (Messaggio ai poveri, ai malati e ai sofferenti). Nel Buon Samaritano, la chiave e l’esempio che Benedetto XVI offre in quest’occasione ad operatori pastorali e sanitari e agli stessi malati, che si preparano al pellegrinaggio spirituale che quest’anno li conduce da Lourdes ad Altötting.

    La parabola di San Luca, spiega il Papa, è infatti una delle immagini con cui “Gesù fa comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano”, specialmente se è nel dolore, e nelle parole finali “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” anche l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso il prossimo bisognoso di cura. Nel Buon Samaritano, ricorda il Papa, varia patristica vede Gesù stesso che ama senza barriere né confini e che “si spoglia” del suo abito divino per assumere forma umana, accostarsi all’umanità smarrita e ferita per il proprio peccato, per portare speranza e luce. E’ dunque da questo amore infinito di Dio, attraverso la preghiera, prosegue il Pontefice, che si attinge la forza per vivere ogni giorno un’attenzione concreta a chi è ferito e chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse. Ciò vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari – aggiunge – ma per tutti e per gli stessi malati, cui il Papa ricorda: “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”.

    Benedetto XVI non manca poi di offrire esempi, tratti dalla storia della Chiesa, che possano stimolare ciascuno, in quest’Anno della Fede, a intensificare, come buoni samaritani, la diaconia della carità. Santa Teresa del Bambino Gesù, il Venerabile Luigi Novarese, Raoul Follereau, la Beata Teresa di Calcutta e Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten hanno aiutato i malati a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale, fino all’esempio più alto della Vergine Maria che, dice il Papa, segue il Figlio di Dio sul Golgota mai perdendo la fiducia – poi illuminata dalla Risurrezione – che Dio vince sul male, sul dolore e sulla morte. Il pensiero del Papa raggiunge infine quanti sono impegnati nella pastorale sanitaria – istituzioni cattoliche, società civile, comunità cristiane, famiglie religiose e associazioni – per ringraziarli e incoraggiarli a crescere nella consapevolezza che “nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione”.

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    Il prof. Felice: per il Papa, gli uomini sono più importanti dei sistemi economici

    ◊   “Non rassegnarsi allo spread del benessere sociale, mentre si combatte quello della finanza”: è questo uno dei passaggi più significativi del discorso che Benedetto XVI ha rivolto, ieri, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il Papa ha inoltre affermato che l’attuale crisi economica è derivata da un avventurarsi “senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale”. Proprio su quest’ultimo punto, Alessandro Gisotti ha chiesto il commento dell’economista Flavio Felice, direttore dell’Area di ricerca internazionale della Lateranense, “Caritas in Veritate”:

    R. – Il riferimento che Benedetto XVI fa alla crisi finanziaria è molto interessante, perché oggi ci sono degli studi abbastanza accreditati che individuano esattamente nella "finanziarizzazione" dell’economia la causa della crisi economica. Il Papa non mette in contrasto, non crea un’opposizione tra economia reale ed economia finanziaria, bensì individua nell’economia finanziaria uno strumento, un mezzo necessario, ma che necessariamente dev’essere limitato, o quantomeno dev’essere posto all’interno di un ordine dell’economia che veda nella finanza uno strumento e non il fine in sé.

    D. – Come già nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace, il Papa anche qui pone l’accento sull’importanza del lavoro: lavoro per la dignità della persona…

    R. – Certamente. Il compito, il fine di uno strumento come quello della finanza non può che essere l’aumento della produttività. Ed è soltanto l’aumento della produttività che consente alle attività economiche di garantire poi un più alto numero di posti di lavoro. I posti di lavoro non nascono dal nulla, ma da un’azione, da un’attività produttiva estremamente efficace: più è efficace, maggiore è la possibilità di dare occupazione e maggiore occupazione significa rimettere in moto il circolo economico. Quindi, l’obiettivo è il lavoro.

    D. – Con una formula efficace, il Papa inoltre chiede in particolare ai leader dell’Europa di “non rassegnarsi allo spread del benessere sociale mentre si combatte quello della finanza”. In qualche modo, il Papa ci dice che il primo spread è quello tra poveri e ricchi…

    R. – Trovo che questa affermazione, in realtà, possa essere compresa pienamente se letta con una chiave: una chiave che Benedetto XVI ci mostra in un passaggio molto interessante, verso la fine della trattazione economica del suo discorso, quando parla dell’educazione. Ci dice appunto che uscire dalla crisi significa, in primo luogo, lavorare per la giustizia, in quanto non bastano i buoni modelli economici. Spesso tra economisti ci si “accapiglia” sull’efficacia del modelli economici, su quali siano i migliori… Ma la realtà è un’altra: i sistemi economici sono per l’uomo. Questo può apparire banale, ma è così. Un sistema economico funziona solo se gli uomini lo avvertono, lo percepiscono come coerente e conforme alla loro dignità. Dalla crisi si esce riportando al centro l’educazione alla giustizia, all’equità… Tutto questo significa pensare a un modello: non a un nuovo modello economico, ma a un modello sociale, a un’antropologia che renda possibile ai modelli economici di misurarsi in modo coerente e non semplicemente sulla base di una logica ingegneristico-matematica, che poi in realtà può pure funzionare, da un punto di vista puramente logico, però poi sul campo si rivela del tutto inefficace.

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    Rinuncia e nomina

    ◊   Negli Usa, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Camden, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Joseph A. Galante, in conformità al can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato nuovo Vescovo di Camden S.E. Mons. Dennis J. Sullivan, finora Vescovo titolare di Enera ed Ausiliare dell’arcidiocesi di New York.

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    Egitto, visita del card. Sandri: le divisioni non frenino il sogno cristiano della pace

    ◊   Dalla sera dell’Epifania, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, si trova in visita alle comunità cattoliche dell’Egitto e vi rimarrà fino a venerdì prossimo. Stamattina, il porporato ha tenuto l’omelia nella cappella della nunziatura di Alessandria, durante la celebrazione della Divina Liturgia in rito copto, in occasione del Centenario della fondazione della Congregazione delle Suore Egiziane del Sacro Cuore di Gesù. “La società di oggi – ha affermato il cardinale Sandri – è certamente diversa da quella di cento anni fa. Ma vi basterà, care Suore del Sacro Cuore di Gesù, guardare al luogo in cui la vostra missione ha avuto origine: l'Egitto, terra ospitale che ha accolto il bambino Gesù, per trovare le nuove forme di carità” richieste dalla situazione. Accogliete il Signore “oggi, come ieri - ha soggiunto – in quanti incontrate sulle strade del mondo, con la stessa dedizione e impegno.

    Nella Messa presieduta ieri al Vicariato Latino di Alessandria, il porporato aveva riflettuto sull’importanza della conversione. “Nell’Anno della Fede – ha detto – ci è chiesto di smascherare la tentazione di fermarci alle labbra nella professione della verità di Dio. Siano coinvolti il cuore, i pensieri e le azioni. Forse invece la speranza si è affievolita, la carità rallentata, i dubbi hanno preso il sopravvento e ci siamo lasciati vincere dallo spirito del mondo”. Come comunità cristiane in Egitto e nell’Oriente, ha riconosciuto, “non ci sono mai risparmiate le prove e le sofferenze, le divisioni interne ed esterne, il dialogo a volte teso ma sempre da rinnovare con le istituzioni: tuttavia – ha affermato – non ci è permesso di considerare queste sfide come un freno al sogno cristiano di pace e di salvezza.

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    Lettera del card. Piacenza a tutte le madri dei sacerdoti e seminaristi

    ◊   Una Lettera rivolta a tutte le madri dei sacerdoti e dei seminaristi. L'ha scritta nella solennità della Madre di Dio, celebrata il 1° gennaio, il prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Mauro Piacenza. Un ringraziamento alle donne che "vivono la maternità anche solo spirituale" nei confronti di coloro che seguono la vocazione sacerdotale. Roberto Piermarini ha chiesto al porporato perchè ha voluto scrivere questa Lettera:

    R. – Per il desiderio davvero sentito di incoraggiare e rivolgere un particolarissimo ringraziamento a tutte le mamme dei sacerdoti e dei seminaristi e - insieme ad esse - a tutte le donne, consacrate e laiche, che hanno accolto, anche per l'invito loro rivolto durante l'Anno Sacerdotale, il dono della Maternità spirituale nei confronti dei chiamati al ministero sacerdotale, offrendo la propria vita, la propria preghiera, le proprie sofferenze e le fatiche, come pure le proprie gioie, per la fedeltà e per la santificazione dei ministri di Dio, divenendo così partecipi, a titolo speciale, della maternità della Santa Chiesa, che ha il suo modello ed il suo compimento nella divina maternità di Maria Santissima.

    D. - Eminenza, Lei scrive che la partecipazione che è data di vivere alla mamma del sacerdote è 'unica e speciale'. Perché?

    R. - Nella novità, che Cristo opera nella vita di coloro che ha scelto e chiamato, tutti i familiari e tutte le persone più vicine sono coinvolti, ma è certamente unica e speciale la partecipazione che è data di vivere alla mamma del sacerdote. Uniche e speciali sono, infatti, le consolazioni spirituali, che le derivano dall'aver portato in grembo chi è divenuto ministro di Cristo. Ogni madre, infatti, non può che gioire nel vedere la vita del proprio figlio, non solo compiuta, ma investita di una specialissima predilezione divina che abbraccia e trasforma per l'eternità.

    D. - Quanto ha influito nella stesura della Lettera la figura di santa Monica che ha pregato incessantemente per la conversione e la vocazione del proprio figlio Agostino?

    R. - Certamente sant'Agostino è il gigante del primo millennio cristiano e lo stesso altissimo Magistero del Santo Padre Benedetto XVI aiuta tutta la Chiesa a gustare, ancora una volta, l'indispensabile contributo che il Vescovo di Ippona ha offerto al pensiero cristiano e allo stesso sviluppo della civiltà umana. Santa Monica, sua madre - le cui spoglie sono custodite nella Chiesa romana di sant'Agostino, nei pressi di piazza Navona - è certamente riferimento irrinunciabile per tutte le madri dei sacerdoti perché è un po’ un’icona. Sembra anche un po’ l’icona della Chiesa che prega, che prega per la conversione dei suoi figli e che gioisce poi mirabilmente nel momento in cui vede che i suoi figli si rivolgono a Dio. Quindi Santa Monica, è certamente riferimento irrinunciabile per tutte le madri dei sacerdoti. Le preghiere e le lacrime di Santa Monica, cristiana prima del figlio, hanno ottenuto dal Signore la grazia della conversione per Agostino ed anche la santità del figlio affonda le proprie radici remote in quella della madre.

    D. - Quanto è importante il ruolo della famiglia per la crescita vocazionale dei figli?

    R. – Qualche volta può capitare, anche da una famiglia totalmente lontana dalla pratica cristiana, addirittura anche da qualsiasi fede, che possa venir fuori un figlio ministro di Dio, un figlio santo, etc., però certamente il ruolo della famiglia è irrinunciabile. Questo è un fatto, che Dio può tirare fuori i figli di Dio anche dalle pietre, quindi anche da una famiglia scardinata, può benissimo fare uscire fuori una vita consacrata meravigliosa. Nella normalità dei casi l ruolo della famiglia è un ruolo assolutamente imprescindibile. Al punto che la vera "pastorale vocazionale", dovrebbe innanzitutto essere una autentica cura delle famiglie cristiane. Soprattutto in una epoca nella quale l'educazione è divenuta molto più complessa per tanti fatti, le famiglie, da sole, per quanto impegnate, di buona volontà, non sono in grado di resistere sempre all'urto violento dei relativismo dominante. La Chiesa è sempre alleata delle famiglie nell'opera educativa e, in questa alleanza per il bene, è prima collaboratrice anche per quel delicatissimo compito che è il discernimento vocazionale. La vocazione si accoglie nella fede, e le famiglie sono i primi luoghi di trasmissione, educazione e custodia della fede.

    D. - Pensa di scrivere una Lettera anche sul ruolo del padre nella vocazione dei propri figli?

    R. - Non è in programma, ma potrei pensarci, soprattutto in riferimento a San Giuseppe, che è il padre della Sacra Famiglia e che è un po’ il custode della grande vocazione del Redentore. La precedenza è stata data alle Madri, non certo per sottovalutazione del ruolo del padre, ma guardando al ruolo insostituibile di Maria Santissima, Madre di Dio, nella vita di Gesù. La paternità spirituale, inoltre, è qualcosa di già ampiamente assodato in ogni vocazione, mentre sentivo l'esigenza di sottolineare, ancora una volta, dopo l'Anno sacerdotale, il compito necessario della maternità spirituale e di anime che comprendano la preziosità di offrirsi per la causa della santificazione del Sacerdoti. Certamente, riflettere sul compito educativo dei papà rispetto ai figli nella trasmissione della fede, ed eventualmente nel sorgere della vocazione, potrà essere utile e non escludo di potermici dedicare. Vorrei ricordare in ultimo, sotto questa domanda, il ruolo del papà di Giovanni Paolo II. Egli, il Papa, ebbe a dire che il suo 'primo seminario' era stato, alla sera, vedere suo padre, a luce spenta, inginocchiato dal suo letto, mentre recitava il rosario. Quindi, questo ci fa pensare a molte cose nei ruoli dei papà!

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    P. Lombardi: Concilio e magistero ecclesiale dicono che ebrei non sono nemici della Chiesa

    ◊   Una tradizione magisteriale lunga decenni da parte dei Papi e della Chiesa, unita al loro impegno nel dialogo interreligioso, dimostra che non è assolutamente possibile parlare degli ebrei come di “nemici della Chiesa”. Lo ha affermato il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, al quale alcuni giornalisti avevano chiesto un commento circa tale qualifica, comparsa in recenti dichiarazioni di mons. Fellay, superiore della Comunità S. Pio X.

    Senza entrare nel merito delle dichiarazioni di mons. Fellay, padre Lombardi ha voluto sottolineare come la posizione della Chiesa cattolica nei suoi rapporti con gli ebrei sia autorevolmente espressa in particolare nel documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate, e come i Papi abbiano dimostrato frequentemente con parole e atti la grande importanza attribuita al dialogo con gli ebrei. Padre Lombardi ha anche rammentato le significative visite dei due ultimi Pontefici a diverse sinagoghe e al Muro del Pianto di Gerusalemme. Di Benedetto XVI, in particolare, ha ricordato le visitate alla sinagoga di Colonia (2005), a una sinagoga a New York (2008) e alla sinagoga di Roma (2010).

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    20 anni del Catechismo: Papa e vescovi unici interpreti del deposito della fede

    ◊   Dopo la pausa delle festività natalizie e di inizio anno, torna il ciclo di riflessioni del gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, dedicate ai 20 anni dalla pubblicazione de Catechismo della Chiesa Cattolica. Nella nona puntata, il religioso si sofferma sull’interpretazione del deposito della fede, affidata al magistero del Papa e dei vescovi:

    La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura, che sono due modi di trasmettere la Rivelazione divina, non costituiscono delle realtà fisse ma, in quanto affidate alla comunità della Chiesa, sono realtà custodite, praticate e professate in modi sempre nuovi e allo stesso tempo fedeli all’insegnamento degli Apostoli. Tale fedeltà, per non ripetere le stesse formule senza comprendere il loro significato, esige un’interpretazione continua. Dobbiamo quindi compiere lo sforzo di esprimere il mistero della fede in un linguaggio sempre più adeguato.

    L’interpretazione della Sacra Scrittura e della Sacra Tradizione non cambia la validità dei dogmi ma – al contrario – costituisce una condizione sine qua non di una fedele traduzione del Credo in ogni epoca e in ogni generazione e cultura. Il Catechismo, al numero 85, ci ricorda che “l’ufficio di interpretare la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa”, cioè ai vescovi in comunione con il Papa. Il Magistero però non si pone al di sopra della Parola di Dio, ma invece la serve, l’ascolta, la custodisce e la espone. Si può dire che il servizio del Magistero è la realizzazione concreta della promessa di Gesù: “Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16,13).

    L’assistenza dello Spirito Santo non si realizza in modo democratico come se la verità rivelata potesse essere ridotta alle opinioni umane di maggioranza. Lo Spirito agisce in tutta la Chiesa, ma in momenti opportuni si esprime precisamente in quanto possibile attraverso il Magistero della Chiesa. Non cerchiamo dunque di costruirci una fede a nostro piacimento, conforme alla nostra visione, ma ricordiamoci le parole pronunciate da Cristo ai suoi Apostoli: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Buoni samaritani per l’umanità sofferente: il messaggio del Papa per la giornata mondiale del malato.

    Qual è la posta in gioco: in prima pagina, Ferdinando Cancelli riguardo al dibattito sul fine vita in Francia.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’intensificarsi degli scontri in Siria.

    E Raffaello raggiunse lo zenith: in cultura, Antonio Paolucci sul restauro e la pulitura per la “Stanza di Eliodoro” in Vaticano.

    Il dono della paternità: Alessandro Scafi su come l’arte ha interpretato Dio padre e i principi di origine, autorità e dignità.

    Tutto al momento giusto: Jean-Pierre De Rycke sull’omaggio dei popoli nell’“Adorazione dei Magi” di Berlino.

    Se i cinguettii finiscono in biblioteca: il Twitter Archive della Library of Congress.

    Una maratona di ballo per raccontare il presente: Silvia Guidi su “Non si uccidono così anche i cavalli?” in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 13 gennaio.

    Nuove tecnologie al servizio della pastorale: nell’informazione religiosa, il cardinale arcivescovo Lluis Martinez Sistach, sull’evoluzione del settimanale dell’arcidiocesi di Barcellona, segno di una Chiesa al passo coi tempi.

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    Oggi in Primo Piano



    Israele annuncia la costruzione di un muro al confine con la Siria

    ◊   Un nuovo muro, lungo 58 chilometri ai margini delle alture del Golan, al confine con la Siria. Ad annunciarne la costruzione il premier israeliano Benyamin Netanyahu, il quale ha sottolineato che dall'altra parte del confine l'esercito siriano si è allontanato e al suo posto sono entrate forze della Jihad islamica. Una decisione, quella di Netanyahu, dettata più da questioni di sicurezza o da motivi elettorali, visto che tra due settimane Israele andrà alle urne? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Ennio Di Nolfo, docente emerito di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:

    R. – Personalmente, penso che prevalgano i motivi elettorali perché, a guardare bene le cose, gli israeliani, dalla parte siriana, hanno due tutele: le alture che occupano, nel Golan, e il fatto che lungo la frontiera con il Libano ci siano forze internazionali che tutelano Israele. Sicché voler costruire lì un altro muro, oltre a quelli, più o meno efficaci, che hanno costruito altrove, mi pare eccessivo. Anche perché poi, da parte siriana, in questi giorni, sono arrivati segnali di instabilità, di fragilità. Il discorso di Assad dell’altro ieri è stato un discorso che rispecchia la fragilità del regime siriano e diminuisce il pericolo del regime siriano per Israele.

    D. – La barriera sarà identica a quella appena completata lungo il confine con l’Egitto. Insomma, Israele sta letteralmente sigillando il proprio territorio. Non si rischia un isolamento non solo fisico? Si moltiplicano anche le critiche e le polemiche internazionali...

    R. – E’ un isolamento concettuale, questo modo di difendere il diritto di Israele all’esistenza, che è un modo quanto mai in sé fondato, ma è anche un modo ingannevole. Non dimentichiamo che sotto il muro costruito al confine con l’Egitto sono state, poi, scavate tante gallerie che hanno consentito, per esempio, ai palestinesi di armarsi quanto volevano durante i recenti scontri del mese scorso.

    D. – A proposito del confine con l’Egitto, ricordiamo che qui la barriera è lunga ben 230 km; un’opera imponente che non ha certamente risolto ad esempio il problema del Sinai, che negli ultimi due anni è divenuto un’area di forte destabilizzazione...

    R. – Mi pare che da parte israeliana si avverta in maniera forse ossessiva la pressione della jihad islamica, diffusa del resto in tutto il mondo arabo e che però, in questo modo, proprio con la costruzione di muri come quelle costruiti lungo il Sinai, lasci fuori controllo una serie di aree strategiche, come la penisola già citata del Sinai, che diventano così una sorta di area protetta per gli avversari d’Israele, più che per Israele.

    D. – Diciamo che ci sono polemiche forti e prese di posizione anche interne contro Nethanyau, da parte, per esempio, dell’ex capo dello Shin Bet, la sicurezza interna, Youval Diskin, che ha accusato il premier di essere vittima di “visioni messianiche”. Insomma, Nethanyau con questa politica rischia anche di avere forti correnti contro?

    R. – Sì, rischia questo, anche se a dir la verità tutto concorre a far aumentare la possibilità di essere eletto. Non dimentichiamo il fatto che la manifestazione organizzata da Hamas e Fatah, l’altro giorno, con la partecipazione di un milione di palestinesi, rappresenta una specie di sfida all’esistenza di Israele e quindi legittima le reazioni di Israele. Quindi, toglie un po' di peso alle accuse contro Nethanyau, che del resto hanno però fondamento etico, fondamento pratico, fondamento militare.

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    La Corte europea dei diritti umani condanna l’Italia per trattamento inumano dei detenuti

    ◊   La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per trattamento inumano e degradante di 7 carcerati detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza. Per la Corte, l'Italia viola i diritti dei detenuti tenendoli in celle dove hanno a disposizione meno di 3 metri quadrati. In tutto l'Italia dovrà pagare 100 mila euro per danni morali. La Corte, inoltre, invita l'Italia a porre rimedio immediatamente al sovraffollamento carcerario. Una sentenza purtroppo attesa, come conferma nell’intervista di Fausta Speranza, Luca Volonté, parlamentare dell’Assemblelea deliConsiglio d’Europa:

    R. – E’ una condanna che non sorprende assolutamente. Purtroppo la situazione del carcere è conosciuta non solo in Italia, da chi è in carcere ovviamente e dalla politica e dal volontariato, ma anche in Europa. Questa è una delle ragioni per cui qualche mese fa con molti colleg.aIbiamo presentato una richiesta di rapporto sulla situazione delle carceri in tutta Europa, Italia inclusa ovviamente, e il relatore di questo rapporto sarà un italiano, sarà l’ex sottosegretario alla giustizia, Luigi Vitali. Speriamo che, oltre a questa condanna, con questo lavoro che è iniziato da qualche mese, si possa arrivare ad una soluzione umana per le carceri in tutta Europa e anche in Italia, soprattutto.

    D. – Quale può essere, dunque, la pressione politica da parte dell’Europa dopo questa condanna che, chiaramente, ha un fortissimo significato?

    R. – Intanto, bisogna attuare la sentenza. L’Italia non potrà derubricare questa sentenza come se fosse uno dei tanti richiami senza senso. Non vale ovviamente solo per questo governo, ma è un giudizio sulla politica italiana degli ultimi 20 anni almci eno. Chiederanno degli interventi precisi e il nostro Paese dovrà adeguarsi – penso - nei prossimi mesi.

    D. – Ch aspetta da Roma nell’immediato?

    R. – Mi aspetto – e sono certo – che l’atteggiamento dell’attuale ministro di Grazia e Giustizia italiana non sarà un commpnto scontato sulla sentenza, ma sarà un’altrettanta dura presa di posizione e invito alle forze politiche, nel prossimo Parlamento, a fare il proprio dovere. Dopo tutto, non possiamo dimenticare che il provvedimento sulle pene alternative poteva essere trasformato in legge, invece per pigrizia e per cattiva volontà non è stato fatto. Non era la soluzione definiieducazioneoteva avvicinare ad una soluzioarcere più umano che – come dice la nostra Costituzione – consenta la redenzione.

    entare europeo cristian’ una gros,sissima sconfitta. Io sono stato il solo parlamentare italiano - fino alla prossima legislatura ovviamente – e da 16 anni ne abbiamo parlato tantissime volte. Uno spiraglio di attenzione fattiva, non solo teorica, si era isto subito dopo l’appello di Giovanni Paolo II nella sua visita alla Camera e al Senato della Repubblica. Purtroppo, dal quel momento in poi, si è punto di osservazionergomento per polemiche politiche elettorali piuttosto che per risolvere invece il problema reale.

    D. – Dall’Osservatorio di Strasburgo – lei è parlamentare del Consiglio d’Europa – qual è la situazione nel resto dei Paesi europei?

    R. – Il lavoro sta cominciando. Ci sono stati rapporti anche negli anni passati. Sullo stesso tema l’Osservatorio ci dice che la situazione è molto grave in alcuni Paesi, tra cui certamente, purtroppo, spicca l’Italia, è grave in un’altra decina di Paesi e decente o eccellente in un’altra ventina di Paesi. Quindi, in almeno più di una metà dei Paesi del Consiglio d’Europa, i carcerati vivono la propria pena come una condanna definitiva, senza nessuna possibilità di redenzione, anche in situazioni assolutamente inumane. Alcune di queste situazioni sono gravissime, come quella del nostro Paese, ed altre meno gravi. Ci sono situazioni anche diverse.

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    Ue: in aumento nel 2012 le esportazioni di armi

    ◊   In tempo di crisi economica, stride la relazione dell’Unione Europea di fine 2012 che evidenzia come, dopo un calo nei due anni precedenti, è tornata a salire l’esportazione delle armi. Mercati del commercio di materiale bellico soprattutto le aree di maggior tensione del pianeta come Medio Oriente e Asia. Per un commento su questo inquietante rapporto, dimenticato dai canali d’informazione mondiale, Giancarlo La Vella ha sentito don Renato Sacco di "Pax Christi", organizzazione promotrice di numerose campagne contro la diffusione delle armi:

    R. – Da quanto afferma la relazione, che purtroppo è rimasta un po' sotto traccia e sulla quale non è stata fatta grande pubblicità, risultano dati agghiaccianti: per esempio, che l’export delle armi europee è aumentato del 18% e ha superato il volume di 37 miliardi di euro. Quindi, è davvero tragico che, da una parte, si parli di vita, di difesa dei diritti e poi si punti a ristrutturare le proprie economie con il sangue che le armi fanno versare, perché le armi servono solo a far le guerre.

    D. – Quali speranze di successo possono avere le varie iniziative diplomatiche, per superare le varie crisi che ci sono nel mondo, se contemporaneamente si foraggiano con le armi le parti in conflitto?

    R. – Certo: come si fa a chiedere pace, se poi siamo noi i primi che abbiamo venduto armamenti anche ad Assad, a Gheddafi, a Saddam Hussein? Sono cifre pazzesche in tempo di crisi. Per questo credo sia bello ricordare il messaggio del Papa che dice: “Beati gli operatori di pace”. Quindi, noi dobbiamo operare per costruire la pace non la guerra. E’ urgente accogliere anche l’invito di Benedetto XVI di deporre le armi, ma se le dobbiamo deporre, prima di tutto, non dovremmo né costruirle, né venderle.

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    Giornata delle Migrazioni. Mons. Perego: lottare contro forme di violenza e prevaricazione

    ◊   “Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza” è il tema della Giornata mondiale delle Migrazioni 2013 che sarà celebrata domenica prossima 13 gennaio. Una questione che “evoca forti passioni e dibattiti”, ha sottolineato mons. Paolo Schiavon, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della "Fondazione Migrantes", presentando stamane alla stampa il programma della Giornata, organizzata quest’anno a Bari. Presenti alla conferenza stampa il direttore e anche il ministro della Salute del governo uscente, Renato Balduzzi. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore generale della "Fondazione Migrantes":

    D. - 215 milioni gli immigrati nel mondo, 42 milioni e 500 mila le persone costrette alla fuga nel 2011, di cui circa 15 milioni rifugiati ed oltre 26 milioni sfollati interni. In Italia sono più di 5 milioni, fra questi 1 milione di bambini, 650 mila nativi. Mons. Perego richiamando il tema della Giornata scelto da Benedetto XVI, l’idea di pellegrinaggio può lenire la sofferenza che l’essere migrante comunque comporta?

    R. - Certamente, chi si mette in cammino ha una speranza di migliorare la propria vita. Infatti, i 215 milioni di migranti nel mondo partono proprio perché desiderano cercare una migliore condizione di vita per sé e per le proprie famiglie; ma al tempo stesso, in questo viaggio, chiaramente la loro situazione cambia secondo le persone che incontrano. Il Papa ricorda come, tante volte in questo cammino di speranza, si incrociano disperazione, morte, violenza; pensiamo solo ai 2mila morti nel Mediterraneo, che sono avvenuti lo scorso anno. Quindi, giustamente, occorre coniugare strettamente questo tema della speranza, con il tema di una fede che diventa anche promozione dei diritti dell’uomo e dei diritti delle persone; lottando contro tutte quelle forme che, tante volte, nascono nel mondo dell’immigrazione, che sono le forme di violenza e di prevaricazione.

    D. - Nella società italiana, secondo lei, c’è abbastanza attenzione al tema dei diritti dei migranti, o piuttosto se ne parla troppo sovente sull’onda emotiva di fatti di cronaca?

    R. - Purtroppo è vero che, tante volte, il tema dell’immigrazione è un tema o ideologico o emergenziale; mentre, di fronte a un Paese - l’Italia - che ormai ha 1 persona su 10 che proviene da altri Paesi, da altri mondi, credo che sia importante cambiare il volto delle nostre città, anche cambiare il volto delle nostre chiese, perché si sia capaci di interpretare questa differenza che è presente e questa ricchezza strutturale del nostro Paese. Si pensi che, ad esempio - ormai dal 2009 - a Milano sono più i bambini nati da genitori stranieri, che da genitori italiani. Quindi, non solo sul piano demografico, non solo sul piano lavorativo, ma anche sul piano culturale e sociale, credo che la risorsa migratoria - come ricorda il Papa - sia un valore aggiunto per le nostre comunità.

    D. - Nell’Anno europeo della cittadinanza, questo è sicuramente un tema caldo per i migranti. Quali proposte della Chiesa italiana?

    R. - Riproponiamo ciò che avevamo sottolineato nell’agenda di Reggio Calabria, nella Settimana Sociale dei Cattolici Italiani: una modifica della legge sulla cittadinanza, perché passino da 10 a 5 anni i tempi di attesa per la richiesta, ma soprattutto che si ampli lo Ius soli, soprattutto per i 650mila bambini nati in Italia e che, a pieno titolo, sono persone che stanno crescendo nelle nostre scuole, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e devono essere riconosciuti come i nuovi italiani.

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    Vescovi Usa al Congresso: è tempo di approvare la riforma dell’immigrazione

    ◊   “Non più stranieri”: è questo il titolo della Settimana nazionale delle Migrazioni promossa dalla Chiesa degli Stati Uniti, in corso in questi giorni. L’evento avviene nel 10.mo anniversario della Lettera pastorale sulle migrazioni, firmata congiuntamente dai presuli statunitensi e messicani. L’iniziativa dei vescovi Usa ha, inoltre, quest’anno un particolare significato essendo all’ordine del giorno del Congresso la riforma dell’immigrazione, caldeggiata dal presidente Barack Obama. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Congresso approvi una riforma complessiva dell’immigrazione: è l’esortazione dei vescovi degli Stati Uniti, rafforzata in questa Settimana nazionale della migrazione che vede un impegno corale di tutte le diocesi del Paese. Nel documento per l’iniziativa, pubblicato in inglese e spagnolo, i vescovi invitano i cattolici a continuare a lavorare con i legislatori per una riforma che venga incontro ai bisogni dei migranti. I presuli criticano l’approccio solo restrittivo e di sicurezza che ha caratterizzato la politica degli Stati Uniti nei confronti degli immigrati negli ultimi 20 anni. Tale approccio, si legge nel documento per la Settimana, non ha funzionato. I vescovi chiedono, perciò, una riforma che offra un’opportunità agli immigrati illegali che vivono negli Usa di intraprendere un percorso di legalizzazione della loro presenza nel Paese. La Conferenza episcopale Usa chiede inoltre che si intenisfichino gli sforzi per riunire le famiglie migranti. Su questa riforma, caldeggiata dal presidente Obama, Susy Hodges ha intervistato Kevin Appleby, direttore dell'Ufficio Politiche per l'immigrazione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti:

    R. – We also have a certain focus, this week, on immigration reform…
    Questa settimana affrontiamo, in particolare, il tema della riforma dell’immigrazione, mentre anche il Congresso sta considerando di riformare la legge in materia, proprio all’inizio di quest’anno. Abbiamo indetto una campagna di cartoline di sensibilizzazione al Congresso e i fedeli delle nostre diocesi si incontreranno con i rappresentanti parlamentari per parlare con loro della riforma della legge sull’immigrazione.

    D. – Il presidente Obama non è riuscito a far passare questa legge durante il suo primo mandato. Quali sono, concretamente, le possibilità che questo possa accadere nel suo secondo mandato?

    R. – Actually, there is more support for the issue than there is for a lot of other…
    In questo momento, c’è più attenzione per questo argomento che per molti altri. Recentemente, abbiamo fatto un sondaggio tra i cattolici americani e il 60-70% è a favore di una riforma del sistema con quello che noi chiamiamo un “percorso verso la cittadinanza” per le persone senza documenti, in modo che ottengano una sorta di legittimità, uno stato legale e con esso una possibilità di acquisire la cittadinanza. Speriamo che quest’anno si concluda qualcosa. La domanda, ovviamente, è come questa riforma sarà congegnata e quanto, in definitiva, sappia essere “generosa”.

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    Mons. Lahham: in Giordania cristiani e arabi un cuore solo per i profughi siriani

    ◊   È in corso, in Medio Oriente, l’annuale pellegrinaggio dei vescovi europei e nordamericani, che portano la solidarietà delle loro Chiese ai cristiani di Terra Santa. Il gruppo ha sostato in Giordania, uno dei Paesi che sta impegnandosi a fondo, pur non disponendo di grandi risorse, nell’accoglienza dei profughi siriani. Impegno che coinvolge direttamente anche i circa 200 mila cristiani giordani, metà dei quali cattolici. L’inviata della Radio, Veronica Scarisbrick ne ha parlato con mons. Maroun Elias Lahham, vescovo di Amman, che spiega in che modo sia considerata la Chiesa locale dalla maggioranza musulmana:

    R. - It’s very respected, it has a big credit …
    Gode di alta considerazione e di grande credito in termini di assistenza sociale, di formazione umana e professionale. E’ risaputo che le nostre scuole parrocchiali esistevano anni prima delle scuole pubbliche in Giordania: ecco perché abbiamo una buona storia su cui poggiare le nostre basi.

    D. - In che modo l’ondata di rifugiati arrivati in Giordania, che ha una lunga storia di accoglienza per i rifugiati, colpisce le strutture della Chiesa cattolica sul posto?

    R. - Yes, we have a long history with refugees …
    Abbiamo una lunga storia con i rifugiati, iniziando dai rifugiati della Palestina, che sono qui da 60 anni. Poi, negli anni Settanta, sono venuti i profughi libanesi e, da 12 anni a questa parte, arrivano rifugiati iracheni, mentre ora abbiamo i rifugiati siriani. Voglio ricordare che la Giordania non può chiudere le sue frontiere, perché questi sono i nostri fratelli arabi che abbiamo il dovere di accogliere. Stiamo facendo del nostro meglio, ma bisogna anche ricordare che la Giordania è un Paese povero, che non ha mezzi strutturali per ricevere tutti questi rifugiati, soprattutto perché - come è noto – il nostro è il quarto Paese più povero al mondo per quanto riguarda l’acqua.

    D. - Questo crea un problema, perché i rifugiati usano l’acqua che sarebbe destinata alla popolazione giordana…

    R. – Yes, but when you love you have to share…
    Si, ma quando ami devi condividere.

    D. - C’è un forte senso di condivisione, qui, tra cristiani e musulmani…

    R. – Yes. And it’s not in terms of Christian values, …
    Sì, e non fondandolo su un valore cristiano, ma su valori arabi. Condividere, essere generosi, aperti, avere la porta aperta per il prossimo sono valori arabi e noi ne siamo fieri.

    D. - Condividere gli stessi interessi può essere una parte della soluzione, anziché il problema?

    R. – Yes. The main interests which we share with out brother muslims …
    Sì. I principali interessi che condividiamo con i nostri fratelli musulmani sono la pace e la sicurezza per la Giordania. Quando vediamo quello che sta succedendo in Siria ed in Iraq, preghiamo Dio onnipotente che ci dia calma, tranquillità e sicurezza.

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    Invecchiamento nel XXI sec. La Comunità di S. Egidio presenta il Rapporto con dati e priorità

    ◊   L’invecchiamento della popolazione caratterizza il XXI secolo e inciderà sempre più sui cambiamenti demografici mondiali. Occorre riconoscerne l’inevitabilità e prepararsi a tutti i livelli, per rispondere a questa sfida trasformandola in opportunità. E’ quanto propone il Rapporto ”Invecchiare nel XXI secolo: un traguardo e una sfida”, presentato ieri dalla Comunità di Sant’Egidio e pubblicato dal Fondo Onu per la Popolazione e dall’Ong HelpAge International. C’era per noi Gabriella Ceraso:

    Nel mondo, ogni secondo ci sono due sessantenni in più. Saranno un miliardo tra dieci anni, il doppio – donne in testa – entro il 2050. Quattro su cinque vivranno nei Paesi in via di sviluppo con un’aspettativa di vita che oscillerà tra i 74 e gli 83 anni. La longevità, dunque, è in aumento in tutto il mondo, dice il Rapporto ed è un successo: significa migliore alimentazione, igiene, progressi medici e dell’istruzione. Ma è anche un vantaggio, data l’incredibile produttività tra gli ultrasessantenni. Giuseppe Liotta, della Comunità di Sant’Egidio:

    “Sono tanti gli anziani che sostengono la nostra struttura sociale nei Paesi occidentali e anche nei Paesi in via di sviluppo: è vero in Africa, è vero in Asia… In Africa, c’è un’intera generazione di adulti che manca a causa dell’Aids. Quindi, gli anziani sono una risorsa in termini di umanità, in termini di gratuità, in termini di sostegno alle famiglie”.

    E la longevità può trasformarsi in un’opportunità globale, a patto che si adottino soluzioni positive, misure ad hoc, come è successo negli ultimi dieci anni in alcuni Paesi del mondo. Lo spiega Silvia Stefanoni, vicepresidente di "HelpAge International":

    “Quelle misure in cui si dà l’opportunità al gruppo stesso di anziani di decidere quali siano i servizi di cui hanno bisogno, per esempio negli Stati Uniti. In Asia, poi, ci sono organizzazioni di anziani che costruiscono reti di aiuto domiciliare, o si occupano di organizzare attività economiche: questo fa sì che l’anziano che non ha accesso a risorse economiche possa produrre e continuare a svolgere piccoli lavori, soprattutto agricoli, vicino a casa”.

    Ma l’invecchiamento presenta anche delle sfide, e molto ancora resta da fare. Il Rapporto invita in tal senso, a considerare nuovi approcci alla strutturazione della società, del lavoro, dei rapporti intergenerazionali, sostenuti da un impegno politico forte e da una solida base di conoscenza dei dati. Le priorità a cui rispondere emergono dalle 1.300 voci degli anziani di tutto il mondo raccolte nel Rapporto: il 53% di loro non riesce a pagare i servizi di base, il 34% non riesce a curarsi, il 43% teme violenze. Occorre dunque più sicurezza, occorrono cure accessibili e adatte, soprattutto a domicilio, spiega Sant’Egidio. E poi, garanzie per quanto riguarda il reddito: solo un terzo dei Paesi al mondo ha un sistema di protezione sociale completo. Ancora Silvia Stefanoni:

    “Anche i Paesi più poveri - come il Nepal, la Bolivia, il Lesotho - hanno introdotto una pensione sociale. Ora, la pensione sociale in Italia esiste, ma nel mondo gli anziani che vi hanno accesso sono uno su cinque, e in realtà questa non risolve il problema economico degli anziani. Però fa sì, per esempio, che nelle famiglie più povere l’anziano venga tenuto in casa oppure l’anziano che si occupa dei bambini ha spesso investito questa piccola pensione nell’acquisto dell’uniforme scolastica, dei libri… Una pensione dà anche la possibilità di muoversi, di poter essere più partecipi”.

    Se a questo si aggiunge il sostegno alle famiglie e alle comunità e l’integrazione dell’invecchiamento nei programmi di sviluppo, si avrà una svolta in quello che è considerato un fenomeno naturale e del tutto inevitabile.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq: a Mosul uccisa un'insegnante cristiana. In città torna la paura

    ◊   La polizia di Mosul, nel nord dell'Iraq, ha rinvenuto il cadavere di una donna cristiana sgozzata. La macabra scoperta è avvenuta oggi, in un'area dove la minoranza religiosa da tempo è vittima di violenze e omicidi mirati, come avvenuto in passato con le uccisioni del vescovo mons. Faraj Rahho (nel contesto di un sequestro) e di padre Ragheed Ganni. Fonti dell'agenzia AsiaNews in città confermano la morte della donna, Shdha Elias, una insegnante caldea di 54 anni. "Lavorava come insegnante - precisa la fonte - in una scuola del quartiere di al Bath, anche se abitava nel quartiere di bar Nirgal, vicino all'università". Anche questa donna "si aggiunge alla lunga lista dei martiri cristiani di Mosul". Tuttavia, non solo nel nord ma in tutto l'Iraq emerge sempre più "una tensione fortissima tra sunniti e sciiti" e, all'orizzonte, "non si intravedono soluzioni di pace e una vera riconciliazione nazionale". Mosul è una roccaforte del fondamentalismo sunnita wahabita, che ha intrecciato stretti legami con l'Arabia Saudita. Esperti di politica irakena spiegano che l'obiettivo è quello di "formare uno Stato in cui vige la Sharia", con il Corano e la sunna come riferimenti legislativi e "l'islam quale unica religione di Stato". E ai fedeli di altre religioni non rimane altra scelta che convertirsi, oppure fuggire dal Paese o pagare la tassa imposta ai non musulmani. Da tempo la comunità cristiana nel nord dell'Iraq è vittima di uccisioni mirate, rapimenti a scopo estorsivo e di una guerra incrociata fra arabi, turcomanni e curdi per la conquista del potere e il controllo degli enormi giacimenti petroliferi racchiusi nel sottosuolo. In un decennio, le stime parlano di una minoranza "più che dimezzata" in seguito all'esodo "biblico" causato dagli omicidi in serie. Una personalità cristiana del governatorato di Mosul, che chiede l'anonimato per sicurezza, conferma che in città "tante famiglie cristiane" sono fuggite. "Hanno perso la fiducia in tutto - aggiunge la fonte - e il governo è incapace di fare qualsiasi cosa per proteggerli. Quale futuro si prospetta per i non musulmani, in questi Paesi in cui domina la logica della violenza!". (R.P.)

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    Rapporto Ue sull’occupazione: la situazione peggiora, rischio di esclusione sociale

    ◊   La crisi economica che ha colpito l’Unione Europea ha “drammaticamente aumentato i rischi di esclusione sociale di lungo periodo” e i dati sull’occupazione diffusi dall’Eurostat lo confermano. E’ l’allarme lanciato dal commissario Ue agli affari sociali Lazslo Andor a Bruxelles in occasione della presentazione dell’annuale ”Employment and Social Developments in Europe Review”, il rapporto sull’occupazione e gli sviluppi sociali. Un pericolo giustificato dalle cifre: nel 2012 la disoccupazione nell’eurozona è arrivata all’11,8% con una stima di diciannove milioni di persone senza lavoro, due milioni in più rispetto al novembre 2011. Un “trend preoccupante” che si è imposto in maniera “divergente” tra il nord e il sud del gruppo euro (una differenza che nel 2000 era del 3,5% ora tocca quota 7,5 punti percentuali). Italia, Grecia, Spagna, Malta e Paesi Baltici sono i Paesi più a rischio, in cui potrebbe crearsi una “massiccia trappola della povertà” da cui risulterebbe difficile uscire. Per questi Paesi, Bruxelles ha dichiarato che “la situazione sta peggiorando dato che le prospettive attuali sono cupe”. Il rapporto mette in luce la necessità urgente di costruire “meccanismi di stabilizzazione macroeconomica più efficaci”, evitando di continuare a tagliare il costo del lavoro che “rischia di alimentare questa spirale di impoverimento”. La situazione è di poco migliore prendendo in considerazione l’Ue-27: sarebbero circa in 26 milioni senza occupazione, il 10,8% (dato anche questo in aumento). Nel documento viene evidenziato che a essere colpiti maggiormente rimangono i giovani e le famiglie: in Spagna e in Grecia la disoccupazione giovanile ha raggiunto quasi il 57%, mentre in due terzi dei paesi dell’Ue si assiste a un crollo delle disponibilità reali nel potere di acquisto delle famiglie. In un solo mese (da ottobre a novembre 2012) il tasso di disoccupazione giovanile medio nell’Unione Europea è cresciuto dello 0,3% attestandosi al 23,7%. Ciò significa che al momento è senza lavoro quasi un giovane europeo su quattro. Il commissario Ue Andor ha chiuso il discorso affermando: "E' improbabile che l'Europa vedrà molti miglioramenti socioeconomici nel 2013, a meno che non faccia maggiori progressi anche nella risoluzione credibile della crisi, trovi risorse per gli investimenti necessari e faccia funzionare l'economia reale". (L.P.)

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    Centrafrica: a Libreville slitta l'apertura dei negoziati di pace

    ◊   Per motivi ‘tecnici’ è stata rinviata di qualche giorno, tra il 9 e al massimo l’11 gennaio, l’apertura dei negoziati di Libreville inizialmente prevista per ieri: lo ha annunciato il presidente congolese Denis Sassou Nguesso, mediatore della Comunità dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac). “Dobbiamo lavorare instancabilmente al consolidamento della pace in Centrafrica, portando il governo e la ribellione sulla strada del dialogo” ha dichiarato Nguesso dopo un breve incontro avuto nella capitale gabonese con il suo omologo centrafricano François Bozizé. “Chiediamo alla comunità internazionale di sostenere l’iniziativa dell’Africa centrale per riportare tutta la stabilità necessaria allo sviluppo di questo Paese fratello” ha aggiunto il capo di stato congolese, ribadendo che “la soluzione militare non è quella giusta”. Nei giorni scorsi più di 750 soldati della forza di interposizione dell’Africa centrale (Fomac) sono stati dispiegati a Damara – 75 chilometri a nord di Bangui – ancora in mano alle truppe governative e decretata dalla Ceeac “linea rossa da non superare”. I soldati inviati dai Paesi vicini hanno come missione di arginare l’avanzata della coalizione ribelle del Seleka e monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra i contendenti. Dal canto suo Bozizé, di cui la ribellione continua a chiedere le dimissioni, ha semplicemente dichiarato che la “Repubblica Centrafricana sta vivendo momenti difficili a causa dell’aggressione di elementi esterni chiamati Seleka”. Per Bozizé – arrivato al potere nel 2003 con un colpo di stato – si tratta di “mercenari venuti per aggredire le quiete popolazioni centrafricane”. Ha poi ribadito la sua fiducia “nei padri dell’Africa centrale che ascolteranno gli uni e gli altri e vedremo cosa verrà fuori da questo dialogo”. Mentre il presidente centrafricano è ripartito per Bangui, a Libreville è atterrato un aereo con a bordo la delegazione dei ribelli, guidata dal capo del Seleka, Michel Djotodia. Il velivolo fornito dalle Nazioni Unite è partito da Bria, capoluogo settentrionale controllato dalla ribellione, e ha fatto scalo a N’Djamena. L’aereo che doveva partire da Bangui per trasportare verso Libreville la delegazione governativa e quella dell’opposizione democratica non è invece potuto decollare a causa di avverse condizioni meteorologiche. Nel pomeriggio nella capitale gabonese dovrebbe tenersi una riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi dell’Africa centrale mentre domani è previsto un incontro del Comitato di monitoraggio dell’Accordo di pace globale – firmato nel 2008 sempre a Libreville tra il governo centrafricano e diversi gruppi ribelli – presieduto proprio dal Congo. Giovedì sarà la volta dei Capi di Stato dell’organismo regionale che dovrebbero valutare possibili soluzioni alla crisi centrafricana riaccesasi lo scorso 10 dicembre con l’avvio di un’offensiva del Seleka che contesta il potere di Bozizé e la mancata attuazione dei precedenti accordi di pace. La situazione instabile in Centrafrica sta avendo le prime ripercussioni nei Paesi confinanti. L’emittente della Repubblica Democratica del Congo ‘Radio Okapi’ ha riferito dell’arrivo in due giorni di 300 rifugiati centrafricani a Mobayi Mbongo, nella provincia dell’Equateur (nord-ovest). Ma in tutto, secondo le autorità locali, da quando i ribelli del Seleka hanno preso il controllo di Bambari e Sibut, tra 2000 e 2500 civili hanno attraversato il fiume Ubangi per rifugiarsi in territorio congolese, dove per ora sono stati accolti in famiglia. Inoltre 250 cittadini congolesi residenti a Bangui, la capitale, avrebbero deciso di fare ritorno in patria. La stessa fonte radiofonica ha annunciato che il dispositivo di sicurezza è stato rafforzato nella terza regione militare tra Yaloma e Zongo, lungo il confine col Centrafrica, per evitare che il territorio congolese possa servire da retrovia al Seleka. (R.P.)

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    Mali: ribelli spingono verso sud. Accuse all'ex premier

    ◊   Fonti di stampa maliane e l’agenzia mauritana ‘Sahara Media’ hanno riferito di scontri all’arma pesante tra soldati di Bamako e ribelli di Ansar Al Din nella regione meridionale di Mopti. I combattimenti - riferisce l'agenzia Misna - sarebbero cominciati ieri pomeriggio nei pressi di Kona, 30 chilometri a est di Mopti, e del villaggio di Gnimigama (o Nimignama) dov’è stata segnalata una presenza significativa di jihadisti, miliziani armati legati a vari gruppi islamici. Finora non è stato diffuso alcun bilancio di vittime e il governo maliano non si è ancora pronunciato sull’accaduto. Se venissero confermati, i combattimenti delle ultime ore costituirebbero il primo scontro diretto tra esercito e ribellione dallo scorso aprile. Il quotidiano locale ‘Le Républicain’ ha precisato che a Kona le forze armate maliane avrebbero già rafforzato il proprio dispositivo di sicurezza e sarebbero riuscite a respingere “senza difficoltà” gli elementi di Ansar Al Din. Nei giorni scorsi testimoni locali avevano espresso “preoccupazione” per “l’avanzata” dei ribelli di Ansar Al Din, Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) e del Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao), accampati nel villaggio di Bambara Maoudé. Partiti dai capoluoghi settentrionali di Gao e Timbuctù, controllati da più di otto mesi, gli uomini pesantemente armati starebbero progredendo verso le regioni centro-meridionali. Del resto, in un comunicato pubblicato venerdì, la direzione di Ansar Al Din annunciava la rottura della tregua osservata da diversi mesi e accusava Bamako di “reclutare mercenari” e “mobilitare, su base razziale, migliaia di miliziani lungo la linea del fronte per schiacciare le popolazioni del Nord”. Il sito del ‘Journal du Mali’ ha ricordato che dall’inizio del mese colonne di veicoli e movimenti sospetti di uomini armati sono stati segnalati in diverse località del centro, tra cui Ngouma, attorno al lago Gnagagne fino a Boré, a una quarantina di chilometri dalle posizioni controllate dalle truppe governative. Secondo la stessa fonte i ribelli potrebbero ora puntare su Sévaré, centro di addestramento delle truppe maliane a 15 chilometri da Mopti. L’ex capo della giunta militare responsabile del colpo di stato del 22 marzo, il capitano Sanogo, avrebbe già inviato rinforzi per arginare la progressione degli insorti. E’ proprio a Sévaré che dovrebbero arrivare in tempi brevi 400 addestratori militari europei incaricati della formazione dei soldati di Bamako, sotto la responsabilità del generale francese Lecointre. Inoltre nella stessa zona sono stati segnalati scontri tra tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e affiliati al gruppo Ganda Izo, una milizia locale di autodifesa che intende partecipare a un’eventuale futura offensiva per liberare il nord del paese. Dichiarazioni dure e presunta ripresa degli scontri sul terreno sono state interpretate da osservatori come un tentativo degli islamici di esercitare forti pressioni sul governo di transizione a pochi giorni di un secondo round di colloqui diretti con le autorità maliane. Il 10 gennaio a Ouagadougou il presidente burkinabe Blaise Compaoré medierà a nome della Cedeao (Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale) tra le delegazioni di Ansar Al Din, dell’Mnla e dell’esecutivo di transizione guidato da Diango Cissoko. Intanto il capo del governo maliano sta proseguendo il suo tour diplomatico in Africa occidentale. A Conakry, il presidente Alpha Condé ha assicurato al Mali il pieno sostegno della Guinea per “combattere le forze terroristiche, liberare il vostro Paese e ristabilire uno Stato laico”. A Bamako è invece finito al centro della cronaca l’ex primo ministro ad interim, Cheick Modibo Diarra, costretto il mese scorso dalla giunta golpista a rassegnare le dimissioni. Ha scelto la pagina Facebook del quotidiano ‘Info Matin’ per respingere le pesanti accuse dei suoi detrattori, quelle di appropriazione indebita di sei miliardi di franchi Cfa di aiuti destinati agli sfollati del nord. I fondi in questione sarebbero stati versati da Regno Unito, Marocco e Algeria. (R.P.)

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    Russia: messaggio del Patriarca russo Kirill per il Natale ortodosso

    ◊   Nonostante tutte le campagne contro di essa, la Chiesa ortodossa russa è determinata a vivere la sua missione, non rimanendo "in silenzio di fronte al peccato, all'illegalità e all'ingiustizia". È quanto afferma Kirill, patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie in un'intervista ad Interfax - ripresa dall'agenzia AsiaNews - alla vigilia del Natale ortodosso, che si è celebrato ieri. "Tutta la nostra comunità, il clero e i laici attivi non hanno alcuna intenzione di gettare il guanto e fermare il nostro lavoro per promuovere valori morali e principi evangelici nella vita del nostro popolo. Non abbiamo alcuna intenzione di fermare il nostro lavoro missionario, la predicazione e le attività pubbliche". "Si vorrebbe vedere la nostra Chiesa in silenzio di fronte al peccato, all'illegalità e all'ingiustizia. Si vorrebbe che essa non appaia molto - non perseguitata, non bandita, non esiliata. O la si vuol vedere solo come folklore, un ornamento esotico della vita popolare, ma senza una reale influenza sulle menti e sui cuori della gente". Secondo il patriarca "la nostra società è divenuta più sensibile alla parola di Cristo" e per questo ci sono persone e gruppi che cercando di contrastare la Chiesa. Nel suo messaggio di Natale, guardando al 2012, Kirill ringrazia Dio "per la sua grande e ricca misericordia e per le afflizioni che egli ha permesso noi sopportassimo. Lungo la sua intera storia la Chiesa non ha mai conosciuto lunghi periodi di benessere: dopo periodi di pace e tranquillità ci sono stati inevitabili tempi di discordi e tribolazioni. Eppure in tutte le circostanze la Chiesa ha proclamato la verità di Dio, in parole ed opere; essa la proclama oggi testimoniando che una società fondata sui principi del profitto, del caos morale, della libertà illimitata, del disdegno per le verità eterne e il rifiuto dell'autorità, è una società moralmente malata e minacciata da molti pericoli". Domenica notte, il patriarca ha officiato la Divina liturgia nella cattedrale moscovita del Cristo Salvatore. Fra i fedeli vi era il primo ministro Dimitri Medvedev e sua moglie Svetlana. Putin, invece, ha partecipato a una liturgia ieri mattina presto, nella città di Sochi, sul Mar Nero. Nel 2013 la Chiesa ortodossa russa celebrerà il 1025mo anniversario del battesimo del principe Vladimir, che ha portato al "battesimo della Rus", "L'accettazione della fede cristiana - ha ricordato Kirill nel suo Messaggio - è stata l'inizio di una nuova era nella vita della nostra nazione". (R.P.)

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    Siria. L’arcivescovo Nassar: “A Damasco profughi palestinesi costretti all'esodo”

    ◊   In questi giorni del tempo di Natale “non è insolito vedere famiglie palestinesi aggirarsi per le strade di Damasco. Genitori con in braccio i bambini, seguiti da altri figli più grandi che si portano dietro pacchi e bagagli. Lacrime negli occhi delle donne, rabbia negli occhi degli uomini, tristezza negli occhi dei bambini”. In un messaggio inviato all'agenzia Fides, l'arcivescovo di Damasco dei maroniti, mons. Samir Nassar, delinea il doppio dramma dei profughi palestinesi travolti dalla guerra civile siriana, paragonando il loro penoso vagare a quello vissuto da Gesù, Giuseppe e Maria. “Migliaia di palestinesi - riferisce l'arcivescovo - hanno dovuto lasciare i campi nei quali vivevano dal 1948”. Alcuni cercano di raggiungere il Libano. Ma per la gran parte, il secondo esodo si trasforma presto nell'angosciosa ricerca di un qualsiasi rifugio di emergenza nei centri urbani, a partire da Damasco. Nella desolazione del momento, l'arcivescovo Nassar descrive con commossa gratitudine l'arrivo nella capitale siriana del nuovo patriarca greco ortodosso, Yohanna X Yazigi: “in un tempo in cui tutti stanno lasciando la città, il nuovo patriarca greco ortodosso Yohanna X è arrivato a Damasco il 20 dicembre scorso, giorno della festa di Sant'Ignazio di Antiochia, del quale lui è successore... I suoni delle campane si mischiavano con le esplosioni dei bombardamenti”. In mezzo a segni così contraddittori, il patriarca – fa notare mons. Nassar “è accorso per essere in mezzo al suo popolo che vive nel tumulto da 22 mesi, per confermare la loro fede, la loro missione, la loro identità e testimonianza, invitando nel tempo di Natale tutti al perdono, alla riconciliazione e al dialogo, unici strumenti di pace in un Paese straziato dalla violenza”. (R.P.)

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    Libia. Mons. Martinelli: Natale in serenità per i copti ortodossi

    ◊   "I copti ortodossi in Libia hanno festeggiato il loro Natale in serenità. L'attacco di fine dicembre contro la chiesa di S. Giorgio a Dafniya è il primo contro i cristiani in Libia. Esso è però un caso isolato, che va letto alla luce dell'instabilità sociale e politica che sta attraversando il Paese". E' quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, che lo scorso 6 gennaio ha fatto visita alla comunità copta-ortodossa di Tripoli, portando gli auguri della Chiesa cattolica per il Natale ortodosso che si è festeggiato ieri. Lo scorso 30 dicembre un gruppo di ignoti ha attaccato la chiesa copta ortodossa di San Giorgio a Dafniya nella provincia di Misurata. Nell'esplosione due persone di nazionalità egiziana hanno perso la vita. Altre due sono rimaste ferite. L'attentato è avvenuto poco dopo la fine della messa. Il gruppo di assalitori ha atteso l'uscita dei fedeli, che sono stati bersagliati con delle granate. Timothy Beshara, sacerdote della Chiesa copta-ortodossa libica, racconta che l'edificio ha subito gravi danni, in particolare il refettorio che è ormai un cumulo di macerie. All'inizio il caso è stato liquidato come un semplice "incidente", ma su pressione delle autorità egiziane, il governo di Tripoli ha subito avviato le indagini per arrestare i colpevoli e smorzare le voci di un possibile aumento del fondamentalismo islamico contro i cristiani. Per mons. Martinelli "i cristiani devono anzitutto chiedere protezione alle autorità libiche - sottolinea il prelato - aiutando questo nuovo Paese a crescere". Secondo il prelato il fondamentalismo islamico vi è sempre stato in Libia, ma ora la forza degli islamisti si sta sgonfiando. Sotto il regime di Gheddafi lavoravano in Libia circa 1,5 milioni di egiziani. Per anni essi erano il secondo gruppo etnico più numeroso dopo gli stessi libici. Con l'inizio della guerra civile oltre la metà dei migranti ha fatto ritorno in patria, ma in molti sono ritornati dopo la caduta del rais. Fra essi diverse migliaia sono cristiani copti ortodossi, che insieme a cattolici e protestanti compongono la piccola comunità cristiana locale, che rappresenta circa il 3% della popolazione. La città costiera di Dafniya è situata a circa 30 km a ovest di Misurata. L'area è ancora controllata da contingenti ribelli armati ed è l'unica ad avere ancora posti di blocco in mano ai miliziani. A Misurata, Bengasi e Derna sono attivi diverse cellule estremiste islamiche dove militano anche guerriglieri provenienti da altri Paesi arabi. Lo scorso 11 settembre un gruppo di estremisti vicini ad al-Qaeda ha assaltato con armi pesanti il consolato statunitense di Bengasi, uccidendo l'ambasciatore Usa a Tripoli Christopher Stevens e tre persone del suo staff. (R.P.)

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    India: la Chiesa invita i leader religiosi a smuovere le coscienze contro lo stupro

    ◊   “I leader religiosi, di tutte le comunità, devono svolgere un ruolo importante nel risvegliare la coscienza delle persone, nella società, contro lo stupro. Sono chiamati a lavorare per migliorare la dignità della donna nella società. E soprattutto per risvegliare il senso di uguaglianza fra uomini e donne, le pari opportunità e la parità di ruolo nella famiglia e nella società”. Con tali parole, espresse all’agenzia Fides, padre Anand Muttungal, sacerdote cattolico, portavoce della Conferenza episcopale degli Stati di Madhya Pradesh e Chattisgarh, in India Centrale, risponde al guru induista Asaram Bapu, il quale ha sostenuto pubblicamente la “colpa” della giovane studentessa stuprata e morta il 29 dicembre scorso in seguito a percosse e violenza sessuale. Padre Muttungal, anche coordinatore locale della Commissione nazionale per le Minoranze in Madhya Pradesh, ricorda che, secondo i dati del “National Crime Records Bureau”, in India ogni 22 minuti avviene uno stupro e questo dato tiene conto solo dei casi segnalati alla polizia. Per fermare il fenomeno dello stupro, prosegue, “occorre uno sforzo comune di tutte le istituzioni nella società indiana, soprattutto per risvegliare le coscienze”. Padre Muttungal spiega a Fides: “Il caso della giovane ‘Amanat’ (così chiamata con un termine urdu che significa “tesoro”) ha portato una nazione intera a chiedere giustizia per le vittime dei casi di stupro. Si potrebbe creare un forum per unire uomini e donne che diventino attivisti per sensibilizzare a livello sociale, capillarmente, contro lo stupro, offrendo assistenza alle vittime. Anche i genitori, nelle famiglie, dovranno assumere un ruolo attivo nell'educazione dei figli, insegnando il rispetto verso le ragazze. Deve diventare parte integrante del curriculum scolastico insegnare come può crescere un sano rapporto tra ragazze e ragazzi, e questo può essere anche un programma di educazione familiare. Inoltre le istituzioni devono promuovere specifici programmi per incoraggiare gli uomini a promuovere l’uguaglianza e la pari dignità della donna nella società. Insieme con la promozione di buone relazioni tra donne e uomini – prosegue – abbiamo anche bisogno di leggi severe per far fronte a casi di violenza sessuale e a violazioni dei diritti delle donne. Sono sempre necessarie leggi per punire i colpevoli e quanti cercano di proteggere i colpevoli”. Rispondendo al guru che aveva giustificato gli stupratori, il sacerdote aggiunge: “Mentre un assassino distrugge la struttura fisica della vittima, uno stupratore degrada e contamina l'anima di una donna indifesa. Quanti consapevolmente coprono o giustificano gli autori del reato devono anch’essi rispondere alla legge. Tutti i nostri sforzi devono mirare a rendere la nazione un posto migliore dove uomini e donne vivano con rispetto”. (R.P.)

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    India. I cristiani: "no" a pena di morte e castrazione chimica per gli stupratori

    ◊   “No” alla pena di morte e alla castrazione chimica per gli stupratori: è quanto chiedono i gruppi laicali cattolici indiani intervenendo nel dibattito sulla nuova legge per prevenire e punire il reato di stupro, all’esame del governo indiano. Una nuova legge per il reato di stupro – in India poco considerato per una cultura ancestrale che nega la dignità alla donna – è nell’agenda dell’esecutivo, dopo il clamoroso caso di una ragazza di 23 anni, violentata e malmenata da un gruppo di cinque giovani a Delhi, il 16 dicembre scorso, e poi morta il 29 dicembre. L’episodio ha destato sconcerto sul piano internazionale, riportando a galla la annosa questione della tutela della dignità della donna in India, tema da sempre caro ai cristiani. In una nota inviata all’agenzia Fides, il “Catholic Secular Forum” (Csf), movimento laicale cattolico con sede a Mumbai, a capo di una piattaforma di altre associazioni cristiane, ricorda che “la pena di morte e la castrazione chimica non sono parte della posizione della Chiesa”. In un memorandum inviato al governo indiano, i movimenti cristiani esortano l’esecutivo a rendere obbligatoria l'educazione sessuale nelle scuole pubbliche, di ogni ordine e grado, per evitare l’insorgere di comportamenti sessualmente deviati nei giovani. Per far calare il reato di stupro, “occorre cambiare la mentalità degli studenti durante gli anni della formazione”, nota e “porre l'accento sulle pari dignità fra uomo-donna”. In materia di prevenzione, si domanda uno sforzo anche alle Chiese cristiane, notando l’urgenza di “una educazione alla sessualità, al rispetto della corporeità come dono di Dio, al rispetto verso le bambine, sin dai primi anni del catechismo, e per gli alunni delle scuole cristiane”. I movimenti laicali hanno inviato una lettera alla Conferenza episcopale dell’India segnalando un programma educativo già messo in atto dall’arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly, della Chiesa siro-malabarese, in Kerala, chiedendo che venga esteso a tutte le diocesi. Si tratta del programma di educazione sessuale “Enlight”, rivolto ai preadolescenti e adolescenti che frequentano le classi di catechismo, a partire dai 10 anni di età. “E’ necessario farlo, visto l’aumento dei casi di abusi sessuali, stupri e delitti contro le donne nella società indiana”, nota il Csf, affermando la necessità di educare i bambini su tali temi “soprattutto alla luce di internet e dei resoconti diffusi dai mass-media”. Tale impegno potrebbe avere un impatto perché esistono 15mila fra scuole e istituti educativi gestiti solo dalla Chiesa cattolica nel Paese, in circa 200 diocesi. Come riferito a Fides dalla Chiesa locale, il programma educativo “Enlight” si avvale di uno staff di psicologi e consulenti cristiani. Questi, con supporti audiovisivi, introducono i bambini alla visione cristiana della sessualità e del corpo umano, ai cambiamenti biologici nel corpo di un adolescente durante la pubertà, all’attrazione sessuale uomo-donna. Un segmento specifico si occupa, poi, dei rischi e delle trappole dei social network, delle chat e dei telefoni cellulari. Come appreso da Fides, i bambini che lo hanno seguito, “risultavano confusi su concetti come omosessualità, matrimoni gay, sesso prima del matrimonio, contraccezione, aborto, incesto e stupro”. Il fine ultimo del programma è spiegare che la sessualità è un dono di Dio. (R.P.)

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    Cina. La morte di mons. Chen Shizhong: ai lavori forzati aveva perdonato i propri nemici

    ◊   Il 16 dicembre scorso è deceduto mons. Giovanni Chen Shizhong, vescovo della diocesi di Yibin (Suifu), nella provincia di Sichuan (Cina Continentale). Lo rende noto oggi l'agenzia Fides. Il presule aveva 95 anni. Era nato nel 1917 da una famiglia cattolica. A dieci anni aveva cominciato il suo percorso vocazionale nel seminario minore di Yibin, proseguendolo con la formazione filosofica e teologica presso il seminario dell’Annunciazione. Nel 1947 era stato ordinato sacerdote e aveva lavorato come parroco. Negli anni ’50 e durante la Rivoluzione Culturale era stato dapprima imprigionato e poi condannato ai lavori forzati come contadino. Al riguardo, alcuni mesi fa egli confidava a un fedele che in quella dura esperienza aveva ricevuto il dono di perdonare i propri nemici. Nel 1985 venne consacrato vescovo e nel 1988 fu nominato rettore del seminario regionale del Sichuan, incarico che lasciò l’anno successivo per motivi di salute. Tornato alla guida della diocesi di Yibin, vi è rimasto per più di vent’anni. Il 30 novembre 2011, seriamente malato, ha consacrato il rev. Pietro Luo Xuegang come coadiutore per la sede di Yibin. Mons. Giovanni Chen Shizhong, ultimo anziano vescovo del Sichuan, è ricordato per l’opera di formazione di sacerdoti e di religiose. Grazie a lui, negli anni ’80 e ’90 le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata ripresero in tutta la Provincia. Dalle sue mani hanno ricevuto l’ordine sacro oltre 30 presbiteri, garantendo così la sopravvivenza e lo sviluppo della Chiesa in una regione, che fu caratterizzata da un duro maoismo e nella quale le asprezze e le persecuzioni della Rivoluzione Culturale hanno fortemente segnato la società e la vita della Chiesa stessa. I funerali di mons. Chen, celebrati il 18 dicembre nella cattedrale di Yibin, sono stati presieduti da mons. Luo Xuegang. Ha concelebrato anche mons. Paolo He Zeqing, vescovo di Wanxian. Alla Santa Messa erano presenti i sacerdoti, le religiose e molti fedeli della diocesi. La salma di mons. Chen è stata poi tumulata nel cimitero cattolico, vicino al seminario diocesano. La diocesi di Yibin conta 9 sacerdoti, 7 religiose e 40.000 cattolici. (R.P.)

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    Cina: scetticismo della società civile sull'eliminazione dei campi di lavoro

    ◊   La riforma del sistema dei lavori forzati in Cina, annunciata, ma non confermata da un dirigente di alto livello, ha scatenato il dibattito fra coloro che operano per i diritti umani nel Paese. Nell'ambito del suo nuovo afflato riformista, il governo cinese ha fatto trapelare l'intenzione di mettere fine ai campi di lavoro forzato, in particolare ai laojiao ("riforma attraverso il lavoro"), a cui spesso sono condannati cristiani, membri della Falun Gong e persone responsabili di piccoli crimini. In un incontro chiuso al pubblico, che si è svolto ieri, Meng Jianzhu, segretario del Comitato per gli affari politici e legali del Partito comunista cinese, ha dichiarato che in questo anno la Cina fermerà la pratica della "rieducazione attraverso il lavoro". Oggi i media ufficiali e le fonti che sono state interpellate sulla questione - riferisce l'agenzia AsiaNews - mandano segnali discordanti. Anche se un dirigente presente all'incontro conferma quanto scritto dai media di Hong Kong, un articolo della Xinhua sulla conferenza scrive che le autorità sono impegnate a "riformare" il sistema, mentre altri analisti sottolineano che Meng ha parlato di "fermare" e non di "abolire" il sistema dei laojiao. Anche gli attivisti e gli avvocati per i diritti umani presenti nel Paese hanno alcune riserve. Maya Wang, ricercatrice presso Human Rights Watch, dice: "Di certo l'annuncio è un passo positivo in sé, ma siamo ancora molto lontani dal capire cosa ci riserva il futuro. Il governo intende fare dei cambiamenti puramente estetici al sistema, dandogli un altro nome? Se non viene abolito del tutto, il sistema ne creerà un altro e non si farà nulla per fermare gli abusi quotidiani". Per il China Human Rights Defender il sistema dei laojiao è uno strumento molto conveniente per la polizia, che lo utilizza per trattenere sotto la propria custodia persino coloro che sono stati prosciolti dai tribunali legali. Per il gruppo, uno dei più attivi nel campo della difesa dei diritti umani in Cina, il laojiao è "un covo di ingiustizie". (R.P.)

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    Venezuela: i vescovi chiedono di "non alterare" la Costituzione

    ◊   Un appello a non “alterare la Costituzione”, e a tutelare il bene comune in “un momento difficile e incerto per il Paese” è stato rivolto ieri da mons. Diego Padrón, presidente della Conferenza episcopale del Venezuela. Il riferimento, esplicito, è alle tensioni politiche alimentate dalla malattia del presidente Hugo Chávez. Il vescovo è intervenuto in apertura dell’Assemblea annuale della Conferenza episcopale, a soli tre giorni dal 10 gennaio: la data prevista per l’inizio del nuovo mandato di Chávez, ricoverato a Cuba in seguito a una nuova operazione per un tumore al bacino e alle prese con un’insufficienza respiratoria causata da un’infezione polmonare. “È un momento difficile e incerto – ha sottolineato mons. Padrón – che potrebbe condurre il Paese verso un crocevia pericoloso”. Secondo il presidente dei vescovi, i ben 25 comunicati del governo sulla salute di Chávez hanno contribuito a “confondere la popolazione” e ora l’unica certezza è che “il 10 gennaio finisce un mandato del presidente e ne comincia un altro”. “Questa assemblea non vuole intervenire nell’interpretazione della Carta fondamentale – ha aggiunto mons. Padrón – ma è in gioco il bene comune e alterare la Costituzione è moralmente inaccettabile”. Nei giorni scorsi il vice-presidente Nicolas Maduro ha sostenuto che la cerimonia di insediamento del capo dello Stato è una pura “formalità” e che Chávez potrebbe giurare anche in seguito, di fronte alla Corte suprema. Diversi osservatori hanno letto queste dichiarazioni alla luce dell’eventualità che giovedì il presidente non sia in condizioni di rientrare in Venezuela e prestare giuramento. Un fatto che secondo l’opposizione dovrebbe portare a una presidenza ad interim e a un ritorno alle urne pochi mesi dopo il voto dell’ottobre scorso. (R.P.)

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    Repubblica Dominicana: piano di alfabetizzazione per sradicare la povertà

    ◊   E’ appena partito il Piano Nazionale di Alfabetizzazione “Quisqueya Aprende Contigo”, lanciato nella Repubblica Dominicana dal governo locale come una delle strategie adottate per eradicare la povertà. L’obiettivo - riporta l'agenzia Fides - è insegnare a leggere e a scrivere ad oltre 700 mila giovani dai 15 anni di età in su. Il Piano prevede di migliorare l’inserimento sociale e il coinvolgimento di importanti settori della società. I partecipanti avranno l’opportunità di ottenere una istruzione di base e, se lo desiderano, anche quella media, attraverso programmi educativi flessibili, adeguati alle loro possibilità, necessità, e alle loro condizioni ed esperienze. Si occuperanno della formazione 25 mila giovani universitari, professionisti e studenti dell’ultimo anno di baccalaureato di tutto il paese. Obiettivo del Governo è rafforzare lo sviluppo integrale delle competenze che favoriscono maggiori opportunità, affinchè le persone alfabetizzate, le rispettive famiglie e comunità, riescano a migliorare le condizioni di vita e ad uscire dal circolo della povertà nel quale vivono. (R.P.)

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    Perù: per la prima volta i “Seminatori di Stelle” in marcia per la strade di Lima

    ◊   Diverse centinaia di bambini della Ami (Adolescenza e Infanzia Missionaria) si sono riuniti al centro di Lima per una giornata di formazione al fine di diventare "Seminatori di stelle". Domenica scorsa, sono quindi usciti per le strade della zona della Plaza Mayor di Lima, regalando stelline e un sorriso ai passanti a nome dei missionari di tutto il mondo. L'evento è stato incorniciato dall'arrivo dei Re Magi (membri della polizia del Perù) a cavallo. I bambini, che per strada hanno intonato dei canti, sono riusciti ad entrare anche nel Palazzo del Comune di Lima, dove hanno consegnato al sindaco, Susanna Villarán, la sciarpa della Santa Infanzia e la stella missionaria. Durante tutta la cerimonia di accoglienza dei Re Magi il Sindaco si è intrattenuto con i piccoli missionari. La nota inviata dalle Pom del Perù all’agenzia Fides sottolinea che per la prima volta i peruviani hanno visto marciare per le loro strade i Seminatori di Stelle. Le Pontificie Opere Missionarie del Perù sono infatti impegnate a rafforzare l'Ami anche con un nuovo video sulla formazione dell'Infanzia Missionaria, distribuito alle parrocchie, in cui si usano cartoni animati contemporanei. Dal 23 al 25 gennaio, nell’ambito dell'Assemblea annuale dei Direttori diocesani delle Pom sul tema “La nuova evangelizzazione richiede parrocchie missionarie”, verrà lanciato un programma per rafforzare la Nuova Evangelizzazione dei bambini come discepoli missionari, attraverso il consolidamento della Iam nelle parrocchie. (R.P.)

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    Ucraina: il programma delle iniziative per l'Anno della Fede

    ◊   Una conferenza ecumenica pan-ucraina sul 1025° anniversario del Battesimo della Rus-Ucraina, una serie di pubblicazioni sulle vite dei santi, dei martiri e dei fedeli della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina (Ugcc), i pellegrinaggi in Terra Santa, Roma e Kiev, al fine di “approfondire la propria fede e rinnovare la relazione con la Chiesa di Gerusalemme, la Madre di tutte le Chiese”. Sono queste le iniziative che fanno parte del programma della Ugcc per la celebrazione dell’Anno della fede in Ucraina, secondo le conclusioni del Sinodo dei vescovi della Ugcc tenutosi a settembre dell’anno scorso. Le iniziative si svolgeranno a livello nazionale, eparchiale e parrocchiale. Secondo i componenti del Comitato organizzatore, il clero della Ugcc è invitato a tenere sermoni su argomenti relativi alla fede, a leggere e studiare i documenti pontifici relativi allo spirito della nuova evangelizzazione, a mettere in atto programmi di catechesi e a intraprendere attività mirate alla “diffusione di aspetti popolari della fede cristiana nella tradizione di Kiev”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 8

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.