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Sommario del 08/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Angelus. Il Papa: nell'Immacolata riconosciamo la nostra vocazione, essere trasformati dall'amore
  • Immacolata, Papa in Piazza di Spagna e S. Maria Maggiore. P. Perrella: in Maria tutta l'umanità è amata da Dio
  • "Papa Francesco. La mia porta è sempre aperta". P. Spadaro: per Bergoglio, Dio ci sorprende sempre
  • Oggi in Primo Piano

  • Centrafrica. Le truppe francesi disarmano i ribelli, 400 morti in tre giorni di violenze
  • Domenica di preghiera per Mandela nelle chiese del Sudafrica. Il direttore di Nigrizia: per lui il potere era servizio
  • Mille giorni di guerra in Siria. Appello del Patriarca di Antiochia per le suore ortodosse di Maalula
  • Wto, accordo sulle liberalizzazioni. Quadrio Curzio: grande progresso, ma servono fatti
  • Somalia sempre più nel caos: ucciso deputato opposizione, chiusa Radio Shabelle
  • Orosei, in migliaia ai funerali dell'imprenditore suicida. Mons. Marcìa: rimuovere burocrazia per aiutare chi ha perso tutto
  • Carcere di Rieti, appello del volontariato: detenuti in difficoltà, in gran parte sono immigrati
  • Piccola e media editoria italiana: ancora in crisi, ma cresce la vendita online
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq. Serie di attacchi a Baghdad, almeno 30 morti
  • Nucleare. Ispettori Aiea in impianto iraniano di Arak; Peres disposto a incontrare Rohani
  • Thailandia. Parlamentari dell’opposizione si dimettono alla vigilia della “battaglia finale”
  • La Corea del Sud estende la sua zona di difesa aerea, sale la tensione con la Cina
  • Ucraina. Protesta degli europeisti. Barroso: “Solo Kiev può decidere, Ue aperta”
  • Venezuela al voto per le elezioni municipali: un test per il governo di Maduro
  • Colombia, tradizionale Notte delle Candeline dedicata alla pace e alla riconciliazione
  • Missione dei vescovi del Paraguay tra gli immigrati in Argentina
  • A Panama il 29 dicembre marcia nazionale per la Festa della Famiglia
  • I vescovi canadesi aderiscono alla campagna della Caritas contro la fame nel mondo
  • Filippine. Il 12 dicembre, incontro ecumenico di preghiera contro la tratta
  • Irlanda: nel 2014, al via un servizio di sostegno spirituale per le vittime di abusi
  • Famiglia, giovani e dialogo interreligioso le priorità dell’Amecea per il prossimo triennio
  • Festa dell’Immacolata. L’atto di affidamento del cardinale Sepe: “Napoli ha bisogno di speranza”
  • Assisi: benedizione dell’albero di Natale e del presepe dedicati ai poveri
  • Il Papa e la Santa Sede



    Angelus. Il Papa: nell'Immacolata riconosciamo la nostra vocazione, essere trasformati dall'amore

    ◊   Decine di migliaia di persone hanno partecipato, nella Solennità dell'Immacolata Concezione, all'Angelus di Papa Francesco, in una Piazza San Pietro abbellita dall'albero di Natale donato dalla Baviera che sorge accanto al presepe in costruzione, dono dell'arcidiocesi di Napoli. "Maria ci sostiene nel nostro cammino verso il Natale - ha detto il Papa - perché ci insegna come vivere questo tempo di Avvento nell’attesa del Signore". Il servizio di Sergio Centofanti:

    In questa festa "il nostro sguardo è attratto dalla bellezza della Madre di Gesù, la nostra Madre!", la "piena di grazia", afferma il Papa che sottolinea come Dio abbia scelto per il suo disegno d'amore questa ragazza che viveva a Nazareth, "piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele":

    "Eppure su di lei, quella ragazza di quel paesino lontano, su di lei si è posato lo sguardo del Signore, che l’ha prescelta per essere la madre del suo Figlio. In vista di questa maternità, Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio e con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano. Ma questa frattura è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato. L’Immacolata è inscritta nel disegno di Dio; è frutto dell’amore di Dio che salva il mondo. E la Madonna non si è mai allontanata da quell’amore: tutta la sua vita, tutto il suo essere è un 'sì' a quell’amore, è un 'sì' a Dio. Ma non è stato certamente facile per lei!".

    Maria, infatti, "nella sua umiltà si sente un nulla davanti a Dio", ma ascolta e obbedisce. “Il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio – osserva il Papa - non ci è estraneo”:

    “Infatti Dio posa il suo sguardo d’amore su ogni uomo e ogni donna! Con nome e cognome. Il suo sguardo d’amore è su ognuno di noi. L’Apostolo Paolo afferma che Dio «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati» (Ef 1,4). Anche noi, da sempre, siamo stati scelti da Dio per vivere una vita santa, libera dal peccato. E’ un progetto d’amore che Dio rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti”.

    Spiega quindi il significato profondo di questa solennità:

    In questa festa, allora, contemplando la nostra Madre Immacolata, bella, riconosciamo anche il nostro destino più vero, la nostra vocazione più profonda: essere amati, essere trasformati dall’amore, essere trasformati dalla bellezza di Dio. Guardiamo lei, nostra Madre, e lasciamoci guardare da lei, perché è la nostra Madre e ci ama tanto; lasciamoci guardare da lei per imparare a essere più umili, e anche più coraggiosi nel seguire la Parola di Dio; per accogliere il tenero abbraccio del suo Figlio Gesù, un abbraccio che ci dà vita, speranza e pace".

    Dopo la preghiera mariana, il Papa rivolge il suo pensiero alla Chiesa che vive nell’America del Nord, che oggi ricorda la fondazione della sua prima parrocchia, 350 anni fa: Notre-Dame de Québec e rende grazie “per il cammino compiuto da allora, specialmente per i santi e i martiri che hanno fecondato quelle terre”, benedicendo “di cuore tutti i fedeli che celebrano questo giubileo”.

    Infine, ricorda che oggi pomeriggio, “seguendo un’antica tradizione”, si recherà in Piazza di Spagna, per pregare ai piedi del monumento all’Immacolata:

    “Vi chiedo di unirvi spiritualmente a me in questo pellegrinaggio, che è un atto di devozione filiale a Maria, per affidarle la città di Roma, la Chiesa e l’intera umanità. Al ritorno mi fermerò un momento a Santa Maria Maggiore per salutare con la preghiera la Salus Populi Romani e pregare per tutti voi, per tutti i romani. A tutti auguro buona domenica, e buona festa della nostra Madre. Buon pranzo e a presto!”.

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    Immacolata, Papa in Piazza di Spagna e S. Maria Maggiore. P. Perrella: in Maria tutta l'umanità è amata da Dio

    ◊   La Chiesa, dunque, celebra questa domenica la Solennità dell'Immacolata Concezione. Nel pomeriggio Papa Francesco, come ha detto all'Angelus, si recherà in Piazza di Spagna per il tradizionale omaggio all’Immacolata, preceduto - alle 16.00 - da una breve sosta davanti alla Chiesa della Santissima Trinità, per il saluto dell’Associazione Commercianti di Via Condotti. Prima di rientrare in Vaticano, il Pontefice farà visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per una preghiera davanti all’Icona della Salus Populi Romani, in forma privata, come hanno già fatto in varie occasioni Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. L'atto di venerazione all'Immacolata comprende un omaggio floreale da parte del Papa e la lettura del brano dell’Apocalisse che racconta la visione del segno grandioso apparso nel cielo, la donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle, minacciata dal drago. Seguono l'allocuzione di Papa Francesco e le litanie della Vergine. Il rito si conclude con la benedizione del Pontefice e l’antichissimo canto mariano “Tota pulchra”, “Tutta bella sei Maria”. Sul dogma dell’Immacolata, proclamato da Pio IX nel 1854, Federico Piana ha intervistato il padre servita Salvatore Perrella, preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum:

    R. – Il dogma è una verità che ci comunica l’amore di Dio per noi, e nello specifico comunica l’amore che Dio ha avuto fin dagli inizi verso la Madre del suo Figlio, Gesù. Questo è un dogma che comunica questa verità: Maria, nel suo ingresso al mondo, è stata amata di un amore preferenziale. Non a scapito di noi, dell’umanità: Lei rimane l’eletta Madre del Figlio di Dio. E in Maria, sorella nostra, tutta l’umanità è amata da Dio di un amore irrevocabile. Questo è il senso del dogma dell’Immacolata Concezione: una festa antica, già presente nel VII secolo in Oriente e poi via via adottata in Occidente.

    D. – Prima che Pio IX, nel 1854, l’8 dicembre, promulgasse questo dogma, c’era il popolo che aveva precorso questo dogma, che accettava questa idea …

    R. – Sì, certo. Dobbiamo sapere che un dogma nasce sempre dallo studio: di che cosa? Non studio algebrico matematico filosofico, ma nasce invece da questo studio della Parola di Dio. E leggendo la Parola di Dio, scrutando le ricchezze di questa Parola di Dio e vedendo la sinfonia delle opere di Dio, la Chiesa ha saputo trovare i fondamenti di questo dono. Maria è la “piena di grazia”, e la pienezza di grazia in cosa consiste? Nello sguardo misericordioso e amoroso di Dio fin dagli inizi. Qualcuno potrebbe obiettare: ma perché a Maria sì e a me no? Diceva Rahner: è la solita invidia di natura pseudo-democratica che non tollera che ci possa essere qualcuno migliore di noi. Maria è una di noi, ripetiamolo, perché sorella nostra in Adamo, ma non è come noi, perché diversamente da noi lei ha saputo sempre dire “sì”, senza esitazioni, nella fedeltà, e quindi nella bellezza di questo “sì”.

    D. – Il Papa si recherà in Piazza di Spagna a rendere omaggio all’Immacolata. Che cosa possiamo dire in merito a questa tradizione?

    R. – Sì: andiamo all’origine di questo monumento mariano che poi ha visto copie diverse nelle varie città del mondo. E’ stato Pio IX che, al termine di questo percorso – lungo, laborioso ma anche entusiasta – di definizione dogmatica, ha voluto dare un segno esterno: sulla colonna più alta della città è assisa la Madre Immacolata di Cristo. Maria veglia la città, guarda la città, benedice la città e benedicendo la città di Roma, benedice tutte le città unite a Roma nella fede. E se il Vescovo di Roma – ieri Pio IX, Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Papa Benedetto e oggi Papa Francesco – si reca ad omaggiare la Vergine Maria, esprime un gesto di filiale pietà, esprime un gesto comune. E’ un segno pudico, è il segno dell’amore. E come vedete, ci ritroviamo sempre all’origine di tutto: l’amore.

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    "Papa Francesco. La mia porta è sempre aperta". P. Spadaro: per Bergoglio, Dio ci sorprende sempre

    ◊   “Papa Francesco. La mia porta è sempre aperta”: è il titolo del libro-intervista con Papa Francesco realizzato dal direttore de “La Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro. Il testo, presentato a Roma, propone una versione più completa della conversazione con il Pontefice, pubblicata in precedenza dalla rivista dei Gesuiti. Debora Donnini ha chiesto a padre Antonio Spadaro quali siano le novità del libro:

    R. – Il libro contiene l’intervista e ha tutta una parte di commento, che in realtà include del virgolettato in più. Quindi, cose che il Papa ovviamente ha rivisto – ho fatto tutto questo con il suo permesso – elementi che si sono aggiunti e poi una serie di approfondimenti che collegano ciò che il Papa ha detto adesso con ciò che aveva detto nel passato, nelle sue omelie, nei suoi discorsi da cardinale arcivescovo di Buenos Aires. Devo dire che è stata un’esperienza intellettuale anche molto forte per me, oltre che umana e spirituale.

    D. – Alcune espressioni di questa intervista a Papa Francesco sono rimaste emblematiche. Per esempio, il Papa dice che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite, di riscaldare il cuore dei fedeli: “Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia”. Queste espressioni quanto sono centrali nella sua intervista?

    R. – Questa è assolutamente l’immagine centrale dell’intervista, a mio avviso, perché esprime una visione della Chiesa: un’immagine fortissima, in cui comprende il mondo come un luogo in cui ci sono persone ferite, in cui c’è bisogno di salvare la vita alla gente, non solo di curare il colesterolo, come dice lui, o i trigliceridi. Quindi, l’uomo va aiutato, la Chiesa deve aprire le porte e annunciare il Vangelo a tutti, in qualunque condizione di vita essi si trovino. Direi quindi che sia l’immagine guida che ci fa comprendere quale sia la visione della Chiesa di Papa Francesco.

    D. – Un’altra parola centrale per Papa Francesco è la “missionarietà”. Come viene fuori in questo libro-intervista?

    R. – La “missionarietà” è la visione che il Papa ha davanti del compito della Chiesa. Il compito della Chiesa è quello di aprire le braccia, di aprire le porte, come dice spesso lui, ma non soltanto per far entrare la gente, ma per far uscire il Signore dalle Chiese e farlo andare nel mondo. Quindi la Chiesa è chiamata in radice ad essere missionaria.

    D. – Infatti, lui dice che la cosa più importante è il primo annuncio: ‘Gesù Cristo ti ha salvato’. Quindi, il kerygma, che poi riprende anche nell’ Evangelii Gaudium...

    R. – Esattamente. L’approccio kerygmatico per lui è fondamentale: è il primo annuncio del Vangelo, cui si unisce – questa è la tensione dell’Esortazione apostolica – un altro elemento, che è il discernimento. Bisogna, quindi, far sostanzialmente due cose: innanzitutto riconoscere dove il Signore si trova e come agisce ed opera nel mondo, e poi annunciare il Vangelo al mondo. Sono due cose non in contraddizione, ma che devono andare di pari passo.

    D. – Se lei dovesse definire Papa Francesco con una parola, alla luce di questa intervista, cosa direbbe?

    R. – “Sorpresa”, semplicemente perché è il riflesso del Dio delle sorprese. Il Papa ha affermato più volte che per lui Dio è il Dio che sorprende, il Dio delle sorprese.

    D. – Il Dio che anticipa...

    R. – Il Dio che anticipa, perché è sempre più grande delle nostre idee. Ma, in questo senso, è profondamente gesuita, perché il motto della Compagnia di Gesù è “Ad Maiorem Dei Gloriam”, cioè ad una gloria di Dio sempre maggiore. Non si finisce mai, quindi, e non finiranno neanche le sorprese.

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    Oggi in Primo Piano



    Centrafrica. Le truppe francesi disarmano i ribelli, 400 morti in tre giorni di violenze

    ◊   Il Centrafrica torna a sperare. Dopo il via libera del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, le truppe francesi sono giunte nel Paese, accolte dall’entusiasmo della popolazione, per riportare pace e sicurezza. Parigi ha schierato 1600 militari con l'obiettivo di porre fine ai massacri compiuti dai miliziani islamisti "Seleka". In tre giorni di violenze, nella sola capitale Bangui, sono morte circa 400 persone. L'intervento, ha detto il presidente francese Hollande, sarà "rapido ed efficace" e dovrà "disarmare tutte le milizie e i gruppi armati che terrorizzano la popolazione''. Scontri si registrano ancora un po' dovunque, come a Bozoum, nella zona occidentale del Paese. Qui opera il padre carmelitano Aurelio Gàzzera, missionario in Centrafrica da oltre 20 anni, che – al microfono di Fabio Colagrande – spiega quanto sta succedendo in questa località:

    R. – Qui c’è poco di politico. Questa è gente che ha perduto tutto e dopo otto, nove mesi di questo regime terrorista, si hanno queste reazioni, che spesso, purtroppo, coinvolgono le varie comunità: musulmane, cristiane e così via. Crea dei problemi, quindi, a quel livello. Sono banditi. Ci sono stati massacri veri e propri prima da una parte e poi dall’altra.

    D. – Come vede il via libera dell’Onu a questa missione di peace-keeping?

    R. – E’ positivo che l’Onu intervenga e che la Francia possa fare qualcosa, visto che hanno una ottima conoscenza del terreno e del Paese.

    D. – Sicuramente, però, saranno ancora settimane e mesi di violenza ...

    R. – Quello che si teme è, appunto, che prima di andarsene, questi ribelli - che sono assolutamente da mandare via - faranno disastri. Questo è quello che si teme. Adesso vedremo un po’ nei prossimi giorni, se ci sarà un’evoluzione rapida o meno. Vedremo un po’.

    D. – Qual è la situazione umanitaria della popolazione di Bozoum?

    R. – Adesso, moltissimi si sono rifugiati nella nostra missione e ci stiamo organizzando per cercare di accoglierli in modo decente. Già la notte scorsa erano 300, 400, ma adesso, penso, saranno già oltre un migliaio. Qui si sentono in sicurezza ed è anche bello che la missione sia un luogo di rifugio e di relativa tranquillità.

    D. – La maggioranza è di religione cristiana?

    R. – La maggioranza sì. I musulmani, qui, credono siano un dieci per cento, anche se è una comunità piuttosto radicata, perché sono qua da anni. Non ci sono grossi problemi tra i musulmani e i cristiani: c’è sempre stata una buona convivenza, con qualche piccolo problema ogni tanto. Questa guerra, però, sta mettendo un po’ tutto in gioco.

    D. – Uno degli ultimi timori è davvero che questo tipo di conflitto si trasformi in un conflitto interreligioso...

    R. – La possibilità c’è ed è già molto concreta. Ci sono già state delle violenze che mirano direttamente ai musulmani, con poi reazioni contrarie. E quelle purtroppo ci sono già state dall’inizio. Questo movimento della Seleka, infatti, è composto in maggioranza da musulmani del Nord, del Sudan e del Ciad, quindi questo ha creato tensione, gelosia, rancore e sarà poi difficile da cambiare, ci vorrà molto tempo.

    D. – Come la vostra missione, la vostra parrocchia, sta preparando la festa del Santo Natale, in un momento così difficile di paura?

    R. – E’ un momento in cui sentiamo anche forte il senso della speranza e dell’attesa, che il momento liturgico ci suggerisce. In questi giorni, appunto, si fa sentire più forte questo desiderio. La prima domenica di Avvento abbiamo iniziato con la Lettura di Isaia, dove si dice: “Forgeranno le loro spade in vomeri”. Questo ci ricorda che la pace è un dono, ma bisogna anche saperlo lavorare e preparare.

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    Domenica di preghiera per Mandela nelle chiese del Sudafrica. Il direttore di Nigrizia: per lui il potere era servizio

    ◊   Oggi, in tutte le chiese del Sudafrica, i fedeli si sono radunati per pregare per Nelson Mandela, scomparso il 5 dicembre all’età di 95 anni. A Johannesburg si è svolta una cerimonia solenne in una chiesa metodista con il presidente Jacob Zuma. Ma il primo grande appuntamento per ricordare il primo presidente del Sudafrica democratico è fissato per martedì, quando ci sarà la Cerimonia di omaggio ufficiale al Soccer City Stadium di Soweto, che vedrà la partecipazione di capi di Stato e di governo di tutto il mondo. I funerali si svolgeranno il 15 dicembre a Qunu, villaggio natale di Mandela. Ma qual è il volto del Sudafrica che si prepara a dare l’ultimo saluto a Madiba? Fabio Colagrande ne ha parlato col padre comboniano Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia, per 20 anni missionario nel Paese:

    R. - Come ben si sa anche in Sudafrica, dopo la fine dell’apartheid e l’inizio del nuovo Sudafrica, dopo i primi entusiasmi di giustizia sociale, di eguaglianza, ha prevalso invece in molti aspetti la logica del potere, della corruzione, dell’arricchimento, dell’individualismo. Penso che a questo falso ideale abbiano aderito anche tanti giovani che magari sono disoccupati, hanno una poverissima istruzione scolastica, quindi guardano alla politica semplicemente come un modo per arricchirsi, per arrivare al potere e riuscire a mettere da parte risorse per se stessi e per la propria famiglia. Quindi, è uno svilimento della politica e non era certo questo il messaggio di Mandela che ha sempre lottato per una politica che potesse essere un modo concreto per realizzare l’ideale di uguaglianza, di solidarietà, di libertà, di dignità umana.

    D. – Nelson Mandela non professava una religione, pur essendo stato battezzato; eppure in Sudafrica è stimato da tutti, cristiani, induisti, musulmani. Qual era il suo rapporto con la religione?

    R. – Ha sempre avuto parole di grande rispetto per la Chiesa. Forse la cosa più bella che ha fatto come segno concreto di riconoscenza e di gratitudine alle Chiese, è stato quando ha istituito la Commissione per la verità e la riconciliazione nel ’94 e ne ha affidato l’incarico all’arcivescovo anglicano Desmond Tutu. Disse loro: “Voi come Chiese avete gli strumenti di fede, come la confessione, il pentimento, il risarcimento, la riconciliazione”, e questi sono strumenti importanti da applicare poi nel cammino che è stato fatto con la Commissione per la verità e la riconciliazione.

    D. – Perché il suo esempio è andato oltre il Sudafrica e lo ha trasformato davvero in un’icona per tutto il mondo…

    R. – Credo sia diventato un’icona universale perché è stato anche l’uomo del dialogo. Ha saputo aprire un varco là dove nessuno avrebbe voluto o potuto avventurarsi: colloquiando, aprendo le porte al dialogo con i nemici storici, politici, quindi al governo di allora, quello segregazionista. Quindi, questa sua volontà di colloquiare di dialogare con coloro che erano ritenuti nemici sapendo che pian piano era possibile riuscire a trovare un accordo. Poi ci sono stati tre anni di mediazioni difficilissimi, ma anche molto fruttuosi che hanno portato veramente al nuovo Sudafrica grazie anche proprio al suo carisma.

    D. – Qual è il suo ricordo di Mandela?

    R. – Una cosa che mi ha sempre colpito è che non ha ceduto alle lusinghe del potere: una volta raggiunto il vertice del comando del Paese non è poi caduto nella stessa trappola di tanti altri eroi, liberatori del loro popolo che una volta al potere si sono trasformati in “oppressori”. Mandela ha saputo capire il proprio limite, l’anzianità in questo caso. A 76 anni diceva: “Non posso pretendere di governare un Paese così complesso, che esce da un periodo difficilissimo; occorrono tante energie per ricostruirlo. Accettò di candidarsi al primo mandato come presidente della prima Repubblica democratica sudafricana solo a condizione che non sarebbe stato rieletto poi per un secondo mandato. Quindi, tra le sue tante doti c’è questa libertà dal potere, perché ha sempre inteso l’autorità come servizio e non come privilegio personale.

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    Mille giorni di guerra in Siria. Appello del Patriarca di Antiochia per le suore ortodosse di Maalula

    ◊   Sono passati mille giorni dall'inizio della crisi in Siria e la guerra continua a uccidere e distruggere. “La Siria rischia di diventare un emirato jihadista ingovernabile”, ha detto il ministro degli Esteri iracheno Zebari dal Bahrein, dove sta partecipando a una conferenza sulla sicurezza in Medio Oriente. Nessun aggiornamento, intanto, sulla sorte delle suore ortodosse prelevate con la forza dal loro monastero di Maalula, mentre in Sicilia si registra un nuovo sbarco di profughi siriani. Il servizio di Roberta Barbi:

    Mille giorni: è solo il primo dei tragici numeri che sta collezionando la guerra in Siria, un Paese ormai in macerie e in balìa di gruppi ribelli supportati da cellule qaediste da una parte, e da forze paramilitari fedeli al regime dall’altra. Mille sono anche le tonnellate di agenti chimici in possesso di Damasco e che stanno per essere smaltite dall’Opac (l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), ma gli altri numeri sono ancora più impressionanti: 120mila i morti secondo l’Osservatorio per i Diritti umani a Londra, legato all'opposizione; sette milioni le persone coinvolte, di cui la metà bambini, secondo l’Unicef. La conferenza di pace Ginevra 2, convocata per il prossimo 22 gennaio, appare ormai davvero l’ultima speranza. E tutto tace sulla vicenda delle religiose ortodosse prelevate con la forza il 2 dicembre scorso dal monastero di Santa Tecla a Maalula dopo che la città è stata nuovamente occupata dalle milizie ribelli. Dopo il video diffuso da al Jaazera venerdì, in cui affermavano di stare bene, di essere state portate via per la loro sicurezza e di poter tornare a casa entro due giorni, ieri il Patriarca Giovanni X, primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché compia azioni concrete che conducano alla loro liberazione. Per la soluzione di questo caso, inoltre, il capo degli apparati di sicurezza libanesi, generale Ibrahim, è partito alla volta del Qatar. Infine, un nuovo sbarco di migranti, questa notte, a Siracusa: 113, tra egiziani e profughi siriani, immediatamente trasportati nei centri d’accoglienza di Messina.

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    Wto, accordo sulle liberalizzazioni. Quadrio Curzio: grande progresso, ma servono fatti

    ◊   La Comunità Internazionale, all’indomani dello storico accordo al Wto (World Trade Organization) di Bali, sulla liberalizzazione degli scambi, ha iniziato ha lavorare all’agenda di sviluppo. Entro 12 mesi si dovranno tradurre in concretezza le strategie dell’Organizzazione mondiale del Commercio, che mirano a rilanciare l’economia a livello planetario. Massimiliano Menichetti ha intervistato l’economista Alberto Quadrio Curzio:

    R. – Certamente, c’è stato un grosso progresso. Naturalmente, la liberalizzazione, come viene chiamata, è una enunciazione di principio. Bisogna vedere, poi, come in pratica andranno ad essere attuate queste disposizioni.

    D. – Il testo prevede che la Commissione per i negoziati commerciali entro dodici mesi prepari a Ginevra un programma di lavoro concreto. In base a quello che stava dicendo, vuol dire che bisognerà aspettare, con il rischio che l’accordo rimanga lettera morta come fu per Doha nel 2001?

    R. – Questi dodici mesi che sono stati dati, sono dodici mesi cruciali. Credo, dunque, che in quei dodici mesi i singoli Paesi, che obiettivamente non hanno interessi coincidenti, hanno interessi convergenti, eserciteranno le loro specifiche preferenze, per vedere come contenere i propri interessi, chiamiamoli pure individuali, dentro un principio più generale di cooperazione internazionale. Vorrei fare due osservazioni più specifiche: i Paesi in via di sviluppo hanno una forte attenzione, giustamente, sia all’esportazione dei loro prodotti agricoli, nei confronti dei quali spesso sono i Paesi sviluppati a frapporre delle barriere, e a loro volta i Paesi sviluppati hanno un’esigenza che, sempre con riferimento ai prodotti agricoli o provenienti dall’attività agro-zootecnica, giungano ai Paesi non sviluppati con adeguate garanzie di qualità.

    D. – La Cina festeggia lunedì prossimo il dodicesimo anno di entrata nel Wto. Che cosa significa questa presenza oggi?

    R. – Significa che ci sono voluti dodici anni per far sì che l’attività commerciale della Cina stessa andasse gradualmente ad adattarsi alle esigenze altrettanto rispettabili e fondate dei Paesi sviluppati.

    D. – Si riferisce alla concorrenza e al rispetto del diritto del lavoro?

    R. – Questi erano argomenti con riferimento ai quali si osservava che la Cina poneva in essere quelli che in termini economici si chiamano “dumping” di varia natura. Via via, però, ci si sta avviando verso una soluzione positiva.

    D. – Sicuramente, a livello globale, c’è molto da fare e tante sono le sfide. Ma, secondo lei, stiamo andando nella giusta direzione?

    R. – E’ difficile dirlo, perché se noi guardiamo anche i grandi poli sviluppati – Stati Uniti, Giappone ed Europa – ci sono delle politiche di convergenza, ma ci sono anche delle politiche di competizione. E tra queste politiche faccio notare che quello che oggi, soprattutto per i suoi effetti sul commercio internazionale, presenta punti problematici, sono le politiche valutarie. Chiaramente gli Stati Uniti e il Giappone, infatti, stanno ponendo in essere delle politiche valutarie di forte deprezzamento delle loro valute e l’Unione Europea che, paradossalmente, è per taluni versi più in crisi, vede un continuo apprezzamento dell’euro. E questo, ovviamente, non favorisce le esportazioni. Per esempio, quindi, sotto questo profilo bisognerebbe trovare un momento di confronto più diretto tra i tre grandi poli, che poi rappresentano anche le tre grandi valute, per stabilire delle modalità di non eccessivo deprezzamento delle valute stesse. Negli anni passati, per esempio, gli Stati Uniti si erano molto, molto lamentati del dumping valutario della Cina, ritenendo che la moneta cinese fosse artificiosamente tenuta bassa per esportare di più. Oggi, forse, potrebbe essere l’Europa che dice che il dollaro è tenuto artificiosamente troppo basso, per esportare di più ed importare di meno.

    D. – A livello globale, secondo lei, serve più etica?

    R. – Ma non c’è il minimo dubbio che serva più etica. Naturalmente, come insegna anche la Dottrina sociale della Chiesa, l’etica deve fondarsi su dei principi solidi e deve trovare anche una traduzione nei momenti storici specifici. Mi riferisco naturalmente alle applicazioni economiche.

    D. – L’errore più grande, in questo momento, che si compie, qual è?

    R. – Bisogna passare da quella che è una filosofia del rigore ad una filosofia della parsimonia e della sobrietà. Se lei mi dicesse, dunque: “Va bene, ma mi riduca a poche battute le sue priorità”. Sarebbero: sviluppo per l’occupazione dei giovani, ma non occupazione in senso meramente di retribuzione di un lavoro, ma per dare prospettive di speranza e di futuro ai giovani.

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    Somalia sempre più nel caos: ucciso deputato opposizione, chiusa Radio Shabelle

    ◊   Un deputato dell’opposizione ucciso per l’esplosione di una bomba posizionata sotto la sua auto. E’ l’ultimo atto di violenza avvenuto a Mogadiscio, in Somalia, dove cresce la preoccupazione anche per la libertà di stampa. La cronaca di questi giorni parla infatti dell’arresto di una giornalista violentata e della chiusura di Radio Shabelle, che aveva rilanciato la denuncia della donna. Inoltre, l’editore e il direttore dell’emittente indipendente sono stati arrestati. Sulla situazione nel Paese, Eugenio Bonanata ha intervistato la giornalista somala Shukri Said:

    R. - In Somalia c’è una road map fatta dalla Comunità internazionale per la riconciliazione del Paese. Un anno fa è stato eletto questo presidente che ha progettato una Costituzione provvisoria dove c’è il rispetto della libertà di informazione, dei diritti civili, della libertà della parola. Tutte queste belle parole, però, sono state totalmente disattese dal presidente Sheikh Mohamud che fa capo ad un’organizzazione religiosa chiamata Damul Jadid, un ramo dei Fratelli Musulmani in Somalia.

    D. - Cosa chiedete alla Comunità internazionale?

    R. - Questo regime deve cambiare totalmente rotta. Noi chiediamo alla Comunità internazionale di garantire la libertà di informazione, il contraddittorio e la sacrosanta voce dell’opposizione e poi non devono essere toccati gli attivisti dei diritti umani. Il regime o garantisce quello che è scritto e concordato nella road map o altrimenti si deve dimettere.

    D. - Tra l’altro in un attentato è stato ucciso anche un deputato dell’opposizione a Mogadiscio…

    R. - Qualsiasi cosa succede dicono che è colpa degli Al Shabaab. Hanno questo alibi di ferro, ma adesso questo alibi non regge più, perché se i responsabili fossero stati gli Al Shabaab, questi avrebbero messo una bomba davanti all’ufficio del presidente, a quello del primo ministro o a quello del presidente del parlamento, ovvero le tre figure più importanti che si trovano lì. Noi chiediamo che la Comunità internazionale, visto che tutela questi personaggi, e questo presidente che, ormai è chiaro, segue una linea contro la libertà, contro la democrazia, assolutamente violenta, conduca delle indagini parallele perché noi vogliamo sapere come mai questo parlamentare è stato ucciso.

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    Orosei, in migliaia ai funerali dell'imprenditore suicida. Mons. Marcìa: rimuovere burocrazia per aiutare chi ha perso tutto

    ◊   A Orosei, in Sardegna, migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di Pasqualino Contu, l'imprenditore 49enne, sposato e padre di tre figlie, che si è tolto la vita in un momento di disperazione, dopo che l'alluvione dello scorso novembre gli aveva devastato l’azienda, creata 30 anni fa e con 15 dipendenti. L’imprenditore aveva dovuto affrontare già due volte la ricostruzione della propria attività. La Confindustria locale ha lanciato un appello a non lasciare soli gli imprenditori per timore di gesti analoghi. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Mosè Marcìa, vescovo di Nuoro:

    R. – Il morale di certe situazioni imprenditoriali è molto giù, e non solo gli imprenditori, ma anche pastori che hanno perso il gregge, agricoltori che hanno perso il raccolto. La solidarietà è grandissima, ma i problemi restano. La solidarietà va bene per venir fuori dai primi bisogni, ma dopo che questi sono finiti, poi bisogna tornare alla vita quotidiana, alla vita normale, ma mancano i mezzi per riprendere la stessa vita. Questo è il dramma. Mi auguro che questo suicidio resti un caso unico, ma c’è davvero la fatica di imprenditori, agricoltori e pastori.

    D. – Lei ha incontrato queste persone?

    R. – La persona che è mancata ieri no, non l’avevo ancora incontrata. Incontrerò adesso la famiglia. Ma ho incontrato gli altri. Posso raccontare un episodio brevissimo, che riguarda Torpè, un paesino vicino a dove è capitato il fatto: un uomo è rientrato a casa, ma non l’ha trovata. Lui è vedovo, i suoi figli sono sposati e nelle loro case. E commentando l’episodio questo uomo ha detto: “Non voglio disturbare i figli, hanno la loro famiglia. Io ho il vuoto, a casa mia non c’è più nessuno”. L’ho trovato che stava ripulendo dal fango la tomba della moglie, e mentre diceva: ho solo lei. Questo fa capire il vuoto che ha creato dentro le persone questa alluvione.

    D. – Dopo il suicidio di Pasqualino Contu, la Confindustria della Sardegna centrale ha lanciato un appello alle istituzioni, ha chiesto di non lasciare soli questi microimprenditori, di ascoltare la voce di dolore che si alza dal territorio sardo. Lei si unisce a questa richiesta? Lei anche si rivolge alle istituzioni?

    R. – Sì, posso rivolgermi alle istituzioni e ho già parlato con qualcuno di loro. E’ tutta una Regione che è malmessa. Non me la sento di dividere le istituzioni – parlo delle istituzioni locali – l’imprenditoria o la persona semplice. Siamo tutti nella stessa barca. Ho pregato, supplicato e ho già fatto dei passi affinché le istituzioni tolgano tutto l’aspetto burocratico che in questo momento altro non fa che intasare un percorso e che potrebbe creare maggiori danni. Sa che cosa è capito ad Orosei? E’ capitato che un ponte abbia retto e non sia crollato, però si è intasato per tutto quello arrivava e quindi ha tracimato, ha travasato e ha rovinato tutto. Se anche la burocrazia si mette a tappare, a chiudere i passaggi, anziché ripulire per far scorrere, siamo davvero impantanati del tutto. Chiedo davvero alle istituzioni di togliere il più possibile tutti quelli che sono gli ostacoli, io li chiamo burocratici, che forse sono anche giusti, in un momento di vita normale, ma che oggi sono soltanto un ostacolo.

    D. – Attualmente la situazione delle persone che stanno cercando di rientrare in casa qual è?

    R. – Alcuni sono rientrati in casa tranquilli e pacifici – pacifici si fa per dire. Sono rientrati, ma ci sono ancora nei paesi della mia diocesi un centinaio di famiglie che non possono ancora rientrare. Addirittura qualcuno che era rimasto dentro, adesso deve uscire, perché ora ci si rende conto che la sua casa è pericolante.

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    Carcere di Rieti, appello del volontariato: detenuti in difficoltà, in gran parte sono immigrati

    ◊   La situazione delle carceri italiane resta difficile. Di qui, l'iniziativa degli assistenti volontari penitenziari della “Sesta Opera San Fedele Rieti” che hanno chiesto un aiuto per i circa 300 detenuti della Casa Circondariale Nuovo Complesso della cittadina laziale. Nazzareno Figorilli, responsabile del Centro di Ascolto e presidente dell’associazione, ha descritto - al microfono di Elisa Sartarelli - una realtà carceraria molto critica:

    R. – Si tratta di necessità soprattutto economiche, come in tutte le carceri italiane. Basti considerare che con circa 4 euro al giorno lo stato provvede ai tre pasti giornalieri dei detenuti e con circa 70 centesimi al trattamento rieducativo e al reinserimento. La stragrande maggioranza – per non dire la totalità – dei detenuti nelle carceri italiane sono proprio i più bisognosi! Chi ha possibilità economiche e può avvalersi di avvocati valenti è fuori dal carcere: non è in attesa di giudizio o è agli arresti domiciliari! Noi li ascoltiamo, teniamo i rapporti con i loro familiari, con gli avvocati. Nel carcere di Rieti oltre il 60 per cento sono stranieri, quindi sono dentro per immigrazione clandestina o per consumo di droga. Non hanno colloqui, perché le loro famiglie sono essenzialmente all’estero o in giro per l’Italia. Noi teniamo i rapporti anche con le loro famiglie nei Paesi di provenienza, che sono tutti Paesi del Maghreb e dei Balcani. Quindi hanno necessità di prodotti igienici, di vestiario, di vicinanza, di amicizia, di accoglienza. Senza di noi l’amministrazione penitenziaria non sarebbe in grado di andare avanti.

    D. – Esiste un problema di sovraffollamento?

    R. – Non c’è sovraffollamento, perché dopo la decennale esperienza del carcere di Bollate, si è iniziata questa esperienza del carcere aperto. A Rieti c’è capienza sufficiente e quindi non si tratta di questo: i detenuti sono all’aperto otto ore al giorno, possono circolare liberamente nelle sezioni, possono cucinare da soli… Ma non essendoci risorse personali proprie c’è poco da cucinare!

    D. – Di cosa avrebbero bisogno i detenuti?

    R. – I detenuti hanno bisogno di dentifrici, spazzolini e tutti i prodotti igienici sia personali che per pulire le celle e gli ambienti che frequentano. E poi il vestiario: adesso, con il freddo, c’è necessità di tute, di maglioni, di biancheria intima. Rieti è una piccola città di 45 mila abitanti e non è facile reperire queste necessità.

    D. – Come è possibile aiutarvi?

    R. – Noi abbiamo la sede in via Paolo Borsellino, 96 a Rieti. Chi può dare o offrire, ci porti questi prodotti: ne abbiamo veramente bisogno! Noi abbiamo fatto questo appello, perché abbiamo bisogno ora e non domani o nei prossimi mesi. Ora abbiamo necessità! Ora! C’è crisi fuori e quindi non riusciamo a fare più la raccolta di queste cose. Non ci arrivano, neanche in questi giorni!

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    Piccola e media editoria italiana: ancora in crisi, ma cresce la vendita online

    ◊   Continua il trend negativo della piccola e media editoria italiana, fatta di piccole aziende a conduzione familiare che faticano a trovare spazio in libreria. L’unica buona notizia è che aumentano le vendite dei libri su Internet – circa 6 milioni e mezzo nei primi mesi dell’anno – mentre il mercato degli e-book stenta a decollare. Questi alcuni dati presentati in occasione della Fiera nazionale, a Roma, della piccola e media editoria “Più libri più liberi”. Ascoltiamo Gregorio Pellegrino, responsabile digitale dell’editrice cattolica Effatà, intervistato da Antonella Pilìa:

    R. – Per i piccoli e medi editori è molto difficile farsi notare nelle librerie. Quindi, soprattutto per le realtà più piccole, questa attività rappresenta più un hobby, un secondo lavoro che una fonte di sostentamento. Non riuscire a farsi vedere nelle librerie – dove spesso negli scaffali vengono visualizzati i libri delle grandi case editrici – porta invece ad avere una crescita delle vendite nei canali digitali, quindi nelle librerie online, che comunque non compensa la perdita legata alla crisi del libro. Anche perché quest’ultimo è considerato un accessorio e non un bene essenziale, e per questo molte famiglie italiane, in tempo di crisi, hanno deciso di farne a meno.

    D. - Quali sono le ragioni di questa crisi che porta a chiudere tante piccole case editrici e librerie?

    R. - La causa basilare è che i libri prodotti non riescono a essere venduti, per due motivi. Il primo è che, in realtà, in Italia c’è una produzione di titoli troppo alta in rapporto al numero di lettori; la seconda, invece, è dovuta al fatto che per una casa editrice, riuscire a investire nella distribuzione nazionale per essere presenti in tutte le librerie d’Italia, è molto complicato e costoso.

    D. - Anche la piccola editoria cattolica sta soffrendo?

    R. - Il settore cattolico – non avendo mai picchi altissimi, ma neanche bassissimi, di vendite – ha tenuto sempre abbastanza bene nonostante le crisi. In ogni caso, nell’ultimo anno, ha sofferto: se negli anni precedenti c’era un calo intorno al 10%, nell’ultimo anno questo decremento è aumentato. L’unico fattore positivo è stata l’elezione di Papa Francesco, che sembra portare una nuova primavera in questo settore. Altro fattore positivo, poi, è il fatto che i due maggiori distributori di editoria cattolica in Italia – Il Messaggero di Sant’Antonio di Padova e Dehoniana Libri di Bologna – si sono fuse in una nuova società chiamata Proliber, riuscendo così ad ampliare le librerie a cui rifornire i libri e quindi, per quanto possibile, aumentare il mercato dell’editoria cattolica.

    D. – Voi, che siete una piccola casa editrice familiare cattolica, quali difficoltà state affrontando e come rispondete alla crisi?

    R. - Le difficoltà principali sono quelle di riuscire a farsi conoscere e vedere in libreria. Stiamo puntando molto sui social network e sul sito internet, non per vendere ma per avere un contatto diretto che ci permetta di conoscere i nostri lettori e quindi capire le loro esigenze. Dunque abbiamo iniziato a lavorare in maniera molto avanzata nel digitale, realizzando e-book e formandoci in questo campo attraverso la partecipazione a corsi internazionali, seminari …

    D. - Secondo lei, gli e-book e dunque il digitale sono il futuro dell’editoria?

    R. - È molto difficile dirlo. In Italia la vendita del digitale è ferma tra l’1 e il 2% del fatturato complessivo; in America rappresenta circa il 30% del fatturato totale e, da una decina di mesi, sembra stabilizzata su questa percentuale. Questo – visto che i trend americani vengono poi replicati in Europa e in Italia – mi porta a dire che il digitale non sarà il futuro dell’editoria. Sarà però sicuramente un aspetto molto importante da tenere in considerazione nei prossimi cinque, dieci anni, andando a pensare a prodotti che siano veramente digitali. Questo vuol dire inserire dei contenuti video e audio all’interno del testo e dare informazioni aggiuntive che con un libro cartaceo non si possono avere.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq. Serie di attacchi a Baghdad, almeno 30 morti

    ◊   È di almeno 30 morti il bilancio, purtroppo assolutamente provvisorio e destinato a salire, di una serie di attacchi terroristici avvenuti oggi nell’area metropolitana e provinciale di Baghdad, in Iraq. Secondo la polizia, gli attentati sono avvenuti in almeno 5 località diverse e hanno colpito per lo più i civili che affollavano le aree commerciali di quartieri a prevalenza sciita. Ci sarebbero, secondo alcune fonti mediche, almeno anche 42 feriti. Per ora gli attacchi non sono stati rivendicati. (R.B.)

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    Nucleare. Ispettori Aiea in impianto iraniano di Arak; Peres disposto a incontrare Rohani

    ◊   Due ispettori dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea) sono arrivati oggi in Iran dove, domani, visiteranno l’impianto di produzione di acqua pesante di Arak, nel centro del Paese, in osservanza degli accordi firmati a metà novembre da Teheran e Aiea per il controllo su tale impianto e sulle miniere di uranio di Gachin, nel sud. La preoccupazione delle potenze occidentali su Arak, la cui messa in produzione è prevista per il 2014, riguardano la possibilità che l’Iran possa iniziare a estrarre dal sottosuolo autonomamente plutonio, che una volta elaborato potrà servire a costruire una bomba. Intanto il presidente israeliano Shimon Peres si è detto disposto a incontrare il suo omologo iraniano Rohani, ricordando che le questioni tra Tel Aviv e Teheran sono di “natura politica e non personale”. E anche il presidente Usa Obama è tornato a parlare di Iran e di nucleare, ribadendo che si è potuto avviare un dialogo solo grazie alle precedenti sanzioni, le quali resteranno in piedi se non si riuscirà a trovare una soluzione duratura che soddisfi le cosiddette potenze del 5+1. Il presidente degli Stati Uniti ha poi sottolineato che l’accordo raggiunto non è basato “sulla fiducia, ma su qualcosa che si può verificare” e ha rinnovato il proprio impegno nei confronti della sicurezza di Israele. (R.B.)

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    Thailandia. Parlamentari dell’opposizione si dimettono alla vigilia della “battaglia finale”

    ◊   Il Partito democratico all’opposizione in Thailandia ha annunciato per questo pomeriggio le dimissioni di tutti i suoi 153 deputati dal Parlamento, dopo la proposta del primo ministro Yingluck Shinawatra di indire un referendum popolare sulla propria carica, dichiarandosi pronta a lasciare “se il popolo lo vorrà”. Da oltre un mese dilagano le proteste nel Paese, dove la situazione, la settimana scorsa, è degenerata in scontri violenti che hanno lasciato sul campo a Bangkok 5 morti e circa 300 feriti. Gli aggiornamenti di oggi arrivano alla vigilia della grande manifestazione definita “battaglia finale” che l’opposizione ha indetto per domani e con la quale intende rovesciare il governo attuale e interrompere, così, l’influenza politica sul Paese di Thaksin Shinawatra, fratello dell’attuale premier, deposto nel 2006 e in auto-esilio dal 2008 per sfuggire a una condanna per corruzione, ma considerato la vera mente dell’esecutivo in carica. Intanto la polizia ha riconosciuto il diritto della popolazione di aderire in maniera pacifica alla manifestazione di domani, guidata dall’ex leader dell’opposizione Suthep Thaugsuban, sul quale pende un ordine d’arresto per sedizione e che ha già dichiarato si consegnerà alle autorità se le proteste non riusciranno a far cadere il governo. Suthep aveva proposto la creazione di un Consiglio del Popolo nominato dall’alto, senza indire nuove elezioni, ma la sua proposta è stata dichiarata incostituzionale dal governo. (R.B.)

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    La Corea del Sud estende la sua zona di difesa aerea, sale la tensione con la Cina

    ◊   La Corea del Sud ha esteso la sua zona di difesa aerea che ora comprende anche un isolotto roccioso e in gran parte sommerso nel Mar della Cina meridionale, conteso con la Cina: Leodo, per i sudcoreani, per Pechino si chiama, invece, Suyan. La decisione di Seul segue di un paio di settimane quella della Cina di estendere a sua volta la “zona d’identificazione aerea” su questo mare, che aveva scatenato l’indignazione dei Paesi confinanti. “Ci coordineremo con i Paesi vicini per evitare scontri accidentali e per garantire la sicurezza aerea”, è stato l’unica dichiarazione in merito alla decisione, rilasciata dal portavoce della Difesa sudcoreano, Kim Min-seok. (R.B.)

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    Ucraina. Protesta degli europeisti. Barroso: “Solo Kiev può decidere, Ue aperta”

    ◊   Giornata di protesta europeista, oggi, in Ucraina: nella centrale piazza Indipendenza di Kiev, nota anche con il nome di Maidan e che fu protagonista della rivoluzione filoccidentale nel 2004, si sono già riuniti oltre 200mila manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente Ianukovich dopo la sua decisione di non firmare l’accordo con Bruxelles per riavvicinarsi alla Russia. Tra i manifestanti, anche la figlia dell'ex leader dell'opposizione in carcere, Iulia Timoshenko, che ha letto un messaggio della madre in cui si chiedono le dimissioni dell'esecutivo. Sulla questione era tornato ieri anche il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che aveva ribadito la volontà dell’Europa di avere l’Ucraina vicina, ricordando, però, che la decisione se sbloccare o meno il negoziato spetta solo a Kiev: “Non possiamo accettare che un accordo bilaterale abbia una dimensione trilaterale – ha detto facendo riferimento alla politica di Mosca – sarebbe come riconoscere all’Ucraina una sovranità limitata, mentre sono gli abitanti che devono decidere e la maggior parte dei giovani vogliono l’Europa”. Intanto, una contro-manifestazione del Partito delle Regioni del presidente è in corso presso Parco Matiinskij, dove sono affluite circa 15mila persone. (R.B.)

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    Venezuela al voto per le elezioni municipali: un test per il governo di Maduro

    ◊   Ben 19 milioni di venezuelani sono chiamati oggi alle urne per le elezioni municipali in cui saranno rinnovati 337 sindaci e i Consigli comunali di tutto il Paese, sotto il vigile controllo di almeno 120mila uomini della forze di sicurezza, schierati per l’occasione. L’appuntamento elettorale – il primo dopo le Presidenziali dell’aprile scorso in cui ‘l’erede politico’ di Chavez, Nicolás Maduro, batté con un vantaggio di appena l’1.49% l’oppositore Henrique Capriles – ricorda Misna, costituisce un test per il chavismo, che governa da 14 anni un Paese afflitto da un record d’inflazione pari al 54% e che presenta un’economia vacillante, nonostante ospiti le più grandi riserve petrolifere del mondo. Gli appelli al voto si sono susseguiti da una parte e dall’altra, ma mentre Capriles, il cui partito controlla circa 50 amministrazioni comunali, ha fatto il giro del Paese, Maduro ha dominato sui media. “Chiediamo alla gente di scendere in strada con coraggio e fiducia per esercitare il proprio suffragio – ha detto il capo del Comando strategico operativo, Vladimir Padrino – il diritto al voto rappresenta la costruzione e il consolidamento della nostra democrazia”. (R.B.)

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    Colombia, tradizionale Notte delle Candeline dedicata alla pace e alla riconciliazione

    ◊   La Notte delle Candeline è una delle ricorrenze più tradizionali della Colombia e dà ufficialmente inizio alle feste natalizie, nella vigilia della Solennità dell’Immacolata. Dalle 19 fino a notte fonda si accendono candele e luci nelle case, nelle strade, nei centri commerciali e nei palazzi di tutte le città. Per l’edizione di quest’anno, i vescovi del Paese hanno promosso la campagna “Accendi una luce per la pace”, in segno della volontà di riconciliazione e giustizia di un popolo che da decenni prega e chiede al Signore la grazia della pace. Sempre con questa intenzione, la Conferenza episcopale colombiana ha intrapreso la strada delle nuove tecnologie della comunicazione, per far arrivare questo messaggio a tutti: nei giorni scorsi, infatti, è stata lanciata dal presidente dell’Episcopato e arcivescovo di Bogotá, cardinale Ruben Salazár, l’applicazione per dispositivi mobili “Io prego per la Pace”, sviluppata con il patrocinio della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. Il porporato colombiano ha esortato i fedeli a scaricare l’applicazione che é “un invito permanente alla preghiera per la pace, per sconfiggere la violenza e l’ingiustizia in Colombia”. In questo contesto, l’arcivescovo ha ricordato il conflitto armato e tutti i tipi di violenza che nel Paese subiscono bambini, giovani e intere famiglie. L’applicazione funziona con i sistemi operativi Android, Windows Phone e Ios, e si può scaricare anche in Google Play. Infine, ha ricordato che tutti possono seguire ed esprimere le proprie idee attraverso la rete sociale di Twitter, lasciando un messaggio per la Pace in Colombia sull’hashtag: “Io prego per la Pace”. (A.T.)

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    Missione dei vescovi del Paraguay tra gli immigrati in Argentina

    ◊   Un gruppo di 32 missionari tra sacerdoti, diaconi e religiose, provenienti di tutte le diocesi del Paraguay, sono partiti due giorni fa per portare il saluto di speranza e bontà della Madonna di Caacupè alle famiglie paraguayane che risiedono a Buenos Aires, in Argentina. Fino al 16 dicembre, i missionari guidati da mons. Juan Bautista Gavilán, vescovo di Coronel Oviedo, resteranno con i tanti immigrati che soffrono la lontananza dalle proprie famiglie e dal proprio Paese. Quest’anno il tema della missione è: “Con fede e speranza in Cristo, al servizio del nostro popolo”. Da più di quattro decenni, ogni anno la Conferenza episcopale del Paraguay organizza questa missione a Buenos Aires con l’obiettivo di condividere i doni e le grazie ottenute durante le festività della Madonna di Caacupè e in preparazione delle feste natalizie con gesti di solidarietà e comunione ecclesiale. La missione si accompagna con un messaggio del presidente dell’Episcopato e vescovo di Caacupé, mons. Claudio Giménez, che anche quest’anno ha assicurato la vicinanza propria e di tutti i presuli agli immigrati, ed espresso loro gratitudine per la generosità e la disponibilità con le quali hanno accolto i membri della missione, condividendo la fede, la Parola di Dio e la testimonianza di fratellanza con il popolo argentino. (A.T.)

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    A Panama il 29 dicembre marcia nazionale per la Festa della Famiglia

    ◊   La Festa della Sacra Famiglia, che ricorre il 29 dicembre, a Panama sarà celebrata con una marcia cittadina indetta dalla Conferenza episcopale locale come segno evidente del sostegno e della difesa della famiglia come istituzione della società. L’evento si svolgerà simultaneamente nelle diverse diocesi del territorio nazionale, ma a dare il via sarà la trasmissione televisiva, alle 8 di mattina, della Santa Messa che sarà celebrata in una parrocchia dell’arcidiocesi di Panama e presieduta dal nunzio apostolico nel Paese, mons. Andrés Carrascosa Coso. Al termine della celebrazione eucaristica, in ogni angolo di Panama si marcerà per la difesa dei cinque principi “non negoziabili” della famiglia: la vita umana è sacra e inviolabile dal concepimento alla morte naturale; la famiglia è fondata sull’impegno di un uomo e una donna di donare se stessi e di assumersi la responsabilità della procreazione e della cura dei figli; la libertà dei genitori di educare la prole secondo i propri valori; il diritto alla libertà religiosa e, infine, la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Nel convocare la manifestazione, i vescovi esprimono la loro preoccupazione per i gravi problemi che si trovano ad affrontare molte famiglie panamensi, e il bisogno di intraprendere azioni concrete affinché questa cellula vitale e insostituibile della società sia difesa da tutti, dalle istituzioni sociali e dalle diverse confessioni religiose, alle organizzazioni pubbliche e private, con l’obiettivo di costruire insieme la stabilità e lo sviluppo del Paese. La grande Marcia per la Famiglia si chiuderà con il messaggio e l’esortazione di mons. José Domingo Ulloa Mendieta, arcivescovo Metropolitano di Panama. (A.T.)

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    I vescovi canadesi aderiscono alla campagna della Caritas contro la fame nel mondo

    ◊   “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”: si intitola così la campagna mondiale per porre fine alla fame nel mondo, promossa dalla Caritas Internationalis per il 10 dicembre, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani. Un’iniziativa che vede l’adesione della Conferenza episcopale del Canada: martedì prossimo, infatti, l’organismo episcopale “Sviluppo e pace” lancerà una catena di preghiera nel Paese. “Da più di 45 anni – si legge in una nota – Sviluppo e pace sostiene l’opera della Caritas nel Sud del mondo, al fine di promuovere la sicurezza alimentare e favorire l’adozione di politiche che rispettino il diritto all’alimentazione e privilegino la produzione locale di cibo”. La catena di preghiera, che oltre al Canada comprende tutti i continenti, si terrà nelle parrocchie e nelle scuole. “C’è sufficiente cibo per nutrire tutto il pianeta – ha detto il card. Oscar Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis – Crediamo che, con l’aiuto di tutti, possiamo porre fine alla fame nel mondo entro il 2025”. D’altronde, spiega ancora la Caritas, “il diritto all’alimentazione tutela il diritto di ogni uomo a vivere con dignità, libero dalla fame, dall’insicurezza alimentare e dalla malnutrizione”. L’iniziativa della Caritas ha avuto il sostegno di Papa Francesco:il 10 dicembre si rivolgerà agli organizzatori tramite un videomessaggio che verrà presentato anche a Roma, presso la Basilica di Santa Cecilia, a partire dalle 10.30. Interverrà Michel Roy, Segretario generale di Caritas Internationalis. La conferenza sarà seguita, alle ore 12.00, dalla catena di preghiera nella Chiesa di San Francesco a Ripa. (I.P.)

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    Filippine. Il 12 dicembre, incontro ecumenico di preghiera contro la tratta

    ◊   Un incontro ecumenico di preghiera per dire no alla tratta degli esseri umani: a promuoverlo, per il 12 dicembre a Manila, sono le diverse Chiese delle Filippine, insieme a numerose organizzazioni non governative che operano nel settore. Organizzata, in particolare, dal Movimento interconfessionale contro la tratta, l’iniziativa vede l’adesione della Conferenza episcopale cattolica del Paese, del Consiglio nazionale delle Chiese filippine e del Dipartimento di giustizia. La scelta del 12 dicembre non è un caso: quel giorno, infatti, ricorre anche la Giornata internazionale contro la tratta, indetta a livello mondiale da numerose Ong. “L’evento – si legge in una nota dei vescovi filippini – si pone l’obiettivo di accrescere la consapevolezza delle persone su questo problema che rappresenta una delle industrie criminali che si estendono più rapidamente al giorno d’oggi”. L’incontro di preghiera è in programma dalle 15.00 alle 18.00 e si articolerà in riflessioni, testimonianze e presentazione di proposte concrete. Ai partecipanti è stato chiesto di indossare una maglietta bianca, “simbolo della dignità da restituire alle vittime della tratta”. Da ricordare che la lotta al traffico degli esseri umani è stata, sin dall’inizio, una delle linee-guida del magistero di Papa Francesco: basti citare il messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua, in cui il Pontefice ha definito la tratta delle persone “la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo”. (I.P.)

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    Irlanda: nel 2014, al via un servizio di sostegno spirituale per le vittime di abusi

    ◊   Si chiama “Towards Peace – Verso la pace” il servizio di sostegno spirituale per le vittime di abusi che la Chiesa irlandese ha deciso di lanciare nel 2014. L’annuncio arriva al termine dell’Assemblea generale d’inverno svoltasi a Maynooth. “Towards Peace – si legge nella nota diffusa a conclusione dei lavori – offrirà un sostegno spirituale a coloro la cui fede in Dio e nella Chiesa è stata colpita dall’esperienza di abusi”. I vescovi ricordano che questo nuovo servizio si affiancherà ad altri due già attivi, ovvero il Direttivo nazionale per la tutela dei minori nella Chiesa Cattolica, e “Towards Healing – Verso la guarigione”, il servizio di consulenza per le vittime di abusi ed i loro familiari. In tempo di Avvento, poi, i presuli riflettono sull’importanza del sacramento della riconciliazione ed esortano “tutti i cattolici ad avvalersi del dono del perdono di Dio” in preparazione al Natale. La Plenaria si è, inoltre, soffermata sull’Evangelii Gaudium, l’Esortazione apostolica di Papa Francesco diffusa il 26 novembre scorso: in particolare, la Chiesa di Dublino evidenzia come tale documento pontificio “richiami inevitabilmente tutti – vescovi, sacerdoti, religiosi, parrocchie, scuole, famiglie, associazioni ed individui – a comprendere davvero cosa significhi essere discepoli di Cristo e testimoniare il Vangelo nel mondo contemporaneo”. In quest’ottica, per settembre 2014 è stata annunciata una conferenza nazionale sul tema “Condividere la Buona Novella”, organizzata dal Direttorio irlandese per la Catechesi. Altro tema all’ordine del giorno è stato il Sinodo straordinario sulla famiglia, indetto dal Papa per ottobre 2014: in relazione al questionario diffuso nel documento preparatorio, i presuli di Dublino ne ribadiscono “la finalità pastorale” ed ringraziano tutti coloro che vi hanno già risposto. E ancora: i vescovi non dimenticano i bisognosi, ricordando quanto è stato fatto e quanto ancora si deve fare, grazie all’organismo caritativo Trocaire, per gli sfollati nelle Filippine, colpiti a novembre da un devastante tifone. Un ulteriore pensiero va ai fedeli di Siria e Terra Santa “e a tutti coloro che vivono in situazioni di conflitto nel mondo”: “I vescovi – si legge ancora nella nota – chiedono di pregare per tutti i cristiani perseguitati e uccisi a causa della loro fede e si appellano alla comunità internazionale affinché faccia il possibile per porre fine al conflitto israelo-palestinese”. Sempre nell’ottica di promozione della pace, la Conferenza episcopale irlandese fa il punto sulla situazione dell’Irlanda del Nord, anche in vista di una nuova missione di Richard Haas, ex inviato degli Stati Uniti nella regione per gli accordi di pace. Ribadendo “l’impegno per la riconciliazione, fondato sui principi della giustizia sociale”, i presuli insistono quindi su “rispetto, comprensione e perdono” come chiavi di accesso alla via della pacificazione. “La violenza e le intimidazioni – spiegano i vescovi – non offrono alcuna speranza al futuro ed è per questo che chiediamo ai leader politici di riconoscere che anche le disuguaglianze economiche minacciano un processo di pace duraturo”. Senza dimenticare “la responsabilità delle Chiese e delle comunità di fede nella costruzione di un nuovo futuro per la società”. La riunione dei vescovi affronta poi anche il tema delle migrazioni, in vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che ricorrerà il 19 gennaio prossimo. A tal proposito, i presuli annunciano, per il 19 febbraio a Dublino, una conferenza sul tema “Camminare insieme: il viaggio di un migrante” che vedrà la partecipazione di esperti del settore provenienti da diverse parti del mondo. L’ultima riflessione dei vescovi va all’Inter Mirifica, il decreto conciliare sulle comunicazioni sociali che proprio ieri, 4 dicembre, ha celebrato il 50.mo anniversario dalla sua pubblicazione. Un testo fondamentale, sottolinea la Chiesa di Dublino, soprattutto oggi che “l’evangelizzazione avviene in un mondo mediatico in rapida espansione e sempre più diversificato”. Tanto più, conclude la nota, che ormai la comunicazione è divenuta “parte integrante della dottrina della Chiesa”. (I.P.)

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    Famiglia, giovani e dialogo interreligioso le priorità dell’Amecea per il prossimo triennio

    ◊   È stato un incontro breve, ma fruttuoso, quello che ha visto coinvolti i coordinatori pastorali dell’Amecea (l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientali) a Nairobi, in Kenya, nei giorni scorsi. Nel comunicato diffuso al termine della riunione, infatti, si leggono le tre priorità che l’Associazione ha stabilito per gli anni 2014-2016. Al primo posto c’è la pastorale per il matrimonio e la famiglia, soprattutto in vista del Sinodo straordinario indetto da Papa Francesco per il prossimo anno e dedicato proprio al tema delle “Sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione”. Al secondo punto, le Chiese dell’Africa dell’est pongono la pastorale giovanile, da rafforzare e implementare con una particolare attenzione per l’apostolato biblico, e cercando di operare a tutti i livelli secondo un programma comune. Infine, l’Amecea guarda al dialogo interreligioso, pensando alla possibilità di creare una piattaforma di confronto tra tutti i Paesi dell’Associazione. Un’idea, si legge nel comunicato, dovuta “alla crescente necessità di promuovere una coesistenza pacifica, insieme alla tolleranza ed alla condivisione di una visione comune su temi riguardanti la società attuale, pluralistica e multi-religiosa”. L’obiettivo è anche quello di “educare i cattolici sulle altre religioni ed insegnare loro a dialogare secondo la dottrina della Chiesa”. Oltre a queste tre priorità, i coordinatori pastorali africani hanno affrontato anche altre tematiche, come il ruolo della Chiesa nella tutela dell’ambiente; la promozione della pastorale dei laici e l’importanza delle comunità cristiane di base. (I.P.)

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    Festa dell’Immacolata. L’atto di affidamento del cardinale Sepe: “Napoli ha bisogno di speranza”

    ◊   Ha parlato di ambiente e inquinamento, oggi, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, nel consueto atto di affidamento della città alla Vergine nel giorno della solennità dell’Immacolata. “Chi ha inquinato l’ambiente ha messo un’ipoteca criminale sul futuro di intere generazioni – ha tuonato il porporato – anche dei più piccoli, degli indifesi e perfino di chi non è ancora nato”. “Per Napoli è arrivato il tempo di non sprecare una risorsa vitale come la speranza, fatto che accade quando tanta parte della città finisce nella rassegnazione - ha aggiunto l’arcivescovo elencando alcuni dei mali che affliggono il capoluogo partenopeo, come la disoccupazione – ma la Chiesa ai piedi dell’Immacolata vuole rinnovare la sua compromissione con le sorti e il futuro di Napoli”. (R.B.)

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    Assisi: benedizione dell’albero di Natale e del presepe dedicati ai poveri

    ◊   In occasione dell’Immacolata, ad Assisi si svolge l’accensione e la benedizione dell’albero di Natale e del presepe sistemati nella piazza antistante la Basilica inferiore di San Francesco e che quest’anno sono dedicati ai poveri e ai migranti. Tra i presenti, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa. Sia l’albero che il presepe di Assisi sono stati donati dalla Regione Umbria al Sacro Convento il 4 ottobre scorso, nella solennità di San Francesco, quando la Regione consegnò l’olio per la lampada votiva sulla tomba del Poverello alla presenza del Papa, con la collaborazione della Provincia autonoma di Trento. Al termine dell'evento, la distribuzione di pacchi dono natalizi alle famiglie bisognose. (R.B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 342

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