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Sommario del 15/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco all’Angelus: la Chiesa non è rifugio per gente triste, è la casa della gioia
  • Migliaia di famiglie a piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei 'bambinelli'
  • “Mai avere paura della tenerezza”: così Francesco in un'intervista su "La Stampa", dal Natale a temi cruciali per la Chiesa e il mondo
  • Il saluto del Papa alla Comunità Villa Nazareth, centro di formazione universitaria
  • Messaggio per la Pace. Marelli: il mondo ascolti Papa Francesco e viva relazioni di fraternità
  • Parolin a mons. Giordano, in partenza per il Venezuela: ai nunzi è richiesta apertura e duttilità
  • Oggi in Primo Piano

  • Ultimo saluto a Nelson Mandela. Il presidente Zuma: faremo vivere la sua eredità
  • I grandi della musica in omaggio a Mandela
  • Petizione online per sostenere famiglia e libertà di educazione
  • Ups, 25.mo Facoltà Scienze Comunicazione Sociale. P. Chavez: impegnarsi per il bene comune
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: esercito fa strage di bambini. Jihadisti occupano villaggio cristiano
  • Kiev: 200 mila in piazza per accordo con la Ue
  • Presidenziali in Cile. Bachelet favorita dai sondaggi
  • Iran: avanti colloqui sul nucleare nonostante sanzioni Usa
  • Iraq: ancora attacchi anti-sciiti, almeno 15 morti e 35 feriti
  • Indonesia. Cresce allerta per le feste, aumentata la vigilanza ai luoghi di culto cristiani
  • Trasmissioni nazionali per Radio Maria in Papua Nuova Guinea
  • Angola. Arrivano i primi due medici locali nell’ospedale di Chiulo
  • Colombia. Cresce la violenza contro chi difende i diritti umani, 507 casi nell’ultimo anno
  • Sudan, nel 2013 ridotti gli aiuti del 25% per 6 milioni di poveri
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco all’Angelus: la Chiesa non è rifugio per gente triste, è la casa della gioia

    ◊   “La Chiesa non è un rifugio per gente triste”: così Papa all’Angelus nella terza domenica di Avvento, permeata dalla gioia dell’avvicinarsi del Natale. Francesco saluta e chiede preghiere ai tanti bambini, oggi in piazza San Pietro per far benedire i bambinelli dei loro presepi. Il servizio di Roberta Gisotti

    Nella “domenica della gioia” ci si rallegra “perché il Signore è vicino”. “Il messaggio cristiano” è infatti la ‘buona notizia’ “per tutto il popolo”.

    “La Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia!”.

    “Ma quella del Vangelo – ha chiarito il Papa - non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio”, che “viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore”.

    “La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida: e quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l’acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d’amore”.

    Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, ha rassicurato Francesco:

    “non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze",

    “Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere” - ha detto Francesco - perché “Dio mostra sempre la grandezza della sua misericordia”.

    “Grazie al suo aiuto noi possiamo sempre ricominciare da capo: come ricominciare da capo? Qualcuno può dirmi: “No, Padre, io ne ho fatte tante… Sono un gran peccatore, una grande peccatrice… Io non posso rincominciare da capo!”. Sbagli! Tu può ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta, Lui è vicino a te, Lui ti ama, Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Siamo capaci di riaprire gli occhi, superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo".

    “E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza”:

    “perché non è superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui”.

    “Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli”.

    “Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità”.

    Poi l’invocazione alla Madonna perché “ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. “Una gioia intima, fatta di meraviglia e tenerezza”.

    “Quella che prova una mamma quando guarda il suo bambino appena nato, e sente che è un dono di Dio, un miracolo di cui solo ringraziare!”.

    E tanta meraviglia si è vista negli occhi dei bimbi rivolti verso la finestra del Papa, venuti in piazza San Pietro per far benedire i ‘bambinelli’ dei loro presepi, e grande tenerezza si è sentita nelle parole di Francesco, che li ha salutati dopo la preghiera mariana:

    “Cari bambini, quando pregherete davanti al vostro presepe, ricordatevi anche di me, come io mi ricordo di voi. Vi ringrazio, e buon Natale!”.

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    Migliaia di famiglie a piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei 'bambinelli'

    ◊   Nonostante la pioggia, piazza San Pietro era gremita stamane da una folla di famiglie festanti arrivate per far benedire i loro 'bambinelli'. Ad accoglierli nella Basilica vaticana è stato il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, che ha celebrato la Messa per tutti i partecipanti a questo tradizionale momento natalizio, promosso dal Centro Oratori Romani. Ascoltiamo un passaggio della sua omelia, nel servizio di Marina Tomarro:

    “Cari ragazzi, cari giovani, cari genitori, la cultura dell’egoismo non ci permette di incontrare Dio, non ci permette di trovare la gioia, non ci permette di gustare la vita. Non solo: noi oggi non comprendiamo più tutta la bellezza e l’importanza della famiglia. Questa è un’epoca contro la famiglia! Mentre a Betlemme, il Figlio di Dio si presenta tra le braccia di una famiglia. La vera culla è la famiglia di Nazareth: Giuseppe, uomo giusto; Maria, donna immacolata. Dobbiamo riscoprire l’importanza, la bellezza della famiglia”.

    Con questo invito a riscoprire la santità e la bellezza della famiglia, il cardinale Angelo Comastri ha salutato i partecipanti alla celebrazione eucaristica che ha preceduto la tradizionale benedizione dei Bambinelli, che nella notte di Natale verranno messi nei Presepi delle case romane. Il porporato ha ricordato che la tradizione dell’Angelus fu iniziata il 9 novembre del 1958 da Papa Giovanni XXIII che – come raccontava – aveva imparato questa semplice preghiera nella sua casa natale da piccolo.

    “E Papa Giovanni continuava: ‘Nella mia casa non c’era nessun lusso. Quasi tutti i giorni avevamo la polenta; le scarpe solo per le grandi feste, altrimenti o scalzi o con gli zoccoli; i vestiti da fratello a fratello, da sorella a sorella. Però nella mia casa io ci stavo tanto bene e anche ora che sono vecchio ho nostalgia di quella casa, perché era piena di Dio!’. Cari bambini, cari genitori, cari educatori ridate ai figli la bellezza di famiglie così. Il Bambinello che portate nelle vostre casa vi ricorda che Gesù deve nascere nella famiglia, deve nascere del cuore e quando nasce Gesù la casa si riempie di gioia”.

    D. - Ma perché questa benedizione è tanta cara ai romani?

    R. – Abbiamo portato i bambini qui perché è una cosa bellissima e perché i bambini certamente credono che questo bambino che arriva è il Figlio di Dio.

    D. – Il cardinale Comastri, nella Messa, vi ha invitato anche a riscoprire la bellezza e la santità della famiglia. Allora, in che modo si può riscoprire questa bellezza in questo periodo di Avvento?

    R. – In particolare vivendo questa attesa: l’attesa di una vita nell’amore. La famiglia effettivamente è chiamata ad essere luogo dove ci si ama, nel piccolo, nel quotidiano. Allora credere è attendere che Gesù è questo amore che viene a renderci capace di amare. Questa è la riscoperta che vogliamo fare ogni giorno.

    D. – Tu perché sei qui, oggi?

    R. – Per benedire il Bambinello.

    D. – Quanto vuoi bene tu a Gesù Bambino?

    R. – Tanto! Per questo sono qui, proprio perché gli voglio bene e voglio che Lui sia benedetto dal Papa!

    D. – In che modo vivete l’Avvento?

    R. – Con piccoli gesti, quelli della tradizione: quindi la benedizione dei Bambinelli, il presepe, le candele dell’Avvento… Passano attraverso le piccole cose le grandi verità di fede.

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    “Mai avere paura della tenerezza”: così Francesco in un'intervista su "La Stampa", dal Natale a temi cruciali per la Chiesa e il mondo

    ◊   “Il Natale per me è speranza e tenerezza...”. Inizia con una riflessione sul senso del Natale l’intervista che Papa Francesco ha rilasciato al vaticanista del quotidiano torinese «La Stampa», Anddrea Tornielli. Un colloquio durato un’ora e mezzo durante il quale il Santo Padre affronta il tema della sofferenza dei bambini e il dramma della fame nel mondo, i rapporti tra Chiesa cattolica e le altre confessioni cristiane, le questioni del matrimonio e della famiglia che saranno al centro del prossimo Sinodo. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

    E’ il primo Natale che si celebra sotto il suo Pontificato e Papa Francesco spiega come viverlo con la sua consueta semplicità: “È l’incontro con Gesù. – dice Francesco al vaticanista de La Stampa, Andrea Tornielli. Il Natale è l’incontro di Dio con il suo popolo. Ed è anche una consolazione, un mistero di consolazione”. Il Natale, spiega il Papa incalzato nell’intervista pubblicata questa mattina, «ci parla della tenerezza e della speranza.” E’ un invito a tutti i cristiani quello del Papa a non diventare una “Chiesa fredda, che non sa dove andare e si imbriglia nelle ideologie, negli atteggiamenti mondani”. Papa Francesco ribatte alle critiche e agli stereotipi di chi vuole banalizzare le celebrazioni natalizie con poche e convincenti parole: “Quando non si ha la capacità o si è in una situazione umana che non ti permette di comprendere questa gioia, si vive la festa con l’allegria mondana. Ma fra la gioia profonda e l’allegria mondana c’è differenza». Dalla riflessione sul Natale, l’intervista rilasciata a La Stampa, permette al Pontefice una riflessione sul Cinquantenario della storica visita di Paolo VI in Terra Santa. Papa Francesco esprime il desiderio di recarvisi anche lui per incontrare quello che definisce “il mio fratello Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli.” Poi il Papa affronta i temi della sofferenza innocente dei bambini, per la quale non esiste un perché e non rimane che affidarsi a Dio, “a fidarsi del suo sguardo” dice Francesco. E il dolore dei bambini è visibile anche nella situazioni di fame. Il Papa invita a scuotersi dall’indifferenza e ad evitare gli sprechi. La bussola del Papa è la dottrina sociale della Chiesa, come spiega lui stesso, facendo riferimento alla Evangelii Gaudium e ad alcune critiche che gli sono state rivolte da alcuni ambienti. Nel suo pensiero ci sono i poveri e l’economia che non riesce mai a migliorare la loro condizione anche nei periodi di prosperità. Al giornalista che gli chiede se si senta offeso per essere stato definito “marxista” il Papa risponde di no: “è un’ideologia sbagliata, ma ho anche conosciuto tanti marxisti buoni come persone, e per questo non mi sento offeso”. L’unità dei cristiani è una priorità. Oggi dice Francesco esiste “l’ecumenismo del sangue” e spiega – in molti paesi i cristiani vengono uccisi senza distinzione, ma l’unità è una grazie che deve ancora arrivare. Sulla questione dei sacramenti ai divorziati e risposati il Papa non prende posizione, ma rimanda al Concistoro di febbraio e al Sinodo straordinario dell’ottobre 2014, ma sottolinea la necessità di fare ricorso alla prudenza “non come atteggiamento paralizzante, ma come virtù di chi governa.” Alla domanda sul giusto rapporto tra Chiesa e politica il Papa parla di un rapporto che si muove in diversi ambiti e con diversi compiti, ma che deve convergere nell’aiutare il popolo. “La politica è nobile, - dice Francesco citando Paolo VI – è una delle forme più alte di carità. La sporchiamo quando la usiamo per gli affari”. Infine una riflessione sulla figura della donna nella Chiesa, che deve essere valorizzata, non “clericalizzata”.

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    Il saluto del Papa alla Comunità Villa Nazareth, centro di formazione universitaria

    ◊   Dopo l’Angelus il Papa si è recato, dallo studio del Palazzo apostolico, nell’Aula delle Benedizioni per un saluto, dopo la Messa li celebrata, ai membri della Comunità di Villa Nazareth, centro di formazione universitaria fondata nel 1946 da mons. Domenico Tardini. Francesco ha ringraziato quanti sono impegnati in questa istituzione “che tanto bene fa alla Chiesa e nella Chiesa”, riservando un omaggio particolare al cardinale Achille Silvestrini, presidente della Fondazione Comunità “Domenico Tardini” che “ha fatto tanto bene, con quel pensiero forte e fecondo, per la dignità della persona umana, per il servizio e per far trovare ad ognuno i talenti che il Signore ci ha dato, per 'spenderli' nella vita".

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    Messaggio per la Pace. Marelli: il mondo ascolti Papa Francesco e viva relazioni di fraternità

    ◊   La fraternità ha bisogno di essere “amata, annunciata e testimoniata”. E’ uno dei passaggi del Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata Mondiale della Pace. Tutto il documento si basa proprio sulla dimensione della fraternità, declinata nei diversi contesti del vivere umano, dalla famiglia all’economia, dalla relazione tra i popoli alla politica. Su questa sottolineatura della fraternità invocata dal Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato Sergio Marelli, Comitato Italiano Sovranità Alimentare:

    R. - Penso che sia un richiamo quanto mai indispensabile e fondamentale in questa epoca, dove ritornare a rapporti di fraternità è l’azione alla radice di ogni possibilità di costruire un mondo più giusto, un mondo più equo, un mondo dove i diritti siano tutti goduti da tutte le persone. La fraternità, i rapporti di fraternità, nella loro semplicità, assumono però una rilevanza importantissima. Bisogna tornare a delle relazioni fraterne per costruire la pace nel mondo!

    D. - Nel messaggio il Papa leva un forte appello, rivolgendosi direttamente a chi semina morte e distruzione, a rinunciare alla via delle armi. Anche qui c’è una forte sottolineatura a vivere la dimensione della fraternità che tutti, al di là di ogni distinzione religiosa, nazionale e di razza, possono capire…

    R. - Assolutamente si! Anche perché il linguaggio - un po’ nello stile di Papa Francesco - è un linguaggio al tempo stesso molto semplice, però molto perentorio: non lascia - diciamo così - adito ad interpretazioni di sorta. Troppe armi in circolazione - si afferma nel messaggio della pace - precludono a ogni pretesto e ogni pretesto è buono per suscitare dei conflitti. Meno armi, dunque, ce ne sono troppe in circolazione!

    D. - Come già Benedetto XVI nella Caritas in veritate e anche in molte altre occasioni, Papa Francesco chiede una revisione dei modelli di sviluppo per uscire da una crisi economica che sta diventando permanente. C’è sufficiente consapevolezza nei leader delle nazioni, di chi tiene poi - come dire - le leve del comando anche dell’economia?

    R. - Probabilmente dobbiamo constatare che no, non c’è ancora questa consapevolezza o perlomeno se c’è consapevolezza non trova poi ancora delle attuazioni concrete nelle scelte politiche che vengono fatte dai governanti a livello nazionale ed internazionale. Non a caso la necessità di fornire dei sistemi di governance, di governo dell’economia, per orientarla al raggiungimento del bene comune, rimane uno dei motivi chiave, uno dei messaggi chiave che passa proprio nel Magistero della Dottrina sociale della Chiesa e che, anche in questo messaggio della Giornata mondiale della pace 2014, trova delle parole inequivocabili: bisogna ritrovare delle norme, degli accordi di politica internazionale e quindi un’azione efficace dei governi perché si torni ad orientare l’economia al raggiungimento del bene comune per tutti.

    D. - Il Papa rinnova, in questo messaggio, il suo forte appello contro la fame nel mondo e ricorda con forza, con argomenti forti, che le risorse alimentari ci sono per tutti. Il problema è l’equa distribuzione…

    R. – Sì, il problema è l’equa distribuzione - dice Papa Francesco - e anche un uso responsabile delle tecniche e delle modalità produttive in agricoltura. Colpisce, dentro questo messaggio, un riferimento così chiaro al settore agricolo, considerato come quel comparto produttivo che più ha delle influenze dirette sulla conservazione dell’ambiente, sulla conservazione e la tutela delle risorse naturali e quindi alla fine sulla possibilità da parte di ogni uomo di poter scegliere in libertà come spendere la propria vita dentro un contesto e un ambiente sano.

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    Parolin a mons. Giordano, in partenza per il Venezuela: ai nunzi è richiesta apertura e duttilità

    ◊   Sei cardinali e 33 vescovi hanno preso parte alla cerimonia, presieduta ieri pomeriggio a Cuneo da mons. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, per l'ordinazione episcopale di mons. Aldo Giordano, già osservatore permanente della Santa Sede al Consiglio d'Europa e nominato nunzio apostolico in Venezuela da Papa Francesco. Presenti anche il prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, il nunzio presso l'Onu a Ginevra, il presidente della Conferenza episcopale del Venezuela. Il servizio di Fausta Speranza:

    Si è di nuovo riempito con migliaia di persone lo stadio di Cuneo, questa mattina, per la prima Messa celebrata dopo l’ordinazione episcopale da mons. Aldo Giordano. Ieri pomeriggio ha accolto, tra gli altri, 30 tra politici e diplomatici d’Europa; 150 tra ecclesiastici, religiosi, religiose, esponenti della Chiesa ortodossa e protestante, per una cerimonia gioiosa e partecipata, che ha avuto insieme il tono della solennità e della familiarità.

    Mons. Pietro Parolin, già nunzio in Venezuela, ruolo che ricoprirà ora mons. Giordano, ha innanzitutto portato la benedizione del Papa, sottolineando che Francesco del ruolo di nunzio ha parlato come di un mediatore, che con la mediazione fa comunione.

    “Il Papa ricordava inoltre che la vita dei rappresentati pontifici è un po’ una vita da nomadi. Al nunzio è richiesta l’apertura e la duttilità, che è indispensabile per vivere in diversi ambienti, per confrontarsi con culture e situazioni sociali ed ecclesiali al quanto differenti”.

    Mons. Parolin, ricordando il grande impegno in Europa per 20 anni di mons. Giordano, tra istituzioni politiche e relazioni ecumeniche, ha accennato alle sfide che lo attendono in America Latina, terra di grandi povertà, ha detto, e di ingiustizie sociali:

    “Con le sue immense povertà e ingiustizie sociali, il rapporto tra Chiesa e politica, il significato della scelta preferenziale per i poveri, la presenza nei mezzi di comunicazione, il rischio di creare una società senza Dio: come ridire Dio a questa società che rischia di rimanere senza di Lui, di allontanarsi da Lui?”.

    “In Venezuela – ha affermato mons. Parolin – mons. Giordano sarà chiamato a essere promotore di riconciliazione e di pace, a stemperare tensioni e contrasti, a seminare speranza”. “Pur tra le peculiarità del nuovo contesto resta – ha sottolineato mons. Parolin – lo stesso impegno quale testimone della Chiesa incarnata da Papa Francesco. La Chiesa – ha detto mons. Parolin – che cerca l’incontro per comunicare la gioia del Vangelo”.

    E c’è da dire che nelle tantissime presenze affettuose si è sentito tutto il calore dell’apostolato di mons. Giordano che – con semplicità – ha ringraziato tutti gli amici e i sacerdoti per la condivisione e la preghiera e ha chiesto sostegno per il nuovo percorso da fare, ricordando che Gesù ci attende. Il suo motto sacerdotale è: “Vi precedo in Galilea” ed era riportato in uno striscione nello stadio, che così bene si è lasciato trasformare in un raccolto tempio di preghiera per due giorni.

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    Oggi in Primo Piano



    Ultimo saluto a Nelson Mandela. Il presidente Zuma: faremo vivere la sua eredità

    ◊   Ultimo saluto all'eroe della lotta all'apartheid, Nelson Mandela, a Qunu, suo villaggio natale. Al feretro, avvolto nella bandiera del Sudafrica, sono stati resi gli onori di Stato. Tra le circa cinquemila persone presenti, i familiari, i membri del suo clan Thembu, funzionari del governo e rappresentanti internazionali, c’è anche l’arcivescovo amico di Madiba, Desmond Tutu. In prima fila, la vedova Graca Macel e il presidente Zuma che ha promesso: “faremo vivere la sua eredità”. Cecilia Seppia:

    Dopo 10 giorni di lutto nazionale tra cerimonie di ogni tipo l’ultimo viaggio è compiuto. Nelson Mandela è tornato a Qunu, il villaggio dove nacque e dove ha chiesto di essere sepolto e ora Madiba uomo, eroe e simbolo è davvero storia. Quella storia che ha schiacciato l’apartheid e il razzismo con il sacrificio personale di 27 anni in carcere e l’esempio del perdono. Quasi 5 mila persone assiepate nella tensostruttura hanno voluto dargli l’ultimo saluto tra colpi di cannone, canti, preghiere e inni religiosi in lingua xhosa, nome della tribù a cui Mandela apparteneva. Una cerimonia certo più intima rispetto alla Veglia funebre dei giorni scorsi nello stadio di Johannesburg: qui ci sono i familiari, gli amici, che si alternano sul palco, sotto la sua gigantografia, dinanzi alla quale brillano 95 candele, una per ogni anno d’età. La nipote Nandi ricorda il nonno a piedi nudi che correva per i campi; il suo compagno di cella Ahmed Kathrada, 84 anni, quel pugile il combattente diventato icona di pace. Nell’orazione funebre il vescovo della Chiesa metodista sudafricana Zipho Siwa così incoraggia chi resta:

    “A coloro che Mandela lascia sulla terra chiedo che questo possa continuare. Il miglior tributo che possiamo rivolgere è quello di sperare che le nostre vite diventino ricevitori e trasmettitori della luce di speranza e vibrazione di vita ad altri. Dandolo a Dio, dando la buonanotte a Mandela, in attesa del mattino della Resurrezione, noi lotteremo per realizzare il suo sogno”.

    A chiudere la cerimonia le parole del presidente Zuma che dice “Il tuo lungo cammino verso la libertà si é concluso, ma il viaggio continua”. Poi promette: “Noi dobbiamo far vivere la tua eredità perciò il Sudafrica continuerà a crescere, non ti possiamo deludere”. Dopo le esequie, la sepoltura, in una proprietà della famiglia alla presenza di “solo” 450 persone e la tappa obbligata nella sua casa per mettere nella bara alcuni oggetti personali di Madiba, come vuole la tradizione tribale.

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    I grandi della musica in omaggio a Mandela

    ◊   Una vita per la giustizia, la pace e la libertà: come poteva la musica non trovare nella lezione di Madiba una causa da condividere, una storia straordinaria da raccontare, uno spunto per riflettere. Mandela ha dato tanto alla musica ma è stato amore reciproco visto che cantanti di tutto il mondo lo hanno sostenuto specie durante la prigionia e hanno contribuito a farne un uomo libero e vincitore sull’apartheid. Ed è stata proprio la musica ad accompagnare anche i 10 giorni che hanno preceduto il funerale odierno. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Arte e musica portano la pace, sono utili al cambiamento, sollevano lo spirito”: era questa l’idea di Nelson Mandela, espressa spesso anche dai palchi degli stadi dove saliva al fianco di amici, come Peter Gabriel, Bono o Jonny Clegg.

    Jazz, pop, rock, blues, le dediche a Mandela non hanno avuto limiti di stile. La sua prigionia ispirò la musica, innanzitutto quella dei neri come Madiba: Miriam Makeba, Tracey Chapman, Abdullah Ibrahim e il suo “Mandela” in stile marabi.

    Hanno scritto per Mandela anche i trombettisti Miles Davis o Hugh Masekela, che contava “Vorrei vederlo domani per le strade del Sudafrica”…

    Negli anni Ottanta e Novanta è il pop ad innamorarsi della causa sudafricana e arrivano le voci dei bianchi europei e statunitensi. “Il suo corpo sta subendo degli abusi, ma la sua mente e il suo animo sono sempre liberi” recitavano gli Special Aka in “Free Nelson Mandela”.

    L’infrangersi del silenzio è ciò che sogno” cantava, durante la prigionia di Mandela, Jonny Clegg nella straordinaria “Asimbonanga”.

    Ma è forse “Gimme Hope Jo'anna” di Eddy Grant col suo sound spensierato, da vero e proprio tormentone, ad aver più di ogni altra musica sferzato duramente il sistema chiamato Apartheid e tutte le sofferenze che esso ha provocato.

    Poi, finita la prigionia, la prima apparizione di Mandela da uomo libero fu proprio uno spettacolo pop in suo onore, alla stadio Wembley di Londra, con un cast stellare che già due anni prima si era riunito per chiederne la scarcerazione. Allora avevano cantato davanti a tutti anche i Simple Minds.

    Nel 2014 un nuovo film uscirà su Madiba “Long walk to freedom” che vanta la colonna sonora degli U2, che per il loro amico scrivono “Non possiamo cadere ulteriormente se non siamo in grado di provare un amore comune, non possiamo arrivare più in alto se non siamo in grado di affrontare un amore comune”.

    Istantanea di una vita e di un credo che, ancora una volta, sarà la musica a diffondere.

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    Petizione online per sostenere famiglia e libertà di educazione

    ◊   Una petizione online per sostenere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e difendere il diritto dei genitori ad educare i propri figli in conformità alle loro convinzioni morali e religiose. L’iniziativa è promossa da “Giuristi per la Vita” e sostenuta dal movimento “Manif pour Tous” Italia. E’ possibile aderire sul sito www.giuristiperlavita.org. Al microfono di Paolo Ondarza il presidente dell’associazione, avvocato Gianfranco Amato:

    R. – La situazione è tale per cui ci si vede costretti a ricordare - e in questo senso anche a fare un appello – una cosa ovvia e naturale come il fatto che una famiglia sia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. È talmente ovvio, che i nostri costituenti non avvertirono l’esigenza di specificarlo, quando formularono l’Articolo 29 della Costituzione. Questo appello serve per due cose: primo, per ricordare che la famiglia è il nucleo naturale fondamentale della società, così come riconosciuto anche dal’Articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; secondo, il fatto che i genitori hanno il diritto di educare i propri figli in conformità alle proprie convinzioni morali e religiose.

    D. - Questo è il secondo aspetto: il diritto all’educazione. Un tema di strettissima attualità …

    R. – Certo! Intanto bisogna dire che anche da questo punto di vista la Dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo – l’Articolo 26 – dice testualmente che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai loro figli.

    D. – Prima ancora dello Stato …

    R. – Prima ancora dello Stato, deve essere garantita ai genitori non solo la possibilità di scegliere liberamente le scuole da far frequentare ai propri figli, ma anche che queste scuole siano in armonia con le proprie convinzioni morali e religiose, con particolare riguardo all’educazione sessuale; questo è un tema di drammatica attualità. C’è questo tentativo in atto, purtroppo anche in Italia, di espropriare la funzione delicatissima di educazione che spetta ai genitori e attribuirla al pubblico, alla scuola; e questo ripeto, è in contrasto con la Dichiarazione fondamentale dei diritti dell’uomo. Ricordo anche il documento dell’Organizzazione mondiale della sanità - noto come standard di educazione sessuale in Europa - che è devastante da questo punto di vista: è molto pervasivo, invasivo fin dalla tenerissima età; si parla di educazione a fasce: la prima fascia è dai zero a quattro anni!

    D. - Ma oggi in Italia c’è un rischio concreto in questo senso, di un’educazione che sfugga al controllo dei genitori?

    R. - Il cosiddetto “documento Fornero” dell’Unar è certamente qualcosa da osservare con molta vigilanza …

    D. - Come si può aderire alla vostra petizione online?

    R. - È sufficiente visitare il nostro sito www.giuristiperlavita.org e aderire.

    D. - Cosa ne sarà di tutte queste adesioni?

    R. - Dunque, l’appello è formalmente inoltrato al presidente della Repubblica, al presidente del Senato, al presidente della Camera, nonché ai presidenti di tutte le Regioni. Certamente, è un atto simbolico, non ha un valore vincolante dal punto di vista giuridico, non ha effetti giuridici, ma riteniamo che rispecchi il sentimento del popolo. E i politici, soprattutto coloro che hanno responsabilità a livello istituzionale, non possono non ascoltare il popolo. Abbiamo ricevuto centinaia di mail di semplici cittadini che ringraziavano per questa iniziativa e dichiaravano con convinzione di aver aderito. Questo significa che il popolo ha questo sentimento; questa è un’idea che è ancora radicata. L’idea opposta è un’idea elitaria, che nasce da una posizione ideologica, ma non corrisponde al vero sentimento del popolo italiano.

    D. - Citava le lettere … Ma, a livello di adesioni qual è la situazione oggi?

    R. - Considerando che questo appello è stato diffuso da vari movimenti come “Manif pour Tous” italiana, siamo intorno alle 12-13 mila firme; ma, teniamo conto che la petizione è partita pochi giorni fa …

    D. - E avete un obbiettivo?

    R. - A livello quantitativo no, però vediamo; l’iniziativa potrebbe riservare grandi sorprese.

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    Ups, 25.mo Facoltà Scienze Comunicazione Sociale. P. Chavez: impegnarsi per il bene comune

    ◊   “La sfida è grande, ma altrettanto grandi sono gli strumenti di lavoro a disposizione dell’intera comunità accademica”. Così mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica, nel messaggio per il 25.mo della Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale della Pontificia Università Salesiana a Roma, festeggiato questa settimana nella sede romana dell’Ateneo, presente il gran cancelliere e rettore maggiore dei Salesiani, don Pascual Chavez Villanueva. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Un anno prima era nato l’Istituto superiore di comunicazione sociale (Iscos), trasformato poi in Facoltà, la prima in Italia dedicata alla comunicazione, inaugurata nel dicembre del 1989. Gli allievi da 15 sono passati oggi a 200, di 35 Paesi, di tutti i continenti. Una scelta allora profetica, come sottolinea don Pascual Chavez, al nostro microfono durante la festa:

    R. - Nel passato quando si parlava di una Università Pontificia ci si voleva restringere fondamentalmente alle Facoltà di Filosofia, di Teologia, di Diritto canonico… Non certo si pensava ad una Facoltà di Scienze della comunicazione sociale. Oggi sarebbe impensabile una Università Pontificia senza una Facoltà di questo tipo. Perché? Perché oggi è inseparabile la comunicazione dall’evangelizzazione e dall’educazione. Per cui, mi sembra che abbia una importanza molto, molto grande e un grande significato, specialmente in questo mondo e in questa cultura digitale in cui viviamo oggi.

    D. - Si può dire che la pastorale della comunicazione sia trasversale a tutti gli altri tipi di pastorale in qualche modo?

    R. - Penso di sì, perché fondamentalmente si tratta di una comunicazione: non è semplicemente una trasmissione astratta, fatta di concetti e di valori. A me piace molto l’espressione di Papa Benedetto, quando diceva che la Chiesa non cresce per proselitismo - e questo si potrebbe fare in maniera anche impersonale - ma piuttosto per attrazione e l’attrazione è proprio quella che rende questa capacità di comunicare, di entrare in contatto, di poter raggiungere la mente e il cuore delle altre persone.

    D. - Ci sono, però, dei rischi e delle sfide da raccogliere in questa società sempre più interconnessa, sempre più interdipendente, in cui a volte si avverte quasi una sensazione di perdere il senso della comunicazione…

    R. - Sì, da una parte offre tante possibilità ed è vero quello che diceva Marshall McLuhan, quando sosteneva che il mondo è diventato un villaggio globale. Questo senza dubbio! Ha favorito una maggiore comunicazione di valori e di tante altre cose, però può anche portare - prima di tutto - ad un grande individualismo, perché la persona si chiude più nei mezzi comunicazione che non nella comunicazione interpersonale o la riduce ad una comunicazione semplicemente virtuale. Diventa quindi molto facile stare in comunicazione con chi è lontano, ma diventa - a volte - impossibile stare in comunicazione con coloro che vivono con me o accanto a me. Questo è proprio il frutto di un rischio non immaginario, cui può portare questo tipo di comunicazione. Ci può essere poi anche un uso perverso della comunicazione al servizio della pornografia, al servizio di tante cose che invece di proporre valori, propongono antivalori.

    D. - Quindi è importante comunicare, ma continuare anche a riflettere sul senso della comunicazione nel mondo di oggi e quindi la responsabilità di questa Facoltà…

    R. - Certo. Deve aiutare come al solito e non soltanto attrezzare dal punto di vista dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale, ma formare persone altamente ricche di valori umani, di sensibilità sociali e di competenza professionale, perché questo senz’altro è il compito di qualsiasi Facoltà, ma anche di un grande senso di cittadinanza attiva e di impegno nel bene comune, nel bene degli altri e non soltanto nel successo personale ad ogni costo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: esercito fa strage di bambini. Jihadisti occupano villaggio cristiano

    ◊   Nuova strage di bambini in Siria, dove - secondo gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo - raid aerei condotti nelle ultime ore su alcune zone di Aleppo dalle forze governative, avrebbero causato almeno 22 morti. Fra le vittime, stando alla stessa fonte, si contano 14 minori. Intanto Miliziani jihadisti di Al Nusra salafiti avrebbero occupato stanotte il villaggio cristiano siriano di Kanaye imponendo alla popolazione di obbedire alla sharia e alle donne di indossare il velo islamico, pena l’immediata fucilazione. Un abitante ha dato l’allarme tramite l'arcivescovo emerito di Aleppo, mons. Giuseppe Nazzaro, che ha contattato l’ANSA. “Temiamo - ha detto il presule - che la popolazione sia costretta a fuggire in massa o a convertirsi all’Islam se non vuol essere massacrata”. (C.S.)

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    Kiev: 200 mila in piazza per accordo con la Ue

    ◊   Ancora una volta il popolo ucraino scende in piazza per manifestare contro il congelamento dell'accordo di associazione con l’Unione Europea, e per chiedere le dimissioni del presidente Victor Ianukovich. Ben 200mila persone fin’ora sono confluite a piazza Maidan, nel centro di Kiev, luogo simbolo delle proteste ma non si registrano scontri. Intanto l’Ue bolla come “privi di fondamento” gli argomenti del governo ucraino, che chiede sostanziosi aiuti economici all’Europa per chiudere l’intesa. (C.S.)

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    Presidenziali in Cile. Bachelet favorita dai sondaggi

    ◊   Urne aperte in Cile per il ballottaggio delle elezioni presidenziali, nel quale si affrontano Michelle Bachelet, candidata della coalizione di centrosinistra Nuova Maggioranza e Evelyn Matthei del centrodestra, le due pretendenti più votate al primo turno del 17 novembre. Bachelet, già presidente dal 2006 al 2010, è la super favorita dai sondaggi: gli analisti prevedono che dovrebbe estendere di almeno 5 punti percentuali il vantaggio già largo ottenuto su Matthei nel primo turno (46% contro 25,1%). Oltre 13 milioni di cittadini cileni sono convocati ai seggi e, dato che il risultato dell’elezione pare scontato, l’attenzione degli osservatori si concentra sul tasso di astensione, che potrebbe risultare maggiore di quello della scorsa tornata. I primi risultati parziali consolidati, dopo lo scrutinio di circa il 40% dei voti, sono attesi un’ora dopo la chiusura delle urne, fissata alle 17 locali, le 21 in Italia. (C.S.)

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    Iran: avanti colloqui sul nucleare nonostante sanzioni Usa

    ◊   L’Iran non intende abbandonare il tavolo dei negoziati con i 5+1 sul suo programma nucleare, dopo l’accordo preliminare di Ginevra e nonostante l’allargamento della lista 'nera' delle sanzioni Usa contro imprese accusate di aiutare Teheran. Lo ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, pur definendo quello americano “un gesto inappropriato”. Per ogni mossa non costruttiva - ha aggiunto Zarif – avremo una reazione adeguata, calcolata, finalizzata e intelligente”. Dichiarazioni che prevedevano una prosecuzione dei colloqui erano già venute dall’Ue, che coordina le potenze del 5+1 e dal segretario di Stato Usa, John Kerry. (C.S.)

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    Iraq: ancora attacchi anti-sciiti, almeno 15 morti e 35 feriti

    ◊   E’ di almeno 15 morti e 35 feriti il bilancio dell’ennesima ondata di attacchi anti-sciiti ieri in Iraq. L’attentato peggiore è avvenuto a Nahrawan, nei pressi di Baghdad, dove due ordigni sono esplosi in un bazar uccidendo cinque persone e causando lesioni ad altre tredici. Nel settore sud della capitale irachena un’auto-bomba è saltata in aria accanto ad un gruppo di volontari che stavano distribuendo cibo e acqua ai pellegrini n cammino verso la città santa sciita di Kerbala: quattro le vittime e tredici i feriti. Tra gli altri obiettivi presi di mira, il capo di una milizia locale alleata del governo contro Al-Qaeda e un poliziotto in servizio di pattuglia. (C.S.)

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    Indonesia. Cresce allerta per le feste, aumentata la vigilanza ai luoghi di culto cristiani

    ◊   Cresce l’allarme in Indonesia per possibili azioni violente contro i cristiani in occasione del Natale. A innalzare il livello d’attenzione è stato il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, che parla di una situazione interreligiosa in deterioramento nel più popoloso Paese musulmano al mondo. Il capo dello Stato non ha identificato espressamente i gruppi che potrebbero attuare le temute azioni anticristiane, ma probabilmente faceva riferimento agli integralisti ancora attivi nel territorio, che godono del supporto di alcuni movimenti politici e delle forze dell’ordine. In Indonesia, i movimenti terroristi di matrice islamica, come Jamaah Islamiyah, sono stati duramente repressi negli ultimi anni dopo azioni terroristiche che hanno provocato numerose vittime e seminato il terrore, come gli attentati di Bali nell’ottobre 2002. Restano alcune cellule radicali ancora attive e un numero più ampio di gruppi estremisti, che rendono difficile la vita delle minoranze, a partire da quella cristiana, la più consistente con i suoi 25 milioni di fedeli, di cui 8 milioni di cattolici. Per far fronte all’emergenza, Yudhoyono – scrive l’Agenzia Misna - ha ordinato alle forze di sicurezza di proteggere le chiese e luoghi di culto da possibili attacchi durante le festività natalizie. (F.P.)

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    Trasmissioni nazionali per Radio Maria in Papua Nuova Guinea

    ◊   Evangelizzare, ma anche affrontare le questioni sociali spiegando che la fede cattolica è un messaggio di pace, di speranza, di consolazione e di amore: questo l’obiettivo dell’estensione all’ambito nazionale delle trasmissioni di Radio Maria in Papua Nuova Guinea, dove l’emittente è già la più ascoltata dalla comunità cattolica locale. I vescovi ne danno notizia con gioia alla Fides, precisando che per fare ciò è stato necessario installare nuovi ripetitori e instaurare nuove collaborazioni con radio locali diocesane, basate su condivisioni di contenuti e tempi di trasmissione. Le stazioni locali, infatti, proporranno contenuti e programmi propri; altri, invece, saranno realizzati da Radio Maria secondo lo schema preghiera, catechesi e approfondimento dei valori umani. Radio Maria iniziò le trasmissioni nel Paese nel 2007 su invito della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone e dipende interamente dalle donazioni degli ascoltatori. (R.B.)


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    Angola. Arrivano i primi due medici locali nell’ospedale di Chiulo

    ◊   Nel 2012 l’organizzazione Medici con l’Africa Cuamm ha avviato il progetto “Prima le mamme e i bambini” per garantire l’accesso sicuro e gratuito al parto e la cura dei neonati nell’ospedale angolano di Chiulo, al confine con la Namibia. In questi giorni – riferisce l’agenzia Fides – vi sono arrivati a lavorare i primi due dotttori formatisi in Angola: uno farà il chirurgo; l’altro si occuperà dei circa 60-80 bambini ospitati in media nella struttura, nata come ospedale di guerra con 250 posti letto. Il nosocomio serve una popolazione di circa 250mila persone afflitte da una siccità che dura da quasi due anni e in un’area dove imperversano malnutrizione, miseria, tubercolosi, hiv e colera. La struttura, inoltre, è di difficile accesso (3 ore a bordo di una jeep che viaggia su sterrato), non funzionano i cellulari, l’acqua è spesso un lusso e la corrente elettrica è garantita solo per alcune ore al giorno. (R.B.)

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    Colombia. Cresce la violenza contro chi difende i diritti umani, 507 casi nell’ultimo anno

    ◊   Le organizzazioni che lavorano per la tutela dei diritti umani in Colombia lanciano l’allarme: nella sola provincia di Antioquia negli ultimi undici mesi si sono verificati ben 507 casi di attacchi, minacce e violenze contro chi si occupa di difendere i più deboli. I dati si riferiscono a una ricerca intitolata “Tra il sogno della pace e la continuazione della guerra”, condotta tra il primo dicembre 2012 e il 15 novembre 2013, da parte delle stesse organizzazioni. In aumento anche le proteste popolari, come quelle verificatesi l’estate scorsa: tra tutte, le marce e gli scioperi di minatori e contadini che si sono svolti in tutto il Paese. Facendo un confronto con il passato, il rapporto segnala che dal 2010 al 15 novembre 2013 sono stati registrati 1153 attacchi contro persone che lavorano in favore dei diritti umani: nel 2010 ci sono stati 108 casi, nel 2011 sono stati 164, nel 2012 sono saliti a 374, mentre negli ultimi undici mesi sono stati segnalati 507 casi. Nel rapporto si rileva che il governo - garante della protezione dei diritti umani - sta prendendo iniziative per criminalizzare le manifestazioni, mentre il diritto alla protesta, in Colombia, è sancito dalla Costituzione. (F.P.)

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    Sudan, nel 2013 ridotti gli aiuti del 25% per 6 milioni di poveri

    ◊   Aumenta il numero dei poveri in Sudan, ma rispetto allo scorso anno i contributi umanitari del Fondo Comune delle Nazioni Unite per il Paese africano è diminuito del 25%. Nel 2013 - riferisce la Fides - le persone in difficoltà sono state un milione e 700mila in più. In particolare, circa 950mila persone risultano sfollate a causa dei conflitti e degli scontri nelle regioni sudanesi del Darfur, del South Kordofan, e del Blue Nile, mentre altre 430mila sono state colpite dalle alluvioni. In Darfur, in particolare, insicurezza, ostacoli burocratici e difficoltà d’accesso degli aiuti continuano ad aumentare, come pure fenomeni legati al banditismo. Gli operatori internazionali sono costretti a fermarsi nelle città e di conseguenza le consegne vengono effettuate da gruppi e partner nazionali, o in coordinamento con le ong nazionali. Alcuni fondi delle Nazioni Unite sono andati a istituzioni governative, come ad esempio a una stazione radio a Kadugli, nota per la sua propaganda di guerra contro i ribelli nelle Nuba Mountains. Altri fondi sono stati utilizzati per i sudsudanesi che hanno vissuto per oltre due anni nella stazione ferroviaria di Kosti prima di poter essere riammessi in patria. (F.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 349


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