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Sommario del 10/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la porta del Signore è sempre aperta, il cristiano non perda mai la speranza
  • Fame nel mondo. Il Papa: è uno scandalo, se vogliamo ciò che abbiamo non finisce
  • "Una sola famiglia, cibo per tutti". presentata la campagna di Caritas Internationalis
  • Nomine
  • Tweet del Papa: Maria, sostienici nei momenti di buio e difficoltà!
  • Moneyval. Brülhart (Aif): grandi progressi per la Santa Sede nella trasparenza finanziaria
  • Musei Vaticani. Riapre la Necropoli sulla "via Trumphalis"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il saluto dei grandi della terra a Mandela. Obama: "Un gigante della storia"
  • Mandela. P. Lombardi cita il card. Martini: fu persona totalmente pacificata. Il ricordo del card. Napier
  • Ue: drammatica crisi umanitaria in Siria. Ora si guarda con fiducia a "Ginevra 2"
  • Ucraina. Yanukovich aperto al dialogo. A Kiev il capo della diplomazia Ue Ashton
  • Giornata Onu dei diritti umani. Ban Ki-moon: siano promossi a ogni livello
  • Vince la vita: il Parlamento Ue respinge la Risoluzione Estrela
  • "L'Italia Sottosopra": pubblicato il quarto Atlante dell'infanzia a rischio in Italia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: l'esercito riconquista la città di Nabaak. Attaccata Yabrud dove sarebbero le monache rapite
  • Siria: per le monache di Maaloula il Libano chiede aiuto al Qatar
  • Centrafrica: uccisi due soldati francesi. Violenze tra comunità
  • Filippine. Appello della Chiesa a un mese dal tifone: "Siamo rimasti senza cibo"
  • Filippine: tutto pronto per la Giornata di preghiera contro il traffico di vite umane
  • Usa: adesione dei vescovi alla Campagna di Caritas Internationalis contro la fame nel mondo
  • Il card. Sodano: "Emerga la storia dei martiri durante il comunismo in Europa dell'Est"
  • Accordo sull'acqua tra Israele, Giordania e Autorità palestinese
  • Irlanda: continua l’impegno della Chiesa nella tutela dei minori vittime di abusi
  • Myanmar: comunità cattolica in festa per il primo Beato
  • Nepal: cristiani, indù, buddisti e musulmani si preparano insieme al Natale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la porta del Signore è sempre aperta, il cristiano non perda mai la speranza

    ◊   Quando Gesù si avvicina a noi, sempre apre le porte e ci dà speranza. E’ quanto affermato da Papa Francesco, stamani, nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che non dobbiamo avere paura della consolazione del Signore, ma anzi dobbiamo chiederla e cercarla. Una consolazione che ci fa sentire la tenerezza di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Consolate, consolate il mio popolo”. Papa Francesco ha iniziato la sua omelia soffermandosi su un passo del Libro del Profeta Isaia, Libro della consolazione d’Israele. Il Signore, ha osservato, si avvicina al suo popolo per consolarlo, “per dargli pace”. E questo “lavoro di consolazione” è così forte che “rifà tutte le cose”. Il Signore compie una vera ri-creazione:

    “Ricrea le cose. E la Chiesa non si stanca di dire che questa ri-creazione è più meravigliosa della creazione. Il Signore più meravigliosamente ricrea. E così visita il suo popolo: ricreando, con quella potenza. E sempre il popolo di Dio aveva questa idea, questo pensiero, che il Signore verrà a visitarlo. Ricordiamo le ultime parole di Giuseppe ai suoi fratelli: ‘Quando il Signore vi visiterà portate con voi le mie ossa’. Il Signore visiterà il suo popolo. E’ la speranza di Israele. Ma lo visiterà con questa consolazione”.

    “E la consolazione – ha proseguito – è questo rifare tutto non una volta, tante volte, con l’universo e anche con noi”. Questo “rifare del Signore”, ha detto il Papa, ha due dimensioni che è importante sottolineare. “Quando il Signore si avvicina – ha affermato – ci dà speranza; il Signore rifà con la speranza; sempre apre una porta. Sempre”. Quando il Signore si avvicina a noi, ha tenuto a ribadire, “non chiude le porte, le apre”. Il Signore “nella sua vicinanza – ha soggiunto – ci dà la speranza, questa speranza che è una vera fortezza nella vita cristiana. E’ una grazia, è un dono”:

    “Quando un cristiano dimentica la speranza, o peggio perde la speranza, la sua vita non ha senso. E’ come se la sua vita fosse davanti ad un muro: niente. Ma il Signore ci consola e ci rifà, con la speranza, andare avanti. E anche lo fa con una vicinanza speciale a ognuno, perché il Signore consola il suo popolo e consola ognuno di noi. Bello come il brano di oggi finisce: ‘Come un pastore egli fa pascolare il gregge, e con il suo braccio lo raduna, porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri’. Quell’immagine di portare gli agnellini sul petto e portare dolcemente le madri: questa è la tenerezza. Il Signore ci consola con tenerezza”.

    Dio che è potente, ha proseguito, "non ha paura della tenerezza". "Lui si fa tenerezza, si fa bambino, si fa piccolo”. Nel Vangelo, ha osservato, Gesù stesso lo dice: “Così è la volontà del Padre, che neanche uno di questi piccoli si perda”. Agli occhi del Signore, ha aggiunto, “ognuno di noi è molto, molto importante. E Lui si dà con tenerezza”. E così ci fa “andare avanti, dandoci speranza”. Questo, ha detto ancora, “è stato il principale lavoro di Gesù” nei “40 giorni fra la Risurrezione e l’Ascensione: consolare i discepoli; avvicinarsi e dare consolazione”:

    “Avvicinarsi e dare speranza, avvicinarsi con tenerezza. Ma pensiamo alla tenerezza che ha avuto con gli apostoli, con la Maddalena, con quelli di Emmaus. Si avvicinava con tenerezza: ‘Dammi da mangiare’. Con Tommaso: 'Metti il tuo dito qui'. Sempre così è il Signore. Così è la consolazione del Signore. Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di non avere paura della consolazione del Signore, di essere aperti: chiederla, cercarla, perché è una consolazione che ci darà speranza e ci farà sentire la tenerezza di Dio Padre”.

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    Fame nel mondo. Il Papa: è uno scandalo, se vogliamo ciò che abbiamo non finisce

    ◊   Il Papa dà “tutto il suo appoggio” alla Campagna contro la fame nel mondo che la Caritas Internationalis ha presentato questa mattina a Roma in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani sul tema "Una sola famiglia umana- Cibo per tutti". “Non possiamo girarci dall’altra parte”, “se c’è volontà, quello che abbiamo non finisce, anzi ne avanza e non va perso”. Così afferma il Pontefice nel videomessaggio preparato per l'occasione. Forte l’invito del Papa alle istituzioni e alla Chiesa tutta a dare voce a chi soffre, a evitare gli sprechi e ad agire come ”una sola famiglia”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    "Siamo di fronte allo scandalo mondiale di circa un miliardo, un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che questo non esista. Il cibo a disposizione nel mondo basterebbe a sfamare tutti".

    Questo è quanto insegna “la parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci”, spiega Papa Francesco nel suo videomessaggio: “Se c’è volontà, quello che abbiamo non finisce anzi ne avanza e non va perso”. Gli Apostoli, mandati da Gesù a cercare il cibo per la moltitudine di persone giunte ad ascoltarlo, non trovarono altro che cinque pani e due pesci, ma con la grazia di Dio, sottolinea il Pontefice, "arrivarono a sfamare tutti, raccogliendo persino gli avanzi e riuscendo così a evitare ogni spreco". "Facciamo dunque posto nel nostro cuore", chiede Papa Francesco, all’urgenza, che è diritto dato da Dio a tutti, ad "avere un’ alimentazione adeguata":

    "Condividiamo quel che abbiamo nella carità cristiana con chi è costretto ad affrontare numerosi ostacoli per soddisfare un bisogno così primario e al tempo stesso facciamoci promotori di un’autentica cooperazione con i poveri, perché attraverso i frutti del loro e del nostro lavoro possano vivere una vita dignitosa".

    Poi, l’invito del Papa si apre all’umanità intera, alla quale si rivolge anche la Campagna della Caritas internationalis:

    "Invito tutte le istituzioni del mondo, tutta la Chiesa e ognuno di noi, come una sola famiglia umana, a dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo".

    Ma appoggiare la Caritas, impegnata in 200 Paesi, in questa Campagna, significa anche, e il Papa lo sottolinea in chiusura, cambiare abitudini e modi di pensare comuni:

    "Questa campagna vuole anche essere un invito a tutti noi a diventare più consapevoli delle nostre scelte alimentari, che spesso comportano lo spreco di cibo e un cattivo uso delle risorse a nostra disposizione. E’ anche un’esortazione a smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulle vite di chi - vicino o lontano che sia - la fame la soffre sulla propria pelle".

    E' dunque l'immagine dell'umanità " come una sola famiglia" impegnata ad assicurare cibo per tutti, quella che il Papa lascia in questo videomessaggio, che si chiude con una preghiera: "Che Dio io ci dia la grazia di vedere un mondo in cui mai nessuno debba morire di fame".

    Pubblichiamo di seguito il testo integrale del videomessaggio di Papa Francesco per la “Campagna contro la fame nel mondo” lanciata dalla Caritas Internationalis:

    Cari fratelli e care sorelle,

    oggi sono lieto di annunziarvi la “Campagna contro la fame nel mondo” lanciata dalla nostra Caritas Internationalis e comunicarvi che intendo dare tutto il mio appoggio.

    Questa confederazione, insieme a tutte le sue 164 organizzazioni-membro, è impegnata in 200 Paesi e territori del mondo e il loro lavoro è al cuore della missione della Chiesa e della sua attenzione verso tutti quelli che soffrono per lo scandalo della fame con cui il Signore si è identificato quando diceva: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”. Quando gli apostoli dissero a Gesù che le persone che erano giunte ad ascoltare le sue parole erano anche affamate, egli li incitò ad andare a cercare il cibo. Essendo poveri essi stessi, non trovarono altro che cinque pani e due pesci, ma con la grazia di Dio arrivarono a sfamare una moltitudine di persone, raccogliendo persino gli avanzi e riuscendo così a evitare ogni spreco.

    Siamo di fronte allo scandalo mondiale di circa un miliardo, un miliardo di persone che ancora oggi soffrono la fame. Non possiamo girarci dall’altra parte e far finta che questo non esista. Il cibo a disposizione nel mondo basterebbe a sfamare tutti.

    La parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci ci insegna proprio questo: che se c’è volontà, quello che abbiamo non finisce, anzi ne avanza e non va perso.
    Perciò, cari fratelli e care sorelle, vi invito a fare posto nel vostro cuore a questa urgenza, rispettando questo diritto dato da Dio a tutti di poter avere accesso ad una alimentazione adeguata.

    Condividiamo quel che abbiamo nella carità cristiana con chi è costretto ad affrontare numerosi ostacoli per soddisfare un bisogno così primario e al tempo stesso facciamoci promotori di un’autentica cooperazione con i poveri, perché attraverso i frutti del loro e del nostro lavoro possano vivere una vita dignitosa.
    Invito tutte le istituzioni del mondo, tutta la Chiesa e ognuno di noi, come una sola famiglia umana, a dare voce a tutte le persone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo.

    Questa campagna vuole anche essere un invito a tutti noi a diventare più consapevoli delle nostre scelte alimentari, che spesso comportano lo spreco di cibo e un cattivo uso delle risorse a nostra disposizione. E’ anche un’esortazione a smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane non abbiano un impatto sulle vite di chi - vicino o lontano che sia - la fame la soffre sulla propria pelle.
    Vi chiedo, con tutto il cuore, di appoggiare la nostra Caritas in questa nobile Campagna, per agire come una sola famiglia impegnata ad assicurare il cibo per tutti.

    Preghiamo che Dio ci dia la grazia di vedere un mondo in cui mai nessuno debba morire di fame. E chiedendo questa grazia vi do la mia benedizione.

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    "Una sola famiglia, cibo per tutti". presentata la campagna di Caritas Internationalis

    ◊   Eliminare la fame entro il 2025. E’ l’obbiettivo che si propone la campagna “Una sola famiglia umana, cibo per tutti” lanciata oggi a Roma in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani da Caritas Internationalis e sostenuta in un videomessaggio dal Papa. I membri dell’organizzazione proporranno ai vari governi di adottare un quadro normativo sul diritto al cibo con l’invito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla piaga degli sprechi. Al microfono di Paolo Ondarza il segretario generale di Caritas Internationalis Michel Roy:

    R. – Non si può vivere senza mangiare, senza bere: è un diritto riconosciuto nella Dichiarazione dei diritti umani, 65 anni fa, ma deve essere trasformato in legge nazionale. Un Paese come il Brasile ha deciso di fare una politica che si chiama “Fame Zero” e le cose sono cambiate. Se tutti i Paesi nel mondo avessero una legge nazionale sul diritto al cibo, i governi si sentirebbero maggiormente obbligati a questo. Io vedo che in molti Paesi, in cui la fame è forte, i governi la considerano cosa normale, perché è sempre stato così: no! E’ uno scandalo che la gente mangi solamente una volta al giorno o anche meno. In ogni Paese del mondo, c’è questo problema. Anche qui, in Italia.

    D. – A girarsi dall’altra parte non sono solamente i governi e le istituzioni: anche la gente comune. Il Papa ha invitato tutti a dar voce a chi soffre silenziosamente la fame, perché questa voce diventi un ruggito in grado di scuotere il mondo…

    R. – E’ facile dire che la fame è colpa dei politici… E’ qualcosa che riguarda noi tutti. Dobbiamo riflettere sui nostri stili di vita. Siamo in solidarietà con i più poveri, o no? Non si possono chiudere gli occhi, al contrario: si deve rispondere a questo problema. La solidarietà è fondamentale, la fraternità – tema della Giornata della Pace del 1° gennaio prossimo – è fondamentale.

    Alla base della fame nel Sahel, c’è l’incapacità dei leader politici, denuncia frere Ambroise Tine, segretario esecutivo di Caritas Senegal, al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – Ho sempre detto, e con convinzione, che l’Africa ha bisogno di una leadership tipo quella di Mandela, capace di riconoscere la dignità umana e di combattere perché ogni uomo abbia accesso ai diritti, soprattutto al diritto di vivere degnamente, di avere il cibo necessario, l’acqua, un’educazione, una formazione adeguata.

    D. – Il Sahel è ricco, ma la popolazione è stremata dalla povertà…

    R. – E’ uno scandalo. Bisogna mettere fine a questo processo di sfruttamento dei popoli in Africa.

    D. – Il 30% della popolazione non riesce ad avere due pasti al giorno, ha detto oggi in conferenza stampa, ricordando quanto è difficile sopportare i morsi della fame…

    R. - …è difficile sopportare la fame, andare a letto la sera, con i figli, e non avere da mangiare. E' una sofferenza tremenda, terribile. Faccio sempre un appello affinché adottiamo comportamenti sempre più umani, a tutti i livelli: a livello di coloro che governano l’Africa e anche a livello di tutti coloro che hanno un po’ più degli altri.

    D. – Gli sprechi del mondo ricco come vengono vissuti da chi è povero e affamato nel Sahel?

    R. – Una persona che vive la fame nel Sahel e che vede lo spreco, si chiede: “Ma sono umane, queste persone che sprecano il cibo, mentre io non ho neanche il minimo indispensabile?”.

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    Nomine

    ◊   Papa Francesco ha nominato abate ordinario dell’Abbazia territoriale di Maria Einsiedeln, in Svizzera, il Rev.do P. Urban Federer, benedettino, finora decano e vicario generale della medesima Abbazia. Padre Federer è nato a Zurigo-Fluntern, diocesi di Chur, il 17 agosto 1968. Ha fatto ingresso nel noviziato dell’Abbazia di Maria Einsiedeln nel 1988, emettendo la Professione Solenne il primo novembre 1992. È stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1994. Dopo gli studi filosofico-teologici presso l’Istituto teologico dell’Abbazia di Maria Einsiedeln e per un anno presso l’Istituto teologico S. Meinrad negli Stati Uniti, nel 1999 ha conseguito la Licenza in letteratura tedesca ed in storia presso l’Università di Fribourg. Nel 2007 ha conseguito il Dottorato in Germanistica medioevale presso la medesima università. Ha anche studiato musica e canto gregoriano presso il Conservatorio di Fribourg. Dal 2007 è stato Docente di religione, lingua tedesca e storia nel Liceo dell’Abbazia di Maria Einsiedeln, nonché di spiritualità e canto gregoriano nell’Istituto teologico della medesima Abbazia. In seno all’Abbazia il Rev.do P. Federer ha svolto diversi incarichi: È stato Prefetto dell’Internato, Insegnante dei Novizi, Direttore della rivista Salve e Direttore del Coro monastico; nel 2010 è stato eletto Decano (Priore) e Vicario Generale dell’Abbazia, responsabilità finora ricoperte.

    In Spagna, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Santiago de Compostela Mons. Jesús Fernández González, vicario generale della diocesi di León ». Mons. Fernández González è nato a Selga de Ordán (diocesi di León) il 15 settembre 1955. E’ stato ordinato sacerdote per la diocesi di León il 29 giugno 1980. Dal 1990 al 1992 ha studiato Psicologia presso la Pontificia Università di Salamanca, ottenendo la Licenza. Sempre nella diocesi di León, è stato Parroco di Senra e Lazado ed incaricato di altri cinque paesi (1980-1982). Dal 1987 al 1990 è stato Formatore, Professore e Rettore nel Seminario Minore, e poi Professore ordinario del Centro Superiore di Studi Teologici, Formatore del Seminario Maggiore San Froilán (1997-2003). Dal 1997 al 2003 ha svolto l’ufficio di Parroco di Cuadros ed Amministratore parrocchiale di Valsemana, e dal 2003 al 2010 è stato Vicario Episcopale di Pastorale e per il Clero. Dal 2010 è Vicario Generale di quella diocesi, Moderatore della Curia e Consulente della Commissione Pastorale della Conferenza Episcopale Spagnola.

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    Tweet del Papa: Maria, sostienici nei momenti di buio e difficoltà!

    ◊   “Maria, Madre Nostra, sostienici nei momenti di buio, di difficoltà, di apparente sconfitta!” E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 10 milioni di follower.

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    Moneyval. Brülhart (Aif): grandi progressi per la Santa Sede nella trasparenza finanziaria

    ◊   Un plauso all’impegno messo in campi, che ha prodotto “grandi progressi”. È quanto certifica la plenaria di “Moneyval”, il Comitato di esperti del Consiglio d’Europa contro il riciclaggio del denaro e il finanziamento del terrorismo, che ha valutato il “Progress Report” presentato dal Vaticano. Mons. Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, presente alla plenaria di Moneyval, ha confermato il lavoro della santa Sede nella prevenzione e nella lotta ai crimini finanziari. Sui risultati ottenuti dal Vaticano, Mario Galgano ha chiesto l’opinione di René Brülhart, direttore dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede:

    R. – Mit der Verabschiedung dieses zweiten Berichts der vollumfänglich…
    Con la pubblicazione di questo secondo Rapporto, adottato a pieni voti dall’assemblea plenaria di Moneyval, la Santa Sede viene a rispondere pienamente agli alti standard internazionali riguardo alla lotta al riciclaggio di denaro sporco. Ovviamente, il lavoro non è finito, ma soprattutto nell’ambito della trasparenza si sono compiuti grandi progressi.

    D. – Concretamente, questo significa che questo Rapporto è stato già pubblicato? Non dobbiamo aspettare una comunicazione ufficiale da parte di Moneyval?

    R. – Der Bericht als solcher wird, so wie es aussieht, am Donnerstag öffentlich…
    anche nel dettaglio come e in quale misura il Vaticano abbia lavorato negli ultimi mesi, quali siano stati i progressi fatti. Guardiamo alla pubblicazione del Rapporto in termini molto positivi. Oggi (ieri - ndr), l’assemblea plenaria ha concluso la stesura del Rapporto.

    D. – Nel 2012, si era detto che nove di 16 criteri chiave fossero già stati acquisiti. Anche oggi possiamo parlare di numeri? Si possono evidenziare ulteriori indicazioni che siano state seguite?

    R. – Der vorgenannte Progress Report ist eigentlich eine Berichterstattung über…
    Il “Progress Report” (Relazione sull’andamento dei lavori - ndr) in realtà è una rendicontazione sulla messa in atto delle raccomandazioni presentate nel luglio 2012, sul modo in cui tali raccomandazioni siano state tradotte in pratica e quali misure siano state prese. Nell’attuale “Progress Report”, non è prevista una rivisitazione dei criteri indicati.

    D. – E adesso come si procederà? Moneyval ritiene che il Vaticano debba ancora adempiere ad alcune richieste?

    R. – Natürlich ist das ein andauernder Prozess bei dem es auch darum geht…
    Ovviamente, questo è un processo in costante evoluzione. Si tratta di implementare sostanzialmente nell’ambito della messa in atto di misure concrete, della traduzione nella pratica attuazione della funzionalità dell’ambito legislativo, dell’ambito istituzionale. Questo significa rendere ancora più efficaci i provvedimenti presi negli ultimi mesi. Uno dei punti specifici, in questo senso, è il lavoro nell’ambito della supervisione legale: in questo ambito ci sono ancora raccomandazioni che devono essere accolte e questo è bene. E’ un impegno che abbiamo già intrapreso e che porteremo avanti in modo mirato nei prossimi mesi.

    D. – Si è parlato anche dello Ior? Concretamente, ci si aspettano miglioramenti anche da parte dello Ior?

    R. – Der ganze Moneyval-Prozess ist ein Prozess über die Funktionalität…
    L’intero processo Moneyval è un procedimento che tratta della funzionalità del sistema di lotta al riciclaggio di denaro sporco in una giurisdizione, non in un singolo istituto. Certo, si è preso atto anche degli impegni dello Ior, ma in linea principale si tratta della funzionalità del sistema a livello di Stato.

    D. – E adesso, dal punto di vista dell’Aif, come si procederà? Quali saranno i prossimi passi?

    R. – Seitens des Aif haben wir seit ein paar wenigen Wochen das neue Statut…
    Per quanto riguarda l’Aif, noi abbiamo un nuovo statuto – da pochissime settimane – nel quale sono descritte puntualmente anche le funzioni. Da un lato, siamo stati definiti un’istituzione alla quale segnalare intenti di riciclaggio di denaro, dall’altro siamo definiti anche come autorità di controllo. Adesso, l’impegno sarà di migliorare ulteriormente il lavoro su questo doppio binario: quindi, di riposo non se ne parla…

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    Musei Vaticani. Riapre la Necropoli sulla "via Trumphalis"

    ◊   Sarà riaperta con nuovo allestimento la Necropoli vaticana lungo la via Triumphalis. Dal prossimo anno, il pubblico potrà prenotare on line le visite guidate. L’iniziativa è stata presentata oggi alla stampa da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, insieme con Giandomenico Spinola, curatore del Reparto antichità greche e romane. Il servizio di Roberta Gisotti:

    La Necropoli, lungo le pendici del Colle vaticano, che unisce due aree di scavi condotti a distanza di mezzo secolo, presenta una grande ricchezza di tombe - databili dall’epoca di Augusto a quella di Costantino dal I secolo a.C. al IV secolo d. C. - e poi mosaici, affreschi e stucchi, sarcofagi, cippi, stele e altari, iscrizioni e molti oggetti rimasti intatti nei secoli. Un itinerario affascinante, che interpella gli esperti ancora al lavoro nella Necropoli e appassionerà i visitatori, come spiega il dott. Giandomenico Spinola:

    R. - I primi scavi vennero fatti negli anni ’30, con rinvenimenti occasionali addirittura nel ‘500. I settori che noi siamo andati a congiungere sono stati scavati uno negli anni ’50 e l’altro da noi, intorno al 2003-2004. Di conseguenza, l’ultimo lavoro fatto è quello di ricongiungere in un’unica area visitabile i due scavi.

    D. - Quali particolarità in questo nuovo allestimento della Necropoli?

    R. - Essendo questa Necropoli conservata in maniera straordinaria, grazie a frane che l’hanno coperta, abbiamo potuto fare alcune ricostruzioni virtuali su 11 touch screen e attraverso due filmati, in modo tale che chi verrà a visitarla potrà vedere non solo gli scavi ma anche quel che era l’area anticamente.

    D. - Quindi, una concezione moderna interattiva per il visitatore che potrà immergersi nei secoli passati…
    R. - Sì, non solo nei secoli passati ma anche nel lavoro degli archeologi, degli antropologi, dei restauratori. L’idea è quella di lasciare che la Necropoli sia visitabile dal pubblico, ma che questo luogo possa essere anche un laboratorio di ricerca. Contemporaneamente alle visite, si potranno vedere anche archeologi che scavano, oppure restauratori che lavorano, o antropologi che studiano i resti umani.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Scandalo mondiale: Papa Francesco denuncia lo spreco alimentare e il cattivo uso delle risorse della terra.

    Quando Dio ricrea: Messa del Pontefice a Santa Marta.

    Impegno per reprimere e combattere i crimini finanziari: adozione da parte della Plenaria di Moneyval del Progress Report della Santa Sede - Stato della Città del Vaticano.

    Un posto per tutti nella Siria pacificata: nell’intervista di Mario Ponzi il cardinale Robert Sarah, al rientro dalla missione in Libano, parla delle attese riposte nella conferenza internazionale Ginevra 2.

    Incontro personale: l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sul Gesù di Nazaret nella trilogia di Joseph Ratzinger e Benedetto XVI.

    Il filosofo francese Rémi Brague si chiede perché è un bene che ci siano degli uomini sulla terra.

    Un commento di Luis Suarez sul libro dello storico Benzion Netanyahu (padre del primo ministro israeliano e scomparso lo scorso anno) dedicato all’Inquisizione spagnola.

    Silvia Guidi recensisce il libro di Bruno Sacchini “Piccarda c’est moi. Nella selva del vissuto dantesco”.

    Un articolo di Roberto Genovesi dal titolo “Ottimismo senza tentennamenti”: per Natale Disney punta sulla forza della famiglia.

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    Oggi in Primo Piano



    Il saluto dei grandi della terra a Mandela. Obama: "Un gigante della storia"

    ◊   I grandi del mondo hanno omaggiato oggi a Johannesburg, in Sudafrica, Nelson Mandela. Nello stadio di Soweto, il padre della lotta all’apartheid è stato ricordato da importanti personalità come il presidente americano Obama che lo ha definito “il gigante della storia”. La cronaca nel servizio di Benedetta Capelli:

    I canti, i balli, l’atmosfera di festa hanno caratterizzato l’omaggio a Madiba. Migliaia le persone – meno di 80 mila – venute ad ascoltare i grandi del mondo. Nello stadio di Soweto, l’impianto dei mondiali di calcio installato nella township di Johannesburg, cuore della proteste contro l’apartheid, c’è il viso sorridente di Mandela. La pioggia non frena l’entusiasmo dei presenti e nemmeno spegne i fischi dei sudafricani, quando le tv inquadrano il presidente Zuma. Dopo le preghiere confessionali, i ricordi della famiglia di Mandela. “Siamo sempre stati consapevoli – hanno detto – di dover condividere Madiba il Sudafrica, l'Africa e il mondo intero”. Toccanti le parole del segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon:

    "He hated hatred...
    Odiava l'odio non odiava le persone, ha mostrato il grande potere del perdono".

    “Questo è stato il dono e la lezione di Mandela”, ha aggiunto Ban. Poi, è stata la volta del presidente degli Stati Uniti, Barak Obama. Prima di raggiungere il palco per il suo personale ricordo, ha stretto la mano al presidente cubano, Raul Castro – un gesto sottolineato da tutti, viste le relazioni tra i due Paesi – e poi ha infiammato la folla definendolo un gigante della storia:

    "It is hard to...
    E’ difficile rendere omaggio alle persone ma lo è ancora di più quando si tratta di Mandela, icona di libertà del 21.mo secolo".

    Nelson Mandela "mi ha reso un uomo migliore", ha continuato Obama. Poi, un affondo nei confronti di molti governanti:

    "There are too many leaders...
    Ci sono troppi leader che rivendicano la solidarietà con la lotta di Madiba per la libertà ma che non tollerano il dissenso da parte del loro popolo. Ci sono troppe persone tra noi che rimangono in disparte al comodo, nel cinismo, quando invece le nostre voci devono essere ascoltate".

    "Era un modello, incarnava l'umiltà e aveva grande rispetto di tutti coloro che lo circondavano", ha affermato il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, in un'intervista a "La Croix". Un messaggio forte in questa giornata di ricordo, segnato da una pioggia incessante. “Non siamo stati in grado di fermarla" - hanno detto in molti - “ma è quello che Mandela avrebbe voluto: nella tradizione africana, quando piove nel giorno della sepoltura è un buon segno perché significa che sarà accolto nel regno dei cieli".

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    Mandela. P. Lombardi cita il card. Martini: fu persona totalmente pacificata. Il ricordo del card. Napier

    ◊   “Nel giorno delle grandi commemorazioni su Mandela – afferma padre Federico Lombardi – credo giusto poter aggiungere una bellissima testimonianza su di lui da parte di una delle personalità più autorevoli ed amate della Chiesa degli ultimi tempi”. Il cardinale Carlo Maria Martini, rammenta il direttore della Sala Stampa Vaticana, “interrogato su quale fosse la persona più speciale che avesse incontrato nella sua vita, aveva risposto: ‘Mandela. Perché era l’unico che non avesse l’ombra di un risentimento. Un uomo totalmente pacificato’”. Tale affermazione, informa padre Lombardi, gli è stata riferita da don Damiano Modena, che è stato negli ultimi anni di vita la persona più vicina e in rapporto più continuo con il cardinale Martini. Dal Sudafrica, arriva invece la testimonianza dell’arcivescovo di Durban, il cardinale Wilfrid Fox Napier, intervistato da Linda Bordoni:

    R. – One of the great feelings is a sense of gratitude for what Mandela…
    Una delle sensazioni forti è il senso di gratitudine per gli ideali per i quali Mandela, “Madiba” per gli amici, ha pagato di prima persona, ma in particolare per quello che ha fatto per il suo Paese e per il suo popolo, per il loro futuro. In particolare, rompendo con il suo stesso partito per iniziare i negoziati e poi, quando i negoziati iniziarono, per la chiarissima visione del Sudafrica che egli voleva rinascesse da quei negoziati: un Paese nel quale ognuno sarebbe stato rispettato, accettato e anche amato come un fratello o una sorella. Il Sudafrica che egli sognava sarebbe stato un Paese dell’“Ubuntu”, cioè dell’umanità, del sentimento di fratellanza, di rispetto vicendevole. Questo era il Sudafrica che lui sognava.

    D. – Lei pensa che oggi ci troviamo ad una sorta di blocco di partenza, una base sulla quale costruire?

    R. – I believe that many, many people have suddenly woken up to the fact that…
    Credo che tante, tante persone si siano improvvisamente svegliate e abbiano preso coscienza del fatto che quando Mandela si è ritirato non abbiamo perso soltanto la sua presenza, abbiamo perso anche il suo spirito e molti dei suoi ideali. Quello che in questo periodo sta travolgendo il Paese può essere smorzato, ma ciascuno è chiamato a lavorarci come ci aveva lavorato Mandela: disinteressatamente, donandosi per gli altri, guardando al bene comune piuttosto che a qualsiasi interesse personale, di famiglia o di gruppo.

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    Ue: drammatica crisi umanitaria in Siria. Ora si guarda con fiducia a "Ginevra 2"

    ◊   In Siria, sono almeno 12 le vittime degli scontri di stamattina nella provincia di Aleppo. Intanto, l’Acnur - Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati – fa sapere che l’Onu attiverà questa settimana il primo ponte aereo per consegnare aiuti alla popolazione siriana attraverso l’Iraq e il Kurdistan iracheno. Quella siriana è la più disastrosa crisi umanitaria negli ultimi decenni, secondo il Commissario europeo per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Kristalina Georgieva, che ascoltiamo al microfono di Antonella Pilia:

    R. - The Syrian conflict is the most dramatic humanitarian catastrophe, because…
    Il conflitto siriano è la più drammatica catastrofe umanitaria degli ultimi decenni, perché ha coinvolto un vastissimo numero di persone all’interno del Paese e nei Paesi vicini: sta mettendo a rischio la stabilità del Libano, della Giordania e di altri Paesi. E ancora non se ne vede la fine. Oggi abbiamo in Siria circa dieci milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria e, nel migliore dei casi, solo la metà di essi la riceve, per di più in maniera non regolare. Nei Paesi vicini ci sono circa 2,3 milioni di rifugiati che mettono in gravissima difficoltà le comunità che li ospitano. Inoltre, vediamo in Siria un’incredibile crudeltà e la mancata tutela dei diritti dei civili durante un conflitto e dei diritti degli operatori umanitari affinché possano fornire assistenza di pronto soccorso a coloro che ne hanno bisogno. Questa crudeltà e il mancato rispetto del diritto internazionale umanitario sono stati tollerati irresponsabilmente dalla Comunità internazionale: non c’è stata alcuna chiara dichiarazione che ricordasse che non si uccidono civili e non si nuoce alle persone accorse in Siria per portare aiuto. Certo, il Consiglio di Sicurezza ha reso nota una dichiarazione del Segretario generale, ma non c’è ancora una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che sia vincolante. Il risultato è davanti ai nostri occhi: un altissimo rischio che l’instabilità della Siria si trasformi in un fattore di instabilità per i Paesi limitrofi. Davanti ai nostri occhi i bambini siriani stanno perdendo il loro futuro, perché sono bersagli, perché muoiono di malattie oggi curabili - in Siria è tornata addirittura la poliomielite! - inoltre il trauma di questa guerra li accompagnerà per tutta la vita.

    D. - Cosa sta facendo l’Unione Europea per aiutare la popolazione siriana?

    R. - We has been in the front line from the very first days of this conflict…
    Noi siamo in prima linea fin dai primi giorni del conflitto, fornendo assistenza umanitaria. Fino ad oggi, l’Europa è stata molto generosa, abbiamo consegnato in Siria e nei Paesi vicini assistenza per un valore di due miliardi di euro in cibo, medicine e rifugi per le popolazioni colpite che riusciamo a raggiungere. Ma questi aiuti sono serviti anche a sostenere i rifugiati e le comunità, specialmente quelle del Libano e della Giordania, che li stanno ospitando.

    D. – Lei ha dichiarato che questo conflitto può concludersi solamente con una soluzione politica. In tal senso la conferenza “Ginevra 2” - prevista per il prossimo 22 gennaio – svolge un ruolo molto importante. Quali sono le reali prospettive di pace per questa nazione?

    R. - We are very hopeful that the parties of the conflict will come to Geneva …
    Siamo molto fiduciosi che le parti in conflitto convergano a Ginevra, sicuramente dovranno superare le gravi differenze che le dividono. Sappiamo che questi negoziati non saranno facili: è stato versato troppo sangue, c’è stata troppa sofferenza per le persone sui due fronti del conflitto. Trovare una strada verso la pace richiederebbe la determinazione dei siriani ma anche della Comunità internazionale. E’ molto importante che si sia tutti uniti e si lavori con entrambi i fronti per raggiungere questo accordo.

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    Ucraina. Yanukovich aperto al dialogo. A Kiev il capo della diplomazia Ue Ashton

    ◊   La crisi politica in Ucraina in primo piano. Continuano le manifestazioni dei filo-europeisti, Stati Uniti ed Europa fanno appello alla calma. Il presidente Yanukovich ribadisce l’impegno al dialogo, ma questa mattina si sono registrati scontri nella capiate Kiev, tra dimostranti e agenti di pubblica sicurezza. Chiuse per allarme bomba due stazioni della metro, mentre è iniziata nel Paese la missione di due giorni del capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Il Consiglio dei ministri ucraino si riunirà domattina alle 10 in seduta regolare, mentre i manifestanti filo-europeisti continuano a protestare a Kiev dopo la scelta del presidente Yanukovich di congelare l'accordo di associazione con l'Ue. Oggi, tafferugli si sono registrati nei pressi del palazzo del governo, alcuni manifestanti sono rimasti feriti negli scontri con la polizia. Prosegue pacificamente anche la manifestazione nella centralissima Maidan Nezalezhnosti. Circa cinquemila le persone presenti. Gli Stati Uniti ribadiscono comunque la necessità di gestire la situazione nel pieno rispetto dei diritti umani. Ieri, il vicepresidente americano, Joe Biden, ha telefonato al presidente ucraino, Viktor Yanukovich, per esprimere preoccupazione per quanto sta accadendo. La presidenza di turno lituana dell'Ue ha chiesto al governo di "non usare la forza e di astenersi da qualsiasi provocazione”. Intanto, oggi è iniziata a Kiev la missione del capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, che incontrerà il presidente Viktor Yanukovich nel tentativo di trovare una via d'uscita alla crisi. E oggi il presidente, che ha più volte aperto al dialogo, vedrà anche tre dei suoi predecessori, Leonid Kuchma, Viktor Yushchenko e Leonid Kravchuk, che la scorsa settimana si sono schierati con l'opposizione.

    Sulla situazione in Ucraina, Massimiliano Menichetti ha intervistato Danilo Elia, esperto dell'area, di Osservatorio Balcani e Caucaso:

    R. – Stiamo assistendo a una cosa che in realtà è già accaduta: viene chiamata “la seconda rivoluzione”, facendo riferimento alla “Rivoluzione arancione” che aveva portato a un primo cambio al vertice dell’Ucraina, Paese che poi è ritornato sui propri passi filo-russi. Questa è forse, per le opposizioni, una seconda occasione per dare una spinta europeista al Paese.

    D. – Di fronte a questo bivio, l’Ucraina che strada prenderà?

    R. – Siamo di fronte a una situazione poco chiara anche per gran parte degli osservatori. Di fatto, si parla di due anime del Paese: questo per dire che c’è tantissima gente che manifesta oggi in piazza – si parla di mezzo milione o anche più di persone – manifestano contro Janukovyč, di fatto, contro il presidente. Ma non dobbiamo dimenticare, appunto, che c’è tutta una grossa parte di popolazione che non è in piazza, nel senso che supporta Janukovyč, che lo ha eletto legittimamente.

    D. – Ma in sostanza, quindi, una parte del Paese vuole un riavvicinamento a Mosca e una parte del Paese invece guarda all’Europa per un nuovo asse?

    R. – Allo stato attuale, non è tanto in campo la questione se il Paese debba andare in direzione di Bruxelles o in direzione di Mosca. In discussione è, in realtà, proprio tutto l’assetto del Paese. E’ una questione prettamente interna, forse. Non c’è un Paese che vuole andare in due direzioni diverse: ci sono più che altro divisioni all’interno della società ucraina, quella tra province occidentali – di lingua ucraina e tradizionalmente più vicine all’Europa intesa in senso “continentale”, oltreché con aspirazioni europeiste, nel senso di Unione Europea – e ci sono poi le province orientali e meridionali, compresa la Crimea, che sono abitate da una popolazione russofona, che si sente culturalmente, religiosamente, tradizionalmente vicina alla Russia. Questa è certamente una divisione, ma ce n’è anche un’altra, che è trasversale a questo ed è rappresentata da una parte delle giovani generazioni, soprattutto quelle che abitano nelle città e si sentono vicine ai loro coetanei europei – occidentali, per quello che significhi questo aggettivo – e invece le generazioni più anziane o che abitano in realtà rurali, che tengono più al mantenimento dello status quo, in realtà di un Paese che in gran parte è culturalmente vicino alla Russia. In realtà, quella che spesso viene riportata come scelta di Janukovyč di portare il Paese tra le braccia della Russia, probabilmente non è poi così vero, nel senso che poi di fatto l’Ucraina ha da sempre strettissimi legami con la Russia.

    D. – Janukovyč ha comunque ribadito le aperture al dialogo: basterà?

    R. – Allora, oggi Janukovyč ha indetto una sorta di tavola rotonda con tre suoi predecessori: Kravchuk, Kučma e Juščenko, tre ex presidenti ucraini compreso, appunto, anche Juščenko che ricorderemo leader della “Rivoluzione arancione”. Da questo sembrerebbe di capire il desiderio di creare una sorta di unione nazionale. Come dire: una via di uscita che rappresenti l’unione nazionale. Bisogna vedere cosa ne verrà fuori, nel senso se basterà alla piazza…

    D. – Quale sarà quindi lo scenario?

    R. – L’ipotesi forse più probabile, al momento, è che effettivamente si possa andare a elezioni anticipate, cosa che però non è detto che di per sé rappresenti una soluzione ai mali dell’Ucraina. Dobbiamo appunto ricordare che Janukovyč è stato, nelle scorse presidenziali, legittimamente eletto e che può contare su un grosso bacino di voti. Quindi, ci si potrebbe ritrovare a nuove elezioni che in realtà non cambino più di tanto l’assetto delle cose.

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    Giornata Onu dei diritti umani. Ban Ki-moon: siano promossi a ogni livello

    ◊   La Giornata mondiale dei diritti umani vede oggi a New York la consegna del premio quinquennale a chi si è distinto nella tutela delle prerogative fondamentali della persona. Quest’anno, riconoscimenti all’attivista contro la schiavitù, la mauritana Biram Dah Abeid; a Khadija Ryadi, da tre decenni in lotta in Marocco contro la violazione dei diritti umani; alla giovane pakistana, Malala Yousafzai, simbolo dell’impegno per il diritto allo studio delle donne; infine alla Corte di Giustizia del Messico, per l’azione volta alla protezione dei diritti costituzionali in Messico. Tra i diritti in crisi, quello alla salute, dal quale dipende il godimento di altre prerogative altrettanto importanti. Lucas Duran ne ha parlato con Nicoletta Dentico, presidente dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale:

    R. - La salute, come cita giustamente la Costituzione dell’Oms, non è soltanto l’assenza della malattia ma è uno stato di benessere psicofisico. E' uno stato anche di relazione, di vita, che vede la persona in piena dignità. Naturalmente, affinché questa salute esista, ci devono essere una serie di condizioni complementari. Per esempio, la possibilità di avere un lavoro, un’abitazione dignitosa, ma anche il diritto al credito per avere accesso alle risorse finanziarie, il diritto al cibo, all’acqua potabile... Quindi, c’è un corollario di altri diritti che afferisce alla salute - molto avvicinabile al diritto alla vita - purtroppo però questa complessità fa sì che il diritto alla salute spesso sia uno dei diritti più violati da politiche nazionali, o internazionali che aimè governano in questo momento il mondo.

    D. - E’ vero che le diseguaglianze in materia di salute stanno aumentando non soltanto nel Sud del mondo ma anche nei Paesi industrializzati?

    R. - Sì, perché sembra appunto che le regole dell’economia e del commercio internazionale abbiano “dichiarato guerra” alla salute. Queste sono realtà di cui poco si parla - a parte poche entità giornalistiche - che hanno però effetti irreparabili sulla salute su scala globale.

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    Vince la vita: il Parlamento Ue respinge la Risoluzione Estrela

    ◊   Vittoria per la vita al Parlamento europeo. Con sette voti di scarto è stata, oggi, respinta la risoluzione sull’aborto e i diritti sessuali e riproduttivi, presentata dalla parlamentare socialista portoghese, Edite Estrela. Nella risoluzione si chiedeva, tra l'altro, l’aborto accessibile a tutti. Si prevedeva inoltre una limitazione dell’obiezione di coscienza. Una “notizia positiva” secondo Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita. L’intervista è di Paolo Ondarza:

    R. – E’ una buona notizia. Ricordo che questa controversa risoluzione che, tra le altre cose, definiva anche l’aborto come un diritto umano e ha osteggiato la campagna “Uno di noi”, se fosse stata approvata avrebbe determinato degli effetti inquietanti. Tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, sarebbero stati invitati a garantire fin dall’età più giovane l’aborto, anche senza consenso dei genitori. Avrebbero dovuto garantire la contraccezione, la fecondazione assistita, ci sarebbe stata una sorta di rieducazione degli insegnanti sulla teoria del gender, corsi obbligatori a scuola sull’identità di genere e, cosa anche più pericolosa, si sarebbe chiesto di regolare l’obiezione di coscienza su queste tematiche.

    D. – Ma la partita è chiusa?

    R. – Questa risoluzione controversa era già stata respinta lo scorso 22 ottobre. Poi, è tornata in Commissione il 26 novembre scorso. Adesso è stata bocciata. Fa parte di un ragionamento complesso, sulla linea del documento della Organizzazione mondiale della sanità sugli standard dell’educazione sessuale in Europa. C’è un disegno preciso, ben orchestrato, che tende a estremizzare la teoria del gender e, soprattutto, è mirato a una sorta di indottrinamento dell’educazione sessuale nei confronti dei giovani, anche nelle scuole.

    D. – Chi sosteneva questa risoluzione bolla come “ipocrita e oscurantista” il voto dell’aula...

    R. – La stessa eurodeputata Estrela ha usato parole fortissime nei confronti di chi si è opposto alla sua risoluzione. Ha definito chiunque si opponesse a questa risoluzione come “un estremista conservatore di destra, che vuol far tornare i diritti delle donne indietro di 30 anni”. Siamo all’ideologia pura. La ragione non ha più spazio.

    D. – Nella risoluzione, si parlava di medici “costretti” a praticare l’obiezione di coscienza nelle cliniche religiose e si chiedevano “servizi di qualità per l’aborto, legali, sicuri e accessibili a tutti”...

    R. – Questa è la grande maschera d’ipocrisia, dietro la quale si celano tutti questi interventi. Sull’aborto sicuro a me piace citare un intervento dell’arcivescovo Francis Chullikat, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Dopo aver detto che tutto questo ragionamento della teoria del gender è molto riprovevole, ha usato un’espressione: “L’aborto è sempre sicuro solo nel senso che sicuramente uccide il bambino e ferisce profondamente la madre”.

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    "L'Italia Sottosopra": pubblicato il quarto Atlante dell'infanzia a rischio in Italia

    ◊   È il contrario di ciò che dovrebbe essere l’infanzia e di ciò che dovrebbe fare un paese per le sue giovani generazioni quanto emerge ne “L’Italia Sottosopra”, il quarto Atlante dell’Infanzia presentato a Roma stamattina da Save the Children. Ciò che manca è l’investimento sui più giovani, denuncia l’organizzazione, che sottolinea: per i bambini, maggiore povertà significa minori o nessuna opportunità di formazione e di sviluppo. Il servizio di Adriana Masotti:

    La crisi è una tenaglia che si stringe sempre più su bambini e adolescenti. Oltre un milione quelli in povertà assoluta pari a un minore su 10. Circa un milione e 340 mila quelli in condizioni di disagio abitativo, pari a 138 euro al mese il taglio dei consumi nelle famiglie con bambini che spendono meno per gli alimenti comprando cibo di qualità inferiore. In calo le cure mediche: 1 bambino su 3 non può permettersi un apparecchio per i denti. Appena 11 euro il budget familiare mensile per libri e scuola e 23 euro per tempo libero, cultura e giochi. In crescita la dispersione scolastica e i ragazzi che interrompono gli studi. Sono alcuni tra i dati contenuti nell’Atlante che intende sottolineare la stretta relazione fra povertà e bassi livelli di istruzione, povertà e salute, povertà e opportunità di sviluppo per i bambini, come spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children:

    “Sì, perché ci si aspetterebbe che almeno la parte sociale, tutto ciò che non si può riportare a stretta economia, fosse aiutata in maniera che quei bambini e ragazzi che si trovano in famiglie povere trovino fuori, nel proprio Comune, nella propria città, la possibilità di andare all’asilo nido oppure di fare attività extra scolastiche, lo sport o comprare un libro, di connettersi ad Internet…".

    Ma così non è e per questo Save the Children può concludere che la recessione in Italia affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinata dal mancato investimento, a tutti livelli, sui beni più preziosi di una società: i bambini, la loro formazione e conoscenza. Da qui la proposta, tra le altre, di creare Aree ad alta Densità Educativa. Ma di che cosa si tratta? Ancora Valerio Neri:

    “Si tratta di concentrare tutti le nostre capacità - e per tutti intendo sia il privato, come noi, sia tante altre organizzazioni più piccole, che a volte fanno un lavoro meraviglioso, le Caritas, i servizi locali sia pubblici che privati, le associazioni sportive, ecc…- in un’area particolarmente delicata, dove la povertà incide in maniera molto forte e dove quasi sempre c’è anche una situazione di disagio sociale. Andiamo lì a investire tutti, per portare proprio una densità educativa, una proposta educativa molto, molto forte. Investiamo proprio dove c’è più bisogno. Per quanto riguarda la parte pubblica, è l’aspetto più delicato, perché chiaramente uno può dire che lo Stato senza un euro non lo farà mai. Ma è su questo 'senza un euro' che bisognerebbe riflettere, perché questo è uno Stato che spreca somme spaventose, mentre i suoi figli stanno nella situazione in cui stanno. Una riduzione di costi, mal spesi - e invece una destinazione di questi costi ad attività educative profonde sui territori che stanno peggio - aiuterebbe veramente l’Italia di domani ad essere un’Italia migliore”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: l'esercito riconquista la città di Nabaak. Attaccata Yabrud dove sarebbero le monache rapite

    ◊   Dopo due settimane di scontri con i ribelli armati, l’esercito ha annunciato di aver ripreso il controllo della città strategica di Nabaak (o Nabak), nella regione di montagna del Qalamun, a nord della capitale, ma anche dell’autostrada Damasco-Homs. E’ proprio lungo l’autostrada, rimasta chiusa per 20 giorni, che transita l’arsenale nucleare siriano che viene smantellato dall’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche (Oiac), in ritardo rispetto all’agenda prevista. Nei quartieri orientali di Nabaak - riferisce l'agenzia Misna - combattimenti sarebbero ancora in corso tra le truppe regolari siriane e gli Hezbollah libanesi. Fonti dell’Oservatorio siriano dei diritti umani (Osdh, con sede a Londra) hanno segnalato “sacche di resistenza in alcuni quartieri”. Per ora alcun bilancio degli scontri a Nabaak – abitata in prevalenza da cristiani di rito siriaco – è stato diffuso ma fonti di stampa panaraba hanno riferito di un “numero elevato di vittime”. Secondo quotidiani vicini al presidente Bashar al Assad sarebbero stati “catturati o uccisi un centinaia di oppositori” e ingenti quantità di armi sarebbero state rinvenute sul posto. L’emittente televisiva pubblica siriana sta ritrasmettendo immagini dalla piazza principale di Nabaak, annunciando che “la popolazione sta ritornando in città”. Nei combattimenti è stato ucciso un noto comandante di Hezbollah, Ali Bazzi, ma anche un numero imprecisato di civili, vittime anche di esecuzioni sommarie. A Nabaak, in stato di assedio dal mese scorso, scarseggiano medicinali e cibo. L'esercito siriano - riporta l'agenzia Fides - ha anche intensificato nelle ultime ore i bombardamenti su Yabrud, ultima roccaforte dei ribelli nella regione del Qalamun, a nordest di Damasco. A Yabrud, secondo testimonianze concordanti, sarebbero trattenute le suore greco-ortodosse prelevate dal Monastero di Santa Tecla nella cittadina di Maalula. Dal confinante Libano, dove 825.000 siriani in fuga hanno trovato rifugio dall’inizio del conflitto, le autorità di Beirut e l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) hanno lanciato l’allarme per una violenta tempesta che si sta avvicinando e rischia di causare ingenti danni, soprattutto nei campi sfollati sorti in modo spontaneo. Nel millesimo giorno del conflitto il capo della diplomazia britannica, William Hague, ha dichiarato che “è giunta l’ora di porre fine alla guerra in Siria” mentre il capo della diplomazia francese Laurent Fabius ha espresso dubbi sulla possibilità che la conferenza di Ginevra 2, fissata per il 22 gennaio, possa portare ad “una soluzione rapida”. In base ai bilanci diffusi da fonti umanitarie dall’inizio della rivolta contro Assad nel marzo 2011 più di 126.000 persone sono rimaste uccise.

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    Siria: per le monache di Maaloula il Libano chiede aiuto al Qatar

    ◊   Da due giorni Abbas Ibrahim, direttore della sicurezza nazionale in Libano, è a Doha (Qatar) per ottenere la liberazione delle da ribelli islamisti e portate dal loro monastero di Maaloula verso Yabroud, più al nord. Abbas Ibrahim ha anche il compito di avere notizie riguardo e dei quali non si è più saputo nulla. Il Libano - riferisce l'agenzia AsiaNews - spera che la mediazione del Qatar possa essere efficace come quella di due mesi fa, riguardo ad alcuni pellegrini sciiti libanesi fermati ad Aazaz (Siria) e liberati grazie alla mediazione di Qatar e Turchia. Il gen. Ibrahim si è recato a Doha con una lettera ufficiale del presidente Michel Sleiman, in cui quest'ultimo sollecita i buoni uffici della leadership dell'emirato sulle due questioni molto delicate. Il capo della sicurezza ha anche preso contatto con la direzione della catena televisiva del Qatar, Al Jazeera, per cercare di conoscere la fonte di , in cui le monache annunciavano la loro prossima liberazione. Il video precisa che le suore "custodite" (non "rapite", come si precisa nelle immagini) sono 13, oltre ad altre tre persone, portate a Yabroud "per salvarle dai bombardamenti". Non è possibile avere notizie più precise: le comunicazioni telefoniche fra Beirut e la Siria sono interrotte e il patriarca Youhanna X si trova a Damasco. Gli appelli per la liberazione delle suore si moltiplicano in Siria e in Libano. A Damasco, il patriarca greco-ortodosso domenica scorsa ha celebrato una messa per il loro rilascio. Nell'omelia ha chiesto a "chiunque, con qualunque connessione, diretta indiretta" di intercedere per ottenere il ritorno del gruppo. "Speriamo - ha aggiunto - che ciò avvenga oggi, non domani. Domandiamo a tutti, con urgenza, di aderire alla logica del dialogo e della pace, non alla violenza e alle armi". In Libano, il patriarca maronita e diverse associazioni cristiane hanno condannato il rapimento e domandano la liberazione delle suore. Gebran Bassil, ministro libanese per l'energia e le acque, ha lanciato un appello a tutti i movimenti pacifici di protesta, giudicando "insufficienti" le reazioni internazionali davanti a questo rapimento. (R.P.)

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    Centrafrica: uccisi due soldati francesi. Violenze tra comunità

    ◊   Proseguono in condizioni difficili e in un clima di forte tensione le operazioni di disarmo a Bangui che vedono 1600 soldati francesi in prima linea per ristabilire la sicurezza nella capitale. Da Parigi il ministero della Difesa ha annunciato la morte di due militari dell’operazione Sangaris, rimasti uccisi in scontri a fuoco che si sono verificati nella notte tra lunedì a martedì mentre erano impegnati in pattuglie nella zona dell’aeroporto. Le due vittime - riporta l'agenzia Misna - che appartenevamo all’ottavo reggimento dei paracadutisti della fanteria della marina di Castres (sud della Francia), “sono state trasportate d’urgenza al presidio medico ma purtroppo non sono riusciti a salvarle” ha riferito in parlamento Claude Bartolone, presidente dell’Assemblea nazionale. Da quando è formalmente cominciata l’operazione Sangaris, giovedì scorso, giorno in cui è arrivato il via libera del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il ministero della Difesa e lo Stato-maggiore dell’esercito francese hanno riferito di “un clima di tensione palpabile tra i soldati e alcuni gruppi armati”, in particolare con gli uomini della coalizione ribelle Seleka, autrice del colpo di stato dello scorso marzo ma ufficialmente sciolta dal Presidente di transizione Michel Djotodia. Per l’Eliseo, i due militari “hanno perso la vita per salvarne molte altre” si legge nel comunicato di cordoglio diffuso dalla presidenza francese, a poche ore da una visita a sorpresa di François Hollande, atteso per questa sera a Bangui, tappa del suo viaggio che lo porterà in Sudafrica per i funerali di Nelson Mandela. Nelle scorse ore lo Stato-maggiore delle forze armate ha tuttavia assicurato che le operazioni di disarmo, cominciate ieri, “stanno procedendo in modo celere” e che “la popolazione non è più minacciata” visto che “la maggior parte dei gruppi armati ha già abbandonato le proprie posizioni per le strade di Bangui” e si sarebbe accantonata in un apposito campo. E’ stato arrestato un noto comandante della Seleka, Nourdine Adam, trasferito nella base militare francese nei pressi dell’aeroporto internazionale. Nonostante l’ingente dispiegamento di soldati e blindati francesi, nella capitale tensioni e paura sono ancora forti. La diffidenza è grande tra i residenti del quartiere di Ouhango, abitato da cristiani e musulmani: se i Seleka sono stati disarmati, ingenti quantità di armi sono ancora nelle mani dei civili. “C’è chi è in possesso di armi da fuoco distribuite dalla Seleka e chi ha delle balaka (machete in lingua sangho, ndr), quindi viviamo nella paura. Tra cristiani e musulmani ci deve essere il disarmo e solo dopo si potrà pensare alla riconciliazione” ha testimoniato un residente di Ouhango all’emittente Radio France Internationale (Rfi). Si temono vendette e rappresaglie tra i due gruppi e la comunità musulmana ha chiesto alle forze francesi di garantire la sicurezza dei suoi membri e beni. Intanto da Washington il segretario alla Difesa Chuck Hagel ha ordinato alle forze statunitensi di mettere a disposizione velivoli per “trasportare le truppe del Burundi in Centrafrica”, accogliendo una richiesta di “assistenza logistica limitata” da parte della Francia. Sulla carta la risoluzione Onu della scorsa settimana dà il via libera all’intervento militare della Missione internazionale di sostegno al Centrafrica (Misca), per ora sotto comando dell’Unione Africana (Ua) che coordina 2500 soldati messi a disposizione da diversi paesi africani, e con il sostegno della Francia. (R.P.)

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    Filippine. Appello della Chiesa a un mese dal tifone: "Siamo rimasti senza cibo"

    ◊   “Venite subito e portateci del cibo: voglio dare qualcosa da mangiare al mio popolo." È questo l’accorato messaggio d’aiuto lanciato in questi giorni dall'arcivescovo di Palo, nelle Filippine, mons. John Forrosuelo Du, alle religiose dell’Istituto Serve di Gesù, che operano in diverse parti del mondo. Ad un mese di distanza dal tifone Haiyan, che ha causato la morte di oltre 5mila persone, oltre alla distruzione di 64 chiese, della cattedrale e della sede dell’arcivescovato locale, la situazione a Palo rimane ancora drammatica. In risposta al grido d’aiuto del presule, le Serve di Gesù hanno intenzione di inviare sul posto alcune consorelle esperte in ambito sanitario e pronte a portare aiuti alimentari. “Le nostre auto non sono in grado di intraprendere un viaggio così lungo - spiega l’arcivescovo - Tra i principali problemi, oltre alla mancanza di cibo e di prodotti farmaceutici, ci sono anche i saccheggi. Banditi e guerriglieri rubano gli aiuti umanitari per venderli al mercato nero, e il nostro petrolio è razionato”. Le Serve di Gesù hanno inoltre chiesto alla fondazione “Aiuto alla chiesa che soffre” (Acs) di inviare a Palo anche alcune copie della Bibbia e di YouCat, il catechismo per i giovani. "Stiamo lavorando per fornire alla gente il cibo - sottolinea Suor Rafaela Lázaro, missionaria spagnola delle Serve di Gesù nelle Filippine - ma vogliamo anche portare la Parola di Dio alle tante persone che vivono ancora nei campi profughi, senza elettricità e acqua corrente. Il disastro provocato dal tifone ha unito ancora di più la gente nella preghiera e nella celebrazione dei sacramenti; le persone si riuniscono nelle Chiese, ed è proprio lì che vengono distribuiti cibo e aiuti.” Per aiutare l’opera di "Aiuto alla Chiesa che Soffre” nelle Filippine è possibile donare on line sul sito www.aidtochurch.org. (G.P.)

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    Filippine: tutto pronto per la Giornata di preghiera contro il traffico di vite umane

    ◊   Cattolici e protestanti filippini hanno indetto, il prossimo 12 dicembre, una "Giornata di preghiera" contro il traffico di vite umane e il fenomeno aberrante della moderna schiavitù. Il momento centrale della manifestazione - riferisce l'agenzia AsiaNews - è previsto per le 3 del pomeriggio presso il Quirino Grandstand di Manila, luogo in cui - da tradizione - il neo-eletto presidente delle Filippine recita il suo giuramento. Tutte le chiese e le parrocchie della capitale, e del Paese, sono invitate a testimoniare a gran voce la solidarietà alle vittime e la ferma condanna degli sfruttatori, attraverso la preghiera e gesti di aiuto concreto. L'iniziativa è promossa dal Movimento interreligioso filippino contro il traffico di vite umane (Pimaht); un organismo formato dalla Conferenza episcopale filippina (Cbcp), dal Consiglio nazionale delle Chiese filippine (Nccp) e dal Consiglio filippino delle Chiese evangeliche (Pcec). Un impegno, spiegano gli ideatori, che si è reso ancora più urgente ed evidente negli ultimi mesi "a causa del devastante terremoto a Bohol e del super tifone Yolanda". All'iniziativa hanno aderito anche i responsabili della Caritas filippina (il National Secretariat for social Action - Justice and Peace, Nassa), secondo cui "è ancor più importante parlare del traffico di vite umane", quando il Paese è impegnato a "superare la catastrofe" causata da Yolanda. Difatti, una delle conseguenze più terribili delle calamità naturali e della conseguente povertà che ne deriva, è l'incremento di persone che finiscono nel racket criminale, siano essi donne o bambini rimasti orfani. Secondo gli organizzatori saranno presenti almeno 5mila fra leader religiosi, organizzazioni cristiane e semplici fedeli, per un momento di incontro, raccoglimento e preghiera. Oltre che un'occasione per formulare proposte e iniziative concrete per arginare il fenomeno. In una nota introduttiva, i vertici di Pimaht sottolineano che "l'integrità è un diritto inviolabile e intrinseco alla persona"; tuttavia, "i trafficanti di vite umane, schiavi del sesso o del lavoro forzato, stanno distruggendo le vite di milioni di bambini e di donne fragili e vulnerabili". Si tratta della "seconda industria criminale con la più rapida espansione del pianeta, a pari merito con l'industria delle armi e subito dietro al traffico di droga". Mons. Broderick S. Pabillo, direttore nazionale Nassa, il rev. Reyes di Nccp e il vescovo Efraim Tendero (Pcec), aggiungono che non si può restare "inerti a guardare crescere, anno dopo anno, il traffico di vite umane"; una piaga acuita dalle recenti devastazioni portate dal terremoto e dal tifone. "I trafficanti - aggiungono - si fanno ogni giorno più sfacciati, spesso certi di restare impuniti nelle loro attività criminali. E se loro diventano ogni giorno più spavaldi nei loro atti criminali, in questa che è una nuova forma di moderna schiavitù, noi di contro dobbiamo essere più decisi nel combatterli". Per questo i leader cristiani tracciano gli obiettivi comuni della lotta: demolire la rete del male, attraverso la preghiera e le azioni; restare vigili e collaborare con le autorità locali e le ong a difesa dei diritti umani; partecipare in modo attivo alle campagne di sensibilizzazione sul problema e battersi per lo sradicamento definitivo; infine, assicurare programmi di lungo periodo per il recupero e il benessere delle vittime degli abusi, le quali devono poter tornare a vivere in società in modo dignitoso. (R.P.)

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    Usa: adesione dei vescovi alla Campagna di Caritas Internationalis contro la fame nel mondo

    ◊   Anche i vescovi degli Stati Uniti aderiscono alla Campagna mondiale della Caritas Internationalis “One Human Family, Food for All”, per porre fine alla fame nel mondo entro il 2025. La campagna, alla quale Papa Francesco ha dato il suo sostegno con un videomessaggio diffuso in queste ore, prende il via oggi, giornata internazionale dei diritti umani, con una maratona di preghiera che toccherà tutti i Paesi del mondo alle 12 locali. “I vescovi degli Stati Uniti si uniscono all’appello di Papa Francesco a porre fine alla fame nel mondo”, ha dichiarato mons. Richard E. Pates, presidente della Commissione episcopale per la giustizia e lo sviluppo umano della Usccb, che presiederà in giornata una messa speciale per il lancio della campagna negli Stati Uniti. “Dalla sua elezione al soglio pontificio, Papa Francesco ha sollecitato i cattolici e tutte le persone a varcare i confini delle proprie vite per andare incontro ai poveri e agli emarginati. Mentre i nostri legislatori decidono come allocare le risorse finanziarie per i molti affamati nel Paese e nel mondo - ha aggiunto - questa campagna dà a tutti noi l’opportunità di passare dalla consapevolezza all’azione”. Funzioni di preghiera sono coordinate dai “Catholic Relief Services”, l’agenzia umanitaria internazionale dei vescovi, che ha messo in rete diverso materiale informativo e sussidi per la Campagna. Nell’iniziativa loro sono coinvolte tutte le 164 organizzazioni che sono sotto l’ombrello della Caritas Internationalis,. È la prima volta che le Caritas nazionali sono coinvolte tutte insieme in una campagna globale. Un impegno che va oltre l’advocacy nei confronti di governi e alle Nazioni Unite . Esso punta a far sì che tutte le Caritas adottino obiettivi nazionali che migliorino la sicurezza alimentare, e allo stesso tempo enfatizzino un cambiamento personale di ciascuno riguardo allo spreco di cibo, un tema sul quale Papa Francesco ha insistito molto in questi mesi. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Il card. Sodano: "Emerga la storia dei martiri durante il comunismo in Europa dell'Est"

    ◊   “La storia è maestra di vita. È quindi giusto contribuire a far conoscere alle nuove generazioni una pagina dolorosa nella vita dei popoli dell’Europa Orientale, privati dalla loro libertà religiosa e condannati a vivere oltre una cortina che impediva loro ogni contatto con gli altri fratelli del mondo intero”. Con queste parole il card. Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, ha plaudito l’iniziativa promossa questa mattina a Roma dall’Ambasciata della Repubblica di Bulgaria presso la Santa Sede e dall’Ordine di Malta di organizzare un convegno sul tema “La Chiesa nell’Europa dell’Est durante il comunismo: tra i martiri e la resistenza silenziosa”. Storici, giornalisti e sacerdoti - riferisce l'agenzia Sir - si sono confrontati sulla lettura di una delle pagine più buie della storia recente della Chiesa in Europa: quella del periodo comunista, del tentativo da parte della politica ateista degli stati comunisti di controllare la Chiesa ortodossa, di infiltrare agenti tra le file del clero, di laicizzare le festività cristiane, di imporre riti civili sostituendoli ai sacramenti cristiani. Una pagina oscura attraversata però anche dalla eroica esperienza della resistenza silenziosa della Chiesa ortodossa bulgara e cattolica i cui protagonisti furono appunto il popolo cristiano rimasto “fedele a Dio” e divenuto oggi “una schiera di martiri”. A loro ha reso omaggio oggi il card. Sodano ricordando come, secondo alcuni studi, furono 40 milioni le vittime di Stalin: “Fra di loro v’erano certamente anche molti perseguitati a causa della loro fede al riguardo dell’Urss”. Nel suo intervento, il cardinale decano ha ricordato l’apporto dato da Giovanni Paolo II “alla libertà dei popoli europei”. “Molti fattori certamente hanno contribuito al traguardo storico del crollo del Muro di Berlino come la maturazione delle coscienze nei cittadini dell’est Europeo, la diffusione dei mezzi di comunicazione sociale, il processo unificante della Comunità europea e non da ultimo la insostenibilità dei sistemi sociali dell’Est che impoverivano quelle popolazioni“. Ma - ha aggiunto Sodano - “determinante fu anche l’opera del grande Pontefice Giovanni Paolo II come riconobbe l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov”. Da qui l’augurio del cardinale perché “emerga la storia di quei martiri che non sono solo sacerdoti o monaci ma un popolo cristiano che ha sofferto e si continui ad approfondire tale pagine della storia recente, senza timore di dire la verità perché la verità non offende”. (R.P.)

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    Accordo sull'acqua tra Israele, Giordania e Autorità palestinese

    ◊   I rappresentanti d'Israele, Giordania e Autorità palestinese hanno firmato a Washington un accordo per migliorare la distribuzione delle risorse idriche. Si tratta di un’intesa trilaterale sull'acqua che – come ricorda l’agenzia Fides - arriva dopo undici anni di negoziati. Prevede la creazione di un sistema di pompaggio nel Golfo di Aqaba, che consenta di convogliare quasi 200 milioni di metri cubi d'acqua all'anno nelle aree che soffrono di più la carenza di risorse idriche. In particolare, Israele dovrà vendere ai palestinesi anche dai 20 ai 30 milioni di metri cubi supplementari di acqua desalinizzata. Un’altra parte delle risorse idriche, invece, saranno fatte defluire verso il Mar Morto, che senza questo intervento rischia di prosciugarsi entro il 2050. A esprimere soddisfazione per l’intesa raggiunta è padre Raed Abusahliah, direttore generale di Caritas Jerusalem, che la reputa “importante per i Territori palestinesi che soffrono di scarsità di risorse idriche e per salvare il Mar Morto”. L'accordo è stato firmato presso la sede della Banca Mondiale, che è partner del progetto. “Abbiamo dimostrato che si può lavorare insieme nonostante i nostri problemi politici” ha affermato il ministro palestinese, Shaddad Attili. (F.P.)

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    Irlanda: continua l’impegno della Chiesa nella tutela dei minori vittime di abusi

    ◊   “La diocesi di Armagh, in Irlanda, è pienamente impegnata nella salvaguardia dei minori”: è quanto ha afferma il card. Sean Brady, arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda. Il porporato ha presentato oggi un nuovo Rapporto della Commissione nazionale per la protezione dell’infanzia nella Chiesa cattolica nel Paese (National Board for Safeguarding Children in the Catholic Church in Ireland - Nbsccci), l’organismo istituito dai vescovi irlandesi proprio per contrastare il fenomeno degli abusi sui minori commessi nella Chiesa. Tale Rapporto, richiesto espressamente dal card. Brady, “è stato accettato nella sua interezza e le sue raccomandazioni verranno messe in atto tempestivamente”. Poi, il pensiero del porporato è andato “a tutti coloro che hanno subito abusi”: “So che voi sopravvissuti agli abusi, così come le vostre famiglie – ha aggiunto – avete sofferto terribilmente ed io ne sono profondamente dispiaciuto; prego per voi e vi assicuro che sarete accompagnati nel vostro percorso verso la guarigione e la riconciliazione”. Nello specifico, il nuovo Rapporto riconosce che tutti i dati riguardanti la tutela dei minori vengono presentati, in modo completo e senza indugi, alla polizia ed ai servizi sociali e che l’obbligo di segnalazione è ormai divenuto una prassi, tanto che “grande soddisfazione” viene espressa per la qualità della comunicazione e dello scambio di informazioni con la diocesi. “La tutela dei minori ad Armagh – ha continuato il card. Brady – è conforme ai più alti standard nazionali”, fissati dalla stessa Nbsccci e sottoscritti nel 2009 dalla Conferenza episcopale, dalla Conferenza dei religiosi d’Irlanda e dall’Unione missionaria irlandese. Infatti, “45 dei 48 criteri di valutazione richiesti sono stati rispettati pienamente”; tuttavia “in ogni momento, ovunque i bambini siano coinvolti in un’attività della Chiesa, ‘vigilanza’ rimane la nostra parola d’ordine”, ha sottolineato il primate irlandese. Quindi, il porporato ha ricordato due servizi approntati dalla Chiesa locale: ‘Towards Healing – Verso la guarigione’, ossia il servizio di consulenza per le vittime di abusi ed i loro familiari, e ‘Towards Peace – Verso la pace’, ovvero il servizio di sostegno spirituale per le vittime di abusi che sarà inaugurato nel 2014. Infine, ringraziando tutti gli operatori “altamente capaci e fortemente motivati” che lavorano nel settore, il porporato ha assicurato che si continuerà a lavorare per mantenere alto lo standard della tutela dei minori, perché “i nostri bambini, soprattutto quelli che hanno sofferto, meritano il massimo”. (A cura di Isabella Piro)

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    Myanmar: comunità cattolica in festa per il primo Beato

    ◊   L’arcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo, esprime la gioia della comunità birmana per la decisione di dichiarare beati i Servi di Dio, padre Mario Vergara e Isidoro Ngei ko Lat, martirizzati nel Myanmar nel 1950. Quest’ultimo è, infatti, il primo beato birmano. "Siamo felicissimi della decisione di Papa Francesco – ha dichiarato il presule all’agenzia AsiaNews -. È un segno del suo amore e della sua attenzione per la Birmania". La promulgazione del decreto riguardare il martirio, autorizzata ieri da Papa Francesco, era attesa da tempo. Un percorso iniziato nel maggio del 2008, quando la Conferenza episcopale birmana scrisse una lettera a Benedetto XVI per "chiedere umilmente al Papa di autorizzare lo studio della causa". L’ok della Santa Sede è arrivato nel 500esimo anno di presenza della Chiesa cattolica in Myanmar. “In occasione delle celebrazioni abbiamo invitato anche il Santo Padre” , racconta mons. Bo. (F.P.)

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    Nepal: cristiani, indù, buddisti e musulmani si preparano insieme al Natale

    ◊   Cristiani, indù, buddisti e musulmani si preparano insieme al Natale in Nepal. Il parroco della cattedrale dell'Assunzione di Kathmandu racconta all’agenzia AsiaNews che decine di volontari, cristiani e indù, hanno lavorato alle decorazioni della chiesa. Alle celebrazioni natalizie sono attese migliaia di persone, che confermano la crescita del cristianesimo. Dopo la caduta della monarchia indù nel 2006, per rilanciare il turismo il governo ha deciso nel 2011 di rendere il Natale festa nazionale. Ciò ha permesso ai cristiani di esporre immagini e addobbi sacri nei negozi e fuori dalle chiese e dalle abitazioni e “il Natale – spiega il sacerdote - è diventato un momento di festa anche per altri gruppi religiosi come indù, buddisti e musulmani, oltre che un’occasione di riconciliazione per persone di fedi differenti”. (F.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 344

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