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Sommario del 03/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: investire sulla vita e la famiglia come risposta efficace alla crisi attuale
  • Benedetto XVI ai consacrati: dal dono di se stessi la luce che evangelizza le genti
  • Il Papa concede l’Ecclesiastica Communio al neo eletto patriarca di Babilonia Caldei
  • Oggi in Primo Piano

  • Giornata per la vita. I vescovi italiani: “Generare la vita vince la crisi”
  • Matrimoni gay in Francia: "siamo vicini al baratro", ammonisce il cardinale Bagnasco
  • Padre Samir: la fuga dei cristiani dal Medio Oriente pone a rischio diritti e libertà fondamentali
  • Dialogo con l'islam in Indonesia: la testimonianza di un missionario saveriano
  • Gmg di Rio. Padre Chiera: i "meninos de rua" attendono il Papa con trepidazione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Strage in Iraq: attacco contro una caserma a Kirkuk, almeno 30 morti
  • Siria: Assad accusa Israele, mentre l’Iran incontra il leader dell’opposizione
  • Mali: nuovi raid aerei francesi contro i ribelli islamici, a sostegno dell'Esercito di Bamako
  • Egitto: le opposizione chiedono di processare Morsi
  • “30 anni sul campo”: Network gesuita pubblica raccolta di documenti sulla lotta all’Aids in Africa
  • Don Andrea Santoro: celebrazioni a Roma e in Turchia a 7 anni dall’assassinio
  • Portogallo: appello del Patriarca di Lisbona per una società più equa
  • Varsavia: al via domani l’Incontro delle Chiese cristiane in Europa
  • Slovacchia. Settimana del matrimonio su “la fedeltà non è una debolezza”
  • Colombia: zuccherifici sotto accusa per lo sfruttamento minorile
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: investire sulla vita e la famiglia come risposta efficace alla crisi attuale

    ◊   Nell’odierna Giornata per la vita, celebrata in Italia la prima domenica di febbraio, Benedetto XVI ha auspicato all’Angelus che “ogni essere umano sia tutelato nella sua dignità” e sollecitato ad investire sulla famiglia “quale risposta efficace alla crisi attuale”. Ha poi ricordato che “Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini” ma “per dare testimonianza di verità”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria”, proverbio che trova conferma nel Vangelo domenicale, citato da Benedetto XVI: Gesù nella sinagoga di Nazareth – il paese dove cresce e tutti conoscono lui e la sua famiglia - annuncia il compimento di una profezia di Isaia sul Messia, lasciando intendere si riferisca a Lui. “Parole che suonano – ha osservato il Papa - come una provocazione” . La pretesa di un semplice carpentiere “non può essere che una presunzione”, pensano i compaesani. E, quando Gesù cita due miracoli compiuti dai profeti Elia ed Eliseo su persone non israelite, “per dimostrare che a volte c’è più fede al di fuori d’Israele”, “la reazione è unanime: tutti si alzano e lo cacciano fuori e cercano persino di buttarlo giù da un precipizio”. Ma “come mai Gesù ha voluto provocare questa rottura”. “Proprio questo è il punto:”

    “Gesù non è venuto per cercare il consenso degli uomini, ma – come dirà alla fine a Pilato – per ‘dare testimonianza alla verità’ ”.

    “Il vero profeta non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona.

    “E’ vero che Gesù è il profeta dell’amore, ma anche l’amore ha la sua verità. Anzi, amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio”.

    Nel Vangelo domenicale anche le parole di San Paolo sulla carità che “non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità”.

    “Credere in Dio significa rinunciare ai propri pregiudizi e accogliere il volto concreto in cui Lui si è rivelato: l’uomo Gesù di Nazaret. E questa via conduce anche a riconoscerlo e a servirlo negli altri!”.

    Chi non si scandalizza dell’umanità di Gesù, come i compaesani, è sua Madre” fino alla notte della Croce e alla piena luce della Risurrezione”.

    "Maria aiuti anche noi a percorrere con fedeltà e con gioia questo cammino".

    Dopo l’Angelus il pensiero di Benedetto XVI è andato alla Giornata per la vita, per associarsi al messaggio dei vescovi italiani, sollecitando “ad investire sulla vita e sulla famiglia, anche come risposta efficace alla crisi attuale”.

    "Saluto il Movimento per la Vita ed auguro successo all’iniziativa denominata 'Uno di noi', - grazie! - affinché l’Europa sia sempre luogo dove ogni essere umano sia tutelato nella sua dignità".

    Infine l’invito a “formare gli operatori sanitari alla cultura della vita” rivolto ai rappresentanti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma, presenti in piazza San Pietro accompagnati dal cardinale vicario, Agostino Vallini.

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    Benedetto XVI ai consacrati: dal dono di se stessi la luce che evangelizza le genti

    ◊   “Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente” non dubitate che “la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale”. Lo ha detto Benedetto XVI nell’omelia della Messa per la festa della Presentazione del Signore, celebrata ieri pomeriggio nella Basilica vaticana. Il Papa ha anche rivolto, nella XVII Giornata mondiale della Vita Consacrata, un invito ai religiosi e alle religiose ad alimentare la fede e a non unirsi "ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni". Il servizio di Debora Donnini:

    “La salvezza che Gesù porta al suo popolo” passa “attraverso la morte violenta che egli vincerà”. L’omelia di Benedetto XVI si sofferma sul sacrificio di Cristo e il suo essere un “sommo sacerdote” che “proprio per aver sofferto personalmente”, “è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”. Anche “la gioia della vita consacrata – ricorda il Papa - passa necessariamente attraverso la partecipazione alla Croce di Cristo”, così è stato per Maria, alla quale viene profetizzato che una spada le trafiggerà l’anima:

    “La sua è la sofferenza del cuore che forma un tutt’uno col Cuore del Figlio di Dio, trafitto per amore. Da quella ferita sgorga la luce di Dio, e anche dalle sofferenze, dai sacrifici, dal dono di se stessi che i consacrati vivono per amore di Dio e degli altri si irradia la stessa luce, che evangelizza le genti”.

    Ai consacrati presenti Benedetto XVI ricorda che con i molteplici carismi di vita contemplativa e apostolica cooperano alla missione della Chiesa nel mondo e rivolge tre inviti. Prima di tutto, ad alimentare la fede, a fare memoria “del ‘primo amore’ con cui – dice - il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il vostro cuore”. Da questo incontro d’amore, nell’adorazione, “voi lasciate ogni cosa per stare con Lui e mettervi come Lui al servizio di Dio e dei fratelli”. Quindi, l'esortazione ad una fede "che sappia riconoscere la sapienza della debolezza":

    “Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente, quando la durezza e il peso della croce si fanno sentire, non dubitate che la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale”.

    “Nelle società dell’efficienza e del successo”, prosegue il Papa, la vostra vita segnata “dalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con coloro che non hanno voce, diventa un evangelico segno di contraddizione”. Infine, l’invito a rinnovare la fede che “fa essere pellegrini verso il futuro”. La vita consacrata è infatti pellegrinaggio alla ricerca di un Volto che talora si manifesta e talora si vela: questo sia l’anelito costante del vostro cuore nei piccoli passi quotidiani e nelle grandi decisioni:

    “Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo – restando svegli e vigilanti”.

    Nel Vangelo della Festa della Presentazione del Signore, il Papa sottolinea che Maria e Giuseppe compiono tutto ciò che è prescritto dopo il parto di un primogenito maschio. Per la donna è stabilito che si astenga per quaranta giorni dalle pratiche rituali e poi offra un duplice sacrificio, se povera “due tortore o due colombi”. Per il primogenito maschio “che secondo la Legge di Mosè è proprietà di Dio – ricorda il Papa - è invece prescritto il riscatto con l’offerta di cinque sicli. Maria e Giuseppe decidono di compiere tutto questo a Gerusalemme. L’avvenimento principale diventa quindi “la presentazione” di Gesù al Tempio, “che significa l’atto di offrire il Figlio dell’Altissimo al Padre che lo ha mandato”. Il bambino Gesù che viene presentato al Tempio è quello stesso che, una volta adulto, “farà di se stesso il sacrificio e il sommo sacerdote della nuova Alleanza”. Nella celebrazione della Messa riecheggia anche il tema della luce, come ricorda la suggestiva processione a cui hanno partecipato i Superiori e le Superiori Generali degli Istituti di Vita consacrata presenti, portando ceri accesi. Un segno che, sottolinea Benedetto XVI, manifesta la bellezza della vita consacrata e richiama l’ingresso di Maria nel Tempio, che portava in braccio “la Luce stessa, il Verbo incarnato venuto a scacciare le tenebre dal mondo con l’amore di Dio”. "In voi, conclude, la Buona Novella sia vissuta, testimoniata annunciata e risplenda come Parola di verità". Nella tarda mattinata il Papa aveva giù offerto, con un tweet, una riflessione per la Giornata per la vita Consacrata. “Un mio pensiero affettuoso va oggi a ogni religiosa e religioso: possano sempre - ha scritto -seguire Cristo fedelmente nella povertà castità e obbedienza”.

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    Il Papa concede l’Ecclesiastica Communio al neo eletto patriarca di Babilonia Caldei

    ◊   Lettera di felicitazione di Benedetto XVI al nuovo patriarca di Babilonia dei Caldei mons. Louis Raphael I Sako, finora arcivescovo di Kirkuk, eletto venerdì scorso del Sinodo della Chiesa Caldea, riunita a Roma. “Il Suo ministero - scrive il Papa - sia a conforto dei fedeli caldei nella madre patria e nella diaspora, ma anche dell’intera comunità cattolica e dei cristiani che vivono nella terra di Abramo, quale stimolo alla riconciliazione, alla vicendevole accoglienza e alla pace per tutta la popolazione irachena.

    Nella lettera, che porta la data del 1 febbraio, il Papa accoglie e concede l’“Ecclesiastica Communio”, che il patriarca di Babilonia neoeletto aveva richiesto al Pastore della Chiesa universale e Successore di Pietro.

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    Oggi in Primo Piano



    Giornata per la vita. I vescovi italiani: “Generare la vita vince la crisi”

    ◊   “Generare la vita vince la crisi”. E’ la sfida e tema della 35.ma Giornata nazionale della vita indetta per questa domenica dalla Cei. Nell’iniziativa s’incastona anche la campagna europea “Uno di noi” lanciata dal Movimento per la Vita. Il progetto mira a raccogliere, entro novembre, un milione di firme, al fine di attivare il legislatore dell’Ue, per tutelare il bambino sin dal concepimento. Per aderire si può andare anche sul sito www.mpv.it. Massimiliano Menichetti ha parlato di questo appuntamento con il direttore dell’Ufficio Cei della Pastorale della famiglia, don Paolo Gentili:

    R. – Oggi sembra quasi che accogliere una nuova vita implichi esclusivamente dei costi, e non si vede più il bene che è quel bambino, quella creatura che sta diventando il futuro reale. Lo fa nella sua carne, nel suo vagito, nel suo sorriso, sta mostrando che è possibile una vita realmente più umana per l’intera società. E allora, ogni bambino che nasce è per noi motivo di speranza.

    D. – Nel messaggio per la Giornata, i vescovi parlano della necessità di tutelare la vita e guardano al difficile momento di crisi che vive la società…

    R. – Invita ad una vera sfida: il fatto di partire dalla crisi per poter essere generativi di vita. Il che vuol dire rintracciare in questa situazione di crisi una nuova solidarietà tra le famiglie, per uno sguardo più umano, arricchito dallo sguardo della Croce di Cristo che diventa motivo di speranza. Vuol dire stare accanto a chi oggi ha perso il lavoro o chi magari vede che il lavoro fagocita tutto il tempo, per richiamarlo ad una speranza: quella di ricostruire relazioni umane significative in una società più giusta e solidale. Ciò è possibile soltanto se anche il lavoro diventa dignitoso per l’uomo, se ciascuno fa la sua parte per costruire realmente il bene comune. E in questo i cristiani sono chiamati ad essere l’anima della società. Vuol dire far scattare una novità, che è la comunione tra le famiglie. E il Papa ce lo indica: un aiuto da famiglia a famiglia. Una famiglia che assume la responsabilità di aiutare un’altra famiglia: questo è lo sguardo, anche, con cui l’Ufficio nazionale per la famiglia, insieme con Caritas italiana, sta vivendo questo tempo. Con un grandissimo progetto che coinvolgerà tutte le Chiese locali, proprio nel sostenere questo slogan: una famiglia che adotta una famiglia. Qui sta il futuro non solo di una Chiesa rinnovata, ma anche di una società che mostra la sua parte più bella.

    D. – Una famiglia non può esistere se non può esistere la persona che la crea: il bambino che poi diventa adulto, l’embrione che poi nasce. E’ un po’ questa la sfida: vincere una logica di morte attraverso la costruzione di vita, di un sostegno – anche – alla famiglia …

    R. – Assolutamente sì. E’ proprio l’idea che generare la vita, veramente vince la crisi. Segno ne sono le decine e decine di migliaia di bambini – ormai superano i 150 mila –nati proprio grazie a quello spazio della legge 194, spesso disatteso, che va incontro alla vita, che invita i servizi sociali ma anche l’intera comunità civile a farsi di sostegno a chi decide comunque di dar vita a quel bambino, e ha bisogno di tanto aiuto. Vediamo questo nella grande rete di volontariato – spesso di matrice cattolica – che sta sostenendo la vita in tal senso. E quando una mamma, invece di produrre quella terribile scelta che è l’aborto, che non diventa soltanto contraria alla vita in sé ma anche alla sua stessa vita, quando quella mamma fa rifiorire un’intera società. Un cristiano sa che Dio abita nel più povero, nel più limitato, nel più fragile e anche nella vita fragile: nella vita fragile dell’embrione come nella vita fragile al suo termine. E allora, ogni bambino che nasce per noi è una speranza che questa società davvero ha un vero futuro.

    D. – In questa Giornata per la Vita si inserisce anche l’iniziativa che si concluderà a novembre di quest’anno: “Uno di noi”, un’iniziativa a tutela della vita rivolta all’Unione Europea, che vuole accendere il dibattito in chiave legislativa. Che cosa ne pensa?

    R. – E’ un’iniziativa da sostenere, che tanti vescovi stanno accogliendo nelle proprie diocesi; è un esempio di come, anche a livello europeo, si possa agire sul piano legislativo per difendere la vita. Ma credo che sia anche il riflesso di una luce molto più grande: cioè di tutto il lavoro sotterraneo che molti fanno a servizio della vita. Penso a tanti nel mondo della medicina, penso a tanti centri di aiuto alla vita, consultori di ispirazione cristiana … ma anche nelle piccole e medie comunità cristiane, nella semplicità di ogni giorno, realtà che ci aiutano a sperare nel domani.

    In questa Giornata, dunque, s’inserisce la campagna europea “Uno di noi” promossa dal Movimento per la Vita. Il progetto mira a raccogliere, entro novembre, un milione di firme, al fine di attivare il legislatore dell’Ue, per tutelare il bambino sin dal concepimento. Per aderire si può andare anche sul sito www.mpv.it. Massimiliano Menichetti ha intervistato Carlo Casini presidente del Movimento per la Vita:

    R. - È bene ricordare i 35 anni. La prima Giornata per la vita fu nel 1979, e fu nel 1978, all’indomani dell’approvazione della legge sull’aborto, che la Conferenza episcopale italiana decise di organizzarla ogni anno. La motivazione fu dimostrare che la Chiesa, anche di fronte alla legalizzazione dell’aborto, non si rassegna e non si rassegnerà mai a difendere la vita. Diciamo che questo è il filo conduttore di qualsiasi giornata.

    D. - Quest’anno il titolo è “Generare la vita vince la crisi”

    R. - Si deve ricordare che non bastano gli strumenti tecnici per superare le crisi finanziarie ed economiche, ma ci vogliono anche i valori, i valori cosiddetti non negoziabili. Quindi c’è questo filo conduttore della vita in mezzo all’attualità del momento. Oggi il crollo della natalità - ormai lo ammettono tutti - aggrava le condizioni economiche. Ecco perché questa affermazione - la vita vince anche la crisi - ha un significato globale e in un certo senso profetico. Ma bisogna cominciare a riconoscere i valori della vita umana fin dal momento del concepimento perché questo è il punto di partenza per un rinnovamento davvero generale, civile e morale. Alla fine, non avrebbe senso una mobilitazione ogni anno per ricordare il valore della vita umana, se la vita umana non nata fosse soltanto questione di un grumo di cellule, di un’opinione di pochi. Ma se invece c’è di mezzo la vita dei più piccoli e poveri tra gli esseri umani, i bambini non nati, allora vale la pena non rassegnarsi e continuare a sperare in un cambiamento culturale, civile, legale.

    D. - In questa giornata si innesta anche un’altra iniziativa a livello europeo a tutela della vita “One of us” (Uno di noi).

    R. - Le parole sono significative perché dicono che ogni essere umano anche quando è nascosto nel seno materno, generato - brutta parola - in provetta di laboratorio o conservato - ancora più brutto - in un frigorifero per anni senza destino, è comunque uno di noi, un figlio, un essere umano. È un’iniziativa che chiede una mobilitazione delle coscienze di tutta Europa, perché i regolamenti europei prevedono che se almeno un milione di persone appartenenti ad almeno sette Stati dell’Unione Europea chiedono di poter discutere della questione, questo deve essere fatto. E noi chiediamo che l’Europa la smetta di finanziare la distruzione di embrioni umani sia sul terreno della ricerca scientifica, sia su quello della sanità pubblica che su quello definito “aiuto allo sviluppo” dei Paesi poveri inteso come soldi dati ad organizzazioni non governative che in tutto il mondo sostengono ed effettuano l’aborto.

    D. - Quando si dice aborto in Europa, di che cifre stiamo parlando?

    R. - Sono cifre terribili, perché ogni 26 secondi in Europa viene eliminato un bambino con l’aborto. Moltissimi avvengono in Russia. Nell’Unione Europea, facendo un calcolo approssimativo, abbiamo stimato non meno di un milione e mezzo di aborti legali; poi ci sono quelli illegali e quelli legati alle morti della vita appena sbocciata attraverso un uso criminale dei nuovi sistemi di procreazione artificiale. Sappiamo che ce ne sono duecentomila in Francia, duecentomila in Inghilterra, centomila in Spagna, oltre centomila in Italia… cifre terrificanti.

    D. - Come si può fare per aderire alla campagna “One of us”, uno di noi?

    R. - Per tutto l’anno, ci saranno banchetti in ogni punto di riferimento ecclesiale, chiese, parrocchie, strade… per raccogliere le firme su carta, ma ricordo che il sito su cui si può trovare il modulo per dare l’adesione è www.oneofus.eu, oppure più semplicemente www.unodinoi.mpv.org, il sito del Movimento per la vita, che rimanda al sito ufficiale dell’Unione Europea. Spero ci sia una sollevazione della coscienza popolare che grida: è uno di noi anche il bambino non nato, anche il figlio che non è ancora nato! E che quindi dia voce a questa enorme quantità di bambini in un mondo che si dichiara continuamente civile e favorevole alla dignità umana e all’uguaglianza. Sono parole bugiarde, se non si rispetta il più debole e il più povero tra tutti gli esseri umani.

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    Matrimoni gay in Francia: "siamo vicini al baratro", ammonisce il cardinale Bagnasco

    ◊   “Siamo vicini al baratro”. Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, in merito all’approvazione in Francia del primo articolo per l’istituzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    L’Italia “non deve prendere esempio da queste situazioni che hanno esiti estremamente pericolosi”. Il timore del cardinale Bagnasco, espresso a margine di un convegno organizzato ieri sera a Genova dall’Azione Cattolica, è che dalle nozze gay si passi all’adozione di bambini da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso. “E’ un fatto inevitabile – osserva il porporato - Basta guardare gli esempi che ci sono nei Paesi dove tutto questo già esiste”. Per il presidente della Cei si tratta di un progetto “che è presente nella mente di molti solo che, a volte, non si dice per strategia o tattica”. Molti Stati Europei – ha precisato – “hanno varato leggi sbagliate su vita e famiglia” e questo non serve alla crescita di una “civiltà più umana e solidale, semmai più individualista e regressiva”. L’Europa – ha aggiunto - ha dimenticato le proprie radici cristiane. E “volendo sistematicamente eliminare la religione dal proprio orizzonte, crede di conquistare delle libertà nuove”. Alla vigilia dell’odierna Giornata nazionale della vita indetta dalla Cei, il cardinale Bagnasco ha quindi esortato l’Italia a non seguire le orme della Francia, ricordando che la famiglia non è un invenzione dello Stato ma che semmai lo Stato ha sempre riconosciuto “questa realtà, questo valore etico, spirituale e culturale”, che è appunto la famiglia, anche attraverso la Costituzione.

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    Padre Samir: la fuga dei cristiani dal Medio Oriente pone a rischio diritti e libertà fondamentali

    ◊   Diminuiscono i cristiani in Medio Oriente. Se all’inizio del secolo scorso rappresentavano il 20 per cento della popolazione, oggi, nei diversi Paesi dell’area asiatica sud-occidentale, oscillano al massimo fino al 10 per cento. I cristiani migrano dal Medio Oriente per le difficoltà in cui si sono trovati in seguito ai recenti conflitti. A Gerusalemme e a Nazaret sono ormai il 2 per cento, mentre la nazione con il maggior numero di cristiani resta il Libano. Se ne contano approssimativamente il 35 per cento, ma in diminuzione rispetto a qualche anno fa. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Samir Khalil Samir, esperto di questioni mediorientali, come spiegare questi dati analizzando la convivenza tra musulmani e cristiani:

    R. - Quasi sempre ci sono stati dei disagi. Ciò che viviamo oggi in tutto il mondo islamico è una continua radicalizzazione della protesta contro il potere mondiale che si definisce come Occidente - e l’Occidente è visto dai musulmani come cristiano, anche se è sempre più scristianizzato - e ciò ha avuto delle ripercussioni sui cristiani locali.

    D. – Che vuoto hanno lasciato i cristiani nelle nazioni dalle quali si sono allontanati?

    R. – Più i cristiani lasciano il Paese, più i cristiani diventano un’esigua minoranza, più alcuni principi della modernità, come ad esempio i diritti umani, vengono a cadere. Con la diminuzione degli elementi cristiani, si fa un passo indietro nell’economia ma, ancor di più nella politica, e soprattutto in tutto ciò che è legato ai diritti umani: la situazione della donna, la libertà religiosa, la libertà tout court, il progresso sociale, i diritti sociali per i più poveri e i deboli. Anche per questo motivo sentiamo tra i musulmani - intellettuali e non solo, politici e anche gente di media cultura - dire: “Per favore, non andatevene! Rimanete! Abbiamo vissuto insieme per secoli!”. Questo è quello che si sente dire.

    D. – Secondo lei quale equilibrio potrebbe far funzionare società multietniche e multireligiose?
    R. – Penso che prima di tutto l’unica via sia quella di vedere la diversità come una ricchezza e non come un impoverimento. Questo è il primo principio che la storia ha dimostrato: laddove le nazioni accettano di vivere in molteplicità, queste sono nazioni più progredite. La multiculturalità attuale non corrisponde alla nostra multiculturalità che ha secoli di vita; questo è il primo punto. Seguendo questa linea, accettare che ci siano dei principi comuni, dunque una Costituzione che dia la parità a tutti, riconoscendo delle varietà culturali o strutturali qua e là. Ciò che i cristiani desiderano è un sistema che non faccia discriminazione basata sulla religione e non faccia nessuna discriminazione. Siamo in una fase del mondo arabo molto delicata, difficile. Si tratta di passare da un mondo dittatoriale che non ha praticato la democrazia, ad un mondo democratico che cerca di riconoscere il valore di ogni persona umana nell’assoluto.

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    Dialogo con l'islam in Indonesia: la testimonianza di un missionario saveriano

    ◊   L’Indonesia è il più popoloso Paese musulmano del mondo, ma ospita anche una vitale comunità cattolica. Ne fanno parte numerosi missionari, impegnati anche nel dialogo con le diverse culture che convivono in questa nazione asiatica, compresa quella islamica. Padre Matteo Rebecchi, sacerdote saveriano, nel Paese da 14 anni, oggi impegnato nella formazione dei giovani, ha raccontato la sua esperienza nell’intervista di Davide Maggiore:

    R. - Sono stato mandato nelle isole Mentawai, un piccolo arcipelago ad ovest dell’isola di Sumatra, dove praticamente si vive una missione che è ancora sullo stile molto tradizionale, quindi una missione di foresta, una missione dove manca un po’ di tutto. All’epoca, per esempio, mancava il telefono; la corrente elettrica, nel nostro centro c’era soltanto la sera, e le comunicazioni erano molto difficili, bisognava attraversare il mare per tornare a Sumatra per cui anche i collegamenti con i centri più importanti dell’Indonesia erano molto rari. Tra l’altro, c’era anche il rapporto con una cultura ancora tradizionale.

    D. - Cosa vuol dire vivere la fede in un contesto simile?

    R. - Io mi ricordo un viaggio in cui ho camminato per cinque ore nel fango e a un certo punto mi sono detto: ma che sto andando a fare qui? Ho celebrato la Messa per 15 persone, in un villaggio, con un viaggio molto avventuroso e mi chiedevo quale fosse il senso di tutto questo ma è stato proprio lì che il rapporto con Dio, il rapporto con la fede, mi ha chiarito che andavo a dire Messa perché Dio voleva amare quelle persone come Lui amava me. Per cui questo rapporto con l’amore con Dio è stato la motivazione della missione e anche la giustificazione di alcune fatiche fatte in questo luogo.

    D. – Lei si è trasferito a Giacarta, si occupa adesso di formazione di giovani…

    R. – Giacarta è una metropoli di circa 15 milioni di persone, non si sa esattamente quante siano le persone che abitano qui. Per cui è stato un cambiamento molto forte. Il dono che ho ricevuto qui, oltre a tutta l’esperienza bella vissuta nella formazione, è stato proprio questo rapporto con il mondo musulmano. Qui in Indonesia, infatti, si vive ancora un clima di collaborazione e di tolleranza, di possibilità di dialogo. Ci sono moltissimi gruppi che lavorano nell’ambito del dialogo interreligioso e collaborano anche nella difesa dei diritti umani e si tratta di gruppi multireligiosi. Per fare un esempio, abbiamo programmato per quest’anno una serie di incontri mensili con personalità musulmane che vengono a parlare ai nostri seminaristi e vediamo che i nostri amici musulmani sono contenti di venire a parlare, si creano rapporti, si crea collaborazione. E’ un clima molto bello e lo ritengo veramente un dono di Dio e un dono personale, fatto a me, perché non conoscevo l’islam, non conoscevo soprattutto i musulmani, e adesso vedo che invece conosco tanti amici, tanti fratelli di fede musulmana, con cui penso di poter dire che ci sia un rapporto di fraternità molto bello.

    D. – Qual è l’esperienza o la consapevolezza che vuole condividere con i nostri ascoltatori?

    R. – La cosa forse più bella che ho incontrato qui in Indonesia è la bellezza dei rapporti. Passando dall’Europa all’Asia si nota come ci sia questo desiderio ancora di rapporti personali, di rapporti veri. Le persone sono ancora molto aperte, molto disponibili a creare questi rapporti di fraternità. Questo tra l’altro facilita molto il rapporto con i musulmani. Sento che attraverso questi rapporti si cresce anche nel rapporto con Dio. Quindi penso che la missione mi abbia anche aiutato ad approfondire questo rapporto con il Padre. I miei fratelli sono cristiani, musulmani, di altre religioni, tutti amati da Dio e mi sembra che quest’Anno della Fede ci aiuti a riflettere e a convincerci sempre di più di questo amore che è infinito per ognuno di noi.

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    Gmg di Rio. Padre Chiera: i "meninos de rua" attendono il Papa con trepidazione

    ◊   A Rio de Janeiro, prosegue la preparazione per la Gmg che il prossimo luglio verrà convergere nella città brasiliana giovani di tutto il mondo per l’incontro con il Papa. Grande attesa c’è anche tra la “gioventù esclusa”, i ragazzi di strada, come sottolinea padre Renato Chiera, fondatore della Casa do Menor di Rio de Janeiro. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

    R. – L’attesa è molto grande, e noi saremmo molto contenti che il Papa potesse avere un incontro con questa gioventù, con la gioventù esclusa, la più esclusa, quella che non ha visibilità, quella che va nelle “crackolandie”, nel narcotraffico per contare, per avere valore, per essere visibile. Quindi, noi desidereremmo molto che il Santo Padre – che ama i giovani, che ha il cuore aperto – avesse un incontro con loro, e noi sogniamo che i ragazzi della “Casa do menor” che rappresentano questa fetta di gioventù, di adolescenti non amati ed esclusi possano dare un abbraccio al Papa.

    D. – Quando il Papa è andato in Brasile, nel 2007, alla Fazenda da Esperança incontrò dei bambini: fu un momento che ancora adesso viene ricordato con gioia ed emozione in tutto il Brasile …

    R. – Io avevo dato questa idea a Frei Hans (fondatore della Fazenda da Esperança ndr); avevo detto: “Guarda, fate che il Papa si incontri con i bambini; che loro arrivino a lui, e lo abbraccino…”. E questa è stata un'immagine che ha fatto bene anche al Santo Padre. Sogniamo che i nostri ragazzi possano dargli un abbraccio: o durante la Messa, o quando arriva … solo un abbraccio! Il "Gen rosso" di Loppiano, del Movimento dei Focolari, vuolepreparare lo spettacolo con i giovani esclusi. E quindi stanno cercando i ragazzi di strada, i giovani della Casa do menor, della Fazenda da Esperança e i giovani che sono in carcere. E vorrebbero fare lo spettacolo con 200 di loro, e 40 dovrebbero essere della Casa do menor. Noi ci stiamo già preparando; loro sono contenti e si sentono gratificati e onorati di fare uno spettacolo per il Papa. Gesù andrebbe da loro, Lui che cerca gli esclusi; e noi, che siamo la Casa do menor, quindi dei piccoli, umilmente saremmo tanto contenti, sia per il Papa, sia per i nostri ragazzi. Sono sicuro che questo darebbe un’immagine molto bella al Santo Padre. Quando si vede il Santo Padre che abbraccia e che è abbracciato, questo emoziona tutto il mondo!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Strage in Iraq: attacco contro una caserma a Kirkuk, almeno 30 morti

    ◊   Giornata di sangue in Iraq. Almeno 30 morti e una settantina di feriti nella città di Kirkuk, nel nord del Paese, per un attacco kamikaze contro una caserma della Polizia. Ad agire un commando di uomini armati che ha tentato di prendere il controllo dell’edificio. L’esplosione è avvenuta all’entrata della struttura. L’episodio – secondo gli osservatori - si inserisce nell’ambito dello scontro per il controllo dei giacimenti petroliferi tra il governo centrale di Baghdad e l’enclave semiautonoma del Kurdistan del Nord.

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    Siria: Assad accusa Israele, mentre l’Iran incontra il leader dell’opposizione

    ◊   “Israele vuole destabilizzare la Siria”. Lo ha detto il presidente al Assad, incontrando a Damasco esponenti del governo iraniani, in riferimento al raid aereo israeliano compiuto mercoledì scorso in territorio siriano. A confermare, sebbene implicitamente, la responsabilità dello Stato ebraico nell’accaduto è stato il ministro israeliano della Difesa, Barak, che si trova a Monaco per la conferenza internazionale sulla sicurezza. In questo contesto, inoltre, il ministro degli Esteri iraniano ha incontrato per la prima volta il leader dell’opposizione siriana dicendosi ottimista circa la possibilità di colloqui di pace a patto che Damasco liberi i prigionieri politici. Soddisfazione è stata espressa dalla Russia. Sul terreno però la violenza non si ferma. Ad Aleppo, in un sobborgo controllato dai ribelli, un missile ha colpito un edificio provocando la morte di almeno 13 civili. A riferirlo l'Osservatorio siriano per i diritti umani.

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    Mali: nuovi raid aerei francesi contro i ribelli islamici, a sostegno dell'Esercito di Bamako

    ◊   Prosegue l’offensiva francese in Mali. Lo stato maggiore di Parigi ha riferito di intensi raid aerei compiuti la notte scorsa a nord di Kidal, verso il confine con l’Algeria, contro depositi logistici e centri di addestramento degli integralisti islamici. Dagli Stati Uniti, intanto, fonti diplomatiche confermano che non c’è alcuna esitazione nel sostegno dell’azione della Francia nel Paese africano. I vertici di Bamako auspicano la prosecuzione delle operazioni aeree per favorire il dispiegamento sul terreno delle truppe locali. Il capo dell’Eliseo Hollande, durante la sua visita di ieri in Mali, ha affermato che i soldati francesi resteranno “il tempo necessario”.

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    Egitto: le opposizione chiedono di processare Morsi

    ◊   In Egitto, sembra tornata la calma stamattina al Cairo attorno al Palazzo presidenziale. Testimoni riferiscono di sporadici scontri notturni tra Polizia e antigovernativi, a seguito delle violenze di ieri che hanno provocato la morte di un giovane di 23 anni. Tuttavia la situazione resta tesa. Le opposizioni del Fronte di salvezza nazionale hanno chiuso le porte al dialogo e chiesto che il presidente Morsi venga processato, assieme alla leadership del Paese, per i fatti di queste ore. La presa di posizione dopo la diffusione di un video che mostra le percosse della Polizia contro un uomo. Attraverso un comunicato, la presidenza egiziana si è detta addolorata promettendo l’apertura di un’inchiesta. Intanto, il presidente iraniano Ahmadinejad arriverà al Cairo la prossima settimana per partecipare al vertice dell'organizzazione per la cooperazione islamica. Si tratta della prima visita di un capo di Stato iraniano da quando nel 1979 Teheran ruppe le relazioni diplomatiche con l'Egitto, che aveva appena firmato l'accordo di pace con Israele.

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    “30 anni sul campo”: Network gesuita pubblica raccolta di documenti sulla lotta all’Aids in Africa

    ◊   Era il 1981 quando veniva diagnosticato il primo caso al mondo di Aids. A poco più di trent’anni da quella drammatica data, l’Ajan (African Jesuit Aids Network) ha dato alle stampe un volume, intitolato “Aids–30 anni sul campo: riflessioni di fede sull’epidemia in Africa”. Il libro, pubblicato insieme alle Edizioni Paoline africane, raccoglie gli scritti di 29 padre gesuiti e di altre personalità coinvolte nella risposta della Chiesa cattolica alla patologia dell’Hiv nel continente africano. “Le riflessioni – spiega una nota dell’Ajan – hanno approcci teologici, filosofici e sociologici, in una prospettiva che guarda all’etica e ai diritti umani, così come all’ottica, più immediata, delle cure e dei trattamenti sanitari da mettere in atto”. Curato, nella sua edizione, da padre Paterne Mombé Sj, coordinatore dell’Ajan, il volume “contribuisce ad esaminare la risposta necessaria all’Aids da diversi punti di vista, rivelando che la consapevolezza di una comprensione sfaccettata della malattia è fondamentale per offrire soluzioni efficaci e sostenibili”. Suddiviso in quattro sezioni, il libro esamina il quadro delle nuove prospettive; espone i punti di vista socio-economici e culturali; presenta considerazioni sui diritti umani e sui risvolti etici; affronta un punto cruciale, ovvero l’accesso universale alle cure, e si conclude con la spiegazione della risposta della Chiesa, sia nella teoria che nella pratica. La prefazione della raccolta è stata scritta dall’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan, che afferma: “Gli autori e gli editori di questo volume hanno reso un grande servizio a tutti coloro che, sia all’interno che all’esterno della Chiesa cattolica, sono davvero preoccupati per la pandemia di Aids”. “La raccolta di materiale di così alto livello – continua il porporato – offre un ricco ‘menù’ a tutti coloro che desiderano acquisire nuove conoscenze sulla lotta all’Aids in una prospettiva di fede, e sulle iniziative portate avanti dalla Chiesa cattolica”. In particolare, spiega l’Ajan, il libro lancia “un appello all’educazione per prevenire la diffusione del virus dell’Hiv, rendendo la giustizia e l’equità sociale strumenti di lotta alla pandemia”. Ribadendo, inoltre, la necessità di un approccio “basato sui diritti umani e sull’etica cristiana”, il volume invita ad “una gestione globale delle necessità degli individui, delle famiglie e delle comunità, con particolare riferimento ai bisogni pastorali e spirituali degli ammalati”. La speranza, conclude il card. Onaiyekan, è che “ci sia vita dopo l’Hiv: la lotta deve continuare”. (I.P.)

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    Don Andrea Santoro: celebrazioni a Roma e in Turchia a 7 anni dall’assassinio

    ◊   Nel settimo anniversario della morte di don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum ucciso il 5 febbraio 2006 a Trabzon (Trebisonda) in Turchia, la diocesi di Roma ha organizzato tre momenti di preghiera per commemorarne la testimonianza. Domani alle 19.30 - riferisce l'Agenzia Sir - la parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio (via Enna), l’ultima guidata da don Andrea a Roma, ospiterà una Veglia di preghiera; martedì 5, alle 18.30 nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, il vescovo ausiliare per il settore Nord, mons. Guerino Di Tora, presiederà una Messa. Sempre martedì, il vescovo ausiliare per il settore Centro, mons. Matteo Zuppi, sarà a Trabzon insieme ad un gruppo di pellegrini per celebrare una solenne liturgia eucaristica nella chiesa di Santa Maria, la parrocchia in cui don Andrea Santoro, definito da Benedetto XVI “silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo”, fu ucciso mentre pregava. Don Andrea Santoro era nato a Priverno (Latina) nel 1945. Completati gli studi di teologia presso l‘Università Lateranense, veniva ordinato sacerdote il 18 ottobre 1970. Nel 1980 chiedeva di trascorrere 6 mesi in Medio Oriente. L‘11 settembre del 2000 partiva infine per la Turchia come fidei donum della diocesi di Roma, prima a Iskenderun, nel sud del Paese vicino ad Adana, e poi a Trabzon, sul Mar Nero, dove ha concluso tragicamente la sua vita terrena.

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    Portogallo: appello del Patriarca di Lisbona per una società più equa

    ◊   “La giustizia e la ricerca della dignità umana devono ispirare e stare alla base di tutte le strutture della comunità”. Così il Patriarca di Lisbona e presidente dell’episcopato lusitano, cardinale Josè da Cruz Policarpo ha esordito nell’omelia della Messa presieduta in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario portoghese. Nella capitale, il porporato ha più volte citato gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, “che ispirano un’antropologia e il senso profondo della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo come decisivi nella trasformazione della società”. Citando il discorso della Montagna nel Vangelo di Matteo, “Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il Regno dei cieli”, il porporato ha detto di non stupirsi “che la bellezza della giustizia di cui parla il Magistero conciliare privilegi il rispetto e la dignità della persona umana, la bellezza dell’uomo così come Dio lo desidera, la vocazione della comunità umana che spinge a porre il bene comune davanti agli interessi individuali insieme a un’instancabile ricerca della Verità”. Leggi e sistemi giudiziari sono gli elementi fondamentali nell’edificazione “di questa nuova umanità costruita sulla giustizia”, secondo il cardinale Policarpo, che ha richiamato i fedeli a “lottare per la costruzione di un mondo giusto”, ricordandosi che “solo con Dio, nel suo figlio Gesù Cristo, noi vinceremo questa battaglia”. (L.P.)

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    Varsavia: al via domani l’Incontro delle Chiese cristiane in Europa

    ◊   Inizia domani a Varsavia, presso il Centro della Caritas polacca, l’Incontro del Comitato Congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (KEK) – che riunisce oltre 120 Chiese e comunità ortodosse e protestanti - e del Consiglio delle Conferenze Episcopali cattoliche Europee (CCEE). Il tema principale dell’incontro “Fede e religiosità in un’Europa che cambia. I nuovi movimenti cristiani in Europa: sfide o opportunità?” vuole essere un’occasione per le due realtà ecclesiali di riflettere insieme sui cambiamenti in corso nell’uomo europeo nel suo rapporto con Dio e nella sua esperienza religiosa, particolarmente evidenti nell’aumento dei movimenti evangelici e pentecostali in Europa. Di fronte alla vastità del tema, i due organismi hanno deciso di approfondire in modo particolare il rapporto, a volte difficile, tra Chiese ‘storiche’ e nuove comunità, la cui presenza in Europa apre a nuove sfide e opportunità. Il tema sarà sviluppato con il contributo di esperti e da tre angolazioni: innanzitutto la prospettiva sociologica e storica con il contributo della prof.ssa Eileen Barker della London School of Economics e dal prof. Stanisław Wargacki dell’Università cattolica di Lublino; in un secondo momento, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e vice-presidente CCEE insieme al metropolita Joseph del Patriarcato ortodosso di Romania si soffermeranno sull’esperienza che le Chiese tradizionali vivono dalla presenza dei ‘nuovi movimenti’; infine, l’arcivescovo emerito di Southwark, mons. Kevin McDonald, e la pastora Claire Sixt-Gateuille della Chiesa riformata di Francia tenteranno di definire le sfide pastorali. Nel corso dell’incontro, i partecipanti saranno informati sulla situazione religiosa ed ecumenica in Polonia attraverso i contributi del vescovo Krzysztof Nitkiewicz, responsabile per le relazioni ecumeniche della Conferenza episcopale polacca e del metropolita Jeremiasz, presidente del Consiglio delle Chiese in Polonia. Mercoledì 6 febbraio, i lavori si concluderanno nella mattinata con una visita al Museo dell’Insurrezione, preceduta da due comunicazioni: “L’Anno della Fede, il 50° anniversario del Concilio Vaticano II e il Sinodo per la Nuova Evangelizzazione” e “Il ruolo della KEK nell’Europa che cambia – Istantanee (uno sguardo) sul rinnovamento della KEK – Visione e missione”.

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    Slovacchia. Settimana del matrimonio su “la fedeltà non è una debolezza”

    ◊   La Slovacchia si unirà ai molti altri Paesi che si stanno preparando a celebrare la “Settimana del matrimonio” in ogni angolo del pianeta, dai Paesi Bassi alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti al Sud Africa. Tradizionalmente questo evento – riferisce l’Agenzia Sir - offre alle coppie sposate l’opportunità di migliorare la loro vita coniugale grazie ad una serie di iniziative organizzate a livello nazionale e locale e, soprattutto, di “ricordare perché si sono innamorati”. Il tema principale dell’edizione di quest’anno, che avrà inizio l’11 febbraio, è “La fedeltà non è una debolezza”. “Vogliamo proporre l’esempio di persone che - nonostante le varie circostanze e difficoltà - si sostengono a vicenda per tutta la vita senza esitare”, ha spiegato Peter Kremský, tra i coordinatori dell’evento. Quest’anno il progetto offre a tutte le coppie l’opportunità di scrivere la storia del loro matrimonio che può ispirare gli altri a superare gli ostacoli della vita coniugale. Le migliori storie sono pubblicate regolarmente sul sito www.ntm.sk. Attualmente la Settimana del matrimonio si celebra in 20 Paesi in tutto il mondo. L’obiettivo è di incoraggiare e sostenere le Settimane del matrimonio per celebrarle in 75 nazioni entro il 2021.

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    Colombia: zuccherifici sotto accusa per lo sfruttamento minorile

    ◊   Assunti in modo informale attraverso accordi con i familiari o costretti dalla fame e dalla povertà. Secondo uno studio della Asociaciòn de Cultivadores de Caña de Azucar e del Ministero del Lavoro colombiano, sarebbero oltre 400 i giovani coinvolti nel lavoro minorile nel settore della canna da zucchero: un dato raccolto tra novembre e dicembre 2012 in dieci municipi del dipartimento del Cauca, che ha visto la partecipazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Come riportato dall’agenzia Fides, i bambini e le bambine vengono utilizzati soprattutto per l’uso di veicoli a trazione animale, carrelli a mano e lavoro nei mulini. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 34

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.