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Sommario del 03/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: nel nome di Gesù c’è la sua missione di Salvatore, portare al mondo l'amore di Dio
  • Venti milioni i pellegrini che hanno partecipato dal 2005 agli incontri col Papa in Vaticano e Castel Gandolfo
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il patriarca latino di Gerusalemme: cristiani del Medio Oriente sul Calvario
  • L’Onu: 60mila morti in Siria. Offensiva ribelle contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib
  • Centrafrica: i ribelli fermano l’avanzata, in attesa del vertice in Gabon
  • Delhi: al via il processo contro i responsabili dello stupro e della morte di una giovane indiana
  • Germania: calo record della disoccupazione. Le economie emergenti continuano a crescere
  • D'Agostino (Giuristi Cattolici): inserire i temi etici nei programmi politici
  • "Partner" o "padre"? I braccialetti dell'ospedale di Padova accendono il dibattito
  • Ultimo saluto a Rita Levi Montalcini. Mons. Sánchez Sorondo: una regina della scienza
  • Caritas Ambrosiana: "no profit" in prima linea per l'emergenza Nord Africa
  • “Progetta con Dio…abita il futuro”: a Roma il Convegno nazionale vocazionale della Cei
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: per mons. Nazzaro "mai persa la speranza ma la pace è pagata a caro prezzo"
  • Libano: media islamici legati a Hezbollah rendono omaggio al Natale cristiano
  • Pakistan: droni Usa uccidono 9 estremisti tra cui il mullah Nazir
  • Myanmar: s’intensifica il conflitto tra governo e minoranza Kachin
  • Thailandia: continua la deportazione dei "boat people" birmani Rohingya
  • India: oltre 114 vittime per l’eccezionale ondata di freddo nel Nord
  • Pakistan: un’epidemia di morbillo uccide oltre 200 bambini
  • La Comunità di Taizé a Istanbul per il pellegrinaggio di fiducia con il Patriarca Bartolomeo I
  • Brasile: nel Goias la marcia anti-aborto dei “Santi Innocenti”
  • Haiti: per il nuovo anno il vescovo di Gonaives auspica la rinascita del popolo haitiano
  • Angola: morti e feriti per la calca nello stadio di Luanda per la Veglia di preghiera della Chiesa pentecostale
  • Tanzania: migliora il sacerdote ferito a Natale nell’isola di Zanzibar
  • Uganda: promossa raccolta fondi per scuola frequentata da figli di malati di Aids
  • Hong Kong: per l’Anno della fede si punta sull’adorazione eucaristica dei bambini
  • Gmg di Rio: la città di San Paolo pronta ad accogliere almeno 40 mila giovani
  • Capitali europee della cultura: cerimonie d'apertura a Marsiglia e Kosice
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: nel nome di Gesù c’è la sua missione di Salvatore, portare al mondo l'amore di Dio

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria del Santissimo Nome di Gesù. Una devozione che risale ai primi tempi del Cristianesimo e che deve la sua diffusione soprattutto a San Bernardino da Siena. Nel 1530 Clemente VII autorizzò l'Ordine francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano. Sul valore straordinario del Nome di Gesù, riproponiamo alcune riflessioni di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro Gisotti:

    “Comunicare il nome significa entrare in relazione con l’altro”. E’ questa la semplice e, al tempo stesso, straordinaria esperienza che ogni persona può sperimentare. Lo sanno bene i genitori quando per la prima volta chiamano per nome il proprio figlio. Un’emozione che anche Maria e Giuseppe hanno provato. E ancor di più, molto di più, perché - come sottolinea Benedetto XVI - quel Nome veniva dato “per volere di Dio”. La rivelazione del nome divino, osserva, “significa dunque che Dio, che è infinito e sussiste in se stesso, entra nell’intreccio di relazioni degli uomini”. Dio, soggiunge, “esce da se stesso e diventa uno di noi”. Per questo, sottolinea, “in Israele sotto il nome di Dio non si è visto solo un termine avvolto di mistero, ma il fatto dell’essere-con-noi di Dio”. Essere con noi per salvarci:

    “Sì, questo significa il nome di quel Bambino, il nome che, per volere di Dio, gli hanno dato Maria e Giuseppe: si chiama Gesù che significa ‘Salvatore’. Egli è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte”. (Messaggio Urbi e to Orbi, 25 dicembre 2011)

    Il Papa sottolinea la straordinarietà di questo Dio talmente vicino a noi “che può essere da noi chiamato” per nome. Quel Nome, Gesù, ci mostra che “Egli, l’Infinito e l’Inafferrabile per la nostra ragione", è "il Dio vicino che ama, il Dio che noi possiamo conoscere ed amare”. Donandoci Gesù, ribadisce il Papa, Dio “ci dona tutto: il suo amore, la sua vita, la luce della verità, il perdono dei peccati, ci ha donato la pace”:

    “Sì, Gesù Cristo è la nostra pace. Egli ha portato nel mondo il seme dell’amore e della pace, più forte del seme dell’odio e della violenza; più forte perché il Nome di Gesù è superiore ad ogni altro nome…Egli stesso sarà la pace”. (Angelus 1 gennaio 2011)

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    Venti milioni i pellegrini che hanno partecipato dal 2005 agli incontri col Papa in Vaticano e Castel Gandolfo

    ◊   La Prefettura della Casa Pontificia ha reso noti numeri indicativi della partecipazione dei fedeli alle udienze e alle celebrazioni con il Papa nell’anno appena concluso. Tenendo soprattutto conto dei biglietti richiesti, risulta che complessivamente nel 2012 sono stati oltre 2 milioni e 351mila i fedeli che hanno partecipato agli incontri con il Pontefice. In particolare, 447mila alle 43 udienze generali; 146mila ad alcune udienze particolari; 501mila alle diverse celebrazioni liturgiche presiedute da Benedetto XVI; e circa 1 milione e 256mila agli Angelus in Piazza San Pietro e a Castel Gandolfo. Complessivamente dal 2005 a oggi sono stati 20 milioni e 544 mila i pellegrini che hanno partecipato agli incontri con il Papa in Vaticano e nella sua residenza estiva.

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    Nomine

    ◊   Negli Usa, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare di Atlanta Mons. David P. Talley, del clero della medesima sede metropolitana, finora Parroco della “Saint Brigid Parish” a Johns Creek, assegnandogli la sede titolare vescovile di Lambesi.

    In Canada, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Prince George, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Gerald Wiesner, O.M.I., in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Prince George Mons. Stephen Jensen, finora Vicario Generale dell’arcidiocesi di Vancouver.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l'arcivescovo di Philadelphia, Charles J. Chaput, sulla libertà religiosa come pietra miliare: dalla storia americana un patrimonio per tutti.

    Sessantamila morti in Siria: in rilievo, nell'informazione internazionale, il rapporto dell'Alto commissariato dell'Onu per i diritti umani sui venti mesi del conflitto civile.

    Viaggio nella complessità di un dono: in cultura, Lucetta Scaraffia su ambivalenza e pericoli del trapianto da vivente in un libro di Giulia Galeotti.

    Tra impero e Chiesa: Giuseppe Zecchini su storiografia e apologetica nella tarda antichità.

    Timothy Verdon su Maria madre nell'arte cristiana attraverso i secoli.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Un karaoke della Divina Commedia": da Vittorio Sermonti ed Eimuntas Nekrosius due letture contemporanee di Dante.

    Bramantino e il calendario tessuto: Simona Verrazzo su un capolavoro dell'arazzeria rinascimentale.

    Cercatori di Dio, compagni dei Magi: nell'informazione religiosa, la lettera pastorale dell'arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, in occasione dell'Anno della fede.

    La prima risorsa della società: nel prossimo numero della "Civiltà Cattolica" Gianpaolo Salvini su uno studio sociologico riguardo alle unioni familiari.

    In dialogo sulla questione di Dio: nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

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    Oggi in Primo Piano



    Il patriarca latino di Gerusalemme: cristiani del Medio Oriente sul Calvario

    ◊   La situazione è sempre più difficile per i cristiani in Medio Oriente: è quanto afferma il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che lancia un appello alla solidarietà internazionale verso queste piccole minoranze religiose mediorientali. In questo contesto non si ferma l’esodo dei cristiani. Sulla situazione, ascoltiamo il patriarca Twal al microfono di Luca Collodi:

    R. – La situazione è peggiorata. D’altra parte, tra gli aspetti negativi dell’anno 2012, noi abbiamo registrato anche numerosi attacchi vandalici contro chiese e conventi cristiani, atti compiuti da musulmani ed israeliani. Abbiamo sempre denunciato i fatti presso le autorità israeliane, sottolineando l'importanza di promuovere una corretta educazione. Io mi chiedo come mai queste persone sono state educate a odiare l’altro. E’ un problema di educazione dei bambini, nelle scuole. E’ vero che anche le autorità israeliane hanno condannato tali atti però, al di là delle parole, non ho visto un seguito e questi colpevoli non sono stati fermati.

    D. - Il patriarcato latino di Gerusalemme guarda con preoccupazione anche alla situazione siriana e ai profughi...

    R. – In passato io dicevo che noi di Gerusalemme siamo la Chiesa del Calvario, ma ormai tutto il Medio Oriente è chiesa del calvario, anzi la situazione in Siria è peggiore della nostra. Noi non possiamo dimenticare la Siria, non possiamo dimenticare i nostri cristiani che vivono lì. Non possiamo tacere. La violenza in se stessa è da condannare. Poi la cosa peggiore in Siria è l’incognita di quello che verrà dopo. Non sappiamo quello che verrà dopo. C’è un piano internazionale per cambiare la situazione, ma su ciò che verrà dopo c’è sempre un silenzio totale. Sarà peggio? Non lo so … C’è l’esempio dell’Iraq, l’esempio dell’Egitto, di fronte a noi ... e ora la Siria: sarà la stessa cosa, chiaramente. Noi, certo, speriamo che non sarà lo stesso, magari! Ma cambiare tanto per cambiare non serve né ai diritti umani, né al rispetto della persona, né alla pace in medio Oriente!

    D. – Nel territorio del patriarcato latino di Gerusalemme - quindi pensiamo anche alla Giordania - ci sono profughi siriani. Voi che cosa state facendo?

    R. - Non posso dimenticare la Giordania che è il polmone del patriarcato. La maggioranza dei nostri preti viene da lì, la maggioranza dei seminaristi viene da lì. La Giordania è finora l’unico Paese dove c’è stabilità e dove i cristiani e i non cristiani possono rifugiarsi. E’ il caso di tanti iracheni, tanti siriani, è il caso di tanti egiziani che vengono a cercare lavoro, sono tutti da noi in Giordania … La mia domanda, che non è bella è: ma se capita qualche cosa in Giordania, dove vanno questi cristiani? In Arabia Saudita? Dove andiamo? Sì, sono preoccupato.

    D. – L'Anno della Fede quale Chiesa trova in Medio Oriente?

    R. – Quest’anno dobbiamo sottolineare bene la nostra fede, perché francamente ne abbiamo bisogno, considerando il contesto in cui viviamo, che è difficile, complicato: abbiamo bisogno di più fede per poter resistere alle difficoltà e continuare e dare testimonianza con più entusiasmo.

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    L’Onu: 60mila morti in Siria. Offensiva ribelle contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib

    ◊   Si fa sempre più drammatico il bilancio del conflitto in Siria: secondo l'Onu, sono circa 60 mila i morti accertati dall’inizio della crisi nel marzo del 2011. Una cifra superiore a quanto si temeva, ha commentato l’alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, che ha realizzato l’indagine. Intanto, gli insorti hanno lanciato un'offensiva contro l'aeroporto di Aleppo e la base aerea di Idlib. Tra i fattori che alimentano la crisi siriana c’è anche il rifornimento di armi alle parti in lotta. Ma qual è l’ampiezza del fenomeno? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli membro del direttivo dell’Istituto Archivio Disarmo:

    R. – I dati in realtà sono molto scarsi. Un po’ di più sappiamo sui dati relativi al governo siriano. Sappiamo che, per esempio, nell’arco degli ultimi cinque anni le forniture di armamenti al governo siriano sono aumentate del 600 per cento e praticamente sono quasi tutte quante provenienti dalla Russia, si calcola il 78 per cento. I dati che si conosconono, almeno ufficialmente, sono quelli relativi ai grandi sistemi d’arma, quindi parliamo di aerei, carri armati, missili, navi etc.

    D. – Qual è il ruolo dell’Iran che è storicamente vicino alla Siria?

    R. – Le forniture ufficiali alla Siria negli ultimi anni provengono soprattutto dalla Bielorussia, dalla Bulgaria, dalla Cecoslovacchia, dalla Corea del nord, dal Pakistan, e come dicevo prima, dalla Russia. Abbiamo qualche dato riguardante l’Iran nei confronti della Siria e ci risultano un certo numero di missili antinave e di sistemi di difesa costiera. Sono relativamente poche cose. Il problema grosso, invece, è quello relativo alle cosiddette armi piccole e leggere: non vanno dimenticate ed è questo il buco nero dell’informazione mondiale.

    D. - Chi assicura il rifornimento di armi ai ribelli?

    R. - Le notizie che si hanno sono agenzie di stampa che riportano voci secondo cui, per esempio, dal giugno scorso ci sono agenti della Cia che attraverso la Turchia riforniscono di armi i ribelli. Questo, però, evidentemente, avviene da molto più tempo perché il conflitto dura ormai da oltre un anno e mezzo e le forze di opposizione sostengono, direi ormai con successo, il confronto con un esercito organizzato come quello siriano. Ciò che è difficile in realtà è quantificare gli armamenti che, teniamo presente, spesso e volentieri non sono di fabbricazione occidentale ma sono materiali ex Unione Sovietica che finiscono nel mercato nero mondiale degli armamenti.

    D. – La Turchia appoggia il fronte antigovernativo, è così anche sul fronte del rifornimento di armi?

    R. – Questo ufficialmente viene sempre negato anche se poi in realtà avviene. Teniamo presente che la Turchia negli ultimi anni sta giocando un ruolo sempre più da leader regionale e che geograficamente la Turchia si affaccia a nord sulla Siria, sull’Iraq, sull’Iran; i contatti sono molto ravvicinati e la Turchia, evidentemente, ha interesse a posizionarsi come potenza leader a livello locale e quindi a soppiantare un governo come quello di Assad che, comunque, era più legato a Teheran che a Istanbul.

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    Centrafrica: i ribelli fermano l’avanzata, in attesa del vertice in Gabon

    ◊   Spiragli di pace nella Repubblica Centrafricana. I ribelli del Fronte Seleka che da oltre tre settimane hanno lanciato un'offensiva contro il governo della Repubblica Centrafricana hanno annunciato uno stop della loro avanzata sulla capitale Bangui in attesa del vertice convocato a Libreville, in Gabon, che dovrebbe tenersi l'8 gennaio. Il presidente Bozizé ha chiesto di poter concludere il suo mandato garantendo di non ripresentarsi alle elezioni del 2016. Significative le dimissioni del titolare del ministero della Difesa, figlio dello stesso capo dello Stato e del capo di stato maggiore dell’esercito. “Il dialogo è l’unica via percorribile”, secondo l’arcivescovo di Bangui mons. Dieudonné Nzapalainga, intervistato dal giornale cattolico La Croix. Intanto il Paese resta diviso in due e l’Unione Africana lavora ad un negoziato. Al microfono di Alessandro Filippelli, padre Stefano Molon, missionario carmelitano nel Paese da 25 anni.

    R. – Ci sono questi ribelli che stanno tentando di prendere il potere: è evidente. Se prendono il potere, purtroppo - i vecchi missionari ricordano quello che è successo 10 anni fa - quando il Paese è stato sconvolto dalla crisi che poi ha portato al potere l’attuale presidente. Il Paese era caduto in un baratro di povertà. E’ una situazione di crisi! Finché non si risolve: o se ne vanno o fanno la pace o prendono il potere … Siamo lì, in attesa. C’era stato un accordo tra ribelli, opposizione e governo. Questi accordi sembra che il presidente attuale non li abbia rispettati. Penso che i ribelli avessero dovuto essere integrati nell’esercito regolare o avere dei compensi in denaro; loro però hanno continuato a fare i ribelli.

    D. – La tensione nel Paese rimane alta. Eppure, i ribelli hanno annunciato la disponibilità a partecipare a negoziati di pace …

    R. – Intanto, è difficile sapere chi dice la verità: se è reale questa disponibilità al dialogo o no … Spesso sono manovre per poi riprendere il potere: ho questa impressione …

    D. – Qual è il clima che si respira nella capitale?

    R. – Venendo oggi dal Camerun, ho visto che non c’è nemmeno un camion che viaggi in direzione della capitale. Il Centrafrica dipende totalmente dall’estero: produce pochissimo. Per cui, quasi tutto è importato da Douala, dal porto, e arriva dal Camerun. La strada è in fase di completamento, si sta portando a termine l’asfaltatura e se si bloccasse – cioè, se i ribelli la prendessero – il Paese rimarrebbe soffocato. Quindi, suppongo che anche i rifornimenti alimentari e tutto il resto, che viene tutto dal Camerun, non arriveranno e che quindi la città rimarrà senza generi di prima necessità, se la situazione non si sbloccherà. Questo significa che a quasi un milione di persone mancherà di generi alimentari; i prezzi stanno aumentando e la gente va in crisi e diventa violenta. Nei giorni scorsi c’erano le barricate, bruciavano pneumatici: la gente ha paura! Speriamo, ci auguriamo veramente che questo nuovo anno che sta iniziando porti una soluzione di pace!

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    Delhi: al via il processo contro i responsabili dello stupro e della morte di una giovane indiana

    ◊   E’ iniziato oggi in India, in un tribunale speciale di New Delhi, il processo per direttissima al gruppo di stupratori della studentessa 23enne, morta in ospedale il 28 dicembre scorso in seguito alle gravissime ferite riportate durante l’aggressione. Alla sbarra cinque uomini, che oggi sono stati accusati formalmente di omicidio e stupro: rischiano la pena di morte. Un sesto stupratore, 17enne, sarà invece giudicato dal tribunale dei minori. Il padre della ragazza chiede l’impiccagione dei colpevoli e il varo di leggi speciali contro gli autori di crimini sessuali. Intanto, è sempre acceso il dibattito sul dilagante fenomeno degli stupri in India: alcuni avanzano l’ipotesi di una correlazione tra queste violenze e la tradizione culturale indiana. A questo si oppone il giornalista e antropologo Alessandro Cisilin, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – Naturalmente, il fenomeno è gravissimo: stiamo parlando di 25mila casi registrati soltanto nell’ultimo anno, con un incremento dell’800 per cento rispetto a 40 anni fa, e sono dati che probabilmente sottostimano il fenomeno. Detto questo, personalmente rifiuto di voler ascrivere il fenomeno alla tradizione culturale indiana. I dati che arrivano in questi giorni rivelano un contesto non legato alla tradizione ma, anzi, un contesto che si è allontanato dalla cosiddetta tradizione culturale rurale indiana. La maggior parte delle violenze sessuali avviene nel Nord del Paese, soprattutto in ambito urbano e soprattutto nell’ambito della cosiddetta middle class che, appunto, si è distaccata rispetto alla tradizione culturale rurale dove le violenze in generale sono nettamente in numero inferiore. Questo dice che forse non è colpa della tradizione culturale indiana, anzi, forse è vero esattamente il contrario, che ciò che maggiormente si è allontanato da quella tradizione ha una capacità di violenza superiore.

    D. – Si può parlare di una società che sta attraversando un momento di passaggio, proprio a causa del boom economico al quale forse però alcune dimensioni culturali e sociali faticano ad adeguarsi?

    R. – Senz’altro è un problema legato proprio ad un passaggio culturale di alcuni ceti, questo è assolutamente vero. Se proprio vogliamo trovare un legame con la tradizione locale, si ipotizzava per esempio un legame con l’antica tradizione della “sati”: ecco, questo è l’unico legame possibile con la tradizione indiana. La “sati” è la pratica della vedova che si immolava sul rogo del marito – oggi, almeno ufficialmente, è abolita – perché la donna veniva considerata impura nel momento stesso in cui veniva a cessare il suo legame familiare, a causa della morte del marito. C’era quindi un’auto-immolazione, che in realtà spesso era un’immolazione coatta. Però, anche questo non inficia quanto detto in precedenza, in quanto questa pratica era limitatissima ad una certa cerchia di persone, essenzialmente alle caste sacerdotali che in India hanno largamente un significato sociale di laicità, perché formano famiglia. Man mano che si scende nella gerarchia, che si va nelle caste più basse, va a svanire il cosiddetto tabù della cosiddetta monogamia estesa a vita, cioè: se sei alla seconda relazione sei una persona impura e come tale sei oggetto di potenziale discriminazione e violenza. E quelle caste alte sono proprio quelle che sono responsabili di larga parte delle violenze sessuali di cui leggiamo in questi giorni.

    D. – Sull’onda di questa grande rabbia popolare, di questa indignazione, in un momento di forte emotività, sembra che in India si stia andando verso l’approvazione di una legge particolare: per i casi di stupro si parla anche dell’introduzione della pena di morte …

    R. – E questo è un segno negativo, un segno della barbarie che contraddistingue quegli stessi ceti all’interno dei quali covano queste pulsioni violente. In realtà, le norme contro la violenza sessuale – senza arrivare alla pena di morte – esistono già. Sicuramente c’è un problema – ed è un problema esteso – che riguarda la prassi e, per esempio, anche il fatto che larga parte dei casi di violenza sessuale risultano – ai fini giudiziari – impuniti.

    D. – C’è il rischio che la grande attenzione riservata a questo caso, anche in Occidente non porti, in realtà, a vere conseguenze concrete che aiutino le giovani donne in quel Paese, che possano metterle al sicuro da queste violenze?

    R. – Per quanto mi riguarda, non credo questo. E mi fa un po’ arrabbiare un certo tipo di semplificazione che si fa: che esista una ‘cultura dello stupro’ nella tradizione indiana, cosa che è assolutamente, assolutamente, falsa! Mi preoccupa il fenomeno per quanto riguarda l’ennesima etichettatura coloniale e post-coloniale dell’India. Per quanto riguarda però la mobilitazione in tal senso in India, questo secondo me è solamente un fatto positivo, perché c’è una presa d’atto e una sensibilizzazione e una capacità di mobilitazione che – questa sì – è propria della cultura indiana che non può che portare del bene.

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    Germania: calo record della disoccupazione. Le economie emergenti continuano a crescere

    ◊   Nel 2012 la Germania ha registrato il tasso di disoccupazione più basso dal 1991: i senza lavoro, secondo dati diffusi oggi, si sono ridotti dello 0,3%, scendendo al 6,8%. In Spagna, invece, i disoccupati – benché in calo nell’ultimo mese - sono aumentati del 9,6% nel corso dello scorso anno, toccando la cifra record del 25% nel terzo trimestre. Sempre secondo dati diffusi in giornata, i sussidi settimanali di disoccupazione negli Usa sono aumentati di 10mila unità. La crisi globale, dunque, continua a influenzare in maniera diversa le economie dei Paesi. Una crisi iniziata tra il 2007 e il 2008, con i mutui subprime negli Stati Uniti, e proseguita in Europa con i debiti sovrani. Il tutto, tra l’allarme dello spread tra titoli di Paesi europei o il cosiddetto fiscal cliff, il baratro fiscale appena scongiurato a Washington. Ma cosa è cambiato nel resto del mondo? Nell’intervista di Fausta Speranza, lo spiega il prof. Giovanni Ferri, docente di prospettive macroeconomiche globali all’Università Luiss:

    R. – Prima del 2007/2008, la crescita dei Paesi emergenti –si parla spesso dei Brics, appunto i quattro, Brasile, Russia, India, Cina, poi alcuni aggiungono il Sudafrica – marciava a ritmi sostenuti trainati dalle esportazioni. Quindi, avevamo una globalizzazione con una forza produttiva che si stava sviluppando a ritmi molto sostenuti nelle economie emergenti e una domanda concentrata invece nei Paesi ricchi. La domanda dei Paesi europei, nel loro complesso, non era squilibrata, perché non c’era uno squilibrio nei conti con l’estero per l’area dell’euro, mentre c’erano forti squilibri da parte degli Stati Uniti. Oggi i Paesi emergenti continuano a crescere nonostante le economie avanzate siano in crisi e nonostante, quindi, la domanda si sia ridotta fortemente negli Stati Uniti e ancor più in Europa, perché hanno trovato un modo di far crescere la domanda interna. Stanno crescendo molto anche i flussi commerciali tra di loro, tra i Paesi emergenti.

    D. – Guardiamo un po’ più da vicino l’Asia …

    R. – La Cina ha avuto un raffreddamento abbastanza significativo nel corso del 2012, diversamente da quanto è avvenuto in Europa e negli Stati Uniti: non si registra decrescita, non c’è una caduta nel prodotto interno lordo; c’è solo un rallentamento nei ritmi di crescita. Per la Cina, che da molti anni cresceva al 10 per cento, il ritmo di crescita si è abbassato fino al 5 per cento. Ma adesso è risalito, è intorno al 7-8 per cento. Nel 2012 si sono avuti segni di rallentamento abbastanza netti, si è avuta anche la sensazione che ci potessero essere degli squilibri interni alla Cina, ad esempio, con un mercato immobiliare sopravvalutato, che era stato gonfiato da una forte crescita del credito. I prezzi hanno incominciato a scendere sul mercato immobiliare, cosa che non si era mai vista nell’esperienza degli ultimi decenni della Cina, ma adesso, proprio nelle ultime settimane, sono arrivati segnali che cambiano quel segno. Gli ultimi segnali che ho visto sono di un recupero della crescita in Cina, anche se non sarà più al 10 per cento. E ovviamente, ormai, la Cina è diventata la seconda economia più grande del mondo e dunque la crescita della Cina determina anche importanti conseguenze per i Paesi con cui intrattiene scambi commerciali.

    D. – Qual è invece la situazione dell’Africa?

    R. – Occorre distinguere quantomeno la parte Nord dal Cono australe. Nella parte Nord, oltre alle conseguenze della crisi negli Stati Uniti e in Europa e della crisi globale, hanno avuto forti effetti i fenomeni di instabilità politica, l’instabilità dei regimi, quella che è definita la Primavera araba. Le conseguenze nell’immediato sono negative, dal punto di vista della dinamica economica. Poi, potranno essere anche molto positive se avranno degli sviluppi positivi in termini di determinare regimi più liberi, più aperti al commercio con l’estero. Per quanto riguarda l’Africa australe, abbiamo invece il ruolo del Sudafrica che si conferma come un’economia abbastanza dinamica, anche se pure là si sono avuto dei segni di fragilità politica che potrebbero, a lungo andare, avere anche conseguenze negative. Per l’Africa credo che vada fatta una considerazione anche alla luce delle politiche internazionali, di stampo mercantile: penso alla Cina arrivata nel Continente – questo vale in parte anche per l’America Latina – con le grandi imprese cinesi e gli accordi commerciali bilaterali che hanno portato alla concessione dell’uso di risorse naturali in cambio di interventi per lo più di natura infrastrutturale o sfruttamento delle risorse ambientali in senso lato, anche dal punto di vista turistico.

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    D'Agostino (Giuristi Cattolici): inserire i temi etici nei programmi politici

    ◊   In questi giorni ferve il dibattito sui temi etici in vista della campagna elettorale. E in questo contesto si fa anche il bilancio di quanto fatto in questo campo nella passata legislatura: tra le leggi mancate quella sulle Dat, ovvero sul testamento biologico, arenatasi in Senato a un passo dal voto definitivo. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici, Francesco D’Agostino:

    R. - Sminuire la valenza dei temi etici è un errore molto grave. Il Papa, nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace, il 1° gennaio, ha messo chiaramente in rilievo che il riferimento ai temi etici va inteso come un riferimento alla verità delle cose. Se non si bada alla verità, non si può costruire un bene comune, e non si può costruire una società degna dell’uomo. Ecco perché quando si discute dei temi etici, non si discute di visioni particolari del mondo, ma sul doveroso e necessario impegno di tutti gli uomini a confrontarsi con temi come la nascita, la morte, la malattia, la procreazione, che non sono temi privati, ma sono temi pubblici.

    D. - Lei in sostanza dice che non è necessario prendere subito posizione, ma quanto meno proporli nel dibattito?

    R. - Questi temi vanno assolutamente collocati all’interno di qualunque programma politico, e mi auguro che gli elettori quando decideranno come votare, andranno a verificare che rilievo i singoli partiti daranno ai temi etici, perché marginalizzarli, minimizzarli, rimandarli a scelte private di coscienza o dire: “Ne parleremo dopo quando avremo l’occasione per farlo”, è un errore politico fondamentale.

    D. - Però, su questi temi anche i cattolici spesso sono divisi. Vediamo la legge sul bio-testamento, la quale doveva fare l’ultima lettura al Senato ed invece si è arenata… Secondo lei, questi aspetti, dovranno essere affrontati nella prossima legislatura?

    R. - Assolutamente sì. Però, una cosa è ritenere che una determinata legge - nel nostro caso la cosiddetta Legge Sacconi - meritasse di essere rivista e corretta, in quanto sicuramente ogni legge può essere migliorata e perfezionata, altra cosa è ritenere che i temi di fine vita non meritino di essere regolamentati in modo pubblico. Su questo aspetto non mi pare che ci sia differenza di opinione tra i cattolici, ma più in generale tra tutti coloro che capiscono e danno il giusto rilievo ai temi etici. Credo che sulla necessità che la procreazione, la vita, la morte, e la malattia siano garantite pubblicamente dal diritto, non ci possa essere nessuna differenziazione.

    D. - Probabilmente si tornerà a parlare nella prossima legislatura di unioni di fatto. Un intervento su questo tema rischia in qualche modo di svilire la famiglia oppure la famiglia va tutelata anche sotto altri aspetti, come per esempio quello economico?

    R. - Sono convinto che il matrimonio è una realtà umana, antropologica, incancellabile. E quindi non c’è nulla da temere dal dilagare - per altro deplorevole - delle unioni di fatto. Quello che noi dobbiamo invece considerare è che proprio perché il matrimonio è una struttura antropologica fondamentale, questo deve essere sostenuto a livello pubblico. Se poi, in un contesto in cui il matrimonio è adeguatamente sostenuto si vogliono fare delle leggi per proteggere i partner deboli delle coppie di fatto, questo lo si può senz’altro fare ma deve essere molto chiara qual è la differenza fra le due situazioni. Si tratta di proteggere il partner debole di una coppia di fatto; quando invece proteggiamo il matrimonio non proteggiamo il coniuge debole, proteggiamo l’istituzione matrimoniale che sta alle fondamenta della famiglia.

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    "Partner" o "padre"? I braccialetti dell'ospedale di Padova accendono il dibattito

    ◊   Si accende il dibattito in Italia dopo la notizia secondo la quale la clinica universitaria di Padova avrebbe sostituito la dicitura “padre” con quella di “partner” o “jolly” su uno dei braccialetti che si danno ai genitori dei bimbi nati nel reparto di ostetricia. La prassi sarebbe in uso da diversi mesi, da quando cioè nella struttura si è presentata una coppia di donne omosessuali, che erano ricorse alla fecondazione eterologa. La clinica conferma l’esistenza del braccialetto, ma denuncia una “mistificazione” e una “strumentalizzazione” del caso da parte della stampa: “il braccialetto – spiega la dott.ssa Maria Teresa Gervasi, direttore dell’unità operativa di Ostetricia – ha come unico scopo la sicurezza del neonato: il riconoscimento dei diritti civili non spetta a noi”. Critico il Movimento per la Vita: al microfono di Paolo Ondarza sentiamo Ubaldo Camilotti, ex presidente della sezione di Padova:

    R. – E’ un’iniziativa errata, perché, di fatto, apre la strada ad aspettative e diritti che non esistono. Un conto è garantire alla mamma, in questo caso, di essere assistita da una persona a lei cara, superando quelle barriere che a volte la privacy, ingiustamente impone. Anche per me a volte è stato difficile avvicinare amici ammalati, perché non ero loro parente. Un conto è modificare quello che, secondo me, è un fatto fondamentale. Qui non si parla di moglie e marito, si parla di madre e padre. Se non c’è il padre - prendiamo atto che tanti figli purtroppo non conoscono il padre - l’importante è che il bambino sia riconosciuto dalla mamma. Esistono tanti casi di questo tipo. Certo, sarebbe meglio che ci fosse sempre un riconoscimento anche da parte del padre, ma se questo non c’è non toglie in alcun modo dignità al bambino.

    D. – Al centro della questione non è stato posto il problema della dignità del bambino, ma forse la paura di urtare la sensibilità di qualcuno...

    R. – Esattamente. Intuisco che questa è proprio un’iniziativa che punta a riconoscere agli omosessuali certi diritti, che per le loro attitudini sessuali non hanno. Io mi sono battuto, e noi come Movimento per la Vita ci battiamo continuamente, perché a tutti, indipendentemente dalle loro attitudini o abitudini sessuali, sia riconosciuta la patente di dignità umana. Tutti siamo uomini o donne di serie A. Pretendere che per le nostre abitudini o attitudini sessuali ne nascano dei diritti, questo è sbagliato, perché le attitudini sessuali non hanno una rilevanza sociale. Così è per l’attitudine ad accompagnarsi nella propria vita con compagni di studio o di ricerca o accompagnarsi per motivi religiosi: non hanno rilevanza sociale, da queste attitudini non derivano di diritti. Fra l’altro, in tutta questa polemica ci si dimentica del bambino. Bisogna invece pensare a lui. Io mi auguro che la sua famiglia, sua mamma in particolare, i suoi amici, i suoi nonni e, semmai un giorno lo saprà, suo padre, le rendano una vita degna, di questa dignità che è in lei innata. Tutto il resto ha una rilevanza secondaria.

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    Ultimo saluto a Rita Levi Montalcini. Mons. Sánchez Sorondo: una regina della scienza

    ◊   Il lungo applauso di più di 4mila persone ha accolto ieri pomeriggio, al Cimitero Monumentale di Torino, il feretro di Rita Levi Montalcini per un ultimo saluto. Le ceneri, dopo la cremazione, chiuse in un’urna, verranno interrate accanto a quelle della sorella gemella Paola. “Non mi aspettavo una partecipazione così grande”, ha detto commossa la nipote della senatrice, Piera Levi Montalcini. Alla cerimonia erano presenti anche i ministri Francesco Profumo ed Elsa Fornero, il governatore del Piemonte Roberto Cota e la Comunità ebraica della Città di Torino. La Montalcini faceva parte anche della Pontificia Accademia delle Scienze. Al microfono di Debora Donnini, sentiamo il ricordo tracciato dal cancelliere della stessa Accademia, mons. Marcelo Sánchez Sorondo che ha conosciuto personalmente la grande scienziata:

    R. – La conoscevo da molti anni: è dal 1998 che sono cancelliere. Era veramente una donna straordinaria. Noi l’abbiamo anche nominata presidente in due incontri sulla neuroscienza. Lei ha sempre fatto parte del nostro gruppo formato dai neuroscienziati più bravi. Poi ricordo che veniva spesso all’Accademia, con grande fedeltà. Era sempre molto preoccupata di quanto la dignità umana fosse in decadenza nella società; anche quella femminile, perché era sempre molto interessata alla vocazione della donna.

    D. - Rita Levi Montalcini era una delle donne che faceva parte della Pontificia Accademia delle Scienze. In che cosa consisteva più precisamente la sua collaborazione?

    R. - La sua collaborazione - come quella di tutti i membri dell’Accademia - era di tipo scientifico, cioè contribuire a chiarire il problema della verità nel campo della scienza. Naturalmente il suo campo era il cervello, il campo per eccellenza della neuroscienza, che si è sviluppato in questi ultimi sessanta anni. Prima il cervello era considerato come la materia grigia, ma adesso sappiamo che questo organo è il centro del sistema nervoso; è una cosa meravigliosa del nostro corpo. E lei ha scoperto questa plasticità, questo grande fattore di crescita. Ha trovato questa straordinaria cosa che il cervello, benché sia “localizzato”, cioè si localizzano le sensazioni, le memorie, la parte più razionale, la parte affettiva, allo stesso tempo è così “plastico”, che se per un motivo o per un altro, uno non ha una metà, con l’altra metà può comunque lavorare. Una persona del nostro gruppo di neuroscienziati ha pubblicato un libro dove mostra come un suo studente che ha solo la metà del cervello, oggi è divenuto professore universitario.

    D. - La sua scoperta principale infatti è stata quella del fattore di crescita nervoso, Ngf, una scoperta per la quale ha ricevuto il Nobel, ma che è stata importante per studi su malattie come l’Alzahimer e la Sclerosi laterale amiotrofica…

    R. - Una scoperta importante per il cervello in sé, per le malattie, ma anche per i comportamenti normali, per l’importanza decisiva che ha il cervello per il funzionamento di tutte le nostre attività, ma in particolar modo per l’attività superiore, quella dell’intelligenza, della volontà, della libertà. Lei era membro dell’Accademia anche prima, perché era stata introdotta dal professore brasiliano Chagas. E quando c’è stata la persecuzione agli ebrei, lei è andata in Brasile. Quindi si sentiva molto vicina all’Accademia, perché l’ha aiutata in questo campo: a sviluppare tranquillamente le sue ricerche. Quindi era veramente molto attiva e in ogni sessione plenaria portava un importante contributo. Era impressionante: non scriveva nulla, ricordava tutto a memoria e menzionava cifre una dietro l’altra. Quindi io me la ricordo così, con quella sua delicatezza, con il suo modo di fare così fine, così elegante, così felice e così prudente nei suoi interventi. Poi me la ricordo nei diversi interventi che ha fatto a favore delle donne e della loro educazione, sul fatto che anche loro, al pari degli uomini, dovevano avere accesso alla conoscenza e alla ricerca.

    D. - Per la sua dedizione, sia dal punto di vista umanitario che chiaramente per la sua dedizione alla ricerca, in un certo senso è stata un modello anche di comportamento…

    R. - Sì è stata veramente un modello. Per questo motivo l’hanno fatta senatrice sia per la sua ricerca, sia per il suo comportamento morale. Noi la ricordiamo veramente come una regina della scienza. Aveva una passione per la verità che abbracciava completamente tutta la sua vita. Per noi è una grande perdita e, naturalmente, faremo una commemorazione nella prossima sessione plenaria. Tutti sono stati molto commossi. Abbiamo mandato una lettera di informazione a tutti i membri dai quali abbiamo avuto una risposta corale di adesione e di dolore per questa perdita.

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    Caritas Ambrosiana: "no profit" in prima linea per l'emergenza Nord Africa

    ◊   È stata prorogata fino al 28 febbraio prossimo l’assistenza per i profughi del Nord Africa arrivati in Italia dopo la ‘Primavera araba’. In questi due mesi, saranno le prefetture ad essere incaricate della gestione, con regole diverse rispetto alla fase dell’emergenza. La preoccupazione di molte istituzioni umanitarie e ‘no profit’ è che il peso dell’assistenza si sposti eccessivamente sulle realtà del terzo settore e sugli enti locali, già molto impegnati. Ascoltiamo, nell’intervista di Davide Maggiore, il commento di Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana:

    R. - Questa è un’emergenza gestita fin dall’inizio con le risorse disponibili. Le risorse statali qui in Lombardia sono state molto defilate, tranne per alcune situazioni egregie a macchia di leopardo di comuni che si sono attivati. Quindi, il terzo settore si è trovato in prima linea. Il problema sorgerà nel momento in cui il progetto ‘Emergenza Nord Africa’ si interromperà: su chi cadrà il peso di queste persone, che comunque hanno titolo a rimanere, ma che per la maggior parte non hanno concluso un percorso di apprendimento della lingua, piuttosto che riuscire a trovare un lavoro per poi avere una casa autonoma? Tutte queste situazioni rischiano di ricadere sul terzo settore o sui comuni. Questa è la grande preoccupazione, e resterà se il progetto verrà interrotto il 28 febbraio, tra l’altro in pieno inverno.

    D. - Possiamo concentrarci proprio su quest’ultimo elemento, sulle conseguenze concrete?

    R. - Non stiamo parlando solo della città di Milano, che comunque è attrezzata; stiamo parlando anche di tutte le Caritas lombarde. Ad esempio, la Caritas di Brescia si occupa di profughi che si trovano in alcune valli, quindi in paesini che ovviamente non saranno in grado di farsene carico. Da questo punto di vista, perciò, almeno lo spostamento verso una stagione più mite può consentire un’uscita dei profughi verso soluzioni che non li mettano in estrema difficoltà.

    D. - Quanto sono importanti - invece - i percorsi di integrazione, per una vera soluzione dell’emergenza?

    R. - Tutte le situazioni di emergenza devono essere accompagnate verso una situazione di ordinarietà. Dallo straordinario all’ordinario, al quotidiano, come spesso la Caritas italiana cerca di ricordare. Qui si tratta di persone che provengono da situazioni estremamente drammatiche; quindi, noi abbiamo dovuto cercare di rispondere a tutte le esigenze. Le prime erano quelle legali: l’accompagnamento, l’orientamento alla domanda da rifugiato; ma poi ci siamo subito domandati: che cosa fare per arrivare a dare un’autonomia? Per arrivare ad avere un lavoro bisognava imparare l’italiano. Abbiamo quindi organizzato nove corsi di lingua italiana ad hoc, altri di formazione professionale per insegnare mestieri come imbianchino, meccanico, saldatore… con dei tirocini, delle borse lavoro. Tutto questo perché solo attraverso l’autonomia linguistica e il lavoro, una persona può immaginare di avere una casa propria, e quindi di uscire dall’emergenza. Noi abbiamo dovuto trovare nelle parrocchie degli appartamenti, trovare in alcuni pensionati - che erano per i lavoratori italiani - degli spazi per queste persone; ma non si poteva lasciarli ‘parcheggiati’ lì, bisognava promuovere delle iniziative per arrivare ad un’autonomia. Devo dire che gran parte di questi hanno condiviso un percorso e sono arrivati ad un buon grado di autonomia. Questi progetti - anche se non sono ancora conclusi - sono verso una fase di soluzione e di ingresso nel mondo del lavoro. Per noi ogni emergenza significa rispondere all’esigenza fondamentale delle persone, che è quella di accompagnarle verso un’autonomia, altrimenti queste rimangono sempre dipendenti dall’aiuto di una Caritas o di un ente locale, e questo ovviamente non fa uscire nessuno dall’emergenza.

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    “Progetta con Dio…abita il futuro”: a Roma il Convegno nazionale vocazionale della Cei

    ◊   Rettori ed educatori nei Seminari, direttori degli uffici per la pastorale delle vocazioni, formatori delle diverse diocesi italiane, sono riuniti da oggi pomeriggio fino a Sabato, a Roma, per il Convegno nazionale vocazionale organizzato dall’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni della Conferenza episcopale italiana. “Progetta con Dio…abita il futuro” il titolo dell’incontro. Per approfondire le tematiche affrontate, Debora Donnini ha sentito il direttore dell’ufficio per la pastorale delle vocazioni, mons. Nico Dal Molin:

    R. – Lo scopo del Convegno vocazionale è quello di avere come riferimento il messaggio annuale che il Papa indirizza a tutta la Chiesa per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che quest’anno sarà il 21 aprile. Quindi, prendendo il tema del messaggio “Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede”, lo abbiamo tradotto con uno slogan “Progetta con Dio… abita il futuro”.

    D. – Vengono affrontati diversi aspetti in questo Convegno, ma come aiutare le vocazioni?

    R. – Innanzitutto, credo che sia importante avere una consapevolezza di motivazione della propria scelta vocazionale. Nel nostro Convegno, in realtà, sono presenti gli animatori vocazionali e le animatrici vocazionali delle nostre diocesi della Chiesa italiana. Poi, ci sono anche rappresentanti della Chiesa europea. La prima realtà è motivare noi stessi. La seconda realtà è quella di dare anche qualche indicazione di modalità, di esperienza, di cura particolare della proposta vocazionale, tenendo presente uno sfondo di tematica, ma insieme anche alcune opportunità operative.

    D. – In un mondo secolarizzato come quello di oggi, le Giornate mondiali della gioventù, i pellegrinaggi organizzati dalle diocesi e dai gruppi, corsi, come per esempio quelli dei francescani, possono aiutare i giovani concretamente a scoprire la loro vocazione?

    R. – Sì, certamente. Penso che le esperienze delle Gmg, ma anche esperienze nuove, come il Festival francescano che si è tenuto recentemente di Rimini o altre opportunità, sicuramente si pongono ad un’attenzione anche di carattere mediatico, oltre che motivante, perché fanno presa nel linguaggio dei giovani. E’ vero, però, che rimane sempre un lavoro di pastorale vocazionale, che è quello di non lasciare che quell’input emotivo dei grandi eventi rimanga non coltivato, non sufficientemente portato avanti anche nella profondità della vita quotidiana. Qui s’innesta la pastorale vocazionale, per dare continuità nella quotidianità proprio a questi semi di vocazione, che lì vengono di fatto acquisiti.

    D. – Uno dei temi del Convegno è “Apocalisse di Giovanni. Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni”. Ad esempio, questo è un titolo particolare tra le vostre proposte all’interno del Convegno...

    R. – Nel Convegno cerchiamo di usare anche linguaggi diversificati. Questa sarà una proposta di carattere artistico. Si tratta di un recital, proposto da un’attrice con accompagnamento e canti, sul libro dell’Apocalisse. Per noi la scelta del libro dell’Apocalisse è abbastanza interessante e anche nuova, perché l’Apocalisse è l’ultimo libro della Bibbia ed è un libro che parla di futuro. Essendo il tema del Convegno “Progetta con Dio”, quindi scrivi il tuo sogno a quattro mani con Dio, ma abita il futuro, ci sembrava che aprirlo proprio con una proclamazione diversificata anche nel linguaggio del libro dell’Apocalisse fosse una cosa innovativa, ma anche molto profonda.

    D. – C’è qualche altro aspetto che lei vuole sottolineare di questo Convegno?

    R. – Noi diamo molto spazio a figure significative. Domani avremo la proposta legata alla figura del cardinale Van Thuân, un grande uomo di speranza, che ha lasciato una traccia indelebile in questo ambito. Nel pomeriggio daremo spazio a vari tipi di testimonianze che ci permettono poi di capire in ambiti di vita diversificati come ciascuno di noi possa vivere la propria chiamata, la propria scelta vocazionale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: per mons. Nazzaro "mai persa la speranza ma la pace è pagata a caro prezzo"

    ◊   Buio e freddo avvolgono Aleppo dove la notte la temperatura scende a sotto lo zero. Mancano elettricità e riscaldamento e a farne le spese sono soprattutto i bambini che si ammalano. Il rischio di morire per freddo e stenti è alto, soprattutto per chi vive nei campi profughi e per le strade perché a causa dell’embargo in Siria mancano anche le medicine. È una testimonianza drammatica quella che da Aleppo mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo dei Latini, racconta all'agenzia Sir . ”L’embargo che hanno voluto le Nazioni Unite - dice - oltre a togliere i viveri ha privato la popolazione delle medicine. È chiaro che in una situazione del genere se nei campi dei rifugiati muore un bambino per il freddo, è normale visto che non ci sono neanche le medicine per curarlo. Siamo senza gasolio, senza riscaldamento, senza gas per cucinare, senza elettricità e senza pane. Ma noi qui abbiamo ancora un tetto sopra la testa, che ci protegge. Chi vive invece sotto una tenda e peggio ancora per la strada, come fa a sopportare il freddo? Qui la notte la temperatura scende sotto lo zero. Mi chiedo se i signori che siedono al Palazzo di vetro, si pongono questo problema. Io non ho mai perso la speranza - afferma il vescovo -. Prima o poi noi avremo la pace ma il giorno in cui arriverà, sarà stata pagata a caro prezzo”. (R.P.)

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    Libano: media islamici legati a Hezbollah rendono omaggio al Natale cristiano

    ◊   Nel periodo natalizio i media libanesi affiliati a Hezbollah hanno dato molto risalto alle celebrazioni cristiane: “La sollecitudine di molti di mezzi di comunicazione musulmani – ha spiegato alla Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie (Pom) nel Paese – richiama la specificità tradizionale della vita libanese, dove cristiani e musulmani condividono una certa socialità anche al livello delle feste religiose”. Il 25 dicembre, infatti, la radio Al-Nour ha reso omaggio alla nascita di Gesù attraverso una selezione di canti religiosi della tradizione, mentre i servizi informativi hanno mandato approfondimenti sulla figura di Cristo; non è inusuale, inoltre, che le famiglie cristiane visitino quelle islamiche nel corso del Ramadan e che avvenga il contrario per Natale o per Pasqua. Inoltre, molti bambini delle famiglie musulmane di profughi siriani hanno ricevuto regali natalizi dalle parrocchie, al pari dei piccoli profughi delle famiglie cristiane. Alcuni media legati al Movimento patriottico libero, formazione cristiana maronita guidata dal generale Michel Aoun e alleata con gli sciiti di Hezbollah, poi, hanno dato risalto alle campagne dei gruppi salafiti locali contro il Natale cristiano, sottolineando la matrice sunnita dell’integralismo salafita e molti servizi hanno messo in evidenza le pressioni esercitate sulla municipalità di Tripoli per ridurre al minimo le decorazioni natalizie bollandole come blasfeme e contrarie all’Islam. Tra le voci contrarie, ed esempio, il leader salafita Omar Bakri Fostock che ha intimato ai fedeli musulmani di non partecipare alle celebrazioni del Natale, definendo questa abitudine di molti islamici una forma di “eresia”. (R.B.)

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    Pakistan: droni Usa uccidono 9 estremisti tra cui il mullah Nazir

    ◊   Due attacchi condotti da droni americani hanno causato oggi in Pakistan la morte di nove persone legate alla guerriglia islamica. In particolare, nell’operazione condotta sulla zona di Angoor Adda, poco distante da Wana, capitale del sud Waziristan che si trova al confine con l’Afghanistan, è rimasto ucciso il mullah Nazir, già ferito da un attacco nel novembre scorso, e il suo vice, Ratta Khan. I due si trovavano in un covo contro il quale sono stati lanciati dei missili. Il mullah Nazir era considerato una figura di spicco dell’estremismo islamico, e nel 2007 aveva firmato un accordo di collaborazione con Islamabad per la gestione delle aree tribali particolarmente problematiche e per contenere gli attacchi talebani contro i soldati pakistani. Di fatto, come riferisce l'agenzia AsiaNews, egli aveva privilegiato la lotta contro le forze Usa e contro l’esercito di Kabul, in solidarietà con i talebani afghani. Ora la sua morte potrebbe acuire le tensioni tra gli Stati Uniti e il Pakistan, che ritiene “essenziali” figure come quella di Nazir, il quale è già stato sostituito dal mullah Ayubi, designato davanti a diecimila persone al termine dei funerali del suo predecessore che si sono svolti a Wana. (R.B.)

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    Myanmar: s’intensifica il conflitto tra governo e minoranza Kachin

    ◊   Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban-ki-moon, ha espresso la propria preoccupazione per l’intensificarsi delle operazioni in Myanmar contro la minoranza Kachin che vive nell’area al confine con la Cina e ha chiesto alle autorità competenti “di evitare ogni azione che possa mettere in pericolo la vita di civili nella regione ed esacerbare il conflitto”. Nei giorni scorsi, infatti, nonostante la dissonanza tra le posizioni ufficiali, con il governo che in un primo momento aveva smentito la notizia poi confermata dalle forze armate, i militari birmani hanno intensificato le operazioni contro i guerriglieri Kachin alle porte di Laiza, quartier generale dell’Esercito per l’indipendenza Kachin, zona off limits per gli osservatori indipendenti. Tra i maggiori gruppi etnici del Paese, i Kachin sono in gran parte cristiani in un Paese a maggioranza buddista e sono gli unici a non aver trovato un accordo di cessate il fuoco con l’esecutivo: il braccio politico del gruppo, denominato Organizzazione per l’indipendenza Kachin, chiede maggiore autonomia e la cessazione delle violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito. Dal giugno 2011 questo conflitto ha causato oltre 75mila sfollati. (R.B.)

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    Thailandia: continua la deportazione dei "boat people" birmani Rohingya

    ◊   Il primo gennaio appena trascorso, vicino Bon Island, provincia di Phuket, le autorità thailandesi hanno intercettato una barca con 73 migranti Rohingya in cerca di asilo, compresi 20 bambini, alcuni di appena 3 anni. Dopo aver fornito generi alimentari, acqua e altri servizi ai passeggeri, oltre che carburante alla barca, le autorità avevano inizialmente pianificato di mandare la barca in Malesia, verso Langkawi Island. Quando si sono accorti che la barca sovraffollata era traballante e piena di crepe e che molti dei passeggeri erano troppo deboli per affrontare un viaggio così faticoso e tribolato, hanno deciso di far sbarcare il gruppo all’ufficio immigrazione di Phuket. Ieri, due tir con 73 Rohingya a bordo sono stati mandati nella provincia di Ranong per essere deportati in Birmania. Secondo fonti umanitarie, per limitare questo fenomeno, il governo thailandese dovrebbe immediatamente bloccare la deportazione di questi profughi. Le autorità dovrebbero consentire all’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), il libero accesso a questi e ad altri rifugiati dallo Stato birmano dell’Arakan e determinare se sono in cerca di asilo e se sono qualificati per lo status di rifugiato. “Il governo thailandese dovrebbe abolire la politica disumana della deportazione sommaria dei Rohingya, brutalmente perseguitati in Birmania, e rispettare il loro diritto di richiesta d’asilo” si legge in una nota del direttore per l’Asia di Human Rights Watch (Hrw). Ogni anno centinaia di migliaia di Rohingya dello Stato dell’Arakan fuggono dalla repressione delle forze militari birmane e dalla miseria. La situazione è notevolmente peggiorata alla fine del 2012. Oltre agli ultimi arrivi nella provincia di Phuket si prevedono nuovi imbarchi dalla Birmania. Secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ogni individuo vittima di persecuzioni ha diritto di chiedere asilo. Anche se la Thailandia non ha sottoscritto la Convenzione sui rifugiati del 1951, il Paese ha l’obbligo di non rimandare indietro chiunque si trovi in situazioni di rischio. L’organizzazione Hrw sostiene che il governo tailandese debba garantire leggi a tutela dell’etnia Rohingya. Un controllo da parte dell’Unhcr di tutte le barche in arrivo aiuterebbe il governo a stabilire chi ha lo status di rifugiato. E’ fondamentale per la tutela dei profughi e il governo dovrebbe accettarlo e fermare il rientro forzato di questi boat people. (R.P.)

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    India: oltre 114 vittime per l’eccezionale ondata di freddo nel Nord

    ◊   Almeno 114 persone, di cui 23 nelle ultime 24 ore, sono morte nel nord dell’India a causa del freddo. Di queste, una novantina di vittime si contano nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, e precisamente ad Agra, la città che ospita il famoso monumento del Taj Mahal e che è il luogo dove la temperatura ha raggiunto la quota più bassa, pari a 0.9 gradi centigradi. Secondo fonti di polizia, la maggior parte delle vittime, i cui corpi sono stati ritrovati per strada o nei parchi, erano senzatetto o persone che vivevano in condizioni di estrema indigenza. Stando al servizio meteorologico locale, la città di Nuova Dehli, al confine con l’Uttar Pradesh, ha registrato negli ultimi giorni la temperatura più bassa dal 1969, compresa tra i 4 gradi di minima e i 9 di massima. (R.B.)

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    Pakistan: un’epidemia di morbillo uccide oltre 200 bambini

    ◊   Duecentodieci bambini pakistani sono morti a causa di complicazioni associate al morbillo. È quanto riferito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che ha già attivato le vaccinazioni per circa tre milioni di bambini tra i nove mesi e i dieci anni. Secondo l’Oms la provincia più interessata è quella del Sindh, ma l’epidemia di morbillo minaccia l’intero Paese: finora sono stati esaminati 7300 casi sospetti e circa l’80% dei bambini non è ancora stato vaccinato. Come riportato dall’agenzia Fides, l’alto tasso di malnutrizione potrebbe essere una delle cause scatenanti dell’epidemia che è molto contagiosa e può indebolire il sistema immunitario causando pandemie come polmonite e diarrea. In Pakistan le autorità locali sostengono siano morte di morbillo nel 2012 circa 300 persone. (L.P.)

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    La Comunità di Taizé a Istanbul per il pellegrinaggio di fiducia con il Patriarca Bartolomeo I

    ◊   Con un alcuni fratelli ed un centinaio di giovani provenienti da vari Paesi, frère Alois è da oggi a Istanbul dove fino al 6 gennaio celebrarà la festa dell’Epifania e pregarà con i cristiani della città. I primi contatti della comunità di Taizé con il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli risalgono agli anni 1960. Nel febbraio del 1962, frère Roger ha fatto visita, assieme ad un altro fratello, al Patriarca Atenagora a Istanbul. Ha incontrato il Patriarca nuovamante nel 1963 durante le celebrazioni per il millennario del Monte Athos e si è recato una seconda volta a Istanbul nel 1970. Nella stanza di Frère Roger a Taizé è tutt’oggi conservata un’icona della Vergine Maria, che il Patriarca aveva donato a Frère Roger in quella occasione. Nel 2005, l’anno della morte di frère Roger, frère Alois si è a sua volta recato con due fratelli a Istanbul, a Natale, per incontrare il patriarca ecumenico Bartolomeo. Accogliendo calorosamente i fratelli, il patriarca ha ascoltato con attenzione i racconti su frère Roger e sul suo legame con il patriarca Atenagora. Si è anche molto interessato degli incontri con i giovani animati dalla Comunità di Taizé. Come segno di comunione, frère Alois gli ha offerto uno dei scialli che frère Roger era solito indossare. L’anno scorso, il patriarca Bartolomeo ha invitato frère Alois a tornare a Istanbul, con alcuni fratelli e un centinaio di giovani. Questa tappa del Pellegrinaggio di fiducia inizierà oggi con la celebrazione dei Vespri nella chiesa greco-ortodossa della Santissima Trinità in Piazza Taksim, nel centro di Istanbul. Sabato, i fratelli ed i giovani parteciperanno ai Vespri della festa dell’Epifania a Fanar, sede del Patriarcato Ecumenico. Alcune famiglie delle diverse Chiese presenti ad Istanbul offriranno ospitalità ai giovani pellegrini. Venerdì sera, una preghiera con canti di Taizé nella Chiesa armena cattolica di San Giovanni Crisostomo riunirà gli uni e gli altri e tutti coloro che desidereranno partecipare. Sabato sera, cristiani di diverse tradizioni, assieme ai loro amici musulmani, accoglieranno i giovani in diversi luoghi della città. La domenica sarà dedicata agli incontri con le comunità cristiane cittadine. Durante il loro soggiorno a Istanbul, i giovani avranno l’opportunità di visitare luoghi importanti: Santa Sofia e San Salvatore in Chora, il monastero di Balikli dove si trova la tomba del Patriarca Atenagora e il Monastero della Santissima Trinità sull’isola di Heybeliada, che ospita gli edifici del seminario teologico di Halki. (R.P.)

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    Brasile: nel Goias la marcia anti-aborto dei “Santi Innocenti”

    ◊   Passeggini e culle vuote per simboleggiare il rifiuto dell’aborto: uomini, donne e bambini sono scesi così per le strade di Anapolis, capitale economica del Goias, in Brasile, nella ricorrenza dei Santi Innocenti. Un’occasione per riaffermare il valore della vita umana e, come riportato dall’agenzia Zenit, per protestare contro la legge che autorizza la rete ospedaliera pubblica a eseguire l’aborto in caso di gravidanza da stupro e con rischio di vita per la gestante. In strada sono apparsi striscioni, cartelli e slogan urlati sulle note di “Lasciami nascere” di Celina Borges. Nel Paese sudamericano l’interruzione volontaria di gravidanza non è legalizzata e negli ultimi tempi è in atto uno scontro sulla liceità dei cosiddetti casi di “aborto legale” o “scuse assolutorie”. (L.P.)

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    Haiti: per il nuovo anno il vescovo di Gonaives auspica la rinascita del popolo haitiano

    ◊   “Ognuno di noi è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità, prendendosi carico del presente e del futuro del popolo haitiano con scelte sagge e intelligenti” perché possa rinascere e diventare padrone del suo destino. È un invito, ma anche un auspicio quello lanciato dal vescovo haitiano di Gonaives Yves-Marie Péan per il 2013. Al “Te Deum” di ringraziamento per l’anno appena concluso e per la festa dell’indipendenza di Haiti, celebrato il 1° gennaio nella cattedrale San Carlo Borromeo di Gonaives, il presule ha ricordato innanzitutto i tanti haitiani che ancora soffrono nel Paese: i disoccupati; i disabili; i malati; le vittime del sisma del 2010 e degli uragani e delle inondazioni che si sono abbattuti sull’isola in questi anni; i senza-tetto; i giovani preoccupati per il loro avvenire e tutti i poveri. “Sono ancora troppi - ha detto - i nostri concittadini che non hanno accesso né all’acqua potabile, a una casa decente o all’istruzione e che vivono in condizioni di vita incompatibili con quell’Uomo di cui ci parlano le Scritture fatto ad immagine e somiglianza con Dio”. Per questo “l’Uomo haitiano” è chiamato a contribuire in prima persona a migliorare le condizioni di vita della Nazione: “Se rinuncierà ad usare le facoltà donategli da Dio e andrà al rimorchio di qualcun un altro che pensi, decida e programmi per lui – ha ammonito mons. Péan - diventerà l’artefice delle sue disgrazie. Se non assumerà il controllo del proprio patrimonio sociale, storico, culturale e religioso e delle sue risorse naturali, o rinuncerà alla sua autodeterminazione contribuirà alla propria sconfitta”. Ma Haiti ha anche bisogno “di un clima di dialogo nella verità della riconciliazione, della tolleranza e della coesione sociale e di una cooperazione rispettosa: tutto questo – ha sottolineato il vescovo di Gonaives - contribuirà alla stabilità sociale e politica e alla pace” che “non è un sogno o un’utopia”, ma è possibile e “raggiungibile con la grazia di Dio”. In conclusione, una nota di speranza: “Oggi per fortuna è cresciuta la consapevolezza che il problema di Haiti, oltre ad essere quello che è, è l’uomo: l’uomo haitiano deve rinascere, essere rimodellato per diventare un uomo nuovo, animato dall’amore, dalla giustizia, dall'armonia, la pace e l’aiuto al prossimo, la coscienza di sé, sia individuale che collettiva, e convincersi della necessità di rompere con un passato dominato dalla mancanza di rispetto, dal disprezzo delle regole, dall’anarchia, dall’egoismo e dalla la vanità. Dobbiamo impegnarci totalmente per realizzarci e crescere nella nostra umanità”, ha concluso mons. Péan. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Angola: morti e feriti per la calca nello stadio di Luanda per la Veglia di preghiera della Chiesa pentecostale

    ◊   10 persone sono morte calpestate e altre 120 sono rimaste ferite mentre provavano ad entrare in uno stadio strapieno a Luanda, capitale del Paese, dove si teneva una veglia di preghiera organizzata dalla Chiesa Universale pentecostale del Regno di Dio. L’informazione è stata resa pubblica dall’agenzia ufficiale del governo angolano. Secondo l’Angop, il portavoce del servizio d’emergenza ha detto che le vittime, tra cui 4 bambini, sono state schiacciate contro il portone dello stadio Cidadela Desportiva, luogo scelto dalla Chiesa per la veglia di lunedì sera. Ferner Batalha, vescovo della Chiesa Universale, ha riconosciuto che la Veglia era troppo affollata. “Abbiamo pensato che sarebbero venute circa 70 mila persone, ma in realtà il pubblico era molto maggiore”, ha raccontato all’Angop. (A cura di Rafael Belincanta)

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    Tanzania: migliora il sacerdote ferito a Natale nell’isola di Zanzibar

    ◊   Migliorano le condizione di padre Ambrose Mkenda, il sacerdote cattolico ferito a colpi di pistola da sconosciuti il giorno di Natale, nell’isola di Zanzibar. Secondo fonti della Chiesa locale contattate dall’agenzia Fides, padre Mkenda dopo aver celebrato la Messa a Mpendae stava tornando in automobile nella sua parrocchia a Tomondo, quando si è accorto di essere seguito da due individui in motocicletta. Giunto alla parrocchia, nello scendere dall’autovettura, padre Mkenda è stato colpito da due colpi di pistola alla guancia e alla schiena. I malviventi si sono poi introdotti nella canonica, mettendola a soqquadro. Dopo le prime cure di urgenza in un ospedale dell’isola, il sacerdote è stato trasportato in una struttura ortopedica di Dar Es Salaam dove è stato operato per l’estrazione dei proiettili. Il Presidente della Tanzania, Jakaya Kikwete, ha fatto visita al sacerdote. Secondo le fonti di Fides, padre Mkeda sarebbe rimasto vittima di un atto di criminalità comune e non di un’azione da parte di elementi estremisti. Negli ultimi mesi si sono avute tensioni a sfondo confessionale che sono sfociate nel saccheggio di alcune chiese di confessioni cristiane diverse da quella cattolica. (R.P.)

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    Uganda: promossa raccolta fondi per scuola frequentata da figli di malati di Aids

    ◊   Una scuola che non bastoni i loro figli, ma se ne occupi quando loro, stremate dalla malattia, non potranno più: è il sogno delle donne malate di Aids del Meeting Point International di Kampala, in Uganda, che per Natale hanno realizzato 30mila collane da vendere per finanziare la costruzione di un istituto educativo per i loro figli. Come riferisce l’agenzia Sir, la scuola, di cui è stato ultimato il primo blocco di classi, è dedicata a don Luigi Giussani, ma le mancano ancora gli uffici amministrativi e i laboratori. Tutti i ragazzi che la frequenteranno, circa 600, verranno dalle due slums di Kampala e dalle pazienti del Meeting Point, promosso dalla Fondazione Avsi, Associazione volontari per il servizio internazionale, diretto da Rose Busingye; buona parte delle rette scolastiche saranno finanziate attraverso il sostegno a distanza. (R.B.)

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    Hong Kong: per l’Anno della fede si punta sull’adorazione eucaristica dei bambini

    ◊   La Commissione diocesana per il catechismo della diocesi di Hong Kong, in occasione dell’Anno della fede inaugurato dal Papa nell’ottobre scorso, ha deciso di promuovere tra i bambini e i giovani l’adorazione eucaristica per approfondire la fiducia e l’amore verso il corpo di Gesù. Come riporta l'agenzia Fides, per farlo ha organizzato un seminario per formatori guidato da padre Antoine Thomas, cui hanno partecipato una sessantina di insegnanti delle Sunday-school di 23 parrocchie e due docenti di religione della diocesi. “Sia Benedetto che Giovanni Paolo II hanno richiamato l’attenzione dei fedeli sull’importanza dell’adorazione per crescere nell’amore di Gesù – ha detto padre Thomas – insegnanti, genitori e catechisti devono essere attenti alle caratteristiche psicologiche dei bambini per far capire loro la verità”. Il sacerdote, inoltre, offre la propria direzione spirituale a bambini e ragazzi anche attraverso un programma radiofonico. (R.B.)

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    Gmg di Rio: la città di San Paolo pronta ad accogliere almeno 40 mila giovani

    ◊   La Giornata Mondiale della Gioventù si terrà a Rio de Janeiro la fine di luglio, ma la città di San Paolo è già pronta ad accogliere almeno 40 mila giovani stranieri prima dell’evento. In questa tappa che precederà la GMG, i pellegrini rimarranno nella metropoli brasiliana per almeno cinque giorni, dove parteciperanno alla “Settimana Missionaria”. L’arcidiocesi di San Paolo, che non comprende tutta la città, accoglierà circa 30 mila giovani stranieri. Le diocesi di Santo Amaro e Campo Limpo, Zona sud della capitale dello Stato di San Paolo, riceveranno insieme altri 7 mila pellegrini dall’estero. Comunque sono arrivate molte altre richieste soprattutto dai Paesi latino-americani e quindi si prevede che l'ospitalità sarà allargata a molti altri pellegrini. Per garantire la loro accoglienza, la Chiesa troverà sistemazioni nelle scuole e nei seminari e anche nelle case dei fedeli. Padre José Roberto do Prado, della Pastorale della Gioventù ha spiegato che prima di essere selezionate, le famiglie disponibili saranno valutate per assicurare che siano nelle condizioni di potere ospitare i giovani pellegrini. Molte famiglie dicono che la lingua potrebbe essere un problema, ma il vescovo Tarcisio Scaramussa ha assicurato che “la Chiesa produrrà un vademecum con espressioni di base per poter comunicare”. “Ci sono già 1.500 famiglie iscritte”, ha aggiunto padre Marcos de Miranda, del settore per l’evangelizzazione della gioventù della diocesi di Santo Amaro. (R.B.)

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    Capitali europee della cultura: cerimonie d'apertura a Marsiglia e Kosice

    ◊   “Condividere con tutti il meglio della creatività, delle conoscenze e dei sogni che sono propri di Marsiglia e della Provenza”. Questo l’obiettivo 2013 per Marsiglia, designata capitale della cultura insieme alla città slovacca di Kosice. Il calendario di appuntamenti - riporta l'agenzia Sir - prenderà il via il 12 e 13 gennaio e proseguirà fino a fine dicembre, coinvolgendo anche le città limitrofe. Il 12 gennaio è previsto un percorso d’arte contemporanea che animerà le strade di Aix e resterà in mostra fino al 17 febbraio, mentre il gruppo di aviazione francese sorvolerà la regione ispirati dalla coreografia di Kitsun Dubois. La giornata si concluderà con una performance di luci e suoni lungo il litorale di Marsiglia. Il 13 gennaio, invece, si svolgerà da Istres a La Ciotat una caccia al tesoro che avrà il suo apice ad Arles con uno spettacolo pirotecnico sul Rodano durante il tramonto. Performance artistiche e musicali, spettacoli circensi e concerti animeranno Marsiglia e la Provenza anche nei mesi successivi, tutti ispirati alla cultura e all’arte mediterranea. Tra le varie iniziative, quella dello scrittore François Beaune che raccoglierà storie vere degli abitanti del bacino del Mediterraneo, realizzando scritti, video e audio. “Kosice è una città di crocevia tra vecchio e nuovo, tra storico e contemporaneo e per un anno sarà il cuore pulsante dell’Europa, grazie ad un programma ricco di appuntamenti e progetti”. Con questo spirito gli abitanti della città festeggiano la nomina di Kosice a capitale della cultura 2013, insieme a Marsiglia, e iniziano il conto alla rovescia per la cerimonia di apertura prevista per il 19 e 20 gennaio con il concerto del gruppo britannico Jamiroquai. “Sappiamo che soddisfare tutti è impossibile, ma abbiamo voluto inaugurare questo anno con una band di fama internazionale” ha dichiarato il direttore di Kosice 2013, Ján Sudzina. Nei prossimi mesi si alterneranno, inoltre, numerose iniziative artistico-culturali, tra le quali, ad esempio, “La notte della letteratura”, in programma il 15 e il 16 maggio, che vedrà la partecipazione di circa 20 città europee. Tre i testi artistici selezionati: letteratura ceca contemporanea, letteratura contemporanea slovacca e letteratura contemporanea straniera che verranno letti in luoghi tradizionali e non della città. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 3

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.