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Sommario del 22/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: sacerdoti testimoni nella società, ma liberi da vincoli politici
  • Il Papa e la Cattedra di Pietro: Cristo continua a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa
  • Briefing sulla Costituzione "Universi Dominici Gregis" per le norme del Conclave
  • Mons. Balestrero nunzio in Colombia, mons. Camilleri sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati
  • Il Papa nomina i nunzi in Liberia e Salvador e crea una nuova diocesi nella RD Congo
  • Rapporti diplomatici Santa Sede-Sud Sudan. Mons. Boccardi: decisione del Papa per la pace
  • Il card. Sarah: è emergenza per i profughi siriani in Giordania. L'aiuto del Papa
  • Vaticano, plenaria dell'Accademia per la Vita su "Fede e vita umana"
  • Radio Vaticana: sul sito un viaggio virtuale in Terra Santa alle origini della fede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto di nuovo alle urne il 27 aprile. El Baradei: è una scelta irresponsabile
  • Ultimi appelli al voto. Gentili (La Società): campagna elettorale lontana dai contenuti
  • Aumentano matrimoni misti. Mons. Solmi: da Chiesa sostegno alle coppie
  • Bologna, parte "Missione giovani" per portare Cristo nei luoghi della "movida"
  • Cinema. Sugli schermi il "Pinocchio" di Enzo D'Alò
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Libano: visita a Mosca del patriarca Rai. Incontrerà Kirill e il presidente della Duma
  • Mali: Gao e Kidal sotto il fuoco ribelle
  • Cina: si è spento mons. Giuseppe Ma Xuesheng, vescovo di Zhoucun
  • Messico: appello di mons. Sandoval contro i soldi "sporchi" del narcotraffico
  • Pakistan: nascerà un santuario del “Bambino Gesù di Praga”
  • Belgio: la Chiesa sta risarcendo le vittime degli abusi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali. Il cardinale Ravasi: sacerdoti testimoni nella società, ma liberi da vincoli politici

    ◊   Penultimo giorno di meditazioni in Vaticano. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, incaricato di predicare gli Esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana, ha posto l’accento sulla figura del sacerdote ma anche sulla famiglia e gli anziani. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Sono due Salmi – il 16 e il 73 – a guidare la prima meditazione odierna del cardinale Gianfranco Ravasi. Due testi sacerdotali che hanno al termine un messaggio pasquale. In entrambi si confessa la debolezza, il peccato, ma poi si guarda alla meta finale che è la comunione perfetta con Dio. Raccontando le caratteristiche del sacerdote nella Torah, il cardinale si sofferma proprio su un punto fondamentale:

    “Il sacerdote deve essere presente nella società, proprio perché è il tramite tra Dio e il popolo deve avere la libertà da ogni vincolo ed interesse concreto, non deve partecipare, non deve lasciarsi impastoiare nelle questioni della politica, pur essendo presente con la sua testimonianza”.

    Dio quindi basta a tutto e, infatti, al termine del Salmo 16 c’è la professione di fede. La fede nell’immortalità che è unione piena, mistica, abbraccio con Dio, amore totale per il nostro amato. Un concetto di immortalità che oggi è decisamente diverso perché, nella società attuale, si è cancellata l’idea della morte:

    “L’immortalità della società contemporanea è cercare di vivere più a lungo, cercare di sanare gli organi, ricambiarli come una macchina e continuare a vivere. Questa concezione dell’immortalità è una concezione misera, già nella 'Spe salvi', Benedetto XVI ci ricordava che l‘eternità non è una continuità di tempo senza fine. Potrebbe invece essere anche una maledizione continuare sempre senza poter avere una meta, in una sorta di movimento continuo e perpetuo”.

    Nel Salmo 73 si indica nelle “cose sante di Dio” la via per tornare a Lui. Dopo la crisi vocazionale – crisi che può toccare anche il fedele – si ritrova la strada e prima di tutto nella preghiera, nella fiducia completa e nell’abbandono ai progetti che il Signore riserva per noi, ma in particolare nella purezza della fede. Una via che porta all’essere abbracciati in Dio, “anche se la mia carne e il mio cuore – dice il cardinale Ravasi – verranno meno, io sarò con Lui”:

    “Questi sacerdoti ci hanno invitato un po’ ad una certa serenità anche nel realismo della nostra vita, anche nelle nostre cadute – nelle cadute spirituali, nelle cadute della nostra esistenza – è un po’ l’impasto della nostra vita. Però, dall’altra parte - come messaggio ultimo - ci offrono il messaggio dell’oltre: il saper guardare più in avanti e più in là, verso quella meta ultima. Qui abbiamo, perciò, un messaggio che potremmo chiamare pasquale!”.

    Al centro della seconda meditazione odierna, il cardinale Ravasi pone la famiglia e ricorda l’efficace definizione data dal sociologo Levi-Strauss, famiglia come “unione più o meno durevole ma reperibile in ogni società”. Nonostante le prove che affronta, soprattutto la mancanza drammatica di lavoro, oggi vive pure di solitudini:

    “La società contemporanea, purtroppo, ha adottato come emblema la ‘porta blindata’: si ha paura di tutto ciò che sta fuori. Una volta, anche nella nostra tradizione, era il cortile delle case condominiali il luogo dove si viveva, le porte erano aperte e c’era una comunicazione. Il riso e le lacrime erano condivise: adesso, invece, è proprio una ‘fiamma isolata’, sono però ‘fiamme’ anche di calore, non soltanto che bruciano e devastano”.

    E quindi nel Salmo 128 si nota come il padre sia colui che mantiene la famiglia, la madre sua “vite feconda”, colei che è “nell’intimità della casa”:

    “Un’intimità che non è fatta solo – evidentemente – di sessualità anzi, la cultura contemporanea, la società contemporanea, ha spezzato una collana che era fatta di tre anelli. Primo anello: la sessualità; ma la sola sessualità è anche animale e non basta. Secondo anello: l’uomo è capace di eros, che non è la pornografia, l’eros è la scoperta della bellezza, del fascino, del sentimento, della passione, della volontà di stare insieme, la meraviglia dello sguardo del volto. Però, non basta. L’uomo è capace – e così chiude il ciclo della collana – di amore”.

    E poi i figli, segni della creazione e della storia della salvezza che continua, e anche gli anziani, presenti ripetutamente nel Salterio. Di loro si ricorda quanto siano testimoni, voce “del braccio della tua potenza”. Infine, concludendo la meditazione, il cardinale Ravasi ha recitato un antico inno tibetano: “il corpo del vecchio è un prezioso scrigno di canti di fede”.

    Nella meditazione di ieri pomeriggio, il cardinale Ravasi ha evidenziato che la sapienza è un grande dono dello Spirito Santo, la bellezza una “feritoia” sul trascendente. Entrambe sono vie verso l’Assoluto.

    Domani mattina, l’ultima meditazione del porporato e il discorso di Benedetto XVI a conclusione degli Esercizi spirituali.

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    Il Papa e la Cattedra di Pietro: Cristo continua a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa

    ◊   La Chiesa celebra oggi la festa della Cattedra di San Pietro. Una festa antica di secoli, che ha permesso di sviluppare una lunga dottrina sul ruolo e l’autorità del Pontefice. Anche il magistero di Benedetto XVI ha contribuito in questi anni ad arricchire tale riflessione, ora ulteriormente ampliata dalla sua scelta di rinunciare al ministero petrino. Alessandro De Carolis ripropone alcuni passaggi significativi delle convinzioni del Papa in materia:

    Consapevolezza. Lucida, profonda. Acquisita in un confronto quotidiano con le Scritture, lette, studiate, ruminate. Da ragazzo, seminarista, sacerdote, vescovo, Papa. Un confronto serrato, costante, con le pagine della verità divina, affrontato con l’umiltà dei Padri della Chiesa e un’analoga capacità di penetrazione. Chi è Pietro? Quante volte se lo sarà chiesto Joseph Ratzinger Benedetto XVI. E immaginiamo la risposta ricercata, con umiltà e tenacia, là dove Dio ha parlato agli uomini e suo Figlio al suo nuovo popolo. Là dove come cristiano, e poi come pastore, Joseph Ratzinger ha sempre voluto coltivare l’anima e l’intelligenza, nell’Antico e nel Nuovo Testamento:

    “Nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell'uomo, ma insieme anche la forza di Dio: proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa”. (Solennità SS. Pietro e Paolo, 29 giugno 2006)

    Joseph Ratzinger Benedetto XVI lo aveva sempre detto, pubblicamente. Mentre il mondo tenta di spiegarsi il mai visto strattonando le categorie a disposizione, quelle della ragione – atto politico, fuga dal complotto, impedimento sanitario, propensione caratteriale, dando ogni volta l’impressione di lambire appena il bordo di una verità che continua a sfuggire, se interpretata con quei criteri, nella sua portata complessiva – e mentre le comunità cristiane col passare dei giorni cercano di dilatare il cuore sul fatto che, al di là di mille analisi, vi è da rispettare non solo un confine della coscienza ma un’insondabile soglia dello Spirito, nulla come la decisione del Papa di rinunciare al ministero petrino sembra poter essere compresa e spiegata se non con le ragioni della fede. Quella stessa fede nutrita per decenni da Joseph Ratzinger Benedetto XVI, che da sempre lo ha portato a dire, ripetutamente, che la Chiesa non è di Pietro, ma di Cristo, senza il quale il timoniere della barca sarebbe un marinaio perduto tra le tempeste della storia. Basta leggere il Vangelo, ha detto, è tutto scritto lì: c’è un mare agitato, un Pietro che non sa che fare e c’è Cristo che placa i venti:

    “Attraverso questa caduta Pietro – e con lui ogni suo Successore – deve imparare che la propria forza da sola non è sufficiente per edificare e guidare la Chiesa del Signore. Nessuno ci riesce soltanto da sé. Per quanto Pietro sembri capace e bravo – già nel primo momento della prova fallisce". (Solennità SS. Pietro e Paolo, 29 giugno 2006)

    Joseph Ratzinger Benedetto XVI lo aveva sempre detto, pubblicamente. Pietro è la roccia perché è Cristo a renderlo granitico. Non è una dote umana acquisita con l’elezione al Soglio pontificio, ma è e resta un dono divino. Così, con la rinuncia è come se il Papa avesse ripulito dalle incrostature di due millenni il senso di un limite, per secoli nascosto dai velluti di un prestigio che ha finito per rendere, nella percezione comune, Pietro un capo di se stesso – e un onnipotente da se stesso – e non colui che è sempre stato: un uomo chiamato a seguire il suo unico capo, Gesù. Con pura, semplice, e soprattutto umile fede:

    “Tutto nella Chiesa poggia sulla fede: i Sacramenti, la Liturgia, l’evangelizzazione, la carità. Anche il diritto, anche l’autorità nella Chiesa poggiano sulla fede. La Chiesa non si auto-regola, non dà a se stessa il proprio ordine, ma lo riceve dalla Parola di Dio, che ascolta nella fede e cerca di comprendere e di vivere”. (Messa con in nuovi cardinali, 19 febbraio 2012)

    Nulla come la rinuncia di Benedetto XVI ha spiazzato e spazzato dall’orizzonte del Papato la categoria dell’esercizio del potere, nel modo in cui da Adamo l’uomo la intende. E ciò colpisce non tanto perché c’è di ammirevole in quel gesto il fatto di volersi fare da parte per lasciare campo a forze nuove, come ampiamente sottolineato dai commenti di questo periodo. C’è ben altro e anche questo Benedetto XVI l’aveva detto. Pietro presiede la Chiesa non se usa la politica, il denaro o l’influenza mediatica. Pietro presiede la Chiesa solo se adopera la moneta che ha corso legale nel regno del suo Dio, quella della carità:

    “Pertanto, ‘presiedere nella carità’ significa attirare gli uomini in un abbraccio eucaristico - l’abbraccio di Cristo -, che supera ogni barriera e ogni estraneità e crea la comunione dalle molteplici differenze. Il ministero petrino è dunque primato nell’amore in senso eucaristico, ovvero sollecitudine per la comunione universale della Chiesa in Cristo”. (Messa con in nuovi cardinali, 19 febbraio 2012)

    Il ministero petrino è “primato dell’amore”. Nulla di più coerente avrebbe mai potuto affermare “un umile lavoratore nella Vigna del Signore”. Un teologo come pochi negli ultimi 50 anni, la cui intelligenza della vita cristiana, allenata dalla preghiera e dalla conoscenza della Bibbia, non gli ha mai fatto dimenticare – nemmeno nei giorni più dolorosi – che la Chiesa è un gregge che cammina, a cominciare da Pietro, dietro Cristo. E che Lui, e solo lui, la proteggerà sempre con la forza più grande di ogni forza:

    “È il potere del bene – della verità e dell'amore, che è più forte della morte. Sì, è vera la sua promessa: i poteri della morte, le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa che Egli ha edificato su Pietro (cfr Mt 16, 18) e che Egli, proprio in questo modo, continua ad edificare personalmente”. (Solennità SS. Pietro e Paolo, 29 giugno 2006)

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    Briefing sulla Costituzione "Universi Dominici Gregis" per le norme del Conclave

    ◊   La Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II è stata al centro stamani del briefing con i giornalisti, nella Sala Stampa della Santa Sede, di mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, promulgata da Papa Giovanni Paolo II il 22 febbraio del 1996, stabilisce le norme, oggi vigenti, per l’elezione del Pontefice. Nella Costituzione si prevede la Sede Vacante anche per la rinuncia del Pontefice. Durante la Sede Vacante, al collegio cardinalizio è affidato il governo della Chiesa solamente per il disbrigo degli affari ordinari. Nel periodo di Sede Vacante sono previsti, poi, due tipi di Congregazioni dei cardinali. La prima è generale e vi partecipano tutti i cardinali. All’altra Congregazione, definita "particolare" e riservata a questioni di minore importanza, partecipano il cardinale camerlengo e altri tre porporati elettori che vengono estratti a sorte ogni tre giorni.

    Nella Costituzione, si ricorda poi che è di 120 il numero massimo di cardinali elettori. Sono esclusi dalla votazione i porporati che hanno compiuto 80 anni, il giorno in cui inizia la Sede Vacante. Nella Costituzione si dispone anche che l’elezione del Pontefice continui a svolgersi nella Cappella Sistina e che i cardinali alloggino nella residenza di Santa Marta, nella Città del Vaticano. Tra le novità che introduce la Costituzione, l’abolizione dell'elezione per acclamazione, con votazione unanime e palese, e per compromesso, riservata solo ad alcuni porporati in rappresentanza di tutti i cardinali elettori. L’unica forma riconosciuta è quella dello scrutinio segreto.

    Sulle questioni che riguardano il Conclave, e sulla possibilità di anticiparne l’inizio, mons. Juan Ignacio Arrieta ha ricordato che Benedetto XVI può emettere un Motu Proprio prima della Sede Vacante:

    “Il Papa può modificare la legge del Conclave, prima della Sede Vacante. Quindi, potrebbe deciderlo con una deroga alla Costituzione, anche per evitare che i cardinali restino 15 giorni in più fuori dalla propria sede… Questo rientra nel possibile. Ma non è detto che il Papa lo faccia”.

    Nessun cardinale elettore può essere escluso dall’elezione. La rinuncia, che deve essere accettata dal Collegio dei cardinali, può avvenire per motivi di salute comprovati o grave impedimento. I porporati che, in qualsiasi modo rivelano a qualunque altra persona, notizie sull’elezione del Pontefice possono incorrere nella pena della scomunica. Anche un cardinale, che abbia ricevuto una scomunica, ha comunque diritto di voto. Su possibili rinunce alla partecipazione al prossimo Conclave è intervenuto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi:

    “Credo abbiamo sentito tutti, seguendo le informazioni, che il cardinale di Jakarta, in Indonesia, ha presentato difficoltà per suoi motivi di salute. Però l’accettazione dei motivi, valutare se è giustificato o meno, dipende dal Collegio dei cardinali”.

    In base alla Costituzione Universi Dominici Gregis vigente, trascorsi 15 giorni, al massimo 20, dall’inizio del periodo di Sede Vacante, tutti i cardinali elettori sono tenuti a procedere all’elezione. Il primo giorno è prevista una sola votazione. Sono previste, poi, quattro votazioni al giorno, due al mattino e due nel pomeriggio. I cardinali devono astenersi dall’intrattenere corrispondenza epistolare, telefonica o con altri mezzi di comunicazione con persone estranee all’ambito dello svolgimento dell’elezione. Per quanto riguarda la scheda, questa ha una forma rettangolare. Nella parte superiore, possibilmente a stampa, compaiono le parole: 'Eligo in Summum Pontificem'. Nella metà inferiore il cardinale scrive il nome dell'eletto. La compilazione delle schede deve essere fatta segretamente da ciascun cardinale elettore che scriverà chiaramente, con grafia quanto più possibile non riconoscibile, il nome di chi elegge.

    L’unica modifica alla Costituzione Universi Dominici Gregis è stata introdotta da Benedetto XVI, nel 2007, con il Motu proprio De Aliquibus mutationibus in normis de eletione Romani Pontifici, che ripristina, in tutte le votazioni, il quorum dei due terzi per un’elezione valida. Dopo il 34.mo scrutinio (o 35.mo se si è votato anche il giorno dell’apertura del Conclave) si procede al "ballottaggio" tra i due cardinali che hanno ottenuto il maggior numero di suffragi nella votazione precedente. Affinché l’elezione sia valida, è sempre necessaria la maggioranza di almeno due terzi dei votanti.

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    Mons. Balestrero nunzio in Colombia, mons. Camilleri sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati

    ◊   Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Colombia mons. Ettore Balestrero, finora sotto-segretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, incarico al quale Benedetto XVI ha chiamato mons. Antoine Camilleri, consigliere di Nunziatura presso la stessa Sezione per i Rapporti con gli Stati. Mons. Balestrero è stato elevato alla sede titolare di Vittoriana, con dignità di arcivescovo.

    Mons. Ettore Balestrero, nato a Genova, il 21 dicembre 1966, è stato ordinato sacerdote il 18 settembre 1993. Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1996, prestando la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Corea e Mongolia, Paesi Bassi e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Er stato nominato sotto-segretario della Sezione Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, il 17 agosto 2009. Parla anche inglese, spagnolo, francese, tedesco e olandese.

    Mons. Antoine Camilleri, nato a Sliema (Malta) il 20 agosto 1965 è stato ordinato sacerdote il 5 luglio 1991. Laureato Giurisprudenza e in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 9 gennaio 1999, prestando la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Papua Nuova Guinea, Uganda, Cuba e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Oltre all’italiano e all’inglese, parla anche spagnolo, francese, portoghese, rumeno e russo.

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    Il Papa nomina i nunzi in Liberia e Salvador e crea una nuova diocesi nella RD Congo

    ◊   Benedetto XVI ha inoltre nominato nunzio apostolico in Liberia mons. Mirosław Adamczyk, consigliere di Nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Otricoli, con dignità di Arcivescovo. Nato a Gdansk (Polonia) il 16 luglio 1962, mons. Adamczyk è stato ordinato sacerdote il 16 maggio 1987. Incardinato a Gdansk e laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1993, ha prestato la propria opera presso le Nunziature Apostoliche in Madagascar, India, Ungheria, Belgio, Sud Africa e in Venezuela. Lingue conosciute: Italiano, Inglese, Francese, Spagnolo.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in El Salvador mons. Léon Kalenga Badikebele, arcivescovo titolare di Magneto, finora Nunzio Apostolico in Ghana.

    Il Pontefice ha poi nominato arcivescovo mon. Michael W. Banach, finora rappresentante permanente della Santa Sede presso l'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (Aiea), presso l'Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (Osce) e presso la Commissione Preparatoria del Trattato sull'Interdizione Globale degli Esperimenti Nucleari (Ctbto), come pure Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (Onudi) e presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Vienna, affidandogli allo stesso tempo l'ufficio di Nunzio Apostolico. Nato a Worcester (U.S.A.) il 19 novembre 1962, è stato ordinato sacerdote il 2 luglio 1988. Incardinato a Worcester, laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1994, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Bolivia e in Nigeria e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Lingue conosciute: Italiano, Francese, Polacco, Spagnolo.

    Benedetto XVI ha nominato arcivescovo mons. Brian Udaigwe, consigliere di Nunziatura, affidandogli allo stesso tempo l'ufficio di Nunzio Apostolico. Nato o a Tiko (Camerun) il 19 luglio 1964, ordinato sacerdote il 2 maggio 1992, è stato incardinato a Orlu. Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1994, ha prestato la propria opera successivamente presso le Rappresentanze Pontificie in Zimbabwe, Costa d'Avorio, Haiti, Bulgaria, Thailandia e in Gran Bretagna. Lingue conosciute: Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo.

    Nella Repubblica del Congo, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Pointe-Noire padre Miguel Angel Olaverri Arroniz, dei Salesiani, missionario spagnolo, Amministratore Apostolico della medesima Diocesi. Mons. Olaverri Arroniz è nato il 9 maggio 1948 a Pamplona (Spagna). A 15 anni è entrato nella Società Salesiana di San Giovanni Bosco, che lo ha inviato per gli studi filosofici a Valencia e per quelli teologici a Barcellona. È stato ordinato sacerdote il 5 maggio 1976 a Barcellona. Dopo l'ordinazione sacerdotale ha svolto le seguenti mansioni: inviato come missionario in Gabon, nelle zone della foresta equatoriale, in diocesi di Mouila (1976-1977); trasferito nella Repubblica del Congo-Brazzaville dove ha insegnato lingua spagnola e lettere nel Liceo tecnico "1° Maggio" di Brazzaville (1977-1993); Superiore della Provincia Salesiana dell’Africa Centrale con sede a Yaoundé, per 2 mandati (1993-2004); Parroco della grande parrocchia di San Giovanni Bosco in Pointe-Noire, nonché Direttore della Comunità Salesiana (2004-2011). Nello stesso periodo ha ricoperto l’ufficio di Direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano, Responsabile della Pastorale Giovanile e Vicario Foraneo per il settore Centro della città di Pointe-Noire. Dal 31 marzo 2011 è Amministratore Apostolico della diocesi di Pointe-Noire. Per la Conferenza Episcopale del Congo è Responsabile della Caritas Nazionale, della Pastorale dei Migranti, della Commissione "Giustizia e Pace" e Presidente dell’Ufficio nazionale delle Comunicazioni Sociali.

    Sempre nella Repubblica del Congo, i Pontefice ha eretto la nuova diocesi di Gamboma per dismembramento della diocesi di Owando, rendendola suffraganea dell’Arcidiocesi di Brazzaville, e ha nominato primo Vescovo di Gamboma il Rev.do Urbain Ngassongo, del clero di Owando, Segretario della Conferenza Episcopale del Congo. Mons. Ngassongo è nato il 15 ottobre 1961 a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Dopo le scuole primarie e secondarie, dal 1984 al 1991 ha compiuto studi universitari in ingegneria, conseguendo la laurea a Brazzaville. È entrato in Seminario nel 1991, e - a motivo della guerra - è stato inviato a Roma dal Vescovo e ospitato del Pontificio Collegio Francese. Ha ottenuto il dottorato in Teologia Spirituale alla Pontificia Università Gregoriana. È stato ordinato sacerdote il 20 luglio1996 nella parrocchia di San Giovanni Battista, in Brazzaville. Dopo l'ordinazione sacerdotale ha svolto le seguenti mansioni: Insegnante e Direttore spirituale del Seminario maggiore di Brazzaville (1996-1997); mentre era in corso la guerra nel suo Paese, ha svolto mansioni pastorali in Italia, nell’arcidiocesi di Potenza (1997-1998); Direttore spirituale nel Seminario maggiore di Brazzaville, facendo nel contempo esperienza pastorale nella parrocchia di Santa Maria de Ouenzé di Owando (1998-2000); Vicario parrocchiale della parrocchia dei Ss. Gioacchino ed Anna di Potenza, in Italia (2000-2006); Amministratore parrocchiale della parrocchia di Balvano nell'arcidiocesi di Potenza (dal 2007). Dal 2012 è Segretario della Conferenza Episcopale del Congo.

    La nuova diocesi di Gamboma comprende la regione civile dei Plateaux e confina a nord con la diocesi di Ouesso, ad est con la diocesi-madre di Owando, a sud con l’arcidiocesi di Brazzaville e le diocesi di Kinkala e Nkayi. È suffraganea della Provincia ecclesiastica di Brazzaville. Si estende su una superficie di 38.400 Kmq, con 193 mila abitanti dei quali 110 mila cattolici, distribuiti in sette parrocchie, rette da 13 sacerdoti diocesani e 2 religiosi. Le religiose sono 12, i seminaristi 17 e i fratelli religiosi 2. È da annotare che altri 55 sacerdoti della Diocesi di Owando sono all’estero e 5 svolgono servizi inter-diocesani. La chiesa parrocchiale di San Pio X, diviene la Chiesa Cattedrale della nuova diocesi e la Patrona della medesima diocesi sarà Santa Caterina da Siena.

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    Rapporti diplomatici Santa Sede-Sud Sudan. Mons. Boccardi: decisione del Papa per la pace

    ◊   La Santa Sede e la Repubblica del Sud Sudan, desiderose di promuovere rapporti di mutua amicizia, hanno deciso di comune accordo di stabilire tra di loro relazioni diplomatiche, a livello di Nunziatura Apostolica da parte vaticana e di Ambasciata da parte sud-sudanese. Salgono così a 180 gli Stati che intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. Il Sudan del Sud è uno Stato dell'Africa centro-orientale, con capitale Giuba, indipendente dal 9 luglio 2011. Contrapposto al Nord arabo e musulmano, ha vissuto una guerra durata oltre 40 anni, terminata con gli Accordi di pace del 2005. Grande due volte l'Italia, ha una popolazione di circa 8 milioni di persone, per il 60% cristiani, mentre il restante 40% pratica religioni tradizionali. L'economia del Sud Sudan è una delle più deboli del mondo, nonostante le grandi risorse agricole e minerarie del Paese. Sulle reazioni della Chiesa locale alla notizia delle relazioni diplomatiche, ascoltiamo il nunzio apostolico a Khartoum, mons. Leo Boccardi, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – La Chiesa cattolica nella nuova Repubblica del Sud Sudan ha accolto con enorme soddisfazione la notizia dell’allacciamento delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ho ricevuto già questa mattina, da molti vescovi, personalità sud sudanesi, espressioni di grande apprezzamento, per questa decisione del Santo Padre che cade in una giornata davvero particolare. Oggi è la festa della Cattedra di San Pietro. La Chiesa nel Sud Sudan che conta circa 5 milioni di cattolici, raccolti in sette diocesi, esprime perciò oggi profonda riconoscenza al Santo Padre per questo importante atto del suo Pontificato e ancora di più desidera manifestargli la sua filiale devozione prima del 28 febbraio. Ha pensato anche a noi il Papa, al Sudan e al Sud Sudan, prima di lasciare il suo ministero petrino, e questo ci riempie di gioia e di commozione. Le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Giuba esprimono in primo luogo la sollecitudine di Papa Benedetto per tutte le Chiese. In secondo luogo, questo atto viene visto, come un sostegno che la Santa Sede, insieme a numerosi altri Paesi, intende offrire e certamente non farà mai mancare alla nuova Repubblica del Sud Sudan - come è noto, nata il 9 luglio del 2011 - e che necessita oggi più che mai sia a livello bilaterale, che a livello multilaterale, dell’appoggio concreto e convinto di tutta la comunità internazionale. Io sono certo che la presenza di un nunzio apostolico a Giuba, quando questo sarà possibile, aiuterà molto la Chiesa locale a ritrovare vitalità, azione, spirito di comunione, e sentirsi parte attiva nella costruzione di una società più giusta solidale pacificata e riconciliata. Un compito certamente arduo, viste le tensioni esistenti nel Paese. Ma questa Chiesa è giovane e il Sud Sudan è il Paese più giovane del mondo. Quindi noi oggi diciamo un grande grazie al Santo Padre e tanti auguri a Giuba per una collaborazione che inizia oggi e speriamo porti molti frutti per il futuro.

    D. – Quali sono le relazioni tra Nord e Sud Sudan?

    R. – Purtroppo le relazioni in Sudan sono allo stallo e non si vede per il momento una via di uscita. Il negoziato è stato interrotto e tutti i problemi purtroppo restano ancora irrisolti. Le violenze nel Sud Kordofan, nel Blue Nile, nel Darfur, continuano. La situazione umanitaria resta sempre grave. C’è preoccupazione, e si avverte in particolare, qui, a Khartoum, per la vita della Chiesa, dovuta in particolare allo status del personale religioso sia di origine sud sudanese che di altri Paesi del mondo. Le autorità governative, le scorse settimane, infatti, non hanno rinnovato ad alcuni missionari il permesso di soggiorno e per diversi altri i permessi sono stati ridotti solo per sei mesi. Andiamo avanti con fiducia e speriamo che anche questo problema possa trovare una soluzione e che i colloqui, che sono attualmente in corso con il Ministero degli Affari religiosi, portino ad una maggiore comprensione e a una reciproca collaborazione per il bene di tutti.

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    Il card. Sarah: è emergenza per i profughi siriani in Giordania. L'aiuto del Papa

    ◊   In Giordania centinaia di profughi siriani si sono stretti intorno al card. Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum, in visita al campo profughi giordano di Zarqa, in questi mesi divenuto uno dei principali luoghi di rifugio della popolazione siriana in fuga dalla guerra. La visita è avvenuta a margine del Forum regionale delle Caritas in Medio Oriente e Nord Africa, che si è conclusa oggi ad Amman che ha affrontato proprio l’emergenza profughi. Appena rientrato a Roma dalla Giordania il card. Sarah ha chiesto la fine del commercio delle armi che alimentano il conflitto in Siria e spiega al microfono di Roberto Piermarini quali sono le emergenze per i profughi:

    R. – Soprattutto quelle relative al cibo e ai vestiti, perché adesso fa freddo. Questo lo ho potuto provare anche io. Ci sono anche tanti bambini e tante donne che hanno bisogno di sicurezza. Penso che sarebbe fondamentale intervenire riguardo al cibo, alle medicine, all’abbigliamento perché le temperature, in questo momento, sono abbastanza basse.

    D. – Cosa le hanno raccontato i rappresentanti della Chiesa locale che aiutano i profughi?

    R. – Io sono sempre molto riconoscente perché fanno un lavoro veramente difficile. Il vescovo di Aleppo - ad esempio - fa molto, senza avere mezzi: chiede un aiuto per il cibo, per i vestiti, per le medicine. Io ammiro il loro lavoro e anche per quanto avviene in Libano: fanno un lavoro immenso avendo solo pochi mezzi. Ciò che mi ha colpito è che cercano aiuto per la scuola, perché hanno tanti bambini, ma non hanno alcun aiuto per affrontare la questione della scuola. Forse bisogna pensare anche a questo in futuro: come trovare mezzi che permettano di far andare a scuola i bambini, che sono tanti…

    D. – Che cosa ha portato ai profughi?

    R. – Il Santo Padre aveva aggiunto una somma di 25 mila dollari per sostenere soprattutto la Caritas Giordania, poiché lì metà della popolazione viene dalla Siria, dalla Palestina: metà della popolazione del Paese non è giordana e quindi bisognava aiutare questa gente. Così abbiamo portato questa somma di 25 mila dollari che, certo, è poco, ma i rappresentanti sono stati molto riconoscenti, perché anche questo può aiutare ad affrontare il freddo, le emergenze relative al cibo e alle medicine.

    D. – Con i delegati delle Caritas presenti al Forum, lei ha incontrato il Re Abdallah II di Giordania...

    R. – Ciò che più mi ha colpito è che ha apprezzato veramente il lavoro che svolge la Caritas e non soltanto in Giordania. Il re non era in Giordania, si trovava a Mosca, ed è tornato per incontrare i membri della Caritas del Medio Oriente e per dir loro quanto sia contento del lavoro che svolgono e non soltanto in Siria, in Giordania o in Libano. Ha anche insistito molto sul processo per ritrovare la pace: "senza la pace – ha detto - continueremo ad accogliere ancora tanti rifugiati, ma non abbiamo i mezzi per poter affrontare questa terribile affluenza di rifugiati". Ha parlato di una prossima visita del presidente degli Stati Uniti e ha detto che questa sarà probabilmente l’ultima chance per trovare la pace in questa regione. Il Re rimane molto neutro in questo conflitto probabilmente perché la situazione è così tanto delicata che non gli permette di intervenire in modo diretto, ma spera molto in questa visita del Presidente degli Stati Uniti, perché forse permetterà di trovare una strada per un incontro tra i ribelli e il governo e quindi ritrovare la pace. Il Re Abdullah spera che sarà così, anche se per me questo sarebbe solo un miracolo!

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    Vaticano, plenaria dell'Accademia per la Vita su "Fede e vita umana"

    ◊   Prosegue in Vaticano la XIX Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, sul tema “Fede e vita umana”. Questa mattina si è svolto un incontro aperto al pubblico a cui hanno preso parte, tra gli altri, Mons. Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Mettere in evidenza i fondamenti dottrinali alla base del concetto cristiano di vita umana. Questo l’obiettivo della XIX Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, che propone numerosi spunti di riflessione sul modo in cui il messaggio cristiano sulla vita umana venga vissuto e proposto nella nostra epoca e nelle diverse realtà mediche, sociali e assistenziali. Un’iniziativa che si colloca all’interno dell’Anno della Fede, e che da qui parte per un’analisi approfondita della società moderna. Protagonista della mattinata è stato Mons. Gerhard Ludwig Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha portato una relazione in cui ha proposto l’analisi del concetto di vita umana attraverso alcuni documenti del magistero, a cominciare dalla Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che sancisce una visione globale per la missione della Chiesa nel mondo di oggi, così come i due criteri fondamentali della bioetica articolati nell’Istruzione Dignitas Personae della Congregazione per la Dottrina della Fede, e ancora la famosa immagine della "tunica senza cuciture" come una descrizione della dottrina morale della Chiesa. Tutti documenti profondamente legati alla realtà di oggi, che non manca di difficoltà, di derive ateiste, soprattutto nel campo della scienza; “un settore in cui non solo Dio è degradato – ha riferito mons. Muller – ma che sposta anche la persona umana dal centro, assegnandolo ad una periferia meccanicistica”. Una difficoltà che avevano riscontrato pure i Padri del Concilio Vaticano II, cinquant’anni fa, i quali non si erano accontentati, però, di diagnosticare il problema. Piuttosto, avevano parlato direttamente del problema ricordando alla Chiesa e al mondo che Dio è l'unica vera misura dell'uomo e che la volontà di Dio è l'unica fonte sicura di obbligo morale.

    "La sacralità della persona quale garanzia ultima dello statuto etico dell’essere umano" è stato il tema sviluppato stamattina da mons. Ignacio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Ascoltiamolo, al microfono di Salvatore Sabatino:

    R. – Ovviamente, è stata una relazione che aveva l’intenzione di riproporre un concetto: un concetto che è stato un grande punto di riferimento e che negli ultimi tempi è stato un po’ dimenticato per tante ragioni. Benedetto XVI, nel suo magistero, ha insistito molto sul problema di una società che sta mettendo da parte Dio.

    D. – Mette anche da parte l’uomo: lo toglie dalla centralità. Perché, secondo lei, è successo questo?

    R. – Per trovare una ragione a questo tipo di fenomeno, è necessario molto tempo o meglio ci vuole molto tempo per arrivare ad una riflessione seria: altrimenti si possono dire solo ovvietà. C’è una ribellione? Sì, sembra che ci sia una ribellione, ma ci sono anche tanti altri elementi. Direi che però non bisogna confondere le cose: una questione è il fenomeno dominato e controllato da alcuni, come può essere il mondo dei mass media, e un’altra questione è il mondo reale. Non sempre coincidono. A me, ad esempio, piace la montagna e quando giro, vedo le vette, le cime innevate, vedo come il sacro sia più che presente anche in queste cose.

    D. – Quindi figuriamoci nella vita...

    R. – Sì, però qui, in un contesto di riflessione di esperti sulla bioetica, credo che fosse importante ricordare certo la dignità e manteniamola, ma ricordiamoci anche che l’uomo ha qualcosa di più.

    D. – E’ il modo per dire che scienza e fede possono andare d’accordo e devono andare d’accordo?

    R. – Di fatto vanno d’accordo. Molto spesso chi non va d’accordo sono gli scienziati e i credenti. Credo che in fede e scienza non ci sia un punto o una contraddizione che non si possa superare.

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    Radio Vaticana: sul sito un viaggio virtuale in Terra Santa alle origini della fede

    ◊   Fotografie ed audio della Terra Santa, accompagnate da didascalie esplicative in varie lingue: è questa la proposta offerta dal sito web della Radio Vaticana, www.radiovaticana.va, a partire dal 25 febbraio. L’obiettivo è quello di illustrare il cammino di una comunità di fede da Gerusalemme a tutto il mondo, per annunciare la Buona Novella. Un progetto quanto mai opportuno, considerato il clima mediatico seguito alla dichiarazione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino, come spiega il Direttore dei Programmi della nostra emittente, Padre Andrzej Koprowski, al microfono di Alessandro De Carolis:

    R. - La Dichiarazione del Santo Padre Benedetto XVI sulla rinuncia al ministero pietrino del Vescovo di Roma ha provocato una vera esplosione di reazioni in tutto il mondo, non solo in senso geografico, ma anche mediatico. Ciò ha sicuramente dimostrato un certo interesse per la Chiesa. Tuttavia, sono emerse molte difficoltà nel capire in modo adeguato ed approfondito quale sia la natura della comunità ecclesiale. Da molte persone, la Chiesa - a causa di come viene raccontata soprattutto dai media - è vista attraverso i meccanismi propri delle organizzazioni aziendali, o dei partiti, o delle multinazionali. Di conseguenza, la costatazione espressa da Benedetto XVI: “Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura”, non ha trovato un’eco; i media e commentatori non hanno allargato l’orizzonte per capire davvero la Chiesa ed i suoi avvenimenti.

    D. – In questo contesto, quindi, si inserisce il progetto della nostra emittente?

    R. – Sì. In questo clima, la Radio Vaticana propone una serie di materiali audio-visivi, accompagnati da didascalie, che a partire dalla Terra Santa possano illustrare il cammino di una comunità di fede che è partita dal cenacolo di Gerusalemme per raggiungere tutto il mondo con l’annuncio di una buona novella: quella dell’azione amorosa di Dio nella storia e nel suo rapporto con gli uomini. Grazie al lavoro di un biblista, Padre Francesco Rossi de Gasperis, un gesuita che ha trascorso molti anni della sua vita tra il Pontificio Istituto Biblico di Roma e Gerusalemme, e delle foto gentilmente prestateci dai suoi collaboratori come don Giuliano Savina, parroco di due chiese a Milano e da Giusy Capra di Cristo dell’Ordo Virginum della medesima Chiesa ambrosiana, che ci hanno offerto numerose fotografie dalla Terra Santa, cercheremo di offrire “i fondamenti della Chiesa di Cristo” attraverso i luoghi in cui è stata rivelata e ha mosso i primi passi. Le foto sono state inoltre concesse dal mons. Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro.

    D. – L’iniziativa si articola in varie lingue?

    R. – Sì. Grazie al lavoro delle redazioni linguistiche della Radio Vaticana, il nostro messaggio arriva in diverse regioni del mondo: in Cina, in Medio Oriente, nel mondo arabo, in Brasile che, ad esempio, ha battuto tutti i record con più di 700mila navigatori sulla pagina Facebook in brasiliano della nostra emittente dal giorno della dichiarazione del Papa sulla rinuncia. L’iniziativa dimostra, quindi, una nota caratteristica della Radio Vaticana, della nostra identità, perché tramite le foto e le didascalie dalla Terra Santa i nostri Programmi Linguistici cercano di offrire in modo accurato “il cuore del messaggio” evangelico, ma poi ogni redazione cerca di esprimere tale contenuto nel modo che corrisponde meglio alla sensibilità, alla cultura dei singoli Paesi/Regioni. Nell’insieme, quindi, riceviamo un’immagine ricca e complementare del messaggio evangelico, perché le diverse versioni linguistiche delle didascalie non sono “una semplice traduzione” del testo originale, ma esprimono anche la pluralità culturale delle tante regioni del mondo in cui la Chiesa di Cristo cerca di portare l’annuncio della Buona Novella, di Dio e della dignità di ogni persona umana.

    D. – Ricordiamo che il progetto prenderà vita tra pochi giorni…

    R. – Da lunedì prossimo, 25 febbraio, i navigatori che consultano il sito internet della Radio Vaticana avranno a disposizione un agile strumento di consultazione fotografica e testuale, raggiungibile sia dalla home page in lingua italiana, sia da numerose altre lingue. Altre traduzioni linguistiche si aggiungeranno nei giorni seguenti, perché questo ciclo biblico non è “un progetto unico”, ma si inscrive nella dinamica di una programmazione e nelle opportunità di scambio reciproco delle rispettive Redazioni.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il Papa della coerenza: Hilarion, metropolita di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, su un pontificato che ha notevolmente migliorato i rapporti fra ortodossi e cattolici.

    Modificati i riti per l'inizio del pontificato: nell'informazione vaticana, intervista di Gianluca Biccini a monsignor Guido Marini, Maestro delle Cerimonie liturgiche pontificie.

    L'impegno della Chiesa per lo sviluppo delle popolazioni sudanesi: nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Sud Sudan.

    Quando si rinuncia per servire: in cultura, Valerio Gigliotti su ruolo e significato di un atto straordinario, esercizio più alto della funzione petrina nell'abrogazione personale per il bene della Chiesa.

    Un articolo di Leonardo Lugaresi dal titolo "Gregorio e l'utopia di Giuliano": a lezione di pragmatismo dal vescovo di Nazianzo nella Roma del quarto secolo.

    L'opera da cui non si separò mai: Jean-Pierre Rycke sulla fugacità della vita e la permanenza della fede nel "San Sebastiano" di Andrea Mantegna.

    Sostenuti nel cammino ma certi della meta: nell'informazione religiosa, il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, sul Direttorio per il ministero presbiterale.


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    Oggi in Primo Piano



    Egitto di nuovo alle urne il 27 aprile. El Baradei: è una scelta irresponsabile

    ◊   L’Egitto tornerà alle urne il prossimo 27 aprile: è quanto ha deciso il presidente, Mohamed Morsi, firmando il decreto sulla legge elettorale appena approvato dalla Shura, la Camera alta del Parlamento. Il voto si terrà in quattro fasi e la prima riunione dell’Assemblea è prevista per il 6 luglio. Forti critiche arrivano dall’opposizione. Il leader El Baradei parla di una scelta irresponsabile in un clima di forte tensione sociale e fragilità dello Stato. Cecilia Seppia ha chiesto il commento di Stefano Torelli, esperto dell’area mediorientale per Equilibri.net:

    R. - Il cammino verso la decisione di fissare finalmente queste elezioni è stato abbastanza travagliato. Finalmente, adesso, si è arrivati alla data delle elezioni per la costituzione di un nuovo Parlamento che - ricordiamo - di fatto oggi, dopo lo scioglimento, ancora non c’è. In tutta questa cornice, l’Egitto continua ad attraversare una fase di grande instabilità politica e anche sociale, con continue manifestazioni di piazza che spesso, come accaduto anche nelle scorse settimane, sfociano nella violenza. Quindi, la data di queste elezioni era attesa con ansia, proprio perché queste potrebbero segnare un nuovo punto di svolta in questa transizione.

    D. - Eppure, il leader dell’opposizione El Baradei ha definito questo voto “irresponsabile”, proprio perché nel Paese sussiste una forte tensione sociale…

    R. - La grande incognita di un’elezione, in un momento come questo in Egitto e in Tunisia, è appunto quella di vedere se poi il risultato elettorale - qualsiasi esso sia - verrà effettivamente accettato o meno dalle forze in campo e dalla popolazione o se, al contrario, potrà portare a ulteriori scontri e violenze.

    D. - Molti sostengono anche che sarà un voto “farsa” per riconfermare il potere dei Fratelli musulmani, che è stato e continua ad essere ampiamente contestato. Quali scenari si aprono?

    R. - Come già è accaduto in parte nelle consultazioni elettorali che ci sono state, il timore che comunque possano esserci brogli o che le elezioni, in qualche modo, possano essere non del tutto trasparenti è sempre dietro l’angolo, e in un Paese in transizione, in una fase di quasi caos, come l’Egitto, è prevedibile che possano esserci alcuni casi di manipolazione o comunque poca trasparenza nel processo elettorale. Di fatto, però, ad esempio, il voto delle ultime elezioni parlamentari che sono state fatte in Egitto, ha dimostrato come in realtà il consenso alla fratellanza musulmana in parte sia veramente abbastanza radicato in alcuni settori della società. Sarà da vedere se, dopo tutte queste crisi e dopo il livello di impopolarità che ha toccato Mursi negli ultimi mesi, questo consenso rimarrà tale oppure no.

    D. - È anche vero che all’opposizione non ci sono poi alternative così valide…

    R. – Esatto. Un altro elemento che salta un po’ agli occhi della crisi egiziana è che comunque, in ogni caso, le forze di opposizione non riescono ancora veramente a raggiungere una piattaforma comune sulla quale poi poter chiedere un consenso maggioritario alla popolazione. Mentre la fratellanza, da subito, ma anche addirittura da prima di Mubarak, appariva come un movimento molto più compatto e in grado di portare consenso attorno a sé.

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    Ultimi appelli al voto. Gentili (La Società): campagna elettorale lontana dai contenuti

    ◊   Il voto di domenica e lunedì prossimi costerà 389 milioni di euro. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Oggi, gli ultimi appelli al voto. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dice che il suo partito pensa ad “un riformismo temperato nel tratto, ma piuttosto radicale nelle scelte”. Silvio Berlusconi, leader del Pdl, ripropone la restituzione dell’Imu, mentre Mario Monti dice no a un "popolismo distruttivo" che distrugge tutto. Sul clima di questa campagna elettorale, Alessandro Guarasci ha sentito Claudio Gentili, direttore della rivista “La Società”, della Fondazione Giuseppe Toniolo:

    R. – Salvo la novità di Beppe Grillo, mi pare una campagna elettorale che imita molto quella del ’94. Sia il fatto che nel Pd non ci sia stato rinnovamento, sia il ritorno di Berlusconi, evidentemente, non potevano lasciare dubbi su una campagna elettorale non solo urlata ma anche lontana dai contenuti e ancora ferma agli scontri ideologici.

    D. - Grillo, però, quanto ha cambiato davvero il modo di fare campagna elettorale in questo periodo?

    R. – E’ stato capace di mettere insieme il virtuale e il reale. Ha avuto successo grazie a Internet, ma è l’unico "big" che poi ha riconquistato le piazze.

    D. – Il problema degli italiani è solo il fisco oppure si è tralasciata la questione crescita?

    R. – I problemi degli italiani sono due: populismo e moralismo. Sono due difetti che impediscono a una vasta fetta dell’elettorato, quando si va a votare, di assumere come criterio di discernimento il criterio della responsabilità, il criterio dei fatti, il criterio della capacità di governare. Sappiamo tutto del populismo, riflettiamo poco sul moralismo, cioè su quella forma sottile di obnubilamento della coscienza che fa stare tranquilli a votare perché si va a votare contro.

    D. – Quali previsioni fa per questo post elezioni?

    R. – Stiamo dando in mano a un comico il rinnovamento della politica. Se noi riuscissimo a passare dalla commedia alla prosa, al racconto, sarebbe meglio per tutti. Io penso che alla fine queste elezioni lasceranno un Paese che ha bisogno di avere una lunga decantazione e ritengo che in questi anni queste elezioni non daranno un parlamento duraturo. Potrebbe essere importante un recupero di ruolo di responsabilità di capacità di rapporto con la gente da parte dei cattolici.

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    Aumentano matrimoni misti. Mons. Solmi: da Chiesa sostegno alle coppie

    ◊   Sono 10.858 i matrimoni misti celebrati nelle chiese cattoliche italiane tra il 1999 e il 2008, in forte aumento rispetto al passato. È il risultato di una ricerca promossa dall’Ufficio per il Dialogo ecumenico e interreligioso della Conferenza episcopale italiana (Cei), in discussione in questi giorni a Roma nel convegno “Amarsi e sposarsi nei matrimoni misti: attenzioni pastorali e canoniche”. Per un’analisi dei dati e delle motivazioni alla base di questa crescita, Roberta Barbi ha intervistato mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione episcopale permanente per la Famiglia e la Vita della Cei:

    R. - C’è un aumento di questa tipologia di matrimoni dovuti all’immigrazione e anche alla mobilità che abbiamo nel nostro Paese in questi ultimi anni.

    D. - Per matrimoni misti s’intendono, in primo luogo, quelli tra persone di confessioni e religioni diverse: come vengono accompagnate queste coppie all’altare e dopo come vengono seguite queste famiglie?

    R. - Va rilevato che il termine “matrimonio misto” si è esteso sia ai matrimoni tra un cattolico e un non cattolico - una persona cristiana, comunque, e qui dovremmo ulteriormente distinguere fra i fratelli separati, protestanti, e gli ortodossi che mantengono il significato del Sacramento - sia fra cattolici e non cristiani. Sono accompagnati, direi, in chiave personalizzata, nel senso che ognuna di queste situazioni è una realtà a sé, e necessita, appunto, di un accompagnamento ad hoc. Ecco, allora, la presenza del presbitero, del parroco cui ci si rivolge, ma anche la presenza di coppie particolarmente sensibili, coppie di cattolici che accompagnano questi fidanzati. Credo che questo sia anche importante, perché è il primo approccio che la parte non cattolica - e a volte anche quella cattolica - ha con la comunità cristiana.

    D. - Nel novero finiscono anche i matrimoni con coniugi “di altre tipologie”, cioè con abbandono formale o meno della fede: questo, da un punto di vista pastorale, pone nuovi interrogativi?

    R. - Troviamo spesso situazioni di persone che hanno abbandonato la fede o che, dopo un’iniziale iniziazione cristiana, non hanno più frequentato e sono in una situazione pratica di agnosticismo o di lontananza o d’indifferenza. Proprio il momento della preparazione alle nozze è particolarmente favorevole per un ripensamento e anche per una ripartenza. Credo che allora ci dia delle grandi opportunità: ripresentare la preparazione al matrimonio come un’accoglienza di tutti e una ripartenza nella fede. E qui il soggetto primo deve essere la comunità cristiana, all’interno della quale la figura dei coniugi, degli sposi, unita a quella del presbitero, hanno un ruolo molto importante.

    D. - I figli nati in questi matrimoni vengono battezzati?

    R. - Certamente, l’impegno che si assume è quello di battezzare, di educare nella fede i figli che nasceranno: questo è l’impegno che ci si assume e che deve essere circondato dalla premura della comunità cristiana, nel rispetto della parte non cattolica - a volte addirittura della parte non cristiana - ma anche con una sollecitazione, perché il dono della fede venga a essere trasmesso alle nuove generazioni.

    D. - La maggior parte dei matrimoni misti, secondo i dati, si concentra nel nord, dove risiede la maggior parte della popolazione immigrata: ci racconta la sua esperienza da vescovo di una città del nord?

    R. - Il Nord, certamente, vede la presenza - parlo della realtà dell’Emilia Romagna - di un 12-13% di persone immigrate, quindi nascono queste opportunità. Direi che quando si arriva a un matrimonio misto è segno che è stato fatto un percorso significativo. Quando si arriva a questo è perché c’è realmente un percorso di amore. Ed ecco che è normale anche aprirsi alla comunità cristiana, chiedere di essere accolti, di essere capiti nella particolarità di questo percorso. Nascono anche delle esperienze molto belle d’integrazione nel corpo vivo della comunità: persone che iniziano a fare amicizia, a incontrare altre coppie, a camminare insieme sia nel percorso prima del matrimonio, e poi nel percorso di giovani coppie. Questo sollecita anche i cattolici a conoscere maggiormente i valori del Sacramento del matrimonio, cosa credono le altre confessioni religiose, e di instaurare un dialogo che, per certi versi, è nuovo.

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    Bologna, parte "Missione giovani" per portare Cristo nei luoghi della "movida"

    ◊   Università, scuole, strade della "movida", ma anche carceri, pub, discoteche, vie della prostituzione e perfino lo Stadio Dall’Ara durante il derby calcistico dell’Appennino di domenica prossima Bologna-Fiorentina. Saranno questi i luoghi di annuncio della “Missione giovani” ai blocchi di partenza oggi a Bologna. Per due settimane, più di cento religiosi Francescani e giovani della città annunceranno il Vangelo per le strade, tra il loro coetanei. Il servizio di Luca Tentori.

    “Ascolta la tua sete”: questo il tema della missione giovani di Bologna che riporta il Vangelo là dove è nato per le strade e nelle piazze. Fuori dalle sacrestie, perché il messaggio cristiano torni esplicito e vivo nei luoghi in cui i giovani spendono la vita, dove spesso si dimenticano o non incontrano Dio. Faranno questo i 120 Francescani e giovani che da oggi batteranno a tappeto i ritrovi giovanili. Questa sera, nella cattedrale cittadina di San Pietro, sarà l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, che li ha invitati e voluti fortemente, ad affidare loro il mandato di missionari nella sua diocesi. Ai nostri microfoni, il cardinale Caffarra ha spiegato il perché di questa scelta:

    “La condizione dei giovani è di una drammaticità senza precedenti, perché sono stati derubati del loro futuro. Il furto peggiore che poteva essere compiuto perché ha tolto loro il diritto di sperare; e col risultato della loro impossibilità ad entrare nella vita. I due simboli più significativi di questa condizione sono la distanza spirituale dal matrimonio e la difficoltà a trovare lavoro”.

    L’annuncio per le strade sarà sostenuto da preghiera e adorazione continua in due chiese adiacenti alla zona universitaria, e rafforzata da incontri di approfondimento sulla fede. Anche padre Francesco Piloni, francescano minore della Porziuncola di Assisi, uno dei responsabili di questa consolidata esperienza missionaria, ha ricordato il senso di queste due settimane bolognesi:

    “Missionari che hanno il desiderio di raccontare quanto il fratello e la sorella che ho di fronte sono importanti e preziosi agli occhi di Dio e anche per me che sono un suo strumento. Il cuore dell’uomo è accomunato da grandi sogni, grandi desideri. L’incontro vuole essere proprio questo: risvegliare i desideri che spesso si trovano spenti dentro alcuni giovani”.

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    Cinema. Sugli schermi il "Pinocchio" di Enzo D'Alò

    ◊   È uscito ieri, giovedì 21 febbraio, in Italia, Francia, Belgio e Lussemburgo Pinocchio, un film pieno di fantasia e musica di cui è autore e regista Enzo D'Alò, considerato uno dei massimi esponenti del cinema d’animazione e del quale si ricorda il poetico "La Gabbianella e il Gatto". Tornano così sullo schermo le immortali avventure del burattino che diventa bambino, lette in tutto il mondo e amate ad ogni età. Il servizio di Luca Pellegrini:

    "Geppetto: 'Chi ha parlato? Deve essere il vino di ieri sera… Eh sì, perché mi è sembrato di sentire una vocina che …. Ha parlato! Il legno ha parlato! Dove si è mai visto un ciocco di legno che ride come un bambino? Un bambino…'”.

    Enzo D’Alo dedica il suo coloratissimo Pinocchio a tutti i “babbi, babbini del mondo”. I disegni portano il segno del pastello forte e calcato di Lorenzo Mattotti, le musiche le ha scritte Lucio Dalla, le ultime della sua carriera di cantautore prima della prematura scomparsa. Sono passati 130 anni esatti dalla pubblicazione del capolavoro di Carlo Collodi e le sue traduzioni fino a oggi sono oltre 240. Pinocchio, insomma, non muore mai, come conferma lo stesso D’Alò che per quattro anni ha lavorato al suo nuovo film d’animazione:

    R. – Pinocchio non deve morire, perché fa parte del nostro immaginario. E’ uno dei pochi libri letti in tutto il mondo. Quindi, è così importante, per me, portarlo in scena e raccontarlo di nuovo, ripartendo dall’antico. Sono molto contento dell’accoglienza che stiamo avendo dappertutto, in tutti il mondo.

    D. – In questo Pinocchio un ruolo centrale ce l’ha il babbo, Geppetto…

    R. – In questo Pinocchio il rapporto tra padre e figlio è fondamentale, come penso fosse fondamentale anche quando Collodi lo scrisse. Noi abbiamo un papà che si costruisce un figlio: quindi un’immagine forte ed estremamente contemporanea in una famiglia come quella di oggi. Abbiamo un papà che, a volte, vorrebbe che il figlio diventasse come lui e abbiamo dei figli che vogliono fare la propria vita, che vogliono scoprire da loro stessi chi sono e che cosa vogliono fare da grandi. Quindi, anche in Pinocchio, Geppetto che insegue il suo burattino rappresenta il papà che, a poco a poco, attraverso un viaggio, attraverso il mondo, attraverso la vita di tutti e due, ritrova il figlio nella pancia del pescecane e il figlio che lo salva. Quindi, per la prima volta Geppetto diventa un vero papà, si sente padre, proprio perché viene salvato da suo figlio.

    D. – Alla fine, il burattino diventa bambino: non è soltanto giusto, ma è anche un bene per lui che conservi, dentro di se, lo spirito del burattino. Questo penso che valga per tutti i bambini del mondo…

    R. – Il Pinocchio che diventa bambino è un’immagine rappresentata, a volte, in modo triste dagli illustratori dei vari libri, disegnati e scritti su Pinocchio. Quello che a me interessava era dire a tutti quanti che Pinocchio resta Pinocchio: come un bambino che, diventando adulto, mantiene dentro di sé la sua identità di bambino, la sua voglia di fantasia, la sua voglia di volare come sia Geppetto che Pinocchio raccontano nel film.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Libano: visita a Mosca del patriarca Rai. Incontrerà Kirill e il presidente della Duma

    ◊   Il Patriarca di Antiochia dei Maroniti Bechara Boutros Rai si appresta a realizzare a Mosca una visita dalle rilevanti implicazioni ecumeniche e politico-umanitarie. Dal 26 febbraio al 1° marzo, prima di venire a Roma per il Conclave, il Patriarca cardinale avrà nella capitale russa una serie di incontri ad alto livello con responsabili della politica russa e con i massimi esponenti del Patriarcato di Mosca. Il fitto programma del Patriarca Rai - riporta l'agenzia Fides - prevede all'inizio un incontro con la locale comunità libanese presso la chiesa di San Marone, a cui il Patriarca farà dono di una reliquia del Santo titolare e dove sarà anche celebrata una liturgia maronita. Il 27 febbraio ci sarà l'incontro con il Metropolita Hilarion, responsabile del dipartimento del Patriarcato di Mosca per le relazioni esterne, e poi il pranzo con Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. La mattina del giorno dopo il Patriarca Rai sarà ricevuto da Sergej Naryshkin, Presidente della Duma, la Camera Bassa del Parlamento russo. Venerdì 1° marzo il card. Rai celebrerà la liturgia nella cattedrale cattolica delll'Immacolata Concezione e incontrerà l'arcivescovo Paolo Pezzi, ordinario della arcidiocesi cattolica della Madre di Dio a Mosca. La visita del Patriarca Rai prosegue una tradizione di incontri bilaterali tra la Chiesa maronita e il Patriarcato di Mosca che era già iniziata con il Patriarca maronita emerito Nasrallah Sfeir e ha avuto un momento significativo nel novembre 2011, con la visita in Libano del Patriarca Kirill I. Al centro dei colloqui con i rappresentanti della Chiesa e della politica russa ci saranno anche le drammatiche vicende in atto sullo scenario mediorientale, dove il governo di Mosca rivendica da tempo un ruolo di mediazione nel conflitto siriano. “Parleremo della presenza cristiana nel Medio Oriente, e diremo la nostra opinione sulla tragica situazione siriana” riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo Paul Nabil el-Sayah, vicario generale del Patriarca di Antiochia dei maroniti, che accompagnerà il card. Rai nella sua trasferta moscovita. “Il conflitto siriano” aggiunge a Fides mons. Sayah “ha imboccato una deriva che appare senza via d'uscita. Nessuna delle parti in guerra appare in grado di prevalere sull'altra. Il tempo che passa aumenta solo le stragi, la distruzione delle infrastrutture e dell'intera società siriana, e tutte le sofferenze dii un popolo martoriato. Anche i cristiani stanno pagando un prezzo alto per questa guerra. Serve una soluzione pacifica del conflitto, da raggiungere il più velocemente possibile”. (R.P.)

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    Mali: Gao e Kidal sotto il fuoco ribelle

    ◊   Dopo alcune ore di relativa calma nel capoluogo settentrionale, testimoni locali hanno riferito che dall’alba colpi d’arma da fuoco si sono nuovamente fatti sentire al centro di Gao, 1200 km a nord di Bamako, la capitale. La giornata di ieri è stata all’insegna di intensi scontri tra militari e insorti del Movimento per l’unità del jihad in Africa occidentale (Mujao), durati più di otto ore. I jihadisti, che sarebbero arrivati da villaggi circostanti attraversando il fiume, hanno appiccato il fuoco al palazzo di giustizia e a un benzinaio; l’incendio si è poi propagato a una parte del mercato centrale. I ribelli islamisti - riferisce l'agenzia Misna - sono anche riusciti a occupare per una parte della giornata la sede del comune di Gao e la residenza del governatore. Il gruppo, formato da una quarantina di uomini armati, è stato disperso nel tardo pomeriggio dopo un pesante intervento con le truppe maliane e francesi mentre elicotteri di Parigi hanno sorvolato la città fino a sera. Negli scontri di ieri sarebbero stati uccisi almeno otto insorti mentre un numero imprecisato ma elevato di soldati maliani è rimasto ferito. Inoltre diversi civili sarebbero stati raggiunti da proiettili vaganti. Fonti di stampa maliane sottolineano che per ore le strade di Gao sono rimaste deserte, con la gente rintanata dentro casa, negozi e uffici chiusi. La situazione rimane altrettanto instabile a Kidal, 300 km più a nord, dopo l’attentato che si è verificato ieri nei pressi del campo militare dove sono dispiegati soldati francesi e ciadiani, nel quale due civili sono rimasti feriti. In serata è arrivata la rivendicazione del Mujao: “Siamo riusciti a penetrare senza alcuna difficoltà al centro di Kidal per fare esplodere, come previsto, un veicolo. Altre esplosioni interverranno su tutto il territorio. Andiamo verso una vittoria contro i nemici dell’Islam” ha dichiarato il portavoce Abu Walid Sahraoui. A Kidal sarebbero presenti esponenti della ribellione tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, che a giorni dovrebbero partecipare a negoziati diretti con il governo di transizione di Bamako e potrebbero collaborare con i militari di Parigi per lottare contro gli islamisti. A fine gennaio le forze francesi dell’operazione Serval sostenute dalle truppe di Bamako e dai soldati africani della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma) hanno ripreso il controllo dei due capoluoghi settentrionali, cacciando i ribelli che si sono rifugiati all’estremo nord est del Paese, nella zona montuosa ed estesa dell’Adrar degli Ifoghas. Fonti di stampa internazionale segnalano inoltre la presenza di jihadisti nei pressi di Douentza, a sud di Gao, dove seppelliscono mine per impedire gli spostamenti dei militari, ma anche a Bourem, più a nord, in teoria ripresa agli insorti lo scorso fine settimana. Intanto da Bamako, dove si sono riuniti i capi di stato maggiore della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Cedeao), è arrivata una serie di raccomandazioni e nuove proposte strategiche alla luce della complessa situazione sul terreno, trasformatasi in guerriglia. “L’evolversi delle condizioni sul terreno implica nuove risposte. Bisogna aumentare gli effettivi e i mezzi materiali a disposizione. Per questo servono ulteriori fondi affinché la missione abbia successo” ha dichiarato l’ex presidente burundese Pierre Buyoya, rappresentante dell’Unione Africana in Mali e nel Sahel. La Cedeao ha annunciato che a pieno regime le Forze africane della Misma potrebbero raggiungere 10.000 elementi invece dei 3.300 inizialmente previsti. (R.P.)


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    Cina: si è spento mons. Giuseppe Ma Xuesheng, vescovo di Zhoucun

    ◊   L’8 febbraio scorso si è spento mons. Giuseppe Ma Xuesheng, vescovo della diocesi di Zhoucun (Chowtsun), nella provincia cinese di Shandong. Il presule aveva quasi 90 anni. Era nato il 16 settembre 1923, nel distretto di Zouping (Shandong). A sedici anni cominciò il suo percorso vocazionale nel seminario minore. Completata la formazione filosofica e teologica presso i seminari di Hankou, Macao e Pechino, fu ordinato sacerdote il 3 aprile 1957. Fino al 1966, per la pressione politica del Governo sulla Chiesa, dovette alternare il suo ministero pastorale con il lavoro manuale di cuoco. Nel 1966, con l’inizio della Rivoluzione Culturale, fu costretto a lavorare come contadino, fino al 1980. Nel 1988 fu ordinato vescovo coadiutore della diocesi di Zhoucun, di cui divenne vescovo diocesano nel 1997. Mons. Ma era comprensivo verso i giovani e si consultava sempre, prima di prendere qualsiasi decisione. La diocesi di Zhoucun, situata nella parte centrale dello Shandong, conta ora circa 18.000 fedeli, 65 chiese, una ventina di sacerdoti e alcune suore. L’attuale situazione della diocesi è merito dell’impegno, della fede e del sostegno del presule. Nel 2009, completata la procedura per la nomina del vescovo coadiutore, mons. Ma è stato colpito da una paralisi cerebrale che non gli ha permisso di partecipare all’ordinazione del suo successore, mons. Giuseppe Yang Yongqiang, consacrato il 15 novembre 2010. I funerali di mons. Ma sono stati celebrati il 18 febbraio nella chiesa di Zibo. Il presule si è spento pochi giorni dopo la scomparsa del centenario mons. Liu Jingshan di Yinchuan (Ningxia). Il sacrificio e la dedizione di questa generazione di vescovi restano un segno di amore a Cristo e al popolo cinese. (I.P.)

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    Messico: appello di mons. Sandoval contro i soldi "sporchi" del narcotraffico

    ◊   Lo Stato è assente e viene sostituito dalle bande di narcotrafficanti che, di fatto, gestiscono e controllano capillarmente il territorio: per questo mons. Rafael Sandoval Sandoval, vescovo della diocesi di Tarahumara, in Chihuahua, ha alzato la voce e denunciato pubblicamente: “I narcos si sono impossessati della nostra Sierra, ma noi dobbiamo recuperare i nostri spazi. La gente vive nella paura e questo non può continuare. Ai nostri giovani offrono soldi facili, soldi veloci, tanti soldi, ma sono soldi sporchi. Noi dobbiamo educarli ai valori e a far loro capire che il denaro pulito è frutto di un lavoro onesto”, afferma in una nota inviata all’agenzia Fides. Il vescovo ha parlato apertamente, denunciando la grave situazione del territorio, ai mass media e alle autorità civili, dopo numerosi episodi violenza nella comunità di Guachochi, martoriata dalle bande criminali: “La Sierra di Tarahumara è ferita e sanguinante a causa della violenza – ha detto – perché molti giovani vengono facilmente manipolati dai grandi cartelli della droga, che hanno i loro idoli: il denaro, il potere e le armi”. Mons. Sandoval ha invitato la comunità cattolica e tutta la società civile ad avviare insieme una campagna di educazione della gioventù, riproponendo i valori del Vangelo, per costruire una società giusta, onesta, pacifica e fraterna. (R.P.)

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    Pakistan: nascerà un santuario del “Bambino Gesù di Praga”

    ◊   La statua del “Bambino Gesù di Praga” è arrivata in Pakistan e la Chiesa di Faisalabad, in Punjab, costruirà e intitolerà al Gesù Bambino un santuario che diverrà un Centro di pellegrinaggi per i fedeli di tutto il Paese: lo dice all’agenzia Fides padre Emmanuel Parvez, sacerdote cattolico e parroco della chiesa di San Paolo Apostolo a Pansara, nella diocesi di Faisalabad, in Punjab, che aveva fatto richiesta al santuario di Praga di avere un immagine del Cristo Bambino, per poterne diffondere la devozione nel Paese. “Accanto al santuario – spiega a Fides padre Emmaunel – sorgeranno un piccolo dispensario e un Centro medico dedicato ai bambini, e vi saranno una scuola elementare e un asilo”. Il luogo diverrà significativo, in particolare, per i bambini: insegnanti e catechisti potranno organizzare pellegrinaggi e incontri per promuovere la missione: “Vogliamo renderlo un Centro per diffondere, attraverso la fede e la purezza dei bambini, la pace e l'amore di Cristo in Pakistan. Chiediamo al Gesù Bambino di Praga di proteggere i figli del Pakistan da ogni spargimento di sangue, da violenza e morte”, aggiunge il parroco. La statua del Bambino, tanto attesa dalla comunità locale, è arrivata a Faisalabad tramite la nunziatura apostolica. Alla parrocchia di Panasara oltre 200 bambini, cristiani e musulmani, hanno organizzato una festosa cerimonia di accoglienza, con danze e canti. Nella Santa Messa per celebrare l’evento, padre Parvez ha rimarcato che “il Messia e Salvatore del mondo è arrivato fra noi a portare luce”. I bambini, entusiasti, hanno promesso di collaborare nel diffondere la devozione del “Gesù Bambino di Praga” in Pakistan. “Il Pakistan è un Paese afflitto da violenza e terrorismo, che causano la morte di molti innocenti. Preghiamo perchè la presenza del Bambino miracoloso porti un'era di pace, sicurezza e armonia. Anche i bambini e le famiglie musulmane sono con noi, apprezzano l’iniziativa e ci sostengono in questo sforzo”, conclude padre Parvez. (R.P.)

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    Belgio: la Chiesa sta risarcendo le vittime degli abusi

    ◊   La Chiesa belga ha già versato 303 mila euro per risarcire le vittime di abusi sessuali. Il Centro di arbitrariato in materia di abusi sessuali ha infatti esaminato finora 67 dei 621 dossier presentati. Il Centro (www.centre-arbitrage-abus.be) è stato istituito dalla Chiesa cattolica belga un anno fa e questo è il primo rapporto. Le domande - informa l’agenzia Cathobel ripresa dal Sir - provengono in maggioranza dalle Fiandre (più del 72%) e da uomini (80%) nati negli anni ’50-’60. "Alcuni hanno parlato per la prima volta”, ha commentato Karine Lalieux, presidente della Commissione parlamentare sugli abusi. Nel giornale belga “Le Soir” Lalieux si congratula con l’atteggiamento delle autorità religiose e lo sviluppo delle procedure. “Non c’è stata nessuna contestazione e non s’è mai posto il problema dell’onere della prova. Le parole delle vittime sono considerate legittime d’ufficio”. Rimangono da esaminare ancora 552 dossier. Ci vorranno almeno altri due anni. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 53

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.