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Sommario del 12/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa per la pace: riscoprire la fraternità in famiglia, nell’economia e nel rapporto tra i popoli
  • Presentazione del Messaggio per la pace. Mons. Toso: fraternità, sfida per la politica e il bene comune
  • Il Papa ad un gruppo di ambasciatori: la "vergogna" della tratta di esseri umani, "piaga sociale dei nostri tempi"
  • Papa Francesco: verso il Natale nel silenzio, per ascoltare la tenerezza di Dio
  • Tweet del Papa: la gioia della Chiesa è annunciare a tutti il nome di Gesù
  • Altre udienze e nomine di Papa Francesco
  • Moneyval sul Vaticano: vasta gamma di misure in breve tempo. Brülhart: fatti i compiti a casa
  • Domani è il 44.mo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Arresto dell'arcivescovo di New Delhi durante la marcia per i Dalit. Il card. Gracias: vergogna per il nostro Paese
  • Draghi: la Bce va avanti con il sostegno all’economia. Deficit dell'Italia sopra le stime
  • Sinai: circa 30 mila le vittime della tratta di esseri umani tra 2009 e 2013
  • Il governo Letta: col "Piano Destinazione Italia" spinta alla ripresa
  • La prospettiva teologica di Papa Francesco spiegata nel libro "Amare e servire" di mons. Leuzzi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Giordania: i profughi siriani nella morsa del freddo e della neve
  • Siria: Acs in aiuto alle famiglie delle vittime cristiane
  • Onu. Commissario Guterrez: nel 2013 record di sfollati interni
  • Ucraina: appello al dialogo dell'arcivescovo di Kiev Shevchuk
  • Centrafrica: la Caritas invoca disarmo, pace e sicurezza
  • Kenya: appello dei vescovi alla pace per i 50 anni di indipendenza
  • Senegal: il card. Sarr e leader musulmani ribadiscono la volontà di collaborare per il bene del Paese
  • Guinea Conakry: l’Anno della Fede è un’occasione per riflettere sulle ferite del Paese
  • Messico. “Gli stranieri non sono delinquenti”: l’appello delle madri della Carovana
  • Uruguay: monito di Onu e Usa contro la legalizzazione della cannabis
  • India. Karnataka: a Natale torna la persecuzione dei fondamentalisti indù
  • Francia: al via a Parigi il Sinodo dei maroniti della diaspora europea
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa per la pace: riscoprire la fraternità in famiglia, nell’economia e nel rapporto tra i popoli

    ◊   Senza fraternità è impossibile costruire una società giusta e una pace solida e duratura. E’ quanto sottolinea Papa Francesco nel suo primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, pubblicato oggi. Tema del documento è “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Il Papa leva, anche, un appello vibrante affinché quanti seminano violenza e morte rinuncino alla via delle armi e una denuncia contro la corruzione e il crimine organizzato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Rinunciate alla via della armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi”. E’ il pressante appello che, nel suo primo Messaggio per la Giornata della pace, il Papa rivolge a “quanti con le armi seminano violenza e morte”. E aggiunge: “Riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la mano!”. Dal Pontefice, che auspica dunque una “conversione dei cuori”, anche un forte appello per il “disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico”. Anche perché, rileva con amarezza, “finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione”, “si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità”.

    Architrave del documento pontificio è la fraternità, “dimensione essenziale dell’uomo”, scrive il Papa, senza la quale, “diventa impossibile la costruzione di una società giusta” e di “una pace solida e duratura”. E subito precisa che “una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere”. Una “vera fraternità tra gli uomini – ribadisce – suppone ed esige una paternità trascendente”. La radice della fraternità, si legge ancora nel Messaggio, “è contenuta nella paternità di Dio”, una “paternità generatrice di fraternità” che trasforma la nostra esistenza. Al riguardo, il Papa indica come il racconto di Caino e Abele insegni che “l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento”.

    Il Papa sottolinea, dunque, che tale “vocazione” alla fraternità è oggi spesso contrastata dalla “globalizzazione dell’indifferenza” che “ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi”. Del resto, osserva, alle guerre “fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese”. Francesco cita la Populorum Progessio di Paolo VI e la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II per ribadire che “non soltanto le persone, ma anche le nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di fraternità” e aggiunge che la pace “è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno”. La fraternità, ne è convinto il Papa, è la via maestra anche per sconfiggere la povertà. Al tempo stesso, è il suo auspicio, “servono anche politiche efficaci che promuovono il principio della fraternità” assicurando alle persone di “accedere ai capitali” e alle risorse. Così come si ravvisa “la necessità di politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito”.

    Il Papa si sofferma sull’attuale crisi economico-finanziaria, indicandone l’origine nel “progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di beni materiali” e nel “depauperamento delle relazioni interpersonali e comunitarie”. Papa Francesco sottolinea che “il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita”. Anzi, la crisi odierna “può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza”. L’uomo, ribadisce, “è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale”. Papa Francesco denuncia dunque con forza la corruzione e il crimine organizzato. Una comunità politica, è il suo monito, “deve agire in modo trasparente e responsabile” per generare la “pace sociale”. I cittadini, ammonisce, “devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà”. Invece, constata, “spesso tra cittadino e istituzioni, si incuneano interessi di parte che deformano una tale relazione, propiziando la creazione di un clima perenne di conflitto”.

    Papa Francesco non manca di denunciare l’egoismo che “si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale”. Queste organizzazioni, è il suo avvertimento, “offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose”. Enumera alcuni drammi del nostro tempo come la droga, lo sfruttamento del lavoro, “l’abominio del traffico di essere umani”, gli “abusi contro i minori”. E dedica un pensiero speciale anche alle “condizioni inumane di tante carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo”. L’ultimo paragrafo del Messaggio è dedicato alla custodia della natura. Anche qui, afferma, serve la fraternità perché “siamo spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare” e non consideriamo la natura “come un dono gratuito” da “mettere a servizio dei fratelli”. Il Papa rinnova dunque l’appello contro “lo scandalo” della fame nel mondo. “E’ un dovere cogente”, scrive il Papa, che “si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame”.

    Il Messaggio - che è stato firmato l’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata Concezione – si chiude con un’invocazione a Maria affinché “ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra”.

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    Presentazione del Messaggio per la pace. Mons. Toso: fraternità, sfida per la politica e il bene comune

    ◊   Questa mattina in Sala stampa vaticana la presentazione del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace. Tra i temi toccati la pace in Siria, le tensioni in Ucraina e il sovraffollamento carcerario. La conferenza è stata seguita per noi da Paolo Ondarza:

    “Senza la fraternità diviene arduo accettare e armonizzare le legittime differenze, vivere il perdono e la riconciliazione; è difficile sconfiggere la corruzione, l’evasione fiscale egoista, l’esclusione e l’inequità. La democrazia deve basarsi sulla fraternità. Essa è dunque un riferimento anche per gli attuali scenari di conflitti e tensioni", ha ricordato mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. “Se alla prossima conferenza di pace di Ginevra sulla Siria a gennaio 2014 le parti parleranno il linguaggio della fraternità”, ha poi aggiunto, “c’è speranza che si giunga ad una soluzione”:

    “La fraternità ci obbliga, per l’appunto, a renderci conto che il bene, la pienezza umana degli altri è fondamentale per me. È fondamentale. E quindi anche in tutti i conflitti di tipo politico se si esaspera il punto di vista particolare e non si considera ciò che unisce - il basamento su cui appunto c’è questa unità - c’è il rischio di non realizzare il bene comune”.

    La fraternità “consente di superare il divorzio che spesso si verifica tra classi dirigenti e cittadini rappresentati” chiamati a concorrere insieme al bene comune, ha proseguito mons. Toso, guardando alle tensioni in atto in Ucraina tra governo e dimostranti filoeuropeisti:

    “Il principio della fraternità, come principio architettonico di vita sociale, dovrebbe fare scoprire il principio dell’autodeterminazione. Ogni popolo ha il diritto all’autodeterminazione e come deve essere realizzato questo principio di autodeterminazione? Attraverso la violenza? Piuttosto attraverso un referendum. Quelli che scendono in piazza avranno le forze, le capacità di proporre un referendum in modo che si possa realizzare un’autodeterminazione”?

    “All’origine di tante povertà di tipo materiale sta una povertà relazionale”, ha detto ancora mons. Toso, evidenziando l’imprescindibile ruolo della famiglia, cellula della società, sorgente di fraternità. Politiche efficaci, ad esempio, per quanto riguarda le carceri devono ispirarsi alla fraternità:

    “Le carceri sono un luogo di convivenza, non solo di affollamento. Allora, la fraternità non avrebbe nulla da dire circa l’organizzazione della vita nelle carceri”?

    Ma per trovare compimento l’anelito umano alla fraternità deve fondarsi in Cristo. Privata del riferimento alla trascendenza, infatti, essa non riesce a sussistere perché siamo fratelli in quanto figli di uno stesso Dio:

    “L’essere responsabili gli uni degli altri diventa più concreto se siamo responsabili dell’altro come un fratello, come uno che appartiene alla stessa umanità, come uno che – appunto – è da custodire e custodendolo, cresco io stesso”.

    “La fraternità è una qualità umana essenziale, ma non automatica” evidenzia nel suo intervento il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Peter Turkson, che - assente perché ancora non rientrato dal Sudafrica per le commemorazioni per Mandela - cita Benedetto XVI: “La globalizzazione ci rende vicini: ma non fratelli”. Il primo crimine – ricorda - fu il fratricidio di Caino contro Abele. Ogni soppressione di una vita innocente - aborto, assassinio, eutanasia, riduzione alla fame o guerra è, di fatto, fratricidio. Il porporato indica in Mandela un esempio che con la sua leadership ha facilitato la conversione dei cuori allontanandoli dal fratricidio. Poi il pensiero va al Natale ormai vicino, tempo di doni agli amici. Il card. Turkson ricorda la frase del Vangelo: “Se presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono e va prima a riconciliarti”. Oggi – ha concluso - i poveri e gli emarginati hanno “qualcosa contro di noi”: abbiamo mancato di rispettarli come fratelli e sorelle.

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    Il Papa ad un gruppo di ambasciatori: la "vergogna" della tratta di esseri umani, "piaga sociale dei nostri tempi"

    ◊   La tratta di esseri umani, “una vergogna”, “un crimine contro l’umanità”: “la persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce”. Sono risuonate forti, in Sala Clementina, le parole di Papa Francesco su un tema a lui molto a cuore, il rispetto della dignità dell’uomo. L’occasione è venuta dal discorso ad un gruppo di ambasciatori non residenti, per la presentazione delle Lettere credenziali. I diplomatici rappresentano Algeria, Islanda, Danimarca, Lesotho, Palestina, Sierra Leone, Capo Verde, Burundi, Malta, Svezia, Pakistan, Zambia, Norvegia, Kuwait, Burkina Faso, Uganda e Giordania. Il servizio di Giada Aquilino:

    La tratta di esseri umani, una “piaga sociale dei nostri tempi”, che va combattuta col “valore” e la “forza di un impegno concertato”. Con gli ambasciatori non residenti, Papa Francesco è tornato su un tema che egli stesso ha più volte affrontato - “mi preoccupa molto”, ha detto - parlando della tratta delle persone perché, “in ogni parte del mondo, gli uomini e le donne non siano mai usati come mezzi, ma vengano sempre rispettati nella loro inviolabile dignità”:

    “E’ una vergogna. La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. Dobbiamo unire le forze per liberare le vittime e per fermare questo crimine sempre più aggressivo, che minaccia, oltre alle singole persone, i valori fondanti della società e anche la sicurezza e la giustizia internazionali, oltre che l’economia, il tessuto familiare e lo stesso vivere sociale”.

    Salutando i rappresentanti diplomatici, il pensiero del Pontefice è andato “alla comunità internazionale, alle molteplici iniziative che si portano avanti per promuovere la pace, il dialogo, i rapporti culturali, politici, economici, e per soccorrere le popolazioni provate da diverse difficoltà”. Quindi il riferimento alla tratta di esseri umani, una questione “che minaccia attualmente la dignità delle persone”:

    “È una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e che tocca le persone più vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale”.

    I cristiani, che in essi riconoscono “il volto di Gesù Cristo”, e anche chi non si riferisce “ad una fede religiosa, “in nome della comune umanità” - ha ricordato il Santo Padre - sono chiamati a condividere “la compassione per le loro sofferenze, con l’impegno di liberarli e di lenire le loro ferite”:

    “Insieme possiamo e dobbiamo impegnarci perché siano liberati e si possa mettere fine a questo orribile commercio. Si parla di milioni di vittime del lavoro forzato, lavoro schiavo, della tratta di persone per scopo di manodopera e di sfruttamento sessuale. Tutto ciò non può continuare: costituisce una grave violazione dei diritti umani delle vittime e un’offesa alla loro dignità, oltre che una sconfitta per la comunità mondiale”.

    Tutti gli uomini di “buona volontà, che si professino religiosi o no”, ha aggiunto il Papa, non possono permettere che “queste donne, questi uomini, questi bambini vengano trattati come oggetti, ingannati, violentati, spesso venduti più volte, per scopi diversi, e alla fine uccisi o, comunque, rovinati nel fisico e nella mente, per finire scartati e abbandonati”:

    “Occorre una presa di responsabilità comune e una più decisa volontà politica per riuscire a vincere su questo fronte. Responsabilità verso quanti sono caduti vittime della tratta, per tutelarne i diritti, per assicurare l’incolumità loro e dei familiari, per impedire che i corrotti e i criminali si sottraggano alla giustizia ed abbiano l’ultima parola sulle persone. Un adeguato intervento legislativo nei Paesi di provenienza, nei Paesi di transito e nei Paesi di arrivo, anche in ordine a facilitare la regolarità delle migrazioni, può ridurre il problema”.

    I governi e la comunità internazionale, ha riconosciuto il Pontefice, “non hanno mancato di prendere misure a vari livelli” per far fronte a questo crimine, “non di rado collegato - ha specificato - al commercio delle droghe, delle armi, al trasporto di migranti irregolari, alla mafia”. In alcuni casi, però, la corruzione ha reso più arduo l’impegno di contrasto: “non possiamo negare - ha detto il Santo Padre - che talvolta ne sono stati contagiati anche operatori pubblici e membri di contingenti impegnati in missioni di pace”. Ma per ottenere buoni risultati, ha esortato, “occorre che l’azione di contrasto incida anche a livello culturale e della comunicazione”. C’è dunque bisogno di un profondo esame di coscienza, domandandosi quante volte “tolleriamo che un essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere un prodotto o per soddisfare desideri immorali”:

    “La persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce. Chi la usa e la sfrutta, anche indirettamente, si rende complice di questa sopraffazione”.

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    Papa Francesco: verso il Natale nel silenzio, per ascoltare la tenerezza di Dio

    ◊   Preparandoci al Natale ci farà bene fare un po’ di silenzio per ascoltare Dio che ci parla con la tenerezza di un papà e di una mamma: è questo, in sintesi, quanto ha detto oggi Papa Francesco nella Messa presieduta a Santa Marta in questo secondo giovedì del Tempo di Avvento. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Prendendo spunto dalla lettura tratta dal profeta Isaia, il Papa sottolinea non tanto “quello che dice il Signore”, ma “come lo dice”. Dio ci parla come fanno un papà e una mamma con il loro bambino:

    “Quando il bambino fa un brutto sogno, si sveglia, piange … papà va e dice: non temere, non temere, ci sono io, qui. Così ci parla il Signore. ‘Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele’. Il Signore ha questo modo di parlarci: si avvicina … Quando guardiamo un papà o una mamma che parlano al loro figliolo, noi vediamo che loro diventano piccoli e parlano con la voce di un bambino e fanno gesti di bambini. Uno che guarda dal di fuori può pensare: ma questi sono ridicoli! Si rimpiccioliscono, proprio lì, no? Perché l’amore del papà e della mamma ha necessità di avvicinarsi, dico questa parola: di abbassarsi proprio al mondo del bambino. Eh sì: se papà e mamma gli parlano normalmente, il bambino capirà lo stesso; ma loro vogliono prendere il modo di parlare del bambino. Si avvicinano, si fanno bambini. E così è il Signore”.

    I teologi greci – ricorda il Papa – spiegavano questo atteggiamento di Dio con “una parola ben difficile: la synkatábasi”, ovvero “la condiscendenza di Dio che discende a farsi come uno di noi”:

    “E poi, il papà e la mamma dicono anche cose un po’ ridicole al bambino: ‘Ah, amore mio, giocattolo mio …’, e tutte queste cose. Anche il Signore lo dice: ‘Vermiciattolo di Giacobbe’, ‘tu sei come un vermiciattolo per me, una cosina piccolina, ma ti amo tanto’. Questo è il linguaggio del Signore, il linguaggio d’amore di padre, di madre. Parola del Signore? Sì, sentiamo quello che ci dice. Ma anche vediamo come lo dice. E noi dobbiamo fare quello che fa il Signore, fare quello che dice e farlo come lo dice: con amore, con tenerezza, con quella condiscendenza verso i fratelli”.

    Dio – spiega Papa Francesco citando l’incontro di Elia con il Signore - è come “la brezza soave”, o - come dice il testo originale – “un filo sonoro di silenzio”: così “si avvicina il Signore, con quella sonorità del silenzio propria dell’amore. Senza dare spettacolo”. E “si fa piccolo per farmi potente; Lui va alla morte, con quella condiscendenza, perché io possa vivere”:

    “Questa è la musica del linguaggio del Signore, e noi nella preparazione al Natale dobbiamo sentirla: ci farà bene sentirla, ci farà tanto bene. Normalmente, il Natale sembra una festa di molto rumore: ci farà bene fare un po’ di silenzio e sentire queste parole di amore, queste parole di tanta vicinanza, queste parole di tenerezza … ‘Tu sei un vermiciattolo, ma io ti amo tanto!’. Per questo. E fare silenzio, in questo tempo in cui, come dice il prefazio, noi siamo vigilanti in attesa”.

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    Tweet del Papa: la gioia della Chiesa è annunciare a tutti il nome di Gesù

    ◊   Nel giorno del primo anniversario dell’account Twitter @Pontifex, Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet: “Non si può pensare a una Chiesa senza gioia. – scrive - La gioia della Chiesa è questa: annunciare a tutti il nome di Gesù”. L’account pontificio in nove lingue, inaugurato il 12 dicembre 2012 da Benedetto XVI, si sta avvicinando agli 11 milioni di follower.

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    Altre udienze e nomine di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; il card. Franc Rodé, prefetto emerito della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. E ancora: mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di San Cristóbal de Las Casas (Messico); la sig.ra Cristina Alvarez Rodríguez, ministro del governo della Provincia di Buenos Aires (Argentina).

    Negli Usa, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jackson, presentata da S.E. Mons. Joseph N. Latino, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Jackson il rev.do Joseph R. Kopacz, del clero della diocesi di Scranton, finora parroco della Most Holy Trinity Parish a Mount Pocono. Sempre negli Usa, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di San Angelo, presentata da S.E. Mons. Michael D. Pfeifer, O.M.I., per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di San Angelo mons. Michael J. Sis, del clero della diocesi di Austin, finora vicario generale e Moderatore della Curia.

    In Francia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tulle, presentata da mons. Bernard Charrier, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Tulle mons. Francis Bestion, finora vicario generale di Mende.

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    Moneyval sul Vaticano: vasta gamma di misure in breve tempo. Brülhart: fatti i compiti a casa

    ◊   Il Vaticano ha preso una vasta gamma di misure in breve tempo: questa la valutazione di “Moneyval”, il Comitato di esperti del Consiglio d’Europa contro il riciclaggio del denaro e il finanziamento del terrorismo. Bernd Hagenkord ha intervistato a questo proposito René Brülhart, direttore dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede:

    D. – Lei torna ora dalle consultazioni con Moneyval: è soddisfatto dei risultati?

    R. – Der “Progress Report” des Vatikans wurde vollumfänglich abgenommen …
    Il “Progress Report” del Vaticano è stato ricevuto ed approvato pienamente dall’assemblea plenaria: in questo senso, sicuramente sono soddisfatto.

    D. – Anche Moneyval è soddisfatto?

    R. – Die Diskussionen in Moneyval sind sehr konstruktiv und eigentlich auch …
    Le discussioni sono state molto costruttive, anche se realmente piuttosto brevi; quindi non ci sono stati grandi dibattiti in merito al fatto che fosse opportuno ricevere o meno la Relazione. Però, anche considerando questo io parto dal presupposto – anche se non posso parlare per Moneyval – che anche Moneyval sia soddisfatto.

    D. – Facciamo un passo indietro: quella che lei ha presentato è stata una relazione sull’andamento dei lavori che a sua volta fa riferimento ad una relazione del 2012: si tratta quindi di un lavoro a tappe, quello che si sta svolgendo con Moneyval. A suo tempo, era stato espresso una sorta di rating: erano stati menzionati 16 punti di cui nove avevano il segno positivo … Ora, qual è il risultato? C’è di nuovo questa sorta di rating?

    R. – Gestützt auf das ordentliche Verfahren von Moneyval, gibt es bei einem Bericht …
    Basandomi sul procedimento ordinario di Moneyval, normalmente quando si tratta di una relazione che tratta della messa in pratica delle raccomandazioni fatte a suo tempo, non c’è l’espressione di un nuovo rating. In altre parole, si è esaminato se le raccomandazioni che erano state fatte siano state poi effettivamente attuate dalla Santa Sede, oppure se l’attuazione sia stata avviata.

    D. – Quali sono stati i progressi che lei ha presentato nella sua Relazione?

    R. – Es gibt eigentlich verschiedene Ebenen über die wir hier sprechen: Das eine …
    Ci muoviamo, in realtà, su diversi piani. Da un lato, parliamo di adeguamenti giuridici e del rafforzamento del campo giuridico stesso; l’altro piano riguarda gli adeguamenti istituzionali e il terzo piano riguarda l’attività operativa, cioè come poi si procede concretamente.

    D. – Facendo un esempio concreto: “attività operativa” significa “risorse”?

    R. – Nein. Die operative Tätigkeit ist ob man sozusagen aktiv Geldwäsche bekämpft …
    No. “Attività operativa” significa intervenire concretamente contro il riciclaggio quando questo viene identificato o scoperto, e a questo possiamo rispondere affermativamente.

    D. – Lei ha chiamato in causa anche il piano giuridico: il comunicato stampa di Moneyval afferma che i parametri giuridici ci sono, funzionano nella lotta al riciclaggio. Cosa significa questo? Che il compito è assolto, che non c’è più altro da fare, in questo campo, o ci sono ulteriori evoluzioni?

    R. – Also, wenn Sie den doch sehr umfassenden Bericht der heute morgen veröffentlicht …
    Se dà uno sguardo alla relazione presentata questa mattina, che pure è abbastanza ampia, vedrà che negli ultimi mesi abbiamo lavorato in maniera piuttosto sostenuta proprio su questi tre piani. Possiamo parlare dell’aspetto giuridico, che è stato adeguato: dall’8 ottobre esiste una legge totalmente nuova riguardo al riciclaggio di denaro sporco che è già operativa; sul piano istituzionale, esiste un nuovo Statuto dell’Aif: nel campo della collaborazione internazionale siamo diventati membro del Gruppo Egmont che è l’unione di tutti i punti di segnalazione per la lotta contro il riciclaggio, a livello mondiale. In questo gruppo sono rappresentati 139 Paesi. Abbiamo concluso diversi accordi di collaborazione con altri punti di segnalazione di riciclaggio, come l’Italia, gli Stati Uniti e ancora pochi giorni fa la Germania. Questi tutti sono elementi che hanno fatto sì che alla fine Moneyval sia arrivato alla conclusione che il Vaticano abbia fatto i suoi compiti a casa …

    D. – Lei è a capo della struttura di supervisione, l’Aif; dopo questo incontro, qual è il prossimo punto all’ordine del giorno, per proseguire su questa strada?

    R. – Arbeiten. Ich glaube, wir sind auf dem richtigen Weg. Als nächstes …
    Lavorare. Credo che siamo sulla strada giusta. Il prossimo passo saranno le verifiche sul posto, che stiamo programmando e che dovrebbero iniziare a breve. Uno dei punti fondamentali in questo campo sarà di esaminare attentamente il processo di ricondizionamento dello Ior per verificare come si sia svolto. Questo processo si svolge sotto la nostra supervisione ma ciononostante sarà importante entrare in una verifica attenta.

    D. – Quando dice “processo di ricondizionamento” intende parlare di controllo dei conti e di tutto quello che lo Ior sta facendo, attualmente?

    R. – Genau. Also, dass man dort sozusagen die einzelne Konten-Überprufung, …
    Esatto. Cioè si tratta di verificare le singole revisioni dei conti che attualmente sono in corso di esecuzione allo Ior, di controllare con la massima attenzione questo processo che avviene, come ho detto, sotto la nostra cura, e poi andare a verificare di persona.

    D. - In passato si è parlato spesso di casi sospetti: all’inizio erano relativamente pochi; poi, all’improvviso, sono diventati oltre cento. Questo per lei è un segno positivo? Come tratta le segnalazioni di casi di transazioni finanziarie sospette?

    R. – Wir hatten 2012 sechs sogenannte Verdachts-Mitteilungen, jetzt – bis Ende Oktober 2013 …
    Nel 2012 avevamo ricevuto segnalazioni per sei casi sospetti, ora – alla fine del mese di ottobre 2013 – erano 105. Questo è un segno chiaro del fatto che il sistema di segnalazione, in questo ambito, funziona, che si applicano anche determinati criteri di cautela. Una ragione ulteriore però risiede anche nel processo di ricondizionamento che è attualmente in corso, nello specifico all’interno dello Ior: segno che anche lì il lavoro viene svolto con professionalità. Ma, mi creda, il lavoro non finirà!

    D. – Quando parliamo di finanza e Vaticano, i media parlano sostanzialmente di “banca del Vaticano”, quindi di cose molto concrete. Cosa, per la precisione, ha esaminato Moneyval – per spiegarlo meglio?

    R. – Moneyval als solches prüft ob ein Staat, eine Jurisdiktion über ein funktionierendes …
    Moneyval verifica che uno Stato, una giurisdizione, disponga di un sistema funzionante per la lotta al riciclaggio di denaro sporco e al terrorismo. Quindi si tratta essenzialmente di verificare che esista un quadro giuridico appropriato, che esistano le autorità preposte e poi, soprattutto, che queste autorità svolgano il loro compito.

    D. – E lo fanno – secondo Moneyval?

    R. – Moneyval bestätigt das, Moneyval ist soweit zufrieden, weist auch auf gewisse …
    Moneyval conferma, Moneyval è discretamente soddisfatto, pur indicando determinati elementi. Abbiamo anche con Moneyval un dialogo costruttivo e lo manterremo tale.

    D. – Ancora un chiarimento: Moneyval, quindi, è una libera unione di Stati che si occupano della questione del riciclaggio di denaro sporto e finanziamento al terrorismo. Come succede che il Vaticano faccia riferimento a questo?

    R. – Moneyval prüft sozusagen die Umsetzung der internationalen Standards im …
    Moneyval è l’istituzione che verifica l’attuazione degli standard internazionali nella lotta al riciclaggio di denaro sporco e di finanziamento al terrorismo. Tra anni fa, il Vaticano aveva espresso un impegno piuttosto forte nel senso anche di rispondere ad un dovere morale nell’affrontare questo compito in maniera veloce e mirata; il risultato che vediamo oggi penso che sia molto positivo.

    D. – Il comunicato stampa parla anche di prospettive future: questa appena presentata è una Relazione sull’andamento del lavoro. Cosa, secondo lei, può essere ancora migliorato? O cosa dovrà migliorare ancora, prossimamente?

    R. – Wir werden in jedem Fall von unserer Seite her Vor-Ort-Inspektionen bei …
    Per parte nostra, procederemo alle ispezioni in loco presso gli istituti finanziari: stiamo già programmando …

    D. – Per istituti finanziari intende la banca del Vaticano ed altre istituzioni in Vaticano?

    R. – Insbesondere im Zusammenhang mit dem Ior, wo wir in erster Linie auch …
    In particolare in relazione allo Ior, dove in primo luogo andremo a verificare se, con il processo di purificazione che è stato avviato, sul quale abbiamo la supervisione, è stata attuata anche l’applicazione delle raccomandazioni ricevute. Questo è quello che andremo a verificare.

    D. – Nel 2011 il Vaticano ha aderito spontaneamente a Moneyval: lei la definirebbe una storia di successo?

    R. – Es geht nicht so sehr darum, ob es eine Erfolgsgeschichte ist oder nicht: Es …
    Non si tratta tanto del fatto che sia una storia di successo o meno: si tratta sostanzialmente di avere applicato quelle misure che sono necessarie per presentarci come partner credibili rispetto ad altri Paesi, ad altre giurisdizioni; di avere affrontato la questione e di avere applicato e continuare ad applicare le norme, potendo così dare il nostro contributo attivo alla lotta al riciclaggio di denaro sporco e al finanziamento del terrorismo. In questo senso, sì, possiamo dire che è una storia di successo.

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    Domani è il 44.mo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Papa Francesco

    ◊   Quarantaquattro anni fa Jorge Mario Bergoglio veniva ordinato sacerdote nella Compagnia di Gesù: era il 13 dicembre del 1969. Molte volte nei suoi discorsi Papa Francesco ha parlato della figura del presbitero. A conoscerlo da vicino, fra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, è stato padre Miguel Yanez, gesuita argentino, oggi direttore del dipartimento di Teologia morale della Pontificia Università Gregoriana. Padre Yanez ha infatti studiato al collegio San Giuseppe a San Miguel, in Argentina, dal ‘77 al ‘79, quando l’allora padre Jorge Mario Bergoglio era provinciale dei gesuiti e viveva lì e, successivamente, lo ha incontrato di nuovo, dall’81 all’ 85, quando padre Bergoglio era diventato rettore del collegio. La condivisione della Messa mattutina, la quotidianità della vita in collegio, lo studio, ma anche i momenti di ricreazione insieme, sono fra i suoi tanti ricordi. Sentiamolo nell’intervista di Marina Tomarro:

    R. - Era molto vicino a noi, ci spingeva veramente ad una vita spirituale seria e condivisa in una comunità di fratelli, di amici, dove c’era anche il momento del divertimento, però spinti a comunicare il Vangelo soprattutto ai più poveri e a farci carico di loro. Per me sono stati anni molto intensi, anni che ricordo sempre e che mi hanno dato una prospettiva sia per la mia vita spirituale sia per la mia vita di studi e di insegnamento.

    D. - Ha un ricordo particolare del futuro Papa Francesco che ha conservato nel cuore?

    R. - Sì, i tanti momenti in cui portavamo, dall’incontro con la gente, i problemi che non sapevamo come affrontare e trovavamo in lui qualcuno con cui condividerli. Ci sosteneva in questo impegno e ci dava dei mezzi per far fronte a tutto questo.

    D. - Papa Francesco è stato nominato Personaggio dell’Anno dalla rivista “Time”. Che cosa vuol dire per voi? Come è stata accolta la notizia?

    R. – Bene. Mi auguro che questo serva veramente al suo ministero. Ho conosciuto un padre Bergoglio che sfuggiva ai mezzi di comunicazione, alla notorietà. Il suo era un ministero molto nascosto e adesso, senza cercarlo, si trova di fronte ad un mondo che - penso - abbia bisogno di una figura di questo tipo, di un messaggio così chiaro e così radicale che è il Vangelo.

    Anche un altro presbitero, don Giuseppe Conforti, della diocesi di Roma, vice-parroco alla parrocchia di San Policarpo, ha conosciuto Papa Francesco che lo ha ordinato sacerdote, assieme ad altri 9, il 21 aprile scorso. Quel giorno, nell’omelia, Papa Francesco ha ricordato cosa significhi essere sacerdote: “Siete pastori, non funzionari (…) Abbiate sempre davanti agli occhi – ha detto - l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare di salvare ciò che era perduto”. Prima della Messa, il Santo Padre si è recato in sacrestia per pregare insieme agli ordinandi raccomandandoli alla Madonna. Così usava fare, a Buenos Aires, in occasione delle ordinazioni. Debora Donnini ha chiesto a don Giuseppe Conforti quali ricordi abbia di quell’incontro, quella mattina, e cosa il Papa ha detto loro:

    R. - Di essere felice per questo grande dono di Dio. Poi abbiamo fatto una preghiera insieme. Abbiamo pregato Maria. Per noi è stato bello, perché non ci aspettavamo questo tipo di incontro. Anche se tutti eravamo emozionati.

    D. - Il Papa, quando vi ha incontrato prima della Messa, cosa vi ha raccomandato di fare come sacerdoti?

    R. - Più che altro ha voluto un contatto diretto con noi. Ci ha detto di pregare Maria e poi ci ha detto all’incirca così: “Mi raccomando, sappiate che questo dono che vi ha fatto Dio è un grande dono!” Probabilmente è il dono più grande che Dio possa fare ad un uomo.

    D. - Il Papa, nei suoi discorsi, ha invitato i sacerdoti ad essere presbiteri "con l’odore delle pecore", a stare cioè in mezzo alla gente, sottolineando anche che "un prete non è prete per se stesso, ma è per il popolo". Queste parole di Papa Francesco sono risuonate nella sua vita?

    R. - Sì, sì! L’ho sperimentato incontrando le persone negli otto anni di seminario. Ho capito che questa gente aveva bisogno del sacerdote, perché aveva bisogno di essere consolata, aveva bisogno di sperare, di gioire, di non sentirsi mai sola e di credere nell’amore di un Padre. E’ lì che io ho detto: “Voglio essere un pastore tra la gente”. Un pastore - come dice il Santo Padre - che "deve odorare di pecora", perché ti devi sporcare le mani.

    D. - Un altro tema che Papa Francesco mette in risalto è quello della misericordia. Papa Francesco sottolinea che non bisogna essere preti rigoristi o lassisti. Per lui, il prete misericordioso è quello che dice la verità, ma aggiunge: “Non spaventarti, il Dio buono ci aspetta. Andiamo insieme”. Questo è un aspetto che risuona nella sua vocazione di sacerdote?

    R. - Tantissimo. Io ho scoperto, in questi circa 8 mesi di sacerdozio, che proprio con il Sacramento della Confessione noi riusciamo a formarci ancora di più, proprio nell’ascoltare la gente. Papa Francesco dice che non bisogna stancarsi mai di chiedere perdono a Dio, perché Lui non si stanca di perdonarci. Queste parole sono risuonate nella mia vita. Quando lui parla di misericordia, ci fa anche capire che con il penitente dobbiamo fare un cammino di accompagnamento.

    D. - Un aspetto che Papa Francesco ha messo in luce nell’incontro con il clero romano - l’8 maggio scorso - è quello dell’essere innamorati di Gesù. Questo aspetto è importante per un sacerdote?

    R. - Proprio ieri sera ho incontrato un amico di vecchia data, che non vedevo dal giorno della mia ordinazione e mi ha detto: “E’ incredibile, sono passati 8 mesi e sei sempre più innamorato di Cristo!”. E io gli ho risposto che un giorno vorrei gridare quelle parole di San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!”. A me basta guardare Papa Francesco per capire che è un uomo innamorato di Dio, un uomo che trasmette Dio agli altri. Quindi, trasmettendo Dio, io sono sicuro che la vita delle persone cambia, come è cambiata la mia vita incontrando Cristo!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, "Fraternità, fondamento e via per la pace", il messaggio di Papa Francesco - riportato integralmente a pagina 4 e 5 - per la celebrazione della Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2014; tra gli argomenti affrontati figura anche quello della tratta degli esseri umani. Una questione della quale il Pontefice ha parlato nella mattina di giovedì 12 dicembre, con i diciassette nuovi ambasciatori che hanno presentato le lettere credenziali, definendola una piaga vergognosa e un «crimine contro l’umanità».

    Sempre in prima pagina, "Il fuoco della misericordia", l'editoriale del direttore, in cui si sottolinea la presenza nel messaggio del Papa della forte denuncia delle continue violazioni dei diritti umani, delle guerre visibili e di quelle «meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico» distruggendo vite e imprese".

    A fondo pagina, "La fame nel Sahel figlia della guerra. Sedici milioni di persone a rischio nel 2014".

    A pagina 2, "Il riconoscimento dei progressi della Santa Sede": Mary Nolan intervista René Brüelhart, direttore dell’Autorità di informazione finanziaria.

    Seguono i profili biografici dei diciassette nuovi ambasciatori, mentre a pagina 8, nell'articolo "Quando il silenzio è musica" viene sintetizzata l'omelia pronunciata dal Papa durante la Messa celebrata il 12 dicembre mattina nella cappella di Santa Marta. Il Natale - ha detto Papa Francesco - è una festa nella quale si fa tanto rumore. Mentre viviamo questo periodo di attesa sarebbe importante invece riscoprire il silenzio, come momento ideale per cogliere la musicalità del linguaggio con il quale il Signore ci parla. Un linguaggio tanto simile a quello di un padre e di una madre: rassicurante, pieno di amore e di tenerezza.

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    Oggi in Primo Piano



    Arresto dell'arcivescovo di New Delhi durante la marcia per i Dalit. Il card. Gracias: vergogna per il nostro Paese

    ◊   “La Chiesa cattolica dell'India è profondamente addolorata”: così, alla nostra amittente, il card. Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indianae arcivescovo di Mumbai sull’arresto, per alcune ore, dell’arcivescovo di New Delhi mons. Anil JT Couto, insieme ad alcuni sacerdoti e suore che stavano partecipando ad una marcia pacifica per i diritti dei Dalit cristiani e musulmani. Il porporato ha ribadito che quanto accaduto è vergognoso e inaccettabile. Salvatore Sabatino ha raccolto il suo commento:

    R. - Questa mattina ho rilasciato un messaggio per il governo e anche per la stampa. Credo che questi uomini, sacerdoti e suore, che sono venuti da diverse parti dell’India sono venuti per una marcia pacifica per chiedere il rispetto dei loro diritti. I Dalit sono i più oppressi nella comunità indiana: proprio per questa ragione hanno deciso di fare questa dimostrazione per chiedere al governo aiuto nell’avere giustizia.

    D. - Lei dice: “E’ una vergogna per questo Paese l’uso della violenza sui nostri vescovi”. E tra l’altro questa legge sui diritti dei Dalit è comunque incostituzionale…

    R. - Sì, questo è chiarissimo! Al momento il problema è questo: la questione è davanti alla Corte Suprema, ma la Corte ha chiesto al governo di dare il suo parere. Ma il governo finora non ha detto e fatto niente! Per questa ragione le cose stanno andando molto lentamente e da ormai tre o quattro anni non vanno avanti e non succede niente!

    D. - Eminenza, tra l’altro, in questi giorni in India è stato ripristinato il reato di omosessualità. Anche su questo fronte lei ha preso una posizione molto netta…

    R. - Ho sempre detto che noi diciamo “no” ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, questo chiaramente, ma non vogliamo che vadano in prigione, che siano considerati criminali. Sono persone che dobbiamo trattare con amore e con affetto. Questo è un orientamento, ma non è certo un atto criminale!

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    Draghi: la Bce va avanti con il sostegno all’economia. Deficit dell'Italia sopra le stime

    ◊   Andremo avanti con il sostegno all’economia e le misure di credito a piccole e medie imprese, mantenendo bassi i tassi di interesse: lo ha assicurato il presidente della Bce, Draghi, alla Plenaria di Strasburgo. L’accento del numero uno dell’Eurotower è ancora sulle riforme e sull’Unione bancaria. Sul fronte ripresa: tra il 2014 e il 2015 il Pil dell’Eurozona dovrebbe registrare un lento recupero, ma resta alta la disoccupazione. Poi la strigliata all’Italia: serve correzione sul deficit che sale al 3 per cento. Al microfono di Cecilia Seppia, l’economista e presidente di Finanza World, Francesco Carlà:

    R. - Draghi, chiedendo l'Unione bancaria, ci dice una cosa abbastanza semplice: la Germania non accetterà mai di mettere sotto il medesimo ombrello bancario e finanziario europeo i problemi diversi dei vari Paesi. Quindi sono fuori discussione iniziative traumatiche e risolutive stile Eurobonds, che erano poi le speranze di alcuni Paesi tra cui l’Italia. Man mano che però procedono le riforme nei vari Paesi e abbiamo un miglioramento dei numeri dei vari Stati, i numeri finanziari naturalmente, potrebbero succedere anche altre cose da questo punto di vista. Questo è un po’ quello che ci dice Draghi. Il che però fa il paio con la richiesta – è un altro punto del suo discorso – di un'ulteriore correzione da 6.4 miliardi del bilancio italiano; non si tratta certamente di buone notizie, immagino, né per la nostra Legge di stabilità né per il presidente del Consiglio, Letta.

    D. - A proposito dell’Italia il deficit sale al 3 per cento; siamo ben fuori dai parametri europei. A cosa si deve questa deviazione?

    R. - Si deve a due componenti: una è - appunto - che il Pil decresce di più di quello che ci si attendeva. Questo dipende dal fatto che - e questo è l’atro punto - non sono stati fatti gli sforzi di spending review di cui si parlava. Dall’altra parte, c’è stato anche il discorso sull’Imu che certamente non ha aiutato il bilancio italiano.

    D. - Poi la questione della ripresa; il Pil dell’Eurozona dovrebbe invece registrare un lento miglioramento. Però secondo i dati della Bce la disoccupazione resta, resterà elevata, in particolare quella giovanile: qui servono risposte concrete…

    R. - Abbiamo alcuni dati che sono fondamentali: la crescita del Pil da qui al 2015 è vista arrivare all’1,5 per cento, ma questa è appunto la media, credo che in Italia il tasso di crescita potrebbe essere molto più basso; il tasso di inflazione è visto all’1,3 per cento - e secondo me in Italia sarà più alto - e quello di disoccupazione, dove anche qui scontiamo differenziali tra i vari Paesi piuttosto importanti e piuttosto ampi da un punto di vista quantitativo. Cosa si potrà fare esattamente? Dipende molto dalle ricette dei singoli Paesi, da quanta voglia la politica di questi abbia di fare quello che è più giusto, cioè trovare un equilibrio tra le esigenze di chi ha una condizione di lavoro garantita e di chi invece il lavoro non ce l’ha o non riesce a trovarlo, in particolare i giovani.

    D. - Ancora sferzate sui bilanci degli Stati, però Draghi dice: non vogliamo vanificare gli sforzi di risanamento. Ora siamo favorevoli a misure per la crescita...

    R. - Parliamo di due temi: da una parte, le risorse per la crescita che possono venire dalla Bce - appunto risorse monetarie essenzialmente - che però finiscono nell’imbuto delle banche, le quali hanno problemi di sofferenze - come dicevamo prima - che ci vengono ricordate continuamente. E quindi questa cinghia di trasmissione arriva con molta difficoltà alla domanda interna e alle famiglie, ai singoli e con altrettanta difficoltà alle piccole e medie imprese. Dall’altra, si tratta di investire risorse che i singoli Paesi riescono a mettere insieme nei loro bilanci. Anche qui vediamo che in Italia si continua a cambiare il campo della spending review, ma questa non diventa mai effettiva. Poi naturalmente c’è anche il pozzo nero dell’evasione fiscale.

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    Sinai: circa 30 mila le vittime della tratta di esseri umani tra 2009 e 2013

    ◊   Tra venticinquemila e trentamila persone, negli ultimi cinque anni, sono state sequestrate o hanno perso la vita nel Sinai egiziano. Fuggono soprattutto dall’Eritrea, ma restano vittime di trafficanti che, solo grazie ai riscatti, hanno accumulato in questi anni 600 milioni di dollari. Sono i dati del rapporto “Human Trafficking Cycle: Sinai and beyond”, curato da ricercatori eritrei e olandesi e presentato ieri alla Camera dei Deputati con la partecipazione dell’agenzia Habeshia. Per noi c’era Davide Maggiore:

    Uomini, donne e bambini sono trattati come merce, rinchiusi in veri e propri “magazzini” e poi in sale di tortura dove subiscono violenze di ogni genere, spesso comunicate ai familiari per affrettare il pagamento del riscatto. E le estorsioni a volte continuano anche quando le vittime non sono più in vita. Lo spiega Meron Estefanos, giornalista eritrea, residente in Svezia, tra le autrici del rapporto:

    "When somebody dies, the hostages are told not to tell anybody - their families or anyone - …
    Quando qualcuno muore, le istruzioni agli altri ostaggi sono di non dirlo a nessuno – né alla famiglia né a nessun altro – affinché possano continuare ad estorcere denaro, a meno che la famiglia non senta più la voce: allora questo significa che la persona è morta. Ma loro chiedono il pagamento anticipato per farti parlare con tuo figlio, per farti sentire la sua voce. Quindi, non sai nulla; pensi: potrebbe essere morto, ma devo pagare comunque …".

    Ma la tratta non si ferma una volta che i migranti sono arrivati in Occidente: qui, infatti, se vogliono continuare il viaggio, rischiano di finire nelle mani di altri criminali. Ascoltiamo Meron Estefanos:

    "I was just interviewing a 12 year old child, who survived the Lampedusa tragedy …
    Ho appena intervistato un ragazzino di 12 anni, sopravvissuto alla tragedia di Lampedusa: per arrivare da Agrigento a Milano ha dovuto pagare un contrabbandiere, e questo è normale. Non dovrebbe essere così, ma loro non lo sanno. Ci sono contrabbandieri che dicono: “Ah, vuoi andare a Milano? Devi pagare tanto …”. E così, quel ragazzino ha dovuto chiedere alla famiglia di mandargli il denaro per andare a Milano; una volta lì, ha contattato altri trafficanti per farlo arrivare in Svezia in cambio di 1200 euro. Quindi ha contattato di nuovo la famiglia. Invece, lo hanno portato a 20 km da Milano, l’hanno lasciato solo e gli hanno detto: 'Questa è la Svezia'".

    E anche coloro che raggiungono l’Europa e Israele senza diventare di nuovo vittime dei trafficanti, trovano spesso condizioni molto diverse da quelle attese. Lo spiega don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia:

    “Una volta arrivati in Israele, purtroppo, spesso devono affrontare altre detenzioni, perché la legislazione non li riconosce come rifugiati, per cui sono tenuti in questi centri di detenzione senza alcuna prospettiva per il futuro. Anche in Europa, una volta arrivati, se noi prendiamo il caso dell’Italia, abbiamo migliaia di rifugiati o persone che hanno avuto una protezione sussidiaria umanitaria che sono totalmente abbandonati a sé stessi”.

    Per fermare questo traffico, sostiene don Mussie Zerai, è importante agire sulle cause che spingono i migranti a fuggire dai Paesi d’origine, ma anche gli Stati africani di transito hanno strumenti per intervenire:

    “Le legislazioni per combattere il traffico di esseri umani ci sono già, solo che non vengono applicate, per il semplice motivo che c’è la corruzione. I testimoni ci raccontano degli stessi poliziotti sudanesi che li vendono ai trafficanti. E lo stesso se andiamo in Libia: nei vari centri di detenzione queste persone sono costrette a pagare i miliziani o chi è di guardia per uscire dai centri. Quindi la comunità internazionale prima di tutto deve spingere questi Stati ad applicare le leggi già esistenti per combattere il traffico di esseri umani e cercare anche di aprire dei canali umanitari protetti per queste persone che sono costrette a fuggire”.

    Infine, c’è il ruolo dell’Europa, su cui si sofferma un’altra delle autrici del rapporto, la professoressa Mirjam Van Reisen, dell’Università di Tilburg:

    "It is very important that Europe, in its externalisation of its migration policy,…
    E’ molto importante che l’Europa garantisca, nell’adozione della sua politica per le migrazioni, che questa fornisca elementi per la protezione delle persone. L’altra cosa che l’Europa deve fare è garantire che le persone che sono veramente richiedenti asilo abbiano accesso all’asilo e che non si crei un circolo vizioso dato dal Regolamento di Dublino, in funzione del quale la gente viene mandata da uno all’altro dei Paesi membri dell’Unione Europea".

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    Il governo Letta: col "Piano Destinazione Italia" spinta alla ripresa

    ◊   Sulle privatizzazioni il governo Letta pensa a un “piano in diversi punti che dovrebbe portare tra i 10 e i 14 miliardi di euro”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato all’assemblea della Confederazione Nazionale Artigianato. In un messaggio, il premier ha ribadito che nella legge di stabilità i risparmi dalla spending review e il ritorno di capitali dall'estero andranno al taglio delle tasse sul lavoro. Alessandro Guarasci:

    Il governo vuole abbattere il debito e dare spinta alla ripresa. Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato dice che la variazione nulla del Pil fatta registrare martedì dall’Istat, dopo due anni di segno negativo, deve essere trasformata presto in una variazione positiva. Domani in questo senso il Consiglio dei Ministri varerà il "Piano Destinazione Italia". Il ministro Flavio Zanonato:

    “Riduzione del costo dell’energia, accesso al credito, semplificazioni: abbiamo una serie di operazione che vanno nella direzione del favorire le nostre imprese, in particolare la piccola e media impresa”.

    La crisi si fa sentire soprattutto sulle piccole aziende. Il saldo fra chiusure e aperture rispetto al 2008 per le imprese artigiane registra un calo di 83 mila unità pari a 220mila posti di lavoro persi. Bisogna massimizzare gli interventi per il presidente della Confederazione Nazionale Artigianato Ivan Malavasi:

    “I soldi che vengono dalla spending review e dalla lotta all’evasione siano destinati ad abbattere cuneo fiscale, da una parte, e pressione fiscale, dall’altra, per le imprese”.

    Secondo il ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia è necessario usare meglio i fondi comunitari per rilanciare la ripresa.

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    La prospettiva teologica di Papa Francesco spiegata nel libro "Amare e servire" di mons. Leuzzi

    ◊   Una società contemporanea che sente sempre più urgente il bisogno di una Chiesa con cui condividere il cammino non solo spirituale o sociale, ma di una ricerca interpretativa di se stessa. Parte da questa premessa il libro “Amare e servire. Il realismo storico di Papa Francesco” scritto dal vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi e pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. Il volume, presentato a Roma al Consiglio Nazionale delle Ricerche, vuole dare una chiave interpretativa sulla prospettiva teologica e pastorale di Papa Francesco. Il servizio di Marina Tomarro:

    E’ dall’amore verso il prossimo che parte la prospettiva teologica di Papa Francesco. Inizia da questa chiave di lettura il libro “Amare e servire”. L’autore, il vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi:

    “La scelta dei verbi ‘amare’ e ‘servire’ credo che sia nata proprio dalla consapevolezza che nel magistero, e soprattutto nella testimonianza di Papa Francesco, la Chiesa sia sollecitata a comprendere se stessa sia come mistero di amore, ma sia soprattutto nella responsabilità che la Chiesa è chiamata a vivere in questo momento storico, che è quello di servire la società. Per conoscere questa realtà è necessario che la Chiesa offra la presenza di Cristo, che permette all’uomo contemporaneo di conoscere in profondità quali siano le vere dinamiche per costruire la società”.

    E “amare” e “servire” sono due parole presenti da sempre nella formazione teologica di Papa Francesco. Padre Miguel Yanez, direttore del Dipartimento di Teologia Murale della Pontificia Università Gregoriana:

    R. - Così si concludono gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio: chiedendo la grazia di amare e servire in tutto la Divina Maestà. Tante volte Papa Francesco ha fatto gli Esercizi, che sono stati la stella che ha guidato la sua vita, il suo percorso, il suo cammino e poi anche il programma di vita, che adesso consegna a tutti noi.

    D - Nel libro si parla della misericordia di Dio: Papa Francesco spesso ce ne parla…

    R. - Continuando con questa idea, penso che si collega perfettamente. Nel suo stemma leggiamo “Miserando atque eligendo”, che appunto è l’esperienza di Matteo nella sua vocazione: sentirsi guardato da Gesù, con uno sguardo d’amore, con uno sguardo di perdono, questo è propriamente la fonte dell’esperienza cristiana: la misericordia. Siamo stati incontrati da Gesù, siamo stati perdonati nello stesso incontro e quindi dobbiamo aprirci agli altri con lo stesso sguardo. Ovviamente è una grazia che ci fa chiedere Sant’Ignazio negli Esercizi e Papa Francesco nel suo magistero e con il suo esempio.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Giordania: i profughi siriani nella morsa del freddo e della neve

    ◊   La tempesta Alexa, che da lunedì ha rovesciato neve e pioggia gelida sull'area del Mediterraneo orientale, rende insostenibili le condizioni di vita già drammatiche sopportate da centinaia di migliaia di profughi siriani fuggiti dalle zone di guerra. “Nello sconfinato campo profughi di Zaatari” riferisce all'agenzia Fides Wael Suleiman, Direttore di Caritas Giordania – la tempesta ha anche fatto volare molte tende. Tutti soffrono. Anche fuori dal campo organizzato c'è che vive nelle stesse condizioni. Come Caritas abbiamo intensificato la distribuzione di coperte e stufe. Dall'inizio dell'emergenza profughi, ne abbiamo assistiti 200mila. Ma continuano a arrivare, pur con la neve e il gelo, e non riusciamo a far fronte ai bisogni di questa marea di donne, bambini e uomini che fuggono dalla guerra verso una vita fatta di stenti e sofferenze”. Solo l'11 dicembre, in Giordania sono arrivati più di 700 nuovi profughi siriani. Ai primi di dicembre, il numero di rifugiati siriani presenti in territorio giordano aveva raggiunto la cifra esorbitante di un milione e 322mila persone. E la stessa emergenza climatica colpisce i rifugiati in Libano, soprattutto nei campi di fortuna della valle della Bekàa e nel distretto dell'Akkar, dove vivono nelle tende sommerse dalla neve almeno 80mila persone. In territorio libanese continuano a arrivare i siriani che fuggono dalla regione montuosa del Qalamun, anch'essa coperta di neve, dove nelle ultime settimane si è intensificato il conflitto armato tra esercito regolare e fazioni ribelli. E finita sotto la neve anche Maalula, il villaggio con abitazioni rupestri da dove sono state prelevate nei giorni scorsi da gruppi di ribelli le suore del monastero di Santa Tecla. (R.P.)

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    Siria: Acs in aiuto alle famiglie delle vittime cristiane

    ◊   Un regalo di Natale alle famiglie delle vittime cristiane. È l’ultimo progetto approvato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) in Siria. La fondazione pontificia donerà 250 dollari alle famiglie di 215 vittime cristiane uccise in ragione della propria fede. “Da quasi tre anni il martoriato Paese mediorientale lotta per ottenere un po’ di pace e giustizia, con solo una flebile speranza che il conflitto possa finalmente giungere al termine”, afferma padre Andrzej Halemba, responsabile internazionale di Acs per il Medio Oriente. Dal 2011 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato oltre 1 milione e 100 mila euro per il sostegno dei rifugiati e degli sfollati interni siriani. La scorsa settimana l’ultimo contributo stanziato in favore delle famiglie delle vittime cristiane. “Il patriarca melchita Gregorios III Laham - spiega padre Halemba - ha compilato una lista con i nomi di 215 siriani uccisi perché cristiani. Purtroppo la lista è lungi dall’essere completa. Tanti fedeli sono stati torturati e trucidati, oppure sono spariti senza lasciare alcuna traccia”. Il patriarca melchita ha espresso ad Acs il desiderio di “dare alle famiglie di questi martiri cristiani un supporto morale e spirituale”. La fondazione pontificia ha accolto tale preghiera e ha deciso di donare 250 dollari a ciascuna delle famiglie cristiane in lutto. Un aiuto economico - scrive Acs - è un modo per mostrare che i cristiani di tutto il mondo non dimenticano la Siria. (R.P.)

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    Onu. Commissario Guterrez: nel 2013 record di sfollati interni

    ◊   L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha lanciato un appello per un maggiore sostegno globale nell'assistere i quasi 30 milioni di persone in tutto il mondo che sono sfollati nei loro Paesi. António Guterres, durante l'apertura annuale della discussione sulle sfide riguardo la protezione dei rifugiati, ha sottolineato che si registra un aumento degli sfollati interni, con un incremento pari al 50% negli ultimi 15 anni. Il 2013, pensando in particolare alla Siria, potrebbe essere ricordato come l'anno con il maggior numero di persone costrette ad abbandonare il proprio Paese. "Sono preoccupato che la grandezza e la complessità dello spostamento interno non hanno galvanizzato l'attenzione internazionale, come la questione merita", ha detto alla riunione di Ginevra. I quasi 29 milioni di sfollati a causa di conflitti e violenze ad inizio del 2013, - aumentati con le crisi in Siria, Repubblica Centrafricana e la Repubblica Democratica del Congo - portano con sé anche un forte aumento dei flussi di rifugiati, con i circa 2 milioni di persone in fuga in tutto il mondo nel 2013. "Come i rifugiati, anche gli sfollati interni spesso trovano rifugio nelle regioni più povere ed emarginate del Paese, che mancano spesso di infrastrutture adeguate per affrontare l'afflusso di popolazione. Ma sono spesso ancora più difficili da raggiungere, dato che molti rimangono nelle zone di conflitto." Il quadro giuridico internazionale per proteggere chi vive questo dramma è molto meno sviluppato rispetto a quanto avviene con i rifugiati. "Ci viene spesso chiesto che cosa significhi protezione per gli sfollati interni, che sono, dopo tutto, cittadini nel loro paese con gli stessi diritti degli altri cittadini", ha ricordato Guterres. "Costretti a fuggire dalle loro case, molti sono senza documenti, non hanno accesso ai servizi di base e sono a rischio elevato di discriminazione, sfruttamento e violenza sessuale e di genere." L'Alto Commissario ha invitato quindi i partecipanti alla discussione - tra cui vari rappresentanti di governi, organizzazioni non governative, osservatori, personalità accademiche e organizzazioni inter-governative - a contribuire ad elevare la condizione dei profughi interni nell'agenda internazionale. "Trovare soluzioni per gli sfollati, richiede volontà politica per affrontare le cause alla radice. Una advocacy più determinata è quindi necessaria da parte della comunità internazionale per poter garantire che i processi di pace tengano conto delle preoccupazioni e delle esigenze dei profughi interni così come le loro comunità di accoglienza", ha aggiunto Guterres. (Da Ginevra, Gabriele Beltrami)

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    Ucraina: appello al dialogo dell'arcivescovo di Kiev Shevchuk

    ◊   “La Chiesa è con il suo popolo” perché è “la sua anima più profonda” e come tale partecipa e condivide ai momenti più importanti e decisivi della sua storia. La Chiesa scende in campo come “forza orante dello Spirito”, come presenza di mediazione, ripetendo le parole di papa Francesco: “Dialogo, dialogo, dialogo”. Spiega così l'arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Sviatoslav Shevchuk, la decisione di mettersi al fianco dei manifestanti. “Stiamo vivendo in un momento di buio”, dice in un’intervista all'agenzia Sir, ricordando come le Chiese in Ucraina - cattoliche, ortodosse e protestanti ma anche musulmani ed ebrei - hanno lanciato un appello comune. “Innanzitutto - aggiunge il leader della Chiesa greco-cattolica - per ribadire il rifiuto di ogni tipo di violenza e chiedere al governo di astenersi dalla violenza e porsi in ascolto. Perché l’unica alternativa alla violenza è il dialogo. Noi abbiamo ricordato il famoso discorso di Papa Francesco ai politici brasiliani, ‘dialogo, dialogo, dialogo’. Siamo e vogliamo essere promotori di un dialogo. E chiediamo l’apertura di un tavolo di discussione nazionale perché insieme tutte le forze del Paese possano decidere il futuro dell’Ucraina. Un tavolo che diventi piazza dialogante dove prendere tutti insieme decisioni comuni. E poi le Chiese pregano perché siamo convinti che il Signore è colui che ha nelle sue mani il destino di tutti i popoli e quindi anche quello di questo Paese”. (R.P.)

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    Centrafrica: la Caritas invoca disarmo, pace e sicurezza

    ◊   “Chiediamo il disarmo della Seleka e degli anti-Balaka. Vogliamo pace e sicurezza per la popolazione. Contiamo molto sui militari francesi e della Misca. E che i centrafricani possano presto andare a votare e decidere il destino del proprio Paese”. A parlare in una intervista all'agenzia Sir è padre Elisée Guedjande, direttore della Caritas della Repubblica centrafricana, anche lui vittima delle violenze in corso nel suo Paese. “La sera del 19 luglio a Bangui sono stato attaccato da due ex-Seleka: volevano rubare l’automobile della Caritas - racconta -. Mi hanno sparato e la pallottola ha attraversato la gamba. Per fortuna non ha toccato l’osso. Sono stato un mese in ospedale ma ancora non riesco a camminare bene né a muovere le dita del piede”. “A Bossangoa vi sono circa 40mila sfollati, c’è bisogno soprattutto di aiuti sanitari - dice -. A Bangui ci sono 50 mila persone nelle chiese, nei monasteri o nell’aeroporto. Da giovedì scorso sono iniziati gli scontri tra ex-Seleka e anti-Balaka. Ci sono vittime a Bozoum, tante case bruciate e morti a Bossangoa, a Bangui sono state uccise ultimamente 300 persone, tutti civili innocenti. La popolazione si è rifugiata nelle parrocchie” ma molte “sono vulnerabili: Notre Dame d’Afrique a Bangui è stata assaltata tre volte dai miliziani della Seleka. Hanno sabotato le vetture. Altre parrocchie sono state prese di mira, hanno rubato i gruppi elettrogeni, ci sono intimidazioni”. (R.P.)

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    Kenya: appello dei vescovi alla pace per i 50 anni di indipendenza

    ◊   Pace, unità, amore, perdono e riconciliazione: sono i valori primari a cui il Kenya deve guardare. Questo, in sintesi, l’appello lanciato da padre Vincent Wambugu, segretario della Conferenza episcopale locale (Kccb), in occasione dell’odierno 50.mo anniversario di indipendenza della nazione. “Il messaggio della Chiesa – spiega padre Wambugu – come voce profetica della popolazione del Kenya è di amarsi, perdonarsi e riconciliarsi l’un l’altro, nella sequela di Cristo”. Anche in questi tempi difficili, continua il religioso, “è ancora possibili essere uniti e l’appello all’unità non dove essere solo un impegno individuale, ma una chiamata nazionale”. Il segretario generale della Kccb, poi, ricorda i diversi conflitti che hanno attraversato il Paese negli ultimi cinquant’anni: “La popolazione ha combattuto – dice – ma ha anche capito i suoi errori e ciascuno si è riconciliato con l’altro, con la grazia di Dio”. Ricordando, quindi, la figura di Nelson Mandela, l’ex presidente sudafricano scomparso il 5 dicembre scorso, padre Wambugu ne sottolinea l’impegno per la pace e ribadisce: “Se davvero crediamo in ciò che ha fatto, dobbiamo far sì che i valori che egli portava avanti siano parte del nostro impegno quotidiano per un futuro migliore”. Certo, le sfide non mancano, continua il religioso: a mezzo secolo dalla sua indipendenza, il Kenya deve ora puntare “ad un vero sviluppo”, affinché sia garantita “una pace duratura e prevalga l’unità tra tutti i cittadini”. Inoltre, il segretario dei vescovi di Nairobi sottolinea come, per questo anniversario, non ci sia alcuna differenza tra Chiesa e Stato: “I componenti della Chiesa – spiega – sono anche cittadini dello Stato, sono le stesse persone che hanno camminato fianco a fianco per cinquant’anni”, perché “come cattolici, noi siamo parte della nazione e ci uniamo alle celebrazioni del nostro Paese”. “Se mi viene chiesto chi sono – aggiunge ancora il religioso – io rispondo che sono un keniano e un cattolico”. Infine, padre Wambugu esorta i leader politici a dare spazio ai valori fondanti della nazione, senza creare discrepanze, ma anzi puntando all’unità. (A cura di Isabella Piro)

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    Senegal: il card. Sarr e leader musulmani ribadiscono la volontà di collaborare per il bene del Paese

    ◊   “L’obiettivo e il desiderio di noi tutti è di costruire la Nazione e di educare i suoi figli al rispetto reciproco per il bene di tutti e la pace nel nostro Paese. La concertazione è un’arma invincibile e chi vi ricorre ha buone probabilità di avere successo”. E’ quanto ha affermato il card. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, ricevendo martedì nella sua residenza una delegazione del Consiglio Superiore Islamico. Una visita che si inserisce nel quadro delle ormai regolari consultazioni tra leader religiosi e politici senegalesi. Durante il colloquio, riporta l’agenzia di stampa Pressafrik, il presidente del Consiglio Superiore islamico Ahmed Iyane Thiam ha sottolineato che uno dei principali obiettivi della sua organizzazione è di rafforzare il dialogo islamo-cristiano, promuovendo una maggiore conoscenza e rispetto reciproco e l’istituzione di tavolo di concertazione tra i responsabili musulmani e cristiani. Il rafforzamento di questo dialogo “richiede l’impegno e il contributo di tutti i leader religiosi cristiani e musulmani”, ha detto il leader musulmano che ha anche annunciato che il Consiglio ha deciso di nominare il card. Sarr suo Presidente onorifico “per le sue virtù morali ed umane che meritano il rispetto di ogni persona di buona volontà e di tutti i figli del Senegal compresi i musulmani”. L’arcivescovo di Dakar, da parte sua, ha ringraziato i membri del Consiglio per il loro gesto, esprimendo il suo apprezzamento per la sua volontà di operare per il dialogo, non solo tra le confraternite musulmane in Senegal, ma anche con le altre religioni e in particolare con i cristiani. Il card. Sarr ha quindi salutato positivamente l’istituzione di un tavolo di concertazione: “È mio dovere pregare perché questi nobili obiettivi fissati dal Consiglio siano raggiunti. Simili tavoli di concertazione non possono che essere benefici per il nostro Paese e la nostra regione”. Il Senegal è quasi al 90% musulmano, mentre i cattolici rappresentano una piccola minoranza concentrata soprattutto nel sud del Paese. In generale, ci sono buoni rapporti tra le diverse comunità religiose, che collaborano con molte iniziative congiunte, sia in campo sociale che politico. Lo Stato garantisce inoltre un buon livello di libertà confessionale, anche in pubblico. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Guinea Conakry: l’Anno della Fede è un’occasione per riflettere sulle ferite del Paese

    ◊   “Il popolo guineano deve sempre astenersi da ogni violenza e capire che quello che si distrugge oggi ha richiesto dieci anni per essere costruito”. E’ quanto ha dichiarato mons. Emmanuel Félémou, vescovo della diocesi di Kankan e presidente della Conferenza episcopale della Guinea Conakry in un’intervista rilasciata all’agenzia Guinéenews in occasione delle celebrazioni conclusive dell’Anno della Fede. Nell’intervista il presule illustra il significato di questo evento mondiale indetto dal Papa emerito Benedetto XVI per la Chiesa guineana, anche alla luce delle travagliate vicende politiche del Paese ancora in preda a violenze, anche a sfondo etnico, e all’instabilità. “La celebrazione dell’Anno della Fede ci ha permesso di riflettere sulle nostre ferite e anche di dire la verità sulla situazione politica della Guinea Conakry”, spiega. “Sappiamo che il Paese ha attraversato non poche difficoltà e dunque che deve chiudere le sue ferite, riconciliarsi, vivere in fratellanza e amicizia, come in una famiglia”. In questo senso, afferma il presule nell’intervista , “i politici guineani devono capire che hanno come missione non di riempirsi le proprie tasche, ma quelle dei poveri, permettendo loro di vivere come gli altri e di ritrovare la dignità, con la corrente elettrica, acqua, strade, perché il nostro Paese è molto ricco. Questo – aggiunge - significa che ciascuno deve potere usufruire di queste risorse: oro, diamanti, bauxite e anche petrolio. Ecco perché - sottolinea mons. Félémou - noi diciamo che la fede deve scuotere la coscienza della gente perché possano agire secondo la volontà di Dio”. Quindi il suo monito a non ricorrere alla violenza per affermare le proprie ragioni: “Quando le cose non vanno si può manifestare e anche avanzare rivendicazioni, ma non distruggere case e macchine” e soprattutto non rovinare l’infanzia che “significa distruggere tutto un popolo”. Malgrado le sue ricchezze naturali, la Guinea non riesce a far uscire la popolazione da una povertà endemica. Il Paese è 178° posto su 186 Paesi nella classifica mondiale dello sviluppo umano, nonostante detenga circa la metà delle riserve mondiali di bauxite. Questa povertà diffusa ha contribuito a mantenere alta la tensione socio-politica che sfocia regolarmente in violenze estreme, nella maggior parte dei casi su base etnica. (L.Z.)

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    Messico. “Gli stranieri non sono delinquenti”: l’appello delle madri della Carovana

    ◊   Fra Tomás González, direttore della casa migranti di Tenosique Tabasco, ha accolto la Carovana delle madri centroamericane che è arrivata nella capitale del Messico. In una nota pervenuta all’agenzia Fides commenta che “ci sono politiche anti-immigrazione e xenofobe da parte dello Stato e di altri gruppi, cosa che diventa un rischio aggiuntivo per i migranti che devono affrontare il viaggio sulle tratte ferroviarie. Sappiamo tutti che ci sono spesso assalti, omicidi, stupri, estorsioni, sequestri di persona ed incidenti con un elevato numero di morti”. Martedì scorso - riferisce l'agenzia Fides - le 44 donne della Caravona provenienti da Nicaragua, Honduras, El Salvador e Guatemala, hanno fatto sosta al Centro nazionale di Comunicazione Sociale (Cencos) per parlare con i giornalisti. Durante la conferenza stampa, davanti ai giornalisti c'erano per terra decine di fotografie di tutti i ragazzi e le ragazze partiti dai loro villaggi per cercare di emigrare verso gli Stati Uniti d'America, di cui poco dopo si sono perse le tracce. Le madri hanno lanciato un appello direttamente al Presidente Enrique Peña Nieto: "Per favore ci ascolti. Ci aiuti a trovare i nostri figli. Si tratta di stranieri che sono solo di passaggio, non sono criminali" ha detto una madre del Guatemala, Gabriela Vazquez, a rappresentare tutte le altre. Fra Tomás ha chiuso la conferenza stampa sottolineando che la Chiesa ha chiesto al governo di creare, in primo luogo, un Segretariato della migrazione che riesca efficacemente a dare protezione ai migranti stranieri e messicani. Ha quindi ricordato l'invito di Papa Francesco sul tema della migrazione, sottolineando il suo messaggio e la sua presenza a Lampedusa. (R.P.)

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    Uruguay: monito di Onu e Usa contro la legalizzazione della cannabis

    ◊   La reazione più energica è stata quella dell’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine (Unodc): la legge con cui l’Uruguay diventa, per ora sulla carta, il primo Paese al mondo ad autorizzare la coltivazione, la vendita e l’utilizzo di cannabis “viola la Convenzione del 1961 sui narcotici” che Montevideo ha sottoscritto - riferisce l'agenzia Misna - e che contempla l’uso della marijuana solo a fini medici e scientifici. Il capo della Giunta internazionale per il controllo degli stupefacenti, Raymond Yans, si è detto “sorpreso” che il governo del Presidente José ‘Pepe’ Mujica “abbia deciso liberamente” di ignorare le disposizioni del trattato in questione, esortandolo a rispettarle. “E’ increscioso che in un momento in cui il mondo è immerso in una continua discussione sul problema mondiale delle droghe, l’Uruguay agisca prima della sessione speciale dell’Assemblea generale dell’Onu prevista per il 2016” gli ha fatto eco David Dadge, portavode dell’Unodc. Dura anche la reazione degli Stati Uniti: “Dipende dal popolo dell’Uruguay decidere quali politiche sulle droghe sono le più appropriate ma come qualsiasi altro Paese l’Uruguay ha l’obbligo di rispettare i suoi impegni internazionali” ha rilevato il Dipartimento di Stato in una nota. Anche il Paraguay, da cui peraltro proviene la stragrande maggioranza della cannabis consumata in Uruguay e nella vicina Argentina, ha criticato il suo socio nel Mercosur (Mercato comune sudamericano): “Legalizzando la marijuana in Uruguay sotto il presunto controllo dello Stato consoliderà la tendenza all’aumento del consumo di questa e altre droghe e stimolerà l’importazione clandestina dal Paraguay, la cui erba è una delle migliori e meno costose” ha detto il ministro della Segreteria nazionale antidroghe (Senad), Luis Rojas. (R.P.)

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    India. Karnataka: a Natale torna la persecuzione dei fondamentalisti indù

    ◊   Due cristiane dello Stato indiano del Karnataka sono state arrestate per aver distribuito opuscoli religiosi. Il fatto è avvenuto nel villaggio di Nitte (distretto di Udupi), dopo che una folla di attivisti del Bajrang Dal (gruppo estremista indù) ha denunciato le donne, accusandole di praticare "conversioni forzate". Secondo Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), quanto accaduto "è vergognoso e rientra in uno schema consolidato delle forze nazionaliste: colpire in modo più intenso i cristiani sotto Natale". Secondo fonti del Gcic, il gruppo di militanti del Bajrang Dal avrebbe circondato la stazione di polizia di Kumbalpady, dove erano in custodia le donne. Gli agenti hanno tentato di disperdere la folla, ma alcuni leader locali dell'organizzazione e del Vishwa Hindu Parishad (Vhp, un altro gruppo fondamentalista indù) hanno minacciato di inscenare una protesta di massa se le forze dell'ordine non avessero fatto qualcosa contro "chi pratica conversioni e attività anti-indù". "Queste donne stavano solo distribuendo opuscoli - sottolinea Sajan George all'agenzia AsiaNews -, cosa c'è di male? I seguaci dei santoni indù diffondono centinaia di libretti simili, perché non si chiede l'arresto anche per loro? Con il Natale ormai alle porte, chiediamo di garantire sicurezza alla minoranza cristiana, affinché possa celebrare la nascita di Gesù Cristo". In passato, si sono registrati diversi casi di attacchi contro la minoranza cristiana nel periodo dell'Avvento. In Orissa, il primo grande attacco contro la comunità è avvenuto proprio la Vigilia di Natale del 2007, in seguito una presunta aggressione contro lo swami indù Laxamananda Saraswati. Ancora più drammatico il Natale del 2008, trascorso nei campi profughi a causa del pogrom anticristiano lanciato dai fondamentalisti indù nell'agosto di quell'anno. (R.P.)

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    Francia: al via a Parigi il Sinodo dei maroniti della diaspora europea

    ◊   “Come essere maroniti oggi in Francia e in Europa, mantenendo l’equilibrio tra la propria identità e l’integrazione nelle società di accoglienza?”. Attorno a questa domanda ruoterà il Sinodo dei maroniti della diaspora europea convocato lo scorso febbraio da mons. Nasser Gemayel, vescovo dell’Eparchia di Nostra Signora del Libano dei maroniti. Il Sinodo prende il via oggi, a Parigi, con una prima sessione di tre giorni alla quale seguiranno altre fino al dicembre 2014. Un centinaio di delegati da diversi Paesi europei che ospitano la diaspora maronita, tra i quali Francia, Austria, Germania, Danimarca e Belgio, discuteranno come conciliare l’esigenza di mantenere vivo il senso di appartenenza delle comunità maronite presenti in Europa con quella dell’integrazione e della comunione con la Chiesa universale. Per mons. Gemayel ciò che definisce un maronita non è tanto la terra di provenienza, il Libano, quanto piuttosto la “fedeltà alla fede delle origini”. Questo però non significa ripiegarsi su se stessi per il timore di scomparire: “Siamo parte del Popolo di Dio, non una comunità confessionale”, afferma il presule. La tre giorni che inizia oggi servirà essenzialmente a definire le questioni da affrontare durante il Sinodo, tra i quali quello della creazione di nuove parrocchie maronite nel continente e le vocazioni. Durante la sessione saranno costituiti una ventina di comitati di lavoro su tematiche quali famiglia, vita consacrata, pastorale giovanile. L’auspicio di mons. Gemayel è che dalla consultazione possa scaturire un “risveglio” dei maroniti di Francia ed Europa “per rinnovare la nostra testimonianza e impegno cristiano”. La seconda sessione del Sinodo è prevista nel mese di maggio dell’anno prossimo. (A cura di Lisa Zengarini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 346

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.