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Sommario del 14/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • L'abbraccio del Papa ai bambini del Dispensario S. Marta con festa di compleanno a sorpresa
  • Altre udienze e nomine
  • Tweet del Papa: ecco la speranza cristiana, il futuro è nelle mani di Dio
  • Inaugurato l'albero di Natale in Piazza San Pietro. Il card. Bertello: simbolo della luce che illumina la nostro vita
  • Piccolo dono natalizio del Papa ai poveri
  • Il card. Koch in Russia, incontrerà il Patriarca Kirill. P. Destivelle: nuove sfide in comune
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto. Referendum Costituzione a metà gennaio, al bando partiti religiosi
  • Maltempo in Medio Oriente. Mons. Shomali: emergenza per profughi siriani e a Gaza
  • Elezioni parlamentari in Turkmenistan
  • Protesta dei "forconi", mons. Nosiglia: da non sottovalutare, politica sia vicina alla gente
  • Carcere di Rieti, appello del volontariato: detenuti in difficoltà, in gran parte sono immigrati
  • Iraq, primo pellegrinaggio dell'Opera Romana dopo la guerra. Mons. Andreatta: segno di speranza
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Corea del Sud. L’arcivescovo di Seoul: l’"Evangelii Gaudium" ha colpito tutta la società
  • I vescovi dello Sri Lanka: “Restaurare la pace nelle zone colpite dalla guerra”
  • Thailandia. L'esperienza di un missionario e la sua lotta contro povertà e degrado
  • Campagna natalizia in favore dei bimbi siriani per Caritas Austria
  • Tanzania. Peggiora la condizione dei cristiani, uccisi e perseguitati con false accuse
  • Indonesia. Imprenditori cattolici organizzano concerto di Natale a scopo benefico
  • Ucraina. Ancora proteste, Paese diviso tra europeisti e sostenitori del presidente
  • Kenya. Due bombe a confine con Somalia, un morto e tre feriti
  • Si è spento padre Ferdinando Castelli, per oltre 40 anni scrittore di Civiltà Cattolica
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'abbraccio del Papa ai bambini del Dispensario S. Marta con festa di compleanno a sorpresa

    ◊   Un grande abbraccio di famiglia, con i contorni di una festa di compleanno a sorpresa. Così si è svolto questa mattina l’incontro di Papa Francesco con i responsabili, i volontari e gli assistiti del Dispensario pediatrico Santa Marta, una struttura caritativa vaticana che offre aiuto in modo particolare a mamme e bambini in difficoltà. Il Papa ha fatto visita nei locali del Dispensario, che si trova in Vaticano a pochissima distanza da Casa S. Marta, quindi si è lasciato avvolgere dall’affetto delle centinaia di persone che lo attendevano in Aula Paolo VI. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    A pochi metri dal cuore di Papa Francesco. È lì che vive – con la discrezione di chi fa il bene con una mano senza che l’altra lo sappia – il Dispensario Santa Marta. A un respiro da Casa S. Marta, dozzine di volontari – dai medici alle persone di buona volontà – danno ogni giorno aiuto a dozzine di mamme e bambini. Da un check sanitario a un pacco di pannolini, dal sostegno psicologico a una carrozzina, un giocattolo, un pacco di pasta, da oltre 90 anni la solidarietà vive senza rumore e con le porte aperte tra le stanze che volle Pio XI nel 1922 e che Papa Francesco ha visitato prima di raggiungere l’Aula Paolo VI e ricevere dal “popolo” del Dispensario, circa 800 persone, una calorosissima accoglienza. Meglio ancora, una vera e propria festa a sorpresa, perché di questo si è trattato, a tre giorni dal 77.mo compleanno di Papa Francesco. Poco dopo il suo arrivo, un gruppo di 9 bambini armato di cubi recanti varie scritte li ha posizionati ad arte su un carrello che, voltato, ha mostrato un ritratto del Papa con sotto la scritta “Auguri”. Quindi, un altro gruppo di 19 bambini, ciascuno con una maglietta bianca e una grande lettera gialla stampata sopra, ha composto la scritta “Auguri Papa Francesco”, mentre la tradizionale canzoncina “Tanti auguri” in sottofondo accompagnava l’entrata in scena di una torta con le candeline, forse un assoluto inedito in un contesto simile. Molto divertito dal tutto, Papa Francesco si è alzato, ha spento le candeline, ha ricevuto il dono di un pullover e ha ringraziato con queste parole:

    “Vi ringrazio per questa visita! Ringrazio per l’amore che voi avete, la gioia di questi bambini, i doni, la torta… Che era bellissima! Dopo vi dirò se è buona o no, eh! Grazie tante! Che il Signore vi benedica!”.

    Un saluto breve perché molto più a lungo Papa Francesco ha preferito dare spazio a ciò che preferisce, il contatto diretto, affettuoso, con chi lo circonda. In questo caso, con chi – vivendo molto spesso in gravi difficoltà – ha voluto stringersi a lui per avere il conforto del suo calore paterno, come ha voluto sottolineare Elisabetta, una mamma peruviana che dal Dispensario ha ricevuto aiuto per il suo bambino:

    “Che cosa dire del tuo sorriso? E’ così sorprendente che arriva al cuore di tutti, donandoci tantissima pace. Sappiamo quanto amore hai verso i bambini, specie verso quelli che hanno più bisogno. Al Dispensario ci sentiamo particolarmente privilegiati perché sappiamo di essere nel tuo cuore e nella tua mente. E siamo contenti perché, ogni giorno, ci aiuti ad incontrare Gesù. Caro Papa Francesco, questi nostri bambini ricevono oggi il più bel regalo di Natale che potessero immaginare: il tuo sorriso, una tua carezza, un tuo abbraccio”.

    All’appuntamento in Aula Paolo VI, Papa Francesco era giunto con una ventina di minuti di ritardo, avendo prolungato la precedente sosta nei locali del Dispensario, dov’era stato accolto dal suo elemosiniere, l’arcivescovo Konrad Krajewski – che ricopre la carica di presidente della Fondazione Dispensario Santa Marta – e dalla direttrice della struttura, suor Antonietta Collacchi, che più tardi, di fronte alla “famiglia” del Dispensario ha descritto al Papa da dove scaturisca la forza di un’esperienza dove il bene è fatto bene, proprio come Papa Francesco chiede a un cristiano:

    “La Divina Provvidenza non ci fa mancare il suo sostegno, moltiplicando ogni giorno, nelle nostre mani, la carità. Le nostre giornate sono scandite dalla gioia dell’essere cristiani, dalla luminosità di un sorriso e dal calore della riconoscenza e questo ci permette di poter ripetere – con la solidità dell’esperienza – alcune sue parole: ‘Il vero potere è il servizio’, per un cristiano ‘progredire’ significa ‘abbassarsi’, come ha fatto il Figlio di Dio. In questa prospettiva, noi lavoriamo per globalizzare la solidarietà e l’amore, invece dell’indifferenza e dell’egoismo”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e la presidente del “Barreau de Paris” (Francia), Christiane Féral-Schulhl.

    In Cile, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di La Serena, presentata per ragigunti limiti di età da mons. Manuel Gerardo Donoso Donoso, della Congregazione dei Sacri Cuori. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. René Osvaldo Reboleldo Salinas, finora Vescovo di Osorno, in Cile. Mons. Rebolledo Salinas è nato a Cunco, diocesi di Villarrica, il 22 settembre 1958. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore “San Fidel” di San José de la Mariquina. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 25 agosto 1984, incardinandosi nell’allora Vicariato Apostolico dell’Araucania, attualmente diocesi di Villarrica. Dal 1984 al 1985 è stato Vicario nella Parrocchia di Loncoche. E’ stato poi inviato a Roma (1985-1989) dove ha frequentato la Pontificia Università Urbaniana, conseguendo il grado accademico di Dottore in Teologia. Dal 1990 al 1992 è stato educatore e professore nel Seminario Maggiore “San Fidel” di San José de la Mariquina, divenendone Rettore nel 1993, incarico che ha ricoperto per 10 anni. Dal 2002 al 2004 è stato Vicario generale della diocesi di Villarrica e parroco della Cattedrale. L’8 maggio 2004 è stato nominato Vescovo di Osorno. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 19 giugno successivo.

    In Polonia, il Pontefice ha nominato ausiliari della diocesi di Tarnów mons. Stanisław Salaterski, del clero della medesima diocesi, finora parroco della Cattedrale, e mons. Jan Piotrowski, finora parroco della parrocchia di Santa Margherita in Nowy Sącz, assegnandogli la sede titolare di Siniti. Mons. Salaterski, è nato il 4 novembre 1954 a Lipnica Murowana, parrocchia Tymowa. Superati gli esami di maturità, nel 1973 fu ammesso al Seminario maggiore di Tarnów e il 31 maggio 1981 ha ricevuto l’ordinazione sacerdote per la medesima diocesi. Dopo l’ordinazione è stato Vicario parrocchiale a Muszyna (1981-1984). Dal 1984 al 1988 ha studiato presso l’Università Cattolica di Lublino (KUL), dove ha ottenuto il dottorato in Storia della Chiesa. Dopo gli studi, per due anni ha svolto il ministero pastorale come Vicario parrocchiale alla Cattedrale di Tarnów e nella Parrocchia di San Casimiro a Nowy Sicz. Ha ricoperto diversi incarichi: Docente di Storia ecclesiastica nella KUL, Direttore diocesano della pastorale dei giovani, Vicario episcopale per i giovani, Assistente ecclesiastico dell’Associazione degli Educatori Cattolici, Responsabile diocesano per la pastorale degli artigiani, Docente di Storia della Chiesa nella Facoltà di Teologia della Pontificia Accademia di Teologia, sezione di Tarnów. Attualmente è Parroco della Cattedrale (dal 1995), membro della Commissione storica diocesana, del Consiglio presbiterale, del Collegio dei consultori e Decano del decanato Tarnów-Południe. Il 25 gennaio 2008 è stato annoverato tra i Cappellani di Sua Santità.

    Mons. Piotrowski è nato il 5 gennaio 1953 a Szczurowa. Superati gli esami di maturità, nel 1972 fu ammesso al Seminario maggiore di Tarnów e il 25 maggio 1980 ha ricevuto l’ordinazione sacerdote per la medesima diocesi. Dopo l’ordinazione negli anni 1980-1984 è stato Vicario parrocchiale a Przecław e nella Parrocchia della Spirito Santo a Mielec. Dopo la preparazione presso il Centro di Formazione Missionaria in Warszawa ha lavorato negli anni 1985-1991 come missionario in Congo-Brazzavile. Dal 1991 al 1997 è stato Segretario nazionale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede. Per due anni ha studiato missiologia presso l’Istituto Cattolico a Parigi e nel 1997 ha ottenuto il dottorato in Missiologia presso l’Accademia di Teologia Cattolica a Warszawa. È stato missionario in Perù dal 1999 al 2000, e infine, dal 2000 al 2010 è stato Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie. Dal 2009 è Parroco della Parrocchia di Santa Margherita a Nowy Sącz. Nel 2004 è stato annoverato tra i Cappellani di Sua Santità.

    In Italia, Papa Francesco ha nominato abate ordinario dell’abbazia territoriale di Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni (Italia) il Reverendo P. Michele Petruzzelli, dell'Ordine Benedettino, finora priore claustrale e Maestro dei novizi dell’abbazia di Santa Maria della Scala in Noci. Padre Petruzzelli è nato a Bari il 1° agosto 1961. Dopo il diploma di scuola media superiore ed una breve esperienza lavorativa, all’età di 24 anni è entrato nel monastero benedettino di Santa Maria della Scala in Noci (Bari). Terminato il postulato ed il noviziato, il 21 novembre 1987 ha emesso la professione monastica semplice e tre anni più tardi quella solenne. Ha frequentato prima la scuola monastica presso il monastero sublacense di Praglia e poi l’Istituto Teologico di Santa Fara in Bari. Presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo ha conseguito la Licenza in Teologia Monastica. Il 5 agosto 1998 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Nell’ambito del proprio monastero di Noci ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: Penitenziere, Foresterario e Cellerario (Economo). Attualmente è maestro dei novizi e priore claustrale.

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    Tweet del Papa: ecco la speranza cristiana, il futuro è nelle mani di Dio

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: “Ecco la speranza cristiana – scrive - il futuro è nelle mani di Dio”.

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    Inaugurato l'albero di Natale in Piazza San Pietro. Il card. Bertello: simbolo della luce che illumina la nostro vita

    ◊   E’ un abete di 25 metri proveniente dalla Baviera l’albero di Natale che da ieri sera illumina Piazza San Pietro. Per l’occasione è giunta a Roma una folta delegazione bavarese che ieri mattina è stata salutata da Papa Francesco che ha espresso il suo ringraziamento. Alla fine delle festività, il legno dell’abete sarà utilizzato per la creazione di giocattoli da destinare ai bambini di famiglie indigenti. Alla cerimonia di accensione dell'albero di Natale ha partecipato anche il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato. ascoltiamo le sue parole nel servizio di Marina Tomarro:

    “E’ ormai una tradizione molto bella, questa, che ogni anno sfilano in questa Piazza – che con il suo colonnato vuole abbracciare un po’ tutta la cristianità e tutto il mondo – degli alberi provenienti da diversi Paesi. E per la seconda volta, noi abbiamo l’onore ed il piacere di ricevere appunto un albero dalla Baviera, dalla Germania”.

    Con queste parole il cardinale Bertello ha salutato i presenti alla cerimonia di accensione del grande albero di Natale, che illumina Piazza San Pietro. Una tradizione iniziata con il Beato Giovanni Paolo II che volle affiancare il presepe con quest’altro simbolo del Natale. Ascoltiamo ancora il cardinale Bertello:

    “L’albero, in tutte le culture, è il simbolo della vita, è la luce che proviene per illuminare il cammino della gente. E quindi acquista anche un significato per noi, come preparazione alla Festa del Natale. Il Signore viene a darci la sua vita perché noi l’accogliamo nel nostro cuore e poi, illuminati da questa luce sua, noi possiamo portarla al mondo. E’ con questi sentimenti veramente che io vorrei accogliere tutti voi ed augurare a tutti, un cordialissimo e fraterno Natale”.

    Questo abete parla di pace anche perché cresciuto vicino alla frontiera che divideva i popoli bavaresi e boemi, lì, dove per anni si erano scontrati; la sua nascita ha creato un segno di amicizia e riconciliazione tra i due Paesi. Queste le parole del ministro bavarese per gli Affari europei Beate Merk, presente alla cerimonia:

    “Questo albero è un bellissimo segno dell’amicizia transfrontaliera tra i nostri due Paesi; un simbolo per l’Europa unita. E quando questo abete fu piantato, 60 anni fa, nella foresta ceca esisteva ancora la cortina di ferro che separava i due comuni confinanti di Domažlice e di Waldmuenchen. Oggi gli stessi vicini si possono di nuovo incontrare liberamente. E soprattutto in un periodo di crescente euroscetticismo non dobbiamo mai dimenticare che l’Europa unita e pacifica non è una realtà scontata; l’Europa unita rappresenta un grande dono”.

    Tanti i fedeli che hanno voluto partecipare all'accensione dell'albero di Natale:

    R. - È bellissimo perché è un albero che viene dal centro dell’Europa e arriva al centro della cristianità; e questa è proprio una cosa splendida che chiaramente dà delle emozioni fortissime.

    D. - Cosa vuol dire per lei l’albero di Natale?

    R. - È più radicato il presepe; però, l’albero ci ha accompagnato dall’infanzia e perciò per noi ha un forte significato per il Natale stesso. Inoltre, messo in Piazza San Pietro è chiaramente emozionante.

    R. - Io sono della Repubblica Ceca e questo albero viene proprio dalla frontiera, dunque per noi è una grande gioia vedere quest'albero che proviene dalla frontiera di due nazioni qui a Roma, nel cuore della cristianità, del cattolicesimo, come simbolo della pace.

    D. - Papa Francesco ha ricordato che l’albero di Natale è un segno di gioia che ci richiama alla gioia più grande: la nascita di Cristo. Cosa vuol dire per lei?

    R. - Sono parole molto belle. Per noi è importante la tradizione dell’albero di Natale, una tradizione che proviene dai Paesi transalpini dell’Europa Centrale, Germania, Boemia … Dunque vedere questa tradizione arrivare qui a Roma, accompagnata da queste parole forti del Santo Padre, è per noi una grande cosa.

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    Piccolo dono natalizio del Papa ai poveri

    ◊   Nei prossimi giorni, in occasione del Natale, l’Elemosiniere pontificio, mons. Konrad Krajewski, farà avere a nome del Papa ai poveri da lui incontrati o assistiti un piccolo dono che possa essere loro utile. Si tratta di 2000 buste che verranno distribuite, nei luoghi dove vengono offerti i pasti e in altre occasioni, dalle Suore di Madre Teresa, dai volontari che svolgono assistenza serale o dallo stesso Elemosiniere. Ogni busta è già affrancata con francobollo vaticano, così da poter essere usata – apponendovi semplicemente l’indirizzo - per spedire auguri o saluti a familiari o amici. Nella busta si trovano l’immagine natalizia firmata dal Papa, carte telefoniche e biglietti giornalieri per la metropolitana. La Direzione dell’Atac (Agenzia comunale dei Trasporti di Roma) ha offerto 4000 biglietti giornalieri per la Metropolitana, mentre le Poste Vaticane hanno offerto i francobolli e la Tipografia le buste.

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    Il card. Koch in Russia, incontrerà il Patriarca Kirill. P. Destivelle: nuove sfide in comune

    ◊   Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, inizia oggi un viaggio di sei giorni in Russia, con tappe a San Pietroburgo e Mosca, per incontrare vari rappresentanti della Chiesa ortodossa e della Chiesa cattolica. Il porporato sarà ricevuto dal Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia ed incontrerà il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato, che il 12 novembre scorso era stato a colloquio con Papa Francesco in Vaticano. A San Pietroburgo, il cardinale terrà, presso 1'Accademia di teologia della città, una conferenza sul progresso del dialogo cattolico-ortodosso; visiterà anche il monastero della Lavre Alexandre Nevski, che festeggia quest'anno il suo terzo centenario. Durante la sua visita, dietro invito dell'arcivescovo Paolo Pezzi, ordinario dell'Arcidiocesi cattolica della Madre di Dio a Mosca, presiederà le celebrazioni del giubileo della Basilica di Santa Caterina di Alessandria a San Pietroburgo, che compie 250 anni. Sulla storia di questa Basilica ascoltiamo il padre domenicano Hyacinthe Destivelle, del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. L’intervista è di Philippa Hitchen:

    R. – It is the oldest catholic church...
    E’ la più antica chiesa cattolica di Russia e si può dire che sia la madre di tutte le chiese cattoliche del Paese. E’ considerata la più bella chiesa cattolica russa e ha una storia molto ricca per i suoi rapporti con la cultura di questo Paese e di altre Chiese, prima fra tutte la Chiesa ortodossa russa.

    D. – Questa chiesa è stata bruciata e distrutta diverse volte, soprattutto durante il periodo sovietico...

    R. – Yes, this church is very famous...
    Sì, questa chiesa è molto famosa per i suoi Santi - molti Santi, infatti, hanno servito e vissuto lì – e per il suo tragico destino, come del resto il destino di tutti i cristiani in Russia. La chiesa è stata chiusa prima della Seconda Guerra Mondiale ed è rimasta chiusa fino all’inizio degli anni ’90. Nel 1992 le autorità della città l’hanno restituita alla comunità cattolica.

    D. – Il cardinale Koch incontrerà il Patriarca Kirill, un incontro atteso da tempo. Cosa spera verrà fuori da questo appuntamento?

    R. – Of course this meeting is...
    Certamente questo incontro è importante, specialmente perché sarà il primo incontro del cardinale, come rappresentante di Papa Francesco, con il Patriarca Kyrill. Il cardinale Koch ha già incontrato il Patriarca due anni fa a Mosca, ma penso che questo incontro sarà particolarmente importante, perché ci sono nuove sfide: sicuramente quella della pace in Medio Oriente; quella della famiglia e della dottrina sociale della Chiesa e le questioni morali, ma prima di tutto direi la sfida dell’unità nella fede. Probabilmente ora è il momento di fare qualche gesto simbolico e di andare avanti nel nostro rapporto. Ed io spero che questo incontro aiuterà in tal senso.

    D. – Questo evento potrebbe creare le basi per un possibile incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill?

    R. – Well, each times...
    Ad ogni incontro del cardinale con il Patriarca o del metropolita Hilarion con il Papa si parla di questa possibilità. Certamente penso che ogni giorno ci avviciniamo a questo incontro. Non so quando e dove avverrà, ma tutti, ora, possono vedere che abbiamo bisogno di questo incontro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una festa per Francesco: la cronaca di Mario Ponzi dell'incontro del Papa con i bambini assistiti nel dispensario Santa Marta.

    Cristianesimo e libertà hanno la stessa radice: intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    L''arcivescovo Pietro Parolin, segretario di Stato, a Cuneo per l'ordinazione episcopale del nunzio Aldo Giordano.

    Ban Ki-moon chiede giustizia per la Siria.

    Gianpaolo Romanato e Felice Accrocca sul cardinale che non divenne
    Papa: cent'anni fa, il 16 dicembre 1913, moriva Mariano Rampolla del Tindaro.

    Un articolo di Cristian Martini Grimaldi dal titolo "Giapponesi in cerca di trascendenza": tra nuovi culti e fascino per il matrimonio cristiano.

    Addio al gran segugio: padre Antonio Spadaro ricorda il confratello Ferdinando Castelli.

    Il batterio che fa la storia: Ferdinando Cancelli dalla peste di Giustiniano a quella in Madagascar.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto. Referendum Costituzione a metà gennaio, al bando partiti religiosi

    ◊   Il referendum sulla nuova Costituzione egiziana si terrà il 14 e 15 gennaio. Lo ha annunciato il presidente ad interim egiziano, Adly Mansour, invitando la popolazione a votare “si”. Il testo, approvato dalla Commissione incaricata, sostituisce quello varato durante la presidenza Morsi. L’annuncio sulla data del voto arriva, infatti, all’indomani dalle violente proteste scatenate in diverse città dai sostenitori dei Fratelli musulmani, a seguito delle quali sono morte due persone. Sulla situazione nel paese e i possibili risvolti politici della nuova costituzione, Marco Guerra intervistato Francesca Paci, giornalista della Stampa esperta dell’area:

    R. – L’Egitto è un Paese lontano dalla stabilità, da quella almeno che desidera la maggior parte della popolazione egiziana e che si palesa con un gradimento che, secondo la società di sondaggi Gallup, in questo momento, dà il 94% dei consensi ai militari. Il Paese è stanco e vuole ricominciare una vita normale. E lungi dalla stabilità, i sostenitori dei Fratelli musulmani, il Movimento 6 aprile e i Socialisti Rivoluzionari sono chiaramente contrarissimi a questo referendum, che è stato licenziato da una Commissione di 50 saggi, all’interno della quale i partiti islamisti erano rappresentati soltanto da un salafita e da un ex fratello musulmano. E’ verosimile, che continueranno quindi a protestare. I segnali, come dicevo, della stanchezza della popolazione, per questa situazione d’instabilità, dicono che la maggioranza della popolazione non sarà in piazza e non farà scontri. Certo, però, i sostenitori dei Fratelli Musulmani, in particolare, che si sentono completamente estromessi da questo processo di transizione in corso, non smetteranno.

    D. – La nuova Costituzione, quindi, estromette ancora di più quelle che sono le istanze dei Fratelli musulmani. C’è una modifica in senso liberale degli assetti dello Stato?

    R. – La nuova Costituzione, sebbene qua si sia molto parlato della sharia, in realtà è veramente uno scacco per i Fratelli musulmani e per i partiti islamisti, tant’è vero che anche i salafiti, che l’hanno sostenuta e ora fanno campagna per il "sì" al referendum, in realtà si sono accontentati delle briciole. La sharia è all’art. 2, ma come era nella Costituzione lo scorso anno e come era anche nella Costituzione del ’71. Il punto non è questo. Sono state messe delle blindature dicendo, già nel preambolo, che sebbene la legge islamica sia la fonte principale del diritto, le ultime decisioni spettano alla Corte costituzionale, quindi a un organo superiore. Soprattutto, sono stati messi al bando i partiti religiosi e soprattutto, in termini di diritti civili e diritti della persona, è anche esplicitamente espressa la libertà per le tre religioni rivelate di praticare la fede ed anche di costruire luoghi di culto. Per i Fratelli musulmani, quindi, è una colpo, soprattutto perché loro sono stati messi fuori legge.

    D. – I militari continueranno ad avere un peso determinante. Non è immaginabile un passo indietro da parte dell’esercito...

    R. – Certamente, l’esercito non esce ridimensionato da questa nuova Costituzione. Il ministro della Difesa è ancora di nomina dell’esercito e l’esercito mantiene il totale controllo sul proprio budget. Si dice che controlli circa un terzo dell’economia egiziana. Tra l’altro, il nodo che veramente ha fatto arrabbiare i liberal, anche quelli che poi alla fine voteranno ‘sì’ al referendum, è dove si precisa che sia possibile processare dei civili nei tribunali militari, nel caso in cui i civili attacchino postazioni dell’esercito o militari - e questo sarebbe anche normale - ma anche nel caso in cui attacchino zone definite sotto controllo dell’esercito. Queste sono le vere ombre.

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    Maltempo in Medio Oriente. Mons. Shomali: emergenza per profughi siriani e a Gaza

    ◊   Un'ondata straordinaria di maltempo ha messo in queste ore in ginocchio il Medio Oriente e il Nord Africa. In particolare, è emergenza a Gerusalemme, isolata da una nevicata record, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, dove si è abbattuta una forte grandinata che ha messo in crisi la rete fognaria e ha aggravato l’emergenza causata dalla penuria di corrente elettrica e combustibili. Ma l’allarme è ora pure per i campi profughi, dove sono presenti tra gli altri anche siriani in fuga dalla guerra. Ne parla mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – E’ stata un’ondata di maltempo che ha coinvolto la maggioranza dei territori della Terra Santa: dunque, tutti i luoghi a più di 400 metri di altezza sono stati toccati da questa perturbazione. Da una parte siamo stati contenti, perché abbiamo pregato per avere la pioggia, ci mancava; ma è venuta troppa neve e qui in Terra Santa né gli israeliani né i palestinesi sono ben preparati per affrontare questa situazione e tanti ne hanno sofferto. Nelle strade migliaia e migliaia di macchine, fra Tel Aviv e Gerusalemme, sono rimaste intrappolate e non sono potute arrivare a destinazione. Anche l’aeroporto ha avuto un movimento molto parziale. Molte famiglie hanno sofferto perché non c’era l’elettricità, soprattutto nei villaggi e in zone periferiche. A Nablus, i palestinesi hanno chiesto l’aiuto degli israeliani per mandare elicotteri in soccorso della gente che vive sulle montagne, dove mancava anche il cibo. Lo stesso è avvenuto in Giordania. Ma la situazione peggiore è quella dei profughi siriani che si trovano nel nord della Giordania, che fa parte della diocesi, ma anche in Libano e in Turchia. Questi profughi siriani, che vivono nelle tende, non hanno né riscaldamento, né cibo: molti bambini sono purtroppo morti congelati.

    D. – Neve, freddo e allagamenti hanno reso la situazione particolarmente critica nella Striscia di Gaza, già grave per le conseguenze di anni di blocco imposto da Israele. Qual è la situazione?

    R. – A Gaza manca il carburante per far funzionare i riscaldamenti. Israele ha deciso soltanto ieri di far entrare il gas e il carburante a Gaza, perché c’è veramente una situazione grave. Speriamo che nei prossimi giorni la questione si risolva. Ma intanto la gente ha sofferto e soffre tanto. Anche nelle strade la situazione è critica, non hanno una canalizzazione per far defluire l’acqua.

    D. – Nella parte meridionale di Gaza, nelle ultime ore, si è parlato della morte di un bambino per il freddo, perché la sua casa era costruita con materiali poveri e non era riscaldata. Quindi, i rischi aumentano per la popolazione di Gaza?

    R. – Sì, veramente! Già erano poveri prima della neve e adesso non c’è lavoro, non c’è riscaldamento, non possono muoversi.

    D. – Lei ha parlato dei campi profughi: come si vive in queste ore in quelle realtà?

    R. – In qualche campo hanno case normalmente edificate, in altri la gente si trova in una situazione molto più difficile perché non ha il necessario, come il riscaldamento. Ma la situazione peggiore è quella dei profughi siriani: sono veramente i più poveri, ai quali bisogna portare attenzione e aiuto. Il patriarca, mons. Fouad Twal, ha scritto ieri una lettera per dire al mondo: “Fate qualche cosa per queste vittime, non solo della neve, ma della guerra. Una guerra assurda!”.

    D. – In che modo le parrocchie di Terra Santa cercano di far fronte a questa emergenza?

    R. – Abbiamo la Caritas Giordania che fa tanto per i profughi di al-Zaatari, nel nord della Giordania, ma con i suoi 200 volontari aiuta quelli che riesce ad aiutare. Qualcosa si fa, ma non abbastanza. Come si può riscaldare una tenda? C’è anche il pericolo di bruciarla, di creare un incendio. L’unica soluzione è che queste persone possano tornare a casa loro, che non restino là. Noi avevamo previsto questo: l’inverno doveva pur arrivare… Ma c’è tanta indifferenza. Il Papa ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”: qui ce n’è un esempio. Si guarda e poi, poco dopo, dimentichiamo quello che abbiamo visto.

    D. – E allora per non dimenticare, alla vigilia del Natale: qual è la speranza della Chiesa di Terra Santa?

    R. – Che ci sia più compassione da parte di quelli che hanno verso quelli che non hanno. Dare è sempre un atto natalizio per eccellenza. Bisogna dare. Se non diamo, rimaniamo nel nostro egoismo, come se Gesù non fosse mai nato a Betlemme. Anche Lui era un Bambino che ha sentito freddo nella Grotta di Betlemme, anche Lui è dovuto fuggire in Egitto. Possiamo dire che Dio stesso ha sperimentato nella sua Carne cosa vuol dire soffrire.

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    Elezioni parlamentari in Turkmenistan

    ◊   “Una pietra miliare per la democrazia”. Così il presidente del Turkmenistan, Kurbanguly Berdymukhamedov, ha definito le elezioni parlamentari che si svolgono questa domenica nel suo Paese. Una tornata elettorale, che secondo molti osservatori è tuttavia ben lontana dalle tardizionali forme democratiche. Salvatore Sabatino ha intervistato Fabrizio Dragosei, esperto dei Paesi ex sovietici del Corriere della Sera:

    R. – Diciamo che in questi Paesi dell’Asia Centrale, la democrazia è una cosa ben diversa da quello che noi abbiamo in mente. Sono Paesi che sono stati governati e sono governati da personaggi, che hanno preso il potere, in alcuni casi addirittura lo avevano già prima dello scioglimento dell’Urss nel ’91, e lo tengono. Poi fanno queste elezioni nelle quali sì c’è un minimo di dibattito nel Paese, ma veramente molto, molto limitato.

    D. – Di sicuro il Turkmenistan è un Paese strategico, non solo sul piano geopolitico – ricordiamo che confina con Iran e Afghanistan – ma detiene la quarta più grande riserva mondiale di gas. Che peso esercita sul fronte economico?

    R. – E’ un Paese molto importante ovviamente, non a caso è un Paese sul quale Stati Uniti ed Europa da un lato e Russia dall’altro lottano per l’influenza e per tirare questo Paese dal loro lato. Loro - Turkmenistan, in questo caso, ma anche gli altri Paesi produttori di gas o di petrolio della regione - tentano di mantenere una certa autonomia e di barcamenarsi tra le superpotenze.

    D. – Che tipo di rapporti ci sono oggi tra il Turkmenistan e la Russia, visti anche i loro rapporti passati?

    R. – Sono sicuramente molto stretti, anche se, come dicevamo, il Turkmenistan tenta di barcamenarsi e di non finire completamente nell’orbita di Mosca. Certamente, per questioni militari e per questioni di strategia globale, il legame con Mosca è inevitabilmente forte. Non dimentichiamo che il Turkmenistan ovviamente faceva parte dell’Unione Sovietica e prima ancora faceva già parte dell’impero zarista.

    D. – Questo rapporto può essere deteriorato, per esempio, dai rapporti strettissimi che ci sono oggi tra Turkmenistan e Cina, dopo tutti i contratti firmati recentemente dal punto di vista commerciale?

    R. – Eh sì, certamente questi Paesi tentano di smarcarsi da Mosca e la Cina costituisce per loro un’alternativa e, soprattutto, costituisce un enorme mercato di sbocco, perché ricordiamoci che oggi la Cina è il più grosso consumatore di gas e petrolio, dopo l’Europa e dopo gli Stati Uniti. Per questi Paesi, quindi, è un mercato di sbocco fondamentale; è un mercato relativamente vicino anche ed è un mercato relativamente facile da raggiungere. Certamente questa collaborazione economica finirà poi forse per avere anche delle conseguenze sull’atteggiamento politico di questi Paesi, anche se – ripeto – liberarsi, smarcarsi dalla tutela russa non è poi così facile.

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    Protesta dei "forconi", mons. Nosiglia: da non sottovalutare, politica sia vicina alla gente

    ◊   Prosegue la protesta dei cosiddetti “forconi” in Italia. Mercoledì prossimo si terrà a Roma una grande manifestazione, con un presidio ad oltranza, ma non ci sarà alcun corteo per evitare infiltrazioni che non appartengono al movimento. L'obiettivo – affermano i promotori - è dimostrare al governo e agli italiani che si vuole arrivare a “soluzioni in modo corretto" isolando i violenti. Sul clima di crescente tensione e disagio sociale nel Paese, Luca Collodi ha sentito l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia:

    R. – Quando si esasperano i contrasti, quando i problemi non si risolvono, si tramandano e si tramandano, l’esasperazione aumenta, anche perché la crisi è forte. Allora le recriminazioni vengono, vengono spontanee e adesso sono esplose. Però bisogna che ogni protesta, pur legittima, tenga conto di quelli che sono i principi della legalità, i diritti di ogni cittadino ad usufruire dei servizi pubblici, a svolgere il proprio lavoro senza intimidazioni e senza pressioni indebite, che alla fine poi si ritorcono contro chi li compie.

    D. – C’è la sensazione, mons. Nosiglia, che il sistema-Paese stia vivendo un momento difficile e che la politica non rappresenti più il Paese reale…

    R. – Certamente c’è uno stacco notevole, però direi sul piano della politica nazionale, perché sul piano degli enti locali - ed io ho a che fare con tanti enti locali - mi sembra che ci sia molta più vicinanza con la gente. Invece a livello più alto, l’esempio non è certo di questo genere! A me sembra che quello di cui il nostro sistema-Paese ha bisogno è che i singoli comparti dialoghino e trovino il modo di pensare ad un sistema integrato e non è un fatto di mercato: c’è anche il lavoro, c’è dentro anche l’attenzione a tutte quelle realtà che sono parti integranti dell’opera produttiva del nostro Paese, che sono poi le piccole aziende, i commercianti e le realtà di base. Vedo che ciascuno fa un po’ “il si salvi chi può!”. Con questa espressione non si costruisce niente!

    D. – Lei pensa che questo movimento dei forconi o questa protesta, così generalizzata, di gente che non ha rappresentanza sociale o partitica sia un fenomeno da non sottovalutare?

    R. - Certamente! E’ un fenomeno da non sottovalutare, perché sappiamo bene che si parte sempre così e poi non si sa dove si arriva. Tocca soprattutto alla politica fare la sua parte, ma poi tocca a tutti, anche la Chiesa deve fare la sua parte per dare il proprio contributo. Io, come vescovo, cerco di stare vicino e di aiutare chi soffre, chi è in difficoltà, anche di pregare, perché anche questo è importante, affinché il Signore ispiri scelte di riconciliazione, di pacificazione. Attivare un dialogo sempre più diretto e concreto con le persone, anche con queste persone, io credo sia importante. I problemi di fondo vanno poi affrontati con concretezza e bisogna che le persone si sentano rappresentate, al di là poi della rappresentanza politica, e vedano che i problemi che pongono vengono presi in considerazione e si cerca di risolverli.

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    Carcere di Rieti, appello del volontariato: detenuti in difficoltà, in gran parte sono immigrati

    ◊   La situazione delle carceri italiane resta difficile. Di qui, l'iniziativa degli assistenti volontari penitenziari della “Sesta Opera San Fedele Rieti” che hanno chiesto un aiuto per i circa 300 detenuti della Casa Circondariale Nuovo Complesso della cittadina laziale. Nazzareno Figorilli, responsabile del Centro di Ascolto e presidente dell’associazione, ha descritto - al microfono di Elisa Sartarelli - una realtà carceraria molto critica:

    R. – Si tratta di necessità soprattutto economiche, come in tutte le carceri italiane. Basti considerare che con circa 4 euro al giorno lo stato provvede ai tre pasti giornalieri dei detenuti e con circa 70 centesimi al trattamento rieducativo e al reinserimento. La stragrande maggioranza – per non dire la totalità – dei detenuti nelle carceri italiane sono proprio i più bisognosi! Chi ha possibilità economiche e può avvalersi di avvocati valenti è fuori dal carcere: non è in attesa di giudizio o è agli arresti domiciliari! Noi li ascoltiamo, teniamo i rapporti con i loro familiari, con gli avvocati. Nel carcere di Rieti oltre il 60 per cento sono stranieri, quindi sono dentro per immigrazione clandestina o per consumo di droga. Non hanno colloqui, perché le loro famiglie sono essenzialmente all’estero o in giro per l’Italia. Noi teniamo i rapporti anche con le loro famiglie nei Paesi di provenienza, che sono tutti Paesi del Maghreb e dei Balcani. Quindi hanno necessità di prodotti igienici, di vestiario, di vicinanza, di amicizia, di accoglienza. Senza di noi l’amministrazione penitenziaria non sarebbe in grado di andare avanti.

    D. – Esiste un problema di sovraffollamento?

    R. – Non c’è sovraffollamento, perché dopo la decennale esperienza del carcere di Bollate, si è iniziata questa esperienza del carcere aperto. A Rieti c’è capienza sufficiente e quindi non si tratta di questo: i detenuti sono all’aperto otto ore al giorno, possono circolare liberamente nelle sezioni, possono cucinare da soli… Ma non essendoci risorse personali proprie c’è poco da cucinare!

    D. – Di cosa avrebbero bisogno i detenuti?

    R. – I detenuti hanno bisogno di dentifrici, spazzolini e tutti i prodotti igienici sia personali che per pulire le celle e gli ambienti che frequentano. E poi il vestiario: adesso, con il freddo, c’è necessità di tute, di maglioni, di biancheria intima. Rieti è una piccola città di 45 mila abitanti e non è facile reperire queste necessità.

    D. – Come è possibile aiutarvi?

    R. – Noi abbiamo la sede in via Paolo Borsellino, 96 a Rieti. Chi può dare o offrire, ci porti questi prodotti: ne abbiamo veramente bisogno! Noi abbiamo fatto questo appello, perché abbiamo bisogno ora e non domani o nei prossimi mesi. Ora abbiamo necessità! Ora! C’è crisi fuori e quindi non riusciamo a fare più la raccolta di queste cose. Non ci arrivano, neanche in questi giorni!

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    Iraq, primo pellegrinaggio dell'Opera Romana dopo la guerra. Mons. Andreatta: segno di speranza

    ◊   E' iniziato nel sud dell'Iraq il primo pellegrinaggio organizzato, dopo la guerra, dall’Opera Romana Pellegrinaggi. I pellegrini sono stati accolti con grande entusiasmo e speranza dalle autorità locali e dalla popolazione cristiana e musulmana irachena. Sul significato di questo evento, Paolo Ondarza ha sentito mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell'Opera Romana, raggiunto telefonicamente a Nassiriya:

    R. - Ridona molta speranza perché quando in un Paese c’è la guerra, non c’è la libertà ma c’è la sofferenza. La prima cosa che fanno è chiudere le frontiere, quindi un Paese soffre enormemente non solo della privazione della libertà e di una mancanza di speranza nel futuro ma soffre anche di grandi difficoltà economiche. Quindi, questa apertura, questo pellegrinaggio fa nascere una speranza nel cuore degli iracheni i quali immediatamente, come reazione psicologica, dicono: “Allora la libertà è possibile! Allora possiamo avere un futuro…”.

    D. - Voi vi recate in quelli che sono i luoghi simbolo legati alle Sacre Scritture…

    R. - Esatto. Tutto è cominciato lì. Noi andiamo a ricominciare da dove tutto è cominciato: questa è stata la culla delle civiltà, di tante civiltà che si sono susseguite. Qui Dio ha chiamato Abramo e gli ha detto: “Lascia la tua terra e va…”. Quindi, siamo tutti figli di Abramo, comune padre nella fede delle tre grandi religioni monoteiste.

    D. - I segni della devastazione, i segni della guerra di questi ultimi anni sono visibili?

    R. - A dire la verità, segni di distruzione noi non li abbiamo visti. Abbiamo visto i segni della miseria, questo sì. Segni di una situazione di disagio, segni di protezione e messa in sicurezza. Segni di vera e propria distruzione al Sud non li abbiamo visti.

    D. - Dieci anni fa veniva catturato Saddam Hussein, da allora sappiamo che però la situazione non è rientrata nella normalità per quanto riguarda la sicurezza; ancora c’è instabilità nel Paese…

    R. - Noi abbiamo fatto anche tante domande, perché arrivando abbiamo visto che sul piano della sicurezza non ci sono problemi - si può attraversare la città - ma i problemi di sicurezza sussistono soprattutto ancora al Nord. Quindi, al Sud dell’Iraq - tutta la zona di Babilonia, la zona di Ur degli antichi sumeri, tra il Tigri e l’Eufrate, nella zona proprio più antica - si può venire tranquillamente. Quindi, un pellegrinaggio al Sud dell’Iraq è possibile ma è ancora probabilmente prematuro - almeno da quello che ci dicono – recarsi a Ninive e nella parte del Nord dell’Iraq.

    R. - Ritiene che la vostra presenza al Sud possa in qualche modo anche dare un incoraggiamento a chi vive in quelle zone più travagliate del Paese?

    D. - Questo ce l’hanno detto e ripetuto continuamente non solo le autorità civili, non solo le autorità religiose, ma anche la popolazione che abbiamo incontrato, soprattutto la comunità cristiana. Noi ci proviamo; laddove non sono riuscite le “teste” della diplomazia internazionale a normalizzare il Paese e portare la pace, ci provano il cuore e le gambe dei pellegrini.

    D. - Sarà di conforto per i tanti cristiani che coraggiosamente sono rimasti nel Paese: ricordiamo la diaspora seguita alla guerra in Iraq…

    R. - Certamente, è una ferita molto grande. Questo abbandono e la fuga sono una ferita che sentono profondamente soprattutto i parenti che anche oggi ce lo dicevano. Chissà se con il ritorno alla normalizzazione dei pellegrinaggi, potranno tornare anche i nostri figli, i nostri fratelli ed anche i nostri fratelli di fede.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza Domenica di Avvento, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Giovanni Battista, che si trova in carcere, manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù se sia lui il Messia. Gesù risponde:

    «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Giovanni Battista è stato messo in carcere per aver detto la verità al tetrarca Erode: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello!” (cf Mt 14,3-4). E’ ormai lontano il giorno in cui ha visto lo Spirito scendere su Gesù e lo ha indicato alle folle come colui che Israele aspettava e forse sente vicina la morte… Allora manda alcuni dei suoi discepoli a chiedere: “Sei tu colui che deve venire?”. È una domanda cruciale anche per noi oggi. Stiamo vivendo il tempo di Avvento, l’attesa del Signore, ma è davvero Lui che stiamo aspettando? O cosa stiamo aspettando realmente nella nostra vita? Gesù indica i segni della sua missione: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i morti risuscitano… e “beato chi non si scandalizza di me”, cioè della mia croce, del mio dare la vita per gli ultimi, per i peccatori. E’ quello che Dio ha fatto con Israele quando arriva al Sinai, venendo dall’Egitto, con tutte le ferite della schiavitù, è un popolo reso “brutto” dall’idolatria e dal peccato. Ma Dio lo prepara per l’alleanza del Sinai facendolo bello, curandolo da tutte le sue infermità, perdonando tutti i suoi peccati. E, fatto nuovo, riceverà il dono sponsale della Torah, della Legge. L’avvento annuncia la venuta dello “Sposo”. Egli viene a prendere per sé la sua “Sposa”, il suo popolo: la comunità cristiana. Giovanni, il messaggero del Signore, “l’amico dello Sposo”, è qui in mezzo a noi per preparare la sposa e farla bella per l’incontro nuziale. Ma la sposa non può essere “canna sbattuta” da ogni vento di ideologia, non può addormentarsi nelle comodità… Si rivesta della bellezza della profezia, della bellezza di Dio e gli vada incontro.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Corea del Sud. L’arcivescovo di Seoul: l’"Evangelii Gaudium" ha colpito tutta la società

    ◊   “Se voltiamo la schiena a chi ne ha bisogno e ci convinciamo che in questo modo il problema sia risolto, potremmo presto affrontare il collasso, quindi la necessità di affrontare e risolvere le cause strutturali della povertà non può essere rimandata ancora”. Così l’arcivescovo di Seoul, mons. Andrea Yeom Soo-jung, commenta con AsiaNews le sfide lanciate da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, la cui traduzione in coreano è ancora in fase di lavorazione. Nel documento, il Pontefice punta il dito contro i problemi strutturali che affliggono le società e questo, secondo il presule, ha colpito molto le varie realtà religiose e non – non solo cristiane – presenti in Corea del Sud, dove è stato avviato un dibattito su questi temi. La Chiesa coreana, inoltre, ne sottolinea l’attenzione riservata all’attività missionaria e all’aiuto alle persone che hanno più bisogno, che vivono ai margini, ai quali sono dedicate diverse opere sociali e pastorali. “La Chiesa – ha concluso l’arcivescovo – dovrebbe seguire i passi di Gesù e aiutare i poveri portando conforto agli ammalati e aiuti agli emarginati. Finché il problema dei poveri non sarà risolto del tutto, non si troverà una soluzione ai problemi del mondo”. (R.B.)

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    I vescovi dello Sri Lanka: “Restaurare la pace nelle zone colpite dalla guerra”

    ◊   I vescovi dello Sri Lanka chiedono la pace nel Paese attraverso una lettera pastorale indirizzata “non a un governo, un presidente o un partito in particolare, ma – come evidenzia AsiaNews – sulla situazione in generale”, perché sia restituita una casa ai profughi di guerra e sia eliminata ogni forma di tortura. In particolare, l’auspicio è che tamil e singalesi lavorino insieme per ripristinare un clima di pace, anche nel nordest del Paese. Il presidente della Conferenza episcopale dello Sri Lanka e arcivescovo di Colombo, il cardinale Malcolm Ranjith, ha specificato che "i vescovi cattolici credono sinceramente che si debbano compiere passi significativi per permettere un facile ritorno alla vita normale delle persone colpite dalla guerra. Ritardi e rimandi condurrebbero solo a blocchi irrisolvibili per la pace e la buona convivenza in queste aree". Tra i provvedimenti che i leader politici dovrebbero prendere, i vescovi cattolici indicano "la nomina di governatori per le province del nord e dell'est, velocizzare il processo di reinsediamento dei profughi e il lavoro congiunto di governo e Tamil National Alliance per restaurare pace e unità, salvaguardando i principi di giustizia e verità". Infine, l’episcopato sottolinea l’urgenza di "eliminare ogni forma di tortura e trattamento crudele, disumano o degradante, e fare chiarezza su dove siano finite tutte le persone scomparse dall'inizio della guerra a oggi". (F.P.)

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    Thailandia. L'esperienza di un missionario e la sua lotta contro povertà e degrado

    ◊   C’è un’altra faccia della Thailandia piegata dal conflitto politico e la racconta alla Fides padre Adriano Pelosin, che dopo 26 anni di residenza della casa del Pontificio Istituto per le Missioni estere (Pime) a Nonthaburi, è stato mandato nella piccola comunità cristiana di Pathumthani, nel centro del Paese, che si riunisce intorno alla parrocchia di San Marco. “Siamo circa 200 cattolici su 300 mila abitanti – descrive la sua nuova situazione il sacerdote, che da 35 anni vive in Thailandia – la maggior parte dei quali buddisti o musulmani”. Della sua area di competenza fa parte anche la comunità poverissima di Wat Sake, che il religioso ha recentemente visitato, riportandone un’impressione sconvolgente: bambini che vivono abbandonati e provengono da situazioni familiari disastrose, anziani soli e ammalati, nessun giovane in giro perché quelli che non si trovano già in prigione lavorano di notte, dediti allo spaccio di droga. “Pregate per noi”, ha chiesto il missionario, che ha ottenuto dall’arcivescovo di Bangkok l’acquisto di una casa sul territorio da dedicare ad attività con bambini ed anziani. (R.B.)

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    Campagna natalizia in favore dei bimbi siriani per Caritas Austria

    ◊   Hanno bisogno di tutto i bambini siriani: cibo, ripari, coperte, abbigliamento, stufe e naturalmente la possibilità di continuare a studiare, in un Paese in cui il conflitto ha causato circa sette milioni di sfollati, di cui la metà – appunto – è costituita da bambini di età inferiore ai 12 anni. Questo l’impegno di Caritas Austria, che ha avviato una speciale campagna natalizia di raccolta nelle parrocchie: “Abbiamo la fortuna di trascorrere il Natale in un Paese sicuro con le nostre famiglie – hanno scritto nella lettera d’accompagnamento l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn e il presidente di Caritas, Michael Landau – Perché non condividere un po’ della nostra felicità riducendo la sofferenza dei bambini siriani?”. Il progetto, precisa il Sir, aiuterà circa diecimila piccoli rifugiati e prevede una collaborazione con Caritas Giordania per avviare lezioni pomeridiane nei campi profughi ospitati in questo Paese, popolati da migliaia di piccoli siriani. (R.B.)

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    Tanzania. Peggiora la condizione dei cristiani, uccisi e perseguitati con false accuse

    ◊   Si fa sempre più difficile la situazione per i cristiani in Tanzania, dove il 2013 ha registrato un inquietante escalation di violenza, come denuncia l’ong "Barnaba Team" che ha inviato sull’argomento un rapporto all’agenzia Fides. Un numero consistente di chiese sono state attaccate nel corso dell’anno, un laico è stato ucciso a colpi di machete mentre guidava un incontro di preghiera, un altro è stato sfigurato con l’acido, un pastore è stato gravemente ferito e due reverendi decapitati nella capitale Zanzibar. Oltre a questi fatti di sangue, molti leader religiosi cristiani si trovano ad affrontare false accuse penali da parte di gruppi islamici, che godono dell’appoggio compiacente di parte della magistratura. Si calcola che siano circa 52 le false denunce depositate contro sacerdoti e pastori cristiani, accusati di blasfemia o di conversioni e battesimi forzati. Tra i gruppi di estremisti islamici più attivi e coinvolti in fatti violenti, si segnalano al-Shabaab, ma anche Uamsho, un’organizzazione separatista islamica che lotta per l’indipendenza dell’isola di Zanzibar. (R.B.)

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    Indonesia. Imprenditori cattolici organizzano concerto di Natale a scopo benefico

    ◊   Gli imprenditori e gli uomini d’affari cattolici di Jakarta collaborano per sostenere i concittadini che vivono spesso in condizioni di disagio in Indonesia e per Natale hanno organizzato un grande concerto. L’evento è promosso da Pukat Kaj, l'Associazione istituita dall'arcidiocesi di Jakarta che riunisce i principali esponenti dell'imprenditoria cattolica della capitale indonesiana. L’obiettivo della serata è promuovere una raccolta fondi a sostegno di progetti di sviluppo in realtà meno fortunate. Intervistato da AsiaNews, Michael Utama Purnama, imprenditore cattolico di primissimo piano, sottolinea che la presenza di Pukat Kaj è di notevole contributo per la Chiesa indonesiana: "Speriamo che attraverso questo meraviglioso concerto di Natale - ha detto - tutti gli imprenditori cattolici possano incontrarsi e, mentre socializzano, rafforzare il loro impegno a favore della Chiesa in Indonesia". Sul palco si è esibita la "Jakarta Concert Orchestra", diretta da Avip Priatna, con l'accompagnamento del "Batavia Madrigal Singers" e della banda giovanile "Resonanz Chilidren Choir". Presenti per l'occasione. il nunzio apostolico, mons. Antonio Guido Filippazzi, assieme a numerosi sacerdoti dell'arcidiocesi di Jakarta e ambasciatori da Russia, Libano, Svizzera e Danimarca. Alex Paul Budiman Soerjadi, presidente di Pukat Kaj, pone l'accento su due elementi essenziali dell'essere cristiani: carità e compassione. “Come imprenditori cattolici - ha dichiarato - siamo moralmente e spiritualmente obbligati a fare del bene agli altri". Il ricavato del concerto di Natale verrà devoluto alla diocesi di Agats, nella provincia di Papua, per rafforzare programmi educativi in una delle aree più povere e difficili del Paese. (F.P.)

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    Ucraina. Ancora proteste, Paese diviso tra europeisti e sostenitori del presidente

    ◊   Ennesima giornata di sfida di piazza a Kiev, in Ucraina, tra i manifestanti filoeuropei, asserragliati ormai da quattro settimane in Piazza Maidan, e i sostenitori della politica del presidente Ianukovich, che si dichiarano pronti a occupare la vicina Piazza Europa. Parlando in piazza alla folla, il premier ucraino, Mykola Azarov, ha smentito i sospetti avanzati dall’opposizione sulla possibile firma, la settimana prossima, di un accordo con Mosca per entrare nell’Unione doganale di cui fanno già parte Bielorussia e Kazakhstan. Sul mancato accordo con l’Ue, invece, ha ribadito che le perplessità che hanno indotto Kiev a declinare sono state tutte di natura economica. Confermati, invece, alcuni accordi con la Russia a sostegno dello sviluppo industriale ucraino nei settori aereo e dei macchinari che, secondo il premier, “creeranno nuovi posti di lavoro”. Tornando al fronte della protesta, oggi il capo dell’amministrazione comunale della capitale e facente funzione di sindaco, il vicecapo del Consiglio nazionale della sicurezza e della difesa e due alti ufficiali di polizia sono stati accusati d’abuso d’ufficio, sospesi, e saranno presto mandati agli arresti domiciliari per il violento sgombero di Piazza Maidan del 30 novembre scorso. Nel weekend, infine, è atteso a Kiev l’arrivo del senatore repubblicano statunitense Mc Cain. (R.B.)

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    Kenya. Due bombe a confine con Somalia, un morto e tre feriti

    ◊   Almeno una persona è morta e altre tre sono rimaste ferite nell'esplosione di due bombe in un mercato a Wajir, nel nord del Kenya, a cento chilometri dal confine con la Somalia. Il gesto non è stato ancora rivendicato, ma la polizia sospetta che gli autori siano miliziani somali vicini ad al Qaeda. La polizia ha confermato che gli scoppi degli ordigni esplosivi sono stati due. Non è il primo attentato che si verifica a Wajir, l’ultimo si era verificato lo scorso settembre, quando una persona rimase uccisa e quattro ferite per l'esplosione di una granata in un mercato. (F.P.)

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    Si è spento padre Ferdinando Castelli, per oltre 40 anni scrittore di Civiltà Cattolica

    ◊   Si è spento all’età di 93 anni padre Ferdinando Castelli. Gesuita, già docente di letteratura e cristianesimo presso l’Istituto di scienze religiose della Pontificia Università Gregoriana, per oltre 40 anni ha fatto parte del collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica”. È stato anche autore di numerosi volumi nei quali si è interessato, soprattutto, della dimensione religiosa in vari poeti e scrittori. Tra le sue pubblicazioni, “Letteratura dell’inquietudine” (1963), “Sei profeti per il nostro tempo” (1972), “I cavalieri del nulla” (1977) e “In nome dell’uomo” (1980). Nei tre volumi dal titolo “Volti di Gesù nella letteratura moderna” (1987, 1990, 1995) padre Castelli 'legge' il volto di Gesù negli scritti degli scrittori più rappresentativi del nostro tempo. Nel suo ultimo libro, edito dalla Lev ed intitolato “Meditare il Natale. Letteratura e spiritualità”, padre Castelli ha raccolto infine le meditazioni di alcuni tra i più illustri letterati degli ultimi due secoli, offrendo la loro testimonianza sul significato del Natale. Tra le personalità citate si annoverano Dostoevskij, Edith Stain, Paolo VI, Giacomo Leopardi, Kierkegaard, Jean Paul Sartre e Karl Rahner. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 348

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.