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Sommario del 02/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: fiducia in Dio sempre, anche fra le prove più ardue
  • Il Papa e il no al "capitalismo finanziario sregolato”. Commento dell’economista Quadrio Curzio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. A Damasco un bombardamento stermina due famiglie
  • Borse positive dopo l'accordo sul fiscal cliff negli Stati Uniti
  • Stupri in India. Mons. Machado: nelle famiglie manca educazione al rispetto della vita
  • Corea del Nord: Kim Jong-Un promette crescita e apre a Seul per uscire dalla crisi
  • Riforma pensioni, gli effetti nel 2013 peseranno sulla fascia medio-bassa
  • Concluso l'Incontro di Taizé. Frère Alois: i giovani felici di aver pregato col Papa
  • "Progetto Colors", quando il basket "cura" il disagio giovanile e favorisce l'integrazione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Appello di mons. Hindo: il nostro grano saccheggiato e venduto ai turchi
  • Il Patriarca Twal: la forza della preghiera per la pace in Terra Santa e Siria
  • Centrafrica: negoziato più vicino. La Chiesa crede nel dialogo
  • Congo: nuove sanzioni Onu ai ribelli dell’M23. Fides: il leader dell’ala politica non è un vescovo cattolico
  • Pakistan: 11 morti e 42 feriti in due diversi attentati
  • Pakistan: l’estremismo islamico colpisce i non-musulmani e tutta la società pakistana
  • Capodanno di sangue in Nigeria: 14 morti nel nord-est
  • Il card. Bagnasco: lo Stato difenda la vita più fragile
  • Regno Unito: gruppo di suore anglicane accolte nella Chiesa cattolica
  • Londra: l'arcivescovo Nichols chiude le "Messe di Soho"
  • Anche in Nepal in aumento la violenza contro le donne
  • India. In Orissa migliaia di indù alla messa di Natale: un segno di speranza per il 2013
  • Cina: il Natale vissuto con partecipazione dalle comunità cattoliche locali
  • L’arcivescovo Rugambwa in Sierra Leone per l’ordinazione episcopale di mons. Aruna
  • Repubblica Ceca: iniziata in tutte le parrocchie la "Colletta dell'Epifania"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: fiducia in Dio sempre, anche fra le prove più ardue

    ◊   La questione sull’origine di Gesù è stata al centro della catechesi di Benedetto XVI durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Gesù è originario di Nazareth, è nato a Betlemme, ma la sua vera origine – ha affermato il Papa – è il Padre: “è il Figlio Unigenito del Padre, viene da Dio”. “Il Natale del Signore – ha aggiunto – illumina ancora una volta con la sua luce le tenebre che spesso avvolgono il nostro mondo e il nostro cuore, portando speranza e gioia”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    In questo tempo di Natale, ricorda il Papa, celebriamo “il mistero grande e sconvolgente” del Figlio di Dio che, “per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria”:

    “E’ questo un annuncio che risuona sempre nuovo e che porta in sé speranza e gioia al nostro cuore, perché ci dona ogni volta la certezza che, anche se spesso ci sentiamo deboli, poveri, incapaci davanti alle difficoltà e al male del mondo, la potenza di Dio agisce sempre e opera meraviglie proprio nella debolezza”.

    Dio ha scelto Maria, “un’umile donna, in uno sconosciuto villaggio, in una delle provincie più lontane del grande impero romano”. “Senza di lei – sottolinea Benedetto XVI – l’ingresso di Dio nella storia dell’umanità non sarebbe giunto al suo fine”. “A volte, anche nel cammino e nella vita di fede – aggiunge il Santo Padre – possiamo avvertire la nostra povertà, la nostra inadeguatezza di fronte alla testimonianza da offrire al mondo”. Ma in ogni frangente non siamo soli:

    “Sempre, anche in mezzo alle difficoltà più ardue da affrontare, dobbiamo avere fiducia in Dio, rinnovando la fede nella sua presenza e azione nella nostra storia, come in quella di Maria. Nulla è impossibile a Dio! Con Lui la nostra esistenza cammina sempre su un terreno sicuro ed è aperta ad un futuro di ferma speranza”.

    “Ogni volta che recitiamo il Credo, la Professione di fede – ricorda il Pontefice – ripetiamo queste parole: per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria”:

    “A questa frase chiniamo il capo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, Dio con noi”.

    La fede – spiega il Papa – porta in noi “una novità così forte da produrre una seconda nascita”. Infatti, all’inizio dell’essere cristiani c’è il Battesimo, un dono conferito gratuitamente che ci fa rinascere come figli di Dio:

    “Solo se ci apriamo all’azione di Dio, come Maria, solo se affidiamo la nostra vita al Signore come ad un amico di cui ci fidiamo totalmente, tutto cambia, la nostra vita acquista un nuovo senso e un nuovo volto: quello di figli di un Padre che ci ama e mai ci abbandona”.

    Salutando i pellegrini di lingua italiana, il Papa ha infine espresso l’auspicio che i giovani sappiano “considerare ogni giorno del nuovo anno come un dono di Dio”, che gli sposi novelli realizzino “un’autentica comunione di vita e d’amore” e che il nuovo anno porti ai malati “consolazione nel corpo e nello spirito”.

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    Il Papa e il no al "capitalismo finanziario sregolato”. Commento dell’economista Quadrio Curzio

    ◊   Nella Giornata mondiale della Pace, ieri il Papa ha parlato di tensioni nel mondo, di terrorismo, criminalità e di ingiustizie sociali. Benedetto XVI ha denunciato “un capitalismo finanziario sregolato”. Per un’analisi sul piano economico, Fausta Speranza ha intervistato l’economista, Alberto Quadrio Curzio:

    R. – L’affermazione di Benedetto XVI è del tutto condivisibile ed è nella linea che egli aveva già indicato e sulla quale molti vescovi e molti sacerdoti erano ritornati, linea che sta ad indicare il pericolo molto grande, sia per la valenza sociale sia per la valenza istituzionale che economica, di affidarsi al mercato sempre meno regolato e sempre più “finanziarizzato”. Due aspetti che negli anni passati, a partire soprattutto dagli inizi degli anni Novanta, erano stati considerati risolutivi di ogni problema, quasi che il benessere potesse essere generato solo dal liberismo e non anche dalla solidarietà e dalla sussidiarietà, che sono i due grandi valori entro i quali le comunità umane si organizzano anche nell’economico.

    D. – Gli effetti di questo capitalismo finanziario sregolato sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto delle masse che stanno pagando la crisi. Ci aiuta, però, a definire dov’è che mancano le regole...

    R. – L’economia è fatta di due grandi componenti, oltre ovviamente alla più importante di tutte, che è la componente della persona che attraverso il lavoro realizza se stessa e un’opera di creatività in un contesto comunitario. Una componente è l’economia reale, che si esprime nella manifattura, nell’industria, nell’agricoltura, e anche in una parte significativa dei servizi. L’altra componente è l’economia bancaria e finanziaria. Nella migliore delle soluzioni possibili, l’economia bancaria e finanziaria è complementare all’economia reale: non è un’entità indipendente, nel cui ambito si realizzano guadagni molto veloci attraverso delle mere operazioni di natura finanziaria. Il punto è che quando si spacca il legame tra economia reale ed economia finanziaria-bancaria (parliamo di finanza e banche perché è il sistema bancario che alimenta quello finanziario ed entrambe convogliano il risparmio nell’economia reale, negli investimenti, nello sviluppo economico, nell’occupazione) ebbene, quando si spacca il legame tra economia finanziaria-bancaria ed economia reale, si producono gli effetti negativi che abbiamo visto in questi anni che sono stati tra i peggiori.

    D. – Il Papa parla anche di “focolai di tensione e di contrapposizione, causati da crescenti disuguaglianze tra ricchi e poveri”. E’ un accorato appello...

    R. – E’ un accorato appello. Ci fa guardare lontano e ci chiede di riflettere su quale sia uno sviluppo che abbia a cura la persona, le persone, le comunità. Lo sviluppo deve essere graduale, deve essere continuo, deve essere misurato e deve essere diffuso tra tutte le persone. Sviluppo che deve esserci, ma che deve essere unito a forme di equità: che non vuol dire uguaglianza di tipo comunistico, ma vuol dire equità, vuol dire differenze ragionevoli, vuol dire desiderio di crescere, desiderio di concludere, desiderio di costruire, ma non certamente di polarizzare le entità di ricchezza e, ahimè, di povertà.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'uomo è fatto per la pace: durante i riti per la fine dell'anno e per l'inizio del nuovo Benedetto XVI parla della speranza cristiana e all'udienza generale indica nella nascita di Gesù l'inizio della nuova creazione.

    Per una rinascita etica, culturale e antropologica: in prima pagina, il presidente Giorgio Napolitano in un messaggio a Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace.

    Nell'informazione internazionale, l'America che si salva dal fiscal cliff.

    In cultura, Marcello Filotei su come nasce un tweet del Papa tra linguaggio biblico e attenzione per l'attualità.

    Il cardinale Paul Poupard inviato speciale del Pontefice a Lione per le celebrazioni conclusive dell'anno giubilare dedicato alla venerabile serva di Dio Pauline Jaricot.

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo "Addio alla prima donna nella Pontificia accademia delle scienze": la neurologa italiana Rita Levi Montalcini fu nominata nel 1974, dodici anni prima di ricevere il premio Nobel.

    Sul "Corriere della Sera" Ernesto Galli della Loggia e Silvia Vegetti Finzi a proposito del conformismo sui gay e la psicanalisi.

    Difesa della vita e passi di pace nell'intervento del presidente della Cei e nella tradizionale marcia del primo gennaio.

    Il mensile "donna chiesa mondo" sulla differenza che fa crescere la Chiesa.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. A Damasco un bombardamento stermina due famiglie

    ◊   Un’altra giornata di violenze in Siria: è in corso da questa mattina un’intensa battaglia per il controllo dell’aeroporto militare di Taftanaz, nel nordovest del Paese, mentre un'intera famiglia di 12 persone è rimasta uccisa in un sobborgo di Damasco sotto l’ennesimo bombardamento operato dall’aviazione governativa. Il servizio di Roberta Barbi:

    Proseguono senza sosta i combattimenti tra le forze lealiste siriane e i ribelli nell’aeroporto militare della provincia di Idlib, che lasciano diversi morti sul campo da entrambe le parti, come riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. La situazione non sembra migliorare neppure nell’area intorno alla base di Wadi Deif, dove l’assedio è in corso dallo scorso mese di ottobre e dove qualche giorno fa – ma la notizia è stata diffusa solo oggi – è rimasto ucciso un cittadino australiano che da tempo combatte accanto ai ribelli. La base costituisce l’ultima delle roccaforti lealiste nell’area, dopo la conquista, da parte dei nemici del regime, della vicina città di al-Maaret Noomane, che ha una posizione di rilievo a livello strategico, trovandosi sulla strada di collegamento tra Damasco e Aleppo. E proprio nella capitale, oggi, l’azione più brutale, mirata contro i civili: un bombardamento dell’aviazione su una folla di persone in fila davanti a un panificio, ha decimato due intere famiglie, rimaste sotto le macerie di una palazzina crollata: non si conosce ancora l’esatto numero delle vittime.

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    Borse positive dopo l'accordo sul fiscal cliff negli Stati Uniti

    ◊   Borse europee in volata sulla scia dell’approvazione negli Stati Uniti dell’accordo bipartisan sul fiscal cliff che ha evitato l’ulteriore aumento delle tasse. In extremis la Camera con 257 sì e 167 no ha approvato l’accordo già licenziato dal Senato. Soddisfatto il presidente Obama per il quale però questo è “solo un primo passo nella lotta al deficit”. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Tira un sospiro di sollievo Obama, volato alle Hawaii per proseguire le sue vacanze, e che proprio sul Fiscal Cliff aveva puntato in campagna elettorale. “Ho mantenuto la promessa di alzare le tasse ai più ricchi – ha dichiarato al termine del voto alla Camera – e di salvaguardare la classe media”. E in effetti il testo approvato con una maggioranza bipartisan ma con lacerazioni in entrambi gli schieramenti, va in questa direzione. Aumento delle imposte per. Riconfermati gli sgravi fiscali alla classe media; proroga di 5 anni del credito di imposta per le famiglie con figli e per gli studenti alle prese con le rette del college; estese fino al 2013 le agevolazioni per i disoccupati di lungo periodo. Agevolazioni anche per le imprese che innovano e che investono nelle energie rinnovabili; aumento delle tasse di successione di 5 punti percentuali per proprietà che superano i 10 milioni di dollari; innalzamento poi dell'aliquota fiscale al 20% per chi guadagna più di 400mila dollari l’anno., in due mesi si dovrà mettere a punto un programma di tagli mirati “perché – ha detto Obama – il deficit è ancora troppo elevato”. Un lasso di tempo nel quale pensare a come consolidare le finanze pubbliche e rimettere l’economia americana sulla strada della ripresa.

    Tutto rinviato invece sul fronte della spesa pubblica sul quale si temono nuove divisioni tra repubblicani e democratici. Su questa intesa ascoltiamo il parere di Stefano Manzocchi, docente di economia internazionale alla Luiss di Roma. L’intervista è di Benedetta Capelli:

    R. - Sostanzialmente l’unica vera misura che è stata approvata è questo aumento delle tasse per chi guadagna oltre 400-450 mila dollari l’anno, per il resto è tutto rimandato fra due mesi, per quanto riguarda i tagli fiscali. Che le borse abbiano reagito positivamente è naturale perché l’ipotesi alternativa per il fallimento dell’accordo avrebbe causato un forte rischio di contrazione per l’economia americana. Per l’economia europea, da una parte è un messaggio incoraggiante perché vuol dire che gli Stati Uniti hanno recuperato capacità di leadership e di ripresa economica; dall’altra parte dovrebbe farci riflettere, invece, su certe incapacità europee di cogliere le occasioni per andare avanti con progresso negli accordi.

    D. – A livello politico, entrambi gli schieramenti hanno visto delle divisioni al loro interno. Questo sul negoziato futuro riguardante i tagli alla spesa quanto potrà pesare?

    R. – Certamente Obama dovrà contrattare sui tagli alla spesa perché c’è un’anima del partito che vorrebbe aumentare, invece, la spesa pubblica per l’assistenza, per l’assicurazione contro la disoccupazione, per la spesa in infrastrutture. Lui dovrà fare i conti con tutte queste cose. Ma, il campo repubblicano è molto più seriamente diviso, perché viene da una sconfitta sonora alle ultime elezioni e poi perché è diviso fra un’anima radicale che vorrebbe tagliare le tasse anche ai ricchi e tagliare la spesa pubblica a vantaggio dei poveri; e tra quella più moderata che vorrebbe una politica con una minore presenza dello Stato, ma in maniera non così radicale. Queste due anime, oggi, sembrano davvero inconciliabili.

    D. – Quanto sono realistici, ad esempio, i tagli al budget del Pentagono?

    R. – Bisogna capire anche quello che sta davvero succedendo dentro la società americana: il presidente Bush è stato di fatto, alla fine, accusato da tutti gli elettori - che poi hanno votato Obama - di avere speso, sperperato risorse enormi per le guerre che ha fatto; il presidente Obama si è impegnato e sta, da questo punto di vista, riducendo quel tipo di spesa – quella militare – e dall’altra parte si sta concentrando sul fronte interno, ovvero, sulla disoccupazione, lotta alla povertà… Naturalmente, gli equilibri andranno trovati, però questa idea di concentrare le risorse sul benessere dei cittadini, credo che sarà la bussola che verrà seguita quando si troverà l’accordo definitivo.

    D. – Le misure contenute nel Fiscal Cliff, cosa ci dicono dei cambiamenti interni alla società americana?

    R. – C’è un disegno complessivo di cui fanno parte le misure. Non dimentichiamo che da quest’anno, 2013, partirà la riforma sanitaria di Obama, un’enorme svolta per la tutela della salute di tutti i cittadini. Poi c'è l’assegno di sussidio di disoccupazione ma anche il cosiddetto “welfare to work”, cioè la capacità di reinserire i lavoratori espulsi nel sistema produttivo. Ci sono anche le spese per le piccole e medie imprese che verranno aumentate da questa amministrazione per la ricerca e l’innovazione. Questo significa un’attenzione sia alle parti più dinamiche della società – giovani, piccole imprese ed innovazione - sia alle parti più deboli – sanità e disoccupazione – e tutto ciò sarà finanziato da un aumento delle tasse su chi guadagna molto. C’è un’idea di America dove i più forti, i più meritevoli, potevano comunque contribuire meno al benessere di chi invece è più debole ed Obama sta, in qualche modo, agendo molto fortemente per correggere questa cosa. Naturalmente, qui incontra le resistenze repubblicane, ma i repubblicani si rendono conto – probabilmente i più moderati – che l’America è cambiata e questo spacca quel partito.

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    Stupri in India. Mons. Machado: nelle famiglie manca educazione al rispetto della vita

    ◊   Un delitto senza attenuanti, che sta indignando l’India e il resto del mondo: è quello della 23.enne indiana vittima di uno stupro di gruppo, avvenuto lo scorso 16 dicembre a New Delhi. La notizia di oggi è che i difensori degli accusati dovranno essere nominati d’ufficio, perché nessuno dei 2.500 legali iscritti alla Corte distrettuale di Saket ha accettato di tutelarli. Nel frattempo, prende corpo la possibilità di una legge che condanni a morte gli autori di violenze contro le donne. Sulla questione interviene il vescovo di Vasai, mons. Felix Machado, che al microfono di Fabio Colagrande rileva un deficit di rispetto della vita umana all’interno della società indiana in generale:

    R. - Questo caso è stato molto sfruttato dai media. Non voglio sottovalutare la gravità del caso, ma vorrei dire, che ci sono molti casi di questo tipo. I media hanno fatto una pubblicità molto grande a questa vicenda. È anche giusto fare attenzione: queste cose non sono giuste, ma ci sono tanti casi come questo. Cito l’esempio di un caso accaduto a Bombay, dove un ragazzo cattolico, che ha difeso delle ragazze che sono state violentate da altri ragazzi, è stato ucciso, ma non è stato fatto nulla. La vicenda è stata subito dimenticata. Adesso il caso è diventato così pieno di emozioni che temo che senza ragione faremo delle leggi che andranno veramente contro la morale e contro l’insegnamento della Chiesa. Adesso, per reazione si vuole fare una legge che condanni a morte coloro che commettono reati di questo genere. Credo che ciò sia grave, perché la pena di morte è già praticata in India. Sappiamo che più di un mese fa è stata inflitta al pakistano arrestato dai poliziotti per l’attacco terroristico a Bombay del 26 novembre di quattro anni fa. Adesso, questa pena di morte sarà applicata anche per questi casi di violenza contro le donne, le ragazze.

    D. - Perché tutte queste violenze sulle giovani donne?

    R. - In India, i poliziotti sono proporzionalmente pochi rispetto alla grande popolazione indiana. Poi ci sono i gangster, ci sono i ragazzi dei ricchi - protetti molte volte dai politici - che commettono dei reati senza poi essere puniti in nessun modo. Tutte queste cose moltiplicano vicende di questo tipo.

    D. - Lei non pensa che in India serva una maggiore educazione per quanto riguarda la tutela della donna e dei suoi diritti?

    R. - Assolutamente. Iniziamo con la famiglia indiana, che è oggi è influenzata dalla globalizzazione, dove i ragazzi non hanno un’educazione ai valori e all’etica. Il mondo è diventato troppo orientato al consumismo e al relativismo morale. E in questo caso, mi sembra che la colpa non sia solamente di colui che commette la violenza, ma è anche di una società che molte volte sottovaluta la vita della donna, della ragazza. Ma non tutta l’India è così.

    D. - La Chiesa cattolica è impegnata in India per far sì che questa mentalità, questi comportamenti sociali siano combattuti?

    R. - Assolutamente. La Chiesa ha sempre parlato contro i nemici della vita e io credo che adesso la gente debba ammettere quanto la Chiesa abbia ragione quando prende posizioni in favore della vita.

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    Corea del Nord: Kim Jong-Un promette crescita e apre a Seul per uscire dalla crisi

    ◊   Massimo sforzo per risollevare l’economia del Paese e porre fine alle storiche tensioni con Seul. È quanto annunciato nel discorso di capodanno del leader della Corea del Nord, Kim Jong-Un, trasmesso dalla tv di stato. Nel contempo, Kim Jong-Un ha dichiarato che il suo Paese proseguirà nella politica di rafforzamento del proprio potenziale militare. Ma come vanno lette le intenzioni del capo di Stato nordcoreano? Marco Guerra lo ha chiesto a Rossella Ideo, docente di storia politica dell’Asia orientale:

    R. - All’interno del Paese, Kin Jong-Un – questo giovane non ancora trentenne – vuole dimostrare che ha a cuore il benessere del suo popolo. La cosa più importante è che c’è questa volontà di creare, nella popolazione nordcoreana, l’idea che l’economia sia il suo principale obiettivo, in modo da risolvere quelle che sono le enormi contraddizioni interne del Paese. In secondo luogo, è un messaggio anche all’esterno: cerca cioè di proporsi come un leader con cui è possibile allacciare un dialogo.

    D. – Secondo molti analisti, infatti, si tratta di aperture dettate dalla forte crisi economica che attanaglia la Corea del Nord...

    R. – Ricordiamoci che la Corea del Nord è in ginocchio dalla prima metà degli anni ‘90: nel ’95, addirittura, c’è stata una carestia incredibile, dove il Paese si è avvitato su sé stesso e l’economia è andata sempre peggiorando, tanto da creare una questione enorme di malnutrizione, che continua tutt’ora. Quindi, c’è questa idea di riottenere dal Sud forti aiuti economici e soprattutto investimenti. E quest’ultima cosa sarà senz’altro più difficile.

    D. – Seul risponderà a questa mano tesa?

    R. – A Seul è stata eletta – il 19 dicembre dello scorso anno – la prima presidente donna, la signora Park Geun-hye, che già aveva detto di avere intenzione di ristabilire quei rapporti con la Corea del Nord, che si sono interrotti - nell’ultimo quinquennio - con la presidenza uscente. Però, la signora Park ha messo il freno a quelle che sono le possibilità di investimenti in Corea del Nord, perché c’è la grossa questione pendente dei progetti nucleari e missilistici della Corea del Nord. Quindi, lì naturalmente ci sarà un freno.

    D. – Il governo comunista di Pyong Yang, tuttavia, resta uno dei sistemi più chiusi al mondo. Qual è al momento la reale situazione sociale ed economica-politica all’interno del Paese?

    R. – E’ vero, è il Paese più chiuso al mondo. Quindi, noi abbiamo delle notizie che vanno molto ben vagliate per avere, davvero, un’idea di quello che si sta svolgendo in Corea del Nord. Economicamente è proprio lo Stato fallito per eccellenza. Non so quando questo giovane leader riuscirà a trovare delle persone che hanno la capacità di sviluppare l’economia in un sistema politico estremamente chiuso e piramidale. Il rilancio economico presupporrebbe anche una leadership trasparente, cosa che assolutamente non è.

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    Riforma pensioni, gli effetti nel 2013 peseranno sulla fascia medio-bassa

    ◊   Tra le novità politico-sociali del nuovo anno in Italia, ci sono gli effetti della stretta sulle pensioni prevista dalla riforma Fornero. Le novità principali riguardano, lo ricordiamo, oltre l’estensione del metodo contributivo, l’innalzamento dell’età per le pensioni di vecchiaia e per quelle anticipate, ma anche lo stop delle indicizzazioni per oltre sei milioni di italiani. Un adeguamento ai canoni europei, alle nuove aspettative di vita? E con quali conseguenze? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Vincenzo Ferrante, docente di Diritto della previdenza sociale alla Cattolica di Milano:

    R. – L’Europa, in realtà, non dà regole, perché la composizione demografica degli Stati europei è molto diversa. Quindi, l’unica cosa che ci dice l’Europa è: dovete avere i conti in ordine. Noi abbiamo una natalità bassissima. Le politiche nei confronti degli immigrati non sono politiche inclusive e andavamo in pensione troppo giovani rispetto all’aspettativa di vita. E’ anche vero, però, che pensare di andare in pensione - non solo per i lavori faticosi - a 67 anni o quasi a 68 è una follia.

    D. – E’ un modo per risparmiare questo?

    R. – Sicuramente, ci fa risparmiare. E’ però una cura drastica, che lascia sul campo conseguenze sociali serie.

    D. – Proprio su questo, anche per il 2013 rimarrà il blocco dell’indicizzazione delle pensioni d’importo superiore a tre volte il minimo. Quali sono i rischi sociali di questo aspetto?

    R. – Qui, un punto importante è la spesa sanitaria. Oltre i 70 e i 75 anni, il costo per mantenere in vita la gente diventa elevatissimo. Per le persone ai margini, che non hanno reddito, che non hanno risparmi, e che si vedono tagliato l’assegno, un incremento del tasso di mortalità – mi creda – è da mettere in conto.

    D. – E’ un sollievo, secondo lei, il passaggio a questo metodo contributivo?

    R. – E’ corretto ed equo, però impone di fare emergere tutto il lavoro nero, perché in questo caso il lavoro nero li penalizza due volte: sul piano attuale, per la retribuzione, e sul piano futuro, per la pensione.

    D. – Un’altra osservazione: si parla di un coraggioso bilanciamento dei rapporti tra le generazioni a favore dei giovani, con questo nuovo sistema...

    R. – Sì, si va in questa direzione, ma per rimediare agli squilibri del passato occorreranno ancora tanti anni e tanti passi ulteriori in questa direzione.

    D. – Che fa parte di un rimodernamento del nostro sistema. Oggi, Monti ha detto “no” al mondo del lavoro iper protetto nel futuro...

    R. – Noi abbiamo un mondo del lavoro – hanno ragione – con forti protezioni in alcuni settori e deboli protezioni in altri. Stiamo andando, negli ultimi dieci anni, a riequilibrare queste protezioni. Il termine “riammodernamento” è un termine, però, pericoloso. Dovremmo parlare di un sistema forse più attento agli strati marginali. Se la parificazione deve essere una parificazione verso il basso, dove togliamo ai più ricchi, ma nulla diamo ai più poveri, alla fine è un’operazione ingannevole.

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    Concluso l'Incontro di Taizé. Frère Alois: i giovani felici di aver pregato col Papa

    ◊   Un momento di “profonda unità” con il Papa. Così hanno vissuto l’incontro con Benedetto XVI i 40 mila giovani che in questi giorni hanno partecipato al 35.mo Incontro europeo organizzato dalla Comunità di Taizé. A farsi portavoce dei sentimenti dei ragazzi è il priore della Comunità, frère Alois. L’intervista è di Fabio Colagrande:

    R. - I giovani sono molto contenti dell’accoglienza ricevuta qui nella Chiesa di Roma e sono rimasti profondamente toccati dalla preghiera con il Santo Padre in Piazza San Pietro. È stata veramente una preghiera; il Santo Padre ci ha aiutato a volgerci al Cristo. Così, il Vangelo ha toccato i cuori dei cristiani - non solo cattolici ma anche protestanti, ortodossi - che hanno vissuto questo come un momento di unità, nel quale abbiamo anticipato l’unità dei cristiani.

    D. - Anche molti romani sono stati conquistati dalla spiritualità di Taizé e hanno partecipato agli incontri di preghiera. Questo è molto importante.

    R. - È molto importante, perché il senso di questo pellegrinaggio è quello di andare in una Chiesa locale. I giovani, in questo modo, possono fare l’esperienza di un’altra Chiesa. Poi, sono i contatti personali che diventano un incoraggiamento per i giovani a impegnarsi nella loro chiesa locale.

    D. - Secondo lei, qual è il segreto della spiritualità di Taizé? Perché anche persone che non conoscono la vostra Comunità, quando si ritrovano a pregare, come in questi giorni nelle chiese romane, vengono conquistate dal clima di profondità, di preghiera, di mistero?

    R. - Noi di Taizé non abbiamo una spiritualità speciale. Non abbiamo un segreto; solamente il Vangelo, i canti, lo cantare insieme, per dare la possibilità di una partecipazione interiore alla preghiera. Il Concilio Vaticano II ha chiesto questo: una partecipazione di tutti i fedeli. E io penso che con i canti abbiamo forse trovato un cammino di partecipazione - non soltanto come spettatori o ascoltatori di un messaggio - per pregare veramente tutti insieme. Anche il momento di silenzio in Piazza San Pietro è stato impressionante: molti romani si sono uniti ai giovani che partecipavano all’incontro. Questo lungo momento di silenzio con il Santo Padre è stato veramente il momento in cui Cristo ha parlato ai cuori e lo Spirito Santo è venuto per tutti.

    D. - Il Papa ha detto: vi assicuro circa l’impegno irrevocabile della Chiesa cattolica nel proseguire la ricerca di vie di riconciliazione per giungere all’unità visibile dei cristiani. Quanto è importante per voi questo impegno preso dal Pontefice?

    R. - È molto importante. Non solo con le sue parole, ma anche con la sua presenza così semplice, così umile, il Santo Padre ha aperto un cammino di unità sul quale adesso noi possiamo continuare a camminare.

    D. - Ai giovani ha detto: “Siete tutti chiamati ad essere delle piccoli luci per quanti vi circondano”.

    R. - E tutti avevano candele, una luce in mano durante questa preghiera. E poi c’era la Luna piena. Era come cinquanta anni fa, quando Giovanni XXIII disse: “Guardate la Luna e andate nelle famiglie! Vivete la pace del Vangelo!”

    D. - Lei ha vissuto il Sinodo dedicato alla Nuova evangelizzazione, poi questo pellegrinaggio lo ha riportato a Roma. Il 2013, inizia con una nuova speranza per quanto riguarda il futuro del cristianesimo e della Chiesa?
    R. - Sì. Una speranza per il futuro della Chiesa, ma anche per i giovani che vivono situazioni economiche difficili che non permettono di fare un progetto di vita, di sapere se si avrà la possibilità di avere un lavoro, senza contare le altre difficoltà di adesso. La Chiesa può incoraggiare i giovani alla perseveranza nella speranza.

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    "Progetto Colors", quando il basket "cura" il disagio giovanile e favorisce l'integrazione

    ◊   L’integrazione fa canestro. Lo sport del basket come strumento per combattere il disagio giovanile. Questo è uno degli obiettivi perseguiti dal "Progetto colors", che dal 2007 avvicina alla pallacanestro i ragazzi fino ai 16 anni soprattutto nelle periferie disagiate dell’Italia, consentendo loro di praticare gratuitamente questo sport. Dal 2009, l’Associazione opera anche in Africa, a Mozambico. Di cosa si tratti lo spiega l’ideatore del Progetto, Simone Santi, al microfono di Maria Cristina Montagnaro:

    R. – Consiste nel dare un contributo per l’acquisto di magliette, di pantaloncini, di un pallone da parte di un bambino di una periferia difficile in Italia o all’estero, per potergli consentire di giocare a basket. E’ un progetto che parte dalla consapevolezza che noi siamo un Paese fondamentalmente intollerante, un Paese che fa fatica ad accogliere le diversità. Questo è un fenomeno soprattutto delle periferie "difficili" delle grandi città italiane. Siamo partiti da lì, proprio da Corviale, che è uno dei quartieri più difficili di Roma, della capitale d’Italia, e attraverso la pratica della pallacanestro abbiamo ridato ai bambini, dagli otto ai sedici anni, di colori e razze diverse – da qui il nome del “Progetto colors” – la possibilità di giocare insieme gratuitamente, seguiti da psicologhe, che vedono il miglioramento del comportamento grazie appunto a uno sport che ha ridato a questi bambini un vocabolario comune, indipendentemente dalle loro origini, dalla loro estrazione sociale, oppure dalla condizione in cui vivono.

    D. – Quanti ragazzi avete aiutato finora?

    R. – Tesserati con noi sono stati più di 1.200 bambini, che hanno espresso ben 35 nazionalità differenti.

    D. – Dal 2009, il Progetto è stato esteso a livello internazionale...

    R. – Il primo obiettivo è stato quello di integrare i ragazzi di questa periferia molto grande di Maputo, capitale del Mozambico, di integrarli con i bambini dell’orfanotrofio. Abbiamo realizzato un campo da basket e abbiamo iniziato a far giocare i bambini con una pratica abbastanza diffusa in Mozambico, perché una squadra di basket femminile è addirittura diventata campione d’Africa quest’anno. Il basket, dunque, è abbastanza diffuso, anche se praticamente inesistente nelle periferie. Questa squadra, quindi, che inizialmente abbiamo formato, l’abbiamo portata in Italia dopo un anno di attività, per fare delle amichevoli con bambine italiane. Queste bambine mozambicane, poi, provenienti dall’orfanotrofio di Zimpeto, sono state ospitate a casa delle bambine con cui disputavano l’amichevole. Hanno vissuto un’esperienza molto bella qui a Roma. Sono state accolte da tutti i compagni di squadra italiani, nel Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, in una festa alla quale hanno partecipato più di 1.500 bambini, con gli stessi colori, che hanno accolto la squadra di Maputo.

    D. – Chi volesse sapere di più di quello che fate...

    R. – Basta andare sul sito o sul sito della "sslaziobasket" e da lì si può dare un contributo molto reale e molto concreto, che permette a uno dei nostri bambini di poter avere l’attrezzatura per giocare a basket per un anno intero.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Appello di mons. Hindo: il nostro grano saccheggiato e venduto ai turchi

    ◊   Due appelli urgenti sono stati rivolti alla presidenza della Fao - l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, con sede centrale a Roma – e al Primo Ministro irakeno, Nuri al-Maliki, con la richiesta di un intervento immediato davanti all'emergenza umanitaria che sta stritolando centinaia di migliaia di siriani nella regione di Jazira, nell'Alta Mesopotamia siriana. A richiamare di nuovo l'attenzione su uno dei tanti versanti oscurati del dramma siriano è l'arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi: le cose si aggravano in fretta, e la situazione – avverte l'arcivescovo siriano - “potrebbe presto diventare catastrofica”. Nel testo dell'appello alla Fao, riportato dall'agenzia Fides, il deterioramento delle condizioni di sopravvivenza della popolazione dell'area è delineato nei dettagli. All'inizio dell'inverno, ogni attività economica appare paralizzata. Le strade per i rifornimenti in direzione ovest sono interrotte da più di un mese, e ciò provoca il progressivo esaurimento dei beni di prima necessità e un aumento vertiginoso dei prezzi di tutte le derrate. La mancanza di carburanti impedisce il riscaldamento delle abitazioni e ha portato al blocco totale di tutte le attività agricole, proprio mentre inizia la stagione della semina. “I silos di grano - riferisce in particolare l'arcivescovo Hindo - sono stati saccheggiati e il frumento è stato venduto a commercianti turchi che lo hanno convogliato in Turchia, sotto lo sguardo dei doganieri turchi. Il nostro grano è stato venduto a un prezzo molto basso”. La regione di Jazira era rinomata per la produzione di grano di ottima qualità. Nei decenni scorsi, a prelevare sottocosto il frumento pregiato dell'area, erano le politiche agricole del governo centrale di Damasco. Oltre al grano saccheggiato, l’arcivescovo Hindo denuncia la progressiva scomparsa di altri prodotti vitali, come il latte per i bambini e le medicine, a partire dagli antibiotici. L'unica rotta di collegamento con l'esterno rimane la strada internazionale diretta in Irak, che collega l'Alta Mesopotania siriana a Mossul. Nel testo del suo secondo appello, rivolto al Premier irakeno Al-Maliki, mons. Hindo pone al leader politico del Paese confinante una richiesta concreta: “Vi preghiamo di soccorrerci il più in fretta possibile, inviandoci 600 cisterne di carburante, 300 cisterne di benzina e alcune tonnellate di farina”. L'arcivescovo siriano, nel messaggio inviato anche a Fides, accomuna le sofferenze vissute adesso dal suo popolo con quelle che gli iracheni hanno provato nel loro recente passato: “Noi - scrive mons. Hindo ad al-Maliki - soffriamo ciò che ha sofferto il popolo irakeno per l'imposizione dell'embargo. Le prime vittime sono stati i bambini. Voi avete provato nei vostri corpi, nelle vostre anime e nei vostri bambini, tutta l'ingiustizia che ne deriva. Perché ad essere punito è solo il popolo, e non il governo. Gli Stati così pongono i loro interessi al di sopra degli interessi degli uomini, e anche al di sopra dei diritti che Dio ha su ciò che è opera Sua”. La regione di Jazira, con i centri urbani di Kamishly e Hassakè (capoluogo dell'omonimo governatorato) contava un milione e mezzo di abitanti, ai quali dall'inizio della guerra civile si sono aggiunti almeno 400mila profughi provenienti da Aleppo, Homs, Deir-Ez-Zor e Damasco. (R.P.)

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    Il Patriarca Twal: la forza della preghiera per la pace in Terra Santa e Siria

    ◊   Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, celebrando ieri, Giornata Mondiale per la Pace, a Gerusalemme, la solennità di Maria Santissima Madre di Dio ha affermato: “Come non desiderare ardentemente la pace in Siria e la fine del blocco di Gaza! Preghiamo incessantemente per incoraggiare le persone di buona volontà a perseverare fino alla fine nei loro sforzi, dicendo no all’odio e rispettando le legittime differenze religiose, culturali o storiche”. Il patriarca - riporta l'agenzia Sir - ha preso spunto dal Messaggio per la pace di Benedetto XVI, il cui tema è tratto dalle Beatitudini, “Beati gli operatori di pace”, per analizzare i temi più caldi che riguardano il Medio Oriente e la Terra Santa. “Ciò che desidero custodire insieme a voi – ha detto Twal - è il piccolo e concreto vademecum offertoci da Benedetto XVI per un impegno dei cattolici nella vita sociale, economica e politica, basato sul programma delle beatitudini. Il Papa offre uno strumento di riflessione per superare ‘i sanguinosi conflitti ancora in corso’ e ‘i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze tra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualistica espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato’. Il Papa non manca di fare riferimento al terrorismo e alla criminalità internazionale, ai fondamentalismi e ai fanatismi, che ‘stravolgono la vera natura della religione’”. “Il nostro Medio Oriente e la nostra amata Terra Santa – ha ricordato il patriarca latino di Gerusalemme - soffrono per l’aumento del fondamentalismo religioso che mette in pericolo le prospettive di dialogo e di convivenza tra le religioni”. La risposta a queste sfide riguardanti la pace si trova nelle Beatitudini evangeliche, “grazie alle quali – ha detto mons.Twal citando Benedetto XVI - è possibile costruire una società fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia. La pace tra i popoli – ha ribadito il capo della Chiesa di Gerusalemme - può nascere e crescere solo se esiste prima in ogni uomo, in ogni famiglia, in ogni comunità religiosa, in ogni popolo. Al di là della mangiatoia di Betlemme, dobbiamo abbracciare con un unico sguardo la Terra Santa. Il buon esito del voto all’Onu della Palestina come Stato non membro deve favorire la pace in tutta la terra di Cristo. Con voi, sono del parere che tutti i mezzi per raggiungere la pace debbano passare per la giustizia e il dialogo, e mai attraverso la violenza. Il percorso è pieno di insidie, ma ci guida la speranza e il canto degli angeli ci rassicura”. Mons. Twal ha, inoltre, ricordato la recente udienza del Papa al Presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas: “il Presidente Abbas mi ha confidato la sua bella sorpresa nel costatare la gioia del Santo Padre per il voto a favore dello Stato di Palestina”. Da mons. Twal sono venute poi parole di vicinanza per la Siria e per Gaza: “come non desiderare ardentemente la pace in Siria e la fine del blocco di Gaza! Preghiamo incessantemente per incoraggiare le persone di buona volontà a perseverare fino alla fine nei loro sforzi, dicendo no all’odio e rispettando le legittime differenze religiose, culturali o storiche”. In questa opera anche i cristiani sono chiamati a dare il loro apporto: “noi cristiani in Medio Oriente – ha sottolineato il Patriarca - dobbiamo essere operatori di pace, strumenti di riconciliazione. Qui abbiamo il nostro posto. La nostra storia ci insegna l’importante e spesso indispensabile ruolo svolto dalle comunità cristiane nel dialogo interreligioso e interculturale”. Per questo, “si tratta di accogliere con gioia le iniziative che ci uniscono tra cristiani e ci danno più forza”, come la decisione di celebrare in quest’anno, 2013, la Pasqua secondo il calendario giuliano. Gli anglicani e i luterani hanno aderito a quest’iniziativa. “Mi auguro – ha concluso mons. Twal - che un giorno gli ortodossi compiranno un passo coraggioso per celebrare il Natale secondo il nostro calendario gregoriano”. (A cura di Daniele Rocchi)

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    Centrafrica: negoziato più vicino. La Chiesa crede nel dialogo

    ◊   Messaggi contrastanti, di avvertimento da una parte e di disponibilità al dialogo dall’altra, sono stati avanzati oggi da alcuni dei protagonisti dell’attuale crisi in Centrafrica. A Bangui, il generale Jean-Felix Akaga, comandante della Forza multinazionale dell’Africa centrale (Fomac), contingente dispiegato nel paese dal 2008, ha avvertito i ribelli di Seleka di astenersi da ulteriori offensive con particolare riferimento alla città di Damara, ultimo grosso centro prima della capitale ancora in mano alle truppe governative. Nel corso di una conferenza stampa, Akaga ha detto che Damara “costituisce una linea rossa” che non può essere superata da nessuno dei due contendenti: “Penso che la situazione sia arrivata a uno status quo – ha quindi aggiunto – e ritengo che sia i ribelli che il governo abbiano ormai intenzione di partecipare ai negoziati che si terranno a Libreville”. In effetti, dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi del presidente François Bozizé (“sì al dialogo, no a una mia ricandidatura alle prossime elezioni”), oggi anche il portavoce di Seleka a Parigi, Eric Massi, ha detto che i ribelli hanno fermato la loro avanzata e sono pronti a prendere parte alle trattative promosse dall’Unione Africana in Gabon: “Vogliamo impegnarci nella discussioni di Libreville per arrivare a una soluzione politica” ha detto il portavoce” annunciando proposte per una transizione politica. Secondo fonti locali dell'agenzia Misna, gli ultimi sviluppi sono stati anche conseguenza dell’arrivo in Centrafrica di rinforzi per la Fomac e di posizioni più decise espresse dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale. In un'intervista rilasciata al giornale cattolico La Croix, l’arcivescovo di Bangui mons. Dieudonné Nzapalainga ha detto di credere ancora nel dialogo e di considerare anzi questa strada come l’unica praticabile: “Non ci sono alternative” ha detto l’arcivescovo, sottolineando che al di là delle differenze, la popolazione centrafricana condivide esigenze fondamentali come è la pace, ingrediente “di un’economia prospera, dello sviluppo, del benessere, della sanità, dell’istruzione”. Mons. Nzapalainga ha escluso una connotazione religiosa del conflitto (musulmani del nord contro cristiani del sud) e affermato che esso “è legato a un senso di ingiustizia e del mancato rispetto di promesse”. Dal canto suo, nel suo messaggio di fine anno mons. Nestor Désiré Nongo Aziagbia, vescovo di Bossangoa, scrive che “la saggezza ci spinge alla moderazione e al dialogo. Quale che siano le incomprensioni, un compromesso è sempre possibile attraverso il dialogo”. Il vescovo - riporta l'agenzia Fides - ricorda che i poveri sono le prime vittime delle guerre civili che hanno insanguinato la storia del Centrafrica e denuncia violenze contro i civili nelle aree della sua diocesi (Kabo e Batangafo) conquistate dai ribelli. (R.P.)

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    Congo: nuove sanzioni Onu ai ribelli dell’M23. Fides: il leader dell’ala politica non è un vescovo cattolico

    ◊   Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha varato il 31 dicembre scorso, a poche ore dall’ingresso del Rwanda come membro non permanente del Consiglio, alcune sanzioni e misure cautelative nei confronti dei ribelli del movimento congolese 23 Marzo (M23) e dei loro presunti alleati, le Forze democratiche per la liberazione del Rwanda appunto, entrambi attivi nella provincia del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. La delibera consiste nell’embargo sulle armi per i due movimenti e nel divieto di espatrio per alcuni dei loro. Da tempo, infatti, c’è il sospetto che il Rwanda, come pure l’Uganda, sostengano e armino le rivoluzioni che avvengono nella parte orientale del Congo - ricca di minerali e preda di una costante instabilità – come quella, appunto, dell’M23 che nella sua ultima avanzata, il mese scorso, era arrivato a conquistare la città di Goma, per poi lasciarla dopo l’apertura dei negoziati di pace a Kampala. A proposito dei ribelli dell’M23, infine, arriva oggi dall’agenzia Fides la smentita a quanto scritto da alcuni organi di stampa internazionali, in merito al sedicente leader dell’ala politica del movimento, Jean-Marie Runiga Rigeriero (o Lugerero) che non è un vescovo cattolico. (R.B.)

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    Pakistan: 11 morti e 42 feriti in due diversi attentati

    ◊   È complessivamente di 11 morti e 42 feriti il bilancio dei due attentati che hanno insanguinato il giorno di Capodanno in Pakistan. Il primo attentato è avvenuto in una scuola di Swabi, dove sei donne e un uomo sono rimasti vittime di un commando di uomini armati, mentre sale a 4 morti e 42 feriti il bilancio della deflagrazione avvenuta nel mercato di Karachi, nel Pakistan meridionale. La bomba, nascosta in una moto parcheggiata, è stata azionata a distanza alla conclusione di un affollato comizio del partito Muttahida Qaumi Movement, al governo della città, e di un’altra formazione antitalebana. Questo attacco, inoltre, è stato rivendicato in serata dal gruppo armato Tehrik-e-Taleban Pakistan. Intanto il governo di Islamabad ha scarcerato otto esponenti talebani, azione ben vista dal confinante Afghanistan, che la interpreta come un impulso al processo di pace nell’area che nel solo 2012 è stata teatro di 381 attentati terroristici: più di uno al giorno. (R.B.)

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    Pakistan: l’estremismo islamico colpisce i non-musulmani e tutta la società pakistana

    ◊   Gli attacchi contro i luoghi di culto cristiani, indù e ahmadi, avvenuti in Pakistan nel 2012, sono la conferma di una situazione generale "non buona" per mancanza di sicurezza e per un "quadro politico" incerto. Per questo è necessario che lo Stato e le istituzioni del Paese promuovano "azioni concrete" a protezione e tutela "non solo delle minoranze", ma di "tutta la società" nel suo insieme. Tali azioni devono implicare anzitutto l'esecutivo a Islamabad, ma anche il potere giudiziario, gli inquirenti e le forze di polizia per tutelare la legge e rispettare la parità fra cittadini garantito dalla Costituzione. Un rapporto elaborato dalla Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica in Pakistan (Ncjp) - riferisce l'agenzia AsiaNews - rivela che nell'anno da poco concluso nove luoghi di culto sono stati distrutti, danneggiati o depredati da uomini "non identificati". Fra questi vi sono cinque chiese cristiane (tre nel Sindh, una a Mardan e l'ultima a Faisalabad, Punjab), tre templi indù e una moschea della setta ahmadi, ritenuta eretica secondo l'islam tradizionale. Per attivisti ed esperti nella tutela dei diritti umani, tali violenze sono segno di un trend "preoccupante". Il documento di Ncjp mostra inoltre che negli ultimi quattro anni 27 luoghi di culto delle minoranze religiose sono stati oggetto di "atti vandalici"; a ciò si unisce l'occupazione forzata di terreni riservati alle minoranze o l'uccisione di persone impegnate nella costruzione di edifici o luoghi di culto non musulmani. I protagonisti delle violenze sono tutti "autori non identificati", tranne nel caso della demolizione dell'edificio di proprietà degli ahmadi, abbattuto per ordine della polizia. Nelle ultime settimane leader cristiani e personalità della società civile hanno a più riprese avanzato la richiesta di leggi specifiche "contro gli attacchi alle minoranze", quale "unica strada percorribile" per tutelare i non musulmani. Tuttavia, una fonte cattolica di AsiaNews in Pakistan - che chiede l'anonimato per motivi di sicurezza - sottolinea che "non è più tempo per chiedere solo protezione alle minoranze", ma "è tutta la società pakistana che va tutelata da violenze e attacchi". La situazione, conferma l'esperto di questioni religiose, "non è buona" e il clima politico contribuisce ad alimentare "il clima di incertezza". Il governo deve essere autorevole e legittimato dal voto popolare, mentre lo Stato e le istituzioni devono "mettere in campo azioni concrete per contrastare le violenze". (R.P.)

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    Capodanno di sangue in Nigeria: 14 morti nel nord-est

    ◊   Si apre con 14 morti, 13 integralisti islamici e un soldato, l’anno nuovo in Nigeria. Teatro degli scontri di ieri è stata la città di Maiduguri, nel nord-est, roccaforte del gruppo fondamentalista di Boko Haram. L’azione dell'esercito ha preso il via nel pomeriggio ed è riuscita a proteggere i civili tra i quali – precisa un portavoce militare – non si sono contate vittime. L’operazione, chiamata "Restaurare l'ordine", è in corso da giorni ed è finalizzata all’arresto di alcuni componenti del gruppo in fuga e all’intercettazione di nuove armi. (R.B.)

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    Il card. Bagnasco: lo Stato difenda la vita più fragile

    ◊   "Quale garanzia ci può essere se uno Stato non rispetta, non promuove, non accoglie, non difende la vita soprattutto la più fragile e la debole, anche quella vita che non ha neppure il volto, neppure la voce per imporre sé stessa ed il proprio diritto? Oppure se quella vita non ha più la voce perché l‘ha persa, in uno stato di incoscienza o di infermità mentale?". Lo ha chiesto l‘arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nel discorso che ha pronunciato ieri pomeriggio commentando il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata per la Pace. Nella sua riflessione - riferisce l'agenzia Sir - il cardinale non ha mai parlato di "eutanasia" ed "aborto" ma, ha sottolineato: "è evidente a chi pensiamo". "Quali garanzie - ha domandato ancora - ci possono essere se la comunità, non è in grado di accogliere o non vuole accogliere, per motivi anche i più umanitari a parole, ma in realtà temo, a volte, per motivi economici?". Quali garanzie può dare uno Stato, ha incalzato, se la comunità civile "non è in grado di accogliere la vita nella fase più ultima?". "Parliamo spesso degli ultimi - ha proseguito il cardinale - ma gli ultimi degli ultimi sono coloro che non possono opporre agli altri neppure la presenza, neppure un volto, tanto meno la voce". E‘ per questo che, ha domandato ancora: "una società siffatta, che garanzie potrà dare di difendere, accogliere, sostenere, promuovere, anche con grandi sacrifici, tutte le altre fragilità della vita umana?". Infatti, "se il cuore della società non è abbastanza grande, sensibile da commuoversi di fronte a queste situazioni ultime della fragilità umana, e non le accoglie perché dice di dover pensare alle altre fragilità, c‘è un circolo che non si può spezzare". Non c‘è giustizia senza verità ha aggiunto ricordando che "l‘etica sociale si fonda ed è garantita dall‘etica della vita". Entrambe "sono intimamente congiunte: l‘una fonda e garantisce l‘altra - afferma il cardinale Bagnasco - l‘altra invera la prima". (R.P.)

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    Regno Unito: gruppo di suore anglicane accolte nella Chiesa cattolica

    ◊   Una comunità di suore anglicane si è ufficialmente insediata ieri, 1° gennaio, presso l‘Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham. In una messa celebrata a Oxford, undici suore della Comunità anglicana della “Saint Mary the Virgin”, con sede a Wantage, nello Oxfordshire, sono state accolte in piena comunione nella Chiesa cattolica. Le Suore - si legge in un comunicato diffuso oggi dall’Ordinariato e ripreso dall'agenzia Sir - costituiranno ora una nuova comunità, continueranno a vivere le tradizioni della loro comunità di orgine ma adotteranno ufficialmente la Regola di San Benedetto. In quanto tale, l‘abito della comunità è stato riadattato al colore nero e le suore adotteranno il tradizionale soggolo (velo) dell‘ordine benedettino. Ad esse si unirà suor Carolyne Joseph, già membro della Society of St Margaret of Walsingham, entrata nell’Ordinariato nel 2011. In un primo momento le 11 religiose daranno vita a un’associazione pubblica di fedeli all’interno dell’Ordinariato e assumeranno il nome di Suore della Beata Vergine Maria come consentito ai sensi del Codice di Diritto Canonico e previsto anche dalla Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus”. Voluta nel 2009 da Benedetto XVI, la Costituzione apostolica permette di accogliere nella Chiesa cattolica fedeli anglicani desiderosi di entrare in comunione visibile con Roma, mantenendo aspetti del patrimonio e delle tradizioni anglicane, in armonia con la fede e la pratica cattolica. Un portavoce per l‘Ordinariato Personale ha detto: "Siamo lieti di avere una comunità di suore al centro del nostro lavoro. Mentre continuiamo ad accogliere fedeli anglicani nella piena comunione con la Chiesa cattolica, stabilendo una particolare vita di testimonianza al Vangelo di Gesù Cristo, il sostegno orante di queste sorelle sarà preziosa. Non vediamo l‘ora, anche, di ricevere molto dal loro ricco patrimonio liturgico e musicale, che ha rappresentato un contributo positivo al più ampio rinnovamento della Liturgia che stiamo vivendo nella Chiesa cattolica". Ci sono altri religiosi anglicani che hanno aderito all’Ordinariato Personale: sono tre suore della “Society of Saint Margaret” di Walsingham e un membro della “Community of the Resurrection”, l’ex vescovo anglicano Robert Mercer. Dopo essersi consultati con la Chiesa di Inghilterra, è stato deciso che le suore della comunità di Wantage lasceranno il convento e trascorreranno un periodo di tempo con una comunità cattolica consolidata. In seguito, la nuova comunità cercherà di trovare una nuova sede. Nel gruppo delle 11 suore c’è anche una sorella, che è stato ordinata sacerdote nella Chiesa d‘Inghilterra ed ha deciso anche lei di entrare nella Chiesa cattolica. I membri della comunità anglicana di Wantage rimasti nella Chiesa d‘Inghilterra hanno espresso in una dichiarazione la loro ammirazione e rispetto per coloro che hanno preso questa decisione. (R.P.)

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    Londra: l'arcivescovo Nichols chiude le "Messe di Soho"

    ◊   Decisione coraggiosa quella presa oggi dall’arcivescovo cattolico di Westminster Vincent Nichols che in un comunicato ha annunciato la chiusura dopo sei anni delle Messe celebrate per le persone gay nel centrale quartiere londinese di Soho, e più esattamente nella Chiesa di Nostra Signore dell’Assunzione a Warwick Street. La Chiesa - si legge nel lungo comunicato della diocesi di Westminster rilanciata dal “CatholicHerald” ripreso dall'agenzia Sir - sarà data all’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, costituito da Benedetto XVI per accogliere nella Chiesa cattolica i fedeli anglicani che ne hanno fatto la richiesta. Le così chiamate "Soho Masses" nella chiesa di Warwick Street erano state stabilite dalla diocesi quasi sei anni fa per rispondere alle “difficoltà e all’isolamento” vissuto dalle persone omosessuali e dalle loro famiglie e amici. “In questi anni - scrive mons. Nichols nella nota - la situazione delle persone omosessuali è cambiata sia socialmente che a livello legislativo” e “a questo punto e dopo sei anni di cura pastorale” “è arrivato il momento per dare inizio ad una nuova fase”. L’arcivescovo ricorda, a questo proposito, che scopo delle Messe di Soho era quello di aiutare le persone omosessuali ad “entrare più pienamente nella vita della Chiesa, in particolare nelle esistenti strutture parrocchiali”. E poi precisa che un conto è “la cura pastorale” che viene sempre e comunque offerta ai fedeli, un altro è la “celebrazione regolare della messa” il cui carattere “universale” deve essere sempre e chiaramente espresso come “la più alta preghiera dell’intera Chiesa”. Ecco perché l’arcivescovo chiede che il team preposto a celebrare le Messe di Soho due domeniche al mese focalizzi ora i suoi sforzi per la “cura pastorale” alle persone omosessuali. Compito di cura però - si legge nella nota - che non dovrà includere “l’organizzazione di messe regolari”. Il tutto sarà ora gestito dai padri gesuiti della parrocchia della Immacolata Concezione in Farm Street. L’arcivescovo di Westminster annuncia alla fine della nota che la Chiesa cattolica di Warwick Street sarà data per la Quaresima di quest’anno all’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham. (R.P.)

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    Anche in Nepal in aumento la violenza contro le donne

    ◊   Le statistiche relative alla violenza sulle donne tratteggiano una situazione terribile non solo per l'India, ma anche per il Nepal. Secondo i dati presentati alla fine dell'anno, infatti, nel corso del solo dicembre 2012 si sono verificati più di 47 terribili crimini di tipo sessuale. A questi dati vanno aggiunti quelli relativi all'intero anno. Secondo alcuni rapporti del governo, il 64% delle donne nepalesi hanno subito violenze domestiche nel 2012. Di queste, il 16% ha subito violenze sociali e il 7% è stato violentato. Nel campo delle violenze sessuali - riferisce l'agenzia AsiaNews - il 59% dei casi è avvenuto in casa e addirittura l'8% dei casi configura un incesto. Il 71% delle donne fra i 26 e i 35 anni di età è considerato a rischio di violenza. Il Paese è stato sconvolto soprattutto dal caso di Sita Rai, una donna rientrata in patria dopo 2 anni di lavoro in Arabia Saudita. Appena atterrata a Kathmandu è stata rapita e stuprata da un funzionario di polizia in servizio all'aeroporto. Il primo ministro Baburam Bhattarai ha espresso la "profonda vergogna" del governo per queste violenze e ha annunciato inchieste approfondite. Secondo i sociologi la povertà è la causa primaria dell'aumento delle violenze. Krishna Bhattachan spiega: "Se analizziamo i casi di morte o di roghi in famiglia vediamo che la causa primaria è la povertà. Nella zona di Terai, quando nasce una bambina, i genitori sono preoccupati: servono molti soldi per sposare una figlia femmina. E quelli che non se lo possono permettere scelgono la violenza e uccidono le proprie figlie". Renu Baj Bandhari, attivista per i diritti delle donne, denuncia: "La violenza sessuale e di genere è in aumento in Nepal, e noi non ci sentiamo sicure. La nostra protesta continuerà fino a che i colpevoli di questi atti non saranno assicurati alla giustizia e non verrà garantita la sicurezza delle donne. Quest'anno non celebriamo il Capodanno, ma piangiamo tutte coloro che sono morte vittime di queste violenze". (R.P.)

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    India. In Orissa migliaia di indù alla messa di Natale: un segno di speranza per il 2013

    ◊   Centinaia di migliaia di cristiani e indù hanno partecipato alle messe di mezzanotte organizzate nelle parrocchie di Kandhamal, Bubhaneshwar e altre province dell'Orissa. Per mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack - Bhubaneshwar "tale partecipazione non ha precedenti nella storia della Chiesa in Orissa". Intervistato dall'agenzia AsiaNews il prelato racconta che "il senso di pace, unità, festa e preghiera era palpabile nelle chiese", i fedeli cattolici e i non cristiani hanno partecipato alla messa con le loro famiglie. Centinaia i bambini che hanno portato fiori e candele davanti al presepe per rendere omaggio a Gesù Bambino. Ciò è un fatto straordinario alla luce dei pogrom degli estremisti indù contro i cristiani avvenuti fra il 2007 e il 2008, costati centinaia di morti. "Dio è venuto sulla terra per stare con noi - sottolinea l'arcivescovo - e a poco a poco la gente anche non cristiana lo sta riconoscendo". Per il prelato la folla dalle molteplici provenienze è un segno che Cristo riunisce i popoli di tutte le nazioni. "Una ragazza italiana presente alla messa - afferma - mi ha chiesto perchè vi erano così tante persone. Io le ho risposto: 'perché vogliono condividere la gioia di Gesù'. Guardando tutta questa gente - continua - ho compreso che io non sono solo il pastore dei cristiani, ma tutte le persone della mia arcidiocesi fanno parte del gregge. Il 25 dicembre il Bambino Gesù ha parlato a tutti con la semplicità della sua presenza dicendo a ciascuno: 'io sono qui'". Nel suo messaggio di auguri per il 2013, mons. Barwa ringrazia l'amministrazione civile per aver protetto gli edifici religiosi durante le celebrazioni di Natale. "Tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo è un dono di Dio - afferma l'arcivescovo - così anche il nuovo anno 2013, Anno della Fede, è un dono di Dio a a noi privilegiati. Mi auguro che il nuovo anno sia ricco di opportunità per lavorare insieme e portare speranza, armonia e comunione in Orissa". Per l'arcivescovo i giovani e i bambini sono la "spina dorsale" della comunità cristiana dell'Orissa. Attraverso un'educazione volta ad approfondire la fede in Gesù essi possono essere agenti di cambiamento sociale e veri messaggeri di Cristo in una società divisa da odio e violenze. (R.P.)

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    Cina: il Natale vissuto con partecipazione dalle comunità cattoliche locali

    ◊   Amore per il prossimo, evangelizzazione e vita di fede sono le tre parole chiave sulle quali ha riflettuto la comunità cattolica cinese nel corso delle festività natalizie ancora in corso. Durante le Feste, riferisce l'agenzia Fides, si è svolta inoltre l’ottava serata caritativa promossa da Jinde Charity e intitolata “Io e te insieme”. I proventi raccolti e le donazioni dei circa 400 partecipanti - l’equivalente di 50mila euro - saranno destinati dall’organizzazione alle ragazze delle famiglie disagiate e ai bambini orfani disabili, mentre il ricavato di un’altra serata è stato interamente devoluto alle cure dei malati di Aids. la notizia degli eventi, inoltre, è stata riportata da diversi organi di stampa. Sempre durante le Feste, si sono svolte molte visite pastorali: mons. Chen Gong Ao, vescovo della diocesi di Nan Chong, ad esempio, ha esortato i fedeli a vivere appieno l’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI e a dedicarsi, quindi, di più, all’evangelizzazione. La diocesi di Da Zhou, provincia del Si Chuan, ha invece accolto alle celebrazioni natalizie molti non cristiani, cogliendo l’occasione per portare l’annuncio del Vangelo a chi non lo conosce. Infine, nel sud del Si Chuan, il Natale è stato festeggiato anche con danze e canti tipici locali, a testimonianza di una fede vissuta con gioia. (R.B.)

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    L’arcivescovo Rugambwa in Sierra Leone per l’ordinazione episcopale di mons. Aruna

    ◊   Il segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e presidente delle Pontificie Opere Missionarie (Pom), mons. Protase Rugambwa, si trova in questi giorni in Sierra Leone per l’ordinazione episcopale il 5 gennaio prossimo, di mons. Henry Aruna, vescovo eletto di Makeni che sostituisce mons. Giorgio Biguzzi. Il nuovo vescovo, 49 anni, originario del Paese africano dove si è formato e ha studiato prima di ottenere il baccalaureato in teologia all’Urbaniana di Roma, reggerà la diocesi che l’anno scorso ha compiuto 50 anni. Divisa in 12 parrocchie, la diocesi conta circa un milione e 800mila abitanti, di cui 50mila di fede cattolica. Nel corso della visita di mons. Rugambwa che si concluderà il 7 gennaio – precisa l'agenzia Fides – il presule incontrerà anche il clero della diocesi di Makeni e i vescovi della Sierra Leone, visiterà il Seminario Maggiore St.Paul’s di Freetown e alcuni progetti che sono stati realizzati in loco dalle Pom. (R.B.)

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    Repubblica Ceca: iniziata in tutte le parrocchie la "Colletta dell'Epifania"

    ◊   Inizia oggi, in tutte le parrocchie della Repubblica Ceca, la “Colletta dell’Epifania” per raccogliere fondi a favore di soggetti che vivono situazioni difficili. L’evento si svolge tradizionalmente all’inizio di gennaio, per invitare tutte le persone di buona volontà a prendere inspirazione dall’esempio e dalla generosità dei Re Magi e “portare doni e mostrare solidarietà” alle persone bisognose. Cantori volontari porteranno i canti di Natale nelle case di tutti gli angoli del Paese. Il denaro raccolto con la colletta di quest’anno - riferisce l'agenzia Sir - sarà devoluto alla realizzazione di seminari terapeutici per soggetti affetti da malattie mentali, all’acquisto di attrezzature mediche, al sostegno delle attività del Centro per le persone socialmente svantaggiate e all’acquisto di un veicolo per il trasporto di persone disabili fisiche e mentali. La Caritas della Repubblica Ceca spera che i donatori siano generosi come l’anno scorso, quando il risultato della colletta superò i 75 milioni di Czk (3 milioni di euro). Il progetto culminerà il 14 gennaio. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 2

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