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Sommario del 05/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Vigilia dell'Epifania. Domani la Messa di Benedetto XVI con l'ordinazione di quattro vescovi
  • I Magi e la fede: editoriale di padre Lombardi
  • Il Papa nomina mons. Gobel nunzio apostolico in Egitto e mons. Thevenin nunzio apostolico in Guatemala
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, si combatte a Damasco. L'impegno di Save the Children per i bambini rifugiati
  • Repubblica Centrafricana, martedì i negoziati. Unicef: allarme per i bambini soldato
  • Mons. Solmi: dare forza nel dibattito politico ai temi etici e della famiglia
  • Emilia, fatica la ricostruzione a sette mesi dal sisma
  • Congresso in Cambogia su Vaticano II e Chiesa: atteso videomessaggio del Papa
  • Un corteo per riaffermare l'universalità della nascita di Gesù
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Congo: clima teso a Kampala alla ripresa dei colloqui sul Nord Kivu
  • Presidenti di Sudan e Sud Sudan ad Addis Abeba per cercare un accordo
  • Egitto: Al-Azhar rigetta le minacce dei salafiti. Gli auguri natalizi ai copti ortodossi
  • Egitto. Incendio nella chiesa di San Giorgio: l'allarme lanciato dai microfoni della moschea vicina
  • Medio Oriente: oltre mille palestinesi cacciati dalle loro case in Cisgiordania
  • Somalia: la Caritas locale denuncia un milione di sfollati interni
  • Usa. Il card. George sulle unioni gay: le leggi non creano il matrimonio
  • Cuba:card. Ortega benedice la scultura del Cristo simbolo dell’Avana, dopo il lungo restauro
  • Haiti: a tre anni dal sisma rapporto e visita ai progetti di Caritas italiana
  • Messico: allarme per il continuo aumento dei bambini di strada
  • Filippine: petizione dei gruppi pro vita contro la legge sulla salute riproduttiva
  • Nuova Zelanda. A Christchurch proseguono i lavori per la nuova chiesa dopo il sisma del 2011
  • Il Papa e la Santa Sede



    Vigilia dell'Epifania. Domani la Messa di Benedetto XVI con l'ordinazione di quattro vescovi

    ◊   La Chiesa vive oggi la vigilia dell’Epifania, che vedrà Benedetto XVI presiedere domattina alle 9.00, nella Basilica di San Pietro, la Messa della solennità durante la quale ordinerà quattro nuovi vescovi: mons. Georg Ganswein, suo segretario particolare e prefetto della Casa Pontificia; mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica; e i nunzi apostolici mons. Fortunatus Nwachukwu e mons. Nicolas Thevenin. Sul “mistero di luce” dell’Epifania, Alessandro De Carolis ripropone in questo servizio alcune riflessioni del Papa:

    La Grotta e il palazzo. È tra questi due poli che la storia della salvezza gioca i suoi istanti cruciali. Tra le stanze dove il re Erode progetta di sterminare i suoi nemici neonati e la stalla dove vagisce il Principe che porta la pace passano pochi chilometri, ma in realtà corre un abisso, una traiettoria di luce e una di tenebra. Sull’orlo di questo abisso – guidati dalla luce di una stella e insidiati da un’ombra di malvagità – si snoda il viaggio dei Magi. In quel lungo itinerario, Benedetto XVI ha più volte visto in simbolo il pellegrinaggio che l’umanità compie da sempre verso Cristo. Un percorso non sempre lineare perché, in ogni epoca, a chi tiene fissi gli occhi sulla cometa si affianca sempre chi preferisce guardare altro e altrove:

    “Molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio (...) Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in se stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio”. (Messa dell’Epifania, 6 gennaio 2010)

    Ed è per offrire un sole definitivo alle troppe ombre nelle quali si dibattevano, che Dio ha deciso, attraverso suo Figlio, di compiere per primo il pellegrinaggio dal cielo verso gli uomini. “Per amore Egli si è fatto storia nella storia”, ha detto in una occasione il Papa, parlando della bellezza dell’Incarnazione:

    “Cristo è luce, e la luce non può oscurare, ma solo illuminare, rivelare. Nessuno pertanto abbia paura di Cristo e del suo messaggio! E se nel corso della storia i cristiani, essendo uomini limitati e peccatori, hanno talora potuto tradirlo con i loro comportamenti, questo fa risaltare ancor di più che la luce è Cristo e che la Chiesa la riflette solo rimanendo unita a Cristo”. (Messa dell’Epifania, 6 gennaio 2007)

    In questo modo la Chiesa, ha affermato ancora Benedetto XVI, svolge oggi la funzione che duemila anni fa la cometa ebbe per i Magi che cercavano Gesù rifuggendo da Erode:

    “Anche la Chiesa, pertanto, svolge per l’umanità la missione della stella. Ogni autentico credente è sempre in cammino nel proprio personale itinerario di fede e, al tempo stesso, siamo in cammino con la piccola luce che portiamo dentro di noi, e possiamo e dobbiamo essere di aiuto a chi si trova al nostro fianco, e magari stenta a trovare la strada che conduce a Cristo”. (Messa dell’Epifania, 6 gennaio 2008)

    Da venti secoli, dunque, splende sulle vicende umane un faro che indica la rotta in mezzo alle tante zone buie che continuano a scoraggiare e spaventare. La scelta della direzione è un atto di libertà dell’uomo. Da parte sua, traiettoria cristiana, ripete il Papa, ha una certezza:

    “Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo. Per questo nei credenti in Cristo non viene mai meno la speranza, anche oggi, dinanzi alla grande crisi sociale ed economica che travaglia l’umanità, davanti all’odio e alla violenza distruttrice che non cessano di insanguinare molte regioni della terra, dinanzi all’egoismo e alla pretesa dell’uomo di ergersi come dio di se stesso, che conduce talora a pericolosi stravolgimenti del disegno divino circa la vita e la dignità dell’essere umano, circa la famiglia e l’armonia del creato”. (Messa dell’Epifania, 6 gennaio 2009)

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    I Magi e la fede: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Nelal solennità dell'Epifania, si stagliano i Magi: sull’attualità di queste figure, specie nell’Anno della Fede, ascoltiamo padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Uomini di una certa inquietudine interiore; uomini animati dalla dinamica di andare aldilà di sé; filosofi, cioè amici della sapienza, che oltre il sapere scientifico cercano la comprensione del tutto; che portano la ragione alle sue possibilità più' elevate; che al seguito di Socrate si interrogano aldilà della religione ufficiale circa la verità più' grande; che al seguito di Abramo partono alla chiamata di Dio.

    Questi sono alcuni dei modi in cui il Papa - nel suo ultimo libro sull'infanzia di Gesù - cerca di rispondere alla domanda: "Che genere di uomini erano i Magi?". E continua: Sono l'umanità che si incammina verso Cristo, rappresentano l'attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo.

    In questo Anno della fede i Magi possono e devono accompagnarci. Perché la fede non è mai scontata. Una fede scontata non è fede. La fede è l'anima di un pellegrinaggio e di una ricerca sempre nuova, a cui - come per i Magi - non sono estranei il creato, le scienze, le tradizioni, le Scritture, le fatiche della ragione e della vita, il dialogo con chi si incontra sulla via. Fede è cammino nella speranza su questa nostra terra, nelle situazioni molto concrete del 2013 che inizia. I Magi sono premiati da un incontro sorprendente, fonte di grandissima gioia. Perché non sperarlo anche noi?

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    Il Papa nomina mons. Gobel nunzio apostolico in Egitto e mons. Thevenin nunzio apostolico in Guatemala

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico nella Repubblica Araba d’Egitto e Delegato presso l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi, l’arcivescovo Jean-Paul Gobel, finora nunzio apostolico in Iran.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Guatemala mons. Nicolas Henry Marie Denis Thevenin, arcivescovo titolare eletto di Eclano.

    Il Pontefice ha nominato, per un quinquennio, direttore della Direzione della Ragioneria dello Stato della Città del Vaticano il dott. Antonio Chiminello, finora vicedrettore della medesima Ragioneria dello Stato.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Manuel Nin dal titolo “Oggi è apparsa la luce inaccessibile: l’Epifania del Signore nelle tradizioni orientali”.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo la Siria: a Damasco le forze di Assad lanciano una controffensiva contro gli oppositori.

    Intrepidi sulla via: Inos Biffi sul senso dell’Epifania.

    Erano quattro (o forse anche di più): Giovanni Carrù sulla raffigurazione dei magi negli affreschi nelle catacombe di Domitilla.

    Abbiamo perso la comprensione del senso morale: stralci dall’intervista di Martine de Sauto al gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, pubblicata su “La Croix”.

    Per una nuova musica sacra: in cultura, Pierangelo Sequeri sul rapporto tra il suono e il sacro nel Novecento.

    Nel segno della collegialità: Mario Ponzi intervista l’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i vescovi, sulle visite «ad limina apostolorum».

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, si combatte a Damasco. L'impegno di Save the Children per i bambini rifugiati

    ◊   Continuano i combattimenti in Siria, dove le forze governative si stanno scontrando con i ribelli per il controllo di Daraya, importante sobborgo di Damasco. Da ieri, intanto, sono arrivati in Turchia i primi militari statunitensi incaricati di supportare il dispiegamento sul territorio di Ankara dei missili Patriot richiesti dalle autorità locali alla Nato. L’Alleanza atlantica ha sottolineato come il dispiegamento abbia esclusivamente una “funzione difensiva” del confine. La crisi militare porta con sé anche l’emergenza umanitaria, che coinvolge ormai oltre mezzo milione di sfollati. Particolare allarme desta la situazione dei bambini. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente in Giordania Saba al-Mobaslat, project director di Save The Children nel Paese, che ha aperto nel campo di Zaatari un asilo per i bambini tra zero e cinque anni:

    R. – We believe that this particular age…
    Crediamo che questa particolare fascia di età abbia specifiche necessità, tra queste protezione e istruzione. Dal nostro punto di vista, ai bambini che vivono in un ambiente sicuro, insieme con i loro coetanei, è consentito di continuare a svilupparsi e a imparare, in modo da non perdere quella fase importante della vita in cui le capacità di apprendimento, le capacità cerebrali, la capacità di acquisire vocabolario sono più alte. C’è un’area ricreativa dove il gioco è strutturato in maniera tale da rispondere alle esigenze dei bimbi: sviluppare le abilità motorie, l’attitudine a interagire con i coetanei, a risolvere problemi, prendere piccole decisioni... Inoltre, fornisce loro la protezione di base e dà ai genitori il tempo per riposare e organizzare la vita.

    D. – Quanti bambini ci sono nel campo di Zaatari e qual è la loro esperienza, dopo quasi due anni di guerra? Come sono arrivati in Giordania: erano accompagnati o soli?

    R. – According to the Unhcr registration, the percentage of children…
    Secondo le registrazioni dell'Alto
    Commissariato
    delle Nazioni Unite
    per i
    Rifugiati (Acnur), la percentuale di bambini con età inferiore ai 18 anni raggiunge circa il 57% della popolazione totale presente nel campo. Oggi, la popolazione totale è di circa 45 mila rifugiati. La maggior parte dei bambini è arrivata con i loro genitori, o accompagna da parenti. Ogni giorno però accogliamo tra gli 11 e i 15 bambini senza nessun accompagnamento, che hanno attraversato il confine da soli. Alcuni di loro viaggiano alcuni giorni prima di raggiungere il confine, soprattutto se vengono da zone della Siria lontane dal confine. A prescindere dalla durata del viaggio, la paura che li accompagna è quella di essere coinvolti in sparatorie o bombardati o comunque colpiti: produce un effetto tremendo sui bambini. Quando i bambini partecipano per la prima volta alle nostre attività, si sente che hanno grande paura ed ansia a livelli altissimi, hanno paura di essere separati dai loro genitori. A volte sono molto aggressivi, anche a livello fisico, e ci vogliono molte sedute, con partecipazione regolare alle nostre attività, prima che i bambini si calmino e ritornino alla normalità.

    D. – Si ricorda qualche storia in particolare?

    R. – There was a little kid, he is seven years old…
    Sì, ricordo un bambino di sette anni. Gli chiedemmo di parlarci della sua famiglia: vivevano in una tenda vicino ad uno dei nostri centri per famiglie con bambini. Disse: “Nella nostra tenda ripetiamo spesso la parola freddo, perché avevamo sempre freddo, al punto che la prima parola pronunciata dal mio fratellino piccolo è stata 'freddo', prima ancora che mamma e papà. Questo riassume come le necessità siano immense: sono oltre ogni immaginazione!

    D. – Nessuno sa quanto il conflitto possa durare. Cosa può essere fatto, in questo contesto, per garantire un futuro migliore a giovani e bambini che soffrono a causa della guerra?

    R. – No one knows when those children will go back home…
    Nessuno può sapere quando questi bambini riusciranno a tornare a casa e nessuno sa se ritroveranno una casa alla quale tornare, perché continuano a ricevere notizie delle loro case colpite e delle loro scuole bombardate. Nonostante, tutte le sofferenze e nonostante l’entità della crisi, credo che dobbiamo lavorare insieme, come una famiglia internazionale, per garantire i diritti di questi bambini. I bambini hanno diritti che devono essere rispettati, sia in caso di emergenza, che in un giorno qualsiasi.

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    Repubblica Centrafricana, martedì i negoziati. Unicef: allarme per i bambini soldato

    ◊   In Centrafrica i ribelli di Seleka, divisi al loro interno, hanno conquistato due nuove città. Un’avanzata che arriva a pochi giorni dall’avvio dei colloqui di pace, previsti per martedì in Gabon, con una delegazione del governo di Bozizé. Il presidente ha assicurato di non volersi ricandidare nel 2016, ma sembra difficile che si faccia da parte. Intanto, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha esortato i ribelli a fermare l'offensiva militare e a ritirarsi dalle città conquistate in modo da non ostacolare l’assistenza alla popolazione. Un allarme sul reclutamento dei bambini soldato è stato lanciato dall’Unicef. Al microfono di Benedetta Capelli, il portavoce di Unicef-Italia, Andrea Iacomini:

    R. – L’Unicef ha chiesto ai ribelli e alle milizie che sostengono il governo della Repubblica Centrafricana di sospendere il reclutamento di bambini che purtroppo sono costretti a combattere, a portare rifornimenti e che vengono resi schiavi sessuali dai gruppi armati. Non bisogna dimenticare che in Centrafrica, proprio dal 10 dicembre scorso, i ribelli di Seleka hanno lanciato un attacco contro il presidente, François Bozizé, e hanno conquistato molte città del Nord. Proprio rispetto a questa situazione, l’Unicef ha tenuto a precisare che ci sono 2.550 bambini reclutati da ambo le parti in conflitto dall’inizio delle ostilità, e che ci sono – e questo è un dato molto importante su cui bisogna riflettere e su cui ci auguriamo che proprio i colloqui di pace intervengano al più presto – 300 mila bambini che, pur non essendo reclutati nella fila dell’esercito, sono vittime di violenze. Quindi, davvero una situazione all’interno della quale bisogna urgentemente intervenire.

    D. – In che modo intervenire? Quali sono le linee che l’Unicef indica a tal proposito?

    R. – L’Unicef chiede alle parti in conflitto che vengano rispettati gli accordi internazionali riguardanti il reclutamento dei bambini soldato. Non dimentichiamo che nel mondo ci sono ancora 300 mila bambini che vengono reclutati e di questo numero altissimo, molti sono naturalmente in Africa: in Mali, nello Yemen, nella Repubblica Centrafricana stessa, ma abbiamo evidenze che questo avvenga anche in Siria. Quindi, le linee più importanti sono queste: la protezione dei bambini durante il conflitto e il "no" forte al reclutamento dei bambini soldato, con il rispetto delle Convenzioni internazionali. Queste sono le linee-guida ufficiali che l’Unicef intende dare proprio in questi giorni, quando stanno per avviarsi i colloqui di pace.

    D. – Che cosa significa diventare un bambino soldato? E soprattutto, quali sono le conseguenze che questo minore avrà, poi, nella propria vita?

    R. – Partiamo da un presupposto fondamentale: la Repubblica Centrafricana, come molti di questi Paesi dilaniati dai conflitti, sono anche Paesi molto poveri. Spesso queste famiglie disperate lasciano che i figli vengano presi dalle milizie, spesso dietro pagamento, e vengano quindi reclutati senza sapere che questi bambini saranno poi oggetti di violenze sessuali. Ma soprattutto, questi bambini imbracciano fucili e, nella maggior parte dei casi, vengono uccisi. Quindi, non solo riportano danni psicologici molto gravi, ma quel che è più grave è l’utilizzo delle armi e l’esposizione alla violenza. Sono tutti fattori negativi, fondamentali, che bisogna evitare. Ecco perché noi diciamo no, in maniera molto forte, al reclutamento: perché non soltanto c’è un rischio di morte altissimo, ma perché i bambini sono bambini traumatizzati per tutta la vita, esposti alle peggiori barbarie. Queste situazioni si complicano poi dove esistono gravi, gravissimi problemi legati alla fame e alla povertà. Ed ecco perché è utile che gli Stati intervengano per mettere fine a questo scempio.

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    Mons. Solmi: dare forza nel dibattito politico ai temi etici e della famiglia

    ◊   Nei prossimi giorni i partiti dovranno mettere a punto i programmi per la campagna elettorale, e un posto di primo piano dovrà essere dato alla famiglia. Ne è convinto il vescovo di Parma Enrico Solmi, a capo della Commissione Episcopale per la Famiglia e la Vita. Il presule poi chiede che i temi etici non rimangano in "una sorta di limbo". Alessandro Guarasci lo ha intervistato:

    R. – Sono certo che in Italia non abbiamo ancora fatto una politica familiare adeguata. Questo l’Italia non lo ha ancora fatto. Non l’hanno fatto le amministrazioni locali e non l’ha fatto il governo, mentre altri Stati si sono posti questo problema sotto il profilo demografico e hanno raggiunto risultati significativi. Il cambio di mentalità si impone e questo cambio di mentalità lo si deve riscontrare nei progetti politici delle varie parti che stanno entrando o che sono già entrate in campagna elettorale.

    D. - Ma lei vede un segnale in questo senso oppure ancora questo tema rimane ai margini della campagna elettorale?

    R. - Io vedo che finora questo segnale non c’è. Qui dobbiamo realmente attendere ma poco, perché la cosa è urgente, per capire come nei programmi questo sia presente e soprattutto dare poi la nostra attenzione e la nostra scelta a chi fa scelte vere, credibili e concrete sulla famiglia.

    D. – Serve anche un’azione culturale, secondo lei? In sostanza, tutelare il concetto di famiglia?

    R. – L’Italia sta vivendo questa situazione demografica estremamente preoccupante. Non possiamo più tergiversare. Occorre realmente creare una condizione perché i giovani possano fare famiglia e realizzare il progetto di generatività che liberamente scelgono.

    D. – E’ sorpreso del fatto che in questa campagna elettorale non si possa parlare in modo esplicito di temi etici?

    R. – Sembra che i temi etici siano temi più che altro individuali, individualistici o che siano in qualche modo appannaggio di una fazione o di un’altra o di una confessione religiosa. I temi etici sono parte integrale della persona umana. I temi che ineriscono alla persona sono anche temi eminentemente sociali, quindi non è possibile che la campagna elettorale metta in una sorta di limbo questi temi; su questi deve misurarsi e deve in un qualche modo scegliere da che parte stare. Non ci si può limitare a far rimanere questi temi nell'ambito della coscienza individuale. La coscienza non è una cassaforte dove uno tiene dentro le proprie convinzioni: la coscienza è la capacità che la persona ha di accogliere i principi e i valori che abitano l’uomo, di tradurli in modo concreto nella propria vita e nella società.

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    Emilia, fatica la ricostruzione a sette mesi dal sisma

    ◊   In Emilia, centinaia di giovani di movimenti ecclesiali provenienti dal Nord Italia hanno trascorso il Capodanno a fianco degli sfollati. L’Associazione Papa Giovanni XXIII è in prima linea nel sostegno di coloro che non vogliono lasciare le zone rurali, dove si lamenta il maggiore degrado. A sette mesi dal sisma, la ricostruzione è ancora faticosa, come spiega Luca Manfredini, responsabile del coordinamento regionale Caritas per il terremoto, al microfono di Antonella Palermo:

    R. - Anche se da quest’estate del terremoto se ne parla forse poco o niente, in realtà le famiglie che vengono a chiedere sono veramente ancora molte, moltissime. Un dispaccio dell’Emilia Romagna di fine ottobre - periodo in cui hanno chiuso le tendopoli - si parlava che erano 2.300 le persone ancora assistite dalla Protezione civile e momentaneamente alloggiate in alberghi. Questo perché queste famiglie erano in attesa di una sistemazione nei "Moduli abitativi provvisori" - i cosiddetti Map - che dalla settimana scorsa in alcuni Comuni si sta cominciando ad assegnare alle famiglie. Sono però ancora tante le famiglie che attendono l’assegnazione dei moduli.

    D. - Sono stati realizzati con sufficiente criterio?

    R. - Sì. Forse manca solo il criterio della celerità. La costruzione di questi moduli è iniziata dopo le scuole e sta terminando adesso.

    D. - Anche volontari del Servizio civile potrebbero essere impiegati nelle vostre zone?

    R. - Si parla di un bando straordinario di servizio civile volontario. Il problema è che se ne è iniziato a parlare solo a settembre, ottobre. Pare che si stia concretizzando adesso. Fare un bando per un’emergenza, e mandare le persone con così tanto ritardo, significa che senza dubbio appena questi giovani arriveranno, troveranno del lavoro da fare. Speriamo arrivino al più presto.

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    Congresso in Cambogia su Vaticano II e Chiesa: atteso videomessaggio del Papa

    ◊   Si è aperto oggi a Phnom Penh, in Cambogia, un Congresso organizzato dal Vicariato apostolico locale per l’Anno della fede sul tema “Il Concilio Vaticano II e la Chiesa”. Nel corso dell’evento verranno distribuiti i testi del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa cattolica tradotti in cambogiano. A conclusione dei lavori, lunedì prossimo, è atteso un videomessaggio di Benedetto XVI. Manuella Affejee ha intervistato il vicario apostolico di Phnom Penh, mons. Olivier Schmitthaeusler:

    R. - Le Concile a eu lieu il y a 50 ans. L’Eglise du Cambodge, à ce moment là, ...
    Il Concilio si è svolto 50 anni fa. In quel momento, la Chiesa in Cambogia – per quanto riguarda la liturgia e in particolare la sua presenza all’interno della società – si era pienamente inserita nel dinamismo del Concilio. Nel 1975 tutto questo si è fermato con l’arrivo dei Khmer rossi, con Pol Pot, che decisero l’espulsione di preti, missionari e suore e uccisero tantissimi cristiani … Solo nel 1990 si è potuta celebrare di nuovo la prima Messa. Quindi, dal 1990 ad oggi la Chiesa ha vissuto, pur senza saperlo, nel Concilio Vaticano II, perché è in quel dinamismo che la nostra comunità vive oggi. Ed è importante per noi avere i testi conciliari tradotti in cambogiano per poterli meditare insieme a tutti i fedeli. Quest’anno abbiamo scelto il tema della Chiesa partendo dalla Lumen Gentium: ho preparato un opuscoletto che consente ai cristiani di comprendere meglio la Chiesa, il popolo di Dio, la Chiesa che ci chiama alla santità, la Chiesa che ha Maria per modello.

    D. – Quali sono le sfide principali che la Chiesa in Cambogia deve affrontare?

    R. – Les principaux défis actuels sont en particulier de permettre à l’Eglise …
    Le principali sfide del momento sono quelle che dovranno permettere alla Chiesa di trovare il suo posto nella società cambogiana e più semplicemente di permettere ai cambogiani di diventare membri pienamente attivi della Chiesa. Il profilo della Chiesa è molto particolare, in Cambogia. Prendiamo, ad esempio, il Vicariato apostolico di Phnom Penh, di cui sono a capo: ci sono 150 missionari all’opera, provenienti da 25 Paesi e da 40 congregazioni. Ci sono poi due preti cambogiani, due seminaristi e due-tre religiose cambogiane. Per questo abbiamo istituito, circa un anno fa, una scuola di formazione per i laici che consente loro di compiere un corso di formazione in due anni che permette ai 45 cristiani iscritti di diventare veri protagonisti nella loro Chiesa. Credo che questo tema della Chiesa permetta di portare un po’ di dinamismo e di rispondere alla prima sfida: come la Chiesa possa essere veramente la Chiesa dei cambogiani. La seconda sfida è la formazione: noi siamo una Chiesa di prima generazione. Il 90 per cento dei battezzati hanno ricevuto il sacramento negli ultimi anni. Ora bisognerà ancorarli nella loro fede e far sì che possano diventare veramente membri responsabili nella Chiesa.

    D. – A conclusione del Congresso, il Papa invierà ai partecipanti un videomessaggio…

    R. – J’ai été très touché que le Saint Père ait accepté …
    Mi ha toccato profondamente che il Santo Padre abbia accettato la richiesta di inviarci un videomessaggio in occasione del Congresso, per incoraggiare i cristiani della Cambogia. Gliel’ho chiesto lo scorso ottobre durante il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, dopo aver visto che il Santo Padre era rimasto colpito dall’intervento sulla Cambogia e aveva sottolineato che la Chiesa di questo Paese è in crescita e vive davvero la fede. Per noi è una grande gioia che il Santo Padre abbia accettato. Penso che rappresenti un grande incoraggiamento per la nostra comunità sapere di essere veramente parte integrante della Chiesa universale, di essere nel cuore e nella preghiera del Santo Padre. Credo che questo ci darà un grande slancio per continuare a vivere la fede e annunciare il Vangelo.

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    Un corteo per riaffermare l'universalità della nascita di Gesù

    ◊   “Viva la Befana, per riaffermare e tramandare i valori dell’Epifania”. Giunto alla 28.ma edizione, anche quest’anno si terrà in via della Conciliazione il tradizionale corteo storico-folcloristico promosso da Europae Fami.li.a. Pace, solidarietà e fratellanza i temi della manifestazione che punta ogni anno a riaffermare l’universalità della nascita di Gesù. Lorenzo Pirovano ha intervistato Sergio Balestrini, organizzatore dell’evento:

    R. – Celebrare l’universalità di questa festa liturgica, immaginando che ogni anno Gesù nasca in un luogo diverso. Quest’anno è come se fosse nato ad Arezzo. Quindi, a Roma verranno i Re Magi da Arezzo - seguiti da oltre mille figuranti in costume - per donare al mondo: storia, cultura, tradizioni, prodotti e risorse.

    D. – Perché un corteo diretto verso Piazza San Pietro?

    R. – Innanzitutto, perché la nostra associazione è un’associazione di ispirazione cattolica, quindi, partecipare all’Angelus, oltre che un nostro dovere, è un piacere. Poi, perché è la festa dell’Epifania ed il Santo Padre è il rappresentante di Dio sulla terra, quindi abbiamo voluto simboleggiare i doni da portare a lui, è un’allegoria. È per questo che noi andiamo poi alla Casa pontificia a portare questi doni. All’interno di questa simbologia ci sono dei valori: pace, solidarietà e fratellanza tra i popoli. Questi tre concetti vengono espressi attraverso alcuni simboli. I nostri Re Magi, al Santo Padre, porteranno i tradizionali doni, che quest’anno – proprio nell’Anno della Fede – abbiamo scelto fossero tre calici, a significare proprio: fede, speranza e carità. Contemporaneamente, regaleremo un defibrillatore, che il Santo Padre potrà destinare per opere di beneficenza dove ritiene che sia più utile e necessario.

    D. – Da quale fatto nasce l’iniziativa?

    R. – Avevano abolito la festività dell’Epifania, quindi ci riunimmo – un gruppo di professionisti – e inventammo un evento che facesse parlare: portammo tre elefanti a San Pietro e fu una cosa eccezionale, perché nella storia non era mai avvenuto. Da lì, per volontà popolare la manifestazione è rimasta in piedi.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella solennità dell’Epifania, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui i Magi, giungono a Gerusalemme dall’Oriente. La loro ricerca desta la preoccupazione del re Erode. Alla gente pongono questa domanda:

    «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

    Su questa solennità ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    La festa dei Magi è sempre molto attesa, e ricca di tradizioni popolari, belle e vivaci. Ma rischia a volte di perdersi nelle sorprese dei doni o nel folklore di sensi strani e curiosi. Al centro, anche nell’Epifania, c’è il bambino e la sua misteriosa dignità: egli è luce delle genti e desiderato dai popoli. Una centralità che non dobbiamo mai perdere di vista. La ricerca che appassiona questi misteriosi viaggiatori, che scrutano il cielo, ma hanno il cuore pieno di gioia, ci riguarda da vicino. “È qui la festa?”, domandano a Gerusalemme: e invece di trovare gente festante, trovano esperti freddi e senza emozione, e un re sospettoso e omicida, che ha paura perfino di un bambino. La stella che guida la carovana dei pellegrini - sapienti ma anche umili - porta fino a Betlemme, presso quel bambino che i cieli hanno segnalato, e il cuore buono ha amato anche senza conoscerlo. I doni esprimono, simbolicamente, una dichiarazione di fede universale, oltre che gesto di tenerezza e generosità. Ma la luce del bambino e il suo misterioso destino dona nuovo senso alla loro stessa vita: quell’altra strada del ritorno, indica bene un cambio nelle persone, e non solo un rifiuto della perversità di Erode. Chi incontra il Signore cambia strada e anche vita!



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    Nella Chiesa e nel mondo



    Congo: clima teso a Kampala alla ripresa dei colloqui sul Nord Kivu

    ◊   Dopo 13 giorni di sospensione per le festività di fine anno, riaprono in un clima di tensione ed incertezza i colloqui di Kampala tra il governo congolese e la ribellione del Movimento del 23 marzo (M23). Come al primo turno delle discussioni dirette, al centro del contenzioso c’è la questione del cessate il fuoco: una precondizione sulla quale i ribelli non desistono ma che Kinshasa non sembra voler accettare. “La prima cosa che la delegazione dell’M23 chiederà a Kampala è la firma del cessate il fuoco con l’esecutivo. Se dovesse rifiutare, come in passato, ci ritireremo e prenderemo come testimoni la comunità nazionale, regionale ed internazionale” ha dichiarato alla vigilia dell’incontro il responsabile politico della ribellione, Jean-Marie Runiga, che ha anche accusato Kinshasa di guadagnare tempo “solo per prepararsi alla guerra con le nostre truppe grazie al reclutamento di uomini in corso sia nel Nord che nel Sud Kivu”. Un’accusa alla quale non ha risposto il ministro degli Esteri congolese, Raymond Tshibanda, a capo della delegazione governativa inviata nella capitale dell’Uganda, Paese mediatore nella crisi del Nord Kivu a nome della Conferenza internazionale della regione dei Grandi Laghi (Cirgl). L’altro nodo da sciogliere riguarda invece lo statuto di Goma, il capoluogo della ricca provincia mineraria del Nord Kivu (est), confinante con Rwanda e Uganda, che l’M23 ha occupato per una decina di giorni lo scorso novembre. In base ai precedenti accordi presi tra le due parti, i ribelli avrebbero dovuto ritirarsi ad almeno 20 chilometri a nord. Fonti locali citate dai media congolesi ma anche interlocutori dell'agenzia Misna hanno riferito in più occasioni che in realtà gli uomini dell’M23 sono ancora alle porte di Goma, forti del sostegno di soldati ruandesi, o addirittura in città dove si sono stabiliti dopo aver abbandonato l’uniforme militare, continuando ad alimentare l’insicurezza. La ribellione nata lo scorso aprile nega questa versione dei fatti mentre la locale missione Onu (Monusco) ha soltanto segnalato “spostamenti di elementi armati”. Nei giorni scorsi il Consiglio di sicurezza ha approvato sanzioni sia nei confronti di Runiga che del gruppo ribelle, accusato di esecuzioni sommarie, stupri e rapimenti. E’ in questo contesto incerto che il commissario per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana (Ua), Ramtane Lamamra, in visita a Goma – dopo un passaggio a Kinshasa e prima di partire alla volta di Kigali – ha annunciato il “prossimo dispiegamento” nell’Est del Congo di un battaglione tanzaniano nell’ambito della futura forza neutrale internazionale. Mentre riprendono i colloqui a Kampala, a Kigali Lamamra incontrerà esponenti del governo del Rwanda, accusato dalle autorità congolesi e da rapporti Onu di sostenere attivamente la ribellione dell’M23. Nel riaccendersi delle violenze in Nord Kivu sarebbe anche coinvolta l’Uganda. (R.P.)

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    Presidenti di Sudan e Sud Sudan ad Addis Abeba per cercare un accordo

    ◊   I Presidenti di Sudan e Sud Sudan, Omar Al Bashir e Salva Kiir, si sono incontrati oggi, nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, per cercare di superare le divergenze che oppongono i due Paesi sull’attuazione degli accordi firmati lo scorso settembre ed altre controversie ancora non risolte. Hanno preso parte all’incontro - riferisce l'agenzia Fides - anche il Premier etiopico, Hailemariam Desalegn, e il mediatore dell’Unione Africana, l’ex Presidente sudafricano Thabo Mbeki. Sul tavolo della discussione c’è in primo luogo, l’Accordo di Cooperazione (Cooperation Agreement) firmato il 27 settembre 2012, formato da 9 capitoli che prevedono, tra l’altro, la ripresa delle esportazioni di petrolio sud-sudanese attraverso le infrastrutture del Sudan e la creazione di una zona smilitarizzata lungo il confine tra i due Stati. L’accordo si è arenato proprio sulle questioni di confine. Khartoum accusa Juba di sostenere i ribelli del Sud Kordofan (Stato sudanese che confine con il Sud Sudan). Juba a sua volta accusa il Sudan di condurre raid aerei e terrestri sul suo territorio. Vi è inoltre la questione irrisolta dell’area di Abyei, ricca di petrolio, contesa dai due Paesi. La popolazione locale doveva decidere di quale Stato far parte con un referendum che però è stato rimandato sine die. (R.P.)

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    Egitto: Al-Azhar rigetta le minacce dei salafiti. Gli auguri natalizi ai copti ortodossi

    ◊   Il 7 gennaio le autorità di al-Azhar faranno gli auguri di Natale alla comunità cristiana copta ortodossa. Lo ha confermato - riferisce l'agenzia AsiaNews - Ahmed al-Tayeb, grande imam di al-Azhar, la più importante università dell'islam sunnita. In tal modo egli "rigetta" la posizione dei salafiti che lanciano minacce ai musulmani che vogliono augurare o condividere il Natale con i loro concittadini cristiani. In un incontro con il patriarca copto-ortodosso Tawadros II, al-Tayeb ha dichiarato che al-Azhar "rifiuta e condanna le dichiarazioni di certi personaggi estremisti. Come tutti gli anni anche nel 2013 faremo gli auguri alla comunità copta per un 'buon Natale'". Secondo la tradizione ortodossa, che segue il calendario giuliano, la nascita di Gesù si festeggia il 7 gennaio. Dall'inizio della 'Primavera araba', si sono moltiplicati i siti internet e le televisioni che trasmettono i sermoni degli imam salafiti, molti di loro in carcere durante il regime di Mubarak. Le minacce di morte contro i cristiani nei programmi televisivi e sui giornali sono ormai un evento diffuso. Con la vittoria del "si" al referendum sulla Costituzione che inserisce i dettami della sharia fra le fonti del diritto, gli interventi dei leader radicali sono sempre più espliciti. Nei giorni scorsi Hisham el-Ashry, leader salafita e fondatore del Promotion of Virtue and Prevention of Vice Authority (Pvpva), ha minacciato i musulmani che fanno gli auguri di Natale ai cristiani, definendoli "traditori" e "apostati". Il suo messaggio è stato rilanciato da altri leader radicali, che sognano un Egitto totalmente islamico. El- Ashry ha anche aggiunto che il suo movimento ha intenzione di convincere i cristiani a cambiare religione, invitando anzitutto le donne a indossare il velo. In questo clima di tensione i copti-ortodossi si preparano al Natale, sfidando la paura dell'islamizzazione dell'Egitto, ma anche testimoniando la gioia di questa festività ai propri concittadini musulmani. Nasser Abu Ghaly, insegnante di al- Shoubra, quartiere popolare del Cairo, racconta che quest'anno i sentimenti sono contradditori: "Noi cristiani non abbiamo paura, ma siamo preoccupati per i nostri figli e le nostre famiglie. Tuttavia, in quanto copti ed egiziani abbiamo il diritto di pregare il nostro Dio". Al- Shubra è una zona povera dove convivono cristiani e musulmani. Come in altri quartieri a maggioranza cristiana del Cairo tutte le finestre e le terrazze sono addobbate a festa con luci colorate, ghirlande, simboli religiosi. Qui vive la comunità della parrocchia della Vergine e San Mina, che da anni festeggia il Natale insieme ai propri vicini musulmani i quali spesso partecipano alla funzione religiosa e porgono i loro auguri alle famiglie copte ortodosse. Fonti locali raccontano che anche per il 2013 la piccola chiesa sarà piena di gente. Molti di loro seguiranno in silenzio la messa di mezzanotte sul sagrato e dalla strada. Della chiesa di S. Mina ad al-Shoubra si è molto parlato alcuni mesi fa, dopo un tentativo da parte dei salafiti di impadronirsi di un terreno della parrocchia per trasformarlo in moschea. Il gesto non ha provocato scontri, ma è stata una evidente minaccia alla comunità cristiana, proprietaria dello spazio dove sarebbe sorto un nuovo salone parrocchiale. (R.P.)


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    Egitto. Incendio nella chiesa di San Giorgio: l'allarme lanciato dai microfoni della moschea vicina

    ◊   Emergono particolari eloquenti sull'incendio che si è propagato nel pomeriggio di mercoledì nella chiesa cairota di Mar Girgis (San Giorgio), nelle adiacenze della fermata metro di Manshiet Al Sadr. Fonti locali consultate dall'agenzia Fides confermano che a un giovane musulmano ha usato il microfono e gli altoparlanti della vicina moschea per diffondere l'allarme nel quartiere. Sul posto sono accorsi subito sia cristiani che musulmani per dare il proprio contributo alle operazioni di spegnimento delle fiamme. Grazie all'intervento di alcune auto-pompe si e riusciti a limitare i danni. Intanto si ripetono in tutto il Paese espressioni di solidarietà dei musulmani ai cristiani nell’imminenza del Natale copto, che si celebra il 7 gennaio. Venerdì pomeriggio, nella chiesa copta evangelica cairota di Kasr El-Dorbara, centinaia di cristiani e musulmani hanno partecipato a una cerimonia con inni e canti natalizi eseguiti dal coro locale. Al momento celebrativo ha preso parte anche il leader politico Hamdeen Sabbahi - rappresentante di spicco delle forze laiche nasseriste distintesi per la loro opposizione al regime di Mubarak - che dopo la preghiera del venerdì ha guidato una marcia di giovani militanti dalla moschea di Omar Makram fino alla chiesa per manifestare la propria concordia e unità con i cristiani copti in occasione delle festività natalizie. (R.P.)

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    Medio Oriente: oltre mille palestinesi cacciati dalle loro case in Cisgiordania

    ◊   L’evacuazione di massa più imponente degli ultimi dieci anni. E’ quella messa in atto alla mezzanotte di ieri dall’esercito israeliano nella “fire zone”, area militarizzata al confine tra la West Bank e la Giordania dove è vietato qualsiasi tipo di insediamento umano. Oltre mille abitanti palestinesi, circa cento famiglie, hanno dovuto arrangiarsi per trovare un riparo durante la gelida notte passata fuori dalle proprie case. La popolazione evacuata, considerata “illegale” dalle autorità israeliane, aveva già protestato in passato contro simili imposizioni, soprattutto perché dovranno attendere l’autorizzazione dell’esercito per far rientro nelle proprie abitazioni. Come riportato dall’agenzia Asianews, l’area d’interdizione (la cosiddetta “fire zone”) comprende circa il 18% del territorio della Cigiordania. Dal 1997 ad oggi gli insediamenti di coloni israeliani hanno occupato oltre 5 chilometri quadrati di terreno coltivabile. Le improvvise evacuazioni imposte dall’esercito israeliano colpiscono comunità spesso prive dei servizi più fondamentali come l’acqua, l’energia elettrica e il gas. In queste zone le famiglie devono fare i conti con le continue demolizioni delle case e con l’assenza di strutture come scuole e ospedali. (L.P.)

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    Somalia: la Caritas locale denuncia un milione di sfollati interni

    ◊   “Gli sfollati interni sono le principali vittime del conflitto e rappresentano ancora il maggiore problema del Paese” afferma l’ultimo report di Caritas Somalia inviato all’agenzia Fides. Nonostante la formazione di un nuovo governo e il miglioramento delle condizioni di sicurezza in alcune aree del Paese, in Somalia almeno un milione di persone vive in campi per sfollati. La maggior parte degli sfollati provengono dalla regione di Juba (42%), Banadir (15%), Shabele (13%), Bay, Bakool e Gedo (15%); il resto da altre parti del Paese. Il numero di somali rifugiati all’estero si è ridotto sia per la crescente insicurezza nelle aree di confine sia, al contrario, per il miglioramento delle condizione di sicurezza all’interno della Somalia. Le aree più insicure sono quelle della parte centro-meridionale del Paese dove la presenza di gruppi legati agli Shabaab provoca diversi scontri violenti con le Forze Amison (la missione africana in Somalia alla quale si sono aggregate le truppe keniane che operano nell’area dall’ottobre 2011) e quelle del governo di Mogadiscio. Gli scontri causano una restrizione nella libertà di movimento alle organizzazioni umanitarie e alle normali attività commerciali. A Mogadiscio, il gran numero di sfollati pone seri problemi alle autorità locali. Diverse persone che avevano occupato abusivamente degli edifici pubblici sono state respinte nella parte centrale del Paese, mentre l’Unicef denuncia che i bambini di strada (almeno 5.000) presenti nella capitale sono alla mercé di droga, criminalità ed abusi. I Signori della guerra sono inoltre riapparsi dopo che gli Shabaab hanno abbandonato la capitale, ed esercitano tentativi di controllo ed estorsione nei confronti degli sfollati che vivono nei campi dell’area di Mogadiscio. Questo non impedisce a Caritas Somalia di continuare le sue attività in collaborazione con i suoi partner locali (come Waano, Women in Action Against Malnutrition) e internazionali (Trócaire, Caritas Svizzera e Crs). (R.P.)

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    Usa. Il card. George sulle unioni gay: le leggi non creano il matrimonio

    ◊   «Lo Stato non ha il potere di creare qualcosa che la natura stessa ci mostra essere impossibile»: è il giudizio espresso dal cardinale arcivescovo di Chicago, Francis Eugene George, in merito alla proposta attualmente in esame all’Assemblea legislativa dello Stato dell’Illinois che prevede di estendere alle unioni fra le persone dello stesso sesso gli stessi diritti che tutelano il matrimonio, inclusi quelli riguardanti la prole. Lo riferisce L’Osservatore Romano. Si tratta in sostanza della legalizzazione come “matrimoni” di tali unioni e che, in caso di definitiva approvazione della legge, farebbero aggiungere l’Illinois ad altri nove Stati, più il District of Columbia, dove le unioni omosessuali godono già di una analoga normativa. Il cardinale ha firmato, assieme ad altri presuli dell’arcidiocesi, una lettera nella quale si esortano i fedeli a opporsi ai tentativi di ridefinire il matrimonio. Nella lettera si ricorda che «non è la Chiesa ad aver creato il matrimonio, ma che questo deriva dalla natura» e che «la specie umana si basa su due sessi complementari, maschio e femmina, la cui unione sessuale è detta maritale». E questa unione, è aggiunto, serve anche «a creare un luogo per amare ed educare i propri figli». Le leggi statali che tentano di introdurre i “matrimoni” tra persone dello stesso sesso creano, pertanto, si sottolinea, «una finzione giuridica». Il porporato conclude che «Cristo ha elevato l’unione maritale alla dignità di sacramento, donando un significato che va oltre a quello della stessa natura e lo Stato così come la Chiesa non possono cambiare le basi naturali del matrimonio». La proposta legislativa è attualmente in fase di stallo, ma le pressioni politiche per la sua approvazione sono molto forti. Il cardinale George ha inoltre sottoscritto — assieme ad altri presuli cattolici e rappresentanti di varie comunità e organizzazioni religiose — un appello rivolto ai membri dell’Assemblea legislativa dell’Illinois, chiedendo di tutelare la natura del matrimonio e la libertà di coloro che intendono rispettare i propri convincimenti morali e religiosi in materia, con riferimento soprattutto ai tentativi di obbligare i ministri religiosi a celebrare le unioni fra persone dello stesso sesso. «Il matrimonio e la libertà religiosa sono ideali che appartengono al nostro Stato e i leader politici dovrebbero fare del tutto per conservarli integri». La questione della legalizzazione dei “matrimoni” tra persone dello stesso sesso è recentemente approdata al grado di giudizio più elevato nel Paese. La Corte Suprema ha infatti deciso di voler procedere — a seguito di alcuni ricorsi — all’esame della legge federale che tutela il matrimonio tradizionale tra un uomo e una donna, il Defense of Marriage Act (Doma) promulgata nel 1996. La legge stabilisce inequivocabilmente che «la parola matrimonio significa solamente un’unione legale tra un uomo e una donna come marito e moglie, e la parola sposo o sposa si riferisce solamente a una persona del sesso opposto che è marito o moglie». In una nota della Conferenza episcopale viene evidenziato che i vescovi «pregheranno» affinché la Corte affermi «che l’istituto del matrimonio, che è antico quanto l’umanità ed è scritto nella nostra vera natura, è l’unione tra un uomo e una donna». Il matrimonio, è aggiunto, è «il fondamento di una società giusta, in quanto protegge i più vulnerabili tra di noi, i bambini; ed è l’unico istituto che unisce i bambini con i loro padri e con le loro madri insieme». (I.P.)

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    Cuba:card. Ortega benedice la scultura del Cristo simbolo dell’Avana, dopo il lungo restauro

    ◊   “Un’immagine nuova, perche siamo in un nuovo tempo, una nuova época”. Queste le parole dell’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega Alamino nella cerimonia di benedizione della monumentale scultura di Gesù di Nazaret collocata in una collina di fronte alla città, il 24 dicembre di 1958, pochi giorni prima della salita al potere di Fidel Castro. Il porporato cubano ha affermato che considera l’inaugurazione della scultura simbolo della città come una novità tenendo conto del “nuovo momento della storia del Paese, molto diverso da quello nel quale è stata eretta e collocata l’immagine del Salvatore”. La scultura di circa 20 metri d’altezza è stata realizzata a Roma e benedetta da Papa Pio XII prima della sua partenza per L’ Avana. Il monumento che rappresenta Gesù in piedi con una mano sul petto e l’altra in alto nel gesto di benedire, si trova a 51 metri dal livello del mare sulla collina “La Cabaña” da dove si domina tutto il panorama della città. Il cardinale Ortega ha ribadito che la novità del Cristo dell’Avana sta nel fatto che il Paese, oggi, in un altro secolo, ha davanti a sé una strada che si rinnova ogni volta di più, non solo a livello economico, ma anche in altri ordini tra i quali la crescente presenza della fede religiosa nella cultura, nella vita e nelle espressioni del popolo cubano”. Nel discorso d’inaugurazione l’arcivescovo dell’ Avana ha sottolineato le parole della autrice della scultura Jilma Madera che affermava che l’immagine “non era per venerare, ma per ricordare” il Redentore. Alla cerimonia hanno partecipato il nunzio apostolico in Cuba, l’arcivescovo Bruno Musarò, il vescovo ausiliare dell’Avana, mons. Juan de Dios Hernàndez , i vicari della arcidiocesi e diverse personalità politiche e culturali della capitale cubana. (A cura di A.Tufani)

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    Haiti: a tre anni dal sisma rapporto e visita ai progetti di Caritas italiana

    ◊   A tre anni dal terremoto che il 12 gennaio 2010 colpiva Haiti, il Rapporto “Haiti: un cammino condiviso” illustra l‘impegno complessivo di Caritas Italiana a sostegno della Chiesa locale e delle persone più vulnerabili. Il Report - riferisce l'agenzia Sir - anticipa la visita nel Paese caraibico, dal 6 al 15 gennaio prossimo, di una delegazione ufficiale guidata dal direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu. Complessivamente ad oggi sono stati approvati e avviati 125 progetti di solidarietà, per un importo di oltre 17 milioni di euro, pari al 69,26% dei quasi 25 milioni raccolti grazie alla colletta straordinaria promossa dalla Conferenza episcopale italiana il 24 gennaio 2010. “Caritas Italiana, fin dai primi giorni seguenti il sisma - spiega don Francesco Soddu -, si è posta accanto alla popolazione e alla Caritas haitiana, interprete autentica dei bisogni dei più poveri e dell’intera comunità, in stretto coordinamento con la rete delle Caritas di tutto il mondo. La nostra presenza accanto ai fratelli haitiani vuole essere segno di speranza e contributo di fede per aiutare i fratelli haitiani a non rassegnarsi e riprendere il proprio cammino di vita”. Infatti, i progetti segno di Caritas Italiana, vogliono favorire “uno sviluppo che parta dai più poveri”. (R.P.)

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    Messico: allarme per il continuo aumento dei bambini di strada

    ◊   L’aumento dei bambini di strada, provenienti in particolare dal Centro America, e la mancanza di sussidi per poter continuare ad assisterli in maniera adeguata è un fenomeno molto preoccupante. Per far fronte a questa piaga, 5 anni fa, a Tapachula, in Chiapas, è stato aperto l’Ejército de Salvación, un ostello per bambini di strada, orfani, trovati sotto i ponti della città. Questi piccoli vengono nutriti e vestiti ma mancano i fondi per poter continuare a migliorare i servizi. L’ostello infatti si mantiene grazie alle donazioni di benefattori ma non sono sufficienti. Attualmente sono ospitate in modo permanente 25 persone tra gli 8 mesi e i 19 anni di età. Inoltre, una trentina ogni giorno arrivano al centro per mangiare, di questi la maggior parte vendono caramelle agli angoli delle strade. Ad altri 35 vengono portati ogni giorno generi alimentari. In particolare per i bambini migranti che continuano ad aumentare occorre tanto aiuto di ogni genere. A questi vengono somministrati medicinali, generi alimentari e vestiario. La maggioranza provengono da Guatemala, Honduras e El Salvador. La notte è facile incontrare adolescenti del Centroamerica che vivono in strada e che lavorano nelle cantine. L’obiettivo dell’ostello è quello di poter continuare ad aiutare sempre più bambini in queste condizioni precarie con il sostegno delle autorità. E’ necessario anche disporre di un luogo dignitoso dove poter offrire ai giovani una formazione che li renda autonomi nel lavoro fuori da situaizoni di strada. (R.P.)

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    Filippine: petizione dei gruppi pro vita contro la legge sulla salute riproduttiva

    ◊   A meno di quindici giorni dall’entrata in vigore nelle Filippine della Reproductive Health Bill (Legge sulla salute riproduttiva, Rh-Bill) alcuni gruppi pro vita hanno espressamente chiesto alla Corte suprema di fermare l’attuazione della controversa legge. In una petizione di venticinque pagine – riferisce L’Osservatore Romano - una coppia di filippini, James e Lovely Imbong, a nome dei loro figli minori e del Magnificat Child Development Center, hanno sottolineato che «la legge sulla salute riproduttiva si fa beffa della cultura filippina e della nazione e non prende in considerazione molteplici fattori». Poco prima di Natale, il presidente delle Filippine, Benigno Aquino, ha firmato la controversa legge che promuoverà la contraccezione, l’educazione sessuale e i programmi di pianificazione familiare contestata con forza dalla Chiesa cattolica del Paese. La normativa prevede il finanziamento statale a politiche di pianificazione familiare e di controllo delle nascite, incluse campagne per facilitare l'accesso agli anticoncezionali. Gruppi femminili e altri sostenitori della legge hanno elogiato Aquino per aver accelerato l’approvazione della Rh-Bill che era ferma in Congresso da tredici anni. I firmatari della petizione sostengono invece che la legge 10354, la legge che viene fatta passare per uno strumento utile a promuovere una genitorialità responsabile e la tutela della salute riproduttiva, è illegale e dovrebbe essere fermata prima possibile.«Questo atto — sostengono i promotori della petizione — afferma l'illegittimità di una legge che tradisce la cultura filippina, con i suoi valori nobili e alti e fondata sulla vita, sulla maternità e la vita familiare, che oggi si trova invece isolata e in una posizione di fiero contrasto con altre nazioni». Tra i firmatari della petizione vi sono il segretario esecutivo Paquito Ochoa, il segretario al Bilancio, Florencio Abad, il segretario alla Salute, Enrique Ona, il segretario all’Educazione, Armin Luistro, e il segretario all’Interno e agli Enti locali Manuel Roxas ii. In circa una dozzina di disposizioni, le ventiquattro pagine della legge ricordano ripetutamente che i farmaci abortivi sono vietati, ma chiede agli operatori sanitari che prestino assistenza a quanti subiscono complicazioni da aborti illegali. In base alla legge, il Governo dovrà assumere altri operatori sanitari nei villaggi che distribuiranno contraccettivi, specialmente ai poveri, e forniranno istruzioni sui metodi naturali di pianificazione familiare che la Chiesa approva. Il Governo inoltre dovrà formare insegnanti che forniranno un’educazione sanitaria riproduttiva agli adolescenti, adeguata alla loro età e allo sviluppo. Essa comprende informazioni sulla protezione contro le discriminazioni e gli abusi sessuali, la violenza contro donne e bambini. (I.P.)

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    Nuova Zelanda. A Christchurch proseguono i lavori per la nuova chiesa dopo il sisma del 2011

    ◊   Sarà fatta di tubi di cartone e un tetto di plastica la nuova chiesa di Christchurch, la città della Nuova Zelanda colpita da un violento terremoto in cui morirono 182 persone nel febbraio 2011. L’edificio, che sarà pronto in aprile e potrà contenere oltre 700 fedeli, sorgerà al centro della città, al posto dell’antica cattedrale anglicana risalente al 1881 e distrutta dal sisma. La struttura, un progetto dell’architetto giapponese Shigeru Ban, sarà flessibile, garantita antisismica per almeno 50 anni e costerà globalmente tre milioni di euro che verranno coperti in parte dall’assicurazione, in parte dalle donazioni dei privati. I lavori, dopo la pausa natalizia, riprenderanno la prossima settimana: “La gente è affascinata dalle dimensioni”, testimonia il sacerdote Craig Dixon, che spera si possa creare intorno alla chiesa anche un interesse di carattere turistico. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 5

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.