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Sommario del 25/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Motu proprio. Il Papa lascia ai cardinali la facoltà di anticipare il Conclave
  • Ricevuti dal Papa i cardinali della Commissione d’indagine sulla fuga di notizie riservate
  • Il cardinale O'Brien non parteciperà al Conclave
  • Briefing di mons. Celata e padre Lombardi
  • Benedetto XVI ringrazia i contemplativi: il Conclave potrà poggiare sulla limpida purezza della loro preghiera
  • I detenuti si uniscono alla preghiera per il Papa
  • La famiglia, "via della Chiesa", cuore del magistero di Benedetto XVI
  • Cordoglio del Papa per la morte del card. Ries: testimone della fede in uno spirito di dialogo
  • Nominato amministratore apostolico della Diocesi di Vitebsk, in Bielorussia
  • Convegno sulla Sindone nell’Anno della Fede, a Roma dall’1 al 4 marzo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Grandi Laghi: 11 Paesi firmano accordo per la pace
  • Attentati talebani in Afghanistan. Karzai: le forze speciali Usa si ritirino da Wardak e Logar
  • Sud Corea, il presidente Park si insedia e ammonisce il Nord sul nucleare
  • Notte degli Oscar: "Argo" di Ben Affleck, miglior film
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: nuovi sforzi diplomatici. Battaglia ad Aleppo
  • Siria. Appello di Gregorios III: "Si fermi l'invio di armi"
  • Elezioni in Italia, gli istant poll danno la vittoria al centrosinistra
  • Onu: in Africa occidentale traffici illeciti e reti criminali, ostacolo allo sviluppo
  • Darfur: violenze nel nord. Si teme il riaccendersi del conflitto
  • Mali: scontri al nord. In azione droni statunitensi
  • Egitto. Elezioni a Pasqua: i copti protestano, possibile un rinvio
  • Bulgaria: è Neofit il nuovo patriarca ortodosso. Per la Chiesa cattolica "ottima scelta"
  • Cuba. Raul Castro annuncia: "lascerò a fine mandato"
  • Colombia: la Chiesa chiede di sostenere gli sforzi per continuare il dialogo di pace
  • El Salvador: appello per una campagna elettorale trasparente e senza violenza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Motu proprio. Il Papa lascia ai cardinali la facoltà di anticipare il Conclave

    ◊   E’ stata pubblicata oggi la Lettera apostolica in forma di Motu proprio "Normas nonnullas" su alcune modifiche alle norme relative all’elezione del Papa. Nel documento, Benedetto XVI apporta alcune modifiche alle precedenti normative per “assicurare il migliore svolgimento di quanto attiene, pur con diverso rilievo, all’elezione del Romano Pontefice” e “in particolare una più certa interpretazione ed attuazione di alcune disposizioni”.

    “Nessun Cardinale elettore – afferma Benedetto XVI - potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto, fermo restando quanto prescritto al n. 40 e al n. 75” della Costituzione Universi Dominici gregis.

    E’ stato inoltre stabilito che, “dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, si attendano per quindici giorni interi gli assenti prima di iniziare il Conclave”. Il Papa lascia “peraltro al Collegio dei Cardinali la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i Cardinale elettori, come pure la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l’inizio dell’elezione per alcuni altri giorni. Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione”.

    Si precisano inoltre le norme per la segretezza del Conclave: “L’intero territorio della Città del Vaticano e anche l’attività ordinaria degli Uffici aventi sede entro il suo ambito dovranno essere regolati, per detto periodo, in modo da assicurare la riservatezza e il libero svolgimento di tutte le operazioni connesse con l’elezione del Sommo Pontefice. In particolare si dovrà provvedere, anche con l’aiuto di Prelati Chierici di Camera, che i Cardinali elettori non siano avvicinati da nessuno durante il percorso dalla Domus Sanctae Marthae al Palazzo Apostolico Vaticano”.

    Tutte le persone “che per qualsivoglia motivo e in qualsiasi tempo venissero a conoscenza da chiunque di quanto direttamente o indirettamente concerne gli atti propri dell’elezione e, in modo particolare, di quanto attiene agli scrutini avvenuti nell’elezione stessa, sono obbligate a stretto segreto con qualunque persona estranea al Collegio dei Cardinali elettori: per tale scopo, prima dell’inizio delle operazioni dell’elezione, dovranno prestare giuramento” secondo precise modalità nella consapevolezza che una sua infrazione comporterà “la pena della scomunica «latae sententiae» riservata alla Sede Apostolica”.

    “Aboliti i modi di elezione detti per acclamationem seu inspirationem e per compromissum, la forma di elezione del Romano Pontefice sarà d’ora in poi unicamente per scrutinium”. Il Papa
    stabilisce, pertanto, “che per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono almeno i due terzi dei suffragi, computati sulla base degli elettori presenti e votanti.”

    “Se le votazioni di cui ai nn. 72, 73 e 74” della Costituzione Universi Dominici gregis non avranno esito, è stabilito che “sia dedicato un giorno alla preghiera, alla riflessione e al dialogo”; nelle successive votazioni, “avranno voce passiva soltanto i due nomi che nel precedente scrutinio avevano ottenuto il maggior numero di voti, né si potrà recedere dalla disposizione che per la valida elezione, anche in questi scrutini, è richiesta la maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei Cardinali presenti e votanti. In queste votazioni, i due nomi che hanno voce passiva non hanno voce attiva”.

    “Avvenuta canonicamente l’elezione, l’ultimo dei Cardinali Diaconi chiama nell’aula dell’elezione il Segretario del Collegio dei Cardinali, il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e due Cerimonieri; quindi, il Cardinale Decano, o il primo dei Cardinali per ordine e anzianità, a nome di tutto il Collegio degli elettori chiede il consenso dell’eletto con le seguenti parole: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice? E appena ricevuto il consenso, gli chiede: Come vuoi essere chiamato? Allora il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, con funzione di notaio e avendo per testimoni due Cerimonieri, redige un documento circa l’accettazione del nuovo Pontefice e il nome da lui assunto”.

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    Ricevuti dal Papa i cardinali della Commissione d’indagine sulla fuga di notizie riservate

    ◊   Il Papa ha ricevuto in udienza questa mattina i cardinali Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, della Commissione Cardinalizia d’indagine sulla fuga di notizie riservate, accompagnati dal segretario, il padre cappuccino Luigi Martignani.

    A conclusione dell’incarico – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – Benedetto XVI “ha voluto ringraziarli per il proficuo lavoro svolto, esprimendo soddisfazione per gli esiti dell’indagine. Essa, infatti, ha consentito di rilevare, accanto a limiti e imperfezioni propri della componente umana di ogni istituzione, la generosità, rettitudine e dedizione di quanti lavorano nella Santa Sede a servizio della missione affidata da Cristo al Romano Pontefice”.

    “Il Santo Padre – conclude il comunicato - ha deciso che gli atti dell’indagine, del cui contenuto” solo lui è a conoscenza, “rimangano a disposizione unicamente del nuovo Pontefice”.

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    Il cardinale O'Brien non parteciperà al Conclave

    ◊   Lo scorso 18 febbraio, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Saint Andrews and Edinburgh (Scozia), presentata dal cardinale Keith Michael Patrick O'Brien, per raggiunti limiti di età. Il porporato, in un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale scozzese, annuncia che non parteciperà al prossimo Conclave perché l’attenzione dei media non sia puntata sulla sua persona. “Guardando indietro ai miei anni di ministero – scrive - per qualsiasi bene che ho potuto fare, ringrazio Dio. Per eventuali errori, mi scuso con tutti coloro che ho offeso”. Quindi conclude: “Ringrazio il Santo Padre Benedetto XVI per la sua gentilezza e cortesia e a nome personale e a nome del popolo di Scozia gli auguro un ritiro lungo e felice. Chiedo anche la benedizione di Dio sui miei Confratelli Cardinali che presto si riuniranno a Roma per eleggere il suo successore … pregherò con loro e per loro che, illuminati dallo Spirito Santo, facciano la scelta giusta per il futuro bene della Chiesa”.

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    Briefing di mons. Celata e padre Lombardi

    ◊   Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha tenuto oggi un briefing con i giornalisti affrontando varie tematiche: il Motu proprio su alcune modifiche relative all'elezione del nuovo Pontefice, l'incontro di Benedetto XVI con i cardinali della Commissione cardinalizia incaricata di indagare sulla fuga di notizie riservate e, infine, la vicenda del cardinale Keith O’Brien, che ha annunciato che non parteciperà al prossimo Conclave. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Benedetto XVI - si legge nel comunicato della Sala Stampa della Santa Sede letto durante il briefing - ha voluto ringraziare i cardinali della Commissione cardinalizia incaricata di indagare sulla fuga di notizie riservate per il proficuo lavoro svolto, “esprimendo soddisfazione per gli esiti dell’indagine”. L’indagine, infatti, “ha consentito di rilevare, accanto a limiti e imperfezioni propri della componente umana di ogni istituzione, la generosità, rettitudine e dedizione di quanti lavorano nella Santa Sede a servizio della missione affidata da Cristo al Romano Pontefice”. “Il Santo Padre – si legge ancora nel comunicato - ha deciso che gli atti dell’indagine, del cui contenuto solo Sua Santità è a conoscenza, rimangano a disposizione unicamente del nuovo Pontefice”. Poi padre Federico Lombardi ha aggiunto:

    “Con questo si è chiuso il mandato della Commissione ‘a conclusione dell’incarico’. Quindi la Commissione è sciolta da questa mattina. Il Papa ha stabilito che il rapporto è a disposizione del suo successore”.

    Sulle dimissioni presentate dal cardinale O’Brien e accettate da Benedetto XVI, padre Lombardi ha poi precisato:

    “Il comunicato nostro non fa riferimento a partecipazioni o meno al Conclave. Fa riferimento al governo della diocesi di Edinburgh, che è terminato con questa rinuncia”.

    Mons. Pierluigi Celata, vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa, ha poi illustrato il Motu proprio di Benedetto XVI, con cui si sostituiscono alcune norme presenti nella Costituzione Universi Dominici gregis, promulgata nel 1996 da Giovanni Paolo II:

    “L’intenzione generale che ha mosso il Santo Padre è da lui stesso chiaramente indicata: considerata l’importanza della materia, assicurare il migliore svolgimento di quanto attiene all’elezione del Romano Pontefice, in particolare una più certa interpretazione ed attuazione di alcune disposizioni della stessa Costituzione”.

    In particolare, per una valida elezione del Pontefice è sempre richiesta almeno la maggioranza dei due terzi dei voti dei cardinali elettori e votanti. Nessun cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione per nessun motivo o pretesto. Resta confermato il periodo di attesa di 15 giorni prima dell’inizio del conclave. Il collegio dei cardinali, se consta la presenza di tutti i cardinali elettori, ha la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave. L’apertura può anche essere posticipata in caso di motivi gravi. Ma trascorsi al massimo venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i cardinali elettori sono tenuti a procedere all’elezione. Padre Federico Lombardi ha quindi ribadito che saranno e le congregazioni dei cardinali a decidere la data di inizio del Conclave:

    “Non può avvenire certo prima del primo marzo, perché non possono incontrarsi prima del primo marzo; bisogna che siano convocati per la prima congregazione generale e, probabilmente, non è esattamente nella prima congregazione generale che decidono una cosa di questo genere. Quindi io credo che dobbiamo ancora attendere alcuni dei primissimi giorni di marzo, prima di avere la decisione formale”.

    Prima dell’inizio del Conclave, si deve dunque attendere l’arrivo di tutti i cardinali elettori a meno che uno o più porporati non comunichino, in modo appropriato, l’impossibilità di partecipare per motivi di salute comprovati o per impedimento grave.

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    Benedetto XVI ringrazia i contemplativi: il Conclave potrà poggiare sulla limpida purezza della loro preghiera

    ◊   Benedetto XVI ringrazia i Monasteri di vita contemplativa di tutto il mondo per la preghiera che stanno elevando in questo momento particolare della vita della Chiesa. Lo rende noto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone in un messaggio inviato ai religiosi di clausura. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    “Tutta la Chiesa – scrive il cardinale Bertone - segue con trepidazione gli ultimi giorni del luminoso pontificato” di Benedetto XVI e attende la venuta del suo Successore che i cardinali riuniti in Conclave, “guidati dall’azione dello Spirito Santo, sceglieranno, dopo aver scrutato insieme i segni dei tempi della Chiesa e del mondo”. Il porporato rilancia il “pressante” appello alla preghiera rivolto a tutti i fedeli dal Papa “per chiedere di accompagnarlo nel momento della consegna del ministero petrino nelle mani del Signore, e di attendere fiduciosi la venuta del nuovo Pontefice”; un appello che Benedetto XVI rivolge in modo particolare ai contemplativi. “E' da voi, dai vostri Monasteri femminili e maschili disseminati in tutto il mondo” – spiega il cardinale Bertone - che il Papa “è certo di poter attingere la preziosa risorsa di quella fede orante che nei secoli accompagna e sostiene il cammino della Chiesa. Il prossimo Conclave – aggiunge - potrà così poggiare, in modo speciale, sulla limpida purezza della vostra preghiera e della vostra lode”.

    Per il cardinale Bertone “l'esempio più significativo di questa elevazione spirituale, che manifesta la dimensione più vera e profonda di ogni atto ecclesiale, quella dello Spirito Santo che guida la Chiesa”, ci è offerto dallo stesso Benedetto XVI “che, dopo aver governato la Barca di Pietro tra i flutti della storia, ha scelto di dedicarsi soprattutto alla preghiera, alla contemplazione dell'Altissimo e alla riflessione”. Il Papa – conclude il porporato - ringrazia i contemplativi, ribadendo “quanto amore e considerazione” nutra nei loro confronti.

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    I detenuti si uniscono alla preghiera per il Papa

    ◊   Anche i carcerati si uniscono alla preghiera di vicinanza e ringraziamento per il pontificato di Benedetto XVI. Ascoltiamo, al microfono di Marco Guerra, don Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia, dove il Papa si è recato nel dicembre 2011:

    R. - Ci sembra un modo bello per ricordarlo, ma soprattutto per essergli vicino in questo momento. In tutte le Messe che abbiamo celebrato nei reparti e in quella centrale dell’Istituto, abbiamo rivissuto anche il momento della sua visita: tra l’altro davanti alla chiesa abbiamo un cipresso che ci ha regalato come segno della sua visita. Quindi, abbiamo fatto riferimento a questo per pregare per lui e per ringraziarlo, ancora una volta, dell’accoglienza che ci ha fatto, perché il 18 dicembre 2011 è stato un evento memorabile! I detenuti lo hanno vissuto con molta emozione e con molta sincerità.

    D. - Quindi c’è ancora un ricordo molto vivo di Benedetto XVI, che ha sempre dimostrato la sua vicinanza al mondo dei detenuti...

    R. - Sì, certamente. E quel giorno della visita del Santo Padre a Rebibbia è stato per noi una piacevolissima scoperta: in particolare, sentire con quanta familiarità il Papa si è rivolto a tutti i detenuti. Questo ha lasciato davvero un segno indelebile!

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    La famiglia, "via della Chiesa", cuore del magistero di Benedetto XVI

    ◊   Tante le famiglie presenti ieri all’Angelus in Piazza San Pietro. Più volte nel corso del suo pontificato il Papa ha evidenziato il ruolo prioritario della famiglia nella società, chiedendo leggi a tutela del matrimonio tra un uomo e una donna. “L’amore a cui le famiglie sono chiamate è l’unica forza capace di trasformare il mondo”. Ripercorriamo il magistero di Benedetto XVI sulla famiglia nel servizio di Paolo Ondarza:

    Via della Chiesa, protagonista della nuova evangelizzazione, fondamento indispensabile della civiltà, ma nonostante ciò, oggi più che mai, realtà sotto assedio. E’ così che Benedetto XVI ha definito la famiglia innumerevoli volte durante il suo pontificato chiedendo per essa a politici e legislatori un attenzione prioritaria. Non è possibile rimanere indifferenti di fronte agli attacchi rivolti a questa cellula fondamentale della società in primis in Europa dove – ha segnalato il Papa – vanno diffondendosi “false ideologie” sull’amore e “una secolarizzazione che porta all’emarginazione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazione della famiglia”. Siamo chiamati – ha esortato - a contrastare tale mentalità:

    “Nel nostro tempo, come già in epoche passate, l’eclissi di Dio, la diffusione di ideologie contrarie alla famiglia e il degrado dell’etica sessuale appaiono collegati tra loro. E come sono in relazione l’eclissi di Dio e la crisi della famiglia, così la nuova evangelizzazione è inseparabile dalla famiglia cristiana”.

    Le famiglie cristiane, piccole chiese domestiche, – spiega il Pontefice – sono chiamate urgentemente ad un nuovo protagonismo nella società, ad essere “soggetto di evangelizzazione” per manifestare nel mondo l’amore e la presenza di Cristo. Il Papa indica come: dall’affermazione della vita umana dal concepimento al suo termine naturale alla dedizione reciproca dei coniugi, dalla procreazione generosa e responsabile alla cura ed educazione dei figli, dall’impegno civile a quello nel “lavoro”. A tal proposito Benedetto XVI invoca politiche a tutela della conciliazione famiglia-lavoro specie per quanto riguarda le donne:

    “E’ necessario sostenere concretamente la maternità, come pure garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due”.

    Una mancata conciliazione tra questi ambiti porta a vedere il figlio come un problema e non come un dono, constata il Papa che, guardando ai Paesi in cui vanno affermandosi a livello giuridico nuove forme di famiglia e genitorialità, aggiunge: “Difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna non è retrogrado, ma profetico perché promuove la persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio. Impegnarsi per famiglia e matrimonio – ha aggiunto – vuol dire impegnarsi per l’uomo, la realtà più preziosa tra quelle create da Dio”:

    “E’ proprio la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini. Essi vogliono essere amati da una madre e da un padre che si amano, ed hanno bisogno di abitare, crescere e vivere insieme con ambedue i genitori, perché le figure materna e paterna sono complementari nell’educazione dei figli e nella costruzione della loro personalità e della loro identità. E’ importante, quindi, che si faccia tutto il possibile per farli crescere in una famiglia unita e stabile”.

    “La vocazione all’amore familiare è l’unica forza che può veramente trasformare il mondo” , – rileva il Papa – ma essere famiglia non è facile. Lo dimostrano i tanti divorzi:

    “Una parola vorrei dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza”.

    Dove, dunque, i genitori possono imparare quell’amore duraturo, generoso e fedele, così necessario allo sviluppo armonico di un bambino e al benessere della società? Alla scuola della Santa Famiglia di Nazareth, spiega Benedetto XVI. Qui le famiglie divengono piccole scuole di preghiera, formano i cittadini del domani affinchè siano responsabili e onesti. Tuttavia – nota il Papa – in questa prolungata crisi economica, oggi per le nuove generazioni il futuro è pieno di incognite:

    “È urgente che, pur nel difficile momento, si faccia ogni sforzo per promuovere politiche occupazionali, che possano garantire un lavoro e un sostentamento dignitoso, condizione indispensabile per dare vita a nuove famiglie".

    Se molti Paesi hanno retto alla crisi è stato grazie alle famiglie. A queste il Papa chiede di mostrare il volto umano che l’economia deve avere:

    “E’ primariamente nella famiglia che si apprende come il giusto atteggiamento da vivere nell’ambito della società, anche nel mondo del lavoro, dell’economia, dell’impresa, deve essere guidato dalla ‘caritas’, nella logica della gratuità, della solidarietà e della responsabilità gli uni per gli altri”.

    Per contrastare una dilagante mentalità individualistica – evidenzia il Papa – è necessario poi valorizzare il ruolo dei nonni, non un peso, ma un “tesoro che non si può strappare alle nuove generazioni:

    “Ritornino i nonni ad essere presenza viva nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Per quanto riguarda la famiglia, i nonni continuino ad essere testimoni di unità, di valori fondati sulla fedeltà ad un unico amore che genera la fede e la gioia di vivere”.

    Tutelare la famiglia, evitarne il disgregamento, vuol dire anche consentire ai suoi membri di avere uno spazio e un tempo di incontro. Di qui il forte appello levato di fronte ad oltre un milione di persone, lo scorso giugno nel parco di Bresso a Milano, in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, perché sia tutelata la domenica:

    “E’ il giorno della famiglia, nel quale vivere assieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione alla Santa Messa. Care famiglie, pur nei ritmi serrati della nostra epoca, non perdete il senso del giorno del Signore! E’ come l’oasi in cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro e dissetare la nostra sete di Dio”.

    Ed è sempre nell’incontro di Milano che Benedetto XVI ha voluto condividere il prezioso ricordo della sua famiglia di origine, caratterizzata da rapporti di fiducia e immagine dell’amore del Padre:

    “Sono stati momenti indimenticabili … eravamo un cuore e un’anima sola … anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà … Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per le cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo sia molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia … perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà il Paradiso, penso al tempo della mia giovinezza, della mia infanzia … In questo senso spero di andare ‘a casa’, quando andrò nell’aldilà …”.

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    Cordoglio del Papa per la morte del card. Ries: testimone della fede in uno spirito di dialogo

    ◊   Un “eminente uomo di fede che ha fedelmente servito la Chiesa”: così il Papa definisce il cardinale Julien Ries, professore emerito di storia delle religioni presso l’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve, spentosi sabato scorso a Tournai, in Belgio, all’età di 92 anni. “Attraverso l'insegnamento e la ricerca, in particolare nel campo della storia delle religioni, di cui era un esperto riconosciuto – afferma Benedetto XVI nel messaggio di cordoglio inviato a mons. Guy Harpigny, vescovo di Tournai - ha sempre avuto il desiderio di testimoniare la sua fede tra i suoi contemporanei, in uno spirito di dialogo”. Il cardinale Ries è considerato il più grande antropologo religioso del nostro tempo. La sua attività è stata caratterizzata da un'attenzione particolare alle religioni orientali, in particolare alle figure di Mitra e di Zaratustra, e poi all'induismo, al buddismo e all'islam. Si è specializzato anche nello studio delle religioni dell’Egitto faraonico, dello gnosticismo, del manicheismo e delle antiche religioni germaniche e scandinave. Al suo attivo, conta 645 titoli di libri, saggi e articoli per riviste. Nel 2010 l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano gli ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Filosofia della persona e Bioetica «per il valore intrinseco dei suoi studi, per la sua instancabile operosità scientifica e culturale, per l'apporto decisivo che le sue indagini sul fenomeno religioso hanno fornito alla comprensione della specificità propria dell'essere dell'uomo in quanto homo religiosus». Benedetto XVI lo aveva creato cardinale nel Concistoro del 18 febbraio 2012.

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    Nominato amministratore apostolico della Diocesi di Vitebsk, in Bielorussia

    ◊   Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Vitebsk (Bielorussia), presentata da mons. Władysław Blin in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico, e ha nominato amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis di questa Diocesi mons. Franciszek Kisiel, finora vicario generale della medesima Diocesi.

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    Convegno sulla Sindone nell’Anno della Fede, a Roma dall’1 al 4 marzo

    ◊   “Sindone e nuova evangelizzazione”, il tema di un Convegno promosso dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum nell’Anno della Fede. Studiosi, massimi conoscitori del Sacro Telo converranno a Roma, l’1 e 2 marzo, per dibattere su “Sindone e Kérygma” e “Sindone e comunicazione”. In chiusura dei lavori - durante i quali sarà possibile visitare la Mostra “Chi è l’uomo della Sindone” - sarà anche lanciato un Concorso sul Volto e il Crocifisso sindonico. L’evento è stato presentato stamane alla stampa nella sede del Pontificio Consiglio della Cultura. Roberta Gisotti ha intervistato padre Rafael Pascual, direttore dell’Istituto Scienza e Fede dell’Ateneo pontificio promotore del Convegno:

    D. – Padre Pascual, si è sottolineato più volte che la Sindone riveste un significato di fede al di là della certezza della datazione. Forse è importante ripresentare, rinnovare e valorizzare questo significato proprio nell’Anno dedicato alla Fede...

    R. – Sicuramente. Dunque, che cosa ci offre la Sindone? Direi che sia un segno, che bisogna cercare di capire, di leggere, di interpretare. E’ un segno che ci parla di Gesù. In questo senso, dunque, ci porta proprio alla centralità del messaggio del cristianesimo, che è proprio il messaggio della Pasqua. Noi nella Sindone vediamo proprio il riflesso della Passione del Signore, la sua morte e anche la Resurrezione. Siamo, dunque, al cuore del Credo, nella parte cristologica. Mi sembra per questo che la Sindone abbia qualcosa da dire a noi proprio oggi, nell’Anno della Fede.

    D. – In questo Convegno, oltre appunto al tema della Sindone e il Kérygma, si parlerà di Sindone e comunicazione...

    R. – Quello che deve trasmettere il cristiano è un messaggio e questo è il cuore della comunicazione. Abbiamo un messaggio da trasmettere, anzi, il grande messaggio: la Buona Novella. E proprio la Sindone viene a darci questo, perché ci offre in qualche modo il linguaggio per farlo. Adesso siamo nel mondo della comunicazione, dell’immagine, e la Sindone, dunque, essendo un’immagine, può offrire qualcosa di molto importante in questo senso.

    D. – Ci saranno degli approfondimenti su Sindone e Tv, su Sindone e Cinema...

    R. – Noi vediamo come la Tv in diversi momenti, anche durante le ultime Ostensioni, abbia avuto un ruolo molto importante. Ci sono stati programmi di grande audience, per approfondire questo argomento, che sicuramente è arrivato a tutte le persone. La Sindone appare in diverse occasioni anche nel Cinema, con diversi aspetti e diverse prospettive. Ha avuto anche lì un ruolo. Come nello stesso Vangelo, dove ha aperto gli occhi alla fede dei due discepoli, che la mattina della Resurrezione sono andati al Sepolcro e hanno visto la Sindone. Il Vangelo dice che Giovanni ha visto e ha creduto.

    D. – Un Convegno che non vuole rimanere, mi sembra di capire, un consesso tra persone colte, ma che vuole sollecitare i fedeli tutti...

    R. – Esattamente. Non volevamo fare un Convegno per studiosi, per esperti, ma un Convegno aperto al pubblico, a tutte le persone, ai credenti, ma anche agli scettici, perché è un messaggio che si rivolge anche a loro. Nel Vangelo si racconta la posizione di Tommaso, che ha detto: “Se io non vedo, non credo”. La cosa più sorprendente è che Gesù in qualche modo ha accettato la sfida ed è apparso proprio per lui, per fargli mettere le dita sulle piaghe e la mano sul costato. La Sindone, dunque, è quasi una risposta alla provocazione del non credente, come a dire: “Ecco, qui c’è il segno: se vuoi credere hai anche la possibilità, con l’aiuto di questo segno”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Chiamato a salire sul monte: durante l'ultimo Angelus in Piazza San Pietro Benedetto XVI commenta il racconto evangelico della Trasfigurazione e ribadisce che continuerà a servire la Chiesa con la preghiera e la meditazione (sull'avvenimento, nell'informazione vaticana, un articolo di Cristian Martini Grimaldi dal titolo "Quella scintilla che scocca anche in chi non crede").

    Normas nonnullas: Motu proprio di Benedetto XVI su alcune modifiche alle norme relative all'elezione del Romano Pontefice (testo in latino e in italiano).

    Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede sull'udienza del Papa ai porporati della Commissione cardinalizia d'indagine sulla fuga di notizie riservate.

    Gianpaolo Romanato riguardo all'ultimo veto sul conclave: un relitto storico proveniente dai secoli dell'assolutismo rimasto in vigore fino al 1903.

    Oltre i rumori di fondo: la stampa internazionale sulla scelta di Benedetto XVI.

    Un appello alla preghiera dei contemplativi: messaggio del cardinale segretario di Stato ai monasteri di tutto il mondo.

    Una vita di studi dedicata all'uomo e il sacro: la morte del cardinale Julien Ries. Un ricordo di Natale Spineto dal titolo "il saggio che salva la città".

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Una first lady per l'Oscar": Ben Affleck prevale su Spielberg e Tarantino.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'accordo di pace per l'Est congolese firmato da undici capi di Stato africani.

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    Oggi in Primo Piano



    Grandi Laghi: 11 Paesi firmano accordo per la pace

    ◊   “Un’era di pace e stabilità” nella Repubblica Democratica del Congo: è l’auspicio espresso dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, presente ieri ad Addis Abeba, in Etiopia, alla firma dell’accordo tra 11 Paesi della regione dei Grandi Laghi. Un’intesa che prevede il rafforzamento della missione delle Nazioni Unite ed un impegno concreto da parte di tutti gli 11 Paesi nella lotta ai gruppi armati in particolare i ribelli del movimento M23. Benedetta Capelli ha raggiunto, telefonicamente a Goma, Danilo Giannese, responsabile per la comunicazione del Servizio Rifugiati dei Gesuiti per la Regione dei Grandi Laghi:

    R. – Si tratta sicuramente di un accordo molto importante per il Congo orientale e per la regione in generale. C’è la mediazione delle Nazioni Unite su questo accordo e c’è da sottolineare che tra gli Stati firmatari ci sono due nazioni che sono state accusate pubblicamente di avere sostenuto e di sostenere tuttora i ribelli del M23 …

    D. - … sarebbero Rwanda e Uganda. Che cosa allora è cambiato, in questi due Paesi, per accettare un accordo simile?

    R. – E’ evidente che i due Paesi non hanno mai ammesso di sostenere questi ribelli. La reazione ufficiale, ad esempio, del presidente del Rwanda, Kagame, è che un accordo del genere è positivo per lo stesso Paese, perché il Rwanda ha tutti gli interessi ad avere stabilità nella regione. Questo accordo è stato fortemente voluto dalle Nazioni Unite. Quello che può cambiare è che effettivamente potrebbe esserci una riduzione anche del mandato della Forza di pace dell’Onu che è stata più volte accusata di essere inefficace e quindi il mandato potrebbe essere rivisto. Sarebbe prevista anche una forza d’intervento speciale che dovrebbe essere costituita da 2.500 soldati africani, che avrebbero proprio il compito di andare a combattere le forze ribelli. Quindi, questa è una novità. Quello che è fondamentale è che questo accordo sia poi effettivamente sostenuto da una volontà politica efficace, che non sia soltanto una firma su un pezzo di carta.

    D. – La popolazione come ha reagito a questo accordo-quadro?

    R. – La popolazione è stanca. La popolazione nel Nord-Est del Congo, nel Nord-Kivu, è veramente stanca da decenni di guerra che non hanno mai fine. Non crede molto in queste iniziative, perché anche in passato ce ne sono state altre che non hanno mai portato, effettivamente, ad alcun risultato. Tra la popolazione c’è anche diffidenza nei confronti delle Nazioni Unite e nei confronti dei Caschi Blu dell’Onu che sono qui da tanti anni ma in realtà non hanno poi portato conseguenze positive per la popolazione. E’ ovvio che, però, sperano che questa volta magari possa essere diverso dal passato.

    D. – Qual è la situazione nella regione dei Grandi Laghi? Lei si occupa principalmente di questa zona …

    R. – Diciamo che è una regione storicamente molto instabile, ma la grande problematicità di questa regione continua ad essere, appunto, la parte orientale del Congo. Per questo è molto importante che ci sia una collaborazione positiva delle Nazioni vicine.

    D. – E quali sono allora le emergenze, i problemi più forti che vive questa popolazione, al di là dell’instabilità politica?

    R. – Bè, parliamo sicuramente di un numero di sfollati incredibilmente alto: nella Repubblica Democratica del Congo si dà per ampiamente superata la soglia dei due milioni di sfollati; in Nord-Kivu ce n’è quasi un milione … Quindi, violenze sessuali nei confronti delle donne, violazioni di diritti umani di vario genere … è sicuramente una popolazione disperata! Tra l’altro, in moltissimi casi la gente fugge più di una volta. I bisogni umanitari sono ingenti: ci sono più di 30 campi di sfollati e per le popolazioni che vivono nei campi i problemi maggiori sono la ricerca del cibo. Ovviamente dipendono in tutto e per tutto dall’aiuto umanitario che però in queste zone è anche molto difficoltoso a causa delle condizioni di sicurezza e delle pessime condizioni delle strade. La vita nei campi comporta veramente molti, molti problemi per questa gente.

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    Attentati talebani in Afghanistan. Karzai: le forze speciali Usa si ritirino da Wardak e Logar

    ◊   Nuova ondata di attentati di matrice talebana in Afghanistan, con un bilancio di almeno 7 morti. Oltre che nella capitale afghana, Kabul, gli insorti sono entrati in azione anche nella provincia centrale di Logar ed in quella orientale di Nangarhar.Gli attacchi sono avvenuti mentre il governo afghano ha ordinato alle forze speciali Usa di ritrarsi dalle province di Wardak e Logar entro due settimane. Secondo Kabul i commando sono responsabili di alimentare “insicurezza e instabilità” nelle due province limitrofe alla capitale Kabul. Gli Stati Uniti prevedono, dal canto loro, il ritiro delle truppe entro il 2014 e ipotizzano di lasciare un contingente di massimo 12.000 uomini. Si tratta dell’ultimo episodio di tensione crescente tra Kabul e Washington. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali presso l’Università di Firenze:

    R. - Quello che sta succedendo non è niente d’imprevisto: nella prospettiva del ritiro della quasi totalità delle truppe americane, promessa da Barak Obama, evidentemente stiamo giungendo al redde rationem. La situazione nel Paese è evidentemente confusa e conflittuale. L’attuale presidente è stato insediato, a seguito delle operazioni militari che portarono all’occupazione del Paese, ed è chiaro che il suo futuro è quantomeno incerto nella lotta complessa che si sta sviluppando per la fase che seguirà al ritiro americano. Quello che sta succedendo, in questi giorni, non è nient’altro che la conseguenza di questa situazione.

    D. - E, infatti, il presidente Karzai ancora - dopo anni - non ha il controllo dell’intero Paese…

    R. - Nessuno ha il controllo dell’intero Paese, perché il Paese di fatto è diviso in aeree, in zone in parte controllate dalle forze della coalizione internazionale, in parte - più o meno - controllate dai signori della guerra locali e, in parte, anche lasciate a se stesse. L’Afghanistan è un Paese vasto e soprattutto da un punto di vista orografico è un Paese complesso e quindi assicurarne il controllo non è cosa semplice. Il governo centrale, di fatto, controlla - nelle migliori delle ipotesi - alcune delle città principali, tra cui evidentemente Kabul, e lo fa grazie al sostegno degli Stati Uniti e, appunto, delle forze della coalizione internazionale. Al venir progressivamente meno di questo sostegno è chiaro che Karzai si troverà e si sta trovando di fronte ad una situazione complicata: se vuole garantirsi la sopravvivenza nei confronti di quel coacervo di forze, cui prima facevo brevemente riferimento, deve trovare una qualche forma di mediazione. Naturalmente queste iniziative, adottate anche nelle ultime ore, possono essere spiegate in quest’ottica.

    D. - Intanto, professore, proseguono gli attacchi dei talebani in alcune aree, compresa Kabul: quanto queste tensioni tra Stati Uniti e Afghanistan possono rafforzare le loro azioni e quanto, invece, indeboliscono concretamente Karzai?

    R. - Quello che sta avvenendo, dal punto di vista degli attacchi talebani, ancora una volta, non è nulla che non fosse ampiamente atteso, prevedibile e previsto. Evidentemente, proprio nella prospettiva del ritiro americano, per quanto non totale, i talebani si stanno muovendo per tentare di giocare una carta importante rispetto al futuro dell’Afghanistan. Evidentemente questo accresce la difficoltà di Karzai: Karzai si trova in una situazione molto delicata, perché inevitabilmente sarà visto ed è visto da una parte della popolazione afghana come colui che è stato insediato in virtù della presenza americana e della momentanea vittoria americana e della coalizione internazionale, dopo la guerra del 2001. Molte sono le rivendicazioni, rispetto al governo centrale, di componenti della società afghana, a cominciare da quella più importanti di tutte che è l’etnia pashtun, cui non appartiene l’attuale presidente. Questo crea una situazione potenzialmente destabilizzante ed esplosiva.

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    Sud Corea, il presidente Park si insedia e ammonisce il Nord sul nucleare

    ◊   Si è insediata oggi Park Geun-hye, primo presidente donna della Corea del Sud. Nel suo discorso ha invitato la Corea del Nord a “lasciare le sue ambizioni nucleari e a intraprendere il cammino verso la pace e lo sviluppo condiviso”. Il terzo test nucleare di Pyongyang, effettuato il 12 febbraio, ha proseguito Park, “è una sfida per la sopravvivenza e il futuro del popolo coreano, e non dovrebbe esserci alcun dubbio sul fatto che la vittima più grande sarà la stessa Corea del Nord”. Davide Maggiore ha chiesto a Rossella Ideo, esperta di storia politica e diplomatica dell’Asia orientale, quali prospettive sui rapporti tra Seul e Pyongyang aprono queste parole:

    R. - Una vera strategia politica del nuovo presidente della Corea del Sud non è emersa: tanto è vero che Obama ha mandato - diciamo così - un suo team di sicurezza in Corea del Sud per l’insediamento, proprio per cercare di capire quelle che possono essere le strategie della signora Park.

    D. - Quindi quali sono, in realtà, le opzioni concrete che hanno le due Coree nei rapporti reciproci?

    R. - In questo momento le due Coree sono in stato di grave tensione, specialmente dopo il test nucleare del 12 febbraio. Non hanno alcun canale di comunicazione: siamo in attesa di una proposta da parte di Park nei confronti della Corea del Nord e soprattutto del riallacciamento di un dialogo, che è mancato totalmente anche con il presidente uscente, del suo stesso partito, cioè conservatore. La signora Park ha criticato la linea di durezza del suo immediato predecessore, così come ha criticato la linea della mano tesa, ma - lo ripeto - senza grande chiarezza. La cosa importante è che adesso si stabilisca un dialogo con la Corea del Nord e quindi si riaprano, in un certo senso, i giochi.

    D. - Un’altra priorità del presidente Park è l’economia: c’è il pericolo che le tensioni politiche mettano a rischio gli investimenti e il rilancio, quindi, dell’economia?

    R. - Fra i temi più scottanti c’è questa forbice sempre maggiore tra i ricchi e i poveri: un processo che però continua da anni. L’economia sudcoreana va bene, se noi la compariamo soprattutto all’economia dell’eurozona o anche agli Stati Uniti. Non credo, quindi, che queste tensioni possano, per il momento, essere un freno agli investimenti esteri.

    D. - Come s’inseriscono, invece, queste tensioni in tutta quella che è l’area più vasta del Pacifico, in cui non mancano i punti di scontro potenziali?

    R. - Questo è un periodo di transizione per tanti Paesi: Xi Jinping prenderà le redini del potere effettivamente in marzo; la signora Park si è appena insediata; in Giappone abbiamo visto l’elezione di un conservatore, Abe. Ci sono state delle tensioni territoriali molto forti in questi ultimi mesi sia tra il Giappone e la Corea del Sud sia a livello della Cina e del Giappone: tensioni regionali che potrebbero, in un certo senso, sfuggire dal controllo se questi nuovi politici che si insediano non riusciranno a coordinare le loro politiche. E’ interesse di tutti cercare di sminuire queste tensioni. Comunque la questione della Corea del Nord, in questo momento, è una questione molto calda.

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    Notte degli Oscar: "Argo" di Ben Affleck, miglior film

    ◊   Nel corso di una cerimonia segnata da numerosi e bellissimi numeri musicali, l’Academy ha assegnato equamente gli Oscar 2013 a una serie di film di forte impegno politico, storico e morale. Senza un vero e proprio trionfatore, i titoli premiati sono stati giustamente riconosciuti dai giurati per le loro qualità narrative, artistiche e tecniche. E’ accaduto per Vita di Pi di Ang Lee, migliore regista, che s’interroga sulla forza della fede e della speranza. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Una cerimonia degli Oscar scandita tutta dal ritmo della musica: canzoni, duetti, cori, coreografie e un musical, Les Misérables tratto dal romanzo di Victor Hugo, che ha imposto Anne Hathaway come migliore attrice non protagonista per la sua toccante interpretazione di Fantine; e musica ancora con la stupenda voce di Adele: la sua canzone Skyfall per l’ultimo film della saga di James Bond - che festeggiava i 50 anni della nascita - è considerata giustamente una delle più belle scritte nella storia del cinema. Tutte queste note sono state eseguite sul palco forse non tanto per esorcizzare le difficoltà del nostro tempo, ma per rendere omaggio all’arte del cinema che ha saputo integrare e interagire meravigliosamente con quella musicale. Nel mezzo, applauditi con numerose standing ovation, sono arrivati i premi: quello per la migliore regia, meritatissimo, insieme con altri riconoscimenti tecnici, è stato consegnato a Ang Lee per il suo profondo e magnifico Vita di Pi, una riflessione sulla fede e la speranza che coinvolge un ragazzo indiano alla deriva su una zattera perduta nell’oceano in compagnia di una feroce tigre del Bengala; e poi Argo, Oscar come miglior film - oltre che sceneggiatura non originale - il cui annuncio è stato dato addirittura in diretta dalla Casa Bianca da Michelle Obama che ha toccato i temi della tolleranza, della pace e del riconoscimento - insieme al sostegno - del cinema come arte capace di avvicinare popoli di diverse culture e religioni. Si tratta di un perfetto thriller politico diretto da Ben Affleck su un drammatico episodio, realmente accaduto, legato al sequestro e liberazione a Teheran di un gruppo di cittadini americani nei giorni successivi alla rivoluzione iraniana. Lincoln, il grande affresco storico che Steven Spielberg ha dedicato al presidente che abolì la schiavitù, si e dovuto accontentare dell’Oscar per la grande interpretazione del protagonista Danny Day-Lewis, mentre quello per l’interpretazione femminile è stato assegnato alla giovane Jennifer Lawrence per il film Il lato positivo, commedia umana in cui sono coinvolti personaggi problematici, ma dove trionfano i buoni sentimenti. Infine, anche a Hollywood si è imposto Amour, che già aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes e numerosi altri riconoscimenti, aggiudicandosi l’Oscar per il miglior film straniero: la tragedia della malattia, una cruda preparazione alla morte, un film che tocca drammaticamente il problema dell’eutanasia, difficile, doloroso e sobrio, come lo è stato il suo regista, Michael Haneke, che con poche, misuratissime parole, ha ritirato la statuetta.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: nuovi sforzi diplomatici. Battaglia ad Aleppo

    ◊   Battaglia sempre più furiosa ad Aleppo e dintorni per il controllo di infrastrutture e basi militari; ma combattimenti e violenze anche nel sud dove il flusso di rifugiati verso la Giordania non si arresta e fa segnare nuovi record. Questo il quadro del conflitto in Siria, mentre la diplomazia cerca di riprendere in mano l’iniziativa. Da Mosca, dove si trova oggi per incontrare il suo omologo russo Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri siriano Walid Al Mouallem ha sostenuto che il governo di Damasco è pronto ad avviare colloqui anche con l’opposizione armata. E Lavrov, da rappresentante di un Paese alleato di Damasco, ha sottolineato che “non esiste alcuna alternativa accettabile a una soluzione politica e a un dialogo tra le parti”. A Mosca - riferisce l'agenzia Misna - è stato invitato anche Moaz Al Khatib, presidente della Coalizione delle forze di opposizione, che però negli ultimi due giorni ha già fatto sapere di voler disertare non solo l’eventuale appuntamento in Russia, ma anche quello più prossimo di Roma, dove alla fine della settimana si riunirà per l’undicesima volta il cosiddetto gruppo degli Amici della Siria, il fronte internazionale a sostegno dell’opposizione. Khatib e altri esponenti dell’opposizione hanno accusato la comunità internazionale di non sostenere abbastanza i ribelli e di passare sotto silenzio le responsabilità del presidente Bashar Al Assad. In questa contrapposizione, il dato sotto gli occhi di tutti riguarda le drammatiche condizioni della popolazione civile. Chi combatte, da una parte e dall’altra, secondo un recente rapporto dell’Onu si sta macchiando di crimini di guerra e violenze. Secondo notizie riferite da fonti vicine all’opposizione, ancora ieri missili lanciati da postazioni governative hanno colpito quartieri residenziali di Aleppo causando decine di vittime tra i civili; i ribelli stanno a loro volta cercando di prendere il controllo dell’Accademia della polizia. Dovesse cadere nelle loro mani sarebbe l’ultima di una serie di vittoriose avanzate dei ribelli ad Aleppo. A testimoniare della violenza dei combattimenti anche a sud sono gli ultimi dati riferiti ieri dalle forze armate giordane. Soltanto ieri almeno 2500 siriani hanno varcato la frontiera portando a 400.000 il numero di siriani rifugiatisi in Giordania da marzo 2011. Una parte di questi viene proviene da Damasco dove è stata la stessa agenzia di stampa Sana, filogovernativa, a riferire di combattimenti tra soldati e ribelli. (R.P.)

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    Siria. Appello di Gregorios III: "Si fermi l'invio di armi"

    ◊   “Ci appelliamo al mondo intero perché si blocchi l’invio di armi in Siria”. È l’appello lanciato, in una dichiarazione inviata all’agenzia Fides, dal patriarca greco cattolico Gregorios III Laham all’indomani delle esplosioni in un quartiere di Damasco. Il documento ricorda che il 21 febbraio tre esplosioni successive nel quartiere Mazraa della capitale siriana hanno provocato 53 morti e 235 feriti e gravissimi danni materiali “in particolare ad una scuola e ad un ospedale”. “Chiediamo alla comunità internazionale e ai Paesi più importanti del mondo di sostenere la Siria negli sforzi di dialogo, per arrivare ad una soluzione diplomatica della crisi” afferma il Patriarca. “Lanciamo dal profondo del nostro cuore, un grido alla coscienza del mondo interno, ai dirigenti degli Stati, in particolare dei Paesi arabi, e delle istituzioni internazionali e agli episcopati del mondo cristiano” continua il messaggio. “Li supplichiamo di ascoltare la nostra voce e le sofferenze del popolo siriano. Nessuno ha il diritto di discolparsi e di negare la sua responsabilità di fronte al massacro, alle distruzioni, alle esplosioni, alle violenze, né di fronte all’odio e al rancore tra i figli della stessa patria”. Gregorios III Laham si rivolge infine a Stati Uniti e Russia perché “proseguono i loro sforzi sinceri per il dialogo ed una soluzione politica e globale”. (R.P.)

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    Elezioni in Italia, gli istant poll danno la vittoria al centrosinistra

    ◊   I primi istant poll assegnano la vittoria al centrosinistra. Secondo l’Istituto Piepoli, il Pd al Senato è tra 32-34%, il Pdl tra 22-24%, M5S tra 17-19%, Monti tra il 7% e il 9%. Alla Camera è ancora il Pd il primo partito con il 31-33%, il Pdl è al 21-23%, il Movimento 5 Stelle è al 19-21%, Scelta Civica con Monti per l'Italia è al 6-8%, l'Udc all'1-2%, Fli allo 0,5%, Lega Nord al 4-5%, Fratelli d'Italia-Centrodestra Nazionale all'1%, La Destra all'1-2%, Grande Sud 0,5%, Sel 2-4%, Rivoluzione Civile 2-3%, Fare per Fermare il Declino 1%. Per quanto riguarda le Regionali, nel Lazio netta vittoria di Nicola Zingaretti del centrosinistra, in Lombardia testa a testa tra Giovanni Ambrosoli e Roberto Maroni, in Molise vantaggio per Paolo Frattura del centrosinistra.

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    Onu: in Africa occidentale traffici illeciti e reti criminali, ostacolo allo sviluppo

    ◊   Instabilità e impatto su crescita economica e sviluppo sociale: queste le principali conseguenze della radicata presenza di reti criminali transnazionali nei Paesi dell’Africa occidentale secondo un rapporto dell’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc) presentato ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Alla base degli interessi che attraggono in questa parte d’Africa le reti criminali è innanzitutto il traffico di cocaina che è, secondo gli autori del rapporto, la più lucrosa tra le attività criminali esaminate. “Sebbene il flusso di cocaina (dall’America latina e diretto in Europa si sia attestato a circa 18 tonnellate dal picco di 47 tonnellate raggiunto nel 2007, i profitti generati da questi traffici illeciti sono ancora enormi” e in molti casi superano il budget a disposizione delle forze di sicurezza di singoli Paesi. Sviluppi recenti, si legge nel documento, indicano inoltre un maggiore coinvolgimento di reti criminali africane resisi maggiormente autonomi dai gruppi sudamericani. La cocaina non è però l’unico settore di interesse della criminalità organizzata. In crescita è la produzione e lo smercio di metanfetamina (destinata soprattutto ai mercati asiatici) come dimostra la scoperta di due laboratori in Nigeria negli ultimi due anni. La scoperta di carichi di eroina chiude il cerchio su “un ruolo sempre più prominente” dei gruppi criminali dell’Africa occidentale nei mercati transnazionali. Secondo l’Unodc, altri settori illegali in cui le reti criminali operano sono poi il traffico di esseri umani verso l’Europa, di farmaci fraudolenti dall’Asia verso l’Africa occidentale, e la pirateria marittima. “Il crimine organizzato transnazionale è chiaramente una seria minaccia per l’Africa occidentale” ha detto Pierre Lapaque, rappresentante regionale dell’Unodc. “Istituzioni e Stato di diritto – ha aggiunto – sono deboli in gran parte di questi Paesi e in assenza di contromisure l’instabilità è destinata a perdurare e crescere”. (R.P.)

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    Darfur: violenze nel nord. Si teme il riaccendersi del conflitto

    ◊   La recrudescenza delle violenze e una situazione di crescente instabilità sono elementi “preoccupanti” per il futuro del Darfur: a sollevare l’attenzione su quanto sta accadendo nella regione occidentale del Paese, già teatro di un conflitto e una crisi umanitaria, è l’Ufficio di coordinamento umanitario dell’Onu (Ocha). L’avvertimento - riferisce l'agenzia Misna - giunge al termine dell’ennesimo fine-settimana di tensioni e scontri armati nel Nord del Darfur, dove si conterebbero almeno una cinquantina di morti e una sessantina di feriti. Secondo le ricostruzioni fornite dagli abitanti del villaggio di El Sireaf, un gruppo di una cinquantina di uomini di etnia araba, dotati di granate e armi pesanti sarebbero arrivati a bordo di pick-up e avrebbero aperto il fuoco su persone e abitazioni seminando il panico. Circa 100mila persone sono state costrette alla fuga dall’inizio dell’anno, a causa di una recrudescenza nelle violenze tra le tribù rivali Reizegat e Beni Hussein per il controllo della zona e della miniera d’oro di Jebel Amir. A seguito degli scontri e dell’insicurezza gli operatori umanitari stanno trovando sempre più difficoltà nella distribuzione degli aiuti e ancora non sono riusciti ad avere accesso alla città di El Sireaf. Secondo diversi commentatori interrogati dalla Misna, i recenti avvenimenti mostrano un mutamento nelle cause dell’instabilità del Darfur dove il conflitto è passato dalle violenze di gruppi ribelli a rivalità di tipo etnico. Per gli analisti dell’organizzazione Small arms survey, ad alimentare questo tipo di contrasti avrebbero contribuito negli ultimi anni le vessazioni commesse da milizie paramiliari al soldo di politici della zona. (R.P.)

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    Mali: scontri al nord. In azione droni statunitensi

    ◊   Si stanno intensificando i combattimenti tra elementi armati e soldati regolari, con pesanti bilanci di vittime nei ranghi dell’esercito ciadiano, dispiegato nell’ambito della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma). Gli ultimi bilanci diffusi dalla stampa locale riferiscono di 23 morti tra i soldati di N’Djamena e di 93 vittime tra gli islamisti armati del Movimento per l’unità del jihad in Africa occidentale (Mujao) che si sono scontrati nella zona montuosa ed estesa dell’Adrar degli Ifoghas, all’estremo nord del Paese. Altri combattimenti hanno invece opposto esponenti della ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) a un non meglio identificato gruppo armato a In-Khalil, nei pressi di Tessalit (nord-est), non lontano dal confine con l’Algeria. Nella stessa zona venerdì un’autobomba è esplosa di fronte a una base dell’Mnla, uccidendo cinque persone. Se l’attentato non è stato formalmente rivendicato, i tuareg hanno puntato il dito contro gli islamisti del Mujao, ricollegando l’aggressione al fatto che l’Mnla stia collaborando con l’esercito francese, in prima fila nell’offensiva Serval, avviata lo scorso 11 gennaio. A poca distanza, nella località maliana di In-Farah, sono invece passati all’azione elementi del Movimento arabo dell’Azawad (Maa, autonomista), che hanno attaccato posizioni dei tuareg. La situazione sul posto rimane confusa, soprattutto dopo che gli elicotteri di Parigi hanno effettuato alcuni bombardamenti. Esperti militari e osservatori hanno sottolineato che è proprio la regione montuosa dell’Adrar degli Ifoghas, tra Kidal e Tessalit, a servire da rifugio ai gruppi legati ad Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi). Ma la stessa zona è anche la culla della comunità tuareg, che rappresenta soltanto il 10% della popolazione maliana. Più a sud, a Gao (1200 km da Bamako, la capitale), la situazione rimane tesa dopo gli scontri a fuoco che si sono verificati in pieno centro nei giorni scorsi e dopo le minacce del Mujao, intento a portare avanti “la battaglia per la riconquista” del nord del Mali. Nel capoluogo settentrionale si sentono ancora colpi d’arma da fuoco sporadici mentre i militari maliani e francesi stanno procedendo allo sminamento del territorio. Inoltre sono stati prelevati i corpi senza vita di diversi insorti morti con addosso cinture di esplosivi. I soldati hanno anche sequestrato ingenti quantità di armi e munizioni, lasciate sul posto dai jihadisti in fuga. “Siamo di fronte a gruppi che hanno una capacità di distruzione del livello di un esercito” ha dichiarato il colonnello maliano Laurent Mariko, comandante della zona di Gao, precisando che sono stati ritrovati armamenti “che appartenevano all’esercito maliano ma anche ai gendarmi senegalesi e a forze di sicurezza dei Paesi limitrofi”. Parte dell’arsenale rinvenuto è di origine statunitense ma anche russa, ceca e degli Emirati arabi. Le autorità hanno rafforzato le misure di sicurezza lungo le rive del fiume Niger, varcato la scorsa settimana dagli islamisti per entrare a Gao. D’ora in poi le truppe di Bamako e Parigi potranno anche contare sul sostegno dei droni statunitensi ‘Predators’ che decolleranno da una base a Niamey per effettuare voli di ricognizione sul nord del Mali. Fonti di Washington hanno annunciato l’invio di un centinaio di militari statunitensi per supervisionare le operazioni, finalizzate a localizzare i combattenti islamisi ma non a effettuare bombardamenti. L’intensificarsi degli scontri sul terreno sta alimentando i timori degli operatori umanitari, impossibilitati ad intervenire in soccorso degli sfollati e dei civili intrappolati nelle località ancora sotto il fuoco dei ribelli. “La situazione è lontana dall’essere stabile e ciò impedisce il rientro delle popolazioni. Le condizioni di vita degli sfollati sono molto preoccupanti: l’acqua scarseggia, i primi casi di gravi malattie sono stati riscontrati e i ripari sono precari” ha riferito il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), che nel fine settimana è riuscito a consegnare cibo a 6600 sfollati a Tinzaoutène, al confine con l’Algeria. (R.P.)

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    Egitto. Elezioni a Pasqua: i copti protestano, possibile un rinvio

    ◊   La decisione del Presidente Morsi di fissare i primi turni delle elezioni parlamentari egiziane in corrispondenza con le festività della Pasqua copta potrebbe essere rivista, dopo le proteste sollevate dai cristiani egiziani. Lo riferisce all'agenzia Fides il vescovo ausiliare di Alessandria dei copti cattolici Botros Fahim Awad Hanna. “L'eventuale ripensamento” spiega a Fides Anba Fahim Hanna “potrebbe essere motivato con l'escamotage di non far coincidere la seconda tornata elettorale con la festa nazionale di Sham al-Nasseem una festività di origine faraonica che celebra la primavera e che coincide con il lunedì dell'Angelo”. La data del primo turno delle elezioni politiche è stata fissata il 27 aprile, alla vigilia della Domenica delle Palme. Il secondo turno per circoscrizioni elettorali come il Cairo cadrebbe il 5 maggio, nella domenica in cui quest'anno i cristiani copti celebrano la Pasqua. “I leader politici hanno scelto quei giorni perchè non tengono conto del calendario delle feste cristiane” nota il vescovo copto cattolico “e tra loro non c'è nessuna persona in grado di avvisarli della inopportunità della scelta. Su queste cose vanno come alla cieca. Così le proteste di tanti copti stono esplose sui social network. E alcuni cristiani autorevoli hanno fato arrivare la loro voce fino agli ambienti della Presidenza, per avvertire che la scelta infelice della data delle elezioni potrebbe provocare nuove tensioni sociali e rivolte”. (R.P.)

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    Bulgaria: è Neofit il nuovo patriarca ortodosso. Per la Chiesa cattolica "ottima scelta"

    ◊   “È un’ottima scelta per la Chiesa ortodossa che avrà un patriarca degno e un vero padre spirituale”. Commenta così all'agenzia Sir mons. Hristo Proykov, presidente della Conferenza episcopale cattolica bulgara, l’elezione del nuovo patriarca della Chiesa ortodossa bulgara, il metropolita di Russe, Neofit, eletto ieri al secondo scrutinio, con 90 voti, in ballottaggio con il metropolita di Lovech, Gavril, che ha ricevuto 47 voti. Alla prima votazione nella quale partecipava anche il metropolita di Stara Zagora, Galaktion, nessuno dei candidati nominati dal Santo Sinodo aveva raggiunto i due terzi dei 148 delegati all’apposito Concilio religioso-popolare. L’elezione è così avvenuta al secondo scrutinio. Il presidente dei vescovi cattolici bulgari ricorda: “Da metropolita di Russe con lui abbiamo avuto degli ottimi rapporti e spero che essi continueranno. Siamo molto contenti perché il patriarca Neofit è un uomo di fede e poi è stato ospite in diverse occasioni importanti della vita della comunità cattolica in Bulgaria. Lo conosco da ragazzo e mi ha impressionato l’umiltà con la quale ha accettato il ministero affidatogli”. Nel suo primo saluto, il nuovo patriarca ha detto che “il primo scopo della Chiesa è lavorare insieme per il bene del popolo bulgaro” ed ha aggiunto che “la croce affidatagli dalla Chiesa è molto grande” ma lui confida “nella grazia del Signore che si manifesta nella debolezza”. (R.P.)

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    Cuba. Raul Castro annuncia: "lascerò a fine mandato"

    ◊   Raul Castro ha annunciato che lascerà la vita politica al termine del suo secondo mandato presidenziale, nel 2018. L’annuncio, che in breve ha fatto il giro del mondo, è avvenuto subito dopo la sua rielezione da parte dell’Assemblea Nazionale che ha designato anche il nuovo numero due del regime, Miguel Diaz-Canel, considerato da molti il suo ‘delfino’ alla successione. Nel suo discorso il Presidente ha lasciato intendere che ci saranno altre riforme costituzionali, alcune delle quali dovranno essere ratificate dal popolo cubano tramite referendum. Al contempo - riferisce l'agenzia Misna - Castro ha escluso l’ipotesi che Cuba possa abbandonare in tempi brevi la via del socialismo: “Non sono stato scelto come presidente per restaurare il capitalismo. Sono stato eletto per difendere, mantenere e continuare a perfezionare il socialismo, non per distruggerlo” ha detto. Il nuovo vicepresidente, 52 anni, è un ingegnere elettronico che ha già ricoperto l’incarico di ministro dell’Istruzione. Prende il posto dell’ottantunenne Jose Ramon Machado Ventura, che combatté con i Castro durante la rivoluzione. La sua nomina, ha detto lo stesso Castro, “rappresenta un passo definitivo nella configurazione della strada futura del Paese, con un passaggio senza intoppi e ordinato alle nuove generazioni”. Alla guida dell’isola nel 2006, quando il fratello Fidel si ritirò, Raul ha varato una serie di riforme economiche e sociali di grande impatto, espandendo il settore privato, legalizzando il mercato immobiliare e allentando le restrizioni ai viaggi all’estero. L’annuncio del ritiro di Castro potrebbe avere significative ripercussioni sui rapporti con gli Stati Uniti; il testo dell’embargo americano in vigore sull’isola da 51 anni ribadisce infatti che non potrà essere revocato fino a quando un componente della famiglia Castro sarà al potere. (R.P.)

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    Colombia: la Chiesa chiede di sostenere gli sforzi per continuare il dialogo di pace

    ◊   "Dobbiamo tutti sostenere e proteggere gli sforzi di pace” ha detto in un incontro con i giornalisti il direttore nazionale della Pastorale sociale della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Héctor Fabio Henao. Questi sforzi, ha precisato il sacerdote, devono essere fatti sia da parte del governo sia da parte delle Farc al fine di porre fine ad un conflitto che dura da un mezzo secolo. Nella nota di stampa pervenuta all'agenzia Fides si afferma: "Tutti i processi hanno tempi difficili e attraversano delle situazioni in cui le parti devono chiarire molte cose, ma dobbiamo insistere per proseguire su questa via”. Mons. Henao ha accennato agli attriti sorti nei negoziati in corso a Cuba, a causa delle recenti affermazioni del governo circa il furto di migliaia di ettari di terra da parte delle Farc agli agricoltori. I ribelli hanno replicato che queste accuse rischiano di "impantanare" i colloqui di pace. Il Ministro degli Interni, Fernando Carrillo, ha accusato l'organizzazione dei ribelli di rompere il dialogo perché proseguono i rapimenti di militari e gli attacchi ai civili. "Sono loro, le Farc, coloro che dovrebbero sbloccare il processo di pace, fermando il rapimento di colombiani", ha detto il Ministro. (R.P.)

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    El Salvador: appello per una campagna elettorale trasparente e senza violenza

    ◊   All'avvicinarsi dell'avvio della campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2014, mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ha affermato che la Chiesa spera che questo evento si svolga senza violenza e con la massima trasparenza. L'arcivescovo ha anche osservato che la candidatura dell'ex Presidente Tony Saca, non dovrebbe essere causa di conflitto, perché come tutti i politici che vogliono partecipare, ha il diritto di farlo sempre e quando la legge lo consente. “Che una campagna sia o no violenta non deve dipendere dal fatto che un candidato si presenti o meno” ha affermato mons. Escobar Alas che si detto fiducioso sul fatto che “questa campagna non sarà conflittuale o violenta, perché ormai la società è molto attenta al riguardo”. L'arcivescovo ha infine sottolineato che l'uso della violenza da parte dei politici può provocare una risposta immediata della popolazione attraverso il voto. “Non è una minaccia, è semplicemente che la popolazione è cresciuta, è matura, e in nessun modo può accettare che vi sia abuso di potere", ha concluso mons. Escobar Alas. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 56

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