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Sommario del 11/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: chi si apre a Dio non ne teme il giudizio finale. Via l'ingiustizia della fame
  • Festa della Madonna di Guadalupe. Il Papa: l'America sia una terra che rispetti la vita umana in tutte le sue fasi
  • Nomina episcopale in Scozia
  • Papa Francesco, Personaggio dell’Anno di Time. P. Lombardi: segno positivo per l’annuncio del Vangelo
  • Commissione S. Sede contro pedofilia. P. Zollner: passo importante, ma viene da lontano
  • Un anno di @Pontifex. Mons. Celli: lungimirante la scelta di Benedetto XVI
  • Mons. Müller: l'opera di Benedetto XVI è un incontro personale con Gesù
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: la polizia sgombera i manifestanti a Kiev, critiche dalla comunità internazionale
  • Centrafrica: Msf, attaccati ospedali di Bangui, milizie rispettino pazienti e operatori sanitari
  • Letta: non arrendersi al caos. Scintille con i M5S. Balboni: 18 mesi per le riforme
  • Terzo giorno di proteste dei "forconi". Mons. Miglio: disagio e rabbia che vanno ascoltati
  • Giornata della montagna: tutelarla è chiave per la "green economy" mondiale
  • Radio Vaticana, inaugurata Mostra fotografica “Why poverty?”
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India. Fermato dalla polizia l’arcivescovo di Delhi: marciava per i diritti dei dalit
  • India. Corte Suprema: omosessualità è un reato. Il card. Gracias: i gay non sono criminali
  • Ucraina: Messa dei vescovi greco-cattolici in piazza Maidan tra i manifestanti
  • Centrafrica: appello dei vescovi al dialogo e alla pace
  • Siria. Patriarcato greco-ortodosso: nessuna notizia delle 13 suore di Maaloula, video inaffidabili
  • Argentina. La Chiesa: guarire le ferite della popolazione dopo i saccheggi
  • Filippine. Sale il bilancio delle vittime di Haiyan, quasi seimila i morti
  • Burundi: i vescovi raccomandano “saggezza e concertazione” per la revisione della Costituzione
  • Marocco: il vescovo di Tangeri difende l'integrità dei migranti nelle enclave spagnole
  • Isole Fiji. Mons. Chong: vogliamo il rispetto della libertà religiosa e non uno Stato cristiano
  • Il card. Schonborn a Milano: "La questione della missione è urgente"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: chi si apre a Dio non ne teme il giudizio finale. Via l'ingiustizia della fame

    ◊   Il giudizio finale di Dio non farà paura a chi nella vita ha scelto di seguire la strada del suo amore. È il pensiero alla base della catechesi con la quale questa mattina, in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha concluso la serie di udienze generali dedicate alla spiegazione della preghiera del Credo. Il Papa ha terminato con un nuovo appello sulla fame nel mondo e contro lo spreco di cibo, chiedendo a governi e singole persone di “eliminare questa ingiustizia”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Prima certezza: il giudizio sarà piuttosto un “abbraccio”, perché Dio è un Padre che ama i suoi figli, non li vuole sul banco degli imputati. Seconda certezza, che dipende dalla prima: se Dio non giudica, la condanna sarà in realtà una “auto-condanna”, che l’uomo che rifiuta Dio avrà inflitto a se stesso. Di fronte ai circa 30 mila radunati in Piazza San Pietro, in un nuovo mercoledì di freddo e sole, Papa Francesco decifra così quello che, osserva, è un “mistero che ci sovrasta” e incute “timore”: il mistero del ritorno di Cristo e del giudizio finale. La paura, spiega con semplicità, nasce e mette radici soprattutto nei cuori di chi durante la vita ha in vari modi rifiutato Dio. Ma nulla fino all’ultimo è perduto:

    “Se noi ci chiudiamo all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo. La salvezza è apririsi a Gesù, e Lui ci salva; se siamo peccatori – e lo siamo tutti – Gli chiediamo perdono e se andiamo a Lui con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù è grande, l’amore di Gesù è misericordioso, l’amore di Gesù perdona; ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, accusarsi delle cose che non sono buone e che abbiamo fatto”.

    Anche perché, soggiunge Papa Francesco, il giudizio finale “è già in atto, incomincia adesso” nel corso dell’esistenza. Pertanto, ripete, “non stanchiamoci” di “vigilare sui nostri pensieri”, anzi pregustiamo fin d’ora “il calore e lo splendore del volto di Dio”, consapevoli che – se avremo aperto il cuore a Dio – nel momento del giudizio avremo attorno “l’abbraccio di Gesù”:

    “Così ci abbraccia Gesù. Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo, come di una veste nuziale, ed essere condotti al banchetto, immagine della piena e definitiva comunione con Dio”.

    Ma c’è di più. A non lasciarci soli nel momento del giudizio sarà pure la grande schiera dei Santi, coloro che – afferma il Papa citando San Paolo – “giudicheranno il mondo”:

    “Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro Avvocato presso il Padre, potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, che hanno offerto la loro vita per noi e che continuano ad amarci in modo indicibile! (…) Quanta consolazione suscita nel nostro cuore questa certezza!”.

    Una certezza che Papa Francesco sembra quasi voler impiantare fisicamente in ogni persona, quando alla fine riassume la catechesi nello sprone di quei cinque “Avanti!” ripetuti in sequenza:

    “Avanti! Avanti, pensando a questo giudizio che comincia adesso, è già cominciato. Avanti, facendo in modo che il nostro cuore si apra a Gesù e alla sua salvezza. Avanti senza paura, perché l’amore di Gesù è più grande e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati Lui ci perdona. È così Gesù. Avanti allora con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo!”.

    Prima di chiudere l’udienza generale, Papa Francesco è tornato in modo vibrante sul tema della lotta alla fame nel mondo, ricordando la Campagna di Caritas Internationalis lanciata ieri col titolo “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”:

    “Lo ricordiamo? Lo ripetiamo insieme? ‘Una sola famiglia umana, cibo per tutti’. Lo scandalo per i milioni di persone che soffrono la fame non deve paralizzarci, ma spingerci ad agire, tutti, singoli, famiglie, comunità, istituzioni, governi, per eliminare questa ingiustizia. Il Vangelo di Gesù ci mostra la strada: fidarsi della provvidenza del Padre e condividere il pane quotidiano senza sprecarlo. Incoraggio la Caritas a portare avanti questo impegno, e invito tutti ad unirsi a questa ‘onda’ di solidarietà”.

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    Festa della Madonna di Guadalupe. Il Papa: l'America sia una terra che rispetti la vita umana in tutte le sue fasi

    ◊   All’udienza generale, Papa Francesco, parlando in spagnolo, ha ricordato che domani si celebra la festa della Madonna di Guadalupe, Patrona di tutta l’America. Un’occasione per rivolgere il suo saluto a tutti gli abitanti del continente. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Quando la Madonna apparve all’indio Juan Diego, nel 1531, sulla collina di Tepeyac, il suo volto era quello di una donna meticcia e i suoi vestiti erano pieni di segni della cultura indigena. “Come Gesù – ha osservato il Papa - Maria è vicina ai suoi figli, come una madre affettuosa che accompagna il suo cammino, condivide le gioie e le speranze, le sofferenze e le angustie degli uomini di Dio, che sono chiamati a far parte di tutti i popoli della terra”:

    “La aparición de la imagen de la Virgen en la tilma de Juan Diego…
    L’apparizione dell’immagine della Vergine nella tilma (mantello) di Juan Diego era un segno profetico di un abbraccio, l’abbraccio di Maria a tutti gli abitanti delle vaste terre americane, quelli che già vi erano e quelli che verranno. Quest’abbraccio di Maria ha indicato il cammino che sempre ha caratterizzato tutta l’America: una terra dove popoli diversi possono convivere, una terra in grado di rispettare la vita umana in tutte le sue fasi, dal seno materno fino alla vecchiaia, in grado di accogliere i migranti così come i poveri e gli emarginati di tutti i tempi. L'America è una terra generosa”.

    “Questo è il messaggio della Madonna di Guadalupe – ha proseguito il Papa - questo è anche il mio messaggio, il messaggio della Chiesa”. Quindi, ha esortato “tutti gli abitanti del continente americano a tenere le braccia aperte come la Vergine Maria, con amore e tenerezza” e ha concluso:

    “Pido por todos ustedes, queridos hermanos y hermanas de toda América...
    Io prego per voi, cari fratelli e sorelle di tutte le Americhe e vi chiedo anche di pregare per me. Che la gioia del Vangelo sia sempre nei vostri cuori. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca”.

    Infine, nei saluti finali in italiano ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, ricordando la Madonna di Guadalupe, ha detto:

    “Cari giovani, imparate da Maria a porvi in ascolto della volontà del Signore su di voi; cari ammalati, invocate la Madre del Signore nei momenti di maggiore difficoltà; e voi, cari sposi novelli, ispiratevi alla Madonna per riportare amore e serenità nella vostra famiglia”.

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    Nomina episcopale in Scozia

    ◊   In Scozia, Papa Francesco ha nominato vescovo di Dunkeld mons. Stephen Robson, finora ausiliare dell'arcidiocesi di Saint Andrews and Edinburgh. Mons. Robson è nato a Carliste, nella diocesi di Lancaster, il primo aprile 1951. Dopo gli studi secondari ha frequentato l'Università di Edinburgh ottenendo la Laurea in Scienze Biologiche con specializzazione in tecnologia medica al Napier College of Scienze di Edinburgh. Ha compiuto gli studi ecclesiastici presso il St. Andrew's College di Drygrange, conseguendo infine la Licenza e il Dottorato in Teologia Spirituale, e la Licenza in Diritto Canonico, presso la Pontificia Università Gregoriana negli anni di studio presso il Pontificio Collegio Scozzese a Roma. E' stato ordinato sacerdote il 17 marzo 1979 per l'arcidiocesi di Edinburgh. In seguito ha svolto i seguenti incarichi pastorali: Vicario Parrocchiale a St. Mary's Kircaldy (1979-1981); Insegnante al Blairs College (1980-1986); Assistente presso l'ufficio per l'Educazione religiosa di Edinburgh e poi Vicario Episcopale e Direttore del medesimo (1987-1993); Parroco, prima a Our Lady and St. Margareth a Duns (1988- 1989), poi a Dunbar (1990-1993), infine a St. John Vianney a Edinburgh (1993-1997). Dal 1998 al 2006 è stato Direttore Spirituale del Pontificio Seminario Scozzese a Roma. Tornato in patria è diventato Cancelliere dell'arcidiocesi di Saint Andrews and Edinburgh e Parroco delle parrocchie riunite di Our Lady's a North Berwick e Dunbar. L'8 maggio 2012 è stato eletto Vescovo titolare di Tunnuna ed Ausiliare dell'arcidiocesi di Saint Andrews and Edinburgh, ricevendo la consacrazione episcopale il successivo 9 giugno.

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    Papa Francesco, Personaggio dell’Anno di Time. P. Lombardi: segno positivo per l’annuncio del Vangelo

    ◊   Papa Francesco è il Personaggio dell’Anno del 2013. A proclamarlo la rivista Time. L’annuncio è stato dato dal direttore del prestigioso settimanale americano, Nancy Gibbs. Papa Francesco è il terzo Pontefice ad essere stato nominato “personaggio dell’anno” dalla rivista Time. Nel 1962 il riconoscimento era andato a Giovanni XXIII, nel 1994 Giovanni Paolo II. Il commento del direttore della Sala Stampa vaticana di padre Federico Lombardi:

    “La cosa non stupisce, data la risonanza e l’attenzione vastissima dell’elezione del Papa Francesco e dell’inizio del nuovo pontificato. E’ un segno positivo che uno dei riconoscimenti più prestigiosi nell’ambito della stampa internazionale sia attribuito a chi annuncia nel mondo valori spirituali, religiosi e morali e parla efficacemente in favore della pace e di una maggiore giustizia. Quanto al Papa, per parte sua, non cerca fama e successo, perché fa il suo servizio per l’annuncio del Vangelo dell’amore di Dio per tutti. Se questo attrae donne e uomini e dà loro speranza, il Papa è contento. Se questa scelta “dell’uomo dell’anno” significa che molti hanno capito – almeno implicitamente – questo messaggio, egli certamente se ne rallegra.

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    Commissione S. Sede contro pedofilia. P. Zollner: passo importante, ma viene da lontano

    ◊   Ha destato grande interesse, e non solo in ambito ecclesiale, la decisione di Papa Francesco nei giorni scorsi di istituire una Commissione della Santa Sede contro gli abusi su minori, su proposta del Consiglio degli 8 cardinali. Per un commento su questa iniziativa, Fabio Colagrande ha intervistato padre Hans Zollner, responsabile del Centro per la protezione dell’Infanzia della Pontificia Università Gregoriana:

    R. – Questa è una decisione di grande portata e di grande importanza per tutta la Chiesa. Il fatto stesso che sia la prima decisione concreta che nasce da questa collaborazione delle Chiese locali rappresentate dai cardinali, richiesta dal Papa esplicitamente, è un segno da non sottovalutare: che il Papa e la Chiesa universale prendono molto sul serio il tema della prevenzione degli abusi sui minori e degli abusi in genere. E’ un segno molto forte all’interno e all’esterno della Chiesa: all’interno anche per tutti coloro che lavorano già da molto tempo nel campo della prevenzione degli abusi, e per coloro che non vogliono ammettere che questo sia necessario, dovuto, e che non possiamo più tardare nel trattamento di questi casi che si sono verificati, con le misure giuste per la prevenzione. Poi è un segno all’esterno, alla società, ai media, a tutti coloro che si interessano a questo campo, che veramente la Chiesa è in prima linea nella lotta contro gli abusi.

    D. – Alcuni mezzi di comunicazione hanno presentato la decisione di Papa Francesco come una decisione che giunge improvvisamente. Vogliamo chiarire, invece, in che contesto viene presa la decisione di creare questa Commissione?

    R. – Si deve dire che la Chiesa cattolica almeno dal 2000 aveva – anche visibilmente – preso molto sul serio questo lavoro, quando l’allora cardinale Ratzinger, a quell’epoca prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, affidò alla Congregazione stessa la responsabilità universale della giurisdizione penale sui casi di abuso commessi da sacerdoti o da altri membri della Chiesa sui minori. Questo interessamento viene da lontano: dal 2005, Benedetto XVI – ormai Papa - in ogni suo viaggio internazionale ha incontrato vittime di abusi e ha sostenuto e approvato ogni documento che chiarisse la legislazione interna della Chiesa (le norme di diritto canonico, le norme relative ai procedimenti) nei confronti degli abusatori. Nel 2010 e nel 2011 queste norme sono state ulteriormente precisate ed è necessario dire che queste norme della Chiesa, rispetto alla persecuzione degli abusatori, sono tra le più severe legislazioni del mondo. Per tutto il periodo in cui Joseph Ratzinger è stato prefetto della Congregazione e poi da Pontefice, Benedetto XVI si è sempre personalmente interessato a questa tematica ed ha fatto quanto in suo potere per appoggiare le numerose attività in tutto il mondo – in Brasile, in Sudafrica, nelle Filippine, dove la Chiesa cattolica è impegnata da molto tempo nell’implementazione dei programmi di prevenzione degli abusi.

    D. – La Commissione che è stata istituita dal Papa ha compiti particolari: sono stati accennati dal cardinale O’Malley, presentandola. Sono compiti molto simili a quelli del vostro Centro per la protezione dei minori. Si può ipotizzare così, in linea di massima, una importante collaborazione tra voi e questa Commissione che sta per nascere?

    R. - La lista dei compiti presentata dal cardinale O’Malley è molto lunga, molto estesa è molto impegnativa. Questo certamente supera di gran lunga le competenze e le possibilità di un Centro come quello che abbiamo fondato noi. Il nostro è un compito di formazione e di informazione: sia formazione iniziale di seminaristi e di sacerdoti, sia di formazione continua. Questo è uno dei compiti enunciati dal cardinale: la collaborazione con le autorità civili, tutto il processo di revisione dei cosiddetti “protocolli” – le linee guida delle Conferenze episcopali, degli Ordini religiosi, delle Istituzioni accademiche, educative della Chiesa cattolica … Tutto questo è molto impegnativo e certamente ci vuole una struttura di sussidiarietà: cioè, la Commissione che sarà istituita quando il Papa lo vorrà, potrà supervisionare i processi nei vari Paesi. Io immagino che soprattutto possa intervenire dove c’è una maggiore mancanza di risorse e che possa raccomandare di applicare le migliori pratiche di altri Paesi.

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    Un anno di @Pontifex. Mons. Celli: lungimirante la scelta di Benedetto XVI

    ◊   Il 12 dicembre di un anno fa, Benedetto XVI apriva il suo account Twitter @Pontifex. Un evento di portata mondiale, che sottolineò - al massimo livello - l’impegno della Chiesa nell’annuncio del Vangelo nei social network. Dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro, il testimone è stato raccolto da Papa Francesco con successo, visto che oggi @Pontifex - declinato in 9 lingue - si avvicina agli 11 milioni di follower in tutto il mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero per le Comunicazioni Sociali, di tracciare un bilancio di questo primo anno del Papa su Twitter:

    R. – Quando Papa Benedetto XVI lanciò il primo tweet, era pienamente consapevole dell’importanza di quel momento. Posso confidare che quel giorno gli dissi proprio: “Padre Santo, mentre lei lanciava il primo tweet, io pensavo a ciò che fece il suo predecessore Pio XI, quando per la prima volta alla Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio”. E il Papa mi guardò sorridendo e mi disse: “Sa che ci ho pensato anch’io?” Il che vuol dire che Papa Benedetto era pienamente consapevole dell’importanza di questa sua presenza in uno dei linguaggi, come quello di Twitter, più utilizzati, specialmente in campo giovanile. E oggi, con Papa Francesco, tutti siamo consapevoli che quella decisione, presa un anno fa, fu lungimirante, positiva. Oggi, abbiamo ormai 11 milioni di follower, ma quello che a noi più interessa è che almeno 60 milioni di persone, attraverso il "retwittaggio" ricevono una parola del Papa, questo breve messaggio, in una situazione di desertificazione spirituale, come diceva Papa Benedetto. Anche una goccia di acqua fresca, dunque, qual è un tweet - 140 caratteri - ha una sua valenza, una sua importanza.

    D. – Qual è, secondo lei, il contributo specifico che "Pontifex" sta dando allo sforzo di evangelizzazione del cosiddetto "continente digitale"?

    R. - Anche in questo continente deve risuonare la parola di Gesù. Anche perché molti dei suoi abitanti, se non trovano la Parola di Gesù in questo contesto, non la troveranno da altre parti. E credo che questa sia la sfida per tutti noi. Qui direi che dobbiamo riscoprire come ognuno di noi sia presente in questo contesto ambientale, dobbiamo assumere una dimensione missionaria che non è proselitismo. Nel contesto del "continente digitale", dobbiamo far sì che questa parola risuoni. Faccio mio un pensiero di Benedetto XVI, quando parlava delle "Reti sociali". Il Papa diceva che il problema non è di fare citazioni formali del Vangelo, ma nella Rete, in questo ambiente, devono essere presenti valutazioni e testimonianze personali. Direi quasi che i discepoli del Signore dovrebbero far presente in questa contestualità quella che è la sintesi tra la loro fede e la loro vita.

    D. - Nella Evangelii gaudium, Papa Francesco esorta a essere audaci e creativi nel linguaggio. I social network possono aiutare in questo impegno, secondo lei?

    R. – Credo che la grande sfida per noi, oggi, sia quella di annunciare il Vangelo con un linguaggio che gli uomini e le donne di oggi possano comprendere. Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica, dedica molte pagine e riflessioni al tema del linguaggio, perché il grande rischio è che addirittura il messaggio stesso possa essere travisato. Il Papa dice che potremmo annunciare un "Dio falso", con tutte le buone intenzioni che possiamo avere in cuore. Alle volte, il rischio è proprio che il linguaggio cambi il messaggio. Allora ecco qui il bisogno di poter utilizzare invece un linguaggio che gli uomini di oggi riescano a capire.

    D. – Proprio, nei giorni scorsi, parlando alla Plenaria dei laici, Papa Francesco ha detto che la presenza della Chiesa in Internet è indispensabile, perché la tecnologia non basta...

    R. – Io penso che il Papa abbia ricordato a tutti noi che oggi comunicazione non è solamente sforzo tecnologico. Credo che dobbiamo riscoprire che alla base della nostra comunicazione c’è una visione di Chiesa e Papa Francesco sta invitando tutti noi a una conversione pastorale, nel senso che siamo chiamati a dare un volto a questa Chiesa, un volto più attento, più vicino all’uomo e alla donna di oggi, che camminano per le strade difficili di questo mondo. Papa Francesco invita a dare vita a una cultura dell’incontro. Anzi, proprio il tema da lui scelto per la prossima Giornata mondiale della comunicazione è “Una comunicazione per una cultura dell’incontro”. E’ una Chiesa che va incontro all’uomo, che mostra la sua simpatia per l’uomo, che è accanto all’uomo: che non impone, ma propone, che sa dialogare rispettosamente con tutti. La sottolineatura è qui: una comunicazione che si fa incontro con l’uomo di oggi.

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    Mons. Müller: l'opera di Benedetto XVI è un incontro personale con Gesù

    ◊   Uno sguardo verso un incontro personale con Cristo alla luce della Dottrina della Chiesa. Così, ieri sera, a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha presentato l’Opera omnia di Benedetto XVI, che riunisce i tre volumi su Gesù pubblicati nel 2007, nel 2011 e nel 2012. Il servizio di Marina Tomarro

    Una vista d’insieme della vita di Cristo per rendere il suo Volto vicino a tutti, non distante. Si presentano così i tre volumi su Gesù scritti da Benedetto XVI. Il commento di mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede:

    “Gesù Cristo non è solo una persona storica, cui possiamo accedere per una ricostruzione teoretica, ma è il Cristo vivo e presente nella Chiesa, nella comunità dei credenti. Esiste un accesso, un incontro personale con Gesù Cristo vivente, nella testimonianza della sua Chiesa”.

    E il Papa emerito, nella stesura dei tre testi, da una parte da voluto delineare la figura storica di Gesù e dall’altra il dogma di Cristo. Ancora mons. Müller:

    “Gli evangelisti sono i primi testimoni della storicità di Gesù ed anche del suo significato, della sua relazione personale con Dio, suo Padre, il Creatore, il Redentore di tutto il mondo. Per questo non dobbiamo fare una sintesi esteriore dell’aspetto dogmatico e dell’aspetto storico. Nella persona di Gesù, noi, come uomini, abbiamo nell’approccio questi due aspetti, che sono solo due prospettive, ma non due realtà”.

    Papa Benedetto dà anche una nuova chiave di lettura del silenzio dei Vangeli sul periodo tra l’infanzia di Gesù e l’inizio della sua predicazione. Il commento di mons. Müller:

    “I Vangeli non sono una biografia, sono la testimonianza della realtà di Gesù. Su altri uomini sappiamo di più, uomini che hanno vissuto recentemente. Vogliamo più fonti storiche di Gesù, ma di Gesù Cristo non abbiamo una biografia, ma solo questo insieme, questa sintesi tra la testimonianza della sua vita reale, storica e della sua importanza per noi come Redentore, della sua essenza, della sua sostanza di essere il Figlio di Dio, il Verbo incarnato”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ogni giorno il giudizio finale: all'udienza generale Papa Francesco parla della vita eterna.

    In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sulla rivoluzione tranquilla da Benedetto a Francesco.

    Nell'informazione internazionale, il caos crescente in Thailandia, con l'opposizione che chiede l'arresto della premier.

    Quel tradimento che non c'è mai stato: Francesco Santi su Bonaventura da Bagnoregio nella rilettura di Claudio Leonardi.

    A me gli occhi: Giovanni Cerro rivisita magnetismo e ipnotismo nell'Ottocento italiano.

    Un registro delle cose reali: Enrico Reggiani sulle "Impressioni irlandesi" (in italiano) di Chesterton.

    Nell'articolo di Rossella Fabiani il ricordo di Adolf Kajpr, il gesuita che sfidò le ideologie.

    Un articolo di Inos Biffi dal titolo "La fanciulla incombustibile":
    Santa Lucia nella poesia di Claudel.

    Gente comune: Matteo Braconi recensisce il libro di Fabrizio Bisconti "Primi cristiani. Le storie, i monumenti, le figure".

    Jules Verne inedito: ritrovati e pubblicati sei fogli autografi nascosti nei depositi della biblioteca comunale di Nantes.

    Una casa comune per l'America: l'omaggio del cardinale Marc Ouellet alla Vergine di Guadalupe.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: la polizia sgombera i manifestanti a Kiev, critiche dalla comunità internazionale

    ◊   Forti critiche dalla comunità internazionale all’Ucraina, dopo che la polizia ha sgomberato oggi a Kiev la Piazza Indipendenza, dove erano riuniti i manifestanti filoeuropeisti che, da giorni, manifestano per il mancato accordo di associazione con l’Unione Europea. Intanto, il presidente Yanukovich sembra voler raffreddare i toni e riallacciare il dialogo con Bruxelles, ma senza irritare Mosca. Della situazione, Giancarlo La Vella ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana":

    R. – La questione dell’Ucraina non può essere risolta se non si accetta il fatto che comunque ci sia uno stretto rapporto economico, culturale, politico, storico tra l’Ucraina e Mosca. L’Ucraina dipende dalla Russia per tutti i suoi rifornimenti energetici, dipende dalla Russia per il 21, 22 per cento sia nell’export che nell’import, ha 1600 km di confine terrestre su 4600 totali con la Russia. C’è un rapporto che non può essere ignorato. Prima, i diversi protagonisti, si rendono conto di questa realtà ineludibile, e più facile sarà risolvere la questione. E’ innegabile, infatti, che l’Ucraina abbia un forte interesse comunque ad avvicinarsi all’Unione Europea.

    D. – Da parte europea è allo studio un consistente aiuto a Kiev. In questo momento di difficoltà un po’ per tutti, com’è possibile dare una cifra del genere?

    R. – Se verrà deciso questo stanziamento, significherà che la volontà politica di arrivare all’integrazione dell’Ucraina è superiore al peso dei problemi economici, che pure ci sono. Ed è realistico chiedersi se l’Unione Europea sia oggi economicamente e politicamente in grado di assumersi anche questo compito.

    D. – Yanukovich sembrava voler raffreddare anche le tensioni della piazza, proprio quando invece la polizia ha fatto irruzione nella piazza Indipendenza. Secondo te, l’entourage che sostiene il presidente sembra non essere più aderente alle posizioni del capo dello Stato?

    R. – E’ chiaro che quando si ha di fronte una protesta di piazza di quelle dimensioni è difficile prendere il provvedimento giusto. Non si può cedere per lasciare spazio agli estremismi ed anche comunque alla sola protesta, ma non si può nemmeno intervenire troppo duramente, in un caso come questo, dove comunque c’è un interesse di andare incontro all’Unione Europea. Che, quindi, l’entourage di Yanukovich sia spaccato non mi sorprende e lo trovo abbastanza naturale.

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    Centrafrica: Msf, attaccati ospedali di Bangui, milizie rispettino pazienti e operatori sanitari

    ◊   “Consentire ai feriti e ai malati di accedere in modo sicuro alle cure mediche di cui hanno bisogno”. È l’appello lanciato da Medici senza Frontiere (Msf) alle parti in conflitto in Repubblica Centrafricana. Il Paese è sconvolto da violenti scontri da quando, nel marzo scorso, i ribelli islamisti del Seleka hanno preso il potere e destituito il presidente Bozizé. In molte località si sono formati gruppi di autodifesa, che più volte hanno attaccato ribelli e civili, innescando azioni di ritorsione a catena. La società civile centrafricana chiede di disarmare “tutte le milizie presenti sul territorio”. Msf, che opera nel Paese con le proprie équipe, invoca la fine degli atti di violenza contro pazienti, civili e personale medico che lavora nelle strutture sanitarie di Bangui e di tutto il Paese: nei giorni scorsi, operatori e pazienti dell’Amitié Hospital hanno assistito a esecuzioni sommarie condotte da uomini armati “all'interno della struttura”. Ce ne parla Rosa Crestani, coordinatrice per l’emergenza in Centrafrica di Msf, raggiunta telefonicamente a Bangui da Giada Aquilino:

    R. – E’ vero, posso confermare che i centri sanitari – non solo gli ospedali, ma anche i dispensari – sono quasi tutti chiusi. All’ospedale dell’Amitié stavamo trasportando dei feriti, ma all’interno non c’era più personale e c’erano corpi fuori della struttura, tutto lo staff non voleva più lavorare perché si sentiva minacciato, essendoci attacchi nella strada di fronte. Le strutture mediche devono essere rispettate, il personale medico deve essere rispettato, i pazienti devono essere rispettati. Ma qui non è e non è stato così. E’ molto difficile lavorare in questo momento a Bangui.

    D. – Si parla di violenze commesse da uomini armati. Avete idea di chi possano essere e di quali azioni si siano resi colpevoli?

    R. – Ci sono violenze enormi, di tutti i tipi. Abbiamo ricevuto feriti da arma da fuoco, feriti da machete, persone che mentre scappavano si sono fatte male cadendo, persone con fratture, donne, bambini... Abbiamo ricevuto moltissimi casi e continuiamo ancora a riceverne. Anche ieri c’è stata un’altra giornata estremamente tesa qui in città, con molte violenze. Per esempio, in mattinata, in uno dei campi degli sfollati, quello dell’aeroporto, dove lavoriamo e dove ci sono più di 30 mila persone, abbiamo ricevuto più di 20 feriti in poco tempo. Le violenze continuano, la gente, la popolazione ha costantemente paura: solo in città ci sono più di 100mila sfollati, che dormono in campi improvvisati, un po’ dappertutto. E’ veramente difficile lavorare, ma cerchiamo di coprire i bisogni che comunque sono enormi. È per questo che chiediamo alla comunità internazionale di aumentare le risorse. Per esempio, ieri, non c’era il sole, pioveva e la gente, la notte passata, è rimasta sotto l’acqua.

    D. – Qual è la situazione generale? Ora in Centrafrica è iniziata - purtroppo con l’uccisione di due soldati francesi - la missione di Parigi, incaricata di ripristinare l’ordine e la sicurezza. E' venuto in visita anche il presidente Hollande…

    R. – In Centrafrica, in generale, la situazione rimane ancora molto, molto tesa. Ci sono ancora violenze in varie parti del Paese, senza parlare della capitale Bangui. Se parliamo di Bossangoa, di Bozoum, di Bokaranga, ci sono scontri tra gruppi armati, ci sono persone che già da mesi sono nei campi, senza supporto né alimentare né medico. Non è sicuramente ancora terminata l’emergenza e la situazione non è sotto controllo. Chiediamo che ci sia un libero accesso dappertutto per gli aiuti e per gli operatori umanitari, chiediamo il rispetto delle strutture mediche, del personale. Le bande armate che circolano, soprattutto, devono rispettare la popolazione civile, i pazienti e tutti. E chiediamo soprattutto che si faccia molto di più per questo Paese, che è un Paese completamente dimenticato da anni, un Paese troppo povero e non abbastanza sostenuto.

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    Letta: non arrendersi al caos. Scintille con i M5S. Balboni: 18 mesi per le riforme

    ◊   Letta riceve dalla Camera il primo voto di fiducia: 379 sì, 212 no, 2 astenuti. Parlando a Montecitorio, il premier ribadisce quella che dovrà essere l'azione del governo fino alla fine della legislatura, perché ora, dice, la maggioranza è "meno ampia ma più coesa". Adesso è la volta del Senato. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Enrico Letta è convinto che il 2014 dovrà essere un anno cruciale per il governo e rilancia: “Non mi arrenderò al caos e combatterò come un leone". Il premier pensa che bisogna completare la "riforma degli ammortizzatori sociali, andando verso un sistema che privilegi il lavoratore rispetto al posto di lavoro", abbattere il debito pubblico e lottare contro ogni forma di povertà rafforzando gli strumenti già presenti in fatto di inclusione sociale. Già venerdì, annuncia il premier, in Consiglio dei ministri, ci sarà un provvedimento contenente una riduzione da 600 milioni per le bollette. Tutto ciò partendo dal Mezzogiorno, perché se non si agisce il rischio è che al Sud esploda la "rabbia". In questo senso, Letta lancia una sorta di appello al Movimento cinque stelle e fa notare che "le istituzioni vanno sempre rispettate soprattutto in tempi amari come questi", nei quali "si arriva a incitare le forze dell'ordine all'insubordinazione". Scintille in aula tra pentastellati e il presidente sulla gogna per i giornalisti, propugnata da Grillo. Il comico genovese accusa il presidente del Consiglio di mentire. E poi le riforme istituzionali. Letta promette una revisione della legge elettorale in senso maggioritario, 18 mesi per fare le riforme. Consensi da tutto il Pd. Positivo anche il commento di Ncd, Scelta Civica, che però chiedono un salto di qualità. Critici Fi, Cinque Stelle, Fratelli d’Italia, Sel. La legge elettorale è stato uno dei punti fondamentali del discorso di Letta. L'opinine del costituzionalista dell’Università Cattolica di Milano, Enzo Balboni:

    R. - Devono essere congiunti e coniugati insieme rappresentatività, il che vuole dire una certa quota di proporzionale deve esserci, e governabilità, il che deve consentire di avere la possibilità di sapere chi governerà alla fine della giornata elettorale. Il mix è lasciato un po’ alle situazioni: in Europa, abbiamo sia prevalenze di maggioritario, sia una presenza forte di proporzionale, come in Germania. Quindi, questa è una tipica scelta politica di fronte alla quale solo gli elettori sono sovrani.

    D. - Letta ha parlato di 18 mesi per fare le riforme istituzionali. Secondo lei, è un tempo congruo?

    R. - Con una battuta posso dire che si è allungato la vita di altri sei mesi: nel senso che il primo periodo, quello che avrebbe dovuto utilizzare di questa corsia preferenziale con l'articolo 138 - riguardante la revisione della Costituzione - accorciato è caduto proprio in questi giorni per il fatto che è cambiata la maggioranza. I 18 mesi sono necessari, perché adesso la modifica della Costituzione, bicameralismo non più perfetto e paritario - e altre cose, come la diminuzione del numero dei parlamentari - dovranno essere fatte con la procedura ordinaria, cioè con il 138 ancora vigente, e il tempo ragionevolmente minimo perché ciò accada va dai 12 ai 18 mesi. Quindi, il suo disegno è quello.

    D. - Però, Letta non ha parlato di monocameralismo: lei, in qualche modo, è sorpreso? Insomma c’è chi spinge affinché l’Italia sia abbia una forma di bicameralismo perfetto?

    R. - No, no! Dunque il monocameralismo è inconcepibile, anche quando Renzi - il nuovo segretario del Partito Democratico - dice: “Eliminare il Senato!” dice una cosa proprio per il basso volgo, perché il Senato non lo puoi eliminare. In tutto il mondo c’è un sistema bicamerale. Non c’è un sistema in cui la seconda Camera abbia gli stessi identici poteri e procedimenti della prima. Quindi, bisognerà intervenire a modificare le competenze, le attribuzioni, il modo di elezione o il modo di scelta della seconda camera, delle regioni e delle autonomie, ma questa ci deve essere. E credo che nemmeno Renzi abbia in mente di cancellarla.

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    Terzo giorno di proteste dei "forconi". Mons. Miglio: disagio e rabbia che vanno ascoltati

    ◊   Prosegue anche oggi la protesta dei "forconi", con blocchi e presidi in diverse città italiane. A Roma nessun corteo, ma è continuato il presidio del movimento in Piazza dei Partigiani, in attesa di organizzare una nuova manifestazione la prossima settimana. Intanto, sono state depositate alcune denunce nei confronti del leader del M5S, Grillo, per il reato di istigazione delle forze di polizia alla disobbedienza. Da parte sua, il ministro dell’Interno, Alfano, ha assicurato: "Faremo di tutto per assicurare la manifestazione pacifica di chi vuole protestare, ma metteremo tutta la forza dello Stato contro i violenti". Molti ancora gli slogan, da quelli con invettive nei confronti del governo e della politica, alle proteste per le tasse eccessive e la disoccupazione in crescita, ma anche contro i giornalisti, la Chiesa che non pagherebbe l’Imu, gli uscieri di Montecitorio che guadagnano troppo… Segnali di disagio, dunque, ma anche di rabbia. Adriana Masotti ha chiesto a mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, come legga ciò che sta accadendo in questi giorni:

    R. - Penso che ci troviamo di fronte ad una situazione sociale molto grave! Forse, abbiamo un po’ sottovalutato i tempi… Prima o poi, sarebbe esplosa questa situazione. E’ molto grave perché - come vediamo anche dalla composizione del mondo di chi protesta, che è molto vario - convergono povertà e disagi di vario tipo. Si lamentano lentezze. Per quanto riguarda la Chiesa siamo tutti fortemente impegnati sul fronte delle Caritas, un po’ in tutta Italia. Lo sforzo è enorme attraverso le Caritas e attraverso il volontariato, penso che questo vada tenuto presente. In generale, è vero che c’è bisogno di risposte ponderate di fronte a una protesta così composita, ma ponderate non vuole dire lente. C’è bisogno di risposte veloci, a cominciare proprio dagli apparati burocratici: i tempi per avere un’autorizzazione, ad esempio. Equitalia è veloce, certo... E questo lo lamentano in molti. Di fronte invece alla giustizia, penso ai fallimenti, davvero i tempi sono al di là della sopportazione. Perché? Perché la crisi ci ha portato in una situazione davvero molto tesa.

    D. - Vede quindi in queste persone che manifestano nelle piazze una rappresentanza, diciamo, di sentimenti comuni, vissuti e sentiti dal popolo italiano, dai cittadini in generale? Vede anche qualche pericolo?

    R. - Direi proprio di sì! Certo, i pericoli della violenza ci sono sempre: le infiltrazioni non sono un mistero… Ma certamente, il mondo di sofferenze che converge in questa protesta mi pare molto grave e molto vasto e come forse non vedevamo da tempo, perché è una protesta che coinvolge - e questa mi pare un po’ la novità - tanti ambiti, tanti strati di popolazione, tanti tipi di attività. Capisco anche la rabbia dei commercianti, costretti a chiudere il loro esercizio. Al di là dei pericoli che ci sono - di violenze, di infiltrazioni - mi pare che però debba prevalere una considerazione attenta, perché sono povertà reali e sono situazioni che si allargano sempre di più.

    D. - Anche negli ultimi giorni c’è stato un altro suicidio di un imprenditore proprio in Sardegna…

    R. - Sì. Certamente, l’alluvione è stato il colpo di grazia, perché è venuta a cadere su una situazione già compromessa e quindi la disperazione prende il sopravvento. Proprio a proposito dei danni dell’alluvione, si comincia a temere che i tempi si allunghino troppo. Come vescovi della Sardegna, ci siamo impegnati a essere vigilanti. Una Regione, con i problemi che abbiamo noi, non ce la fa a sopportare dei tempi così lunghi. Vorrei dire ancora una parola sull’importanza di raccogliere il messaggio di Papa Francesco. E’ stato qui a Cagliari, a settembre, e ho ancora nelle orecchie le parole che lui ha detto parlando al mondo universitario, invitando ad ascoltare la "musica dei giovani". La musica dei giovani ha un altro ritmo, ha ritmi più veloci. E c’è un paragrafo dell’Evangelii Gaudium, dove il Papa auspica che davvero la politica, tanto denigrata, venga riscoperta come una vocazione altissima. Di fronte, alle questioni concrete che la protesta dei “forconi” mette davanti a tutto il Paese, questo invito a prendere sul serio la politica e a fare spazio anche ai giovani in politica, mi pare altrettanto concreto e urgente. L’antipolitica porta a disgregare, a distruggere: c’è bisogno di parlare bene della politica. Non si può denigrarla!

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    Giornata della montagna: tutelarla è chiave per la "green economy" mondiale

    ◊   “Montagna, chiave della green economy mondiale”. Questo il tema proposto dalla Fao per l’odierna giornata internazionale della montagna. Al centro della riflessione, il ruolo cruciale delle regioni montane nello sviluppo di un modello globale di produzione sostenibile. Sulla ricchezza del patrimonio naturale dell’Italia e sulle prospettive dell’economia verde, Antonella Pilia ha intervistato Gianvito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi:

    R. – L’Italia ha una grandissima ricchezza, una grandissima risorsa che, sotto tantissimi aspetti, è il suo territorio. La montagna rappresenta uno di questi aspetti, anzi forse è tra quelli di maggiore importanza paesaggistica. Ma, all’interno delle nostre montagne, ci sono anche i nostri bacini entro cui si raccolgono le acque minerali che beviamo. I geoparchi, poi, sono delle vaste aree che hanno una valenza principalmente geologica, ma non soltanto. Infatti, all’interno di tutti i geoparchi – in Italia ne abbiamo ben nove – ci sono sempre le montagne: dal Geoparco dell’Adamello-Brenta fino ad arrivare in Sicilia, dove ci sono due geoparchi, quello delle Madonie e di Rocca di Cerere. Ma potremmo ricordare anche i Massicci Centrali della Sardegna, tutto l’arco alpino, l’arco calabro… Insomma, abbiamo delle grandissime risorse ma non sappiamo sfruttarle a pieno, mentre nel resto d’Europa, con molto meno, fanno grandi cose.

    D. – Questo enorme patrimonio collettivo dovrebbe essere rispettato e protetto, mentre si assiste al degrado dei sistemi montani; penso al disboscamento, agli incendi, all’incuria dell’uomo, che provocano frane e altri disastri ambientali. Se non si pone un freno a questo dissesto idreogeologico, a quali rischi andremo incontro?

    R. – Il rischio più grande è quello della manutenzione del reticolo fluviale, che nasce materialmente nelle nostre montagne e colline e poi scende giù a valle a formare quelli che sono i grandi fiumi. Ecco, noi abbiamo bisogno di intervenire soprattutto lì, perché da troppo tempo non facciamo più la manutenzione, anche quella ordinaria. E una manutenzione inesistente, accompagnata da disboscamento e incendi, ma soprattutto dall’abbandono delle campagne – che sono un patrimonio anche sotto il profilo agricolo e quindi economico – porta ad avere i problemi di dissesto che abbiamo. Allora, cominciamo a fare manutenzione e poi creaimo anche il presidio di questi territori, perché occorre che qualcuno, comunque, li controlli e faccia si che chi deve poi agire sia informato su dove e come farlo.

    D. – Quali sono, secondo lei, le cause di questo mancato rispetto per la montagna?

    R. – Non è sempre frutto di poca attenzione o, peggio ancora, di un non voler bene alla montagna. A volte, semplicemente, manca la consapevolezza delle azioni che si compiono. Quindi, una maggiore informazione dovrebbe essere foriera di attività che siano poi sostenibili rispetto alle necessità di una montagna.

    D. – Secondo lei, il modello di produzione sostenibile delle regioni montane può muovere il mondo verso un’economia più verde?

    R. – Assolutamente sì. Stiamo parlando anche di zone lontane dalle grandi città e quindi lontane dal mondo dell’industria, ma che attraverso forme di turismo o altri tipi di sviluppo hanno dato una prospettiva economica, seppure limitata, a queste comunità. Credo che, ad esempio, attraverso il recupero delle biomasse – una delle grandi novità in cui però, purtroppo, in Italia siamo ancora indietro – o anche altre forme di economia verde come il rimboschimento, si possano anche rilanciare attività economiche, che magari sono depresse, proprio perché lontane rispetto all’economia principale, che in Italia è quella dell’industria. Insomma, credo che quella della green economy sia un’opportunità da sfruttare.

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    Radio Vaticana, inaugurata Mostra fotografica “Why poverty?”

    ◊   Sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della povertà e delle sue cause. E’ l’obiettivo della mostra fotografica “Why poverty?”, visitabile nella sede della nostra emittente fino a sabato prossimo e presentata oggi. Ad illustrare questa iniziativa sono stati padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana e Claudio Cappon, vicepresidente dell’Ebu, associazione che riunisce le emittenti del servizio pubblico radio-televisivo del bacino Euro Mediterraneo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Gli scatti, oltre 30 accompagnati dalle didascalie tratte da testi di vari Pontefici, hanno come sfondo Paesi profondamente diversi. Cambiano i luoghi, i tratti somatici delle persone ma non gli sguardi segnati dalla povertà e dalla fame. Le fotografie sono ritratti di un’allarmante realtà, acuita oggi anche dalla crisi, che non dovrebbe lasciare indifferenti. Sono immagini intense ed eloquenti: l’espressione triste di bambini denutriti, un letto di fortuna preparato con cura accanto ad un binario, un carretto carico di scarti altrui, lo sguardo rassegnato di una donna che scruta un piatto ormai vuoto, un carrello usato come armadio da un senzatetto per riporre vestiti e coperte, il dito di una bambina affamata che indica alla madre una busta ricolma di cibo. Sono fotografie che interpellano il cuore di ogni uomo ricordando i confini oltre i quali la povertà diventa un tragico divieto alla vita.

    L’immagine di un bambino povero, ma fiero del suo quaderno, è affiancata dalla frase tratta dalla lettera apostolica Novo Millennio Ineunte di Giovanni Paolo II: “Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro”. Il viso perplesso di un bambino vestito con abiti logori accompagna la frase pronunciata da Benedetto XVI nel discorso rivolto alla Fao il 16 novembre del 2009: “La fame è il segno più crudele e concreto della povertà”. La didascalia che affianca l’immagine con un bambino disteso tra i rifiuti è tratta dal discorso di Papa Francesco per la preghiera mariana in occasione dell’Anno della Fede (12 ottobre 2013): “Credere in Gesù significa offrirgli le nostre mani per accarezzare i piccoli e i poveri”. La mostra è dunque “un invito alla riflessione, ad un esame di coscienza collettivo, a compiere un esercizio di spiritualità accompagnati dalle didascalie tratte da testi di Romani Pontefici”. Padre Federico Lombardi:

    “Scatti veramente originali e preziosi. E tra l’altro, è ovvio per noi mettere in rilievo come una tematica di questo genere sia non solo - purtroppo sempre - di estrema attualità, ma anche attuale per l’impegno della Chiesa, dei Papi che hanno parlato continuamente di povertà, di fame. E quindi, anche nella prospettiva di questo Pontificato che parla tanto dei poveri, della solidarietà con i poveri, della lotta contro la povertà sentiamo che abbiamo messo in cammino qualche cosa che dobbiamo continuare”.

    La mostra è una rassegna di immagini contro la povertà, sulla scia della giornata “Why Poverty?”, lanciata alla fine del 2012 dall’Ebu, associazione di cui la Radio Vaticana è tra i membri fondatori. Claudio Cappon, vicepresidente dell’Ebu:

    “Riteniamo che il futuro di questo nostro mondo sia sempre più collegato alla legittimazione presso i cittadini, presso chi ci ascolta, presso le comunità a cui ci rivolgiamo; una legittimazione che non è solo giuridica ma che è, in qualche modo, anche morale e sostanziale. Quindi in questo contesto negli ultimi anni abbiamo sviluppato delle iniziative; la prima è stata, in modo significativo, l’approvazione di una carta dei valori. In questo contesto ogni anno si è deciso di fare alcune iniziative simbolo; tra queste, 'Why Poverty?' È stata una delle prime”.

    La Radio Vaticana si unisce al prezioso impegno di sensibilizzazione sul tema della povertà grazie anche alla collaborazione con “Prospettiva8”, associazione senza fine di lucro dedita alla divulgazione della cultura fotografica. Paola Casali, fondatrice di “Prospettiva8”:

    “Non amiamo fotografare la povertà; non ci piace, anzi, spesso evitiamo di farlo. Ognuno di noi ha delle foto nel proprio repertorio; c’è chi le ha fatte appositamente. Però la motivazione più forte ci è venuta proprio dalle parole di Papa Francesco che sentiamo tutti profondamente. La povertà è un problema di tutti, non è un problema di pochi. È un problema nostro. Ognuno di noi può fare qualcosa per risolverlo. Questo è stato il nostro piccolo contributo che non si fermerà qui; andremo avanti e faremo dell’altro”.

    Sono oltre un miliardo le persone che nel mondo soffrono la fame, uno dei ‘volti’ più drammatici della povertà. E’ uno “scandalo mondiale”, come ha ricordato anche oggi Papa Francesco, che richiede l’impegno di tutti.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India. Fermato dalla polizia l’arcivescovo di Delhi: marciava per i diritti dei dalit

    ◊   Mons. Anil Couto, arcivescovo cattolico di Delhi, è stato fermato oggi dalla polizia di Delhi insieme ad altri vescovi cristiani e leader di altre confessioni. Lo conferma all’agenzia Fides padre Joseph Chinnayyan, vice segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale dell’India. L’arcivescovo stava partecipando, insieme ad altri leader e a molti fedeli laici delle Chiese cristiane, a una marcia pacifica di protesta in favore dei diritti dei dalit. I manifestanti erano arrivati nell’area di Jantar Mantar e si dirigevano verso il Parlamento indiano. Come appreso da Fides, la polizia ha caricato e percosso con violenza i manifestanti, arrestandone un buon numero. Fra i fermati, l’arcivescovo Anil Couto, i vescovi cristiani protestanti Alwan Masih, Roger Gaikwad, e Vijayesh Lal, leader della “Evangelical Fellowship of India”, nonché il cattolico John Dayal, Segretario generale della “All India Christian Council”. Secondo padre Chinnayyan, i vescovi chiedono che una delegazione dei manifestanti sia ricevuta dal governo e in Parlamento, che è riunito in sessione assembleare. I leader cristiani “verranno rilasciati entro la serata di oggi”, aggiunge il portavoce. Una denuncia è stata comunque presentata contro la polizia di Delhi per aver aggredito e percosso suore e preti cattolici. La marcia chiedeva l’abrogazione del decreto presidenziale del 1950 che legalizza la discriminazione, negando pari diritti a cristiani e musulmani di origine dalit. La discriminazione è stata estesa ai sikh nel 1956 e ai buddisti nel 1982. Le minoranze religiose indiane reputano tale provvedimento “totalmente incostituzionale”, “ma i governi che si sono succeduti hanno fatto orecchi da mercante” ha detto mons. Anil Couto. Anche in passato vi erano state proteste pacifiche, ma oggi la polizia “ha agito brutalmente sui manifestanti indifesi”, dicono i cristiani. In una nota inviata a Fides, il “Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic )” si dice “scioccato e costernato per l'arresto provocatorio di vescovi e altri leader”. Il Consiglio ricorda un precedente: già il 2 novembre 1997, alcuni vescovi furono arrestati per aver difeso i dalit. Alcuni leder politici come Jayalalitha, primo ministro del Tamil Nadu, ha fortemente sostenuto la domanda di dalit cristiani e musulmani affermando che “la questione non può tollerare ulteriori ritardi” e che “dovrebbe essere portata in Parlamento”. (R.P.)

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    India. Corte Suprema: omosessualità è un reato. Il card. Gracias: i gay non sono criminali

    ◊   La Corte suprema dell'India ha ripristinato la legge che vieta l'omosessualità in quanto "reato contro natura". Il primo tribunale del Paese ribalta così una sentenza pronunciata nel 2009 dall'Alta corte di Delhi, che aveva decriminalizzato gli atti omosessuali. Immediate le reazioni da parte di attivisti per i diritti gay, secondo i quali le associazioni religiose islamiche, cristiane e indù avrebbero fatto pressioni per reintrodurre la norma. Tuttavia, all'agenzia AsiaNews il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana, sottolinea che "la Chiesa cattolica non è mai stata contraria alla decriminalizzazione dell'omosessualità, perché non abbiamo mai considerato i gay dei criminali". Il 2 luglio del 2009 l'Alta corte di Delhi aveva sconfessato la sez. 377 (reati contro natura) del Codice penale indiano - una legge risalente al periodo coloniale britannico - stabilendo che il sesso che avviene nella sfera privata tra due adulti consenzienti non era un reato. Fino ad allora, due omosessuali potevano essere condannati a 10 anni di prigione, o al carcere a vita in casi ritenuti di particolare gravità. A riaprire la questione è stato BP Singhal, anziano leader del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù), che ha presentato ricorso alla Corte suprema contro il verdetto, dichiarando che "simili atti sono illegali, immorali e contrari all'ethos della cultura indiana". "In quanto cristiani - ribadisce il card. Gracias ad AsiaNews - esprimiamo il nostro pieno rispetto agli omosessuali. La Chiesa cattolica si oppone alla legalizzazione dei matrimoni gay, ma insegna che gli omosessuali hanno la stessa dignità di ogni essere umano e condanna ogni forma di ingiusta discriminazione, persecuzione o abuso". (R.P.)

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    Ucraina: Messa dei vescovi greco-cattolici in piazza Maidan tra i manifestanti

    ◊   È stata celebrata questa mattina una Santa Messa in piazza Maidan a Kiev tra i manifestanti, al termine della quale è stato letto un appello di supporto e solidarietà con quanti si trovano in piazza a manifestare. A celebrare la Messa sono stati i vescovi della Chiesa ucraina greco-cattolica riuniti in questi giorni nel Sinodo permanente. A raccontarlo all'agenzia Sir è mons. Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. La Chiesa - dice l’arcivescovo - ha scelto di stare “con il popolo” e in questi giorni di manifestazioni ha deciso di lasciare aperte 24 ore su 24 le chiese della città di Kiev dove è in atto una vera e propria gara di solidarietà con offerta di rifugio e pasti caldi in un periodo dell’anno dove le temperature scendono anche a 9 gradi sotto zero. In piazza tra i manifestanti ci sono anche preti ed è stata adibita in una tenda da campo una cappella con altare, crocifisso e icone. È stato poi il vescovo Bohdan Dzhiurakh, segretario del Sinodo permanente, a leggere ai manifestanti un appello. I vescovi del Sinodo esprimono la loro costernazione riguardo alle azioni di violenza perpetrate sui manifestanti dalle forze di polizia e dai militari in piazza dell’Indipendenza questa notte. “Siamo profondamente turbati - scrivono nell’appello - dalle azioni delle forze di sicurezza dello Stato sulla piazza Maidan nel cuore di Kiev condotte sotto la copertura della notte. Noi condanniamo ogni azione diretta a limitare le libertà civili, in particolare la libertà di espressione e la pacifica manifestazione civile dei cittadini ucraini. Dichiariamo il nostro sostegno e la nostra solidarietà a tutti coloro che in piazza Maidan stanno manifestando con dignità e stanno testimoniando la dignità dei loro concittadini e di tutta la nazione. Sosteniamo con forza il carattere pacifico di questa riunione civile e dichiariamo il nostro rifiuto di qualsiasi tipo di violenza. Preghiamo Dio Onnipotente perché ci dia la pace e la giustizia e perché trionfi la verità per il nostro popolo. In questo momento di grande prova, le parole di Gesù Cristo, che sono state proclamate in tutte le nostre chiese domenica scorsa ci danno incoraggiamento: "Non temere, soltanto abbi fede ed ella sarà salvata (Lc 8,50)’”. (R.P.)

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    Centrafrica: appello dei vescovi al dialogo e alla pace

    ◊   “Noi, vescovi del Centrafrica, condanniamo ogni tentativo di recupero politico che mira a mettere i centrafricani gli uni contro gli altri sotto il pretesto di appartenenze religiose”: è quanto scrivono in un messaggio, i presuli della Conferenza episcopale centrafricana (Ceca) preoccupati della situazione che sta vivendo la città di Bangui, attaccata giovedì scorso da gruppi di autodifesa anti-balaka (milizie locali di autodifesa con una forte componente cristiana), e del fatto che tali gruppi vengano associati ai cristiani. Il Centrafrica, dopo il colpo di stato del marzo scorso che ha deposto il presidente François Bozize, è teatro di scontri tra forze fedeli al deposto Capo dello Stato e ribelli della Seleka (formazione armata eterogenea con presenze islamiche). “Gli anti-balaka – precisano i vescovi – sono espressione dell’esasperazione di una parte della popolazione di fronte alle numerose vessazioni commesse dai ribelli della Seleka. Ma ogni volta – aggiungono – ribadiamo che non tutti gli anti-balaka sono cristiani e che non tutti i cristiani sono anti-balaka. Lo stesso è da dirsi per gli ex-seleka e i musulmani”. Nel messaggio anche la condanna delle estorsioni da parte dei gruppi armati, così come della distruzione e profanazione della moschea nella settima circoscrizione di Bangui. Stessa condanna per l’irruzione di ex-seleka nella parrocchia Notre-Dame d’Afrique dove è stato ferito un parrocchiano ed il presbiterio è stato saccheggiato. Esprimendo disappunto per il ricorso eccessivo e sproporzionato alla forza, i vescovi affermano che “per un ritorno effettivo alla pace le violenze e i conflitti interreligiosi sono in contraddizione con quanto professiamo nella fede”. “Oggi occorre promuovere anzitutto il dialogo interreligioso– sostengono i presuli – al fine di trasformare nel nostro Paese la dinamica di violenza e guerra in una dinamica di pace e solidarietà”. E non manca l’esortazione a promuovere la tolleranza e il perdono, oltre alla richiesta che si proceda alla smobilitazione, al disarmo e al rimpatrio dei mercenari ciadiani e sudanesi. “Raccomandiamo il ristabilimento urgente di un’armata repubblicana”, terminano i vescovi che chiedono sicurezza nel territorio nazionale, il ristabilimento di uno Stato di diritto e la lotta contro l’impunità. “Insieme – concludono – cerchiamo la pace per ricostruire il nostro bel Paese”. (T.C.)

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    Siria. Patriarcato greco-ortodosso: nessuna notizia delle 13 suore di Maaloula, video inaffidabili

    ◊   Restano nelle mani del gruppo islamista Ahrar al-Qalamoun le 13 suore greco-ortodosse sequestrate lo scorso 2 dicembre a Maalula insieme ad alcune giovani orfane. Dopo il video diffuso lo scorso 6 dicembre da al-Jazeera nessuno ha più trasmesso notizie riguardo alle religiose, nonostante le illazioni su una loro possibile liberazione già lo scorso 9 dicembre. Contattato dall'agenzia AsiaNews, il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia afferma di "non avere alcuna novità sulla condizione delle suore e delle tre giovani orfane di Maaloula". L'ultimo contatto diretto è stata la breve telefonata al patriarca di antiochia Youhanna X avvenuta pochi giorni dopo il sequestro. "Da allora - sottolinea una fonte del Patriarcato - nessuno si è messo in contatto con noi e gran parte delle novità le leggiamo su internet come il resto del mondo. Abbiamo visto il video diffuso da al-Jazeera, ma non abbiamo conferme dirette né sulla reale condizione delle suore, né sulle ragioni del loro sequestro e pensiamo che il filmato sul web non sia affidabile e siano necessarie ulteriori verifiche". Nel video le suore di Maaloula apparivano in buona salute e negavano di essere state rapite, ma solo messe al sicuro. Le donne sono state riprese con indosso i loro abiti religiosi, ma senza il tradizionale crocifisso. In queste ore sono in corso nella regione Qalamoun aspri combattimenti fra esercito e ribelli islamisti. L'area di cui fa parte il piccolo villaggio di Yabrud è situata a circa 50 km chilometri a nord ovest di Damasco ed è una delle più importanti roccaforti ribelli. Nella zona montagnosa al confine con il Libano vi sono diversi villaggi a maggioranza cristiana come Sadad e Hofar caduti nei mesi scorsi nelle mani degli estremisti islamici. Lunedì l'esercito ha riconquistato Nabak , Deir Attiya e Qara. Fonti di AsiaNews fanno notare che i ribelli che combattono contro Assad appartengono a varie fazioni: ognuna sfrutta i sequestri per vari fini. Alcuni gruppi, come nel caso degli autori del sequestro delle suore di Maaloula, tentano di smarcarsi dalle frange estremiste più violente e fanno passare i rapimenti come "azioni umanitarie volte alle protezione dei civili". Le più intransigenti e violente usano gli ostaggi come scudi umani e come merce di scambio nelle trattative con l'esercito di Assad. L'ultimo caso riguarda due giornalisti spagnoli, Javier Espinosa (El Mundo) e Ricardo Garcia (fotografo freelance), scomparsi il 16 settembre nella provincia di Raqqa (confine turco), che sarebbero da mesi nelle mani dei miliziani dello Stato islamico dell'Iraq e del levante. I due si trovavano in Siria proprio per documentare gli aspetti positivi della ribellione contro Assad. Secondo El Mundo - che in questi mesi ha taciuto la notizia per trattare con i sequestratori - i due giornalisti sono stati rapiti insieme a quattro combattenti dell'Esercito libero siriano. I miliziani sono stati liberati dopo 12 giorni, ma non i due spagnoli. Oggi Monica Prieto, moglie di Javier Espinosa, ha lanciato un appello ai rapitori: "Javier e Ricardo non sono vostri nemici. Per favore onorate la rivoluzione che essi hanno protetto e liberateli". In mano a gruppi di sequestratori, non ancora identificati, vi sono anche diversi attivisti siriani anti-Assad. Ieri l'Osservatorio siriano per i diritti umani ha annunciato la scomparsa di Razan Zaytouna, vincitrice del premio Anna Politkovskaya 2011. La donna è stata rapita nel sobborgo di Douma a est di Damasco insieme ad altri attivisti da alcuni uomini armati. Essi hanno fatto irruzione nella sede del Centro per la documentazione delle violazioni sui diritti umani legato alla ribellione. La Zaytouna aveva confessato di aver ricevuto minacce di morte da gruppi estremisti islamici. (R.P.)

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    Argentina. La Chiesa: guarire le ferite della popolazione dopo i saccheggi

    ◊   Finito lo sciopero dei poliziotti, numerose città argentine, in balia di vandali e saccheggiatori per giorni, restano in ginocchio. Per mettere fine alle proteste della polizia, le province hanno concesso un aumento di quasi il 50% dello stipendio base dei poliziotti che ora è di 8.500 pesos mensili (circa 1.350 dollari). Il vescovo di Concordia, mons. Luis Armando Collazuol, che aveva partecipato ai negoziati fra il governo ed i rappresentanti della polizia, indica adesso il nuovo compito della Chiesa: “Andare a guarire le ferite lasciate nella popolazione". La Conferenza episcopale argentina aveva lanciato un appello ai poliziotti in sciopero in diverse regioni del Paese, invitandoli a promuovere le loro rivendicazioni salariali “attraverso un dialogo onesto”. Il presidente della Conferenza episcopale argentina, mons. José Maria Arancedo, arcivescovo di Santa Fe, ha sottolineato che “lo sciopero della polizia ha creato situazioni di abbandono all’insicurezza di intere città”. Mons. Collazuol ha anche spiegato che: “Benché ci sia gente che ha bisogno, i saccheggi non erano per fame, non rubavano cibo, ma elettrodomestici". È intervenuto anche il vescovo di Jujuy, mons. Cesar Daniel Fernandez, ascoltato dall’agenzia Fides, che ha riferito che “a Jujuy ci sono stati anche dei morti a causa dei saccheggi, ma in città sta tornando lentamente la calma”. (F.P.)

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    Filippine. Sale il bilancio delle vittime di Haiyan, quasi seimila i morti

    ◊   A poco più di un mese dall’arrivo del super-tifone Haiyan sulle isole centrali dell’arcipelago filippino l’8 novembre, le autorità hanno diffuso le nuove cifre ufficiali che portano a 5.924 i morti (2.321 nella sola città di Tacloban, sull’isola di Leyte, la più colpita) e a 1.779 i dispersi. Cifre però contestate dalle organizzazioni di soccorso. Se le autorità ammettono che con il recedere delle acque e lo sgombero delle macerie molti corpi stanno entrando solo ora nella conta delle vittime, a falsare il risultato finale è la burocrazia. Secondo le stime basate sulle testimonianze locali - riferisce l'agenzia Misna - i dispersi sarebbero almeno 8.000, ma in maggioranza non sono ancora entrati nell’ufficialità causa le procedure richieste. Non solo. Non si sa con esattezza quanti cadaveri siano stati sepolti precariamente nella fase dell’emergenza per evitare lo svilupparsi di forme di contagio e neppure quanti di questi rientrino ora nel numero dei dispersi. A complicare le cose, la difficoltà di reperire i fondi disponibili per l’atto pietoso di fornire ai defunti una sepoltura, in molti casi con la riesumazione dalle fosse comuni e il riconoscimento formale dell’identità. Si calcola che nella sola Tacloban, potrebbero occorrere da 450.000 a 700.000 dollari, escluso il costo dei terreni. Superata la fase della prima emergenza, le Filippine fanno i conti con i costi della catastrofe, di ampiezza tale da influenzare le prospettive dell’intera regione sud-est asiatica. L’Asian Development Bank (Adb) ha oggi ridotto le stime di crescita dell’area, sia per i disordini in corso in Thailandia, seconda economia del Sud-Est asiatico, ma soprattutto per i danni dovuti a Haiyan. Come conseguenza, l’economia regionale rallenterà di almeno 0,1 punti percentuali, al 4,8% di quest’anno e al 5,2% del 2014. “L’impatto devastante del tifone Haiyan sta rallentando la crescita delle Filippine nel 2013, ma la ricostruzione dovrebbe spingere al rialzo l’economia nel 2014”, valuta Adb. (R.P.)

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    Burundi: i vescovi raccomandano “saggezza e concertazione” per la revisione della Costituzione

    ◊   I vescovi del Burundi chiedono alle forze politiche dialogo e confronto nell’opera di revisione della Costituzione nel Paese per “non compromettere il processo di pace e di riconciliazione”. In particolare, durante la sessione ordinaria della Conferenza episcopale, hanno indicato alcuni articoli che – a loro avviso - non andrebbero modificati, come il principio delle quote etniche nella spartizione del potere, previsto dagli “Accordi di Arusha”, che hanno posto fine a un decennio di guerra civile. “Queste disposizioni e altre simili sono ancora necessarie - scrivono i vescovi in un messaggio - perché i problemi per i quali offrono soluzioni, come la monopolizzazione del potere da parte di un gruppo, l’esclusione in base all’appartenenza politica o etnica, il rispetto dei mandati politici, non sono stati completamente risolti”. In particolare, la Conferenza episcopale ritiene che l’attuale clima politico surriscaldato non favorisce un dialogo sereno sulle questioni importanti e sensibili. Motivo per il quale, secondo i vescovi, “sarebbe saggio rivedere solo quelle disposizioni necessarie per migliorare la legge elettorale e per permettere l’adesione del Paese alla Comunità dell’Africa dell’Est”. (F.P.)


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    Marocco: il vescovo di Tangeri difende l'integrità dei migranti nelle enclave spagnole

    ◊   “Il filo spinato con lame sulle recinzioni di Ceuta e Melilla, è un attacco alla integrità fisica dei migranti: quelle lame tagliano, feriscono, mutilano, e sono in contrasto con il dovere che tutti noi abbiamo di rispettare i diritti di uomini, donne e bambini africani nel loro cammino verso i Paesi d'Europa” denuncia mons. Santiago Agrelo Martinez, vescovo di Tangeri in una lettera inviata al Ministro degli Interni della Spagna, Jorge Fernández, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, che si è celebrata ieri. A novembre il governo spagnolo ha deciso di reintrodurre il filo spinato con lame nella barriera che divide il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, eliminate nel 2007 per i profondi tagli che causavano alle mani e alle gambe dei migranti che cercavano di saltare la doppia barriera di ferro della frontiera. Dopo le proteste di organizzazioni non governative spagnole e internazionali, erano state sostituite con una terza barriera di metallo. “Resta inteso - scrive il vescovo - che un governo deve garantire un'adeguata sicurezza dei cittadini nel territorio della nazione. Ma la sua legittimità svanisce, se per far questo si usano mezzi che privano gli altri del diritto fondamentale alla salute, al benessere, al cibo, all’abbigliamento, all’alloggio, alle cure mediche, ai servizi sociali. Le lame causano solo dolore e morte” conclude mons. Agrelo Martinez, chiedendo lo smantellamento delle reti di filo spinato con lame. (R.P.)

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    Isole Fiji. Mons. Chong: vogliamo il rispetto della libertà religiosa e non uno Stato cristiano

    ◊   Assicura che non ci sarà nessuna ingerenza da parte della Chiesa nell’attività dello Stato, ma chiede libertà di espressione. L’arcivescovo di Suva, mons. Peter Loy Chong, interviene nel dibattito sulla Carta costituzionale, adottata dalle Fiji nel settembre 2013, e sottolinea la necessità che venga rispettata la libertà religiosa. “Non abbiamo mai detto di volere uno Stato cristiano – ha dichiarato all’agenzia Fides -. Tuttavia siamo preoccupati se uno Stato laicista vuole ridurre la fede a un fatto individualistico”. L’arcivescovo spiega che la visione della Chiesa è quella di “uno Stato laico che sia rispettoso delle fedi religiose presenti nella società”. Al centro dell’attenzione è la sezione 22 della Carta, che stabilisce che “ogni persona ha diritto alla libertà di religione, di coscienza e di credo”, ma separa lo Stato dalla religione. In pratica, chi detiene cariche pubbliche deve trattare tutte le religioni allo stesso modo, ma “i preti e i vescovi non sono autorizzati a prendere parte attiva alla politica”, ha spiegato mons. Chong. Anche se la Chiesa ha un ruolo profetico da svolgere, indicando principi e orientamenti, “per aiutare i suoi membri e tutti gli uomini di buona volontà a prendere decisioni per il bene comune”. (F.P.)


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    Il card. Schonborn a Milano: "La questione della missione è urgente"

    ◊   Un duomo gremito dalla folla ha accolto ieri sera il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, invitato dal cardinale di Milano, Angelo Scola, per uno scambio di esperienze sull’evangelizzazione - riporta l'agenzia Sir - di una grande città nell’ambito del programma pastorale “Il campo è il mondo”. “Nell’arcidiocesi di Vienna ci sono 1 milione e 200mila cattolici”, e la Chiesa austriaca “ha sofferto diverse umiliazioni negli ultimi decenni”, anche perché “storicamente è sempre stata la Chiesa imperiale, quindi vista come la Chiesa dei superiori verso cui non c’è fiducia”. Attualmente “a Vienna solo il 38% dei cittadini si dice cattolico” per questo dobbiamo chiederci “cosa sarà la Chiesa in Austria nei prossimi 20 o 30 anni? La questione della missione diventa urgente”. Innanzitutto “c’è un congedo doloroso da fare: lasciare il passato che non verrà più, la Chiesa sarà diversa e sarà missionaria” e dobbiamo avere “il coraggio di scendere” e di evitare “il liberalismo, che accetta tutto e perde il profilo della vita cristiana e il rigorismo, che vede solo la legge”. Un’esperienza interessante “è quella di fare assemblee diocesane, 1.500 persone nel duomo di Vienna, non per fare un dibattito, ma per raccontare dove ognuno vede l’azione di Dio nella propria comunità, fissare lo sguardo sull’azione di Dio anziché sui problemi. Tutti possono parlare a microfono aperto per un minuto su questo tema”. “C’è un atto specifico della nuova evangelizzazione: il faccia a faccia”, ha detto il card. Schönborn. Anche i vescovi, ha aggiunto, devono “parlare della propria esperienza dell’evangelizzazione personale” ma questo esige di “esporsi, di ammettere fallimenti e paure. Quando faccio una visita pastorale, faccio un momento di missione in strada. Io, cardinale, mi metto davanti alla stazione e do ai passanti un piccolo dono con qualche passo della Scrittura e un sorriso. Ogni volta che lo faccio torno contentissimo a casa, con una gioia che non si spiega, la gioia dell’evangelizzazione. Non mi aspetto che la gente la domenica dopo vada in chiesa, ma forse avrà ricevuto una piccola luce del Vangelo”. Nonostante la crisi di fede, “la santità esiste anche nella nostra vecchia Europa” e il cristiano è chiamato a “un impegno sia personale, sia sociale e politico”, perché le “istituzioni sono carismi che hanno trovato una struttura sociale” e la Chiesa “ha questo dono in tutto il mondo: di essere carismatica e strutturale”. Il laico, secondo il cardinale, è chiamato a riscoprire “il sacerdozio comune dei battezzati, la sua missione di santificare il mondo”. Un pensiero anche sulla bioetica: “È possibile - ha detto Schönborn - fare qualcosa purché ognuno di noi sia più consapevole del proprio ruolo nella società, facendo raccolte di firme, come la recente campagna One of Us, oppure scrivendo ai giornali”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 345

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