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Sommario del 08/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Cordoglio del Papa per la morte del cardinale Giovanni Cheli: aveva 94 anni
  • Benedetto XVI ai vescovi del Lazio: aiutate le famiglie e i poveri, la crisi stimoli la generosità
  • Il Papa al Seminario Romano Maggiore per la festa della Madonna della Fiducia
  • Il Papa per i 50 anni del Trattato franco-tedesco: non minare le nuove sfide con miopi interessi particolari
  • Altre udienze e nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tunisia in sciopero generale: migliaia ai funerali di Belaid, tensione nelle piazze
  • Nigeria. Estremisti in azione: uccise 9 volontarie impegnate nelle vaccinazioni antipolio
  • Siria, Palestina e Mali al centro del vertice della Conferenza della cooperazione islamica
  • Bilancio Ue: manca ancora l'accordo, divergenze su destinazione fondi
  • Riprendono a Cuba i colloqui tra Farc e governo colombiano
  • No dei vescovi Usa a norme sanitarie. Cardia: compromesso di Obama complica le cose
  • Il card. Bagnasco: alle elezioni, gli italiani non si faranno abbindolare
  • Convegno sugli stati vegetativi: tutelare la dignità del malato e delle famiglie
  • Nasce il primo Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione
  • Rischio sfratto per i bimbi oncologici di “Peter Pan”. Montini: inaccettabile, la politica risolva al più presto
  • Bologna. “La Bibbia senza sosta”, sei giorni per leggere tutta la Scrittura
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Il Premio Onu per la pace a mons. Taban per il suo impegno in Sud Sudan
  • Sudan: nel Darfur cibo, acqua e coperte per migliaia di sfollati
  • Congo: firmato l’accordo di pace nel Masisi
  • Centrafrica: Caritas Internationalis lancia una raccolta fondi
  • Isole Salomone: i vescovi chiedono di sostenere le vittime del terremoto
  • Messico: trovati sani e salvi i tre sacerdoti rapiti nella zona di Durango
  • Il card. Filoni in India per il giubileo del Santuario mariano di Vailankanni
  • India. Il card. Gracias alla Plenaria dei vescovi: il servizio è un valore fondamentale della Chiesa
  • Terra Santa: mons. Shomali chiede legittimità internazionale nel dialogo israelo-palestinese
  • Francia: manifestazione il 24 marzo contro le nozze gay. Al via una petizione
  • Laos: tre Pastori cristiani arrestati per “diffusione del Vangelo”
  • Nord Corea: nessun segnale da Kim Jong-Un per la libertà religiosa
  • Cina: intensificare la pastorale e l’evangelizzazione nelle zone rurali
  • Ue: concorso per il Premio “Immagini Amiche” per una pubblicità corretta
  • Il Papa e la Santa Sede



    Cordoglio del Papa per la morte del cardinale Giovanni Cheli: aveva 94 anni

    ◊   Si è spento nella notte a Roma il cardinale Giovanni Cheli, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: aveva 94 anni. Le esequie saranno celebrate domani alle 17.00 nella Basilica di San Pietro dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Il Papa, in un telegramma inviato a mons. Francesco Ravinale, vescovo di Asti, esprime il proprio cordoglio per la scomparsa del porporato, definito “zelante pastore, fedele al Vangelo e alla Chiesa”. Benedetto XVI ricorda “con animo grato la preziosa e solerte collaborazione da lui prestata per tanti decenni alla Sede Apostolica”. Il cardinale Cheli – scrive il Papa – “lascia la testimonianza di una vita spesa nell’adesione coerente e generosa alla propria vocazione, quale sacerdote sollecito per le necessità dei fedeli, specialmente per la formazione cristiana della gioventù”.

    Il porporato era nato a Torino il 4 ottobre 1918. Ordinato sacerdote nel 1942 ad Asti, inizia la sua attività pastorale nel Seminario diocesano come prefetto di disciplina e professore di francese, storia e matematica. Gli viene affidato contemporaneamente anche il compito di assistente diocesano del settore giovanile dell'Azione Cattolica e di viceparroco festivo nel paese di Isola d’Asti.

    Nel 1946 è inviato a Roma per perfezionare gli studi di Teologia alla Pontificia Università Lateranense. Assegnato come cappellano delle Suore della Misericordia di Verona, nel popoloso quartiere Prenestino, nel tempo lasciatogli libero dai corsi universitari svolge un intenso lavoro pastorale nella Cappella dell’Istituto del Sacro Cuore, che fungeva da chiesa succursale della Parrocchia di Sant’Elena. Oltre alle lunghe ore consacrate al confessionale e alla predicazione al popolo, si dedica in modo particolare alla gioventù, formando un nutrito gruppo di chierichetti e il XX Reparto Scout dell'Asci.

    Conseguita la licenza in teologia e, su richiesta del proprio vescovo, la laurea in Diritto Canonico, rientra in Diocesi. In seguito viene chiamato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica per il servizio diplomatico della Santa Sede. Nel 1952 è inviato alla nunziatura apostolica in Guatemala in qualità di addetto. Pur dando tutto lo spazio necessario al lavoro della rappresentanza pontificia, si dedica alla formazione religiosa dei giovani e dà vita a varie iniziative in loro favore tra cui quella degli Scout cattolici. Insegna inoltre all’Università Cattolica Santa Maria, fondata in quegli anni dai Gesuiti. Nel 1955, già segretario, passa alla nunziatura di Spagna, dove rimane fino al 1962.

    Nel settembre di quell’anno viene trasferito alla nunziatura apostolica in Italia e nel 1967 viene chiamato al Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa dove, per sei anni, è stretto collaboratore dell'allora segretario di quella Sezione della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Agostino Casaroli, con il compito di condurre le trattative fra la Santa Sede e alcuni Paesi dell'Est. Nel 1973 è nominato osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e, l’8 settembre 1978, arcivescovo titolare di Santa Giusta e primo nunzio apostolico presso quell’Organizzazione Internazionale. Riceve la consacrazione episcopale il 16 settembre dello stesso anno. Otto anni dopo, nel settembre 1986, viene richiamato a Roma come pro-presidente della Pontificia Commissione per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti divenuta poi, con la Costituzione Apostolica «Pastor Bonus» del 1988, Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti. Diventa così il primo presidente di quel nuovo Dicastero della Santa Sede. Il 21 ottobre 1988 è creato cardinale da Giovanni Paolo II. Presidente emerito del dicastero dei migranti dall’ottobre del 1998, si dedica attivamente a varie attività pastorali e di studio. È insignito dell'Ordine di Isabella la Cattolica; di commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana e della "Verdienstkreuz" della Repubblica Federale di Germania.

    Con la sua morte, il Collegio cardinalizio risulta ora composto da 209 porporati, di cui 118 elettori e 91 non elettori.

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    Benedetto XVI ai vescovi del Lazio: aiutate le famiglie e i poveri, la crisi stimoli la generosità

    ◊   Il Papa ha incontrato stamani alcuni presuli della Conferenza episcopale del Lazio in visita “ad Limina”. Era presente anche mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, che - al microfono di Sergio Centofanti - ci parla dell’incontro:

    R. - Direi che è stato eccezionale. Il Papa si è dimostrato molto attento a quello che dicevamo. Qualche volta sottolineava i nostri interventi e alla fine ha fatto un breve discorso in cui ha riassunto quello che ha ascoltato ed ha sottolineato alcune cose.

    D. - Quali sono le indicazioni del Papa ai vescovi del Lazio?

    R. – Ha indicato la questione della famiglia e in questo senso ci ha invitato a continuare a sostenere le famiglie. Poi ha parlato della crisi economica, esortandoci ad essere generosi nell’aiutare le persone in difficoltà, e noi abbiamo presentato alcune belle esperienze delle nostre Caritas. Ha quindi indicato la questione della formazione del clero che è sempre uno dei problemi presenti nel Lazio, perché noi abbiamo sacerdoti provenienti da ogni parte del mondo. Il Papa ha anche sottolineato l’Anno della Fede che gli sta particolarmente a cuore, e tutti noi abbiamo raccontato quello che stiamo facendo: lui ha ribadito la continuità con il Concilio Vaticano II che deve essere approfondito e nello stesso tempo ha affermato la necessità di promuovere con molta sapienza il Catechismo della Chiesa cattolica per la formazione di tutti.

    D. - Tra le principali preoccupazioni del Papa ci sono sempre anche i giovani ed il lavoro…

    R. - Sì, i giovani e il lavoro sono molto importanti per il Papa e si è dimostrato molto attento a queste realtà.

    D. - Che cosa le resta di questo incontro?

    R. - Resta una bellissima esperienza di un rapporto con il capo della comunità cristiana che sa ascoltare tutti con molta cordialità, senza protocolli, entrando all’interno delle nostre vere preoccupazioni.

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    Il Papa al Seminario Romano Maggiore per la festa della Madonna della Fiducia

    ◊   La Festa della Madonna della Fiducia farà da cornice alla tradizionale visita di Benedetto XVI al Pontificio Seminario Romano Maggiore, oggi pomeriggio alle 18.15. Il Papa terrà la Lectio divina davanti ai 190 seminaristi e ai loro formatori, per poi trattenersi a cena con loro e rientrare in Vaticano attorno alle 20.30. Ogni incontro, nel corso degli anni, ha permesso al Pontefice di sviluppare un aspetto della chiamata al sacerdozio. Alessandro De Carolis ripropone nel suo servizio alcune riflessioni di Benedetto XVI:

    “La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine”. Con questa espressione Benedetto XVI definiva qualche anno fa, guardando i seminaristi romani, l’alfa e l’omega della vita di fede: Cristo sceglie e poi attende che colui che ha chiamato gli risponda “sì”, e soprattutto che quel “sì” sia di ogni giorno. Se ciò vale per un qualsiasi cristiano, diventa ancor più stringente per chi sceglie il sacerdozio. Scontata, per così dire, in questo caso la risposta, ciò che conta diventa la “qualità” della stessa. Ed è quello che Benedetto XVI ha fatto in questi anni, ribadendo le virtù che “fanno” un prete e indagando le tentazioni che possono rovinare una vocazione. Per esempio, tra le più diffuse, anche ai tempi di San Paolo, una certa superbia intellettuale:

    "Vediamo bene che anche oggi ci sono cose simili, dove - invece di inserirci nella comunione con Cristo, nel Corpo di Cristo che è la Chiesa – ognuno vuol essere superiore all’altro e con arroganza intellettuale fa pensare che lui sarebbe il migliore. E così nascono le polemiche che sono distruttive: è una caricatura della Chiesa che dovrebbe essere un’anima sola ed un cuore solo". (Seminario Romano Maggiore, 20 febbraio 2009)

    E un’altra figura – ma sarebbe meglio dire un altro “figurante” – tra chi rende con la sua vita la Chiesa una “caricatura” è il cosiddetto “prete in carriera”, stigmatizzato dal Papa in uno dei suoi primi colloqui con i seminaristi:

    “Ma il Signore sa, sapeva dall’inizio che nella Chiesa c’è anche il peccato e per la nostra umiltà è importante riconoscere questo e vedere il peccato non solo negli altri, nelle strutture, negli alti incarichi gerarchici, ma anche in noi stessi. Così essere più umili con noi stessi e imparare che non conta la posizione davanti al Signore, ma conta stare nel suo amore e far brillare il suo amore”. (Seminario Romano Maggiore, 17 febbraio 2007)

    In un’altra occasione, spiegando che il cristianesimo non è un “moralismo”, il Papa tiene ai futuri sacerdoti una piccola, delicata lezione sulla preghiera, che è vera quanto più è semplice:

    “Il Padre Nostro ce lo insegna: possiamo pregare per tante cose, in tutti i nostri bisogni possiamo pregare ‘aiutami!’. Questo è molto umano e Dio è umano, quindi è giusto pregare Dio anche per le piccole cose quotidiane della nostra vita. Ma nello stesso tempo il pregare è un cammino, direi una scala: dobbiamo sempre più imparare le cose per cui possiamo pregare e le cose per cui non pregare perché sono espressioni dell’egoismo”. (Seminario Romano Maggiore, 12 febbraio 2010)

    E non dimentica Benedetto XVI di rimarcare che seguire Gesù non ha e non avrà mai niente a che vedere con le paure di una società che ha anestetizzato l’anima e che ritiene quindi che una vita per Dio sia una vita persa:

    "Infatti, anche se può sembrare che la vita del sacerdote non attiri l’interesse della maggioranza della gente, in realtà si tratta dell’avventura più interessante e più necessaria per il mondo, l’avventura di mostrare e rendere presente la pienezza di vita a cui tutti aspirano. È un’avventura molto esigente; e non potrebbe essere diversamente, perché il sacerdote è chiamato ad imitare Gesù, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. (Seminario Romano Maggiore, 1 febbraio 2008)

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    Il Papa per i 50 anni del Trattato franco-tedesco: non minare le nuove sfide con miopi interessi particolari

    ◊   “La legge morale naturale e i valori e i diritti umani plasmati dal Vangelo, costituiscono il fondamento di una politica che veramente si pone al servizio della giustizia e della pace, nonché del progresso dell’intera famiglia umana”: è quanto afferma Benedetto XVI in un messaggio inviato a suo nome dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone in occasione della conferenza ospitata ieri dalla Pontificia Università Gregoriana, nel cinquantesimo anniversario del Trattato dell’Eliseo che pose termine al secolare conflitto fra Francia e Germania. L’evento, promosso dalle ambasciate di Francia e della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, ha avuto per tema «Cinquant’anni di amicizia franco-tedesca al servizio dell’Europa: l’Unione Europea, un modello per altre riconciliazioni?». Nel messaggio si sottolinea che le ragioni che hanno portato a quella intesa vanno continuamente rivitalizzate e rinnovate “affinché quanto è stato raggiunto insieme non venga minato da nuove sfide e da miopi interessi particolari, o non venga persino abbandonato”.

    Nel testo, letto dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, viene richiamato alla memoria “l’impegno personale dei padri del Trattato, Charles de Gaulle e Konrad Adenauer”. Ancor prima che l’accordo fosse siglato — è sottolineato poi nel saluto — “i due grandi protagonisti dell’Europa postbellica, con la loro partecipazione alla Messa di riconciliazione nella Cattedrale di Reims, misero in rilievo che la politica si basa su principi che essa non può darsi da se stessa”. Si ricorda, infine, che occorre alimentare senza sosta la fiamma della speranza perché la pace “è un compito che permane e che dev’essere adempiuto sempre nuovamente”.

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    Altre udienze e nomina

    ◊   Il Papa ha ricevuto in udienza il Card. Willem Jacobus Eijk, Arcivescovo di Utrecht (Olanda) e il card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio

    In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Monreale, presentata da S.E. Rev.ma Mons. Salvatore Di Cristina, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Monreale S.E. Rev.ma Mons. Michele Pennisi, finora Vescovo di Piazza Armerina.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell’informazione internazionale, la maratona dell’Unione Europea per siglare l’accordo sul bilancio.

    Ingredienti per una buona politica: in cultura, su come rispondere all’impoverimento ideale e all’inquinamento morale il testo del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che apre il libro “Praedica verbum”, raccolta di scritti per i settant’anni del cardinale Gianfranco Ravasi.

    Voglio salvare le mie idee: Sergio Casali ricorda il pediatra ed educatore polacco Janusz Korczak.

    Il menù dei Pink Floyd (e le luci del festival): Giuseppe Fiorentino sulla dura gavetta degli artigiani del rock.

    Un articolo di Marco Mondini dal titolo “Quella scelta di Adenauer”: come la Germania Federale è passata da “sorvegliato speciale” a Paese guida dell’Unione Europea.

    Gentiluomo del baseball: John Zuhlsdorf su Stan “the Man” Musial, cattolico devoto, uno dei più grandi giocatori della storia.

    Il lupicino che si mutò in agnello: nell’informazione religiosa, l’omelia del cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nella Messa per la memoria liturgica di Sant’Andrea Corsini.

    Preti per Roma: nell’informazione vaticana, intervista di Nicola Gori a don Concetto Occhipinti, rettore del Seminario maggiore, dove questa sera il Papa si reca in visita per la festa della Madonna della Fiducia.

    La morte del cardinale Giovanni Cheli: era stato osservatore permanente della Santa Sede all’Onu e poi presidente del dicastero per i migranti.

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    Oggi in Primo Piano



    Tunisia in sciopero generale: migliaia ai funerali di Belaid, tensione nelle piazze

    ◊   In Tunisia, la salma di Chokri Belaid, segretario del partito dei Patrioti Democratici Uniti, ucciso due giorni fa sotto casa, è nel cimitero di Djellaz. Tensione nelle piazze del Paese, a Gafsa la polizia ha fatto uso di granate lacrimogene. Quasi totale l’adesione allo sciopero generale indetto per oggi. Intanto sul fronte politico il presidente della repubblica si è detto contrario ad un esecutivo fatto di tecnici come auspicato dal premier Jebali. Il partito di governo "Ennhada" rimane diviso e si scioglie una parte della "Lega per la protezione della Rivoluzione". Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    La Tunisia si è fermata per i funerali, in forma solenne, del leader dell'opposizione laica, Chokri Belaid. Nella capitale migliaia di persone hanno scandito slogan e applaudito al passaggio del feretro fino al cimitero di Djellaz. Un clima di emozione in tutto il Paese, ma anche di forte tensione: nella città di Sfax manifestanti hanno seguito un feretro simbolico gridando slogan contro il governo ed Ennhda. A Gafsa la polizia ha fatto uso di granate lacrimogene per disperdere dei manifestanti che a loro volta hanno lanciato contro le forze di sicurezza sassi e bottiglie incendiarie. Sullo sfondo l’impasse politica con la spaccatura nel partito di governo "Ennhada" dopo la proposta del premier Jebali. Il primo ministro ha ventilato la possibilità di un nuovo esecutivo tecnico, eventualità questa, respinta dal partito del primo ministro e dalla presidenza della Repubblica. E con una decisione a sorpresa dalla città di Siliana, i vertici locali e regionali della "Lega per la protezione della Rivoluzione" hanno annunciato lo scioglimento dei due organismi. La Lega è al centro delle violente proteste di questi giorni in tutto il Paese, da parte degli esponenti dei partiti laici che l'accusano di avere compiuto decine di atti violenti contro gli oppositori al governo. La decisione è stata ufficializzata in un documento con il quale i due presidenti locali ribadiscono che le loro attività sono ''strettamente pacifiche'' e che lo scioglimento è stato deciso per mantenere l'unità del popolo. In questo scenario si colloca lo sciopero generale di oggi, con adesione pressoché totale, chiesto dall'opposizione e accordato dal principale sindacato tunisino "Ugtt", che sta paralizzando il Paese. Senza grandi svolte, per ora, le indagini per far luce sull’assassinio di Chokri Belaid. Il gruppo salafita tunisino "Ansar al-Sharia" ha fermamente negato qualsiasi legame dei suoi seguaci con l'omicidio del leader dell'opposizione di sinistra. Intanto in una nota il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha condannato il gesto criminale, sottolineando che nel Paese ci sono stati progressi importanti nella transizione democratica, ma che ''resta ancora molto da fare per quanto riguarda il processo costituzionale e per soddisfare le esigenze economiche e sociali della popolazione''. "La transizione democratica della Tunisia - ha affermato - non dovrebbe essere ostacolata da atti di violenza politica".

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    Nigeria. Estremisti in azione: uccise 9 volontarie impegnate nelle vaccinazioni antipolio

    ◊   Nove volontarie sono state uccise a colpi di arma da fuoco a Kano, nel Nord della Nigeria, da un gruppo di uomini armati. Sembra che gli attacchi siano stati due a distanza di alcuni minuti. Le donne erano impegnate nella vaccinazione di bambini contro la polio. Nel Paese gli estremisti islamici si sono pronunciati duramente contro questa pratica sanitaria in nome di false convinzioni. Fausta Speranza ha parlato con la professoressa Anna Bono, docente di storia e istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino, delle conseguenze di uno stop alle vaccinazioni anti-polio:

    R. – E’ un danno enorme perché non soltanto comporta conseguenze nel Paese in questione ma, come hanno dimostrato i dieci anni trascorsi, rischia di far riesplodere l’epidemia addirittura in tutto il mondo. E’ molto facile esportare le malattie in generale, e la poliomielite – a quanto pare – in particolare.

    D. – Ricordiamo in passato gli episodi drammatici che ci sono stati, proprio in Nigeria?

    R. – In Nigeria, mentre nel 2003 era in corso una campagna mondiale di vaccinazione contro la poliomielite, alcuni Stati del Nord – uno è Kano, per l’appunto – hanno proibito, e quindi interrotto totalmente la vaccinazione con l’argomentazione sostenuta dagli imam – non soltanto come voce popolare, quindi – che in realtà non si trattasse di vaccinazioni e di vaccini, ma che si trattasse di un complotto cristiano per avvelenare i bambini islamici o, in alternativa, un piano ordito dagli Stati Uniti per rendere sterili le donne musulmane e quindi diffondere l’Aids nella popolazione islamica. Il risultato è stato che nel volgere di pochi mesi non soltanto in Nigeria non si è potuta interrompere la diffusione della poliomielite, ma sono comparsi casi in Paesi africani nei quali addirittura da anni non si erano più verificati – almeno ufficialmente, per quel che si potesse sapere – casi di poliomielite. Prima, attorno alla Nigeria, Burkina Faso, Ghana, Niger; poi, nel giro di poco tempo anche in Paesi molto lontani dalla Nigeria come la Namibia dove da almeno 10 anni non si accertavano casi. Non solo: poco tempo dopo, il ceppo di Kano – perché poi si trattava di un ceppo identificato – ha colpito addirittura in Indonesia dove di nuovo da molto tempo non si registravano casi. Si suppose, allora – ed è molto probabile che questo sia accaduto – che a favorire i contagi addirittura al di fuori del continente africano fossero sia gli emigranti e poi anche i pellegrini islamici che ogni anno confluiscono a milioni alla Mecca, in Arabia Saudita. L’iniziativa di poche persone in uno Stato o due della Nigeria ha avuto ripercussioni planetarie, addirittura.

    D. – Professoressa Bono, da parte delle istituzioni del Paese non c’è collaborazione per far capire che si tratta di terrorismo psicologico?

    R. – Certo. Ma lei capirà che è molto difficile intanto andare contro credenze popolari: parliamo di un Paese che, come altri Paesi africani, crede ancora nella stregoneria e in superstizioni molto diffuse. E poi, se anche le autorità statali si pronunciassero in senso contrario, sono poi gli imam, che sono personaggi autorevoli per la popolazione, diventa molto difficile ottenere risultati in tempi brevi. Poi, in passato le vaccinazioni sono ricominciate; però questa notizia dei volontari uccisi è veramente una notizia drammatica! All’epoca – che io sappia – non c’erano stati attentati, se non altro non alle persone che eseguivano le vaccinazioni. Qui invece siamo in presenza di parecchie persone uccise, come già è successo anche in Pakistan, a più riprese, dove le vaccinazioni sono state interrotte. E anche in Pakistan la motivazione era la stessa …

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    Siria, Palestina e Mali al centro del vertice della Conferenza della cooperazione islamica

    ◊   Si è chiuso ieri al Cairo, in Egitto, il vertice della Conferenza della cooperazione islamica alla quale hanno partecipato oltre 20 capi di Stato e di governo, fra i quali il capo dello Stato iraniano Mahmoud Ahmadinejad. La conferenza ha nominato il nuovo segretario generale. Si tratta dell'ex ministro dell'informazione saudita, Iyyad Madadi, che sostituisce il turco Ekmeleddin Ihsanoglu. Cosa vuol dire, in termini politici, un passaggio di consegne dalla Turchia all’Arabia Saudita? Salvatore Sabatino ha girato la domanda a Vincenzo Strika, già docente di Storia Contemporanea dei Paesi Islamici presso l’Università Orientale di Napoli:

    R. - L’Oci - Organizzazione della Conferenza Islamica - nasce nel 1969, in seguito ad un attentato a Gerusalemme. É interessante ricordare che la sede della conferenza è Jedda, città scelta in attesa della liberazione di Gerusalemme; quindi c’è un impegno. L’Arabia Saudita poi è stato lo sponsor maggiore economico della Conferenza nelle sue varie articolazioni, dalla Banca islamica al Comitato Al Qods che si trova in Marocco. Quindi è abbastanza normale che l’Arabia Saudita abbia un ruolo maggiore.

    D. - Il vertice ha adottato le conclusioni finali in cui si parla di Siria, Palestina e Mali. In particolare sulla Siria, i leader islamici sollecitano un dialogo serio tra opposizione e rappresentanti del governo, una posizione non certamente nuova…

    R. - Penso che sia una posizione scontata, bisogna vedere se però gli altri attori intorno sono d’accordo. Poi d’altra parte, la situazione in Siria si è così incancrenita che non è facile mettere sul tavolo le persone dopo tante vittime...

    D. - Sul Mali invece la Conferenza islamica sostiene l’unità e l’integrità territoriale del Paese e dà la sua piena solidarietà al governo. Questa è una presa di posizione molto interessante...

    R. - Sì, perché tutto sommato molto spesso questi interventi “esterni” vengono fatti per i propri interessi. Questi interessi talvolta si concentrano in alcune zone del Paese - le più ricche - e di solito hanno tendenze separatiste. Poi questi movimenti, soprattutto in Paesi come quelli africani suscitano un’instabilità permanente, quindi è abbastanza normale che la Conferenza punti all’unità e al mantenimento dello status quo.

    D. - Per quanto riguarda la Palestina, i leader del mondo islamico ribadiscono il loro appello al Consiglio di sicurezza Onu a prendere le misure necessarie per far rispettare ad Israele il diritto internazionale e fermare tutti gli atti praticati nei Territori palestinesi a Gerusalemme est. Questa dichiarazione, non può - di fatto - arrestare la ripresa del processo di pace?

    R. - Finché un Paese ha una grande forza militare, ed ha alle spalle un alleato come gli Stati Uniti, è poco probabile che avvenga qualcosa di significativo. Però - diciamo - che il tempo lavora per i palestinesi. Israele, negli ultimi tempi, ha perso un alleato formidabile come era lo Shah; era alleato della Turchia sulla base di un accordo del ’96 che poi è saltato. L’Egitto non sarà più quello di Mubarak, quindi perde colpi e dovrebbe rendersi conto che è tempo di mettersi a tavolino.

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    Bilancio Ue: manca ancora l'accordo, divergenze su destinazione fondi

    ◊   Dopo una notte di negoziati, manca ancora l’accordo sul bilancio dell’Unione Europea 2014-2020. Nel pomeriggio sono ripresi i lavori del vertice Ue per trovare un’intesa. Il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy ha presentato una bozza di compromesso, che prevede sostanziosi tagli rispetto al bilancio precedente. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Per la prima volta nella storia dell'Unione Europea, il bilancio comunitario non aumenta. E’ stata raggiunta un’intesa di massima sul tetto totale di spesa: 960 miliardi di euro per impegni di spesa, con una riduzione di circa il 3% rispetto al bilancio precedente. Diversi i nodi da sciogliere. Non è stato ancora trovato un accordo sulla ripartizione tra Paesi membri e sulla questione degli sconti di cui godono alcuni Stati. Al momento, le posizioni sono ferme su due fronti. Da una parte i Paesi del Sud, con Francia e Italia in testa, che difendono crescita e fondi agricoli. Dall'altra, gli Stati del Nord, tra cui Gran Bretagna e Germania, propendono invece per un bilancio più austero. Restano dunque ancora forti divergenze, come sottolinea al microfono di Luca Collodi il prof. Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna:

    “Quando un’Unione di Paesi, come quella europea, è fondata solo sugli interessi e non anche su valori trascendenti, i risultati sono quelli che vediamo per il conflitto oggi in atto che è un conflitto di interessi. Ci sono Paesi che danno più di quanto ricevono e altri ricevono più di quanto danno”.

    Per superare gli interessi nazionali, l'Europa deve recuperare la propria originaria dimensione solidaristica. Il commento di Gianni Borsa corrispondente da Bruxelles dell'agenzia Sir:

    “Bisgona capire quanto gli Stati più grandi e più forti economicamente sanno stare in un'Europa in una chiave solidaristica. Non dimentichiamo che la parola chiave della costruzione europea è esattamente la solidarietà: si sta insieme per camminare insieme”.

    In base alla bozza presentata dal presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, sono previsti tagli in ambiti cruciali per la crescita: oltre 13 miliardi in meno per infrastrutture, innovazione e ricerca. Confermato il fondo per gli aiuti ai cittadini più poveri, ma con una riduzione superiore ai 2 miliardi di euro. Previsti poi tagli, di quasi due miliardi, per gli Affari Esteri e di oltre un miliardo per le spese amministrative dell'Unione Europea. Nella bozza ci sono anche dei fondi aggiuntivi: 6 miliardi di euro per combattere la disoccupazione giovanile nei Paesi dove supera il 25%; un miliardo e mezzo per le regioni meno sviluppate dell'Italia nell'ambito di un pacchetto per i Paesi che sono stati più colpiti dalla crisi economica e finanziaria, che conferisce finanziamenti aggiuntivi anche a Grecia, Spagna e Portogallo. Ma sul bilancio indicato nella bozza pesa il giudizio negativo del presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz: “Non posso immaginare – ha detto - che il Parlamento approvi un bilancio che crea deficit”.

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    Riprendono a Cuba i colloqui tra Farc e governo colombiano

    ◊   Riprendono oggi all’Avana i colloqui di pace tra il governo della Colombia e le Farc, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane. Nonostante i negoziati in corso, sul terreno tuttavia continuano le violenze, mentre la Chiesa continua con forza ad esprimere l’auspicio che il dialogo vada a buon fine. Sulla situazione in Colombia e l’andamento dei colloqui, Giancarlo La Vella ha intervistato Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

    R. – Sì, le violenze sono ricominciate. Tuttavia, la filosofia che accompagna le trattative di Cuba è quella di distinguere tra ciò che succede all’Avana e ciò che succede in Colombia, anche perché le Farc hanno ricominciato con attentati incomprensibili: hanno fatto saltare un asilo, hanno ucciso tre poliziotti e tre ne tengono prigionieri… D’altronde, però, una soluzione credo che sia importante e credo che Cuba la senta moltissimo. Ma c’è qualcosa di più: teniamo presente che in Colombia, la guerra che dura da mezzo secolo ha avuto come principale soggetto che allevia i problemi della gente la Chiesa colombiana... Qual è il nodo? Prima di tutto, i problemi agricoli: le zone delle Farc sono zone dove esistevano i latifondi e quindi c'è il problema di migliaia e migliaia di persone che sono fuggite da quella zona, si sono accampate lì attorno, assistite dalla Caritas ma vogliono tornare: vogliono che il ritorno non sia il ritorno al latifondo, ma il ritorno ad una regolamentazione diversa.

    D. – Se sono iniziati dei colloqui, vuol dire che nelle parti c’è l’intenzione di fare delle concessioni. Quali quelle del governo nei confronti delle Farc e viceversa, quali quelle dei miliziani nei confronti del governo?

    R. – Il governo si è dichiarato molto ottimista. Dice che infondo l’impostazione dei colloqui è giusta ed è ottimista sul risultato che prima o poi avverrà. Quello che invece dicono quelli delle Farc è che non esiste tutta questa grande apertura, anche perché ricordo le parole di un incontro con Ingrid Betancourt, che è stata prigioniera quasi sei anni delle Farc, e diceva che nelle zone occupate – che sono un quinto del Paese – e nelle zone attorno la soluzione è il lavoro. Ma il lavoro nelle zone occupate è: devi far carriera nelle Farc, e diventare un graduato, un comandante e quindi hai possibilità di mantenere la famiglia; ma la stessa cosa avviene dall’altra parte: o entri nell’esercito, o entri nelle squadre di protezione dei civili e a questo punto fai carriera. Devono disinnescare questa "bomba sociale", credo. Per il momento, però, da una parte e dall’altra le bocche sono cucite …

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    No dei vescovi Usa a norme sanitarie. Cardia: compromesso di Obama complica le cose

    ◊   La Casa Bianca ha fatto qualche passo, ma su assicurazione sanitaria, contraccettivi e abortivi non ci sono “soluzioni accettabili”. E’ quanto sottolineano i vescovi degli Stati Uniti in un comunicato sulle modifiche alla riforma sanitaria voluta da Barack Obama. Il cardinale Timothy Dolan, presidente dell’episcopato Usa, critica in particolare la “distinzione inaccurata” che la norma mantiene sui “ministri religiosi”. La Casa Bianca, ribadisce l’arcivescovo di New York, ci aveva assicurato “che non ci sarebbe stato chiesto di pagare” in alcun modo “la copertura dei metodi anticoncezionali”. Per un commento sulla vicenda, Alessandro Gisotti ha intervistato il giurista Carlo Cardia:

    R. – Obama ha cercato un compromesso su quella scelta di obbligare tutte le organizzazioni a sostenere la spesa per i metodi sanitari contraccettivi, abortivi di vario tipo, sostenuti dai propri dipendenti, che rappresenta un ulteriore incentivo. Si dice, infatti, alle persone, con nomi e cognomi: “Guardate che voi avete la copertura assicurativa per tutte queste pratiche”. Sembra che Obama volesse tornare indietro su questa scelta, perché si era reso conto di un’opposizione sociale molto forte. Che cosa è accaduto? E’ accaduto che il compromesso che si è offerto ha ulteriormente complicato la situazione.

    D. – Quali sono i punti più controversi di queste norme?

    R. – Dai principi che sono stati formulati si capiscono almeno tre cose. Primo, non sono chiari i soggetti che vengono esentati. Per esempio, molti soggetti che non sono immediatamente religiosi, ma sono quelli che noi chiameremmo no profit, che hanno un’ispirazione religiosa e che non sono tenuti da ministri di culto, ma da persone “normali”, sembra non siano esentati. Secondo profilo: l’esenzione riguarda sì l’organizzazione, ma non viene esclusa e basta da quest’obbligo, viene scaricata sulle compagnie assicuratrici. La copertura economica, quindi, esiste sempre, ma viene sostenuta dalle compagnie assicuratrici. Questa è, dunque, la fonte di un nuovo conflitto, perché la compagnia assicuratrice può dire, fra un anno o due: “Perché devo essere io a sostenere questo onere?” E un giorno potrebbe rivalersi proprio su quei soggetti datori di lavoro, che l’amministrazione Obama dice di voler esentare. Vi è poi l’ultimo profilo, che riguarda la struttura interna di questa organizzazione. L’esenzione, infatti, riguarderebbe soltanto quei dipendenti che sono strettamente connessi all’attività specificatamente religiosa dell’ente. E qui il discorso si fa complicato, perché andare a distinguere fra soggetti, fra dipendenti, è praticamente impossibile.

    D. – Al di là del dato giuridico e legislativo c’è un problema di fondo di carattere culturale, anzi antropologico...

    R. – C’è un vasto schieramento negli Stati Uniti, che va dai cattolici a molte organizzazioni e Chiese evangeliche, che si oppongono a questa scelta strategica dello Stato. Qual è questa scelta strategica? Quella di incentivare le pratiche abortive o para-abortive. Questo è un elemento che turba già un equilibrio nella società: non è più l’individuo che è libero di scegliere, senza che lo Stato lo influenzi, ma è lo Stato che adesso, con queste pratiche di incentivazione economica, favorisce il ricorso alle scelte contraccettive. Questa è la cornice in cui si sta muovendo l’amministrazione Obama e che ha incontrato, già da un punto di vista di principio, l’obiezione e la resistenza di molti cattolici ed evangelici.

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    Il card. Bagnasco: alle elezioni, gli italiani non si faranno abbindolare

    ◊   Per il cardinale Bagnasco gli italiani, in vista delle prossime elezioni, hanno bisogno della verità delle cose, perché non si faranno abbindolare. Il presidente della Cei ha parlato a margine del Consiglio Nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl), apertosi ieri pomeriggio a Roma. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Lavoro, equità sociale, tutela della famiglia fondata sul matrimonio tra persone di sesso diverso. Sono queste le priorità per il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco. La gente, dalla politica ha bisogno della verità delle cose:

    “Senza sconti, senza tragedie, ma anche senza illusioni, perché solo così si potranno percorrere quelle strade che portano ai frutti per il bene del Paese e della gente''.

    Insomma, un patto chiaro tra politici e società, ancor più sui temi delle tasse:

    "La gente non si fa più abbindolare da niente e da nessuno''.

    Il porproato poi chiede di non “stravolgere la realtà ridefinendo la famiglia”. E questo perché “il risultato non sarebbe un’evoluzione o una progressione ma un arretramento antropologico e di civiltà''. Dunque l’Italia deve farsi portavoce di valori in Europa. Un pensiero condiviso anche dal presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Carlo Costalli, che invita gli italiani all’impegno e ad andare a votare. Un partito dei cattolici non c’è, ma l’unità sui valori è un obiettivo da ricercare.

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    Convegno sugli stati vegetativi: tutelare la dignità del malato e delle famiglie

    ◊   "Il fenomeno degli stati vegetativi in Italia è in aumento e richiede maggiore attenzione anche sotto il profilo delle risorse finanziarie e umane". E’ il ministro della Salute, Renato Balduzzi, a rilevarlo aprendo a Roma il convegno dedicato agli stati vegetativi alla vigilia della III Giornata nazionale sul tema. Al centro degli interventi, finalità e primi obiettivi del Tavolo di lavoro istituito ad hoc nel novembre scorso dal Ministero, il ruolo fondamentale delle associazioni e delle regioni che vi prendono parte, e l’applicazione territoriale delle Linee di indirizzo per l'assistenza ai malati. In Italia ci sono circa 500 nuovi casi di gravi cerebrolesioni ogni anno ma non esistono dati certi e questa è una delle criticità emerse. Lo spiega al microfono di Gabriella Ceraso il coordinatore del Tavolo di lavoro e direttore dell'Istituto di Neurologia della Cattolica di Roma, Paolo Maria Rossini:

    R. – In questi primi mesi, ci siamo concentrati sulla revisione dei numeri che sono ancora uno dei punti dolenti: solo da pochissimi mesi è stato possibile tracciare il percorso di un paziente con gravissimo trauma cranico e seguirne l’evoluzione. Questo è ancora non semplice, per i pazienti che hanno transitato per strutture extra-regionali e ad un certo punto finiscono a domicilio. Il secondo aspetto su cui abbiamo lavorato riguarda il recepimento a livello regionale delle linee guida diffuse nel 2011 e che in realtà è avvenuto soltanto in una piccola parte della nazione.

    D. – Dal dibattito è emerso che c'è una differenza anche di tariffe, cioè di disponibilità finanziaria delle singole regioni …

    R. – Assolutamente sì! E c’è anche una certa schizofrenia di approccio: se il sistema nazionale risparmia molto a far gestire a casa questi malati, non può pensare di “scaricare” oltre il 90 per cento dei costi sulle spalle di queste persone. Quindi, una quota di quello che risparmia deve tornare a loro.

    D. – Le associazioni, le famiglie e quanti si occupano dei pazienti, cosa hanno portato al Tavolo di lavoro, quali esigenze?

    R. – Le famiglie naturalmente portano una serie di necessità. Una delle prime è quella dell’informazione e della formazione: hanno bisogno che nel momento in cui si possa prognosticare uno stato vegetativo, qualcuno lo spieghi loro e dica loro cosa significherà e come organizzarsi. C'è poi la necessità di un percorso prevedibile, che non costringa la persona ad andare a pietire un posto di riabilitazione o una figura professionale che non si riesce a trovare; infine c'è la necessità di competenze, di équipe dedicate, multidisciplinari e di risorse necessarie a far funzionare tutto questo.

    D. – Quindi, quando voi parlate di una nuova governance e rimandate ai mesi che mancano al lavoro di questo Tavolo, che cosa intendete?

    R. – Noi abbiamo bisogno di un modello generale che vada dalle Alpi fino alla Sicilia, che preveda più o meno i vari passaggi che oramai sono noti, che questi malati affronteranno. Questi sono pazienti che ormai notoriamente, specialmente quando sono giovani, sopravvivono sempre più a lungo; dunque sono vite vere e proprie che vanno accompagnate.

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    Nasce il primo Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione

    ◊   600mila: tanti sono i detenuti nelle carceri dell’Unione Europea; di questi, 400mila, si trovano in penitenziari monitorati dall’Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione, il primo del genere, che sta studiando la situazione in otto Paesi: Francia, Regno Unito, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Spagna e naturalmente Italia. Il progetto, presentato a Roma, è coordinato dall’associazione Antigone e finanziato dall’Unione Europea, con organismi partner nei Paesi interessati. Sovraffollamento e carenza di risorse finanziarie sono i due punti in comune di questi Paesi, ciascuno dei quali presenta poi altri aspetti. Se in Italia sotto accusa è la custodia cautelare, che tiene in carcere oltre il 40% della popolazione detenuta, in Francia, ad esempio, si assiste ad una drammatica crescita della popolazione detenuta, con un elevato tasso di suicidi. La sofferenza dei sistemi detentivi , spiega l'Osservatorio attraversa tutta l’Europa. Lo spiega Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio sulle carceri europee, intervistato da Francesca Sabatinelli:

    R. – La situazione delle carceri, in questo momento, è grave in tutta l’Europa. Per esempio, il sovraffollamento è molto alto. Se poi si guardano singoli aspetti delle carceri europee, si scopre che ci sono situazioni assai più gravi della nostra. Penso al numero di morti nelle carceri portoghesi o alla percentuale di stranieri nelle carceri greche, che sono oramai quasi esclusivamente un rifugio per stranieri. Diciamo che singoli aspetti e criticità variano molto. La situazione complessiva è una situazione molto seria. Sembra di vedere una disattenzione da parte dell’Europa verso i diritti umani dei detenuti in Europa.

    D. - Per voi è importante mettere a confronto le varie situazioni di questi Paesi, ad esempio, anche per mostrare all’Italia eventuali esempi virtuosi: ce ne sono?

    R. – Così come in Italia ci sono esempi virtuosi a livello di singole esperienze, in istituti, ancora di più si può immaginare che ve ne siano in giro per l’Europa, dal punto di vista delle legislazioni, dal punto di vista delle modalità organizzative dei singoli istituti. Ci sono esperienze molto interessanti di modalità di gestione interna degli istituti per cui, senza aver bisogno di risorse, senza aver bisogno di spazi in più, si riesce ad aumentare la vivibilità e ciò che è normale in alcuni posti può essere una esperienza nuova ed interessante per altri. Un altro tema su cui l’Italia è molto indietro, e questa potrebbe essere un’occasione per imparare alcune cose, è il tema dell’affettività, dei colloqui con i familiari. Da noi la formula è ancora molto ingessata. In tanti istituti italiani c’ è ancora il bancone divisorio che separa la famiglia, mentre nella maggior parte dei Paesi europei è possibile avere colloqui intimi con il proprio coniuge. Quindi, probabilmente, l’Italia farà bene a guardare cosa accade altrove nei prossimi anni.

    D. – Cos’altro avete messo in luce, analizzando questi otto Paesi?

    R. - Lo scarso ricorso alle misure alternative. E’ un problema dell’Italia ed è un problema, non di tutti i Paesi partner di questo progetto, ma di molti.

    D. – Emerge un punto forte del sistema detentivo in Italia, cioè quello che riguarda i minori…

    R. - Il sistema detentivo minorile in Italia è un sistema, soprattutto un quadro normativo, che suscita un grande interesse da parte degli altri Paesi. E’ un modello che, in qualche modo, gli altri Paesi hanno provato ad importare perché riesce realmente a fare del carcere l’extrema ratio, come dice la Costituzione, e come dovrebbe essere. Quindi, ogni qual volta è possibile di fronte al reato trovare una soluzione alternativa alla detenzione, il sistema della giustizia minorile è abbastanza bravo. Rimane un piccolo numero di ragazzi detenuti in Italia, che è stabile da tempo e che riguarda soprattutto minori stranieri o minori che provengono dalle periferie delle grandi città del meridione. La composizione sociale, infatti, ormai è un po’ sclerotizzata e abbiamo difficoltà a trovare alternative per un gruppo sempre più piccolo di ragazzi, per i quali bisogna cominciare a cercare soluzioni nuove.

    D. – Voi presenterete ogni anno un rapporto sulla situazione di questi Paesi, potrebbero aumentare o rimarranno solo in otto?

    R. - Io direi che per quest’anno resteranno sicuramente questi otto, a meno di non voler includere in un rapporto finale alcune esperienze particolari. Per esempio, nei disegni di legge di iniziativa popolare, che sono stati proposti da Antigone in questi giorni, c’è la proposta del numero chiuso, delle liste di attesa per entrare in carcere, ossia: la pena detentiva va in esecuzione quando il carcere è in grado di garantire una condizione dignitosa a quella persona, fino a quel momento la pena decorre come detenzione domiciliare. Questa è una formula da anni utilizzata, per esempio, in Norvegia. Sarebbe utile che un rapporto annuale di questo Osservatorio riuscisse a dare conto di un’esperienza così importante. Nel futuro vorremmo allargare l’Osservatorio anche ad altri Paesi.

    D. – Per il momento questi rapporti annuali che valenza avranno a livello europeo, a chi li presenterete, e cosa vi aspettate?

    R. – Quello che crediamo sia importante è anzitutto dare la percezione alle opinioni pubbliche europee che questa deve essere, in questo momento, una priorità per l’Europa. Io credo che ogni Paese si senta un po’ solo in questo momento. C’è una scarsa attenzione della politica ma forse anche una scarsa attenzione della politica europea. Se le opinioni pubbliche europee fossero capaci, insieme, di chiedere attenzione anche alla politica europea probabilmente sarebbe possibile fare passi in avanti.

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    Rischio sfratto per i bimbi oncologici di “Peter Pan”. Montini: inaccettabile, la politica risolva al più presto

    ◊   Da oltre 10 anni, la Casa di “Peter Pan” accoglie gratuitamente bambini malati di tumore in cura a Roma con le loro famiglie. Un impegno che è valso all’associazione la “Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica”. Ora, questa struttura che ha dato nuova speranza ad oltre 600 bambini oncologici, rischia di chiudere. L’ente regionale "Irai" ha infatti emesso un ordine di sfratto all’associazione per un problema di canone. Dal canto suo, l’assessore alle Politiche Sociali della regione Lazio ha convocato per lunedì i vertici dell’ente e dell’associazione per trovare una mediazione. Ma come si è arrivati a questa difficile situazione? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a Gian Paolo Montini, direttore generale dell’associazione “Peter Pan”:

    R. - Che cosa è successo? Noi abbiamo preso questo stabile fatiscente alla fine degli Anni ’90. Lo abbiamo avuto in affitto - all’epoca il sindaco Rutelli si era interessato insieme a Moffa della Provincia e alla Regione - e abbiamo stipulato un contratto di 12 anni di tremila euro al mese. Alla fine di gennaio 2012 è scaduto il contratto, e abbiamo cominciato a pagare seimila euro al mese come indennizzo perché, nel frattempo, era iniziata una trattativa per trovare una soluzione per rinnovare il contratto - eventualmente e soprattutto - in comodato d’uso. Invece, cosa è successo? Non si è riuscito a trovare questo accordo, anzi, gli amministratori dell’ente hanno detto di essere vincolati a porci un canone - parliamo di cifre che vanno dai 20 ai 30 mila euro circa - e noi abbiamo detto: “Assolutamente no! Su questo non possiamo né eticamente, né dal punto di vista finanziario, perché non possiamo chiedere ai cittadini che sostengono Peter Pan, di finanziare invece l’ente pubblico, per il quale gratuitamente forniamo un servizio a delle famiglie che gratuitamente lo ottengono". Quindi, a questo punto la trattativa è finita con questa lettera arrivata pochi giorni fa, la quale diceva che in dieci giorni dovevamo lasciare la casa di Peter Pan. Noi non la lasceremo, perché non lasceremo le famiglie. Certamente, se non ci fossero state le famiglie che avevano questo bisogno, questa necessità, - che altrimenti avrebbero dormito in macchina sotto gli ospedali con i figli che erano costretti a rimanere - anche quando non era necessario - all’interno dei raparti bloccando anche i letti per i ricoveri - noi ce ne saremmo andati volentieri.

    D. - Sembrerebbe quasi più un problema tecnico che altro…

    R. - Quando la politica è assente, l’amministrazione e la burocrazia - di fatto - alla fine che cosa provocano? Provocano lo schiacciamento della realtà civile.

    D. - Che cosa dicono le famiglie di questi bambini che sono accolti e ospitati da Peter Pan?

    R. - Sono arrabbiate. Sono sinceramente arrabbiate, perché la lettera è l’espressione di un atto di abbandono verso queste famiglie che già hanno vissuto e stanno vivendo un terremoto, perché la malattia del proprio figlio è proprio come un terremoto. Quindi vedere una lettera del genere, giustificata magari dall’amministrazione da un punto di vista burocratico, e l’effetto che produce su una famiglia che sta vivendo questo momento, sinceramente non è accettabile.

    D. - Appena si è saputa questa notizia c’è stata una vera e propria onda di solidarietà. Qual è dunque l’appello che oggi viene rivolto da Peter Pan?

    R. - Che la politica faccia il suo lavoro, concerti questo tavolo, trovi la soluzione, perché noi stiamo facendo gratuitamente un servizio che per la Regione a costo zero provoca invece un grande guadagno. Noi pensiamo alla qualità di vita delle famiglie dei bambini, loro pensino - in termini di sussidiarietà reale - a farci fare il nostro lavoro per loro insieme a loro e non contro di loro.

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    Bologna. “La Bibbia senza sosta”, sei giorni per leggere tutta la Scrittura

    ◊   Il Libro che si apre, mille lettori, sei giorni no stop. I riflettori puntati sulla lettura di tutte le antiche pagine della Scrittura. È questa la «Bibbia senza sosta», l’iniziativa partita ieri nel cuore geografico e culturale di Bologna, la biblioteca dell’Archiginnasio. L’esperienza si concluderà mercoledì prossimo, 13 febbraio, con la lettura dell’ultimo capitolo dell’Apocalisse da parte del cardinale arcivescovo Carlo Caffarra. L’evento patrocinato dalla diocesi di Bologna è un dono a tutta la città nell’Anno della fede. Luca Tentori.

    Una Parola donata in tutta la sua interezza, letta da uomini nello scorrere del tempo, ma che porta la voce di Dio dall’eternità. E’ la “Bibbia senza sosta” ai blocchi di partenza ieri sera con la lettura dell’inizio di Genesi di Ivano Dionigi, rettore magnifico dell’università di Bologna e presidente della Pontificia Accademia di Latinità:

    “Questa è una parola particolare, perché è una parola simbolica che unisce, propria del Symbolum. Oggi, invece, siamo abituati alla parola diabolica, a quella che divide: non sono più parole, sono vocaboli poveri, inquinanti. Non ne possiamo più di questa chiacchiera. Credo che faccia bene a tutti trovare intorno alla parola la vera comunicazione. Siamo arrivati a un punto in cui la parola comunica se stessa e non il senso. Tutti dobbiamo essere cittadini della parola contro i padroni del linguaggio. Un modo per chi crede teologico; per gli altri un recupero civile della parola”.

    A fare gli onori di casa mons. Giovanni Nicolini delle “Famiglie della Visitazione” che ha promosso l’iniziativa:

    “E’ difficile capire quali siano i motivi che portano le persone sia a chiedere di proclamarla sia a chiedere di ascoltarla. Si ritrova, in qualche modo, quella che è la sua potenza nativa. Una Parola che scende nel mondo, invade la storia umana così com’è, visita ogni vicenda personale e ogni cuore, non teme le condizioni più estreme di fragilità, di malattia o di lontananza o addirittura di avversione, perché il Vangelo è capace di sedersi accanto ad ogni vicenda e a prendere per mano, per proporre un tratto nuovo di cammino a qualunque persona e a qualunque situazione”.

    La lettura continua e integrale della Bibbia nasce vent’anni fa in Francia e si diffonde rapidamente nello scorso decennio anche in Italia. La sua edizione più famosa è forse quella romana del 2008, seguita per una settimana dalla diretta Rai e aperta dallo stesso Benedetto XVI. La maratona biblica bolognese è in diretta streaming per tutta la sua durata sul sito del settimanale televisivo diocesano www.12porte.tv.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Il Premio Onu per la pace a mons. Taban per il suo impegno in Sud Sudan

    ◊   Mons. Paride Taban, vescovo emerito di Torit, è stato insignito di un premio delle Nazioni Unite per il suo impegno a favore della riconciliazione e della pace in Sud Sudan: ad annunciarlo è stata la Fondazione Sergio Vieira de Mello, che assegnerà il riconoscimento a Ginevra il 1° marzo. All’origine della decisione - riferisce l'agenzia Misna - c’è il lavoro compiuto da mons. Taban, oggi settantaseienne, come fondatore e animatore nella sua diocesi del Villaggio della pace della Santa Trinità a Kuron. Una realtà nata nel 2005, l’anno della fine della guerra civile in Sudan, che si è proposta come modello di convivenza e arricchimento reciproco tra comunità fino allora in lotta tra loro. Il premio ricorda il diplomatico brasiliano Sergio Vieira de Mello, ucciso nel 2003 in un attentato a Baghdad, dove lavorava come inviato speciale dell’Onu. Il riconoscimento è assegnato a personalità che si sono distinte per la capacità di favorire il dialogo tra gruppi o comunità in conflitto. “Il fatto che oggi Kuron sia visto come un esempio di riconciliazione e pace – ha spiegato Laurent Vieira de Mello, il figlio del diplomatico brasiliano che presiede la Fondazione – incoraggerà altre comunità a seguire un approccio simile in altre aree di conflitto in Sud Sudan e non solo”. Mons. Taban è stato un convinto sostenitore dell’indipendenza del Sud Sudan da Khartoum, proclamata nel 2011. Un anno fa la Misna lo aveva intervistato di ritorno da una missione di pace a Jonglei, una delle regioni del nuovo Stato dove la lotta per il potere politico e il controllo delle poche risorse naturali ha continuato ad alimentare violenze nonostante le fine della guerra civile. (R.P.)

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    Sudan: nel Darfur cibo, acqua e coperte per migliaia di sfollati

    ◊   Coperte, acqua, cibo e medicine sono distribuiti da oggi a migliaia di persone accampate in pieno deserto, senza un riparo dove trascorrere la notte, dopo scontri avvenuti nei pressi di una miniera d’oro nel Darfur: lo dicono all'agenzia Misna responsabili dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha). Secondo Damian Rice, uno dei dirigenti della sezione di Ocha in Sudan, i convogli delle Nazioni Unite hanno raggiunto l’area di Jebel Amir, una delle zone più colpite della regione occidentale del Sudan. “In pochi giorni sono stati rasi al suolo 120 villaggi – calcola Rice – e circa 100.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case”. L’epicentro della crisi è una miniera situata nei pressi della località di Kabkabiya. Almeno inizialmente gli scontri hanno contrapposto gruppi di uomini armati appartenenti a due tribù arabe, i Beni Hussein e i Rizegat. Abitato per lo più da popolazioni non arabe, diffidenti o ostili nei confronti del governo sudanese, tra il 2003 e il 2007 il Darfur è stato dilaniato da un conflitto civile che ha provocato centinaia di migliaia tra vittime e sfollati. Ancora adesso la regione stenta a ritrovare un suo equilibrio interno, forse anche per le ripercussioni dell’indipendenza proclamata dal Sud Sudan nel luglio 2011. È di oggi la notizia che il Qatar, protagonista negli ultimi anni di diversi tentativi di mediazione tra governo e ribelli, ospiterà una conferenza sul Darfur ad aprile. L’obiettivo dell’incontro è raccogliere almeno una parte dei sei o sette miliardi di dollari ritenuti necessari alla ricostruzione della regione. (R.P.)

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    Congo: firmato l’accordo di pace nel Masisi

    ◊   “È uno storico evento per Masisi” scrive Danilo Giannese, responsabile per la comunicazione del Jesuit Refugee Service (Jrs) per la Regione dei Grandi Laghi nel riportare la notizia dell’accordo di pace sottoscritto il 5 febbraio scorso dai diversi gruppi armati che si sono combattuti nel territorio di Masisi (che fa parte del Nord Kivu) nell’est della Repubblica Democratica del Congo. “Proprio di fronte alla nostra abitazione, centinaia di uomini armati di diversi gruppi ed etnie si sono radunati per accompagnare i loro capi” scrive Giannese in un comunicato inviato all’agenzia Fides. “Era la prima volta che questi capi si facevano vedere insieme in pubblico. La popolazione ha accolto l’iniziativa con entusiasmo e partecipazione e speriamo che da questo momento nessuno soffrirà le conseguenze della guerra e dello sfollamento nel Masisi”. L’accordo di pace mette fine al conflitto tra le popolazioni Hunde e Hutu che vivono nell’area. L’intesa è stata firmata dai capi dell’ Apcls (Alliance des Patriotes pour un Congo Libre et Souverain), una milizia Mai Mai legata agli Hunde; della Nyatura, un gruppo ribelle Hutu; dall’Fdc-Guide, una milizia Hunde, e da Raia Mutomboki, un’altra milizia locale. Fonti locali riferiscono all’agenzia Fides che questi gruppi intendono creare un fronte comune contro l’M23, il principale movimento di guerriglia che agisce nel Nord Kivu. (R.P.)

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    Centrafrica: Caritas Internationalis lancia una raccolta fondi

    ◊   Sono 635mila i dollari Usa (pari a 468mila euro) che la Caritas Internationalis mira a raccogliere per devolverli alla popolazione della Repubblica Centrafricana. Da oltre un mese, infatti, il Paese è devastato da un violento conflitto che contrappone le forze governative ai ribelli del gruppo “Seleka”, ovvero “Alleanza”, nella lingua locale. A gennaio, è stata proclamata una tregua, ma la situazione rimane precaria, tanto che le Nazioni Unite hanno più volte condannato l’arruolamento di bambini-soldato nel conflitto, i casi di stupro, gli episodi di mutilazione od uccisione dei civili nel Paese. La minaccia di ulteriori violenze ha spinto molte persone ad abbandonare le proprie case ed a cercare rifugio altrove. “La popolazione della Repubblica Centrafricana – spiega l’arcivescovo Dieudonné Nzapalainga, presidente della Caritas locale – soprattutto donne, giovani e bambini, si son trovati di fronte alla carestia e tagliati fuori dall’accesso alle strutture igienico-sanitarie”. Per questo, la Caritas Internationalis ha lanciato l’appello alla raccolta fondi: il denaro servirà a realizzare un piano semestrale di aiuti che fornirà alle famiglie centrafricane cibo, medicinali, assistenza psicologica e migliorie nelle infrastrutture. Circa 850 famiglie riceveranno anche un kit di primo soccorso medico-sanitario e di suppellettili basilari per la casa, mentre le donne ed i bambini verranno vaccinati contro il morbillo e la meningite. Inoltre, saranno distribuite zanzariere per evitare la diffusione della malaria. Ma il progetto non si ferma qui: in un’ottica più ampia, la Caritas Internationalis mira alla ricostruzione di pozzi, scuole e reti fognarie; per aiutare, infine, la popolazione a riconquistare una certa autonomia, dopo aver subito uno sradicamento dalle proprie terre, la Caritas donerà ad ogni famiglia centrafricana dei semi da piantare e gli attrezzi necessari alla coltivazione dei campi. (I.P.)

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    Isole Salomone: i vescovi chiedono di sostenere le vittime del terremoto

    ◊   E’ salito a 9 morti il bilancio del sisma, seguito da tsunami, che ha colpito nei giorni scorsi le isole Salomone, ma vi sono ancora molti dispersi. Almeno 4.500 persone sono rimaste senza tetto e 700 abitazioni sono state distrutte. Dopo la prima scossa di mercoledì scorso ve ne state altre 40, ma è cessato l’allarme tsunami. Le ultime informazioni sono giunte all’agenzia Fides da padre Emmanuel Fadeyi, incaricato d’affari della nunziatura apostolica a Port Moresby, Papua Nuova Guinea, dove in questi giorni i vescovi della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone si trovano per il loro incontro annuale . “I prelati sono rimasti profondamente scossi dal tragico evento e si sono riuniti nell’Eucaristia con il pensiero particolarmente rivolto alle vittime”, scrive l’incaricato. “Continuano a seguire gli sviluppi per valutare la situazione e hanno invitato gli organi della Chiesa a portare il loro contributo alle forze del Governo”, aggiunge. Padre Fadeyi riferisce anche che finora non è stato rilasciato alcun comunicato ufficiale nè dall’arcivescovo di Honiara, una delle zone più gravemente colpite, né dal presidente della Conferenza episcopale, mons. John Ribat. Secondo il National Disaster Management Office, è troppo presto per poter fare un bilancio chiaro dei danni subiti. Le continue scosse di assestamento e le difficoltà di un accesso immediato nell’area di Temotu rendono difficile il reperimento di informazioni più dettagliate. C’è preoccupazione per le zone remote della provincia di Temotu da dove non si è riusciti ad avere alcua notizia. (R.P.)

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    Messico: trovati sani e salvi i tre sacerdoti rapiti nella zona di Durango

    ◊   Tre sacerdoti cattolici rapiti nei giorni scorsi sono stati ritrovati sani e salvi il 5 febbraio quando le forze di sicurezza che controllavano la zona di San Juan de Guadalupe, sono intervenute sul luogo di un incidente stradale. Come appreso dall’agenzia Fides un furgone con a bordo due dei rapitori era finito in un burrone, uno dei banditi è stato trovato morto e l'altro gravemente ferito. Poco lontano si trovava il luogo di detenzione dei tre preti, dei quali la polizia non ha rilasciato i nomi per non pregiudicare le indagini in corso. I sacerdoti andavano a un incontro per coordinare delle attività a favore della pace e contro la violenza che colpisce proprio quella zona tra Coahuila e Durango. Lo stesso giorno del rapimento, vicino Castrejon nello Stato di Guerrero una banda criminale aveva teso un'imboscata a un gruppo di poliziotti, uccidendone 9. (R.P.)

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    Il card. Filoni in India per il giubileo del Santuario mariano di Vailankanni

    ◊   Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, sarà in India, inviato speciale del Santo Padre Benedetto XVI, per il 50° anniversario dell’erezione a basilica minore del santuario dedicato a “Our Lady of Good Health” (Nostra Signora della Buona Salute), a Vailankanni, e per il 25° anniversario della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (Ccbi). Il card. Filoni, alla sua prima visita in India come prefetto del dicastero missionario, arriverà domani a Vailankanni. Il giorno seguente, domenica 10 febbraio, è in programma al mattino l’incontro con i vescovi della Ccbi e nel pomeriggio la celebrazione giubilare nel Santuario mariano, prima della quale benedirà una statua dedicata al Beato Papa Giovanni XXIII, che il 3 novembre 1962 conferì al Santuario il titolo di basilica minore. Il santuario mariano di Vailankanni si trova 2.400 Km a sud-est di New Delhi, nello Stato indiano del Tamil Nadu,. Qui ogni anno arrivano circa 20 milioni di pellegrini, la metà dei quali non cristiani. La fama di questo luogo è tale che in India e in tutta l'Asia esso viene chiamato la “Lourdes d'Oriente”. “Our Lady of Good Health” è rappresentata con lineamenti indiani, vestita del tipico sari e con una corona sul capo. Anche la storia del Santuario rappresenta un momento di incontro tra il cristianesimo e la cultura indiana, espresso dalle apparizioni di Maria in due momenti diversi a partire dal XVI secolo. Lunedì 11 febbraio, il card. Filoni si recherà a Chennai dove visiterà il tempio dedicato a San Tommaso apostolo, presiederà la celebrazione della Santa Messa nella cattedrale ed inaugurerà il seminario per i Laici. Martedì 12, a Ranchi, il cardinale benedirà i fedeli raccolti nella cattedrale, quindi incontrerà i seminaristi del St. Albert’s College ed inaugurerà le celebrazioni per il primo centenario di fondazione del seminario. Il giorno seguente il porporato presiederà la Santa Messa con l’imposizione delle ceneri quindi benedirà la prima pietra del “Constant Lievens Hospital and Medical College”. In serata raggiungerà Delhi, dove, giovedì 14 febbraio, visiterà il Rajghat Gandhi Memorial. Nel pomeriggio, a Faridabad, incontrerà la comunità siro malabarese e benedirà la prima pietra della nuova parrocchia. Venerdì 15 febbraio, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli si recherà in visita al Centro della Ccbi e quindi celebrerà la Santa Messa nella cattedrale di Delhi. Nella serata di sabato 16 febbraio il rientro a Roma. (R.P.)

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    India. Il card. Gracias alla Plenaria dei vescovi: il servizio è un valore fondamentale della Chiesa

    ◊   “Il servizio è uno dei valori fondamentali della Chiesa e noi, discepoli di Cristo, non possiamo sacrificarlo per niente altro”: è stato questo il nucleo centrale dell’omelia tenuta ieri dal card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, nell’ambito della 25.ma Plenaria della Conferenza episcopale indiana (Ccbi). L’Assemblea, apertasi il 5 febbraio, si svolge a Vailankanni in occasione di due importanti ricorrenze: il 25.mo anniversario di istituzione della stessa Ccbi ed il 50.mo anniversario del Santuario cittadino dedicato alla Madonna della Salute. “La Chiesa è una comunità che si pone a servizio” ha ribadito il card. Gracias, e citando il Vangelo di Matteo, ha continuato: “Il Figlio dell’Uomo è venuto non per essere servito, ma per servire e per dare la propria vita in riscatto per molti”. Naturalmente, ha sottolineato il porporato, “il valore del servizio deve essere compreso come un’espressione del valore principale per i discepoli di Cristo, ovvero l’amore, ‘il comandamento nuovo’, narrato dal Vangelo di Giovanni”. In questo senso, ha spiegato l’arcivescovo di Bombay, “la Chiesa universale, nazionale e locale è chiamata ad essere una comunità di servizio”, tanto più che “a livello internazionale, oggi viene lanciato un appello vibrante alla Chiesa affinché alzi la voce per rendere il miglior servizio possibile alla tutela dell’ambiente ad al miglioramento dell’umanità”. Non solo: il card. Gracias ha evidenziato come anche “a livello nazionale, la Chiesa in India, leggendo i segni dei tempi, dovrebbe porsi a servizio della lotta alla corruzione, per aiutare l’instaurazione di una società giusta ed incorrotta”. Centrale, poi, nelle parole del porporato, il richiamo a “lavorare per l’eliminazione della povertà, dell’analfabetismo e della disuguaglianza”. La Plenaria del Ccbi si concluderà domenica prossima, 10 febbraio con la pèresenza del card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, in qualità di Inviato speciale del Papa, che si recherà in India per la benedizione della nuova Chiesa di Vailankanni. (I.P.)

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    Terra Santa: mons. Shomali chiede legittimità internazionale nel dialogo israelo-palestinese

    ◊   “Solo la legittimità internazionale potrà essere la piattaforma sicura e solida per i futuri negoziati israelo-palestinesi”: è quanto ha detto mons. William Shomali, vicario patriarcale di Gerusalemme. Il presule è intervenuto presso l’Istituto cattolico di Tolosa, presentando una conferenza dal titolo “Dialogo interreligioso e pace in Terra Santa: sfide attuali e prospettive del futuro”. In particolare, il presule ha evidenziato “le luci e le ombre” del confronto interreligioso in Terra Santa: ad esempio, ricordando gli atti di vandalismo verificatisi recentemente contro alcuni siti cristiani, mons. Shomali ha sottolineato come la condanna di tali episodi sia stata unanime da parte degli esponenti non solo cristiani, ma anche musulmani ed ebrei. “Essi hanno condannato tali atti di vandalismo – ha spiegato il presule – puntando il dito contro la radice del problema che risiede nell’educazione al fanatismo, spesso ricevuta a scuola”. Sullo stesso piano si colloca lo studio, pubblicato tre giorni fa, sui libri di testo scolastici destinati agli studenti israeliani e palestinesi. Il risultato dell’analisi, ha detto mons. Shomali, “non è affatto incoraggiante, poiché i manuali di ciascun popolo presentano in modo negativo l’altro e ne danno un’immagine distorta”, a causa di una narrazione unilaterale. Tuttavia, ci sono margini di speranza: “Cristiani e musulmani – ha detto il vicario patriarcale di Gerusalemme – hanno in comune la lingua, la cultura, il fatto di aver vissuto e sofferto insieme”. Certo, ha continuato, “il dialogo teologico resta difficile perché non si può dialogare sulla Trinità, la divinità di Cristo o la sua incarnazione”; però, cristiani e musulmani possono “approfondire insieme i valori etici e religiosi comuni, come la carità, la giustizia, il pellegrinaggio ed il rispetto della vita”. Mons. Shomali ha quindi ribadito come nelle scuole e nelle strutture sociali cristiane “si cerchi di educare i giovani musulmani e cristiani a vivere insieme nel rispetto reciproco e nella convivialità”, poiché “il dialogo non dovrebbe limitarsi alle sfere intellettuali, ma arrivare a coprire tutti i segmenti della società”. C’è, però, un punto sul quale mons. Shomali ha posto fortemente l’accento, ovvero il riconoscimento effettivo, da parte dell’Islam, della libertà di coscienza poiché il dialogo islamo-cristiano resta infruttuoso e di pura facciata “se non si trovano soluzioni per problemi reali, come quello della libertà di coscienza e dell’uguaglianza della cittadinanza”. Quanto al confronto ebraico-cristiano, invece, il presule ha affermato che esso dovrebbe essere facilitato “da punti in comune e condivisi, come la Bibbia, la preghiera dei Salmi, i valori etici della dignità della persona e dell’importanza della vita”. Facendo riferimento, poi, ai progressi raggiunti grazie al documento conciliare “Nostra Aetate”, ovvero la dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, come anche dagli incontri della Commissione bilaterale permanente tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, mons. Shomali ha notato che a livello della vita quotidiana, i rapporti tra cristiani ed ebrei sono molto buoni, mentre “la situazione politica getta ombre su tali relazioni ed impedisce un dialogo profondo e fruttuoso”. Di qui, l’auspicio che la comunità internazionale possa aiutare i futuri negoziati. (A cura di Isabella Piro)

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    Francia: manifestazione il 24 marzo contro le nozze gay. Al via una petizione

    ◊   Di nuovo tutti in piazza a Parigi il 24 marzo per chiedere il ritiro del progetto di legge “Toubira” - che apre matrimonio e adozione alle coppie omosessuali - e “il rispetto della democrazia”. In programma anche una petizione al Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese), terza assemblea costituzionale della Repubblica francese, per chiedere un ricorso del progetto di legge. Sono le azioni future decise da “Manif pour tous”, cartello di 34 associazioni francesi che già sono scese in piazza il 13 gennaio a Parigi per protestare contro il progetto di legge e del quale fanno parte associazioni familiari, di matrice cattolica e protestante, ma anche associazioni di giuristi, di pediatri nonché rappresentanti di associazioni gay contrari al matrimonio. Le iniziative sono state presentate a Parigi dai portavoce della “Manif pour tous”: “un movimento spontaneo e popolare - così si presentano - che al di là delle sensibilità religiose” si prefigge la difesa della “filiazione umana garantita dal diritto francese nel matrimonio civile” e la lotta contro “ogni forma di omofobia”. Molto forte è l’opposizione alla parte di legge che apre all’adozione alle coppie omosessuali e che è stata approvata in Assemblea nazionale nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 febbraio. “Sebbene il 55% dei francesi sia contraria - affermano le associazioni -, l’adozione piena di un bambino da parte di due persone dello stesso sesso è stata adottata nel più grande silenzio mediatico” e nella “indifferenza generale”. Se questa norma dovesse essere confermata in Senato - riferisce l'agenzia Sir - la Francia conoscerebbe una vera e propria “rivoluzione dell’identità civile” in quanto “i bambini saranno legalmente riconosciuti come nati da due uomini o da due donne”. Il progetto di legge rimarrà in discussione in Assemblea nazionale fino al 10 febbraio, poi il dibattito ripartirà in Senato l’11 marzo: per questo le associazioni della “Manif pour tous” hanno scelto come data per la prossima manifestazione nazionale il 24 marzo. Nel frattempo però - fanno sapere le associazioni - “per essere ascoltati dalle autorità del Paese, i cittadini francesi che si oppongono al progetto di legge ‘mariage pour tous’, possono ricorrere al Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese), terza assemblea costituzionale della Repubblica e “luogo per eccellenza di dialogo e unione”. È la legge costituzione del 2008 ad aver aperto questa possibilità di ricorso al Cese ai cittadini francesi ma perché si possa riaprire il dibattito democratico occorrono 500mila firme. A mercoledì scorso erano arrivate più di 350mila sottoscrizioni e il termine massimo per la presentazione della petizione è il 12 febbraio. (R.P.)

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    Laos: tre Pastori cristiani arrestati per “diffusione del Vangelo”

    ◊   Evangelizzare può significare l’arresto in Laos. La polizia del distretto di Pinh, nella provincia di Savannakhet, ha arrestato tre Pastori cristiani, guida di piccole comunità locali, con l’accusa di “diffondere la religione cristiana”. Come riferito all’agenzia Fides, i tre sono: il Pastore Mr. Bounma, della Chiesa del villaggio di Alowmai, e il Pastore Somkaew, del villaggio di Kengsainoi (due villaggi nel distretto di Phin); il Pastore Bounmee, del villaggio di Savet, nel distretto di Sepon, sempre in provincia di Savannakhet. L’episodio - riferisce l'agenzia Fides - è avvenuto il 5 febbraio scorso, quando tre Pastori cristiani hanno acquistato in un negozio locale un film in Dvd di contenuto cristiano e ne hanno commissionate tre copie. Per testare la buona riuscita del lavoro, il proprietario del negozio, insieme con i tre Pastori, ha continuato a guardare il film. Ma un poliziotto, entrato nel negozio, ha contattato il suo superiore di polizia: il tenente Khamvee e altri due agenti sono giunti nel negozio e hanno arrestato i tre pastori. Anche il proprietario del negozio è stato tratto agli arresti e poi rilasciato. A nulla sono servite le spiegazioni dei tre, che sostenevano di aver commissionato copie del film per il loro uso domestico: l’accusa di supposta “diffusione di religione cristiana” è valsa la detenzione che l’Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” denuncia come “del tutto arbitraria”. In una nota inviata a Fides, l’Ong chiede l’immediato rilascio dei tre e sollecita il governo laotiano a punire le autorità di polizia del distretto di Pinh per gli abusi di potere compiuti sui cristiani. Fonti di Fides confermano l’atteggiamento repressivo della polizia verso i cristiani nella provincia di Savannakhet. A settembre 2012, nello stesso distretto di Pinh, la polizia ha arrestato altri tre Pastori (il Pastore Bounlert, il Pastore Adang, il Pastore Onkaew), tuttora in condizioni di carcere duro, per “attività religiose illecite”. (R.P.)

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    Nord Corea: nessun segnale da Kim Jong-Un per la libertà religiosa

    ◊   Il nuovo leader nordcoreano Kim Jong-Un, ormai pienamente insediato al potere, “non ha dato nessun nuovo segnale positivo per la libertà religiosa e per la vita dei cristiani in Nord Corea”: è quanto dice all’agenzia Fides il missionario di Maryknoll padre Gerard Hammond, che da Seul guida i Programmi per la Nord Corea nella sua congregazione e ha all’attivo oltre 30 viaggi oltre la “cortina di bambù”. Il sacerdote nota che “le condizioni di sicurezza in cui vivono i cittadini sono talmente strette che è davvero difficile coltivare la fede”, mentre “in Corea del Nord manca un sacerdote cattolico residente da oltre 50 anni”. La libertà religiosa è del tutto negata e la Nord Corea, considerata la nazione al mondo più ostile al cristianesimo: il recente rapporto “World Watch List 2013”, diffuso dall’organizzazione americana “Open Doors”, la pone in vetta alla classifica dei Paesi oppressori della libertà di fede. Secondo “Open Doors”, vi sono oggi in Nord Corea fra 100.000 e 400.000 cristiani e, nonostante il pericolo di essere arrestati o messi a morte, i seguaci di Gesù Cristo cercano di condividere il Vangelo nelle cosiddette “chiese domestiche” che sono “comunità sotterranee”. Secondo una recente nota del gruppo “Christian Aid Mission”, pervenuta a Fides, un Pastore ha raccontato di guidare “tre chiese sotterranee in Corea del Nord, con 87 membri”. Secondo l’Ong cristiana “318 Mission Partner” (che si riferisce ai 318 guerrieri compagni di Abramo nella Bibbia, ndr), che opera per salvare emigrati clandestini nordcoreani, vi sarebbero oltre 10.000 chiese sotterranee in Corea del Nord. Per padre Hammond “tali notizie sono impossibili da verificare e comunque cifre di tale entità appaiono piuttosto sorprendenti, date le strette condizioni di sicurezza e la rete di controllo dei militari”. Ciò non toglie, aggiunge, che “la fiammella della fede possa essere viva anche sotto un regime oppressivo”, come avvenuto in altre parti del mondo. All'inizio del 1900, Pyongyang, oggi capitale della Nord Corea, era chiamata la “Gerusalemme d’Oriente”, poiché il cristianesimo aveva messo radici e si contavano oltre 3.000 chiese. La persecuzione dei cristiani iniziò nel 1910, quando il Giappone prese il controllo della penisola coreana, peggiorò con l'ascesa al potere del regime comunista di Kim Il-Sung, dopo la seconda guerra mondiale, continuando sotto il figlio Kim Jong-Il e oggi con Kim Jong-Un. (R.P.)

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    Cina: intensificare la pastorale e l’evangelizzazione nelle zone rurali

    ◊   La pastorale e l’evangelizzazione del mondo cattolico cinese continentale devono orientarsi anche verso la campagna e le zone rurali. E’ quanto si legge su Faith di He Bei nell’articolo “Riflessione sul Capodanno cinese: pastorale ed evangelizzazione nelle zone rurali - nuova missione”. In occasione del Capodanno cinese - riporta Faith -, il prossimo 10 febbraio di quest’anno, oltre 400 milioni di persone provenienti da ogni parte del Paese si sono messe in viaggio in aereo, treno, pullman, macchina, traghetto, per tornare a casa e condividere con i propri cari questo momento dell’anno dopo un anno di lavoro. La forza lavoro cinese è infatti quasi tutta concentrata nelle città lasciando le zone rurali quasi vuote. Tra questi lavoratori ci sono anche oltre la metà dei fedeli della comunità cattolica cinese. Alcuni di loro riescono ad integrarsi nella comunità urbana dove lavorano o vivono, alcuni purtroppo rimangono emarginati. Ne consegue che, le chiese di campagna un tempo piene, si ripopolano solo per metà in occasione della messa domenicale o di qualche solennità liturgica. La grande sfida alla quale la Chiesa è chiamata è quella di intensificare la pastorale dei lavoratori immigrati e delle zone rurali creando nuove stazioni missionarie. Papa Benedetto XVI riguardo all’evangelizzazione degli immigrati (interni), ha messo bene in chiaro che “è necessario promuovere la pastorale e la nuova evangelizzazione seguendo le nuove tendenze e sfide che la società pone per una nuova missione della Chiesa”. (R.P.)

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    Ue: concorso per il Premio “Immagini Amiche” per una pubblicità corretta

    ◊   E’ stata posticipata al 9 febbraio la scadenza per segnalare un’immagine pubblicitaria, uno spot, un sito web o una trasmissione televisiva non lesive per l’immagine della donna per concorre alla terza edizione del Premio Immagini Amiche. Si tratta di un’iniziativa promossa dal Parlamento Europeo e dall’Unione Donne Italiane, in collaborazione con la Commissione europea, volta a valorizzare una comunicazione che, al di là degli stereotipi, veicoli messaggi creativi positivi a proposito dell’immagine femminile. Le numerose richieste di iscrizione arrivate negli ultimi giorni hanno indotto la giuria ad allungare i tempi. Tra le novità di quest’anno lo spot realizzato gratuitamente da TP - Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti e ideato da Pasquale Diaferia, che verrà diffuso sulle reti Rai ed è visibile sul sito del premio: una galleria di donne che parlano con voci di uomini, metafora critica di quanto la pubblicità viva sempre più di stereotipi creati da una cultura prevalentemente maschile. “Il nostro obiettivo – ha detto Daniela Brancati che presiede l’iniziativa – è quello di incoraggiare la crescita di una nuova generazione di creativi e promuovere una nuova cultura della pubblicità che veicoli messaggi positivi e socialmente responsabili”. L’iscrizione al premio è libera e gratuita per chiunque: basta andare sul sito www.premioimmaginiamiche.it e segnalare, compilando l’apposito modulo, l’immagine che si vorrebbe veder premiata. Il premio è diviso in cinque sezioni: pubblicità televisiva, pubblicità stampata, affissioni, programmi televisivi e da quest’anno anche siti web. Un premio, inoltre, verrà attribuito per i lavori dei giovani fra i 18 e i 20 anni che frequentano l'ultimo anno di scuola di design, arte, pubblicità. La premiazione si terrà il 1 marzo a Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino, sede del Comune. L’iniziativa si sviluppa sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione e della Ricerca e quello delle Attività Produttive.(F.S.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 39

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.