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Sommario del 07/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: non banalizzare il mondo dei giovani. La Chiesa ha grande fiducia in loro
  • Il saluto del Papa alla Fraternità San Carlo: crescete sempre di più nell'amore di Cristo
  • Altre udienze
  • Visita della Delegazione del Kazakhstan in Vaticano e dialogo interreligioso
  • Il cardinale Bertone: nessuna società può reggersi senza un'alleanza forte fra i suoi membri
  • La Passione-Risurrezione di Gesù in un libro del card. Lajolo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tunisia. Ennhada rifiuta lo scioglimento del governo. La Chiesa vicina al popolo
  • Siria: armeni in fuga verso il Nagorno Karabakh. Proteste dell'Azerbagian
  • Egitto: impunite le violenze contro le donne che manifestano per la democrazia
  • Il traffico di esseri umani in costante crescita in tutto il mondo
  • Ue cerca accordo sul bilancio. L’economista greco Tsoukalis: ripristinare fiducia nell’euro
  • Lo scoutismo cattolico si ritrova ad Assisi. I vescovi: riscoprire la dimensione evangelizzatrice
  • Al via a Berlino il 63.mo Festival internazionale del Cinema
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Russia. Il patriarca Kirill: "Progressi nei rapporti coi cattolici"
  • Vietnam: libero prima della scadenza l’avvocato e dissidente cattolico Le Cong Dinh
  • Pakistan: un arresto per lo stupro della minorenne cristiana di Kasur
  • Messico: ucciso per rapina un sacerdote di 84 anni
  • Libano: intervento della Chiesa maronita sul matrimonio civile
  • Usa. I leader cristiani: “La sofferenza degli immigrati deve finire”
  • Sudan: l’aviazione di Khartoum colpisce una scuola nei Monti Nuba
  • Isole Salomone: dopo 5 morti e vari danni, è rientrato l’allerta tsunami
  • Pakistan: morti e dispersi a causa di piogge e inondazioni
  • Indonesia: fedi diverse per l'assistenza medica ai poveri di Jakarta
  • Vietnam: per Capodanno volontari cattolici assistono gratuitamente i poveri dei villaggi
  • Usa: in Texas prima tappa dei colloqui tra cattolici e riformati su Chiesa e modernità
  • Regno Unito: Messaggio di Quaresima della Comunione anglicana sul rispetto del Creato
  • Senegal: riunione dei delegati Caritas
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: non banalizzare il mondo dei giovani. La Chiesa ha grande fiducia in loro

    ◊   Non esiste una “cultura giovanile” univoca, ma una realtà molto articolata che la Chiesa vuole conoscere meglio, perché nutre “fiducia nei giovani” e ha “bisogno della loro vitalità”. È, in sintesi, il pensiero che Benedetto XVI ha espresso questa mattina ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, ricevuti in udienza. Il Papa invita a non guardare al mondo giovanile con i consueti luoghi comuni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Non vivono in un “universo”, che per quanto vasto è decifrabile. I giovani di oggi abitano un “multiverso”, cioè uno spazio, ma anche un tempo, nei quali coesistono una “pluralità di visioni, di prospettive e di strategie”. Parte da qui l’analisi di Benedetto XVI sulle “culture giovanili emergenti”, alle quali il cardinale Gianfranco Ravasi ha voluto dedicare la plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Della dimensione “complessa e articolata” del cosmo giovanile e dei suoi linguaggi – velocissimi, nota il Papa, grazie soprattutto all’influenza e al rapido sviluppo dei social media – la Chiesa vuole capirne gli aspetti positivi e quelli negativi. Questi ultimi, ha rilevato il Papa, riguardano le fragilità psicoaffettive dei ragazzi, le loro difficoltà di inserimento sociale, che sfociano in una emarginazione, anzi quasi in una “invisibilità” a livello storico e culturale, e purtroppo nelle scorciatoie delle droghe, in devianze e violenze:

    “La sfera affettiva ed emotiva, l’ambito dei sentimenti, come quello della corporeità, sono fortemente interessati da questo clima e dalla temperie culturale che ne consegue, espressa, ad esempio, da fenomeni apparentemente contraddittori, come la spettacolarizzazione della vita intima e personale e la chiusura individualistica e narcisistica sui propri bisogni ed interessi. Anche la dimensione religiosa, l’esperienza di fede e l’appartenenza alla Chiesa sono spesso vissute in una prospettiva privatistica ed emotiva".

    Per contro, è consolante per Benedetto XVI constatare gli “slanci generosi e coraggiosi di tanti giovani volontari” e le “esperienze di fede profonda e sincera di tanti ragazzi e ragazze”. E non vanno tralasciati, osserva il Papa, gli sviluppi che arrivano dai giovani del cosiddetto “Terzo mondo”:

    “Ci rendiamo conto che essi rappresentano, con le loro culture e con i loro bisogni, una sfida alla società del consumismo globalizzato, alla cultura dei privilegi consolidati, di cui beneficia una ristretta cerchia della popolazione del mondo occidentale. Le culture giovanili, di conseguenza, diventano 'emergenti' anche nel senso che manifestano un bisogno profondo, una richiesta di aiuto o addirittura una 'provocazione', che non può essere ignorata o trascurata, sia dalla società civile sia dalla Comunità ecclesiale”.

    Pur nella consapevolezza "delle tante situazioni problematiche, che toccano anche l’ambito della fede e dell’appartenenza alla Chiesa”, Benedetto XVI ha concluso il suo discorso abbracciando idealmente con affetto e con stima i giovani del mondo:

    “La Chiesa ha fiducia nei giovani, spera in essi e nelle loro energie, ha bisogno di loro e della loro vitalità, per continuare a vivere con rinnovato slancio la missione affidatale da Cristo. Auspico vivamente, dunque, che l’Anno della fede sia, anche per le giovani generazioni, un’occasione preziosa per ritrovare e rafforzare l’amicizia con Cristo, da cui far scaturire la gioia e l’entusiasmo per trasformare profondamente le culture e le società”.

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    Il saluto del Papa alla Fraternità San Carlo: crescete sempre di più nell'amore di Cristo

    ◊   “La vostra Fraternità è grande ed è un segno che le vocazioni ci siano”: è quanto ha detto il Papa incontrando ieri in Vaticano, al termine dell’udienza generale, i membri della Fraternità di San Carlo Borromeo. Si tratta di una società di vita apostolica nata dal carisma del movimento di Comunione e Liberazione: è stata fondata nel 1985 da mons. Massimo Camisasca, già responsabile di Cl prima di diventare sacerdote. All’incontro erano presenti don Paolo Sottopietra, nuovo superiore della Fraternità, subentrato a mons. Camisasca, nominato vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione don Julián Carrón, e 18 sacerdoti provenienti dalle missioni nei vari continenti. Benedetto XVI, parlando a braccio, ha ricordato i suoi incontri con don Luigi Giussani, fondatore di Cl: “Ho conosciuto la sua fede, la sua gioia, la sua forza e la ricchezza delle sue idee, la creatività della fede. È cresciuta una vera amicizia; così, tramite lui, ho conosciuto anche meglio la comunità di Comunione e Liberazione”.

    Benedetto XVI ha espresso il suo apprezzamento anche per mons. Camisasca: “Ho conosciuto la sua creatività nell’arte, la sua capacità di vedere, interpretare i segni dei tempi, il suo grande dono di educatore, di sacerdote”. Ha quindi parlato dello spirito di San Carlo Borromeo, che anima questa Fraternità: “Sempre rimane il grande modello di un pastore che è realmente stimolato dall’amore di Cristo, cerca i piccoli, li ama e così realmente crea fede e fa crescere la Chiesa”.

    Riguardo alle vocazioni della Fraternità di San Carlo, ha sottolineato la necessità di accompagnarle nella maturazione: “Questa – ha detto - è la cosa per la quale ringrazio don Camisasca che ha fatto da grande educatore. E oggi l’educazione è sempre fondamentale per la crescita della verità, per la crescita del nostro essere figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo”.

    Una parola anche per don Sottopietra: “Conosco anche già da molto tempo il vostro nuovo superiore generale, che anche un po’ ha avuto contatto con la mia teologia. Così, sono contento che io possa essere anche spiritualmente e intellettualmente con voi e che possiamo reciprocamente fecondare il nostro lavoro”.

    Infine, il Papa ringrazia il Signore per il dono della Fraternità di San Carlo: “Cresca e si approfondisca sempre ancora di più nell’amore di Cristo, nell’amore degli uomini per Cristo. Il Signore vi accompagna”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, L’on. Annegret Kramp-Karrenbauer, ministro presidente del Land Saar, con il suo seguito, e il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

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    Visita della Delegazione del Kazakhstan in Vaticano e dialogo interreligioso

    ◊   Per commemorare il decimo anniversario della fondazione del “Congresso dei leaders delle religioni mondiali e tradizionali”, un’importante istituzione di dialogo interreligioso voluta dalla Presidenza del Kazakhstan, è giunta martedì in Vaticano una importante delegazione Kazaka, guidata dal Presidente del Senato, S.Ecc. Kairat Mami. La delegazione ha partecipato ieri all’udienza generale del Santo Padre ed ha partecipato a un incontro presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Ieri sera, presso l’Hotel Columbus, nel corso di una manifestazione con la partecipazione di autorevoli rappresentanti della Curia Romana – in particolare i cardinali Sodano, Tauran e Lajolo - e di numerosi membri del Corpo Diplomatico, è stata presentata una mostra fotografica per commemorare e documentare l’attività decennale del “Congresso”, con le sue quattro Assemblee internazionali svoltesi finora. Nei diversi interventi, del Capo della delegazione kazaka, del Decano del Sacro Collegio, card. Sodano, e del card. Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sono stati rilevati i buoni rapporti sviluppatisi fra la Repubblica del Kazakhstan e la Santa Sede negli ultimi vent’anni, si sono ricordati lo storico viaggio di Giovanni Paolo II ad Astana nel 2001, i viaggi dei Segretari di Stato, card. Sodano nel 2003 e card. Bertone nel 2010, il recente viaggio del card. Sodano per la consacrazione della nuova cattedrale di Karaganda nel settembre scorso, e la partecipazione delle delegazioni della Santa Sede alle attività di dialogo interreligioso promosse dal Kazakistan. Proprio per l’appoggio dato dalla Santa Sede a queste iniziative di dialogo e di pace, sono stati insigniti di onorificenze della Repubblica del Kazakhstan i cardinali Tauran e Lajolo, e mons. Khaled Akasheh, officiale del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. (F.L.)

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    Il cardinale Bertone: nessuna società può reggersi senza un'alleanza forte fra i suoi membri

    ◊   Inaugurata ieri sera a Castel Sant’Angelo, alla presenza del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, la mostra “Il Cammino di Pietro”, tra le iniziative in calendario per l’Anno della Fede. “Visitando questa mostra, la bellezza delle opere d’arte e il racconto dell’avventura dell’apostolo Pietro - ha detto il porporato - ci ricordino cosa un uomo può fare per Dio e cosa Dio sa fare di un uomo, e ci infondano il desiderio, di poter essere anche noi – pur con i nostri limiti – uomini di Dio”. “La fede cristiana - ha affermato - non è un freddo e arrogante possesso di verità da impugnare, è l’essere conquistati dalla rivelazione che Dio è l’amore su cui possiamo contare”, nonostante tutti i motivi di affanno “che potrebbero talvolta prenderci alla gola”. Il segretario di Stato ha ricordato quindi che “in ogni secolo e dentro ogni popolo” la fede “ha generato capolavori che hanno beneficato in diversi modi la comunità umana: dalle opere di carità sociale alle opere d’arte, dall’impulso al pensiero e alla ricerca, all’incoraggiamento dell’impegno per il bene comune”. “Perciò – ha proseguito - anche i non credenti sanno che nella quotidiana fatica per l’edificazione di una società sana, il cristianesimo sarà sempre un alleato tenace e affidabile”. Lo sanno anche le democrazie del mondo e, infatti, “nessuna società può reggersi senza un’alleanza forte tra i suoi membri, fatta di fiducia reciproca, di legami, di impegno per la giustizia e di responsabilità che si sviluppano quando si condividono i valori fondati sulle istanze della ragione”. Valori che la fede potrà potenziare, ha sottolineato, “con la voglia di costruire e di ricostruire con coraggio, di lavorare con onestà e di provvedere al bisognoso, di amare, di generare figli e di sacrificarsi quando occorre; la forza di riconoscere a ogni essere umano una dignità inviolabile, che proprio la fede cristiana ha instillato nel cuore di tutti i popoli”.

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    La Passione-Risurrezione di Gesù in un libro del card. Lajolo

    ◊   E' stato presentato ieri pomeriggio, alla Libreria Internazionale Paolo VI, a Roma, il volume del cardinale Giovanni Lajolo: "Passione e Risurrezione. Riflessioni sul Vangelo secondo Giovanni", edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Nell'ambito dell'evento è stata presentata un'esclusiva mostra degli originali dei disegni, realizzati dai Maestri Franco Murer e Antonio Giuseppe Lomuscio, che impreziosiscono l'opera e che saranno in esposizione fino al 9 febbraio. Nell’introduzione al libro, il porporato scrive: "Il tema di cui tratto non tocca le grandi questioni d’attualità, ma tra tutti i temi possibili, quello della Passione-Risurrezione di Gesù è il tema incomparabilmente più importante e perennemente più attuale". Al microfono di Adriana Masotti, ascoltiamo lo stesso cardinale Giovanni Lajolo:

    R. – Gesù ha patito ed è morto per noi ed è risorto. E’ una notizia questa che non fa notizia, però è veramente "la" notizia: è la cosa più grande che sia mai avvenuta. Infatti, nella Passione c’è tutto l’amore di Dio per noi, e nella Risurrezione c’è tutto ciò che Dio ci promette: quindi, sia la Passione sia la Risurrezione sono – per così dire – la forma di vita del cristiano ed è quella per cui, anche, il cristiano non solo nella sua vita individuale, ma nella sua vita sociale e nella sua vita di Chiesa, realizza se stesso.

    D. – Lei scrive anche che quella di Gesù è l’unica risposta alla questione di sempre: perché il dolore, perché la morte?

    R. – Certamente. E soprattutto del dolore del Giusto. Non c’è una risposta razionale a questo interrogativo, però c’è la risposta nella Croce di Gesù. Il fatto che Gesù, Dio fatto uomo, porti la croce per noi, muoia per noi è un motivo sufficiente per cui io possa accettare la mia croce. Tutto il progresso dell’umanità, in fondo, è dovuto al problema del dolore, cioè come superare il dolore, come allontanarsi da questa realtà che ci tocca ogni giorno. Una risposta definitiva l’abbiamo soltanto nella Croce di Gesù e nella sua Risurrezione. Per questo, dico che è il tema più importante che la mente umana possa concepire. Gesù ha parlato della sua Passione e Risurrezione come di una sola realtà, quando parlava della sua esaltazione: “Quando sarò esaltato, trarrò tutti a me”.

    D. – Lei ha scelto il Vangelo di Giovanni per affrontare questo tema della Passione e della Risurrezione e si sa che questo Vangelo ha caratteristiche proprie, diverse rispetto agli altri. Ma perché questa scelta?

    R. – Perché mi è parso evidente che tutto il Vangelo di Giovanni è costruito in rapporto alla Passione e Risurrezione di Gesù sin dal Prologo. Prologo che dice: “La luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta; è venuto tra i suoi e i suoi non l’hanno ricevuto”… Poi, in ogni passo c’è sempre questo preannuncio della sua morte e risurrezione, sempre.

    D. – Ogni capitolo del libro è accompagnato da disegni originali di due maestri: è un valore aggiunto alle riflessioni scritte, qualcosa che le rende più concrete?

    R. – Sì, io credo di sì. La contemplazione, infatti, va sempre fatta non soltanto con la mente, ma va fatta anche con il nostro gusto estetico, sognando anche un po’: non soltanto con un’intelligenza critica, ma anche con una visione, cercando di "vedere".

    D. – A chi si rivolge il suo libro e che cosa vorrebbe suscitare nel lettore?

    R. – Il mio libro non è un libro per dotti, i quali sanno già tutto. Non è un libro per i grandi teologi. E’ un libro per il cristiano che desidera avvicinarsi alla figura di Gesù. E’ la mia esperienza che io comunico ai miei fratelli nella fede. Io desidero partecipare questa mia esperienza del Vangelo che parla a chiunque legga questo libro. E che cosa desidero? Desidero che ciascuno prenda poi in mano il Vangelo e lo legga, e lasci che il Vangelo gli parli. Quando uno lascia che il Vangelo gli parla, è tutto. La risposta arriva naturalmente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Giovani senza speranza, società senza futuro: Benedetto XVI alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura.

    Polveriera Tunisia: in rilievo, nell’informazione internazionale, l’annuncio di un Governo di unità nazionale dopo l’uccisione del leader dell’opposizione.

    Il saluto del Papa e gli interventi di Michel Barnier e di Annegret Kramp-Karrenbauer al convegno - oggi pomeriggio alla Pontificia Università Gregoriana - sul tema “Cinquant’anni di amicizia franco-tedesca al servizio dell’Europa: l’Unione Europea, un modello per altre riconciliazioni?”.

    The London Tube: Alessandro Scafi sui 150 anni della metropolitana di Sua Maestà.

    Ma Justin Bieber non c’è?: Gaetano Vallini sfoglia il “Dizionario del Pop-Rock” curato da Enzo Gentile e Alberto Tonti.

    Guarigione e rinnovamento: nell’informazione religiosa, il promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, Robert W. Oliver, a un anno dal simposio sugli abusi nella Chiesa cattolica.

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    Oggi in Primo Piano



    Tunisia. Ennhada rifiuta lo scioglimento del governo. La Chiesa vicina al popolo

    ◊   Tunisia nel caos dopo l’uccisione, ieri, del leader del Fronte Popolare dell’opposizione, Chokri Belaid. Siti islamisti inneggiano alla sua morte, mentre la decisione del premier Jebali di sciogliere il governo, per costituirne uno di soli tecnici, è stata respinta dal partito di governo Ennahda. La Chiesa intanto si dice vicina al popolo tunisino. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    L’attentato contro l’avvocato Chokri Belaid, leader della coalizione di partiti liberali e progressisti, è un atto contro tutta la Tunisia. Lo ha detto il premier Jebali incarnando il pensiero di tutta la nazione. Jebali, dopo aver condannato l’assassinio del segretario della terza forza politica del Paese, ha deciso di sciogliere l'esecutivo per costituirne uno di soli tecnici. Decisione questa respinta dal partito al governo Ennhada, che si ispira ai Fratelli musulmani, il quale ha accusato il primo ministro di non avere avviato consultazioni in tal senso. La Chiesa si stringe nel dolore per quanto accaduto: padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia, tramite l'Agenzia Fides, si dice "solidale con tutto il popolo tunisino che soffre per l’attentato alla sua libertà, al suo diritto al pluralismo e alla sua dignità”. Intanto, si indaga per trovare i responsabili dell’assassinio Belaid: l'uomo è stato raggiunto da quattro colpi di arma da fuoco, mentre usciva dal portone di casa. In queste ore, frasi che inneggiano all'uccisione dell’avvocato 48.enne sono comparse su alcune pagine Facebook, riconducibili a islamisti. Mentre a Tunisi in migliaia hanno accompagnato la salma di Belaid dall'ospedale alla casa dei genitori, domani si terranno i funerali. Ieri, manifestazioni si sono tenute nella capitale, un poliziotto è morto. Per domani indetto anche un nuovo sciopero generale.

    Sulla situazione in Tunisia, Fabio Colagrande ha intervistato Adnane Mokrani, tunisino, teologo musulmano, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica:

    R. – Chokri Belaid è una persona che ha lottato contro la dittatura, credeva nella democrazia e nella libertà. Il suo assassinio è un dramma da condannare radicalmente, ma spero sia anche una speranza per unire il popolo tunisino contro i nemici della democrazia e dare la priorità all’unità nazionale, agli obiettivi della rivoluzione, che sono dignità, lavoro, libertà, e non perdersi nelle lotte tra partiti e tra interessi egoistici. La priorità ora è di finire di scrivere la Costituzione, fare nuove elezioni e arrivare a un governo normale, secondo una Costituzione ben stabilita.

    D. – L’impressione è che ci sia uno scontro anche tra due modi diversi di leggere l’islam, in Tunisia come in altri Paesi che hanno attraversato la "primavera araba"…

    R. - Sì, ho sempre pensato che la democrazia senza gli islamisti sia impossibile e che con loro sia difficile. C’è questa sfida reale, ma non si può negare la diversità, la pluralità, il pluralismo interno del popolo. Non si può imporre uno stile di vita o un pensiero unico. Dobbiamo comunque collaborare con quelli che sono convinti dei valori e dei principi della democrazia per poter andare avanti.

    D. - Le "primavere arabe" stanno fallendo nel nord Africa?

    R. – Il termine "primavera" non mi convince molto. Siamo in cammino. Una rivoluzione è un processo lungo, potrebbe durare dieci anni, forse di più. E’ un processo che chiede una maturazione culturale, un cambiamento di mentalità, una preparazione. Adesso, il governo è totalmente nuovo, senza esperienza: c’è bisogno di un’educazione politica, non solo per l’esecutivo, ma anche per l’opposizione. Stiamo imparando. Non dobbiamo perdere la speranza, perché perdere la speranza significa cadere nel peggio e tornare alla dittatura.

    “Tutti i percorsi di transizione sono grandi momenti in cui si affrontano grandissime difficoltà”. Lo ribadisce al microfono di Fabio Colagrande, Osama Al-Saghir, parlamentare di Ennahda, eletto nella Circoscrizione Italia dei tunisini all'estero, tra i fondatori dei "Giovani Musulmani d’Italia":

    R. – Come partito Ennahda, stiamo cercando di affrontare questa situazione con la maggiore calma e freddezza possibile, interagendo però con tutti gli eventi importanti che si stanno verificando nel nostro Paese, dando importanza a ogni cosa, per riuscire a salvare il nostro Paese. Credo ci sia ancora quel modo di pensare che vuole escludere gli islamici dalla partecipazione democratica. Il nostro partito, lotta per la democrazia, ha fatto entrare tante donne deputato all’interno del Parlamento: 42. A fronte dei nostri 89 deputati, quasi il 50%. Mi chiedo quale partito europeo democratico abbia la stessa percentuale di donne al governo. Quello che si sta cercando di fare è dimostrare a tutti i costi che i rappresentanti di Ennahda siano incapaci e non accettino al democrazia… Poi, si verificano eventi come questa uccisione e tutto contribuisce ad incendiare l’atmosfera.

    D. – Secondo lei, chi c’è dietro questo omicidio?

    R. – C’è dietro il vecchio sistema, ci sono dietro tutte quelle parti che hanno interesse al ritorno del regime di Ben Alì: non necessariamente di Ben Ali in persona, ma c’è chi ci sta rimettendo nel cambiamento, e per questo vuole riportare il Paese indietro. Ennahda è l’ultima parte ad avere interesse a commettere un crimine come questo. Il Paese oggi non è stabile, mentre noi lavoriamo giorno e notte per stabilizzarlo.

    D. – Nonostante quello che lei dice, però, si parla di un clima di forte insoddisfazione popolare per il governo che fino adesso è stato al potere, in Tunisia. Perché, secondo lei?

    R. – Lei sa meglio di me che non esistono governi che riescono al 100% nel loro andamento, dopo le rivoluzioni. In Tunisia, ci sono grandi richieste sociali e queste non possono essere esaudite in un tempo ristretto. Per esempio, dopo tanti anni in cui si è badato soltanto allo sviluppo delle zone costiere, c’è grande povertà nell’entroterra… Ecco, questi sono i nostri problemi: riuscire a garantire una vita dignitosa a tutti, ovunque si trovino nel territorio tunisino. Qualsiasi parte, interna o esterna al Paese, voglia contribuire alla stabilità e miglioramento è amica del popolo tunisino. Qualsiasi parte, invece, che voglia destabilizzare il Paese, dal suo interno o al suo esterno, è nemica del popolo tunisino. Noi cercheremo di rafforzarci con tutti i nostri amici.

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    Siria: armeni in fuga verso il Nagorno Karabakh. Proteste dell'Azerbagian

    ◊   Non si ferma la guerra in Siria. Oltre 400 oppositori sono stati uccisi nelle ultime 24 ore attorno a Damasco dalle forze lealiste. Lo riferisce stamani l’agenzia ufficiale siriana Sana. Intanto, sul fronte umanitario, Medici Senza Frontiere chiede più aiuti per far fronte alle esigenze dei tanti civili che fuggono dalle violenze. Desta, inoltre, preoccupazione l’esodo dei profughi siro-armeni alla volta del Nagorno Karabakh, l’enclave armena amministrata dall’Azerbagian, al centro di una irrisolta questione per la sovranità tra Baku e Yerevan. Negli anni ’90 la guerra tra i due Paesi provocò migliaia di vittime. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luigi Geninazzi, esperto di Europa dell’Est:

    R. – Ormai sono circa 20 anni, dal 1994, che il Nagorno Karabakh, enclave armena nell’Azergaigian, gode di un’autonomia de facto, che però non è riconosciuta da nessuno ad eccezione dell’Armenia, ovviamente. E’ una situazione che risale ai tempi di Stalin, che nel Caucaso spostava a centinaia di migliaia le popolazioni per un suo folle piano di equilibrio etnico che, con la fine dell’Unione Sovietica, ha dato il via a tantissime guerre etniche, soprattutto nel Caucaso.

    D. – Quale rischio rappresentano questi profughi per il governo azero?

    R. – Il fatto che i profughi armeni che scappano da una Siria in guerra vogliano arrivare lì è significativo: vogliono tornare in questa terra d’origine azera, ma non vanno in Armenia. Vanno, invece, nell’enclave armena dell’Azerbaigian. Sono poche migliaia, però essendo la popolazione del Nagorno poco meno di 200 mila persone, tutto questo può essere interpretato dal governo dell’Azerbaigian come una provocazione. Noi sappiamo che nelle situazioni congelate, come lo è quella del Nagorno Karabakh, basta un nonnulla per riaccendere le tensioni, per fare esplodere antichi odi e magari la guerra.

    D. – Guardando più in generale all'esodo dei profughi siriani sia all’interno del Paese che all’esterno, questo rischia di diventare un’emergenza nella già grave emergenza guerra civile?

    R. – Io credo che questa sia già un’emergenza, innanzitutto umanitaria per le tristissime condizioni di migliaia di famiglie costrette a fuggire in fretta e furia, con parenti che sono stati uccisi o minacciati; ma diventa anche un’emergenza politica: guardiamo alla Giordania, ad esempio. Infatti, questa situazione fa esplodere le tensioni; per ora sono controllate … In Libano, senz’altro, dove la tensione è sempre altissima … E per certi aspetti rappresenta un problema anche per la Turchia. Quindi, quando masse di profughi scappano da una situazione di guerra, non rappresentano mai soltanto un problema umanitario, ma diventano anche un problema politico.

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    Egitto: impunite le violenze contro le donne che manifestano per la democrazia

    ◊   In Egitto continuano a verificarsi violenze contro le donne, soprattutto durante le manifestazioni di piazza. La denuncia viene da un rapporto di Amnesty International, reso noto oggi, che chiede alle autorità di mettere fine a questa cultura dell’impunità. Debora Donnini ha intervistato Riccardo Noury, portavoce dell’organizzazione in Italia:

    R. – Il contesto è quello di un fenomeno di lungo periodo, che parte dagli anni di Mubarak, attraversa i mesi della rivoluzione, e arriva fino all’attuale presidenza di Mohammed Morsi. Si chiama discriminazione, si chiama stigma nei confronti delle donne e ha prodotto sotto Mubarak e produce ancora oggi tantissimi casi di violenza sessuale, di attacchi di gruppo, di masse di uomini, nei confronti di donne. Succede in particolare sempre più spesso nelle manifestazioni. E’ successo proprio nei giorni dell’anniversario della Rivoluzione del 25 gennaio del 2011, nel luogo simbolo di quella rivoluzione, Piazza Tahrir, dove ci sono stati almeno 25 casi di violenza sessuale, compiuti in pubblico, nella piazza, nei confronti di donne isolate, accerchiate e aggredite.

    D. – Chi sono le persone che compiono queste violenze?

    R. – Intanto, è importante dire che delle centinaia di persone, anche inquadrate, riprese da videocamere e telefonini, non risulta che ci siano state inchieste avviate per violenza sessuale. Sono persone, secondo gli attivisti rivoluzionari, pagate per seminare disordine, per disonorare le donne, per intimidirle, per punirle per la loro partecipazione alla rivoluzione. E c’è anche da aggiungere che, in una società che ha un elemento di misoginia nel suo complesso, è difficile pensare che anche un movimento rivoluzionario possa esserne del tutto immune. Il fatto è che, oggi, Piazza Tahrir ed altri luoghi pubblici egiziani sono luoghi di paura e il risultato, chiunque sia responsabile e quale sia l’origine di questa violenza, è che le donne vengono allontanate dalla piazza in maniera brutale. Il risultato, però, incoraggiante è che le donne in quella piazza ci stanno ancora, si organizzano in movimenti di monitoraggio, di pronto intervento antimolestie. Ne sono stati fondati due soltanto nelle ultime settimane.

    D. – Il rapporto cita la testimonianza di un’attivista, Dalia Abdel Wahab che, appunto, è stata aggredita durante un corteo...

    R. – Sì, è una testimonianza scioccante. Purtroppo non è l’unica aggressione brutale, con modalità da branco, nei confronti di una persona che partecipava ad una manifestazione. E’ per il suo voler prendere parte alla piazza e alle decisioni che è stata aggredita, in maniera terribile. Il fatto importante, però, è che racconti e che, come lei, stiano raccontando altre donne. Chi esercita la violenza sessuale nei confronti delle donne in Egitto, chi la ordina, chi la condona, lasciando impuniti i responsabili, ha un obiettivo: quello di chiudere la bocca alle donne, ma le donne non ci stanno.

    D. –Amnesty cosa chiede al presidente Morsi, alle autorità del Cairo?

    R. – Chiediamo che il tema grave - insieme ad altre questioni di diritti umani violati – della violenza contro le donne che manifestano nei luoghi pubblici sia affrontato con la massima priorità, che ci siano misure di protezione per le donne che manifestano, che sia garantito il loro diritto di manifestare in maniera libera, senza paura, e che le forze di sicurezza intervengano, compiano arresti, che le persone arrestate vengano processate, sanzionate con pene pesanti, che insomma arrivi un messaggio, che finora non è arrivato: che alle autorità egiziane sta a cuore il futuro del Paese, di tutte le persone che sono in quel Paese, donne incluse. Fino ad oggi non è stata data priorità alla violenza contro le donne e questo è invece ciò che chiediamo di cambiare al presidente Morsi.

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    Il traffico di esseri umani in costante crescita in tutto il mondo

    ◊   Il traffico di esseri umani è in costante aumento, come segnalato dall'Europol, dall'Interpol e da tutte le agenzie di intelligence. Un fenomeno che coinvolge tutto il mondo e che è collegato ad altre piaghe sociali, come lo sfruttamento lavorativo e ai fini della prostituzione. L’argomento sarà al centro di un seminario che si svolgerà domani a Roma, a Palazzo Montecitorio, e che focalizzerà l’attenzione sull’area mediterranea. Salvatore Sabatino ha intervistato la rappresentante speciale Osce per il contrasto al traffico degli esseri umani, Maria Grazia Giammarinaro:

    R. – La mia organizzazione, l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, comprende 57 Paesi, dagli Stati Uniti al Canada, a tutta l’Europa, a tutta l’area dell’ex-Unione Sovietica, alla Mongolia. Purtroppo, dobbiamo dire che il traffico di esseri umani esiste dappertutto ed è dappertutto in crescita. L’Organizzazione internazionale del lavoro ha recentemente pubblicato stime da cui risulta che globalmente ci sono 21 milioni di persone in situazioni di traffico di esseri umani e lavoro forzato e almeno 800mila di queste persone sono sfruttate nell’Unione Europea. Tre milioni di persone sono sfruttate in un’area che, grossomodo, coincide con l’area Osce. Quindi, per la prima volta siamo coscienti di essere di fronte a un fenomeno di massa e dobbiamo elaborare strategie che possano essere adeguate e vincenti per sconfiggere un fenomeno di queste dimensioni.

    D. - Ci sono strategie già pronte o ci state lavorando?

    R. – Ci sono strategie che sono state anche sperimentate con successo. Per esempio, l’esperienza italiana è un’esperienza importante per il numero delle vittime che sono state assistite, accolte, nei programmi di protezione sociale, e che hanno avuto la possibilità di avere un’altra opzione, di avere un permesso di soggiorno, un altro lavoro. Queste politiche sono state stabilite in molti Paesi. Tuttavia, prevalentemente nell’ambito dello sfruttamento sessuale e nell’ambito dello sfruttamento lavorativo, siamo ancora quasi dappertutto all’inizio, perché la percezione della gravità dello sfruttamento lavorativo è recente.

    D. - Quanto le primavere arabe e la crisi economica hanno influito sul traffico di esseri umani nel Mediterraneo?

    R. – Questi fenomeni di cui parliamo sono fenomeni che accrescono fattori di rischio del traffico. Infatti, possono indurre un certo numero di persone a emigrare, non solo irregolarmente, ma anche in condizioni non sicure, di mettersi nelle mani dei trafficanti. Al momento, per la verità, non possiamo dire che le primavere arabe, di per sé, abbiano provocato un aumento del traffico, però dobbiamo essere accorti, perché siccome nella zona i processi di democratizzazione, di transizione, sono ancora in corso, esistono grandi elementi di tensione, e tutto questo può esacerbare i fattori di rischio. La crisi economica è, sicuramente, di per sé, un grandissimo fattore di rischio.

    D. – Il fenomeno terribile del traffico di organi può essere collegato in qualche modo a quello del traffico degli esseri umani?

    R. – In una certa misura, sì, quando le persone vengono reclutate, per la loro condizione di povertà e di estrema vulnerabilità, vengono convinte a subire un’operazione per il prelievo di un organo, con un’informazione nulla o assolutamente non veritiera. Dopodiché queste persone si ritrovano in condizioni di salute deteriorate e non possono più lavorare, non possono più mantenere la famiglia. E’ una delle peggiori forme di vittimizzazione che si possano immaginare. Per molto tempo ci siamo chiesti se il traffico di persone a scopo di espianto di organi esistesse veramente. Oggi sappiamo che esiste e ci sono casi che sono stati indagati e sono arrivati anche alle corti in diversi Paesi dell’area Osce.

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    Ue cerca accordo sul bilancio. L’economista greco Tsoukalis: ripristinare fiducia nell’euro

    ◊   A Bruxelles, si tiene oggi il vertice del Consiglio Europeo, alla ricerca di un accordo sul bilancio dell’Unione per i prossimi sette anni. Alcuni Paesi, Germania in testa, chiedono tagli significativi, all’insegna del rigore. Altri, come la Francia, sperano di limitarli o renderli più mirati. Intanto, da Atene arrivano cattive notizie. Le entrate della Grecia sono in calo, e il fisco rischia di non raggiungere gli obiettivi prefissati. Ma qual è lo stato di salute dell’economia ellenica, uno dei "termometri" della crisi? Davide Maggiore lo ha chiesto a Loukas Tsoukalis, economista dell’Università di Atene:

    R. – In Greece, we have already covered...
    Abbiamo già fatto molta strada, in Grecia, sia in termini di riconsolidamento del bilancio e anche, sempre di più, in termini di riforme strutturali. Abbiamo un governo che ora è determinato e che sta prendendo le giuste misure. L’altra notizia molto buona è che ora praticamente nessuno parla più del rischio che la Grecia lasci l’eurozona. Solo sei mesi fa, molti davano per scontato che la Grecia avrebbe lasciato l’eurozona. La cattiva notizia è che - come risultato di tutte quelle misure che sono state prese e di quelle che non sono state prese - nell’ultimo anno e mezzo, l’economia greca è affondata. Abbiamo già perso già il 20% del nostro prodotto interno lordo e stiamo ora iniziando il sesto anno consecutivo di recessione, con una crescita negativa. Abbiamo il 26% di disoccupazione e questo tasso continua a crescere. Questo significa che la nostra economia e la nostra società sono disperate. In tale situazione, per prima cosa, i costi economici e sociali sono enormi, ma c’è anche il rischio di imprevisti.

    D. – La Grecia non è stato il solo Paese europeo colpito dalla crisi dell’eurozona. I fattori che hanno causato la crisi sono stati affrontati o c’è ancora qualcosa da fare?

    R. – There is a collection of different national problems...
    C’è un insieme di differenti problemi nazionali all’interno dell’eurozona, ma c’è anche un problema sistemico dell’eurozona come tale. Penso si siano fatti progressi – non c’è dubbio su questo – nel ridurre il deficit di bilancio, in tutti i Paesi europei. Si sono fatti progressi nelle riforme strutturali, in alcuni Paesi di più che in altri, e sono state adottate politiche a livello europeo che sarebbero state completamente impensabili due anni fa. Tutto questo va molto bene, ma non è abbastanza, e questo è il problema. Quello che sottolineerei in questa circostanza è che l’eurozona ha bisogno disperatamente di adottare politiche orientate alla crescita, perché la recessione sta durando troppo: il costo in termini di sofferenza economica e sociale è enorme e l’austerity e le riforme strutturali sono una cosa, ma lo stimolo alla crescita è un’altra, e noi abbiamo bisogno di entrambi.

    D. – Le istituzioni europee, soprattutto la Banca centrale europea, hanno fatto molte cose per affrontare la crisi del debito. Possono fare la stessa cosa per accelerare la crescita?

    R. – In order to boost growth...
    Per accelerare la crescita, la prima cosa da fare è ripristinare la fiducia nella solidità dell’unione monetaria: i mercati devono convincersi, tutti devono convincersi, che l’euro è qui per restare e tutti quelli che sono nell’euro ci sono per restarci. Se si ferma la speculazione, la maggior parte del capitale che ha lasciato il Sud dell’Europa tornerà indietro e parte di esso sta già tornando. Però, bisogna anche immettere più liquidità nel sistema: infatti, a causa della crisi molte banche, specialmente nel sud dell’Europa, sono affamate di capitali, non hanno soldi. Se non c’è liquidità, non ci possono essere investimenti e non ci può essere crescita. Quindi, bisogna immettere liquidità nel sistema e c’è bisogno anche di politiche europee, come per esempio progetti infrastrutturali, che creerebbero posti di lavoro. Bisogna ritornare anche ad alcune ricette tradizionali per stimolare la crescita.

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    Lo scoutismo cattolico si ritrova ad Assisi. I vescovi: riscoprire la dimensione evangelizzatrice

    ◊   E’ stato molto importante per le tre sigle dello scoutismo cattolico, Agesci, Fse e Masci, ritrovarsi insieme ad Assisi per tre giorni, da lunedì a ieri, in occasione del Convegno nazionale. Un incontro aperto dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, e che ha sottolineato l’attuale sinergia delle tre associazioni. Lo conferma padre Alessandro Salucci, assistente ecclesiastico generale di Agesci, intervistato da Francesca Sabatinelli:

    R. - Le tre associazioni che vivono appartenenze diverse, per la prima volta si sono incontrate ad un livello alto. Non possiamo continuare a vivere la stessa proposta scout in maniera separata, ma uno può portare contributi significativi all’altro. Gli scout d’Europa stanno vivendo una dimensione più attenta alla metodologia. L’Agesci - che nel tempo si è approcciata più a dimensioni politico sociali - ha bisogno di ritornare al suo fondamento metodologico. Il movimento adulti scout, il Masci, ci ha portato l’esperienza di uno scoutismo che educa, anche nelle stagioni della vita che non sono più quelle della fascia preadolescenziale ed adolescenziale. La cosa bella è la sintonia che si è creata sin dall’inizio, con una continua ricerca della specificità dell’altro, per poter crescere insieme. Mons. Crociata ha aperto la sua relazione lunedì, dicendo che il sacerdote è uno che costruisce ponti e lo abbiamo sperimentato durante questi tre giorni. Ponti fra di noi, ma anche ponti di evangelizzazione, di formazione catechetica nei confronti delle persone che si avvicinano alla nostra associazione, che non sono più necessariamente soltanto cattoliche, ma sono persone anche di altre confessioni cristiane, islamiche, che si avvicinano allo scoutismo cattolico perché comunque è uno scoutismo di forte identità religiosa.

    D. - Lei ha citato mons. Crociata - segretario generale della Cei - che tipo di relazione c’è oggi tra lo scoutismo cattolico e gli orientamenti della Conferenza episcopale italiana?

    R. - Un’affinità profondissima. La Conferenza episcopale italiana ha decretato per il decennio 2012 - 2020 la rimessa a fuoco della tematica educativa. Un’associazione come quella dello scoutismo, che fa dell’educazione il suo specifico, si trova in una sintonia notevole con questo percorso e l’intervento di mons. Crociata ci ha fatto comprendere quanto effettivamente la Chiesa italiana oggi sia legata in profondità alla proposta dello scoutismo cattolico italiano e di quanto si faccia, in qualche maniera, promotore di una proposta che è la proposta dei vescovi. La Chiesa italiana ci ha anche invitato a riscoprire la fase evangelizzatrice e catechizzatrice che lo scoutismo può avere, in quanto associazione che vive un po’ sulla frontiera. Noi riusciamo a raggiungere situazioni sociali e familiari non necessariamente legate alla struttura parrocchiale. Mons. Crociata ci ha chiesto una collaborazione attiva, invitandoci alla possibilità di pensare anche a dei catechismi adeguati, tenendo presente gli orientamenti della catechesi dati dalla Cei. Ci ha fatto la proposta della riscoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana: abbiamo sempre più bambini di 10 anni non battezzati, e grazie alla proposta scout le famiglie li fanno partecipare al Battesimo; accompagniamo sempre di più adulti al sacramento della Confermazione.

    D. - Le sfide da affrontare: lei si sofferma in particolare sulla crisi della adultità…

    R. - E’ una fragilità dell’adulto che vive sempre più una dimensione adolescenziale: non responsabile nei confronti della vita, nei confronti di se stesso, nei confronti della società. Un adulto che manca alla sua dimensione educativa, perché non è più quel testimone che offre la sua vita ed il suo percorso come modello per le generazioni che verranno. Quindi, forse, c’è la necessità di ricostruire una spiritualità dell’adulto. In questo convegno è stato bello capire che il Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani) può aiutarci a formare i nostri adulti educatori, che vivono anche loro la crisi della adultità e quindi, siamo usciti da questo convegno con questa sinergia: ciascuno rioffrirà all’altro le sue competenze.

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    Al via a Berlino il 63.mo Festival internazionale del Cinema

    ◊   L’Estremo Oriente, le arti marziali, gli anni 30, la filiazione, i combattimenti, le storie intime degli esseri umani e il grande peso della storia: si apre all’insegna del movimento, della coreografia, dello spettacolo – ma anche della malinconia, del senso di perdizione, della tristezza per la finitudine delle cose terrene – la 63.ma edizione del Festival di Berlino. Si apre con il bel film di Wong Kar Wai, “The Grandmaster”, che unisce la passione del regista cinese per il kung fu a una nostalgica rivisitazione del passato del suo Paese. Protagonisti di “The Grandmaster” sono due maestri di arti marziali, lui proveniente dal Sud della Cina, lei dal Nord. Il loro incontro avviene in un momento cruciale per la storia del Paese, quando le tensioni interne rischiano di sfociare nella guerra civile e si addensano le minacce esterne, quelle che porteranno all’invasione giapponese e alla seconda guerra mondiale. Film di emozioni e di grandi sentimenti, “The Grandmaster” lavora sulla profonda interazione fra gli spazi e i corpi attoriali che li attraversano. Acrobatico, adrenalinico e nostalgico, non lascerà sicuramente indifferente il pubblico che di qui a poco lo vedrà nelle sale. Il film di Wong Kar Wai precede altri 23 titoli che nei prossimi giorni animeranno le visioni e le discussioni nei grandi spazi della Berlinale, come sempre accogliente, perfettamente organizzata e con un programma denso di alcune centinaia di film da tutti i Paesi del mondo, divisi fra le sezioni del Forum, di Panorama, del Giovane Cinema Tedesco, di Generation, di Culinary Cinema, delle retrospettive e di altri importanti eventi della kermesse berlinese. La scelta sarà ampia e come sempre tutti troveranno i loro preferiti. E sicuramente nessuno sarà deluso. (Da Berlino, Luciano Barisone)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Russia. Il patriarca Kirill: "Progressi nei rapporti coi cattolici"

    ◊   I rapporti tra Chiesa ortodossa russa e cattolica negli ultimi tempi stanno vivendo una «tendenza positiva», dovuta al «chiaro riconoscimento della necessità di unire le forze in difesa dei valori tradizionali cristiani e contrastare alcune minacce della modernità, come l'aggressivo secolarismo, che minaccia le basi morali della vita sociale e privata, la crisi dei valori della famiglia e la persecuzione e discriminazione dei cristiani nel mondo». A fare il punto sullo stato del dialogo intercristiano, e in particolare con la Chiesa cattolica, è stato il patriarca di Mosca, Kirill, aprendo il 2 febbraio scorso, il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa. Nel suo discorso, pubblicato sul sito del Patriarcato e ripreso dall'agenzia AsiaNews, Kirill ha ricordato alcuni degli eventi da inserire nel dialogo ecumenico con i cattolici. Tra questi, i lavori del Forum cattolico-ortodossa tra vescovi e teologici delle due denominazioni, organismo che da cinque anni si prefigge di delineare «una posizione comune su alcuni temi di attualità fra cui la famiglia, le relazioni Stato e Chiesa, le ragioni morali e spirituali della crisi economica». Di particolare rilievo, nota ancora Kirill, la sua visita in Polonia ad agosto, la prima di capo della Chiesa ortodossa russa e la firma «storica», posta insieme al presidente della Conferenza episcopale polacca, mons. Jozef Michalik, di una dichiarazione congiunta. Il documento è definito dal patriarca come il «riflesso del desiderio reciproco di perdonare le offese e curare le ferite passate, che hanno oscurato le relazioni tra i popoli russo e polacco». Le due Chiese hanno, così, tracciato un cammino comune rispetto a temi come secolarismo, aborto, famiglia ed eutanasia. Nel suo messaggio, il patriarca auspica poi buoni rapporti con le Chiese antiche d'Oriente, «soprattutto in un momento come questo in cui Paesi un tempo ritenuti cristiani si pongono in modo ostile verso i cristiani stessi». Il riferimento è alla situazione della comunità in Medio Oriente e in Africa, dove essa è vittima di attacchi mirati da parte del fondamentalismo islamico. Kirill ha così lanciato un appello per la «solidarietà tra cristiani nel proteggere la dignità dei credenti e nel condannare l'odio e il vandalismo contro i luoghi di culto». Infine nel suo messaggio al Concilio dei vescovi, il patriarca ha criticato le comunità protestanti, le quali «continuano sulla strada della liberalizzazione, in modo particolare nell'ecclesiologia e nella dottrina morale». Critiche sono rivolte alla «benedizione delle unioni omosessuali e all'ordinazione di persone che hanno apertamente ammesso un orientamento sessuale non tradizionale», diventate «la norma per diverse comunità protestanti occidentali». Per questo, a suo dire, cercare di raggiungere con queste Chiese una comune posizione dottrinale, «ha perso senso». (R.P.)

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    Vietnam: libero prima della scadenza l’avvocato e dissidente cattolico Le Cong Dinh

    ◊   Le autorità vietnamite hanno scarcerato - in anticipo rispetto alla scadenza dei termini - il 44enne avvocato e attivista per i diritti umani Le Cong Dinh, in cella dal giugno 2009 e condannato nel gennaio 2010 a cinque anni di galera per "sovversione". Cattolico e con una lunga esperienza di studi negli Stati Uniti, egli era stato ritenuto colpevole - nel corso di un processo farsa durato un giorno - di "attività volte a sovvertire" il partito unico comunista, al potere nel Paese. Dietro il rilascio disposto dopo "soli" tre anni e mezzo, vi è la "buona condotta" tenuta in prigione e le precarie condizioni di salute della madre. Secondo quanto riferisce a Radio Free Asia (Rfa) la nipote Le Ngoc Anh Dai, ieri mattina l'avvocato attivista ha lasciato il carcere e le sue condizioni psicofisiche sono buone, nonostante sia dimagrito di qualche chilo. "Dinh è uscito di galera verso le 8.30 di ieri mattina - ha sottolineato la ragazza - ed è in buone condizioni, anche se un pochino più magro". E aggiunge: "è molto felice perché potrà festeggiare a casa con la famiglia il Tet", il nuovo anno lunare. Dinh, in cella dal giugno 2009, è stato condannato assieme ad altri quattro attivisti pro democrazia nel gennaio 2010 da un tribunale della ex Saigon. Nel corso del dibattimento lampo, egli avrebbe ammesso di aver "violato la legge" incontrando attivisti di gruppi stranieri e personalità che lottano per la riforma costituzionale in chiave multipartito. Tuttavia, il legale cattolico e vice-presidente della Ho Chi Minh City Bar Association ha sempre respinto l'accusa di voler "rovesciare il governo". Dinh, che ha studiato in Francia e si è laureato negli Stati Uniti, ha difeso attivisti per i diritti umani come Nguyen Van Dai e Le Thi Cong Nhan, entrambi incarcerati per attività antigovernative. Al momento dell'arresto, la stampa di regime ha riferito di alcune perquisizioni nella sua abitazione e nel suo studio, durante le quali sono stati sequestrati documenti che provano collusioni con "reazionari nazionali e stranieri per sabotare lo Stato vietnamita". Secondo alcune fonti, dietro l'incriminazione vi sarebbe il sostegno alla battaglia avviata da un gruppo di legali contro gli accordi fra Hanoi e la Cina, che prevedono lo sfruttamento di miniere di bauxite nel centro del Paese; accordi che hanno destato indignazione e malcontento in molti settori della società vietnamita. Molte organizzazioni per i diritti umani hanno risposto con sdegno alla sua condanna, che prevede inoltre altri tre anni agli arresti domiciliari. Con molta probabilità, avvertono gli esperti, egli dovrà scontarli fino all'ultimo giorno secondo una prassi consolidata nel Paese comunista. (R.P.)

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    Pakistan: un arresto per lo stupro della minorenne cristiana di Kasur

    ◊   E’ stato arrestato ieri dalla polizia del distretto di Kasur (provincia del Punjab) Shabir Ali, uno dei due uomini musulmani accusati dello stupro e della violenza sulla 15enne cristiana Fouzia Bibi. L’altro aguzzino, Sher Mohammed, è tuttora ricercato ma è ancora a piede libero. In un colloquio con l'agenzia Fides, l’avvocato della famiglia di Fouzia, Mushtaq Gill, dell’Ong Lead (Legal Evangelical Association Development), che sta seguendo il caso, parla di “passo avanti nella giustizia” e spera che “dopo le indagini della polizia, ben presto possa iniziare il processo”. La pena prevista per i reati ascritti (stupro e tortura) va dai 25 anni di prigione fino all’ergastolo. Ieri, davanti a un tribunale di primo grado di Pattoki (distretto di Kasur), gli avvocati di Shabir Ali hanno presentato richiesta di cauzione, che è stata respinta. “Auspichiamo un percorso giudiziario rapido e trasparente per punire i colpevoli”, dice l’avvocato Gill, notando l’esistenza di una incognita: le pressioni delle famiglie dei due accusati, influenti e potenti famiglie musulmane, che potrebbero indurre la famiglia di Fouzia a cambiare idea a ritirare le accuse. In una nota pervenuta a Fides, Malooka Masih, padre di Fouzia, ricorda alcuni precedenti: “Un anno fa le stesse persone avevano violentato una 16enne cristiana, Shahna, ma suo padre non aveva avviato alcuna azione legale, a causa della paura e del dolore”. Anche i membri della famiglia di Shahna, come quella di Fouzia, lavorano, infatti, come operai agricoli nella tenuta di proprietà delle ricche famiglie dei due accusati. L’avvocato Mushtaq Gill conclude a Fides: “Come Lead continuiamo a seguire casi di stupri, rapimenti, conversioni forzate, land grabbing, abuso delle leggi sulla blasfemia, che vittimizzano i cristiani in Pakistan. I cristiani subiscono l'umiliazione di essere cittadini di terza classe”. (R.P.)

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    Messico: ucciso per rapina un sacerdote di 84 anni

    ◊   Un sacerdote messicano padre José Flores Preciado, è morto presso l'Ospedale Universitario Regionale nella città di Colima dopo essere stato picchiato da ignoti nella chiesa di Cristo Re, dove confessava e celebrava la messa tutti giorni. Secondo una nota inviata all'agenzia Fides dalla diocesi di Colima, la sera del 5 febbraio, alcuni sconosciuti sono entrati nella chiesa di Cristo Rey (Placetas), forse per commettere un furto, e venendosi scoperti da padre José lo hanno picchiato a sangue. Il sacerdote è morto poco dopo all'ospedale a cause delle ferite riportate. Padre José, nato il 30 dicembre 1929 a Tuzcacuesco, Jalisco, è stato ordinato sacerdote nella cattedrale di Colima il 16 aprile 1961. Era una persona molto tranquilla, professore di latino nel seminario di Chiapa (Colima) e nel seminario del Cobano (Colima città), confessore della cattedrale e tutore di un gruppo di seminaristi. "Siamo scioccati da questo fatto", ha detto padre Jesus Mendoza, rettore della cattedrale di Colima. "Purtroppo, la morte di padre Flores, mostra l'insicurezza nella quale viviamo perché non hanno rubato nulla", ha concluso padre Mendoza. I funerali, si svolgeranno oggi, a Colima nella chiesa di San José. Nel 2012 sono stati assassinati 2 sacerdoti in Messico (a Atizapan e Mochicahui). Nello stesso anno per la quarta volta consecutiva, l’America ha registrato il numero più alto di operatori pastorali uccisi rispetto agli altri continenti. Solo nell'ultima settimana, sono stati uccisi tre sacerdoti in Colombia. (R.P.)

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    Libano: intervento della Chiesa maronita sul matrimonio civile

    ◊   Il matrimonio civile può affiancare ma non può sostituire il matrimonio religioso. E la questione può essere affrontata in maniera proficua solo tenendo distinti gli aspetti civili e quelli religiosi del vincolo matrimoniale. Come appreso dall’agenzia Fides, sono questi i punti fermi definiti dall'episcopato maronita sulla questione di un possibile riconoscimento dei matrimoni tra cittadini libanesi, celebrati con rito civile. Nell’incontro mensile, svoltosi ieri nella sede patriarcale di Bkerkè, sotto la guida del patriarca Bechara Boutros Rai, i vescovi della Chiesa maronita hanno espresso una posizione interlocutoria su un argomento tornato nelle ultime settimane al centro del dibattito politico-mediatico libanese. Nel comunicato finale dell'incontro, pervenuto all'Agenzia Fides, i vescovi libanesi prendono atto che l'eventuale approvazione del matrimonio civile in Libano comporta necessariamente un emendamento all'articolo 9 della Costituzione. Per i cristiani maroniti, notano, “il matrimonio è uno dei sacramenti della Chiesa e il matrimonio civile non può rimpiazzare questo sacramento. Dunque, quelli che si uniscono in matrimonio civile, se sono credenti, sono tenuti a rettificare il proprio status sposandosi in chiesa, per potersi avvicinare agli altri sacramenti”. Distinguere tra aspetti civili e religiosi del matrimonio rappresenta, dunque, un punto di partenza per venire incontro alle richieste dei cittadini libanesi che intendono sposarsi con rito civile e non religioso. La discussione pubblica sul matrimonio civile si è riaccesa a novembre, quando una coppia di ragazzi appartenenti a famiglie musulmane sciite ha firmato il loro contratto di matrimonio civile davanti a un avvocato e non davanti a una corte religiosa, depositandolo poi presso la consulta del Ministero degli interni, in attesa di un parere ufficiale. Finora, le coppie libanesi che vogliono celebrare il proprio matrimonio con rito civile ricorrono all'escamotage di sposarsi civilmente a Cipro per poi far registrare in Libano la propria unione. Il mese scorso, il presidente libanese, il cristiano maronita Michel Sleiman, ha espresso il suo parere favorevole a un pieno riconoscimento giuridico dei matrimoni civili. Un rifiuto radicale a inserire la questione nell'agenda politica è venuta dal Gran Mufti Mohammad Rashid Qabbani. La massima autorità dell'Islam sciita in Libano ha emesso una fatwa per diffidare tutti i politici e i ministri musulmani dal sostenere qualsiasi forma di inquadramento legale del matrimonio civile, se non vogliono essere considerati come degli “apostati”. (R.P.)

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    Usa. I leader cristiani: “La sofferenza degli immigrati deve finire”

    ◊   “Ogni giorno nelle nostre congregazioni e comunità, si manifestano gli effetti di un sistema che perpetua la separazione delle famiglie, e che porta allo sfruttamento, all'abuso, e alla morte di migranti. Questa sofferenza deve finire” affermano i leader delle principali confessioni cristiane degli Stati Uniti, in una dichiarazione pubblicata al termine della riunione annuale delle Christian Churches Together (Cct). Una nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti riferisce che mons. Joe S. Vasquez, vescovo di Austin (Texas) ha ospitato la riunione di 4 giorni nel corso della quale sono stati ascoltati diversi immigrati ed esperti in materia di immigrazione. La dichiarazione dei leader cristiani giunge nel momento in cui ferve il dibattito politico sulla riforma della legge sull’immigrazione. I leader delle Cct hanno detto che seguiranno questo dibattito "come seguaci di Gesù Cristo, che ci ha comandato di accogliere lo straniero”.

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    Sudan: l’aviazione di Khartoum colpisce una scuola nei Monti Nuba

    ◊   Continuano i bombardamenti dell’aviazione sudanese su obiettivi civili nelle Montagne Nuba (Sud Kordofan). Secondo il sito del Sudan Catholic Radio Network, un Antonov (aereo da trasporto convertito in un rudimentale bombardiere) ha sganciato 8 bombe sul villaggio di Kauda. Sono stati presi di mira il mercato, un’area residenziale ed una scuola elementare. Una bambina è rimasta ferita dalle schegge. Un abitante del villaggio ha definito il bombardamento un crimine di guerra ed ha chiesto agli attivisti dei diritti umani di riportare l’accaduto alla comunità internazionale. Kauda fa parte della Contea di Haiban, una delle aree più colpite dai bombardamenti dell’aviazione di Khartoum fin dal giugno 2011. In un’intervista all’agenzia Fides mons. Macram Max Gassis, vescovo di El Obeid, aveva denunciato la “guerra dimenticata” in corso nei Monti Nuba, territorio compreso nel Sud Kordofan, dove da tempo è in corso una guerra tra il governo di Khartoum e l’Spla-Nord (Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord). (R.P.)

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    Isole Salomone: dopo 5 morti e vari danni, è rientrato l’allerta tsunami

    ◊   “Una forte scossa ti terremoto si è abbattuta ieri sulle isole orientali, in una zona chiamata Temoto o Provincia di Santa Cruz che si trova a circa 200 miglia dalla mia diocesi”, ha riferito all’agenzia Fides il vescovo della diocesi di Auki, mons. Christopher Cardone. “L’area più direttamente interessata è in realtà quella dell’arcidiocesi di Honiara. Il violento terremoto mortale, seguito dallo tsunami, ha fatto registrare la morte di 5 persone, rimaste coinvolte prevalentemente dalla violenza delle onde. La maggior parte della nostra popolazione vive in isole sul livello del mare e per questo motivo vi è grande preoccupazione per tutti, ma il pericolo di un ulteriore tsunami sembra essersi placato” conclude mons. Cardone. Un altro allarme tsunami era stato lanciato a Suva, capitale delle Isole Figi, fortunatamente cancellato come ha riferito all’Agenzia Fides suor Merieti Riiki, direttrice regionale delle Pontificie Opere Missionarie per le Isole del Pacifico (Cepac). “Verso mezzogiorno di martedì scorso era stato lanciato un allarme tsunami previsto alle 14.30, ora locale. In quel momento io mi trovavo in ufficio dove sono rimasta fino all’ora dell’allerta e, fortunatamente, non è successo niente. Un nuovo allarme era stato annunciato per le 16, anche questa volta non è stato registrato alcun sisma - afferma la suora - e le autorità locali hanno potuto annullare lo stato di allerta tsunami”, ha scritto suor Merieti. (R.P.)

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    Pakistan: morti e dispersi a causa di piogge e inondazioni

    ◊   Le violente piogge e le inondazioni di questi ultimi giorni hanno causato la morte di 34 persone, in particolare nelle regioni di confine con l’Afghanistan. Secondo il governo pakistano la maggior parte degli incidenti sono avvenuti a causa dei crolli dei tetti delle costruzioni, mentre una dozzina di persone sono state spazzate via dall’acqua che ha inondato varie parti della provincia meridionale di Khyber Pakhtunkwa dove sono morte 25 persone e 57 sono rimaste ferite. Altri 3 soldati risultano dispersi, travolti da una frana in una zona montuosa. Le piogge torrenziali - riporta l'agenzia Fides - hanno finora causato la morte di 8 persone nella provincia centrale del Punjab e altri nella zona del Cachemire amministrata dal Pakistan. Non ci sono cifre ufficiali e le Autorità Nazionali per la Gestione dei Disastri (Ndma) non escludono altri morti e dispersi. Si tratta di piogge senza precedenti mai registrate in Pakistan nel mese di febbraio e si prevede che continueranno anche la prossima settimana, anche se saranno meno intense. La regione montuosa settentrionale del Pakistan comprende i bacini di diversi fiumi che nascono da vari sistemi montuosi associati con l'Himalaya, ed è particolarmente vulnerabile alle forti precipitazioni che si verificano regolarmente nella zona. (R.P.)

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    Indonesia: fedi diverse per l'assistenza medica ai poveri di Jakarta

    ◊   Un’iniziativa di solidarietà a Jakarta, lanciata dai cattolici indonesiani, e condivisa con entusiasmo da musulmani e buddisti. Giornate di assistenza medica gratuita per le persone povere, con distribuzione di cibo e beni di prima necessità. La proposta ha registrato grande adesione ed un successo di pubblico. Studenti di medicina, dottori e volontari appartenenti a culti diversi hanno lavorato fianco a fianco per offrire il proprio aiuto ai più indigenti. Munjad, giovane musulmano, studente universitario della Muhammadiayah University e futuro medico, ha dichiarato ad AsiaNews: “è sorprendente l’esperienza caritativa, se condivisa con fedeli di altre religioni”. Lo scorso 3 febbraio si è tenuto l’appuntamento più importante di tutta l’iniziativa. Dopo giorni di preparazione, i fedeli della Santa Maria dell’Immacolata Concezione di Teluk Naga, quartiere della città di Tangerang, nella provincia di Baten, hanno organizzato una colletta alimentare e visite mediche gratuite. Almeno 122 attivisti appartenenti a organizzazioni cattoliche e numerosi operatori della sanità hanno preso parte all’evento. In moltissimi hanno offerto cibo, oggetti e generi di prima necessità, poi distribuiti in mille borse, rinominate i “sacchetti della carità”. Grazie alla collaborazione di medici e volontari musulmani, è stato possibile allestire una clinica mobile. Per tutta la giornata sono state garantite visite gratuite ai 754 pazienti, appartenenti alle fasce più deboli della popolazione locale. Hanno partecipato anche 20 dottori cattolici, provenienti dalle diverse parrocchie della capitale, e alcuni gruppi di preghiera tra cui l’Adoramus Te Domine della Chiesa di San Giacomo a North Jakarta, farmacisti e suore dell’ospedale cattolico di San Carlo a Central Jakarta. (V.C.)

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    Vietnam: per Capodanno volontari cattolici assistono gratuitamente i poveri dei villaggi

    ◊   Per il nuovo anno lunare, i poveri dei villaggi rurali di Phan Thiet, nel Vietnam sud orientale, potranno ricevere assistenza medica, alimentare e spirituale gratuita. Saranno i dottori e volontari cattolici della clinica di Thien Thao Duong ad impegnarsi nella visita alle comunità. Ideatore e coordinatore dell’iniziativa è mons. Paul Nguyễn Thanh Hoan, vescovo emerito di Phan Thiet. Nel 1995, il presule ha fondato il Tu Đoàn Bác Ái Xã Hội, il Gruppo religioso per la carità e l’impegno sociale, con l’obiettivo di divulgare tra i giovani infermieri e i medici cattolici sia i principi della medicina tradizionale vietnamita sia il messaggio del Vangelo. Dopo quasi vent’anni di attività, il gruppo oggi annovera oltre 150 membri tra sacerdoti, suore e laici, che ogni anno, in vista del Capodanno, eseguono controlli gratuiti nei distretti più disagiati e remoti della diocesi. Inoltre, qualche anno fa, l’associazione si è impegnata nella costruzione dell’ospedale sopra citato, che ricorre al contempo alle teorie e agli strumenti della medicina tradizionale nonché ai farmaci occidentali importati per curare i malati. In un’intervista rilasciata all'agenzia AsiaNews, suor Maria, responsabile dell’ospedale, afferma che lo scopo della clinica è di dare assistenza gratuita a coloro che non hanno risorse per pagare le terapie. Non bisogna poi sottovalutare i benefici della medicina tradizionale. Infatti, la sorella spiega che i costi associati ad essa sono decisamente inferiori rispetto ai farmaci di laboratorio e presentano meno controindicazioni. Nelle zone rurali o montane del Vietnam è difficile accedere ai medicinali prodotti dalle società farmaceutiche e, quando arrivano in quelle zone, sono spesso contraffatti od oggetto di speculazioni da parte delle stesse società farmaceutiche. Al contrario, la produzione di farmaci tradizionali richiede materiali disponibili in tutto il Vietnam e può essere realizzata anche dagli stessi infermieri della clinica. Nel suo discorso, suor Maria cita anche alcuni numeri. L’ospedale visita settimanalmente oltre duemila persone, soprattutto buddisti e tribali, e sostiene un costo annuo per i medicinali pari a 25 mila dollari. Attraverso il semplice passa-parola sempre più persone vengono a conoscenza delle attività della clinica. “Per noi infermieri e medici - racconta la religiosa - è bello vedere che essi non vengono solo per le cure gratuite, ma anche perché incuriositi dal modo in cui accudiamo i malati e le loro famiglie”. Mons. Paul non si è fermato all’assistenza medica. La sua opera di carità si è estesa a piani per lo sviluppo sociale nei villaggi della provincia di Phan Thiet. I più importanti sono la realizzazione di un impianto di irrigazione per 100 ettari di campo e la progettazione di macchinari nuovi e più economici per la raccolta del riso. (V.C.)

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    Usa: in Texas prima tappa dei colloqui tra cattolici e riformati su Chiesa e modernità

    ◊   I partecipanti al dialogo tra cattolici e riformati riuniti ad Austin, in Texas, hanno avviato, nei giorni scorsi, la prima tappa di uno studio pluriennale sull’importanza della missione e dell’identità della Chiesa nel mondo moderno. L’incontro – riporta L’Osservatore Romano - è stato presieduto dal vescovo emerito di Orange Tod David Brown, e dalla pastora presbiteriana Cynthia Campbell. Il dialogo di Austin ha avuto come riferimento il rapporto del Consiglio Mondiale delle Chiese, “La Chiesa. Verso una visione comune”, pubblicato nel 2012. In particolare, tra gli argomenti affrontati vi sono stati: l’unità e la diversità nella Chiesa; le origini e le interpretazioni attuali del ministero e dell’ordinazione; la natura e il ruolo delle autorità e dell’episcopato. La discussione di quest’ultimo punto — hanno sottolineato i promotori del dialogo — risponde all’invito rivolto ai leader cristiani nel 1995 da Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Ut unum sint” ad aiutare il Papa a riflettere sul ruolo ministeriale del vescovo di Roma. “È un privilegio lavorare insieme partendo dal consenso storico raggiunto sul Battesimo”, ha commentato il rev.do Campbell, riferendosi all’intesa raggiunta dai vescovi americani con quattro Chiese riformate degli Stati Uniti (la presbiteriana , la riformata, la Chiesa riformata cristiana e la Chiesa unita di Cristo) per il riconoscimento reciproco del Battesimo. Soddisfazione sui progressi del dialogo e per le prospettive future è stata espressa dall’arcivescovo di Atlanta Wilton Gregory che ha presieduto il comitato per le questioni ecumeniche e interreligiose della Usccb. “Il nostro lavoro insieme — ha detto il presule — è stato e sarà al servizio di tutte le comunità cristiane in modi che non possiamo prevedere. Lo Spirito Santo continua a guidarci in ogni modo, nel momento in cui il dialogo ha raggiunto un accordo comune sul significato del battesimo”. (L.Z.)

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    Regno Unito: Messaggio di Quaresima della Comunione anglicana sul rispetto del Creato

    ◊   Un appello al rispetto dell’ambiente e un invito a ridurre l’emissione di gas nocivi in vista della Quaresima è stato lanciato dalla Comunione anglicana a tutte le comunità di fede. “La Quaresima — si legge in un messaggio ripreso dall’Osservatore Romano — è un tempo di penitenza e di digiuno, un tempo per prendere le distanze da tutto ciò che è in contrasto con la volontà di Dio e con i suoi progetti per il mondo”. Quest’anno i fedeli sono invitati a dedicare le tradizionali pratiche quaresimali alla lotta al cambiamento climatico. Dal Mercoledì delle Ceneri alla Domenica delle Palme vengono quindi suggerite una serie di iniziative e azioni concrete per l’ambiente. In particolare ogni fedele “è incoraggiato a vivere in modo più semplice, a risparmiare l’acqua, a ridurre l’elettricità e il consumo di carburante. “Ritorniamo al Signore –con tutto il nostro cuore esorta in conclusione il messaggio -, lasciamo il passato nella cenere e volgiamoci a Dio con il digiuno, perché Egli è pronto a perdonare”. (L.Z.)

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    Senegal: riunione dei delegati Caritas

    ◊   L’esercizio della carità è una delle dimensioni fondamentali della natura e della missione della Chiesa: è quanto hanno ribadito i 56 delegati di Caritas Senegal riuniti in assemblea generale nei giorni scorsi a Ziguinchor. Riflettendo sul tema “Tu hai la fede, mostrami le tue opere”, i partecipanti alla 49.ma assise dell’organizzazione umanitaria hanno sottolineato che l’esercizio della carità, cuore della Caritas, affonda le sue radici nella contemplazione della comunione d’amore della Trinità. Nel corso dei lavori, riferisce il portale www.caritas-senegal.org, sono stati analizzati i programmi di riduzione della povertà e di assistenza per le popolazioni in difficoltà, la vita associativa dei comitati Caritas, le relazioni tra le diverse delegazioni diocesane ma è stata evidenziata la necessità di una reale implicazione dei sacerdoti nella promozione dello spirito della Caritas e dell’approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa. Caritas Senegal intende impegnarsi anche con strutture più adeguate e soprattutto rinnovarsi alla luce del Motu proprio di Benedetto XVI “Sul servizio della carità”. L’assemblea generale ha discusso inoltre della necessità di adeguarsi alle norme di Caritas Internationalis, di rafforzare la collaborazione con quest’ultima e di continuare a lavorare al fianco dello Stato per lo sviluppo del Senegal. Infine, tra le raccomandazioni formulate al termine dei lavori, Caritas Senegal si propone di coltivare una cultura di mutuo scambio di competenze e risorse tra le sezioni interdiocesane e di dar spazio alle donne nelle diverse attività caritative. (T.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 38

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.