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Sommario del 15/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la carità cristiana è più dello spirito umanitario, è amore di Dio per l’uomo
  • Il Papa ai vescovi liguri: la figura di Pietro non tramonta
  • Benedetto XVI riceve il presidente della Romania Basescu
  • Ernst von Freyberg nominato nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior
  • Padre Lombardi: esemplare l’iter per la scelta del nuovo presidente dello Ior
  • L'incontro con i parroci. Don Fabio Bartoli: il Papa ci ha fatto vedere la Chiesa del futuro
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: Assad non lascia il potere, Russia chiede medizione diretta con Damasco
  • Russia: pioggia di meteoriti semina il panico, oltre 500 feriti
  • Caritas Europa: in 5 Stati, numero di chi chiede aiuto cresciuto del 54%
  • Diritti infanzia: Rapporto Unicef sul ruolo del garante in oltre 70 Paesi
  • In 20 piazze d'Italia iniziative contro il cancro infantile
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Card. Béchara Raï: scelta del Papa è “shock positivo” per Chiesa e mondo
  • Canada. I vescovi al Papa: tristezza per la rinuncia e gratitudine per il suo ministero
  • L’arcivescovo di Ha Noi: grati al Papa per il suo amore alla Chiesa del Vietnam
  • Congo: governo e popolo non dimenticheranno l’impegno del Papa per la pace
  • Il Mali alle urne il 7 luglio, preoccupa la situazione umanitaria
  • La stampa diocesana d’Italia esprime il proprio affetto a Benedetto XVI
  • Domenica nelle parrocchie di Roma si pregherà per il Papa
  • Berlinale: meglio in film collaterali di quelli in concorso
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la carità cristiana è più dello spirito umanitario, è amore di Dio per l’uomo

    ◊   La carità cristiana “non può essere ridotta” a mera un’iniziativa umanitaria perché essa manifesta l’amore di Dio stesso per l’umanità. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI nell’udienza concessa ai membri della Fondazione Pro Petri Sede. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Sulle labbra del Papa il concetto non era certo nuovo, anzi un perno del suo magistero sociale: la carità, se è fatta in spirito cristiano, porta non solo un aiuto concreto a chi ha bisogno, porta direttamente l'amore, la bontà di Dio. È la fede che insegna questo e proprio sulla fede, e sull’Anno proclamato per riscoprirla, Benedetto XVI ha centrato il suo discorso. Davanti a lui gli appartenenti di uno storico sodalizio caritativo cattolico, belga di nascita, ai quali il Papa, parlando in francese, ha ribadito che dalla Quaresima e dall’Anno della Fede arriva uno medesimo invito alla conversione:

    “La foi est una réalité vivante…
    La fede è una realtà viva che deve essere continuamente scoperta e approfondita in modo che possa crescere. È lei che deve guidare lo sguardo e l'azione del cristiano. Poiché si tratta di un nuovo criterio di comprensione e di azione che cambia la vita dell'uomo”.

    Se dunque la fede illumina da una diversa prospettiva la vita e i suoi aspetti, ciò vuol dire che anche il modo di testimoniare l’amore cristiano agli altri deve partire da questa luce interiore. “La fede senza la carità – ha affermato Benedetto XVI – non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino”. Purché, ha sottolineato, avvenga quell’“indispensabile” incontro con Gesù, che “trasforma” cuore e occhi e dà il “vero significato della carità cristiana”. La quale, quindi…

    “…celle-ci ne peut se réduire à un simple…
    …non può essere ridotta a semplice umanesimo o a un’iniziativa di promozione umana. L’assistenza materiale, pur necessaria, non è il tutto della carità, che è partecipazione all'amore di Cristo offerto e condiviso. Ogni autentica carità è una manifestazione concreta dell'amore di Dio per gli uomini e quindi diventa annuncio del Vangelo”.

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    Il Papa ai vescovi liguri: la figura di Pietro non tramonta

    ◊   Benedetto XVI ha incontrato stamani i vescovi della Conferenza episcopale della Liguria, in vista “ad Limina”, guidati dal cardinale arcivescovo di Genova e presidente della Cei Angelo Bagnasco. Con lui c’era anche il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Alberto Maria Careggio. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    “L’incontro è stato molto emozionante. Eravamo tutti particolarmente in attesa di poter vedere il Santo Padre, il quale ci ha accolto con la stessa amabilità delle altre volte. È stato attentissimo ai problemi delle nostre diocesi, interessandosi proprio nei dettagli. Per questo motivo, questo incontro è stato molto carico sia di emozione che di attenzione da parte del Santo Padre. Noi l’abbiamo trovato molto tranquillo, molto sereno. Ci ha ovviamente invitato a pregare per lui. Non solo, ha affermato che la figura di Pietro non tramonta, e quindi ci ha esortato ad essere tanto uniti alla Chiesa e di saper pregare, perché la promessa di Gesù a Pietro è una promessa che non viene meno”.

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    Benedetto XVI riceve il presidente della Romania Basescu

    ◊   Stamani, Benedetto XVI ha ricevuto il presidente della Romania, Trăian Băsescu, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    “Durante i colloqui, svoltisi in un clima di cordialità - riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono state esaminate le buone relazioni tra la Romania e la Santa Sede. In particolare, è stata sottolineata la proficua collaborazione a livello europeo per la salvaguardia dei valori comuni e ci si è soffermati su alcune prospettive di cooperazione tra la Chiesa Cattolica e lo Stato romeno nell’ambito educativo. Non si è mancato – conclude il comunicato - di toccare alcune questioni aperte che interessano le comunità cattoliche in Romania e di rilevare il contributo della Chiesa Cattolica all’integrazione delle comunità romene all’estero”.

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    Ernst von Freyberg nominato nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior

    ◊   La Commissione Cardinalizia di Vigilanza dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, ha nominato, a norma degli Statuti, l’avv. Ernst von Freyberg, quale nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza. Gli altri quattro membri del Consiglio di Sovrintendenza mantengono il loro incarico. “Tale decisione – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - è il risultato di profonda valutazione e di diverse interviste che la Commissione Cardinalizia ha compiuto, sempre con il supporto del Consiglio di Sovrintendenza. Si è trattato di un percorso di alcuni mesi, meticoloso e articolato, che ha permesso di valutare numerosi profili di alto livello professionale e morale, anche con l’assistenza di un’Agenzia internazionale indipendente, leader nella selezione di alti dirigenti d’impresa”. Il comunicato sottolinea infine che il Papa “ha seguito da vicino l’intero processo di selezione e di scelta del nuovo presidente” dello Ior e “ha espresso il Suo pieno consenso alla decisione della Commissione Cardinalizia”.

    Ernst von Freyberg, tedesco, 55 anni, sposato, è membro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. E’ co-dirigente dell'Associazione per i Pellegrinaggi a Lourdes dell'arcidiocesi di Berlino, fondatore e membro del Freyberg Stiftung sin dalla sua creazione nel 2009. La Fondazione sostiene tre organizzazioni cattoliche in Francia, Germania e Austria, il Freiligrath Schule (scuola elementare a Francoforte) e offre borse di studio. Inoltre è un membro del Consiglio di sorveglianza di Flossbach von Storch AG, società di gestione del risparmio con sede a Colonia con un patrimonio di 8 miliardi di euro. E’ membro del Consiglio consultivo di Manpower GmbH, una società di servizi di lavoro temporaneo con ricavi pari a 600 milioni e 22.000 dipendenti in Germania. L’avv. von Freyberg ha dunque una vasta esperienza in materia finanziaria e di regolamentazione finanziaria.

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    Padre Lombardi: esemplare l’iter per la scelta del nuovo presidente dello Ior

    ◊   Nell’odierno briefing con i giornalisti il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, si è soffermato sulla nomina del nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior, l’avv. Ernst von Freyberg. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    I cardinali della Commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione – ha affermato padre Lombardi - si sono mossi “sempre in modo unito e concorde” nella ricerca del presidente dello Ior:

    “All’unanimità, Commissione cardinalizia e Board hanno varato questa scelta; la documentazione è stata presentata al Santo Padre perché fosse debitamente informato e potesse dare il suo consenso, cosa che è avvenuta nel corso del pomeriggio di ieri. E stamattina è stata fatta la nomina formale: diciamo che non è una nomina papale, la nomina è della Commissione cardinalizia. Ma, evidentemente, con il consenso pieno della Commissione e anche del Board, che ha assistito e partecipato pienamente in questo processo”.

    Il procedimento di scelta del nuovo presidente – ha aggiunto padre Lombardi - è stato “esemplare dal punto di vista della serietà, dell’affidabilità, del metodo seguito”. Rigoroso, oggettivo, affidato a persone competenti, e privo di interferenze non appropriate:

    “Mi sembra che anche questo sia un segnale della volontà di rigore, di oggettività, di competenza, di trasparenza che la Santa Sede si impegna a dare anche per tutto quanto riguardi le vicende ed i problemi di carattere economico, amministrativo, di rispetto della legalità e delle norme internazionali per il controllo di tutto quello che è necessario per combattere, fino in fondo, tutti gli aspetti di illegalità o di criminalità nel mondo economico e finanziario”.

    Riferendosi poi alle notizie diffuse in questi giorni dai media, padre Lombardi ha detto che in “alcune descrizioni giornalistiche sulle presunte lotte di potere in Vaticano, sono andate al di là della realtà”:

    “Il Papa ieri, a conclusione del suo discorso, aveva fatto un’interessante osservazione sul rapporto tra il Concilio reale, come lui l’aveva vissuto, e il Concilio dei media. Cerchiamo di fare in modo che noi, che siamo i media, teniamo una sede vacante e un conclave dei media vicino alla realtà con cui la Chiesa lo vive effettivamente”.

    Benedetto XVI – ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana - conferma tutta la sua serenità anche in questi particolari momenti, così come è apparso oggi nel corso della visita, in Vaticano, del presidente della Romania Basescu. Rispondendo ad una domanda sugli incarichi ricoperti dal nuovo presidente dello Ior, tra i quali quello nel “Blom Voss Group” di Amburgo, padre Lombardi ha precisato infine che in questi cantieri navali non si costruiscono più navi da guerra.

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    L'incontro con i parroci. Don Fabio Bartoli: il Papa ci ha fatto vedere la Chiesa del futuro

    ◊   Nella preghiera sarò sempre vicino a tutti voi, anche se per il mondo rimarrò nascosto: con queste parole, ieri, il Papa ha salutato i sacerdoti romani. Un incontro intenso: tanti i preti con le lacrime agli occhi. Benedetto XVI ha parlato della sua esperienza del Concilio Vaticano II. Don Fabio Bartoli, parroco della Chiesa di San Benedetto al Gazometro era presente. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    R. - Voglio raccontare un’esperienza molto intima che ho vissuto al momento del nostro ingresso in Basilica come unico presbiterio nella città. Siamo entrati cantando le litanie dei Santi e devo confidare che quello per me è stato un momento fortissimo. In questi giorni, come molti, anch’io ho avuto dei momenti di incertezza, di difficoltà. Continuavo a ripetermi di stare tranquillo, che il Vicario di Cristo sa quello che fa - sicuramente lo sa molto meglio di me! - che è il Signore che guida la sua Chiesa, e nondimeno, comunque dentro rimaneva un po’ di turbamento, come un sentirsi in un certo senso orfani, come se avessimo perso un punto di riferimento importante. Mentre siamo entrati cantando le litanie dei Santi, io ascoltavo tutti questi nomi che pronunciavamo ed ognuno di questi per me, in qualche maniera, naturalmente significa molto. Per cui, ascoltando questi nomi, ascoltavo un compendio di storia della Chiesa: dietro ognuno di loro c’è una storia che conosco: le scelte che hanno operato, le cose che hanno sofferto. E in quel momento, ho avuto la fortissima percezione di quello che noi siamo come Chiesa: abbiamo un’identità che affonda le sue radici talmente indietro nel passato, talmente in profondità, che è veramente incrollabile. Ricordo proprio distintamente quello che ho pensato in quel momento: “Non praevalebunt!, stai tranquillo, perché la Chiesa è veramente nelle mani di Dio, siamo passati attraverso di tutto nella nostra storia!”. E allora, improvvisamente, quel vago senso di smarrimento che avevo, si è tramutato in una grande speranza. È stato un momento spiritualmente molto forte.

    D. - Il discorso che il Papa ha fatto è stato immenso, densissimo, 45 minuti a braccio senza esitazioni, ha raccontato la storia del Concilio dal di dentro …

    R. - Innanzi tutto quello che voglio dire è che io non sono capace di parlare 45 minuti a braccio in quel modo, senza dire una parola inutile, senza mai ripetermi! Sono rimasto sbalordito dalla sua lucidità e dalla sua presenza. Poi il discorso in se stesso è stato “la ciliegina sulla torta” rispetto alla meditazione che avevo fatto precedentemente, entrando in Basilica, perché il Papa parlandoci del passato, del Concilio, ci ha parlato veramente del futuro. Ci ha spiegato come la Chiesa vive, e in sostanza ci ha detto questo: il grande dono del Concilio, la grande forza e la sua grande novità sono ancora davanti a noi. Specialmente alla fine del suo discorso, quando ha parlato della differenza tra il Concilio reale e il Concilio percepito, ci ha fatto capire come il tesoro del Concilio Vaticano II sia ancora tutto da esplorare. Una volta che avremo fatto piazza pulita - come lui ha fatto - di tante interpretazioni false del Concilio, di tante letture parziali ecc, si aprirà un tesoro immenso davanti a noi - ancora in larga parte inesplorato -. Questo, davvero, ci fa sperare. È un segno grande per il futuro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quella novità che cambia la vita: dopo la testimonianza sul Vaticano II offerta ai preti di Roma il Papa incontra i membri dell’associazione Pro Petri Sede. Dal concilio l’entusiasmo e la speranza per costruire il futuro della Chiesa e del mondo.

    La saggezza non invecchia mai: in prima pagina, il presidente di Israele, Shimon Peres, su Benedetto XVI, “leader spirituale e unico”.

    Maestro di umiltà: da ebrei e musulmani rispetto per la scelta del Papa.

    Quando la fede mette le ali al coraggio: i cardinali sulla rinuncia di Benedetto XVI al Pontificato.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il Mali in attesa dei caschi blu: elezioni presidenziali annunciate per il prossimo 7 luglio.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: Assad non lascia il potere, Russia chiede medizione diretta con Damasco

    ◊   Il presidente siriano, Assad, non vuole lasciare il potere e non ascolta alcun consiglio. Così si è espresso il ministro degli Esteri Russo, Lavrov, che ha invitato chi insiste a chiedere un passo indietro del leader di Damasco di avviare trattative con il diretto interessato. Intanto, per il segretario di Stato Usa sono almeno 90 mila i morti nel Paese dall’inizio del conflitto. Dal canto suo, il Programma alimentare mondiale (Pam) ha riferito di 40 mila civili in fuga dal nord est del Paese, da giorni in preda agli scontri tra esercito e ribelli. Infine, fa discutere la notizia dell’uccisione di un pasdaran iraniano, avvenuta martedì scorso. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Lorenzo Trombetta, studioso di Siria e giornalista residente in Libano:

    R. - Anzitutto, è un episodio ancora avvolto dal mistero. Le stesse fonti iraniane hanno dato resoconti contrastanti, a partire dall’identità della vittima e dal suo ruolo: da Teheran affermano che, sì, era un alto ufficiale dei pasdaran, in particolare della Brigata al-Quds, che si occupa delle operazioni all’estero. Ma dall’ambasciata iraniana a Beirut hanno affermato che si trattava di un ingegnere impiegato da molti anni nella gestione della ricostruzione del sud del Libano, territorio danneggiato profondamente durante la guerra tra hezbollah e Israele del 2006. Forse sono vere entrambe le cose: ovvero che era un ingegnere e che lavorava con una copertura civile, ma che aveva poi un ruolo militare. Tra l’altro, poi, la presenza di pasdaran in Libano è accertata dagli anni Ottanta e ammessa dagli stessi hezbollah.

    D. - L’episodio può confermare la presenza di soldati iraniani in Siria?

    R. - No. Sicuramente l’Iran, come tutte le altre potenze della regione alleate o rivali dell’Iran, ha una presenza di intelligence nel Paese, forse anche protetta da elementi della sicurezza. Parlare, però, di truppe vere e proprie - quindi di centinaia, se non migliaia di truppe operative - coinvolte direttamente nella repressione, questo è possibile ma non è stato ancora dimostrato e credo che sia anche difficilmente dimostrabile. Gli iraniani, credo, eviteranno fino all’ultimo di farsi trovare - come si dice - con le "dita sporche di marmellata". Quindi, la presenza di un alto ufficiale, di una forza di èlite iraniana, dimostra che sicuramente l’Iran è coinvolto - anche dal punto di vista paramilitare e d’intelligence - ma non dimostra una presenza consistente di militari iraniani in Siria.

    D. - Cambiando prospettiva, quale può essere l’evoluzione del conflitto?

    R. - Al lungo termine - parliamo di mesi, se non di un anno e forse più - si può immaginare una lenta caduta, un lento disfacimento del regime. Questo ovviamente se non intervengono degli elementi esterni o comunque degli elementi che sono impossibili adesso da prevedere.

    D. - A questo punto, quali sono le condizioni per un’eventuale uscita di scena di Assad? Pensiamo, quindi, a una soluzione di tipo politico del conflitto…

    R. - Non ci sono all’orizzonte delle condizioni politiche perché Assad possa uscire di scena. Nei giorni scorsi era stata avanzata, da parte delle opposizioni in esilio, una proposta di dialogo al regime, ovviamente un compromesso basato sulla forza dei ribelli rispetto al regime: il regime, però, di fatto, ha rifiutato questa proposta. Sin dall’inizio, comunque, il regime - anche prima del 2011 - non ha mai fornito risposte politiche ai problemi sociali ed economici del popolo siriano. Quindi, quello della politica vera non è un linguaggio che il regime conosce, così come l’opposizione: di fatto è un’opposizione che nasce adesso, ultimi due anni, e che non ha quindi l’esperienza, non ha la forza, non ha la maturità per parlare di politica. Tra due parti che non conoscono la politica, dunque, è difficile che emerga qualcosa di politico dall’interno della Siria. Forse, la soluzione potrebbe venire - ma anche questo, per adesso, è un miraggio - dagli attori internazionali, in particolare da Stati Uniti e Russia. Se qualcosa viene ceduto ai russi, che hanno comunque desiderio e interesse a mantenere il loro piede nel Mediterraneo e in Medio Oriente, forse qualcosa si potrebbe sbloccare: visto che i russi sono il principale "sponsor" di Beshar al-Assad, se venisse assicurata ai russi una loro presenza - anche nel post-Assad e nella Siria di domani - forse i russi potrebbero cominciare a pensare di abbandonare il loro alleato siriano. Allora, lì si potrebbe pensare ad una soluzione politica, a un esilio dorato e a tante altre possibilità. Fino a quando ci sarà un braccio di ferro internazionale, sarà difficile che qualcosa possa intervenire, anche dall’esterno, dal punto di vista politico.

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    Russia: pioggia di meteoriti semina il panico, oltre 500 feriti

    ◊   È di oltre 514 feriti, tra cui 82 bambini, due dei quali ricoverati in terapia intensiva, mentre il totale dei soccorsi in ospedale è di 112 persone, il bilancio dell’eccezionale pioggia di meteoriti che ha colpito oggi l’area di Cheliabinsk, sugli Urali, nella Russia centrale. Secondo gli esperti, si tratterebbe di un meteorite sporadico disintegratosi nella parte bassa dell’atmosfera. Il servizio di Roberta Barbi:

    Un’incredibile scia di fumo, poi lampi di luce e un susseguirsi di esplosioni che hanno infranto vetri e danneggiato tetti: si è palesata così la straordinaria pioggia di meteoriti che questa mattina ha colpito sei città della Russia centrale e ha interessato anche il Kazakhstan del sud. Secondo le prime ricostruzioni degli esperti dell’Accademia delle Scienze russa, si è trattato di un corpo celeste isolato di 10 tonnellate di peso e 10 metri di diametro che si è disintegrato al contatto con l’atmosfera terrestre, causando l’onda d’urto responsabile delle esplosioni successive, mentre sembra che il fatto non abbia collegamenti con il passaggio vicino alla Terra dell’asteroide 2012 DA14. Tanta la paura tra la popolazione, con scuole e uffici chiusi in tutta l’area, in cui fortunatamente non si registra alcun aumento del livello di radiazioni. Sul posto, oltre ai 20 mila uomini già presenti, il presidente Putin, che dal G20 di Mosca ha immediatamente puntato il dito contro l’inefficacia dei mezzi di monitoraggio e ha inviato gli esperti della Protezione civile, mentre il premier Medvedev, nell’augurarsi che l’evento non provochi gravi conseguenze, ha detto: “È la prova che non è solo l’economia a essere vulnerabile, ma l’intero pianeta”.

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    Caritas Europa: in 5 Stati, numero di chi chiede aiuto cresciuto del 54%

    ◊   Sono cinque i Paesi deboli dal punto di vista economico in Europa: è quanto emerge dal Rapporto della Caritas Europa presentato ieri nella capitale d’Irlanda, presidente di turno dell’Unione Europea. Si tratta di Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, dove negli ultimi mesi il numero delle persone che chiedono aiuto è cresciuto del 54%. Il Rapporto, dedicato all’impatto della crisi, offre un’ampia analisi dei dati ma anche delle motivazioni all’origine. Nell’intervista di Fausta Speranza, il responsabile Ufficio Studi di Caritas Italiana, Walter Nanni:

    R. - In un certo senso, è un qualcosa di diverso da quello che era avvenuto negli anni precedenti, laddove noi non abbiamo mai avuto una situazione improvvisa di questo tipo. La povertà è sempre esistita in Europa, abbiamo sempre avuto livelli elevati di povertà in alcuni Paesi, soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Anche la povertà assoluta è sempre stata presente in Europa. La novità di questi ultimi anni, della crisi economico-finanziaria, riguarda proprio le motivazioni. E’ a causa di un controllo inadeguato del sistema finanziario, degli investimenti, e di una spesa fuori controllo dei singoli governi nazionali che ci siamo trovati di fronte a una situazione di crisi economica diffusa, che - a nostro avviso - è stata tuttavia in parte peggiorata dalle misure di austerità dei governi, che non hanno tenuto conto della presenza di soggetti deboli nei loro Stati. Quindi, da una parte, una finanza impazzita che ha poi determinato un comportamento irregolare dell’assetto produttivo e una perdita di lavoro, una chiusura delle imprese, e anche un aumento della disoccupazione. Dall’altra parte, però, anche una serie di misure rigide di austerità che, da un punto di vista contabile, funzionano ma che determinano il rischio nel medio e lungo periodo di aumentare la povertà in Europa.

    D. – Quali le cifre di questa crisi nel rapporto della Caritas Europa?

    R. - Noi diamo conto di una serie di dati relativi soltanto ai Paesi dell’Unione Europea, i cosiddetti “cinque Paesi deboli”: Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna. Facciamo un approfondimento anche in virtù della nostra esperienza di Caritas. In questi territori, abbiamo debiti pubblici molto elevati con percentuale sul Pil che si attestano intorno al 108, o al 120, 106, 170 nel caso della Grecia, contro una media dell’82% in Europa. Ma abbiamo anche livelli di disoccupazione molto elevati. Ormai, in Spagna abbiamo ad esempio livelli di disoccupazione giovanile pari al 52,9% di questo settore della forza lavoro, e in Italia del 35%. Anche la disoccupazione di lungo periodo è molto forte in tutti questi cinque Paesi: il tasso di disoccupazione generale complessivo, le persone a rischio di povertà che noi abbiamo, sono sicuramente aumentate. In Italia, l’11% delle famiglie italiane è al di sotto della linea di povertà. Conseguentemente, questo porta a un aumento delle persone che chiedono aiuto alla Caritas in tutti i Paesi considerati dal Rapporto. Nel nostro caso, dal 2007 al 2011, e quindi in tutto questo periodo della crisi economica, l’aumento è stato del 54% di utenti, cioè di persone che, proprio a causa della crisi economica, sono state costrette a rivolgersi alla Caritas.

    D. - Il Rapporto sarà presentato anche il 21 febbraio a Bruxelles. Che cosa vi aspettate?

    R. - L’effetto che ci attendiamo è quello che, purtroppo, di fronte a tanti dati sulla povertà anche questo diventi uno dei tanti Rapporti che escono. In questo senso, più che all’uscita del Rapporto, sarebbe utile poter avere voce in capitolo per quello che riguarda le singole programmazioni nazionali sulla protezione sociale, quindi riuscire a influenzare le decisioni politiche dei singoli Stati, anche laddove invece in Europa abbiamo un forte investimento sul sociale che non sempre viene adeguatamente seguito a livello nazionale.

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    Diritti infanzia: Rapporto Unicef sul ruolo del garante in oltre 70 Paesi

    ◊   “In difesa dei diritti dell’infanzia. Uno studio globale sulle istituzioni indipendenti dei diritti umani per l’infanzia”. È il tema di uno studio dell’Unicef presentato oggi a Firenze, nell’ambito di un Convegno internazionale organizzato dalla stessa agenzia dell’Onu e dalla regione Toscana. Ma qual è il mandato dei garanti delle altre figure per la tutela dei minori? Marco Guerra lo ha chiesto alla dott.ssa Vanessa Sedletzki, curatrice del rapporto dell’Unicef:

    R. – I garanti e le agenzie per l’infanzia hanno un mandato molto specifico e unico nel sistema politico nazionale. I sistemi politici di solito sono fatti d’istituzioni, che hanno il potere di decidere, come il tribunale, il parlamento, il governo. Mentre le istituzioni per l’infanzia aiutano gli altri a fare meglio il loro lavoro: non decidono, quindi, per sé, ma cercano di influire sulla decisione degli altri e di aiutarli a lavorare meglio l’uno con l’altro. Per questo, si dice che sono indipendenti – e lo sono nella maggior parte dei Paesi – perché mantengono appunto questa distanza tra le istituzioni e sono, quindi, in grado di aiutare, parlare con tutti e farli funzionare meglio.

    D. – Nei Paesi dove non esiste un’istituzione che tuteli l’infanzia, qual è la situazione?

    R. – Una delle conclusioni interessanti di questo studio, la ragione per cui l’abbiamo fatto, è precisamente che queste istituzioni esistono in tutte le parti del mondo, in tutti i continenti, sia nei Paesi ricchi che nei Paesi più poveri e in via di sviluppo. Anche se non esistono ovunque, i nostri dati ci dicono che sono 73 i Paesi ad avere queste istituzioni, le quali sono state create perché i governi hanno trovato giusto dare ai bambini l’opportunità di avere un’istituzione che difenda i loro diritti. La cosa che dobbiamo ricordare è che i bambini non hanno il diritto di votare, non hanno la possibilità, come gli adulti, di partecipare alla decisione politica e, quindi, le decisioni per loro sono prese dagli adulti. Può essere anche giusto, ma è importante avere nel sistema politico un’istituzione che sia in grado e abbia il mandato preciso di difendere i loro interessi.

    D. – Spesso nelle controversie sull’infanzia, l’adulto continua a mettere al centro i suoi bisogni...

    R. – La Convenzione sui diritti dell’infanzia dice precisamente, all’art. 3, che l’interesse del bambino deve essere una considerazione primaria nelle decisioni che riguardano i minori. E’ un principio trasversale in tutta la Convenzione e quindi questo principio dell’interesse superiore del bambino si applica in tutti gli ambiti. Queste istituzioni hanno proprio come mandato quello di difendere tale principio, ma ci sono altri attori che fanno un lavoro molto importante in questo ambito. Penso a tutte le associazioni e alla società civile.

    D. – Nel mandato di queste istituzioni, quali sono le questioni più problematiche?

    R. – Queste istituzioni lavorano su ambiti diversi, molto diversi, secondo il Paese in cui sono state istituite: è ovvio che la situazione dell’infanzia in Uganda è molto diversa dalla situazione dell’infanzia in Italia o in Svezia. Per esempio, in Inghilterra, in Canada, in Nuova Zelanda e in Australia c’è un problema di esclusione forte di certi bambini, oppure i bambini indigeni in popolazioni che hanno tante difficoltà e che sono povere. Se parliamo di Paesi in guerra, sono tanti i programmi che prevedono visite ai bambini nei campi per rifugiati o per controllare le frontiere e assicurarsi che non ci sia traffico di minori. In Francia, di recente, hanno pubblicato il Rapporto “I bambini e lo schermo”. La cosa bella di queste istituzioni è che magari a livello internazionale ci sono strumenti che dicono come vanno create, ma restano realtà nazionali che operano dentro il Paese e interagiscono con il suo ambiente, per portare avanti la causa dei bambini.

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    In 20 piazze d'Italia iniziative contro il cancro infantile

    ◊   “Di cancro infantile si può guarire: non perdiamo tempo” è questo l’appello lanciato questa mattina dalla "Fiagop onlus", la Federazione italiana Associazioni genitori oncoematologia pediatrica, in occasione dell’XI Giornata mondiale contro il cancro infantile. Marisa Barracano Fasanelli ha chiarito l’importanza di una diagnosi precoce. L’intervista di Roberta Calderazzo:

    R. – In venti piazze italiane, alla stessa ora, c’è stato un lancio di palloncini bianchi con la scritta “Di cancro infantile si può guarire”. Bisogna fare presto, la diagnosi deve essere più veloce. Domani, a Napoli, ci sarà un convegno dove sarà presentato un progetto di messa in rete di tutti i centri oncologici italiani, per una trasmissione di immagini diagnostiche, che affretteranno senz’altro la diagnosi.

    D. – Qual è l’obiettivo dell’iniziativa?

    R. – L’obiettivo dell’iniziativa è di sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema che, essendo molto ostico, difficile da comunicare, viene generalmente rifiutato dai media. Se invece l’opinione pubblica venisse sensibilizzata al problema – problema che è risolvibile, in quanto si può guarire per il 75% – anche tutti gli altri problemi legati alla malattia potrebbero trovare una soluzione.

    D. – Come garantire alle famiglie il sostegno necessario?

    R. – La Federazione comprende 29 Associazioni, che appoggiano i centri oncologici da ogni punto di vista e pagano addirittura gli stipendi ad alcuni medici, dal momento che il personale è quasi sempre insufficiente. Li appoggiano donando macchinari, sostenendo la ricerca e offrendo strutture di accoglienza, dove i pazienti, che si devono trasferire per le cure, possono essere ospitati gratuitamente.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Card. Béchara Raï: scelta del Papa è “shock positivo” per Chiesa e mondo

    ◊   “Nell’Anno della Fede, inaugurato dal Santo Padre l’11 ottobre scorso, questo annuncio ha scioccato il mondo, ha provocato una scossa positiva nei cuori e costituisce un modello di comportamento”. Così il patriarca maronita, cardinale Béchara Boutros Raï, ha commentato la rinuncia del Papa, secondo quanto riferisce AsiaNews. Ha poi aggiunto che questa decisione è un “modello” di esercizio dei propri doveri e “un atto di fede, di coraggio e sincerità”. In un Libano afflitto dalla corruzione sul piano politico e amministrativo, il cardinale ha sottolineato che si tratta di una “lezione per tutti coloro che hanno incarichi di responsabilità nella Chiesa, nella società e nello Stato”. “Testimonia – continua il porporato – che la fede è un grande gesto di amore vero Cristo e la sua Chiesa, un atto di abbandono totale alla volontà di Dio e un profondo segno di abnegazione e umiltà”. Il patriarca maronita ha infine ricordato che Benedetto XVI ha compiuto l’ultimo viaggio missionario del suo Pontificato proprio in Libano, dal 14 al 16 settembre 2012, quando ha firmato la sua Esortazione apostolica “Chiesa in Medio Oriente, comunione e testimonianza”. Lo scorso novembre, il Papa ha elevato il patriarca Béchara Raï alla dignità di cardinale, “al fine di dare maggiore impulso al suo ministero patriarcale, in seno alla Chiesa universale”. Egli, dunque, guiderà con le sue meditazioni, su incarico del Papa, i giovani libanesi nella Via Crucis, che sarà celebrata la notte del Venerdì Santo al Colosseo, il prossimo 29 marzo. Benedetto XVI ha fortemente voluto questa iniziativa, a seguito dell’incontro di settembre a Berke, che ha “toccato nel profondo il suo cuore”. Recentemente, il patriarca si è recato a Damasco in occasione dell’intronizzazione di Giovanni X Yazigi come nuovo Patriarca greco-ortodosso di Antiochia. Secondo quanto ha dichiarato all’agenzia Fides l’arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar, Béchara Boutros Raï è stato l’unico dei 15 patriarchi greco-ortodossi a valicare il confine siriano-libanese per essere presente alla celebrazione ed è stato accolto da tantissimi di fedeli che “piangevano di gioia”. Sebbene la Chiesa ortodossa rappresenti circa il 60% dei cristiani di Siria – come afferma il presule – nei due anni di conflitto l’"emorragia" ha disperso più della metà delle parrocchie. Molte decine di migliaia di persone hanno lasciato il Paese per fuggire oltre confine, cercando poi rifugio nei quattro angoli del mondo”. L’arcivescovo Nasser teme che l’indebolimento della comunità greco-ortodossa possa mettere a repentaglio il futuro di tutte le minoranze cristiane presenti in Siria. (V.C.)

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    Canada. I vescovi al Papa: tristezza per la rinuncia e gratitudine per il suo ministero

    ◊   Con un messaggio a firma dell’arcivescovo di Edmonton e presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Richard Smith, anche la Chiesa canadese esprime la propria vicinanza a Benedetto XVI dopo la sua rinuncia al ministero petrino. Oltre al sentimento di tristezza che si è impadronito del cuore dei vescovi, c’è anche la gratitudine a Dio per aver elargito la benedizione di essere guidati dal Santo Padre, “coraggioso testimone della vita con una meravigliosa chiarezza di pensiero che ha dimostrato nei molti anni di servizio alla Chiesa come sacerdote e come vescovo, come docente e teologo, poi prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e soprattutto come Pastore della Chiesa universale”. I presuli hanno voluto ricordare le “Encicliche bellissime e ispirate, le omelie e gli innumerevoli messaggi” che il Papa ha rivolto all’umanità, insegnamenti infusi dell’amore per Cristo e per la Chiesa. In particolare, i presuli del Canada hanno espresso il proprio apprezzamento per il dolore manifestato dalla Chiesa per gli errori del passato nella questione degli indigeni in Canada e la gioia per l’apertura al futuro grazie alla canonizzazione di Santa Kateri Tekakwitha. (R.B.)

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    L’arcivescovo di Ha Noi: grati al Papa per il suo amore alla Chiesa del Vietnam

    ◊   “La Chiesa di Cristo del Vietnam ha sempre amato Benedetto XVI e conserverà nel cuore e nella memoria la gratitudine profonda per il Papa”. Sono le parole di mons. Pierre Nguyen Van Nhon, arcivescovo di Ha Noi e presidente della Conferenza episcopale del Vietnam, che in una lettera ha voluto ringraziare il Santo Padre. Come scrive il presule, la Chiesa del Vietnam ha potuto apprezzare e sentire l’amore e la benevolenza del Papa attraverso i messaggi pieni di tenerezza paterna, derivanti da una “fede ardente nel Signore”. Inoltre, con la nomina a suo rappresentate dell’arcivescovo Leopoldo Girelli, Benedetto XVI ha voluto dare un segno tangibile della sua “presenza, del suo amore e della sua comunione con la Chiesa e il popolo vietnamita”. Il presule conclude ricordando, a nome dei confratelli della Conferenza episcopale, l’udienza con il Santo Padre ed il suo “prezioso messaggio”, in occasione della visita ad limina il 27 giugno 2009. (V.C.)

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    Congo: governo e popolo non dimenticheranno l’impegno del Papa per la pace

    ◊   “Un atto di coraggio eccezionale”. Così il governo della Repubblica Democratica del Congo e il popolo congolese si sono espressi sulla rinuncia del Papa, in una lettera dell’Ambasciata della Repubblica democratica del Congo presso la Santa Sede. La popolazione congolese ha manifestato la sua gratitudine per Benedetto XVI, “che, nei suoi numerosi messaggi, non ha mai smesso di evocare la situazione di violenza e privazioni vissuta dalla popolazione del Paese, soprattutto nelle province dell’est, che sono in stato di guerra cronica”. Si legge, poi, che proprio per questo amore e questa sollecitudine, espressa dal Pontefice nei tanti appelli alla pace, alla preghiera e alla solidarietà, il popolo non dimenticherà mai Benedetto XVI, rimanendo sempre legato alla sua figura. (V.C.)

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    Il Mali alle urne il 7 luglio, preoccupa la situazione umanitaria

    ◊   Il Mali eleggerà il suo nuovo presidente il 7 luglio prossimo, con un eventuale ballottaggio il 21 dello stesso mese. Lo ha annunciato oggi il governo di Bamako che, pressato sulla questione, nei giorni scorsi aveva assicurato che il Paese sarebbe stato chiamato alle urne entro il 30 luglio 2013. Intanto, il segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite con delega al mantenimento della pace, Hervé Ladsosus, ha accennato all’ipotesi che dopo la conclusione dell’operazione "Serval", in cui le truppe francesi affiancano l’esercito locale, ci sarà un dispiegamento di caschi blu dell’Onu nell’area, nella misura – appare probabile – di circa ottomila uomini, più o meno lo stesso numero di soldati attualmente impegnati nel conflitto per la liberazione delle regioni settentrionali occupate dai ribelli islamici. Nella giornata di ieri, inoltre, i tuareg del Movimento nazionale di liberazione hanno rinunciato alla creazione di uno Stato autonomo nell’Azawad, nel nord, e hanno chiesto a Bamako l’avvio di una trattativa che comprenda interventi su temi cari alle popolazioni dell’area come la salute, l’accesso all’acqua potabile e all’energia elettrica, al cibo e all’istruzione, oltre alle modalità di rientro dei rifugiati dai Paesi vicini. Sono circa 400 mila le persone fuggite dalle loro case che hanno riparato nei vicini Niger, Burkina Faso e Mauritania che, infatti, dovranno tornare per il voto di luglio. Sull’aspetto umanitario del conflitto, lanciano l’allarme proprio le Nazioni Unite, avvertendo che servono almeno 373 milioni di dollari per assistere i profughi che hanno bisogno di beni di prima necessità come cibo e medicinali, mentre la Fao chiede alla comunità internazionale un contributo di 12 milioni di dollari per la fornitura di sementi, attrezzi agricoli e servizi sanitari veterinari per gli agricoltori locali in vista della stagione della semina che inizierà a maggio. L’Unione Europea, intanto, ha sbloccato i primi 20 milioni di euro del programma di aiuti che complessivamente ne comprende 250, approvati tre giorni fa a Dublino dopo la sospensione causata dal colpo di Stato in Mali del marzo 2012. (R.B.)

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    La stampa diocesana d’Italia esprime il proprio affetto a Benedetto XVI

    ◊   Si moltiplicano i messaggi di affetto al Papa da parte dei giornali cattolici e dei periodici diocesani in tutta Italia. Bruno Cescon, direttore del Popolo, settimanale diocesano di Concordia-Pordenone, nell’editoriale del numero in uscita pone l’accento sull’esempio che Benedetto XVI, con la sua rinuncia, ha portato nella vita di tutti, cristiani, sacerdoti, vescovi e cardinali: la "gratuità e l’oblazione di sé”. “Ha deciso di scendere dal Soglio pontificio per consegnarsi al silenzio e alla preghiera – sono le parole riportate dall’agenzia Sir – ha ascoltato la sua coscienza e ha voluto servire la comunità cristiana con un gesto d’insuperabile umiltà”. Sulla lezione di umiltà e umanità del Santo Padre, si concentra anche Gino Mecca dalle pagine dell’Araldo Abruzzese della diocesi di Teramo-Atri: “Dobbiamo raccogliere a piene mani il suo insegnamento – scrive – regolato in piena coscienza dalla ragione e dalla fede, imparare a chiedere perdono per i difetti e a riconoscere i nostri limiti e le omissioni come atto di responsabilità di fronte alla comunità”. Una lezione, quindi, alla quale dovrebbero attingere tutti coloro i quali sono affetti da “sindrome dell’immortalità, ovvero l’insaziabile voglia di potere e protagonismo e dalla incapacità di comprendere e accettare il momento di farsi da parte, oltre che il procedere delle stagioni della vita che, andando avanti negli anni, dettano tempi e spazi“. “Un gesto che rivoluziona la storia”, così ha definito la rinuncia del Papa L’Ancora, settimanale della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, diretto da Pietro Pompei, mentre Mario Barbarisi, a capo del Ponte di Avellino, ne parla come di una “scelta sofferta, maturata in gran silenzio e resa nota il giorno in cui si celebrava l’anniversario della Madonna di Lourdes”. Anche in Puglia molte diocesi sentono il bisogno di esprimere la propria vicinanza a Papa Benedetto: sul Nuovo Dialogo di Taranto, il direttore Emanuele Ferro scrive come il Papa “ricorda i primordi della predicazione di Cristo, quando tutti nutrivano aspettative per i suoi miracoli, le guarigioni, ma non comprendevano il suo bisogno intimo di ricongiungersi perennemente al Padre”. “È facile dire che Benedetto non doveva scendere dalla croce, ma chi decide quale sia la sua croce? – aggiunge – Prima di ogni cosa il bene della Chiesa, e la mitezza ha nuovamente ereditato la terra”. Infine, “sconcerto, sorpresa e stupore” si leggono anche su Voci e Volti della diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, in un articolo a firma del direttore Alberto Cavallini: “Il Santo Padre chiamato dallo Spirito si è fatto il ‘servo di tutti’ in questo nostro tempo di difficili e grandi mutamenti. Grazie Papa Benedetto!”. (R.B.)

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    Domenica nelle parrocchie di Roma si pregherà per il Papa

    ◊   Domenica 17 febbraio in tutte le chiese della diocesi di Roma si pregherà per Papa Benedetto XVI. L’iniziativa, promossa dal cardinale vicario Agostino Vallini e dal Consiglio episcopale diocesano, è motivata dal “desiderio espresso da tanti fedeli di testimoniare al proprio vescovo vicinanza, affetto e comunione nella preghiera”, come ha spiegato il direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma, padre Giuseppe Midili. In questo modo, la Chiesa diocesana vuole “ringraziare il Signore Gesù per il dono della persona del Papa, per i suoi insegnamenti e per il suo esempio di fede profonda e unirsi ai sentimenti di fiducia nel Signore e di affidamento espressi dallo stesso Benedetto XVI in questi giorni”. Questo il testo dell’intenzione che verrà letta nelle parrocchie: “Per il nostro vescovo, il Papa Benedetto, perché, specialmente in quest’ora, sperimenti la forza della grazia di Dio e l’affetto filiale di tutti i credenti”. (R.B.)

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    Berlinale: meglio in film collaterali di quelli in concorso

    ◊   Molti dubbi avvolgono gli ultimi giorni della 63.ma Berlinale. Sono dubbi nati già all’inizio di questa edizione del Festival, dubbi legati alla reale capacità dei selezionatori di scegliere le opere più idonee per la competizione. È una situazione contraddittoria, che genera un po’ di confusione. Da una parte sezioni collaterali, come "Panorama" e "Forum", individuano dei grandi film, dall’altra la "Selezione Ufficiale" è priva nella sua larga maggioranza di questi titoli: uno su tutti, "La maison de la radio" di Nicolas Philibert, a proposito del quale in molti si domandano come sia stato possibile escluderlo dal concorso. Anche questi ultimi due giorni hanno confermato un tale stato di cose. Un’opera come "Night train to Lisbon" del danese Bille August, inchiesta di un professore svizzero nel complesso mondo della letteratura portoghese, non ha veramente le qualità necessarie per stare in una vetrina internazionale di primo livello come la Berlinale. Un’altra come "Dark blood" dell’olandese George Sluizer, pur salvando dalla distruzione l’ultima opera interpretata dal compianto River Phoenix, ha come unici motivi di interesse il fascino della rievocazione e il senso profondo della perdita. Un’altra ancora, come "Harmony lessons" del kazako Emir Baigazin ci introduce nel cerchio di violenza senza fine che avvolge la vita di molte Repubbliche ex-sovietiche, e, pur non essendo mal filmata, nel momento in cui mette in scena delle crudeltà gratuite verso gli animali e gli uomini, è tuttavia francamente insopportabile. Il meglio ci sembra rappresentato da un film del bosniaco Danis Tanovic, "An episode in the life of an iron picker". Qui lo spettatore assiste commosso e incredulo al disastro sociale che si è instaurato in Bosnia Erzegovina, con la privatizzazione della salute pubblica e l’obbligo assicurativo per potere ricevere delle cure. Ne è protagonista una famiglia di rom che vive in uno sperduto villaggio fra le montagne. Lui raccoglie i rottami di ferro per rivenderli, lei fa la casalinga e accudisce alle due figlie piccole. Una terza è in arrivo, ma le condizioni di vita – l’inverno è rigidissimo e in casa mancano spesso riscaldamento e corrente elettrica – creano della gravi complicazioni nella gestazione. La donna sta male e durante un consulto medico si scopre che il bambino che porta in ventre è morto. Dovrebbe essere operata urgentemente, ma gli ospedali la rigettano perché non ha l’assicurazione sanitaria. La situazione sarà poi risolta con l’abituale ingegno dei poveri, ma in quell’andare e tornare di corpi sofferenti, sullo sfondo di un paese gelido nel clima e nell’animo, la nostra sensibilità di spettatori si scoglie, nella pietà e nell’indignazione. (Da Berlino, Luciano Barisone)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 46

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