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Sommario del 30/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Famiglie "costrette a farsi profughe": dalle parole del Papa, l'impegno della Caritas
  • Il Papa nomina mons. Galantino segretario generale della Cei ad interim
  • Rinuncia e nomina episcopale nell Filippine
  • Tweet del Papa: "Nel volto del Bambino Gesù contempliamo il volto di Dio"
  • Editoriale Scalfari. P. Lombardi: il Papa non ha abolito il peccato
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Russia: evacuata la Piazza Rossa a Mosca per allarme bomba. 31 i morti nel duplice attentato a Volgograd
  • Sud Sudan. Save the Children: il conflitto sta dividendo migliaia di bambini dai genitori
  • Sisma Matese. Il geologo D'Oriano: impossibile fare previsioni, invito alla prudenza
  • Dal 2005 raddoppiata al povertà. La Cisl: nel 2014 tagliare le tasse sul lavoro
  • Donne immigrate e imprenditrici: il progetto "Strane Straniere" dell'Associazione Atelier
  • Insulti e "auguri di morte" su Fb alla ragazza malata che difende la sperimentazione animale
  • Madrid: la testimonianza delle famiglie cristiane, speranza dell'Europa
  • “Ti ri-Guarda”: Capodanno francescano ad Assisi per duemila giovani
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Congo: attaccata Kinshasa. Uccisi 40 terroristi. Il governo: "Situazione sotto controllo"
  • Centrafrica: si aggrava l'emergenza umanitaria, 370 mila gli sfollati
  • Bangladesh nel caos: due morti e oltre mille arresti alla Marcia per la democrazia
  • Filippine. Appello dei vescovi per il 2014: basta con le guerre, la fame e la povertà
  • Nepal: a Natale radicali indù danno fuoco a una chiesa
  • Sud Corea: la preghiera della Chiesa per la Corea del Nord
  • Libano: dopo attentato aiuti "senza precedenti" di Riyad e Parigi
  • Kenya. Il card. Njue: non c'è pace senza rispetto della vita umana
  • Usa: il 25 e 26 gennaio, colletta per la Chiesa in America Latina
  • Francia: incontro sulle religioni nello spazio pubblico, organizzato dai Gesuiti
  • Bielorussia: il metropolita Pavel eletto nuovo Esarca patriarcale del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Famiglie "costrette a farsi profughe": dalle parole del Papa, l'impegno della Caritas

    ◊   “Quasi ogni giorno la televisione e i giornali” danno notizia di profughi “che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie”. Così, ieri all’Angelus, nella Festa della Santa Famiglia, il pensiero di Papa Francesco è andato agli “esiliati” dei giorni nostri, costretti “a farsi” profughi in cerca di un futuro migliore. Eppure, ha assicurato il Santo Padre – che ha anche recitato una preghiera composta personalmente per le famiglie del mondo – Dio “è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono". Ma, ha aggiunto, "Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà”. A sostenere famiglie di profughi, rifugiati, sfollati in tutto il mondo è, da sempre, la Caritas. Sulle parole del Papa, il commento di Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – In generale, abbiamo un’attenzione particolare alla famiglia, tanto che abbiamo un programma specifico, “Carità e famiglie”: famiglie viste sia come donatrici, come fonte di carità al loro interno e al loro esterno, sia come nuclei in stato di bisogno da accompagnare, da seguire, da assistere. Tra le situazioni peggiori del mondo, certamente non posso non segnalare quella della Siria: è una guerra letale, estremamente grave che in pochi anni ha avuto un’escalation bellica terribile, coinvolgendo proprio le famiglie, disgregandole, frantumandole, costringendole a scappare dalle proprie case. Con il Pontificio Consiglio della Famiglia, abbiamo messo a punto un’iniziativa molto forte al riguardo “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, un’iniziativa che vorremmo rilanciare anche in questa circostanza.

    D. – Oltre alla Siria, c’è anche l’Africa, terra d’origine di molti migranti spesso rimasti coinvolti nelle tragedie del Mediterraneo, ci sono le Filippine colpite dal tifone Haiyan…

    R. – Purtroppo, la situazione della famiglia in molti Paesi del mondo è grave. In questo momento, per esempio, stiamo seguendo con grande preoccupazione il Sud Sudan, dove sono in corso ancora scontri molto forti a Juba e nei dintorni: molte famiglie sono costrette a spostarsi, a scappare dalle loro case. Nelle Filippine, il super-tifone Haiyan – che i media hanno trattato forse con un po’ di superficialità, perché dopo i primi giorni non se n’è più parlato – ha lasciato senza casa milioni di persone, ha colpito duramente tutto il gruppo centrale delle isole Visayas, Mindanao. “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria, dell’Africa, delle Filippine” può essere uno slogan efficace, al di là dei progetti della Caritas, un po’ per tutti: tenendo insieme la famiglia, si tiene insieme la cellula vitale della società, quella che è anche la fonte della prima carità intrafamiliare e che appunto, quando non c’è, spesso diventa motivo di povertà per tutti i componenti delle famiglie. Una povertà non solo economica ma pure psicologica, educativa, relazionale, sociale. Ecco perché è molto importante puntare sulla famiglia, per puntare su uno sviluppo veramente integrale di tutti gli uomini.

    D. – Le famiglie “costrette a farsi” profughe, come ha detto il Papa, non sempre incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui invece sono portatrici. C’è un caso in tal senso che ricorda e che, magari con l’aiuto di Caritas, si è risolto?

    R. – Siamo testimoni di molti casi che iniziano male, perché spesso vediamo queste persone con diffidenza, con preoccupazione e con sospetto, e poi magari si risolvono molto bene con felici casi di integrazione. Potrei testimoniare molti casi di famiglie, anche della Siria, che sono arrivate disperate e sono state viste un po’ con sospetto dalle nostre comunità: piano piano, sono riuscite a inserirsi bene, a costruire un futuro veramente integrato. Hanno veramente dato e ricevuto tanto, trovando anche dei lavori che non venivano affidati ad altri e quindi rivelandosi davvero utili alle nostre società. Spesso dobbiamo abbattere le frontiere morali, psicologiche, sociali e allargare i nostri orizzonti.

    D. – Ha parlato del progetto per le famiglie della Siria: prevedete altri programmi al riguardo? E qual è l’auspicio della Caritas per il 2014?

    R. – Per la Siria in particolare – che in questo momento penso sia la situazione peggiore al mondo, è stato definito il più grave conflitto in corso, peggiore anche rispetto ai crimini contro l’umanità compiuti nei Balcani – l’auspicio è che si tenga finalmente la Conferenza di pace "Ginevra 2", o comunque qualcosa di simile: che attraverso il dialogo si possa prima di tutto raggiungere un primo cessate-il-fuoco, per poi arrivare a una vera pace. Questo è l’auspicio per le famiglie della Siria e per le famiglie di tutto il Medio Oriente, perché il conflitto siriano alla fine coinvolge molte altre Nazioni. Speriamo che prevalga un senso di responsabilità forte di tutte le parti: questo è l’auspicio e anche la preghiera che, come famiglie del mondo, dobbiamo fare.

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    Il Papa nomina mons. Galantino segretario generale della Cei ad interim

    ◊   Il Papa ha nominato segretario generale della Conferenza episcopale italiana ad interim mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all'Jonio. Il servizio di Paolo Ondarza:

    “La nomina di mons. Galantino a nuovo segretario generale della Cei – spiega il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi - si è resa urgente per il funzionamento ordinario della Segreteria Generale e per tutta una serie di adempimenti che ne richiedono la presenza”. “Mons. Galantino – prosegue padre Lombardi - ha tutte le facoltà del segretario generale, ma per ora non è stato stabilito quanto durerà il suo mandato; dovrà trasferirsi a Roma per buona parte della settimana, ma al momento rimane vescovo di Cassano all’Jonio". In una lettera, Papa Francesco si rivolge in tono confidenziale ai sacerdoti, ai consacrati ai fedeli della diocesi. “Forse vi risulta strano che vi scriva" – si legge – ma “lo faccio per chiedervi aiuto”, “per una missione importante nella Chiesa italiana”. “Ho voluto scrivervi direttamente – confida il Pontefice – “come chiedendo il permesso”, visto che “so quanto voi amate il vostro vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto”. Il Papa augura a tutti felice tempo di Natale e chiede preghiere: “Vi domando di comprendermi e di perdonarmi. Pregate per me perchè ne ho bisogno, e io vi prometto di pregare per voi”. In una dichiarazione il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, definisce la nomina “un segno ulteriore dell’attenzione e della cura del Santo Padre per la Chiesa che è in Italia”. “Sono certo - conclude il porporato - che mons. Galantino darà un contributo qualificato al servizio dei vescovi nel quotidiano impegno per l’evangelizzazione”. Il presule cassanese prenderà il posto di mons. Mariano Crociata, il quale, dopo aver espletato due mandati come segretario della Cei, è stato nominato vescovo della diocesi di Latina. Mons. Nunzio Galantino è nato a Cerignola (Foggia) il 16 agosto 1948, ed è stato nominato vescovo il 9 dicembre 2011. Il presule definisce il suo nuovo compito una"bella e impegnativa avvenitura in una Chiesa e per una Chiesa che amo".

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    Rinuncia e nomina episcopale nell Filippine

    ◊   Nelle Filippine, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi metropolitana di Nueva Segovia, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Ernesto A. Salgado. Al suo posto, il Papapa ha nominato mons. Marlo M. Peralta, trasferendolo dalla sede di Alaminos. Mons. Peralta è nato a San Carlos, Pangasinan il 13 giugno 1950. Ha compiuto gli studi della scuola secondaria nel Seminario minore di Lingayen-Dagupan, Mary Help of Christians. Successivamente, come alunno del Seminario maggiore di Vigan, nell'arcidiocesi di Nueva Segovia, ha frequentato i corsi di Filosofia e Teologia. È stato ordinato sacerdote il 31 marzo 1975 nella sua città natale di San Carlos. Nella sua diocesi di Urdaneta, ha poi svolto gli incarichi di Direttore di scuola, Direttore spirituale del Consiglio dei Laici, Direttore delle Vocazioni, nonché membro del Consiglio diocesano per la famiglia. Per alcuni anni è stato Parroco della Cattedrale e, dal settembre 2004 all'ottobre 2005, Amministratore Diocesano di Urdaneta. Successivamente, fino al gennaio 2006, è stato Vicario Generale e Parroco della parrocchia di San Nino a Binalonan. Nominato Vescovo Coadiutore di Alaminos il 14 gennaio 2006, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 31 marzo successivo. Il 1° luglio 2007 è subentrato in detta sede.

    In Corea, il Pontefice ha nominato due ausiliari per l’arcidiocesi di Seoul: il sacerdote Timothy Yu Gyoung-chon, direttore del Centro arcidiocesano di Ricerca Pastorale e il sacerdote P. Peter Chung Soon-taek, dei Carmelitani Scalzi, definitore generale del suo Ordine a Roma. Mons. Yu Gyoung-Chon, è nato il 4 settembre 1962 a Jung-gu, Jungrim-dong, nell’Arcidiocesi di Seoul. Ha iniziato gli studi all’Università Cattolica di Seoul (Seminario Maggiore), terminandoli con il Baccellierato in Teologia (1981-1987). Ha proseguito gli studi teologici presso l’Università di Wuerzburg in Germania, ottenendo la Licenza in Teologia (1988-1992). È stato ordinato sacerdote il 30 gennaio 1992 per l’Arcidiocesi di Seoul. Dopo l’ordinazione, ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1998: Studi in Germania (Sankt Georgen, Francoforte) per il Dottorato in Teologia Morale; 1999: Vicario parrocchiale di Mok-dong, per pochi mesi; 1999-2008: Professore all’Università Cattolica di Seoul (Seminario Maggiore); 2008-2013: Direttore dell’Istituto per il Ministero Pastorale Integrale dell’Arcidiocesi di Seoul.

    Mons. Chung Soo-Taek è nato il 5 agosto 1961, a Daegu, nell’Arcidiocesi omonima. Ha prima studiato Ingegneria Chimica presso l’Università Statale di Seoul (1983-1986). Successivamente ha ricevuto la formazione filosofica e teologica all’Università Cattolica di Seoul (Seminario Maggiore) (1986-1992). Ha pronunciato la professione perpetua il 25 gennaio 1992 nell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, O.C.D., ed è stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1992. Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1993-1997: Maestro dei Novizi; 1997-1998: Maestro degli Studenti; 1999-2004: Studi in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico a Roma, conseguendo la Licenza; 2005-2008: Definitore Provinciale dei Carmelitani Scalzi di Corea; 2008-2009: Primo Definitore dei Carmelitani Scalzi di Corea; dal 2009: Definitore Generale, a Roma, incaricato della Regione di Estremo Oriente ed Oceania.

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    Tweet del Papa: "Nel volto del Bambino Gesù contempliamo il volto di Dio"

    ◊   “Nel volto del Bambino Gesù contempliamo il volto di Dio. Venite, adoriamo!”. È il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 11 milioni di follower.

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    Editoriale Scalfari. P. Lombardi: il Papa non ha abolito il peccato

    ◊   Nel suo editoriale di ieri sulla Repubblica, Eugenio Scalfari è tornato a dedicare attenzione al magistero di Papa Francesco. In particolare, l’ex direttore del quotidiano sostiene che, nella recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium, il Papa abbia inteso abolire il peccato. Il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, si sofferma con un commento sulle affermazioni di Scalfari, al microfono di Alessandro De Carolis:

    R. – Anzitutto, vorrei dire che il fatto che Scalfari abbia dedicato di nuovo un lungo editoriale a Papa Francesco e al suo insegnamento è un segno della grande attenzione che lui, ma oltre a lui, l’intero mondo laico, sta dedicando al Papa. E questo è certamente un segno positivo anche di un dialogo con il mondo laico, che il Papa ha saputo avviare. Per quanto riguarda, però, alcuni contenuti di questo articolo, è giusto fare qualche considerazione, anzitutto su questa affermazione che il Papa abbia abolito il peccato. Certamente, non è pertinente, anzi chi segue veramente il Papa giorno per giorno sa quante volte egli parli del peccato, parli della nostra condizione di peccatori e, anzi, proprio il messaggio della misericordia di Dio, che Scalfari mette in rilievo, e che è fondamentale, e che certamente il Papa ha messo al centro del suo annuncio del Vangelo, si capisce tanto più profondamente quanto più si comprende la realtà del peccato. Papa Francesco è un gesuita e vorrei ricordare che gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, che certamente sono stati anche per lui scuola di spiritualità e di vita cristiana, cominciano proprio con la prima settimana dedicata alla meditazione dei peccati – dei peccati nel mondo e dei peccati personali – e le meditazioni si concludono con un meraviglioso colloquio in cui ci si mette di fronte a Gesù Crocifisso, ricordando che da Creatore è venuto a farsi uomo ed è venuto alla morte per morire per i nostri peccati, per i miei peccati. E io, di fronte a Gesù Crocifisso, comprendendo la profondità della grazia che io peccatore ho ricevuto, mi interrogo su cosa ho fatto per Cristo, su cosa faccio per Cristo e che cosa devo fare per Lui. Quindi, la dinamica spirituale fondamentale, in cui anche il Papa si pone, è la consapevolezza dei peccati e il domandarne perdono; vedere la grandezza infinita della misericordia di Dio e così lanciarci nella vita cristiana, rinnovata dalla misericordia e dall’esperienza dell’amore di Dio. Se uno elimina il peccato, il messaggio della misericordia non si comprende più.

    D. – In un altro passaggio del suo articolo Scalfari fa riferimento alla conversazione avuta con Papa Francesco e, in particolare, ad una risposta da lui ricevuta circa la capacità umana di pensare Dio una volta estinta la vita sulla Terra. Risposta che, a suo dire, sarebbe stata “la divinità sarà in tutte le anime e tutto sarà in tutti”...

    R. – Ecco, anche qui si vede come la cultura umanistica, la riflessione di Scalfari non si trovi sempre a suo agio in campo biblico-teologico, perché qui evidentemente si tratta del fraintendimento di una risposta che il Papa gli aveva dato nel colloquio, in cui proprio alla domanda sulla fine della realtà di questo mondo, il Papa faceva riferimento al capitolo 15 della prima Lettera ai Corinzi, versetto 28, che è un luogo molto famoso della Scrittura, in cui si parla delle ultime realtà e in cui si dice che “Dio sarà tutto in tutti”. Quando tutto sarà stato sottomesso a Dio Padre dal Figlio, allora Dio sarà tutto in tutti. E questo diventa invece, nella lettura di Scalfari, una realtà invece di tipo panteistico. Egli scrive: “La divinità sarà in tutte le anime e tutto sarà in tutti”. Questo certamente non è quanto la Scrittura ha in mente, né il Papa aveva in mente. Un’altra inesattezza evidente in questo articolo è che Scalfari dice che il Papa ha canonizzato Sant’Ignazio di Loyola e, invece, come tutti sappiamo, nei giorni scorsi ha canonizzato Pietro Favre, che era il primo compagno di Sant’Ignazio di Loyola e Ignazio di Loyola era già Santo della Chiesa da diversi secoli. Quindi, credo che bisogna stare attenti a continuare un dialogo, ma ad approfondirlo in modo tale che non ci siano degli equivoci e ci si capisca veramente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La famiglia esiliata: nell'ultimo Angelus dell'anno Papa Francesco invita a riflettere sul dramma dei rifugiati e sulle difficoltà dei migranti.

    Accanto a sei Pontefici: in un'intervista di Nicola Gori, il cardinale Giovanni Coppa parla dei suoi 65 anni di sacerdozio.

    L'emergenza umanitaria nella capitale centroafricana.

    Dopo il coraggio di Ratzinger la rivoluzione di Francesco: nei bilanci della stampa mondiale sul 2013.

    L'arte di raccontare la follia: Giulia Galeotti intervista lo scrittore inglese Patrick McGrath.

    Non esiste un tempo profano: Inos Biffi sull'anno solare e la fede del cristiano.

    L'invito a varcare il limite: l'arcivescovo Vincenzo Bertolone a proposito del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale per la pace 2014.

    Chiamateli con dolcezza: Nino Giordano sul calendario dei santi di Giorgio la Pira.

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    Oggi in Primo Piano



    Russia: evacuata la Piazza Rossa a Mosca per allarme bomba. 31 i morti nel duplice attentato a Volgograd

    ◊   Sicurezza rafforzata in tutta la Russia, dopo il duplice attentato a Volgograd, nel sud del Paese, dove in totale hanno perso la vita 31 persone. Per gli investigatori, l’esplosione di stamattina, su un filobus, ha “elementi identici” a quelli di ieri nella stazione ferroviaria. E intanto è psicosi anche a Mosca. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    E’ ormai allarme totale in Russia. L’ultimo è scattato in tarda mattinata a Mosca, dove la Piazza Rossa è stata evacuata in seguito all’annunciata presenza di una bomba. Psicosi o pericolo reale, il Paese si interroga, in balia della paura, dopo il duplice attentato a Volgograd, nel Sud, porta d’ingresso verso quel Caucaso tutt’altro che pacificato. Le due esplosioni sono pressoché identiche, dicono gli inquirenti: quattro chili di tritolo e un kamikaze in entrambi i casi. Il primo, nella stazione centrale ieri, ha provocato 17 morti, il secondo, su un filobus, 14. In totale, 31 vittime di quel terrorismo probabilmente di matrice islamica che preoccupa, e non poco, il Cremlino. Mancano 38 giorni, infatti, all’inizio dei giochi Olimpici di Sochi. L’evento potrebbe essere usato come straordinaria cassa di risonanza per atti criminali simili a quelli commessi nell’ex Stalingrado. Per evitare questo, Putin ha rafforzato la sicurezza in tutto il Paese.


    Il doppio attentato a Volgograd ripropone l'incubo terrorismo in Russia a 38 giorni dall'inaugurazione delle Olimpiadi di Sochi. La scorsa estate, il terrorista ceceno Umarov aveva diffuso un video in cui sollecitava attacchi contro i Giochi. Salvatore Sabatino ha chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali, se esista un collegamento diretto tra quell’appello e quanto accaduto nelle ultime ore:

    R. – Direi proprio di sì: è in atto uno scontro tra chi vuole mostrare che l’area è normalizzata e pacificata e chi invece vuole portare l’attenzione ancora sui problemi non risolti nel Caucaso.

    D. – Che cosa ci possiamo attendere come risposta da Putin?

    R. – E’ sicuramente un terrorismo non sconfitto: basti vedere la presenza dell’Internazionale caucasica anche nel conflitto in Siria e in altre parti del mondo. Occorrerà vedere. Putin, molto probabilmente, rafforzerà i Servizi di sicurezza. Onestamente, è difficile fare molto di più…

    D. – Negli ultimi attentati, i kamikaze, per la maggior parte donne, non provenivano più dalla Cecenia ma dal Daghestan. Questo vuol dire che un po’ tutta l’area è ancora caldissima…

    R. – Esattamente. Dalla piccola enclave cecena, ormai il movimento ultraradicale terroristico è diventato una realtà che si è allargata fino a comprendere più Paesi.

    D. – Negli ultimi anni la Russia, lo ricordiamo, ha vissuto momenti drammatici legati al terrorismo, pensiamo soltanto alla scuola di Beslan o al teatro Dubrovka di Mosca. Insomma, una quotidianità fatta comunque di paura…

    R. – Sì, anche perché gli avversari sono persone molto bene organizzate e in grado di pianificare e condurre un’operazione con stile di commando militare. Quindi, un avversario assolutamente temibile.

    D. – C’è, a questo punto, la necessità di garantire la sicurezza dei Giochi olimpici invernali di Sochi. Esiste il rischio, secondo lei, che venga utilizzato il pugno di ferro in Caucaso da parte di Putin?

    R. – Mi pare che il pugno di ferro, in Caucaso, sia sempre stato utilizzato. Semmai, il problema è stato l’eccesso di pugno di ferro che ha permesso da una parte di eliminare alcune minacce, dall’altra parte certamente di incancrenire ancora di più il conflitto.

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    Sud Sudan. Save the Children: il conflitto sta dividendo migliaia di bambini dai genitori

    ◊   Nel Sud Sudan, sarebbero migliaia i bambini separati dalle loro famiglie in seguito al conflitto interetnico scoppiato due settimane fa nel Paese e costato la vita già ad almeno mille persone. Scintilla della crisi è stata lo sventato colpo di Stato, denunciato dal presidente Salva Kiir, per opera dell’ex vice presidente, Riek Machar. L’allarme è dell'organizzazione Save the Children, secondo cui molti minori vivono da soli nelle zone più remote del Paese dopo che i loro genitori sono stati uccisi e le loro case distrutte. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Emanuela Salvatori, portavoce di Save The Children Italia:

    R. - Ciò che accade in questo momento in Sud Sudan è qualcosa che purtroppo vediamo ripetersi ogni volta che c’è un conflitto. Ci sono violenze tra parti che fatalmente coinvolgono anche la popolazione civile e i bambini, ahimè, sono le vittime più vulnerabili di tali violenze.

    D. – Save the Children, e anche altre organizzazioni, stanno pensando a qualche tipo di intervento per raggiungere questi minori, molti dei quali – secondo quanto denunciate – sarebbero isolati in zone remote del territorio…

    R. – Save the Children in questo momento sta già operando a supporto di tutti i bambini – soprattutto separati e quindi soli – che si sono rifugiati presso i compounds delle Nazioni Unite a Giuba. Quindi, in questo momento la priorità dell’organizzazione è supportare i bambini e gli adolescenti che si sono ritrovati soli, privi dei genitori o di adulti di riferimento. Ciò che in questo momento rende molto difficile l’intervento sono queste condizioni di violenze e di grande instabilità, oltre al fatto che una parte delle persone scappate si sia rifugiata nella foresta, quindi in luoghi difficilmente raggiungibili. ciò che in questo momento, come organizzazione indipendente, noi chiediamo – e in questo auspichiamo quindi la collaborazione anche della comunità internazionale – è un immediato cessate-il-fuoco, perché solo in questo modo sarà possibile raggiungere questa parte di popolazione in grande difficoltà e, al momento, non toccata da alcun tipo di aiuto.

    D. – Ci si è fatti un’idea dell’entità di questo conflitto, ancora poco conosciuto, e delle sue ricadute al livello umanitario più generale?

    R. – Si tratta di un conflitto pericoloso che ci preoccupa grandemente, perché è un Paese giovane, di recente costituzione. La sua popolazione, i bambini, gli adolescenti sono appena usciti da anni ed anni di conflitto. Bisogna in tutti i modi impedire che la violenza torni ad avere la meglio. Tuttavia, si può lavorare per ricondurre, aiutare e accompagnare questo giovane Paese lungo un cammino di stabilizzazione e se possibile convivenza.

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    Sisma Matese. Il geologo D'Oriano: impossibile fare previsioni, invito alla prudenza

    ◊   Notte in strada per molte persone del casertano, vicino a Piedimonte Matese, epicentro del forte sisma di magnitudo 4.9 registrato ieri pomeriggio e avvertito anche in Molise e Abruzzo. Altre scosse di terremoto di minore intensità sono state avvertite nella notte in Molise, soprattutto in provincia di Isernia, provocando molta preoccupazione ma nessun danno. Antonella Pilia ne ha parlato con Vittorio D’Oriano, vicepresidente del Consiglio nazionale geologi:

    R. – Un panorama deve far riflettere maggiormente, perché abbiamo da qualche settimana uno sciame sismico a 300 chilometri a nord, nella zona egubina, in Umbria, e stamattina nella provincia di Ragusa, in Sicilia.

    D. – Questi fenomeni quali segnali ci trasmettono?

    R. – Da un punto di vista energetico, più scosse ripetute e brevi avvengono più si libera l’energia che si sta accumulando. Purtroppo, oggi non è dato sapere né prevedere se a questo fenomeno potrebbero essere associate scosse di entità superiore, quindi con maggiori danni a cose e - ahimè - forse anche a persone. Però, sostanzialmente, si sta accumulando energia per una serie di movimenti crostali e l’Italia si trova proprio al centro di questi movimenti. La catena appenninica si è formata una ventina di milioni di anni fa, quindi è ancora attiva da questo punto di vista. Ne sono testimonianza tutta la ghirlanda di vulcani che esistono sia nella parte tirrenica che nella parte dell’Egeo, la placca africana che pigia su quella euroasiatica e che provoca eruzioni e terremoti, e talora ambedue insieme.

    D. – Viene spontaneo ripensare allo sciame sismico che precedette il terremoto dell’Aquila. Quale riflessione propone?

    R. – Una riflessione che spinga tutti quanti nella direzione della prudenza. Premesso che oggi non ci sono certezze a livello di previsione dei terremoti, e siccome l’evoluzione è sotto gli occhi di tutti – abbiamo lo sciame sismico a Gubbio e ora questo grosso evento avvertito da tutti in Campania – io inviterei tutti a esser cauti. Anche perché le strutture e gli edifici – sicuramente in percentuali molto elevate, superiori al 90% – sono assolutamente non antisismici, costruiti con sistemi dell’epoca quindi molto vecchi.

    D. – Colpisce, infatti, che l’Appennino sia una delle zone a maggior rischio in Italia, ma sia del tutto assente un’edilizia antisismica…

    R. – Noi dobbiamo recuperare il tempo perduto. Non abbiamo fatto tesoro di molte informazioni che, da almeno 150, anni abbiamo in Italia. Per esempio, il terremoto di Messina nel 1908, cui seguì anche un grandissimo maremoto. Nell’aprile del 1909, furono emanate norme antisismiche per tutto quel circondario: norme che per l’epoca erano modernissime, ma che non sono state applicate né sono state fatte applicare. Anche la legge antisismica dell’epoca repubblicana del 1974 esisteva per tutto il territorio nazionale. In questa suddivisione, c’erano sicuramente le province emiliane che sono state colpite dal terremoto qualche anno fa e lì sono avvenuti crolli che, secondo me, cozzano con le disposizioni antisismiche che la legge conteneva anche all’epoca.

    D. – Cosa suggerisce, dunque, a chi sta vivendo la paura del terremoto e vive in edifici non antisismici?

    R. – Per quanto è possibile, ed è una mia opinione personale, io inviterei le persone a tornare nelle loro abitazioni con cautela. Starei il più possibile all’aperto, in luoghi non affollati e lontano dagli edifici.

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    Dal 2005 raddoppiata al povertà. La Cisl: nel 2014 tagliare le tasse sul lavoro

    ◊   Nel 2012, si trovava in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia e il 15,8% degli individui. E' quanto emerge dal Rapporto sulla coesione sociale. E calano anche le garanzie sul lavoro. Il numero medio di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 dell’1,3% è calato rispetto all'anno precedente. Alessandro Guarasci:

    E’ un’Italia sempre più fragile quella che emerge dal Rapporto sulla coesione sociale messo a punto dal ministero del Lavoro, Istat e Inps. Così la povertà ha toccato livelli mai visti dal 1997 ad oggi, raddoppiando dal 2005 e triplicando al Nord. Nel 2012 la retribuzione mensile netta è stata di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 per gli stranieri. Rispetto al 2011, il salario è rimasto quasi stabile per gli italiani, 4 euro in più, mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri. In queste condizioni è fisiologico che si facciano sempre meno figli. Nel 2013, ci sono stati 62 neonati in meno al giorno rispetto al 2012. E anche per gli anziani non va bene. Quasi un pensionato su due ha un assegno inferiore ai mille euro.


    La grande sfida del 2014 sarà il lavoro. Le ultime rilevazioni danno una disoccupazione al 12,5%, che raggiunge un picco del 41,2% tra i 15 ed i 24 anni. Il governo ha messo in campo alcune misure come la decontribuzione per i neo assunti, e nell’ultimo Consiglio dei ministri del 27 dicembre dalla redistribuzione dei fondi Ue sono arrivati 700 milioni per l’occupazione. Sulle prospettive per il prossimo anno, Alessandro Guarasci ha sentito il segretario confederale della Cisl Anna Maria Furlan:

    R. – Per creare lavoro e occupazione non bastano agevolazioni per assumere, che sono importanti, ma non sufficienti: bisogna far ripartire in termini generali l’economia. Non a caso, come Cisl, abbiamo chiesto ormai da anni un significativo segnale sulla fiscalità, per quello che riguarda il lavoro. Siamo un Paese in cui il lavoro è passato quasi al 50%, a carico delle imprese dei lavoratori; le rendite finanziarie al 20%; addirittura, le transazioni finanziarie nemmeno all’1%. Quindi bisogna fare un serio lavoro sul cuneo fiscale, molto, molto più significativo delle piccole cose che poi si sono realizzate, molto modeste, quasi insignificanti, nella manovra finanziaria, e sbloccare immediatamente le grandi e le medie opere.

    D. – Si poteva tagliare di più il cuneo fiscale, intervenendo anche sulla spesa pubblica?

    R. – Certo, la manovra che è stata fatta sul cuneo fiscale è talmente debole che sarà del tutto insufficiente a far ripartire i consumi e quindi a far anche ripartire la produzione. Quindi ci vuole ben altro: ci vogliono mosse più coraggiose, più determinate. E’ ovvio che per noi questa è una chiave di svolta importantissima e necessaria per far ripartire l’economia.

    D. – La possibilità di un contratto unico di lavoro vi spaventa oppure è un’opportunità anche per riformare il mercato del lavoro?

    R. – Dalle dichiarazioni bisogna poi passare a leggere proposte e testi. Se tutto questo può servire e, da quello che capiamo, è quello l’intento di chi lo propone, a togliere tanti giovani dalla precarietà e creare condizioni per assunzioni, perché no? Può essere una buona possibilità. A monte ci sta, però, invece, un intervento molto serio per far ripartire l’economia e il lavoro.

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    Donne immigrate e imprenditrici: il progetto "Strane Straniere" dell'Associazione Atelier

    ◊   Un terzo delle nuove imprese straniere in Italia è gestito da donne. L’associazione l’Atelier di Roma ha raccolto le storie di donne che da migranti sono diventate imprenditrici e che, grazie a un progetto della provincia di Roma, metteranno le loro esperienze a diposizione di altre migranti. L’iniziativa si chiama “Strane Straniere” e l’obiettivo quello di creare una rete di comunicazione e anche di contraddire lo stereotipi negativo del fenomeno migratorio. Il serviziodi Elvira Ragosta:

    “Nel ’95 sono arrivata con il sogno di una ragazza di 25 anni di continuare gli studi, invece mi sono trovata a lavorare dentro una società che doveva dichiarare fallimento. L’ho ripresa io, però, malgrado la mia ignoranza in materia di meccanica. L’ho presa pagando i debiti della società e sono andata avanti nel cammino come ricambista per auto d’epoca e moderne”.

    La storia di Aida è simile e allo stesso tempo diversa di quella delle altre donne che si sono raccontate all’Associazione Atelier. Ognuna di loro era giunta in Italia più di dieci anni fa, migrante e determinata. Sono le storie di donne che ce l’hanno fatta a superare le difficoltà di lasciare il proprio Paese e i propri affetti per un’avventura incerta. Sarah Zuchkra Lukanich, coideatrice del progetto:

    “Parlare d’imprenditoria emigrata è già una cosa difficile, figuriamoci quella imprenditoriale immigrata al femminile che, però, è in incremento. Abbiamo donne dello Sri Lanka, dell’Ucraina e della Russia qui da pochi anni – due o tre anni – e già si sono messe in proprio. E’ interessante, dunque, vedere che ognuna di loro ha una sua personale storia. Forse, a volte, bisogna soffermarsi su questo e avere anche cura di accostare la ricchezza dell’altro, la diversità dell’altro, come uno stimolo”.

    E’ proprio dai buoni esempi di queste imprenditrici che il progetto "Strane Straniere" vuole partire, per realizzare incontri, laboratori performance e creare una rete che metta in comunicazioni le donne migranti che abbiano dei progetti creativi e aiutarle a muoversi nel mondo dell’imprenditoria italiana:

    “Quindi è un laboratorio. Poi vedremo, dopo nove mesi, quanto sarà duro questo laboratorio, che tra l’altro diventerà anche un documentario e un libro. Dopo nove mesi, se una qualsiasi di loro dirà: 'Mi è venuta l’idea di fare un’impresa', ne sarà valsa la pena, no?".

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    Insulti e "auguri di morte" su Fb alla ragazza malata che difende la sperimentazione animale

    ◊   Oltre 30 auguri di morte e più di 500 offese su Facebook. A riceverle è stata Caterina Simonsen, 25 anni, studentessa di veterinaria, gravemente malata e costretta per 20 ore al giorno a restare attaccata a un respiratore. A scatenare la pioggia di insulti è stato un post nel quale la ragazza difende la ricerca e la sperimentazione animale, “senza la quale – scrive – “sarei morta a nove anni”. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Uno sguardo vivace, alla bocca un respiratore, tra le mani un messaggio: “Io, Caterina, ho 25 anni grazie alla vera ricerca che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a nove anni. Mi avete regalato un futuro”. La foto della giovane, aspirante veterinaria, di Padova, colpita da quattro malattie rare, ha scatenato una pioggia di insulti su Facebook, come questo: “Se crepavi a nove anni non fregava nulla a nessuno”, meno “bestie schifose” e “più animali su questo pianeta”. Solidarietà alla ragazza da “Scienza e Vita” nelle parole del copresidente, Domenico Coviello:

    “Caterina è stata molto coraggiosa e quindi 'Scienza e Vita' ha voluto supportare il fatto che anche i pazienti si rendono conto delle evidenze scientifiche e quindi sono partecipi del percorso della ricerca”.

    In risposta agli insulti sul web, Caterina Simonsen pubblica un video: seduta su letto, circondata da farmaci e medicinali, racconta la sua giornata, attaccata dalle 16 alle 22 ore ad un respiratore:

    “Il mio obiettivo è laurearmi per salvare gli animali, però vi devo dire che ancora a oggi la sperimentazione animale in Italia è necessaria e obbligata”.

    Quindi, lancia un appello agli animalisti: sia combattuto l’utilizzo degli animali dove non è fondamentale per l’esistenza umana: la caccia, i macelli, gli allevamenti di pellicce. “Anziché ostacolare il lavoro dei ricercatori – sono le sue parole – potreste raccogliere soldi per cercare un ‘metodo alternativo’ agli esperimenti su animali”. Ancora Domenico Coviello:

    “Come ha detto Caterina, il giusto modo di interazione tra ricercatori e persone che, giustamente, hanno cura degli animali è proprio quello del dialogo. Il dialogo è l’unico modo per migliorare le conoscenze da tutte e due le parti. Quindi, una volta migliorata la conoscenza delle problematiche, si potranno trovare insieme le soluzioni più appropriate. Invece, il contrasto e l’odio, come è stato dimostrato dai messaggi su Facebook, sicuramente non sono utili né all’uno né all’altro”.

    Ma oggi non si può fare a meno della sperimentazione animale?

    “Purtroppo, non è ancora del tutto possibile non utilizzare l’animale prima di dichiarare un farmaco sicuro. Questo perché gli esperimenti che vengono fatti in un primo momento su colture cellulari e su cellule singole, vanno verificate su un organo intero e sull’organismo vivente intero. E prima di passare all’uomo, attualmente è più sicuro fare un passaggio nell’animale. Questo non vuol dire che tutti i ricercatori non debbano adoperarsi per attuare tutte le precauzioni perché l’animale non soffra, come viene dichiarato dalle direttive europee”.

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    Madrid: la testimonianza delle famiglie cristiane, speranza dell'Europa

    ◊   Un giorno di particolare bellezza a Madrid, con un sole e una luce che ha dato alla Piazza di Colón tutto il suo fascino e splendore, ha visto ieri riunite decine e decine di migliaia di famiglie cristiane per celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Da Madrid il servizio di padre Ezechiele Pasotti:

    Per il settimo anno consecutivo tantissime famiglie, provenienti da tante diocesi della Spagna, ed ovviamente da Madrid, ma anche da diversi paesi dell’Europa (Portogallo, Francia, Italia, Austria, Germania, Polonia, Ungheria) sono venute a testimoniare non solo l’importanza della famiglia cristiana, ma soprattutto la sua centralità per tutta l’Europa, per dare all’Europa quella speranza, quella gioia di vivere che sembra farsi ogni giorno più evanescente, creando problemi sociali, demografici, economici e politici che sembrano insolubili. Ed è stata una vera festa: famiglie con numerosi figli, con tante carrozzine, con tanti nonni hanno ascoltato diverse testimonianze di coppie, appartenenti soprattutto a diverse realtà ecclesiali (Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, Opus Dei ed altre) che hanno raccontato la loro gioia di vivere la fede cristiana oggi, testimonianze inframmezzate da canti e da “villancicos” (i tipici gioiosi canti di Natale).

    A rendere la festa particolarmente significativa quest’anno erano presenti un centinaio di famiglie del Cammino Neocatecumenale, con i loro numerosi figli, provenienti da diversi Paesi dell’Europa, che saranno inviate in missione ai cinque continenti da Papa Francesco il prossimo 1° febbraio, in un’udienza particolare che avranno nell’Aula Paolo VI. Kiko Argüello - iniziatore con Carmen Hernández del Cammino Neocatecumenale e animatore sin dall’inizio dell'evento madrileno, insieme al cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, alla diocesi e ad altre realtà ecclesiali - prima della celebrazione dell’Eucaristia, ha sottolineato che queste famiglie "missionarie" del Cammino, non sono dei “marziani”, gente speciale, ma sorelle e fratelli normali che in un cammino di iniziazione cristiana hanno riscoperto la bellezza della loro fede, del loro battesimo; si sono sentiti perdonati, amati gratuitamente da Dio e che, per gratitudine a Lui, non vogliono più tenere per sé la grazia e la speranza ricevuta.

    Partendo da un passo di Paolo ai Corinti (5,15), dove dice che Cristo “è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”, Kiko ha mostrato come "è il peccato che abita in noi ad obbligarci a vivere tutto per noi stessi, ad offrire tutto a noi stessi e così diventiamo egoisti, violenti, lussuriosi, mentitori…, mentre nel nostro Dna continua ad essere scritto che vivere, vivere davvero, è amare, è donare la nostra vita. San Paolo dice che siamo divisi: desideriamo operare il bene e ci troviamo il male fatto tra le mani, e questo per il peccato che abita in noi (cf Rm 7,14ss), che ci domina e contro il quale non abbiamo potere. Gesù Cristo - ha detto con forza Kiko - è venuto a liberarci da questa schiavitù e nel battesimo ci offre la sua vittoria. Non per magia, ma nella misura in cui, mediante un cammino graduale di iniziazione cristiana, a questo peccato viene tolto potere e forza, l’uomo si apre al dono di sé, fa nuovamente della sua vita quel dono agli altri per il quale Dio lo ha creato. È la croce di Cristo che ha vinto e vince il mondo. È la croce l’unica verità che salva. È da questa liberazione profonda, da questa situazione di vita nuova, che nasce l’evangelizzazione, la chiamata a portare questa buona notizia agli altri uomini, dovunque sia, senz’altra certezza e consolazione che quella di fare, con gioia, la volontà di Dio. Portando con sé, in questa avventura divina, i propri figli - ha concluso Kiko - certi non solo di non privarli di alcun bene, ma di donare loro il senso vero della vita, perché si fa di essa un dono per gli altri".

    Questa è la speranza di cui l’Europa ha urgente bisogno: non avere paura di aprirsi alla vita, di donare la vita, di dare la vita ai figli, come ha sottolineato mons. Juan Antonio Reig, incaricato della Conferenza episcopale spagnola per la famiglia e la difesa della vita e vescovo di Alcalá. A mezzogiorno, in collegamento speciale con Piazza S. Pietro, tutta la grande assemblea ha ascoltato commossa la parola del Papa ed ha recitato l’Angelus con Lui. Subito dopo ha avuto luogo la solenne celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal cardinale Rouco Varela, accompagnato dai cardinali Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e Carlos Amigo, emerito di Sivilla, da oltre 35 vescovi, insieme a moltissimi presbiteri. All’omelia l’arcivescovo madrileno ha sottolineato come proprio davanti alla dura crisi in cui si trova l’Europa oggi, è la famiglia “cristianamente costituita” a dimostrare ancora una volta “il suo valore insostituibile per la solidarietà e la pace sociale” e “a confermarsi come la vera formula personale e sociale per il bene e la realizzazione piena della persona umana”. Conclusa l’omelia, le cento famiglie in partenza per la missione ai cinque continenti, si sono raccolte davanti al cardinale che ha rivolto loro la stessa preghiera di invio preparata dal Beato Giovanni Paolo II per un’altra occasione simile.

    Al termine della celebrazione, il cardinale Rouco Varela ai microfoni della Radio Vaticana ha voluto sottolineare due cose in particolare: “In questo settimo anno, la celebrazione della Santa Famiglia, qui nella piazza di Colón, si sta convertendo in una formula di pastorale per la famiglia molto viva e molto contagiosa per l’Europa. E dobbiamo continuarla. Infatti, davanti alle sfide che la situazione della famiglia affronta in Europa, sia in rapporto alla sua fede, come anche davanti alla sua espressione più profondamente umana, c’è un lungo cammino di evangelizzazione da portare avanti. Quest’anno sono rimasto molto impressionato ed è stato particolarmente stimolante fare l’invio di cento famiglie 'ad gentes'. Un’altra cosa che mi ha dato molta soddisfazione e molta allegria - ha sottolineato il porporato - è stato vedere che questa festa sta mettendo radici profonde qui a Madrid, ma anche in tutta la Spagna”.

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    “Ti ri-Guarda”: Capodanno francescano ad Assisi per duemila giovani

    ◊   “Ti ri-Guarda”, il titolo dell’atteso Capodanno francescano, che riunirà ad Assisi duemila giovani, per trascorrere insieme nella gioia e nella serenità questo evento. Il raduno si svolgerà alla Porziuncola, dove solo due mesi fa Papa Francesco aveva incontrato i giovani umbri nel Santuario di Santa Maria degli Angeli. Ad accogliere di nuovo i giovani in questo luogo carico di fede sarà domani pomeriggio padre Francesco Piloni. L'intervista al religioso è di Roberta Gisotti:

    R. – Le parole di Papa Francesco ci riguardano, sono vive e riecheggiano ancora in mezzo a noi perché sono proprio il desiderio di Dio, di incontrare ogni suo figlio. Ed è proprio quello che noi vogliamo proporre a questi duemila giovani che stanno già arrivando ad Assisi: che Dio non si è dimenticato di te. C’è un Padre che costantemente ha lo sguardo pieno di desiderio sulla vita di ogni suo figlio.

    D. – Spesso, si parla della gioventù di oggi come di una gioventù sfiduciata, una gioventù cui è stato rubato il futuro. Perché?

    R. – I giovani sentono che il futuro è stato loro chiuso da un mondo che sembra avere già occupato tutti i posti: sembra che i giovani di oggi siano in esubero, quasi un di più rispetto ad un mondo che è frenetico, che va veloce… Allora, quello che conta, invece, è ricordare ai giovani che il futuro si costruisce dall’oggi: il futuro si costruisce a partire da un presente dove tu sei chiamato a esserci pienamente. Ecco, la fatica di molti giovani che incontriamo è di evadere, di lanciarsi in un futuro che non c’è, quindi in un mondo di sogni lontano, o di essere ripiegati in un passato che non c’è più, e che spesso li ha feriti. A noi piace dire ai ragazzi di affidare il loro futuro alla Provvidenza di Dio, di affidare il loro passato alla Misericordia di Dio e di giocarsi tutto in quest’oggi, dove Dio c’è e cammina con noi. L’Emanuele è proprio questo.

    D. – Papa Francesco ha chiesto a tutti di ricercare la pace nel proprio cuore e ha detto: “La pace francescana non è un sentimento sdolcinato”…

    R. – Quello che sicuramente il Papa voleva consegnare è proprio questo: la pace è sempre il risultato di una lotta. Ecco, noi ci accorgiamo che i giovani hanno paura di entrare nella vita perché non sono preparati ai combattimenti quotidiani, normali, di tutti i giorni; alle tensioni del vivere con le relazioni, con le persone, con gli affetti, con una vita che non va sempre come pensiamo noi. Sono tensioni interne, sono tensioni esterne: l’Emanuele è venuto a portare pace nelle tensioni tra gli assurdi della vita, tra le tensioni contrapposte. Allora, in noi ci sono le luci, ma ci sono anche le tenebre, c’è la gioia ma ci sono anche i tempi di tristezza, c’è il momento di fare pace, ma c’è anche il momento di combattere e di lottare per ciò che vale veramente la pena. La pace è sempre il risultato di un combattimento che manifesta quello che veramente una persona desidera e vuole. Ma soprattutto, la pace è il risultato di un Dio che viene a combattere con noi. Infatti, una delle espressioni che lanceremo fortemente nella prossima notte del Capodanno 2013-2014 è proprio “Non temere, io sono con te!”. Il nostro Dio lo ripete nella Bibbia 366 volte: vuol dire 365 giorni più – pensando anche al bisestile – 366 volte. Ripete quest’espressione perché l’uomo ha bisogno di questo: sapersi non solo, ma accompagnato da Dio.

    D. – Padre Francesco, come si svolgerà l’evento?

    R. – Prima di tutto incontreremo nel Santuario, dalle 18 alle 19, i giovani che poi si possono collegare anche tramite via web, perché sono tanti gli amici che sono sparsi un po’ in tutto il mondo e che ci seguono. Dopodiché, ci sarà la cena e poi, dalle 20.30 fino alle 22.15, ci sarà una festa: con il canto, con il ballo diremo la gioia di essere vivi, di avere un Padre che ci ama. Poi, verso le 22.15 ci sarà un momento di testimonianza di un giovane sposo che lavora alla Caritas a Napoli, per dire che “ti ri-guarda”: non è semplicemente il Signore che tiene continuamente lo sguardo aperto su di noi, ma siamo chiamati a fare lo stesso anche noi soprattutto al fratello che si sente solo, che si sente dimenticato. Dopo, verso le 23, ci trasferiamo nuovamente in Santuario, in una lunga processione di questi duemila giovani, con le luci accese e in un clima di preghiera, e alle 23.30 inizierà la celebrazione eucaristica dove dalla Porziuncola saluteremo l’anno 2013 e ci apriremo a questo nuovo anno, con la certezza di essere guardati da Dio, di sperare che anche noi continuiamo a guardare i fratelli che ci sono accanto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Congo: attaccata Kinshasa. Uccisi 40 terroristi. Il governo: "Situazione sotto controllo"

    ◊   “Le armi si sono fatte sentire per alcune ore, a partire dalle 9, e attorno a noi ci sono stati ingenti movimenti di militari in uscita dalla base della guardia repubblicana. Così siamo rimasti bloccati alla sede dell’organizzazione. Da poco siamo usciti e ora la situazione sembra più calma anche se ancora confusa”: lo dicono all'agenzia Misna fonti della locale organizzazione di difesa dei diritti umani ‘Voix des sans voix’ (Vsv), contattate a Kinshasa, precisamente nel quartiere di Kintambo (nord-ovest). In base alla ricostruzione dei fatti riferita da fonti di stampa congolese, tra cui l’emittente locale dell’Onu ‘Radio Okapi’, individui “non meglio identificati in abiti civili” hanno fatto irruzione nella sede della Radiotelevisione nazionale congolese (Rtnc), causando una breve interruzione del segnale e delle trasmissioni. Sotto attacco è stato anche l’aeroporto di N’Djili (nord-est) da parte di una ventina di assalitori mentre un terzo gruppo sarebbe entrato in azione al campo Tshatshi, sede dello stato-maggiore generale delle Forze armati regolari congolesi (Fardc) e del ministero della Difesa, nel comune di Ngaliema, a una decina di chilometri dalla Rtnc. In un’allocuzione radiotelevisiva in diretta alle 11.30 (ora locale), il portavoce del governo, Lambert Mende, ha assicurato che la “situazione è sotto controllo” dopo gli attacchi di “terroristi” contro tre sedi distinte del potere a Kinshasa. Invitando la popolazione a “tornare alle normali attività quotidiane”, il portavoce dell’esecutivo ha annunciato che nell’intervento dei militari almeno 40 assalitori sono rimasti uccisi e tre sono stati arrestati. Secondo lo stesso bilancio non ci sarebbe alcuna vittima civile né tra guardie repubblicane, soldati, poliziotti dispiegati nella capitale, dove il dispositivo di sicurezza è stato rafforzato. “I responsabili degli attacchi, poco e mal armati, non sono stati ancora identificati. Abbiamo l’impressione che l’unico obiettivo sia stato quello di seminare paura tra la gente alla vigilia delle festività di capodanno” ha concluso Mende. “Siamo finalmente riusciti a tornare a casa. Al centro città la circolazione è stata interrotta, il grande mercato e i negozi sono chiusi e la gente non è ancora uscita” dicono ancora alla Misna le fonti di ‘Vsv’, sottolineando che “è presto per sapere l’identità degli assalitori e soprattutto le motivazioni”. Scontri tra soldati e insorti sono stati segnalati anche a Lubumbashi, seconda citta' della Repubblica Democratica del Congo e capoluogo della provincia meridionale del Katanga. Il governatorato locale ha riferito che in questo caso i rivoltosi sarebbero seguaci del sedicente predicatore Paul Joseph Mukungubila Mutombo, detto 'Gideon', rivale del presidente Joseph Kabila. Gli insoliti fatti odierni si sono verificati 48 ore dopo la nomina di un nuovo commissario generale della polizia nazionale, del suo vice e del capo della polizia di Kinshasa. Charles Bisengimana, commissario ad interim dal 2010, è subentrato al generale John Numbi, sospeso da tre anni per il suo presunto coinvolgimento nell’uccisione dell’attivista Floribert Chebeya, presidente di ‘Vsv’, e del suo autista Fidèle Bazana. Il nuovo vice commissario della polizia nazionale è il generale Raus Chalwe mentre il capo della polizia nella capitale è il generale Célestin Kanyama. (R.P.)

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    Centrafrica: si aggrava l'emergenza umanitaria, 370 mila gli sfollati

    ◊   Onu e ong non riescono più a far fronte all’emergenza umanitaria creatasi a Bangui, dove almeno 100 mila persone hanno trovato rifugio nei pressi dell’aeroporto, sotto la protezione dei soldati francesi della missione "Sangaris" e delle truppe panafricane della Misca. Il Fondo Onu per l’Infanzia (Unicef) - riferisce l'agenzia Misna - ha censito almeno 55 siti che ospitano più di 370 mila sfollati, per lo più donne e bambini in fuga da vendette incrociate tra ex ribelli della Seleka (a maggioranza musulmana) e esponenti delle milizie locali di autodifesa Anti-Balaka (a maggioranza cristiana). Le violenze cominciate all’inizio del mese hanno già causato almeno mille morti nella capitale di 800.000 abitanti. Mentre a Bangui vige una situazione di calma precaria, Medici Senza Frontiere (Msf) ha lanciato un appello per ottenere “un aiuto umanitario urgente” – in cibo, farmaci e beni di prima necessità – per gli sfollati che si sono ammassati nei pressi dell’aeroporto, dormono all’addiaccio e sopravvivono in condizioni igienico sanitarie “deplorevoli”, con rischi crescenti di epidemie e carestia. Msf ha inoltre riferito che ogni giorno sta curando tra 15 e 20 nuovi feriti mentre gli scontri tra le due parti rivali proseguono nonostante l’intervento militare francese e panafricano. “La popolazione è talmente terrorizzata che non vuole allontanarsi dalla zona dell’aeroporto. Di notte ci sono 100.000 persone che dormono qui. Con altre agenzie Onu stiamo organizzando la risposta umanitaria” ha detto Philippe Leclerc, rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr/Acnur). Il continuo deteriorarsi della situazione dal punto di vista della sicurezza e dei diritti umani sta creando un’altra emergenza: quella di migliaia di cittadini stranieri che con ogni mezzo stanno scappando dal Centrafrica. Al primo posto ci sono i ciadiani residenti da anni nel Paese, soprattutto a Bangui, che scelgono di tornare in patria, temendo di subire “rappresaglie” da parte degli Anti-Balaka. Finora, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim), il ponte aereo allestito dal governo di N’Djamena ha consentito di rimpatriare 3.000 ciadiani. Sono in tanti a lasciare la capitale centrafricana a bordo di convogli di macchine, pulmini e veicoli fuori strada che da giorni sono in partenza con cadenza regolare. L’Acnur ha avvertito che a lasciare Bangui e altre province interne sono anche camerunensi, nigerini e senegalesi, precisando che “molti di loro sono musulmani che temono per la propria incolumità”. Anche il Sudan e l’Etiopia hanno deciso di evacuare i propri concittadini residenti in Centrafrica. Per stemperare le tensioni diplomatiche alimentate da crescenti accuse nei confronti della componente ciadiana della Misca – 850 soldati, coinvolti la scorsa settimana in una sparatoria contro militari burundesi della stessa forza panafricana – l’Unione Africana (Ua) ha ribadito il proprio “sostegno all’azione del contingente” dispiegato da N’Djamena in Centrafrica. Toni concilianti sono anche arrivati dal primo ministro di transizione centrafricano Nicolas Tiangaye che ha chiesto “più tempo per lasciare alla Misca la possibilità di fare le sue prove”. Fonti della società civile centrafricana citate dall’emittente locale Radio Ndeke Luka hanno invece deplorato che “il punto di vista dei centrafricani non sia preso in considerazione dall’Unione Africana che dice apprezzare il lavoro dei ciadini della Misca senza nemmeno verificare se le accuse mosse nei loro confronti sono vere o false, eppure ci sono tante prove a loro carico” ha detto Gervais Lakosso. (R.P.)

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    Bangladesh nel caos: due morti e oltre mille arresti alla Marcia per la democrazia

    ◊   Due morti accertati, oltre 1000 sostenitori dell'opposizione arrestati "come misura preventiva" e ogni mezzo di trasporto bloccato - in entrata e in uscita - per isolare Dhaka, la capitale, dal resto del Bangladesh. È il bilancio provvisorio delle violenze esplose ieri durante la "Marcia per la democrazia", indetta dal Bangladesh Nationalist Party (Bnp, partito nazionalista leader dell'opposizione) per cancellare le elezioni generali del prossimo 5 gennaio. Il primo ministro Sheikh Hasina - riferisce l'agenzia AsiaNews - aveva dichiarato illegale la manifestazione, ma Khaleda Zia, leader del Bnp, ha incitato i suoi sostenitori a dimostrare contro il governo. Gli scontri tra manifestanti e agenti - circa 11mila ufficiali tra polizia e Rapid Action Battalion, le forze speciali - sono iniziati poco dopo l'inizio della marcia. Secondo alcuni testimoni, a dare il via alle violenze sono stati attivisti del Jamaat-e-Islami (partito fondamentalista islamico, alleato del Bnp), con bombe artigianali e granate. Le forze dell'ordine hanno reagito aprendo il fuoco. Uno studente di 21 anni è morto colpito da un proiettile della polizia. La seconda vittima sarebbe un agente, ma non ci sono ulteriori informazioni. Khaleda Zia avrebbe dovuto unirsi alla marcia nel pomeriggio di ieri, ma è stata bloccata dalle forze dell'ordine. Centinaia di agenti hanno circondato la sua casa e parcheggiato camion carichi di sabbia agli angoli delle strade. La polizia ha negato che le misure siano state prese per impedire alla donna di raggiungere i manifestanti. Questa mattina, alcuni agenti hanno permesso a sostenitori dell'Awami League (partito di governo) di entrare nell'edificio della Corte suprema: armati di bastoni e spranghe, hanno picchiato gli avvocati ritenuti "vicini" alla posizione del Bnp riguardo le imminenti elezioni. Secondo la popolazione, la violenza ormai dilagante e sistematica è la peggiore che il Paese abbia mai sperimentato in 40 anni dall'Indipendenza. Per la Ain o Salish Kendro, nota organizzazione locale per i diritti umani, dall'inizio dell'anno questi scontri hanno provocato 433 morti e 21.024 feriti. Solo dallo scorso ottobre le vittime sarebbero più di 150. Secondo diversi commentatori - internazionali e non - l'unica che potrebbe risolvere la situazione è la premier, facendo un passo indietro e rimandando le elezioni. Tuttavia, notano fonti locali di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza, "quella di Hasina è una prova di forza. Ha detto che le elezioni si faranno a tutti i costi e che dopo, se il Bnp accetterà di staccarsi dal Jamaat, si potrà considerare di rifare le elezioni. Una proposta che si potrebbe fare adesso, risolvendo questa crisi". (R.P.)

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    Filippine. Appello dei vescovi per il 2014: basta con le guerre, la fame e la povertà

    ◊   In vista dell’inizio del nuovo anno, mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan e presidente della Conferenza episcopale delle Filippine ha chiesto ai fedeli cattolici di pregare per la fine delle guerre, della violenza, della fame e della povertà. “Preghiamo per la pace in Siria, per la guarigione di ogni cuore turbato e per le vittime del tifone Haiyan, affinché possano presto rialzarsi e iniziare una nuova vita” ha spiegato mons. Villegas nel suo messaggio pubblicato sul sito dell’arcidiocesi. L’arcivescovo ha anche chiesto di pregare per la fine dei rapimenti, del terrorismo e per la "conversione dei corrotti”, e di guardare l’anno che si sta concludendo con gratitudine e il nuovo anno con entusiasmo “sperando per il meglio e credendo nel tenero amore del Signore, e nel sicuro abbraccio del Figlio”. Dal suo canto, mons. Oscar Cruz, arcivescovo emerito di Lingayen-Dagupan, ha lanciato un appello per porre fine alle uccisioni dei giornalisti, da tempo in corso nelle Filippine. Ad essere uccisi infatti sono coloro che “dicono o scrivono la verità su persone che non sono note per la loro santità. La verità è qualcosa di pericoloso e odiato dai colpevoli di corruzione, depravazione e perversione” ha spiegato mons. Cruz. Da sottolineare che, secondo quanto riportato dalll'Unione Nazionale dei Giornalisti delle Filippine, dal 2010, sono rimasti uccisi 27 tra reporter e operatori mentre svolgevano il loro lavoro. (G.P.)

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    Nepal: a Natale radicali indù danno fuoco a una chiesa

    ◊   Un gruppo composto da circa 9 persone, tutte ancora ignote alle autorità, ha dato fuoco lo scorso 23 dicembre alla chiesa protestante del villaggio di Kichet, nel distretto di Dhading, a pochi chilometri dalla capitale nepalese. Subito dopo, sono state bruciate anche le case di quattro residenti del luogo che si sono convertiti al cristianesimo. L'accaduto - riporta l'agenzia AsiaNews - è stato reso noto solo oggi, dato che i fedeli della chiesa erano tutti fuori per le vacanze natalizie: ieri, andando nel luogo di culto per la funzione domenicale, l'hanno trovato in cenere. Rima Tamang, cristiana della zona, racconta: "Siamo rimasti molto sorpresi nel vedere la nostra chiesa distrutta. Poi abbiamo capito cosa era successo: alcuni residenti ci hanno detto di aver cercato di fermare gli aggressori, ma sono stati picchiati. Il governo ora deve fermare i responsabili e punirli". Le case bruciate erano di Ganga Lama Tamang, Bahadur Lama Tamang, Bokta Lama e Bikram Lama: sono tutti convertiti al cristianesimo. Alcuni dei residenti ritengono che dietro l'attacco ci siano dei fondamentalisti indù, che hanno voluto mandare un avvertimento a coloro che pensano di convertirsi. C.B. Gahatraj, pastore protestante, chiede al governo di intervenire: "Le autorità sono riluttanti a rispondere alle nostre richieste e cercano di ignorare i casi in cui le vittime sono cristiane. Ma cose come queste non dovrebbero avvenire in una nazione secolare". Madhav Poudel, portavoce del governo nepalese e ministro dell'Informazione, minimizza: "Le indagini sono in corso e presto renderemo noti i risultati. Ma non crediamo che dietro al rogo ci sia un gruppo organizzato. Non abbiamo dato tutte le informazioni subito, perché ciò avrebbe complicato le indagini: stiamo cercando di capire se i criminali sono o erano in contatto con altri gruppi organizzati". Dopo la caduta della monarchia indù nel 2006, per rilanciare il turismo il governo ha deciso nel 2011 di rendere il Natale festa nazionale. Ciò ha permesso ai cristiani di esporre immagini e addobbi sacri nei negozi e fuori dalle chiese e dalle abitazioni. Nel Paese i cattolici sono oltre 10mila, 4mila in più rispetto ai 6mila del 2006, anno della proclamazione dello Stato laico. I cristiani di altre denominazioni sono circa 100mila. (R.P.)

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    Sud Corea: la preghiera della Chiesa per la Corea del Nord

    ◊   I cattolici della Corea del Sud "devono pregare in maniera particolare per i fratelli e sorelle del Nord, affinché il Signore conceda loro abbondanti benedizioni di amore, compassione e grazia". Lo scrive l'arcivescovo di Seoul, mons. Andrea Yeom Soo-jung, nel messaggio inviato ai propri fedeli in occasione del Nuovo Anno: "Cari fratelli e sorelle, diamo il benvenuto al 2014 con speranza e tanti sogni. Possa il Signore esservi accanto ogni giorno di questo nuovo anno". Nel testo ripreso dall'agenzia AsiaNews, il presule scrive: "Tutti sperano in una vita felice. Ma la vera felicità si trova nel proprio stato mentale. Se siamo grati di quello che abbiamo, e se lo condividiamo con gli altri, potremo trovare la felicità in maniera molto facile: vivendo una vita di amore nei confronti dei nostri vicini". Tuttavia, aggiunge subito dopo, "molte persone trovano difficile essere felici perché sono troppo avide e concentrate su loro stesse. È per questo che Cristo ha definito 'beati i poveri di spirito'. Dobbiamo vivere una vita umile e porla nelle mani di Dio. Questa è la verità, la chiave della felicità che non dobbiamo mai scordare". "Io, conclude mons. Yeom, prego affinché tutti noi possiamo seguire l'esempio della Santa Famiglia. Era piccola e ordinaria, ma con una fede forte: con l'amore e la condivisione hanno permesso che avvenissero tanti miracoli. Per essere come loro, è importante partire dall'amore per i nostri cari. In questo nuovo anno cerchiamo di essere sinceri. Se amiamo quelli che ci circondano, avremo una vera società del benessere". (R.P.)

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    Libano: dopo attentato aiuti "senza precedenti" di Riyad e Parigi

    ◊   Un aiuto saudita “eccezionale” e “senza precedenti” di tre miliardi di dollari all’esercito libanese: lo ha annunciato ieri sera in un discorso alla nazione il presidente Michel Sleiman, all’indomani dal funerale dell’ex ministro delle Finanze, di Mohammad Chatah, ucciso venerdì in un attentato a Beirut nel quale altre sette persone hanno perso la vita. Il 62enne Chatah era un consigliere dell’ex premier Saad Hariri nonché una figura di spicco della coalizione cosiddetta “del 14 marzo”, che fa capo ad Hariri, ostile al presidente siriano Bashar Al Assad. Nel suo intervento radiotelevisivo il capo dello Stato libanese ha aggiunto che i fondi messi a disposizione dal re Abdallah “saranno utilizzati per acquistare armi moderne”, precisando che “saranno comprate in tempi brevissimi allo Stato francese con il quale intratteniamo relazioni storiche oltre che una stretta cooperazione militare”.Il presidente Sleiman ha spiegato la decisione con “la necessità di rafforzare le capacità dell’esercito”, segno della “volontà nazionale di preservare la pace civile e l’unità nazionale e di combattere il terrorismo”. Il sostegno finanziario e militare al Paese del Cedro è stato deciso nel corso di un incontro a Riyad tra il re Abdallah e il presidente francese François Hollande, in visita ufficiale in Arabia Saudita. Il Libano è uno dei Paesi della regione che risente maggiormente dei contraccolpi del conflitto nella vicina Siria anche perché il movimento sciita libanese di Hezbollah – organizzazione di matrice sciita – ha inviato i suoi combattenti al di là del confine a sostegno del presidente Assad. Inoltre sul suo territorio si sono rifugiati migliaia di siriani in fuga dalla guerra civile. Finora è stata la città libanese di Tripoli (nord) a fare le spese della crisi siriana, ma già il mese scorso Beirut è stata colpita da un duplice attentato contro la sede dell’ambasciata iraniana, che ha causato 23 morti e più di 140 feriti. In quel caso l’attentato è stato rivendicato dal gruppo jihadista delle Brigate Abdullah Azzam, di matrice sunnita, che aveva avvertito che “gli attentati in Libano proseguiranno fino a quando il movimento Hezbollah non si ritirerà dalla vicina Siria”. In merito all’attentato di venerdì scorso l’ex primo ministro Hariri, capo della corrente politica ‘Futuro’ nonché figlio di Rafic, ucciso nel 2005, ha implicitamente accusato Hezbollah. L’apertura del processo dei presunti responsabili dell’uccisione di Rafic Hariri è prevista per il prossimo 16 gennaio dinanzi al Tribunale speciale internazionale per il Libano (Tsl). I funerali di Chatah sono stati celebrati sabato nella moschea Mohammad al Amine ma “senza la presenza di una folla imponente” ha riferito il quotidiano locale L’Orient Le Jour, aggiungendo che della celebrazione sono “volutamente rimasti fuori” Hariri e i suoi per “evitare una recrudescenza di tensione nel Paese”. Alcune centinaia di civili si sono tuttavia radunati davanti alla moschea per rendere un ultimo omaggio a “un uomo di cultura, di pace e di dialogo” ha aggiunto la stessa fonte di stampa. Chatah è già stato sopranominato da alcuni esponenti politici e della società civile “il martire della moderazione”. Sul piano politico, ma anche sociale, alcuni analisti hanno sottolineato che l’uccisione di Chatah contribuirà a dividere ulteriormente una nazione già spaccata da crescenti tensioni tra i vari gruppi confessionali, in particolare tra sunniti e sciiti. Dallo scorso marzo a governare in Libano è un esecutivo provvisorio come conseguenza dell’impossibilità a formare un gabinetto. (R.P.)

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    Kenya. Il card. Njue: non c'è pace senza rispetto della vita umana

    ◊   Non possono esserci pace e giustizia “se non c’è il rispetto totale della vita, della sacralità e della dignità della persona umana”: con queste parole, il card. John Njue, presidente dei vescovi del Kenya, ha inaugurato ufficialmente l’Associazione nazionale dei medici cattolici. Frutto dell’Anno della fede, indetto dall’allora Papa Benedetto XVI per celebrare il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II e conclusosi lo scorso novembre, l’Associazione - ha spiegato il porporato – “vuole offrire assistenza a tutti i medici cattolici che vi aderiranno, in particolare per le questioni di particolare rilevanza per la vita professionale”. Ricordando, poi, che “la sacralità della vita è un principio fondamentale” e che “la vita inizia dal concepimento e termina con la morte naturale”, il card. Njue ha sottolineato l’impegno della Chiesa cattolica nella Pastorale della salute ed ha sollecitato “i professionisti del settore medico e sanitario ad essere vigili nel difendere i principi e le norme morali, secondo il Vangelo”. L’auspicio, ha aggiunto il porporato, è che “simili Associazioni siano fondate su una fede solida, sulla preghiera costante e sulla condivisione tra i rispettivi membri, affinché siano rafforzati nella loro vita professionale”. Infine, il presidente dei presuli del Kenya ha esortato i medici “a vedere Cristo” in “tutte le gioie e le sofferenze, in difesa della dignità della persona umana e della sacralità della vita”, portando “la testimonianza del Vangelo nel mondo”. (I.P.)

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    Usa: il 25 e 26 gennaio, colletta per la Chiesa in America Latina

    ◊   “Condividere la fede”: è questo il tema della colletta annuale per la Chiesa in America Latina, promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti. L’iniziativa, in programma il 25 e 26 gennaio 2014, – si legge sul sito web dei presuli statunitensi “vuole riconoscere il grande dono dei fedeli latinoamericani e rilanciare il fervore che essi portano alla fede. Per questo, oltre ad offrire loro aiuto e sostegno, abbiamo anche molto da imparare dai cattolici del sud del continente”. Istituita nel 1965, al termine del Concilio Vaticano II, la colletta annuale per la Chiesa in America Latina (Cla) serve a supportare progetti economici e pastorali nelle 25 regioni dell’America centrale, latina e dei Carabi. Speciali priorità vengono date ai programmi di evangelizzazione e catechesi, anche in riferimento alla così detta “Missione continentale”. Lanciata nel 2007 ad Aparecida, tale missione invita tutti i fedeli ad essere “testimoni e missionari” del Vangelo in tutti “gli areopaghi della vita pubblica nazionale e nelle situazioni difficili dell’esistenza, guardando sempre alla missione universale della Chiesa”. Da ricordare, infine, che molti dei fondi raccolti negli anni passati sono stati destinati alla ricostruzione di Haiti, in grave difficoltà dopo il devastante sisma del 2010. (I.P.)

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    Francia: incontro sulle religioni nello spazio pubblico, organizzato dai Gesuiti

    ◊   “Le religioni nello spazio pubblico”: su questo tema si terrà a Parigi, dal 27 al 30 gennaio, un incontro organizzato dal Ceras, il Centro di ricerca e azione sociale della Compagnia di Gesù. L’evento, a cadenza annuale, quest’anno vuole riflettere sulla “secolarizzazione della società” e sulle sue conseguenze, evidenti soprattutto nella “privatizzazione del credere”, come sottolinea il comunicato diffuso dal Ceras stesso. In tale contesto, quindi, “le istituzioni religiose si interrogano sulla capacità di trasmettere ciascuna le proprie tradizioni”, mentre “i mass media sono portati a mettere in risalto solo le novità, soprattutto se shockanti, come i casi di pedofilia, lasciando spazio ad un concetto di laicità che intende le religioni lontane dallo spazio pubblico”. Inoltre, il Ceras evidenzia come “la vita personale, per molto tempo riservata alla sfera privata, oggi entri sempre più nello spazio pubblico grazie alle nuove tecnologie d’informazione e di comunicazione, che permettono all’individuo di intervenire nel dibattito pubblico, pur restando nella dimensione privata”. E non solo: “La crescente visibilità dell’Islam, le sue rivendicazioni identitarie suscitano nuovi dibattiti sul concetto di laicità, ma anche una certa islamofobia sistematica”. L’obiettivo dell’incontro di fine gennaio, quindi, è quello di “riflettere sui contributi che ciascuna religione porta nella spazio pubblico e nel modo di partecipare ai dibattiti comuni”. Tra le conferenze in programma nei quattro giorni di lavoro, “Religioni e modernità: i rapporti tra il particolare e l’universale”, che sarà tenuta da mons. Claude Dagens, vescovo di Angoulême e membro dell’Accademia di Francia; “Il dialogo tra l’Unione Europea e le Comunità religiose”, tenuta da Johanna Touzel, portavoce della Comece, e la tavola rotonda su “Le religioni in una società secolarizzata”, alla quale parteciperanno esponenti cattolici, protestanti, ebrei e musulmani. Infine, qualche dato sul Ceras: creato nel 1903 dalla Compagnia di Gesù, il Centro vede Gesuiti e laici lavorare fianco a fianco per promuovere una società più giusta. Tre, in particolare, le missioni dell’organismo: sostenere le ong che operano nel sociale; aprire il dibattito sulle questioni sociali e formare personale esperto del settore. (A cura di Isabella Piro)

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    Bielorussia: il metropolita Pavel eletto nuovo Esarca patriarcale del Paese

    ◊   La Chiesa ortodossa russa in Bielorussia ha un nuovo capo: si tratta del metropolita Pavel, 61 anni, eletto dal Santo Sinodo, il 25 dicembre scorso, metropolita di Minsk e nuovo Esarca patriarcale del Paese. Pavel succede quindi a Filerete, 75 anni e a capo della Chiesa ortodossa locale dal 1989. Il nuovo Esarca – informa una nota ufficiale – è nato nel 1952 a Karaganda, nel Kazakhstan. Prima di entrare in seminario nel 1973, ha compiuto il servizio militare nell’esercito russo ed ha lavorato anche come autista e fabbro. Tra il 1986 ed il 1988, è stato a capo della Missione ortodossa russa a Gerusalemme. Ordinato vescovo nel 1992, è stato chiamato come vicario nell’Eparchia di Mosca. Negli anni seguenti, è stato prima vescovo di Vienna e d’Austria, poi arcivescovo di Vienna e di Budapest ed infine arcivescovo di Ryazan e Mikhailov in Russia. Nel 2011, è stato elevato al titolo di Metropolita della medesima eparchia. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 364

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.