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Sommario del 03/12/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Consiglio di cardinali: si va verso redazione di una nuova Costituzione apostolica
  • Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso
  • Olanda, abusi sessuali. Card. Eijk: Papa soddisfatto per misure adottate dalla Chiesa
  • Nomine episcopali di Papa Francesco
  • Tweet del Papa: tutti siamo chiamati all’amicizia con Gesù, lasciamoci amare dal Signore
  • Mons. Parolin: la pace di domani nasce da un bambino protetto oggi
  • P. Ayuso in visita ad Al Azhar: disponibilità a riprendere il dialogo con la Santa Sede
  • Natale in Piazza San Pietro: il presepe dono di Napoli, l’albero della Baviera
  • Il card. Filoni apre l’Anno dell’Evangelizzazione a Castries nelle Antille
  • Il card. Koch in Romania per una visita a carattere ecumenico
  • Malta. Il card. Vegliò: amore e solidarietà nei confronti dei migranti
  • Mostra in Vaticano: 140 opere dell'architetto-artista Santiago Calatrava
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sono 5 e non 12 le suore rapite in Siria. Mons. Audo: preghiamo per la loro vita
  • Svolta in Thailandia: la polizia lascia la piazza e l’opposizione festeggia
  • Giornata internazionale diritti persone con disabilità. L'Onu chiede una società inclusiva per tutti
  • Caritas di Roma: al via campagna di solidarietà per il 2014
  • Movimento europeo difesa della vita: "no" alla teoria del gender nelle scuole
  • Dialogo interreligioso: l'esperienza dei Focolari in rapporto alle comunità musulmane nel mondo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: il patriarca Gregorio III: “A Maalula veri martiri”
  • Chiese europee: appello della Kek ai governi europei per i rifugiati siriani
  • Congo: Kabila e Museveni chiedono di chiudere i negoziati con l'M23
  • Centrafrica. La Chiesa: “L’arrivo delle truppe francesi e africane sta avendo effetti positivi”
  • Evangelii Gaudium: apprezzamento del Consiglio Ecumenico delle Chiese
  • Ucraina: appello alla pacificazione dei leader cristiani
  • Egitto: critiche della Chiesa cattolica per chi decide di emigrare
  • Paraguay: il vescovo di Concepción denuncia lo scandalo dei senatori corrotti
  • Senegal: appello per la pace nella Casamance dei vescovi della regione
  • Malawi: i vescovi chiedono ai donatori internazionali di non abbandonare il Paese
  • Pakistan. Rawalpindi: a rischio chiusura ospedale cattolico che accoglie da 50 anni cristiani e musulmani
  • Libano: abouna.org premiato come miglior sito arabo cristiano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Consiglio di cardinali: si va verso redazione di una nuova Costituzione apostolica

    ◊   Al via oggi in Vaticano, fino al 5 dicembre prossimo, alla presenza del Santo Padre, la seconda riunione del Consiglio di Cardinali, l’organismo costituito da Papa Francesco per “essere aiutato nel governo della Chiesa universale e studiare un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor Bonus sulla Curia romana”. Al termine dei lavori odierni il briefing, in Sala Stampa Vaticana, del direttore, padre Federico Lombardi, il quale ha ribadito: “E’ un lavoro incisivo e consistente”. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    I porporati, otto, che compongono il Consiglio di cardinali, hanno ripreso questa mattina, alla presenza del Papa, i lavori dopo un primo incontro a ottobre e in vista di quello di febbraio. In sostanza rappresentano il mondo intero e sono impegnati in un lavoro “consistente, approfondito e incisivo”, ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi nel briefing con i giornalisti:

    "L’orientamento non è quello di ritocchi o miglioramenti marginali, ma è quello proprio di una revisione consistente della Costituzione apostolica, tanto che si può parlare anche della previsione di una nuova Costituzione apostolica sulla Curia romana".

    I porporati che risiedono e lavorano nella Casa Santa Marta, in Vaticano, oggi dopo aver celebrato la Santa Messa con il Papa, sono entrati subito nel vivo del confronto riprendendo in esame i dicasteri della Curia Romana partendo - ha spiegato padre lombardi – da quello della Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Un’attività impegnativa, quella dei porporati, ha detto il portavoce vaticano, svolta anche singolarmente sia attraverso lo studio di documenti, sia grazie a contatti personali dei singoli porporati dopo gli incontri avvenuti in ottobre:

    Questa mattina, per esempio, chiedendo loro su questo tempo intermedio, il cardinale Gracias faceva riferimento alle riunioni delle Conferenze episcopali in Asia, cui ha partecipato e dove ha raccolto ulteriori elementi. Il cardinale Marx, riunioni invece in Europa. Quindi, nei diversi continenti dove sono operanti, i cardinali hanno continuato a raccogliere opinioni e suggerimenti, che portano qui nel loro lavoro".

    Padre Lombardi non ha escluso la possibilità, che nei prossimi gironi il Consiglio possa invitare il segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, “per un saluto ed un augurio”, senza prevedere alcuna integrazione, sottolineato anche, per ora, che nessun altro incontro è previsto.

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    Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso

    ◊   La Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a trasmettere la gioia del Signore ai suoi figli, una gioia che dona la vera pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Pace e gioia. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su questo binomio. Nella prima Lettura tratta dal Libro di Isaia, ha osservato, scorgiamo il desiderio di pace che tutti abbiamo. Una pace che, dice Isaia, ci porterà il Messia. Nel Vangelo, invece, “possiamo intravedere un po’ l’anima di Gesù, il cuore di Gesù: un cuore gioioso”:

    “Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’ proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi”.

    “E questa gioia – ha osservato – è la vera pace: non è una pace statica, quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”. Il nostro Dio, ha ribadito, “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”:

    “Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare, andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”.

    E così, ha soggiunto, contempliamo che la pace di cui ci parla Isaia “è una pace che si muove tanto, è una pace di gioia, una pace di lode”, una pace che possiamo dire “rumorosa, nella lode, una pace feconda nella maternità di nuovi figli”. Una pace, ha detto ancora Papa Francesco, “che viene proprio nella gioia della lode alla Trinità e della evangelizzazione, di andare ai popoli a dire chi è Gesù”. “Pace e gioia”, ha ribadito. E ha messo l’accento su quello che dice Gesù, “una dichiarazione dogmatica”, quando afferma: “Tu hai deciso così, di rivelarti non ai sapienti ma ai piccoli”:

    “Anche nelle cose tanto serie, come questa, Gesù è gioioso, la Chiesa è gioiosa. Deve essere gioiosa. Anche nella sua vedovanza - perché la Chiesa ha una parte di vedova che aspetta il suo sposo che torni - anche nella sua vedovanza, la Chiesa è gioiosa nella speranza. Il Signore ci dia a tutti noi questa gioia, questa gioia di Gesù, lodando il Padre nello Spirito. Questa gioia della nostra madre Chiesa nell’evangelizzare, nell’annunziare il suo Sposo”.

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    Olanda, abusi sessuali. Card. Eijk: Papa soddisfatto per misure adottate dalla Chiesa

    ◊   Proseguirà fino a sabato prossimo la Visita ad limina dei vescovi olandesi. Ieri, i presuli sono stati ricevuti da Papa Francesco, che ha esortato, tra l’altro, la Chiesa e i fedeli dei Paesi Bassi a proseguire nel loro cammino di fede. In una società fortemente segnata dalla secolarizzazione e in “circostanze spesso ardue”, il Pontefice ha invitato tutti a conservare la speranza, sottolineando anche come sia “importante e imprescindibile” che i vescovi stiano accanto ai propri sacerdoti, per sostenerli e guidarli quando ne hanno bisogno. Dopo l’incontro col Santo Padre, Giada Aquilino ha intervistato il cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht e presidente dei vescovi olandesi:

    R. – Il primo argomento è quello del numero dei cattolici praticanti che sta diminuendo molto rapidamente. Negli anni Cinquanta, ancora il 90% dei cattolici andava in chiesa ogni domenica. Adesso, è solo il 5%. Stanno anche diminuendo i nostri mezzi finanziari: la Chiesa olandese non ha un sussidio da parte dello Stato, ma dipende da contributi volontari da parte dei fedeli. Perciò, ci vediamo costretti a chiudere molte chiese. Abbiamo riferito questi aspetti al Santo Padre e lui si rende conto del fatto che una tale situazione implica il rischio che i vescovi e i pastori possano perdere il coraggio e si rassegnino. E ci ha detto: “Non dovete rassegnarvi, dovete conservare il coraggio e soprattutto la speranza che Cristo ci ha dato. Questa speranza non delude mai”! Il secondo argomento è il fatto che abbiamo dovuto affrontare anche in Olanda il problema dell’abuso sessuale sui minori: il Santo Padre è stato molto soddisfatto del modo con cui lo abbiamo fatto.

    D. – In Olanda, appunto, la Chiesa si è impegnata nell’accompagnare le vittime di abusi sessuali nel doloroso cammino di guarigione. A che punto è questo cammino?

    R. – Abbiamo fatto investigare molto profondamente ed efficacemente il problema degli abusi sessuali sui minori, per il periodo dal 1945 al 2010. Due anni fa, è stato pubblicato il relativo rapporto e tutti in Olanda hanno riconosciuto che è stato un documento molto trasparente. Poi, abbiamo implementato le raccomandazioni della Commissione ad hoc e abbiamo istituito una Fondazione, indipendente dai vescovi e dai superiori religiosi, a cui si possono riferire casi di abuso sessuale su minori. Quindi, abbiamo una commissione investigativa, una commissione per l’indennizzo alle vittime e anche una piattaforma per l’assistenza psicologica alle vittime. Ad oggi, la maggior parte dei reclami è stata trattata, così abbiamo potuto fissare una data ultima entro la quale presentare denuncia per abusi sessuali sui minori che riguardano persone decedute o abusi sessuali prescritti: questa data è il 1° luglio 2014.

    D. – E qual è, invece, il percorso che state seguendo per quegli esponenti del mondo della Chiesa che si sono macchiati di abusi?

    R. – Molte persone sono morte. Per lo più, si tratta di casi del passato, la maggior parte dei responsabili è ormai deceduta, pochi sono quelli ancora in vita. Attualmente, per quanto riguarda eventuali casi, noi seguiamo sia il diritto olandese sia il diritto canonico. Quando c’è un problema di abuso sessuale, noi presentiamo denuncia al pubblico ministero, alla magistratura e poi ci sono anche delle misure ecclesiastiche che impediscono al prete di continuare il suo lavoro.

    D. – Qual è l’auspicio della Chiesa olandese per il futuro?

    R. – Abbiamo la speranza di conservare chiese che siano il centro di una comunità di fedeli con una fede vera. Speriamo che i cattolici rimasti prendano sul serio la fede, preghino e abbiano un rapporto personale con Cristo. E speriamo che loro siano il lievito del Regno di Dio nel futuro.

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    Nomine episcopali di Papa Francesco

    ◊   In Colombia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di Inírida, presentata da mons. Antonio Bayter Abud, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Vicario Apostolico di Inírida p. Joselito Carreño Quiñonez, vicario generale dell’Istituto per le Missioni Estere di Yarumal, assegnandogli la sede titolare vescovile di Paria di Proconsolare.

    Sempre in Colombia, il Santo Padre ha nominato vicario apostolico di Guapi il rev.do Carlos Alberto Correa Martínez, del clero di Sonsón-Rionegro, direttore dell’Associazione Missionaria Sacerdotale San Paolo, assegnandogli la sede titolare vescovile di Severiana.

    In Argentina, il Papa ha nominato ausiliari della diocesi di Lomas de Zamora mons. Jorge Vázquez, vicario generale della medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Castra Nova, e il rev.do padre Carlos Alberto Novoa de Agustini, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mascliane.

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    Tweet del Papa: tutti siamo chiamati all’amicizia con Gesù, lasciamoci amare dal Signore

    ◊   “Tutti siamo chiamati all’amicizia con Gesù. Non abbiate paura di lasciarvi amare dal Signore”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account in 9 lingue, @Pontifex, seguito da oltre 10 milioni di follower.

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    Mons. Parolin: la pace di domani nasce da un bambino protetto oggi

    ◊   Tutelare oggi l’infanzia, specie se malata, per avere un domani pacificato. È la speranza che il segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin, ha espresso ieri sera al termine del concerto in Aula Paolo VI, organizzato a sostegno dell’Ospedale Bambin Gesù e che ha visto la partecipazione, fra gli altri, del tenore Andrea Bocelli. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini”. La citazione del teologo tedesco Bonhoeffer fa eco laddove poco prima splendide note hanno incantato i novemila dell’Aula Paolo VI. A parlare dopo l’esibizione di Andrea Bocelli e degli altri artisti e il segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, che spende parole di ammirazione per la manifestazione, che ha il pregio di creare una corrente di solidarietà attorno ai più piccoli che soffrono, ma soprattutto per l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù che – nota il presule – accanto alla scienza e alla tecnica medica cerca in ogni modo di offrire ai piccoli malati un valore in più, la serenità:

    “Un ambiente sereno è, infatti, condizione indispensabile per permettere ai bambini e ai loro genitori, già provati dalla malattia e dal dolore, di affrontare queste gravose circostanze della vita in un clima - il più possibile - ricco di umanità e di delicatezza. E quale segno di particolare affetto e vicinanza, voglio qui ricordare che il Santo Padre si recherà in visita al Bambino Gesù tra alcuni giorni, il prossimo 21 dicembre”.

    L’evento di ieri sera era a sostegno della nuova Terapia intensiva cardiochirurgica del Bambin Gesù, nell’ambito della campagna denominata “Mettici il cuore”. Ed è al cuore di tutti che mons. Parolin si è appellato, nel ringraziare i protagonisti a ogni livello della serata. Un cuore capace traboccare “amore paterno” come quello che – ha sottolineato – che Papa Francesco dimostra per ogni bambino:

    “Quanto più l’infanzia viene tutela e promossa, tanto più grande sarà la speranza di un futuro equilibrato e pacifico. Anche la lodevole iniziativa di questo concerto è un segno in tal senso: manifesta il senso di responsabilità verso i piccoli ammalati e il desiderio che il Bambino Gesù si confermi come punto di riferimento sicuro per tante famiglie”.

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    P. Ayuso in visita ad Al Azhar: disponibilità a riprendere il dialogo con la Santa Sede

    ◊   Questa mattina, il segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, padre Miguel Angel Ayuso Guixot, accompagnato dal nunzio apostolico in Egitto, mons. Jean-Paul Gobel, è stato ricevuto in visita presso la Università al-Azhar al Cairo. E’ stato ricevuto dal vice del Grande Imam, Abbas Shouman, dal consigliere per il dialogo, Mahmoud Azab e da una qualificata rappresentanza, costituita da una decina di alte personalità. Padre Ayuso è stato latore di un messaggio scritto, a firma del presidente del Consiglio stesso, il cardinale Tauran. L’incontro è stato molto cordiale e fruttuoso ed è durato circa 45 minuti. Ne è risultata la disponibilità a riprendere il dialogo e la collaborazione e si sono manifestati auspici per la loro continuazione in futuro.

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    Natale in Piazza San Pietro: il presepe dono di Napoli, l’albero della Baviera

    ◊   "Francesco 1223 - Francesco 2013". Questo il titolo scelto per il presepe del primo Natale di Papa Francesco. Quest’anno - informa un comunicato del Governatorato - il Natale in Vaticano sarà impreziosito da un presepe napoletano, apprezzato e amato in tutto il mondo e che per la prima volta nella sua storia arriva a Piazza San Pietro. L’opera è stata ideata e realizzata dal maestro Antonio Cantone e dalla bottega "Cantone & Costabile" - esponenti del presepe del settecento partenopeo - corredata dalla scenografia firmata dal professore Antonio di Tuoro e organizzata dal team "PulSeo", guidato da Guglielmo Pulcini. Si tratta di un complesso artistico e architettonico donato dalla bottega al cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che a sua volta ha deciso di omaggiare Papa Francesco, unitamente al patrocinio del presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. Sedici pastori, vestiti con abiti tipici del settecento napoletano, faranno da cornice alla scena che rievoca la nascita del Bambino Gesù, mentre il paesaggio rappresenterà un luogo tradizionale della Campania felix.

    Il prossimo 6 dicembre, giungerà in piazza San Pietro anche il grande albero proveniente dalla Baviera, donato dalla comunità di Waldmünchen. L’abete è alto 25 metri, diametro alla base di 98 cm e ha un peso di 7,2 tonnellate. Come consuetudine, le maestranze del Governatorato dello Stato Vaticano forniranno tutto il supporto necessario agli allestimenti, mentre le operazioni di posizionamento, decorazione e illuminazione verranno curate da personale vaticano. Dopo lo smantellamento, il legno del tronco, come avviene da alcuni anni, verrà utilizzato per realizzare piccoli oggetti di uso quotidiano e giocattoli. (A.G.)

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    Il card. Filoni apre l’Anno dell’Evangelizzazione a Castries nelle Antille

    ◊   “E' veramente una grande gioia per me celebrare questa Liturgia Eucaristica con voi sulla splendida isola nazione di Santa Lucia. Oggi non solo celebriamo i primi giorni del tempo di Avvento, ma anche l'inizio dell'Anno dell'Evangelizzazione per l'arcidiocesi di Castries, una iniziativa destinata a rinnovare la Chiesa di Santa Lucia, riaccendendo l'entusiasmo per l'annuncio del Vangelo”. Così si è espresso, all’inizio dell’omelia, il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, durante la Messa solenne che ha presieduto ieri pomeriggio, nella cattedrale dell’arcidiocesi di Castries, nelle Antille, aprendo ufficialmente l’Anno dell’Evangelizzazione. Delineando il contesto liturgico della celebrazione - riferisce l'agenzia Fides - il cardinale ha sottolineato che “la missione di annunciare il Vangelo alle genti, invitando tutti al banchetto di Dio, è stata affidata dal Signore alla Chiesa, che ha fondato come una comunione universale, con Pietro come capo del collegio apostolico, e il primo ad annunciare la risurrezione dopo la Pentecoste”, quindi ha proseguito: “Come prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, desidero assicurarvi della vostra importanza nel compito universale della Chiesa di annunciare il Vangelo”. Dopo aver richiamato quanto detto da Papa Francesco in occasione della recente Giornata Missionaria Mondiale, il prefetto del Dicastero Missionario ha esortato: “Oggi, la Chiesa di Santa Lucia inizia l'Anno dell'Evangelizzazione, una iniziativa tesa ad approfondire la fede di coloro che già conoscono Cristo, a riaccendere l'entusiasmo per condividere questa fede con coloro che non conoscono ancora il Signore e con quanti si sono allontanati dalla Chiesa. Prendiamo a cuore l'invito del Santo Padre di andare alle periferie, per testimoniare la nostra fede in Cristo e il nostro amore per la sua Chiesa, invitando gli altri a condividere questo dono prezioso”. Il card. Filoni ha concluso l’omelia con queste parole: “assicuro a tutti voi che la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli conosce bene gli sforzi che fate per essere fedeli al Signore e per mostrarvi testimoni fecondi di Cristo”, quindi ha ringraziato i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici ed i movimenti ecclesiali per il loro impegno e la loro testimonianza a favore della Chiesa e dell’intera società. (R.P.)

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    Il card. Koch in Romania per una visita a carattere ecumenico

    ◊   Dal 3 al 7 dicembre 2013, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, accompagnato dal sottosegretario mons. Andrea Palmieri, effettuerà una visita in Romania allo scopo di conoscere maggiormente la situazione ecumenica di quella nazione e di promuovere le relazioni con la Chiesa ortodossa di Romania. Dal punto di vista ecumenico, il momento principale sarà la visita al Patriarca ortodosso di Romania, Sua Beatitudine Daniel. Durante la visita il cardinale Koch incontrerà anche Sua Beatitudine il cardinale Lucian Muresan, arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica di Romania, S.E. Mons. Ioan Robu, arcivescovo di Bucarest e presidente della Conferenza episcopale di Romania, mons. Gyorgy Jakubiny, arcivescovo di rito latino di Alba Iulia, e mons. Florentin Chrihalmenau, vescovo greco cattolico di Cluj-Gerla.

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    Malta. Il card. Vegliò: amore e solidarietà nei confronti dei migranti

    ◊   La “chiamata all’amore e alla solidarietà” nei confronti dei migranti “è responsabilità di tutti” ma c’è “una responsabilità maggiore per tutti quelli che occupano una posizione di amministrazione e di governo, perché li impegna a prendersi cura particolarmente dei più deboli”. È l’appello lanciato oggi a La Valletta, a Malta - riferisce l'agenzia Sir - dal card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e dei rifugiati, nel suo intervento in apertura del convegno “La pastorale per i migranti e i rifugiati tra integrazione e inclusione” organizzato dalla Commissione “Caritas in veritate”, sezione migrazioni del Consiglio delle Conferenze episcopali europee. Vi partecipano una quarantina di vescovi e delegati della pastorale migratoria di 19 Conferenze episcopali. Il card. Vegliò, che ieri ha visitato per la prima volta un Centro “chiuso” dove vengono tenuti in “detenzione preventiva” i migranti sbarcati a Malta, ha ricordato che “nessuno è autorizzato a ledere la dignità umana, né un governo, né un ente pubblico o privato. Essa va rispettata e promossa attraverso l’affermazione e la tutela dei diritti umani, che includono il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il diritto all’educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto”, oltre al “diritto a vivere senza paura e nella sicurezza, con possibilità di accedere ad un equo sistema giudiziario”. “Ogni istanza che ignori la dignità umana - ha sottolineato il card. Vegliò - costituisce un affronto alla volontà divina e viola i diritti fondamentali di cui ogni persona è portatrice”. Il presidente del dicastero vaticano ha quindi auspicato “la necessità di una stretta collaborazione tra Paesi di origine, di transito e di destinazione dei migranti” e “adeguate normative che possano coagulare i diversi assetti legislativi”, per “coniugare la salvaguardia dei diritti fondamentali dei migranti e delle loro famiglie e la tutela delle comunità di arrivo e di accoglienza”. Dal convegno è emerso che a Malta la percentuale di richiedenti asilo è la più alta in Europa: 21,7 ogni 1.000 abitanti (dati Unchr riferiti al 2008-2012), con un tasso di riconoscimento dello status superiore al 50% di tutti i migranti che sbarcano sull’isola, in maggioranza provenienti dal Corno d’Africa. Nel suo intervento mons. Charles Scicluna, vescovo ausiliare di Malta, ha invitato a “trasformare la sfida delle migrazioni in opportunità e tradurre l’opportunità in impegno a livello europeo”. Anche perché, ha aggiunto Emanuel Mallia, ministro degli interni e della sicurezza nazionale di Malta, “l’impegno alla tutela internazionale di Malta è messo a dura prova” mentre le possibilità di integrazione dei migranti sul territorio “incontrano diversi ostacoli di natura economica”, perché “il mercato del lavoro è ristretto, il territorio limitato e c’è un’alta densità di popolazione”. (R.P.)

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    Mostra in Vaticano: 140 opere dell'architetto-artista Santiago Calatrava

    ◊   140 opere dell’architetto ed ingegnere spagnolo Santiago Calatrava in mostra nel Braccio Carlo Magno in Vaticano dal 5 dicembre al 20 febbraio. La rassegna, promossa in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Cultura, è stata presentata oggi stampa dalla curatrice della Collezione d’arte contemporanea dei Musei Vaticani, Micol Forti. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Tra i più versatili ed apprezzati architetti nell’urbanistica contemporanea, Santiago Calatrava ha realizzato in giro per il mondo centri congressuali ed espostivi, torri, ponti e infrastrutture, teatri, musei, edifici pubblici, chiese e cattedrali. Le sue opere sono a Valencia, sua città natale, a Barcellona, Siviglia, Lisbona, Roma, Venezia, Zurigo, Lucerna, New York, Chicago, Los Angeles e la lista è davvero molto più lunga. Ma qual è stata la genesi di questa Mostra in Vaticano? Micol Forti:

    R. – La genesi è stata l’incontro con l’architetto Calatrava e soprattutto la scoperta che la sua attività non si limiti all’architettura, ma comprende anche la pittura e la scultura ed altri linguaggi artistici. Il nostro interesse, quindi, è stato quello di presentare un volto più complesso ed articolato dell’artista Calatrava più che dell’architetto.

    D. – Quale è stato il filo conduttore per selezionare ed ordinare le opere così variate nelle tecniche e nei materiali?

    R. – Tecniche e materiali estremamente diverse, da pitture, ad acquerelli su carta, a legni, a marmi, a bronzi, una varietà straordinaria di qualità dei materiali. La selezione è avvenuta nello studio e nella scelta di un dialogo tra queste opere, nella scelta e nelle interferenze tra queste opere. Quindi, vicino ad alcuni plastici abbiamo messo determinate pitture, vicino ad alcune sculture abbiamo combinato altri modelli … cioè, l’idea è stata quella di contaminare le opere tra di loro in un dialogo di forme e di funzioni.

    D. – Lei che ha curato la Mostra, che esperienza ne ha tratto? Voglio dire, ogni artista è un mondo complesso da esplorare per chi si pone davanti le loro opere …

    R. – Assolutamente sì. Calatrava è un artista ed un uomo estremamente colto e al tempo stesso di grandissima curiosità, quindi sempre disposto al dialogo, al contatto e al confronto con gli altri. Uno dei doni di questa avventura, quindi, è stato non solo fare la sua conoscenza, ma lavorare con lui è far sì che il lavoro curatoriale ed il lavoro culturale sia un lavoro sempre in evoluzione e in continuo arricchimento reciproco.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Aperti i lavori del secondo incontro del Consiglio dei cardinali, con la partecipazione di Papa Francesco.

    Quella pace rumorosa: Messa del Pontefice a Santa Marta.

    Implicazioni morali ed etiche dell’utilizzo dei droni: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Sotto il mantello dei Santi: Francois Boespflug a proposito del convegno - alla Pontificia Università Gregoriana - su Trento e il decreto sull’uso delle immagini, e un articolo di John W. O’Malley su Hubert Jedin e la storia di un concilio difficile.

    Dio ci “chamuya” senza urlare: Jorge Milia spiega come parla Jorge Maria Bergoglio.

    Chiusi in noi stessi diventiamo più fragili: Federico Vals su come predicava agli argentini l’arcivescovo di Buenos Aires.

    Un articolo di Sandra Isetta dal titolo “La stanza del figlio”: Ermanno Olmi regista del riallestimento del “Cristo morto” di Andrea Mantegna alla Pinacoteca di Brera.

    Nell’informazione religiosa, la visita pastorale nelle Antille del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

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    Oggi in Primo Piano



    Sono 5 e non 12 le suore rapite in Siria. Mons. Audo: preghiamo per la loro vita

    ◊   Le suore rapite in Siria, a Maalula, villaggio simbolo della cristianità poco distante da Damasco, sono 5 e non 12 come era stato precedentemente comunicato. Ancora nessuna rivendicazione da parte dei sequestratori, molto probabilmente legati al Fronte Al Nusra, affiliazione di Al Qaeda nel Paese. Salvatore Sabatino ha intervistato mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei e presidente di Caritas Siria:

    R. – Secondo le ultime notizie, le suore rapite in Siria sono cinque e non dodici: la superiora e altre quattro suore. Sono state rapite nella notte, due giorni fa, e sono state condotte a Yabroud, una città non lontana, Non abbiamo altre notizie.

    D. – Come è stata accolta la notizia dalla popolazione siriana?

    R. – Generalmente, Maalula è un simbolo molto importante non soltanto per i cristiani, ma anche per i musulmani di Siria e del Medio Oriente, perché sanno che lì si parla ancora oggi la lingua di Cristo, un dialetto aramaico. Per questo, la gente è molto colpita da questo evento.

    D. – Tra l’altro, le suore sono molto impegnate nel sociale: avevano con loro degli orfani…

    R. – Sì, c’erano degli orfani. Il loro è un monastero ortodosso tradizionale, dove viene praticata molto la pietà. La gente viene in pellegrinaggio, è molto famoso. Non c’è una persona che non vada a Maalula e Saidnaya, in Siria. Soprattutto per la festa della Croce, il 14 settembre, sulla montagna di Maalula.

    D. – Vi siete fatti un’idea sul motivo del rapimento di queste suore? Un atto di ritorsione nei confronti della comunità cristiana, o il motivo è semplicemente legato alla guerra e l’occupazione della città ha portato a questo?

    R. – Io penso, in primo luogo, che la ragione risieda nella guerra. Noi, come cristiani, come Chiesa in Siria, non vogliamo dire che sia una guerra contro i cristiani, perché noi vogliamo essere una presenza di riconciliazione e di convivenza. Questa è la nostra vocazione. Non vogliamo provocazioni con i musulmani.

    D. – Dopo quanto accaduto a Maalula, i cristiani si sentono minacciati?

    R. – Sì, sì. Perché quello che è successo ha significato toccare un luogo sacro della cristianità e fino ad oggi – da secoli! – nessuno fatto una cosa simile a Maalula, un luogo cristiano, sacro però non soltanto per i cristiani ma anche per tutti gli altri.

    D. – Un suo pensiero, una sua riflessione su queste suore…

    R. – Spero possano essere liberate presto e mi dispiace molto per quello che è successo a Maalula. Spero che dove si trovano ora stiano bene.

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    Svolta in Thailandia: la polizia lascia la piazza e l’opposizione festeggia

    ◊   Svolta in Thailandia. Da stamani, dopo una nuova giornata di scontri e di manifestazioni antigovernative, a sorpresa la polizia ha tolto il blocco ai palazzi del potere e i dimostranti sono entrati pacificamente nella sede del governo. Nonostante il momento di distensione, il leader dell’opposizione, le cosiddette "camicie gialle", ha annunciato che la lotta per "estirpare" il governo di Shinawatra non è finita. E’ possibile in questa situazione un dialogo tra esecutivo e fronte antigovernativo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Carlo Filippini, esperto di Asia e docente all’Università Bocconi di Milano:

    R. – Il dialogo, purtroppo, è molto difficile perché il governo e i cosiddetti manifestanti “rossi” hanno una forte maggioranza e rappresentano soprattutto i ceti più poveri e gli abitanti delle province, cioè fuori dalla capitale Bangkok. I “gialli”, che in questo momento sono all’opposizione, rappresentano più il ceto medio, la città di Bangkok e le persone più ricche nonché i vecchi politici che Taksin aveva praticamente allontanato dalla scena politica; ed è difficile che si raggiunga una soluzione pacifica.

    D. – Quindi, è soltanto una protesta basata su istanze socio-economiche, o c’è qualcos’altro: una sorta di "primavera orientale"?

    R. – No, non direi che si tratti di una "primavera", perché non è una cosa nuova. Non si tratta di giovani o ceti estromessi dal controllo della società da un governo dittatoriale: i governi thailandesi sono stati tutti regolarmente eletti. Si tratta purtroppo invece di un aggravarsi di una situazione che dura ormai da parecchi anni e che non sembra avere una soluzione pacifica, perché nessuna delle due parti vuole cedere ad un compromesso. La situazione si è incancrenita e quello che era un popolo molto pacifico è arrivato a scontri molto violenti. Nel maggio di tre anni fa c’erano stati oltre 90 morti …

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    Giornata internazionale diritti persone con disabilità. L'Onu chiede una società inclusiva per tutti

    ◊   Sono circa un miliardo nel mondo le persone con disabilità, la maggior parte concentrata nei Paesi in via di sviluppo, con la relativa difficoltà di accesso ai servizi riabilitativi o ad appropriati servizi di base. Per ribadire la necessità di sostenere la piena inclusione delle persone diversamente abili in ogni ambito della vita, oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, indetta dall’Onu, sul tema quest’anno “Rompi le barriere ed apri le porte; per realizzare una società inclusiva per tutti!”. In Italia, le persone con disabilità sono circa il 7%, ma ancora oggi si registrano discriminazione e violenza, di qui la scelta dello slogan “Tutti diversi… Tutti protagonisti”. Francesca Sabatinelli ha intervistato il presidente della Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, Pietro Barbieri:

    R. - La nostra comunità nazionale non ha ancora fatto una scelta chiara da questo punto di vista, e non parlo solo di norme ma parlo di comportamenti, di trattamenti nel loro complesso. Se un amministratore locale non firma una delibera per l’inclusione di persone con disabilità, lo si deve al fatto che nutre un pregiudizio. E questo stigma che continua a esserci nei confronti delle persone con disabilità, come di altre fasce della popolazione, ci vede disoccupati all’80 % e via discorrendo. Questo ciò che va combattuto.

    D. - E’ chiaro che tutta la situazione crea delle urgenze, ma - a suo giudizio - quali sono quelle più forti? Penso, ad esempio, all’inclusione dei bambini nelle scuole…

    R. - Quello è sicuramente un tema fondamentale, anche perché educare è una funzione centrale delle politiche pubbliche e quindi l’esclusione che ancora c’è dalle scuole ordinarie o perlomeno le classi di sostegno, che purtroppo imperano, sono sicuramente un tema da dover affrontare nella maniera adeguata. Al contempo direi, però, che tema fondamentale è la visione sociale della disabilità fondata sui diritti. Il tema centrale è che noi spendiamo molto in sanità e scuola, ma molto poco sulle politiche sociali, che sono poi quelle che danno una visione nuova a persone autonome, indipendenti, che si muovono come tutti gli altri nella comunità e quindi contribuiscono alla crescita economica, sociale, culturale della comunità.

    D. – Molte volte si parla di un’Italia a due velocità. Anche parlando della disabilità, si può dire che il Paese è spezzato in due parti?

    R. - E’ spezzata in due parti, talvolta anche in più di due, nel senso che noi abbiamo sicuramente una differenza Nord-Sud, come avviene per tutte le politiche. Essere disabile, o addirittura donna disabile, nel sud del Paese equivale ad avere una doppia, tripla, discriminazione. Però, non è solo quella la divisione. Spesso è anche tra città e ambiente rurale: nelle città tendenzialmente c’è un riconoscimento maggiore dei diritti, negli ambienti più provinciali inevitabilmente tutto questo rischia di perdersi.

    D. - Su cosa intende pressare il governo?

    R. - C’è un piano di azione del governo che colpisce i fulcri essenziali, sono sette azioni da dover realizzare. Crediamo sia giunto il momento di doverlo fare, col concerto di tutte le amministrazioni centrali e delle autonomie locali e con la capacità anche delle parti sociali organizzate, evidentemente, di riuscire ad essere forti protagonisti in questo senso. Ecco, attuare il piano di azione. Siamo, credo, nella condizione di dover dire oggi, ancora più che prima, che bisogna fare in modo che alle persone con disabilità sia restituita la potestà di scelta così come a qualunque altro cittadino. Ancora oggi, decide della nostra vita un medico che prescrive un ausilio, un percorso riabilitativo o quant’altro. Dobbiamo essere riconosciuti per ciò che siamo, per le potenzialità che abbiamo e per la capacità di scegliere, come per chiunque altro.

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    Caritas di Roma: al via campagna di solidarietà per il 2014

    ◊   È stato un concerto dell’orchestra di Ambrogio Sparagna, con la partecipazione di Francesco De Gregori, a inaugurare ieri “La mia porta è sempre aperta”, la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi della Caritas romana per il 2014. L’obiettivo dell’iniziativa, organizzata in collaborazione con Roma Capitale, è quello di sostenere le attività di accoglienza della Caritas capitolina attraverso molteplici proposte culturali. Su questa campagna, che inizia proprio nel periodo d’Avvento, Antonella Pilia ha intervistato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma:

    R. - Noi troviamo, giorno dopo giorno, sempre più persone che vivono fuori casa, minori in difficoltà, anziani, famiglie che cercano aiuto e bussano alla Caritas. Allora, abbiamo voluto dire ai cristiani di Roma che il nostro essere solidali con i fratelli significa fondamentalmente aprire la porta. Per chi può, aprire anche materialmente la propria casa. Laddove questo non sia possibile, aiutare noi che siamo le mani della Chiesa di Roma, le mani di ogni cristiano, per accogliere queste persone nelle strutture che la Caritas gestisce.

    D. - La raccolta fondi associata alla campagna è destinata al sostegno di 17 Centri di assistenza della Caritas romana. Che tipo di aiuto offrono queste strutture?

    R. - Noi offriamo ogni anno, solo alle mense, quasi 370 mila pasti, quindi significa più di mille pasti al giorno. Poi, abbiamo le case famiglia per donne con bambini. In questo momento, i nostri operatori stanno aiutando una famiglia composta da due giovani genitori che, con tre bambini, vivono dentro una macchina... Questa situazione ci è stata segnalata da una persona che ha scritto al Papa. Il Santo Padre ne ha parlato con l’elemosiniere e lui lo ha riferito a noi.

    D. - L’inizio di questa campagna coincide con l’ingresso nel tempo di Avvento. Quale riflessione propone a tale proposito?

    R. - Abbiamo inviato a tutte le parrocchie un sussidio, che quest’anno invita a essere svegli, essere pronti a vedere nel volto dell’altro, del fratello, la presenza di Cristo. Altrimenti, c’è il rischio che aspettiamo Natale, facciamo il presepe, andiamo a Messa la domenica per incontrare Gesù e Gesù, che ci si è presentato giorno dopo giorno nel volto dei nostri fratelli, non lo abbiamo visto. Anche nell’ultimo documento che il Santo Padre ci ha consegnato, si parla proprio di questa comunità che deve andare fuori, deve annunciare Cristo con i segni e con la testimonianza. Credo che i gesti e le parole del Santo Padre abbiano toccato veramente il cuore degli uomini perché vedo tanta gente generosa che, dietro il suo esempio, si mette a disposizione e a servizio degli altri.

    D. - Per l’Avvento, avete anche lanciato una proposta di solidarietà alle parrocchie romane. Di cosa si stratta?

    R. - Chiediamo la possibilità di avere delle coperte perché non tutti - purtroppo - nella città di Roma possono essere accolti all’interno delle strutture. Lo spazio è limitato: le nostre strutture hanno circa 350 posti letto e, in questa città, circa 6-7 mila persone dormono all’aperto.

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    Movimento europeo difesa della vita: "no" alla teoria del gender nelle scuole

    ◊   Hanno fatto discutere negli ultimi tempi alcune direttive internazionali sull’educazione sessuale dei bambini a scuola che prevedono per il contrasto delle discriminazioni basate sull’identità di genere la formazione sulle questioni inerenti la cultura "lgbt" ovvero riguardante Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender. L’approccio è ritenuto invasivo da varie associazioni cattoliche e non. Alberto Zelger, presidente del Movimento europeo difesa della vita in particolare critica il progetto del Consiglio d’Europa per la lotta alle discriminazioni basate e sull’identità di genere sottoscritto nel 2012 dal ministro Elsa Fornero. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    D. – L’Italia è davvero un Paese omofobo, così come viene più volte ribadito in questi ultimi tempi?

    R. – No, no. C’è un’analisi scientifica molto approfondita di una trentina di pagine, che analizza questi comportamenti di tolleranza o intolleranza in tutti i Paesi del mondo, e noi siamo all’ottavo posto tra i Paesi più tolleranti del mondo, in una graduatoria di 40-50 Paesi. Non solo, siamo al quarto posto tra i Paesi che hanno aumentato la tolleranza nei confronti dei comportamenti omosessuali. Non c’è nessun rischio che un omosessuale venga discriminato, tutt’altro. Sono gli eterosessuali, cioè persone che non condividono questi comportamenti, che vengono discriminati, vengono messi a tacere.

    D. – Appellati con il termine “eterosessisti”?

    R. – Eterosessisti, seminatori di odio. Sui documenti del Ministero delle Pari opportunità, sui documenti della Comunità europea sono scritti questi termini. Noi siamo ritenuti seminatori di odio e come tali dovremmo essere messi in galera.

    D. – Vuole chiarire meglio: noi chi? Chi dice cosa?

    R. – Coloro che sostengono che la famiglia è unicamente quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Questo tipo di famiglia è tra l’altro l’unica riconosciuta dalla nostra Costituzione. Se io continuo a sostenere questo, una volta che passerà la legge sull’omofobia rischierò di finire in galera. Questo la gente non lo sa. Non solo, negli istituti scolastici un insegnante che si azzardasse a dire che per un bambino un papà e una mamma sono meglio di due uomini, come dimostrano tra l’altro anche studi scientifici, potrebbe essere inquisito, processato, multato, emarginato dalla scuola e anche messo in galera, se insiste.

    D. – A proposito di scuola: la strategia nazionale per il contrasto delle discriminazioni basate sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale, varata dal ministro Fornero nel 2012, prevede la formazione dei docenti, con l’inserimento nei programmi scolastici delle tematiche lgbt...

    R. – Sì, allora, chiariamolo un poco. Il documento Fornero, in realtà, è una risoluzione del Comitato dei ministri degli Stati membri del Consiglio d’Europa, del 2010. Il ministro Fornero, nel febbraio 2012, ha sottoscritto questo documento per primo in Europa e forse è rimasto anche l’unico ministro a farlo. A seguito di ciò, il Ministero delle Pari Opportunità ha varato un altro documento, che si chiama “Strategie 2013-2015 per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’indentità di genere”. In questo documento di 51 pagine ci sono cose non accettabili. Fra l’altro si fa riferimento ad un comitato incaricato di inserire in ogni istituzione - scuole, comuni, province - degli organismi che favoriscano la diffusione della cultura lgbt: lesbian, gay bisexual, transgender e così via.

    D. – C’è qualche legame tra questo e i 10 milioni di euro, stanziati recentemente dal governo Letta per la scuola e destinati alla formazione dei docenti sul rispetto delle diversità di genere?

    R. – Dieci milioni sono stati stanziati il 7 novembre scorso e sono legati a questi progetti di formazione dei docenti e degli educatori, perché siano aperti alle questioni inerenti la teoria del gender. Ma non solo: ci sono milioni – circa 7 milioni – di dollari finanziati dagli Stati Uniti d’America per progetti di questo tipo in più di 50 Paesi del mondo. Questo non è stato detto, però l’ha dichiarato il segretario di Stato Kerry un mese fa, pubblicamente.

    D. – Intanto, le politiche di educazione dell’infanzia sulle tematiche lgbt sono al centro della discussione del Parlamento europeo, nella cosiddetta Risoluzione Estrela. Ecco, a che punto siamo?

    R. – Sì, il Rapporto Estrela (dal nome di una deputata parlamentare Edite Estrela) sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi recepiva queste politiche di educazione soprattutto dell’infanzia, per educare i bambini ad accettare, a sperimentare tutte le pulsioni sessuali possibili. Un attacco all’innocenza dei bambini. Questo documento, è stato discusso al Parlamento europeo, nella seconda metà di ottobre, e il Parlamento ha deciso di riportarlo in Commissione. E’ stata una vittoria parziale. La Commissione, a fine novembre, ha aggiunto alcune modifiche e lo ha ritrasmesso al Parlamento. La battaglia su quel documento è ancora aperta. C’è da dire che il parlamento europeo pur non avendo competenze in materia di diritto familiare, fa opinione.

    D. – Proprio per tutelare i bimbi più deboli, di fatto, sono nati in Europa alcuni comitati per la difesa dell’infanzia nella scuola...

    R. – Sì, in Francia sono nati comitati per la difesa dell’infanzia in ogni scuola, per verificare che i progetti che vengono proposti ai bambini, all’insaputa a volte dei genitori, non contengano elementi distorsivi rispetto ai principi morali e religiosi dei genitori. In Italia, c’è anche la Costituzione che difende questo. Il diritto-dovere dei genitori di educare i bambini secondo i loro principi e credo religioso è sancito dalla Costituzione. Allora, noi dobbiamo far leva su questo elemento ed anche su un altro elemento nella scuola, che è quello della libertà di insegnamento del docente, garantita da una legge costituzionale, che prevede che un docente non possa essere costretto ad insegnare ciò che dice qualcun altro, soprattutto se si parla di temi etici. Bisogna, quindi, seguire anche la pista giuridica, per contrastare questa deriva, che sta arrivando anche in Italia.

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    Dialogo interreligioso: l'esperienza dei Focolari in rapporto alle comunità musulmane nel mondo

    ◊   “Il dialogo interreligioso”, che va condotto “con un’identità chiara e gioiosa” è “una condizione necessaria per la pace”. Lo scrive Papa Francesco nell’Esortazione “Evangelii Gaudium”. Il Papa sottolinea in particolare l’importanza della relazione con i credenti dell’islam invitando, di fronte a episodi “di fondamentalismo violento”, a “evitare odiose generalizzazioni perché, scrive, il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza”. A coltivare da tempo rapporti improntati al dialogo con persone e comunità musulmane, in diverse parti del mondo, è il Movimento dei Focolari. Ma di quale dialogo si tratta? Adriana Masotti lo ha chiesto a Roberto Catalano, responsabile del Centro per il Dialogo interreligioso dei Focolari:

    R. – Il movimento è impegnato nel dialogo, perché ha come sua finalità principale quella di costruire un mondo unito e quindi di credere alla possibilità della famiglia universale. Per quanto riguarda il dialogo interreligioso, il dialogo è naturalmente più profondo con le religioni principali, in particolare con l’ebraismo, con l’islam, con il buddismo e con l’induismo. Quello che è importante sottolineare è che si tratta sempre di un’esperienza vitale, cioè della vita, quella da cui nasce il dialogo. Si passa poi ad un dialogo di collaborazione con attività varie, per arrivare anche ad un dialogo di riflessione accademica e teologica.

    D. – Quando si parla delle altre religioni, il dialogo con la religione musulmana sembra quello più difficile da intraprendere. Che esperienze ci sono su questo nel Movimento?

    R. – Ci sono tante esperienze. Ci sono esperienze in Algeria, dove il Movimento dei Focolari è per la maggior parte composto di persone di fede e tradizione islamica, che vivono l’idea della fraternità universale come musulmani e che cercano di trasmetterla ad altri musulmani. C’è un dialogo negli Stati Uniti con musulmani afro-americani, seguaci dell’imam W.D. Mohammed, con i quali ci si incontra in diverse parti del Paese un paio di volte l’anno e sono comunità musulmane e comunità cristiane che si raccontano come vivono da musulmani e da cristiani. C’è un dialogo dell’esperienza pedagogica nei Balcani, dove ci sono degli asili che sono interreligiosi e interetnici, dove si cerca di costruire il futuro di queste nazioni, formando dei bambini alla loro identità, ma allo stesso tempo all’interazione e quindi all’integrazione. Poi c’è un dialogo all’interno dell’Europa, con l’islam, attraverso i musulmani che arrivano per via delle migrazioni. Si tratta di creare un dialogo dell’accoglienza, una cultura che non escluda nessuno, come Papa Francesco continua a ripetere. Ci sono, quindi, diversi progetti proprio sul territorio, progetti concreti. E questi sono in Italia, sono in Austria, sono in Svizzera, in Francia, in Spagna e anche in altri Paesi.

    D. – Prospettive si sono aperte anche in Giordania?

    R. – In Giordania abbiamo un gruppo di musulmani, fra cui tra l’altro un accademico di grande valore e di alto profilo. Lì, questo tipo di dialogo assume anche una valenza accademica, proprio grazie a questo professore e ad alcuni amici e colleghi, che hanno conosciuto la nostra spiritualità e che cercano di parteciparla a livello teologico, proprio all’interno del loro pensiero nell’Università di Amman e in altri centri teologici.

    D. – Guardiamo un momento all’Italia, dove non mancano anche attriti tra le comunità islamiche di immigrati, per lo più, e gli italiani...

    R. – In Italia si cerca di portare avanti un discorso comune con diverse comunità di musulmani nella zona del Veneto, anche in alcune parti della Toscana, poi nel centro Italia e anche recentemente in Sicilia. Si cerca di lavorare insieme con esperienze, nel quotidiano, di integrazione, ma anche di collaborazione fra famiglie musulmane e famiglie cristiane, per cercare di recuperare i valori della famiglia o di non perderli, per quanto riguarda la cultura musulmana, perché è una cosa cui loro tengono molto. Evidentemente c’è paura, c’è scetticismo, ma c’è anche molta buona volontà. Come diceva Giovanni Paolo II il dialogo è un cantiere, quindi si sta costruendo, e nel dialogo bisogna avere molta pazienza.

    D. – Tante esperienze in atto, dunque. Da tutto questo che cosa si può evincere: maggiori speranze in questa possibilità di incontro?

    R. – Senz’altro! Forse noi non ci rendiamo conto di che cos’era il mondo 30, 40 anni fa, quando non si dialogava fra persone di diverse religioni, se non minimamente. C’è molta strada da fare ancora. Ma se non si fa niente, si rischia veramente la catastrofe. E, come dicono molti, il dialogo è l’unica soluzione. Naturalmente si costruisce giorno per giorno e i protagonisti siamo noi in prima persona.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: il patriarca Gregorio III: “A Maalula veri martiri”

    ◊   “Siamo decisi a rimanere in questa terra benedetta anche a costo del martirio e del martirio di sangue. E’ già avvenuto per alcuni dei nostri fedeli, come i tre uomini di Maalula, Michael Taalab, Antonios Taalab e Sarkis Zakhem. Costoro sono veri martiri, uccisi per essersi rifiutati di rinnegare la loro fede”: è quanto dice in una nota invita all’agenzia Fides Gregorio III Laham, patriarca melchita di Antiochia e di tutto l'Oriente, con sede a Damasco. Il patriarca esprime forte preoccupazione per la nuova invasione del villaggio cristiano di Maalula da parte di gruppi armati islamisti, che hanno terrorizzato la popolazione e preso in ostaggio 5 suore ortodosse nel monastero di Santa Tecla. Il patriarca ricorda con gioia il recente incontro della Chiesa melkita con Papa Francesco: “Abbiamo invocato con il Santo Padre la fiamma della speranza perché non si estinguesse nei nostri cuori. Aiutati e sostenuti dalle preghiere del Papa e dalle sue iniziative profetiche, audaci ed evangeliche, vogliamo rimanere in questa terra benedetta, la Siria, culla del cristianesimo”. Il patriarca ha chiesto al Papa di “aiutare i cristiani siriani a restare in Medio Oriente” e lancia un appello: “Noi, cristiani e musulmani, dobbiamo, possiamo e vogliamo restare insieme, per testimoniare il Vangelo e costruire un mondo nuovo e un futuro migliore per i nostri giovani. Gregorio III riferisce che in Siria vi sono 9 milioni di sfollati. Oltre 1,2 milioni di siriani sono fuggiti in Libano: tra loro circa 42mila cristiani. Nel complesso sono 450mila i cristiani (delle diverse confessioni) emigrati all'estero. Secondo le cifre fornite dal patriarca, tra i cristiani siriani vi sono circa 1.200 morti, fra civili, soldati, suore e sacerdoti. Le chiese danneggiate sono almeno 60. (R.P.)

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    Chiese europee: appello della Kek ai governi europei per i rifugiati siriani

    ◊   Un appello ai governi europei perché provvedano con un maggiore impegno ad accogliere e proteggere i rifugiati dalla Siria. A lanciarlo - riporta l'agenzia Sir - è il Consiglio direttivo della Conferenza delle Chiese europee (Kek) riunito a Ginevra per la prima volta sotto la presidenza del nuovo presidente dell’organismo ecumenico, il vescovo anglicano Christopher Hill. Nel comunicato diffuso ieri, la Kek parla della “travolgente crisi umanitaria” che i siriani stanno vivendo a causa di un conflitto che sta durando da più di due anni. “A partire dal mese di ottobre 2013, circa 6 milioni di persone sono sfollate internamente o fuggite nei Paesi vicini in cerca di protezione. Più di 2,2 milioni di persone provenienti da Siria sono registrate o in attesa di registrazione nei Paesi vicini, tra cui Nord Africa. I Paesi limitrofi alla Siria come la Turchia, il Libano, la Giordania, l‘Iraq e l‘Armenia continuano a ricevere e ospitare un gran numero di persone e le loro risorse sono al punto di rottura”. “È in questa situazione terribile e complessa - incalzano le Chiese - che i Paesi europei devono urgentemente, con decisione, rispondere efficacemente alla protezione dei rifugiati in fuga dalla Siria. Non facendolo, obbligano i Paesi limitrofi a rifiutare i rifugiati e ad imporre inaccettabili condizioni e restrizioni a quelli già presenti in questi Paesi”. (R.P.)

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    Congo: Kabila e Museveni chiedono di chiudere i negoziati con l'M23

    ◊   “Le delegazioni del governo congolese e quelli del Movimento del 23 marzo (M23) devono ritornare immediatamente a Kampala per riprendere i colloqui e giungere quanto prima ad una soluzione”: è quanto recita il breve comunicato pubblicato da Entebbe al termine dell’incontro a porte chiuse tra il presidente congolese Joseph Kabila e il suo omologo ugandese Yoweri Museveni, mediatore per conto della regione dei Grandi Laghi nella crisi tra Kinshasa e la ribellione dell’M23. Secondo i due capi di Stato la conclusione del processo negoziato “creerà ulteriori condizioni appropriate per il ritorno pacifico degli ex combattenti dell’M23 e il loro completo disarmo oltre che per il rientro dei congolesi rifugiati nei Paesi vicini e degli sfollati” si legge ancora nella nota diffusa dalla presidenza ugandese. La visita lampo di Kabila - riferisce l'agenzia Misna - è avvenuta un mese dopo la sconfitta della ribellione in Nord Kivu e il fallimento dei colloqui di Kampala lo scorso 11 novembre. Forte della vittoria militare, il governo congolese si è rifiutato di firmare un accordo di pace, chiedendo che l’M23 riconosca la propria disfatta e che venga siglata una “semplice dichiarazione”. La posizione intransigente di Kinshasa aveva non poco irritato il mediatore Museveni che ha cercato fino all’ultimo di ottenere la firma del governo congolese. Al di là della ripresa del processo di pace con l’M23, l’incontro di ieri era atteso anche per il rilancio delle relazioni bilaterali, sempre più tesi tra Kinshasa e Kampala. Un primo segnale in questo senso è arrivato dalla decisione di riattivare la commissione congiunta permanente sulla delimitazione e la sicurezza dei confini e per le infrastrutture, le cui attività sono bloccate da mesi. Dalla nascita dell’M23 nell’aprile 2012, numerosi rapporti Onu e di ong congolesi ed internazionali hanno evidenziato che la ribellione ha goduto del sostegno politico, militare e finanziario sia dell’Uganda che del Rwanda. Durante i negoziati, aperti nel dicembre 2012, in più occasioni il governo congolese ha accusato la mediazione ugandese di essere “parziale” e di “difendere gli interessi dell’M23”. Ha creato ulteriore malumore in Repubblica Democratica del Congo la decisione del Paese vicino di non volere consegnare, almeno per ora, il capo politico Bertrand Bisimwa e il capo militare dell’M23 Sultani Makenga, che si trovano entrambi in territorio ugandese assieme ai circa 1700 combattenti scappati dal Nord Kivu all’inizio del mese di novembre. (R.P.)

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    Centrafrica. La Chiesa: “L’arrivo delle truppe francesi e africane sta avendo effetti positivi”

    ◊   “La situazione nella capitale è calma così come a Bangassou. Si inizia ad avvertire la presenza dei 200 soldati francesi e dei circa 500 militari congolesi arrivati ieri nel Paese” dice all’agenzia Fides mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou che si trova a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Con l’avvio del dispiegamento delle truppe francesi e africane, secondo mons. Aguirre “possiamo descrivere tre diverse situazioni nelle quali vive il Paese. In primo luogo i ribelli Seleka sembrano essere in fuga per lo meno da Bangui e dalle aree limitrofe. “Fuori di Bangui – dice mons. Aguirre - si sono avuti degli scontri tra i ribelli Seleka, soprattutto quelli di origine straniera, che scappano portandosi dietro il frutto dei loro saccheggi, e la popolazione che, non avendo più paura, sbarra loro la strada, cercando di recuperare i propri beni. Ho saputo che ci sono state vittime a Damara e a Bouali, a 40-50 km da Bangui”. “Nel nord, dove il deposto Presidente Bozizé è originario la situazione è differente” prosegue il vescovo. “A Bouca e a Bossangoa diverse migliaia di persone, in maggioranza cristiani, sono ancora rifugiate nelle missioni cattoliche. A Bouca per esempio 30.000 persone sono accolte nella missione cattolica, mentre i musulmani non si muovono dal loro quartiere. Gli sfollati vivono nella paura, e soffrono la mancanza di cibo e medicinali”. “Infine abbiamo la situazione come quella della mia diocesi, Bangassou, dove i Seleka “buoni”, chiamiamoli cosi, in collaborazione con i militari della Fomac hanno sequestrato le armi alle bande irregolari” afferma mons. Aguirre. “A Bangassou abbiamo costituito da un mese un gruppo di mediazione formato da musulmani, cattolici e protestanti, per promuovere la pace e la riconciliazione attraverso il perdono. Questo lavoro sta portando già i primi frutti: Domenica di Cristo Re, 24 novembre, una folta delegazione di musulmani ed una di protestanti ha assistito alla Messa. Al mio ritorno a Bangassou si terrà un incontro di preghiera interconfessionale per la pace e la riconciliazione”. “Quindi la situazione centrafricana è differente a secondo del luogo dove ci si trova. Le tensioni interconfessionali sono più forti nel nord, ma credo che con il dispiegamento delle truppe francesi ed africane sarà possibile evitare lo scontro interreligioso, che d’altronde nessuno ha pianificato. Occorre comunque continuare a lavorare per la riconciliazione” conclude il vescovo. (R.P.)

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    Evangelii Gaudium: apprezzamento del Consiglio Ecumenico delle Chiese

    ◊   L‘Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” recentemente consegnata da Papa Francesco, relativa alla proclamazione del Vangelo nel mondo di oggi, ha suscitato “interesse e apprezzamento” anche da parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc) che lo definisce come “un documento impegnativo e stimolante”. “L‘Esortazione apostolica - dice il segretario generale del Wcc rev. Olav Fykse Tveit - è più di un semplice testo che trasmette il messaggio del Sinodo sull‘evangelizzazione. Risponde alla necessità di rinnovamento della Chiesa a tutti i livelli dal punto di vista della chiamata ad essere una Chiesa in missione”. Ed aggiunge: “Il tono del documento è aperto e al tempo stesso impegnativo e stimolante”. Il pastore norvegese Tveit - riporta l'agenzia Sir - ricorda che il Consiglio Ecumenico delle Chiese è da poco uscito dall’esperienza della X Assemblea del Wcc che si è svolta a Busan (Corea del Sud), dal 30 ottobre all’ 8 novembre sul tema: “Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace” durante la quale le 345 Chiese membro (di tutte le tradizioni cristiane sebbene la Chiesa cattolica ne faccia parte solo come osservatore) hanno riflettuto sulla necessità di rinnovamento della Chiesa e del movimento ecumenico nonché sulla missione da vivere a partire dai “margini della società”. Tveit evidenzia pertanto un “parallelo” tra il cammino intrapreso dal Consiglio Ecumenico delle Chiese dopo Busan e le riflessioni di Papa Francesco. Per questo ragione dunque, il Wcc ha deciso di continuare nel mese di gennaio la riflessione e lo studio dell‘Esortazione apostolica attraverso una speciale giornata di discussione e studio dedicata al documento. “Wcc e Santa Sede - si legge nel comunicato del Wcc - hanno continuato a lavorare a stretto contatto uno con l‘altro nel corso degli ultimi decenni attraverso il Pontificio Consiglio per l‘unità dei cristiani”. E sul sito del Wcc viene offerta alla lettura di tutti i membri del Consiglio ecumenico il link all’Esortazione apostolica in lingua inglese. (R.P.)

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    Ucraina: appello alla pacificazione dei leader cristiani

    ◊   L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ha condannato la violenta repressione delle forze dell'ordine ucraine delle manifestazioni nella capitale contro il rifiuto opposto dal Presidente Viktor Yanukovich di firmare l'accordo di associazione con l’Unione Europea. “Non dobbiamo rispondere alla violenza con la violenza”, ha affermato il capo delle Chiesa greco-cattolica ucraina citato dall’agenzia Risu, chiedendo di fermare l’escalation che “rischia di portare a conseguenze ancora più tragiche”. Dello stesso tenore gli appelli dei leader delle Chiese ortodosse nel Paese. Il patriarca Filarete, a capo della Chiesa ortodossa ucraina, ha esortato “la polizia , ma anche i manifestanti a evitare ulteriori violenze”. La Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca ha diffuso, da parte sua, una dichiarazione del metropolita Volodymyr Sabodan, che esorta a “non dividere la società ucraina” e a pregare per la pace evitando “il ricorso alla violenza per risolvere i dissidi”. Un comunicato della Università Cattolica Ucraina diffuso ieri - e rilanciato integralmente in lingua inglese dall’agenzia di informazione ucraina “Risu” - afferma che “le scene di violenza che abbiamo visto domenica, messe in atto da provocatori di fronte al palazzo dell’amministrazione presidenziale, non sono meno scioccanti delle riprese della brutale dispersione ad opera della speciale polizia antisommossa dei manifestanti sulla piazza di Maidan. La violenza è sempre terribile, non importa chi la commette”. I membri dell’Università Cattolica si rivolgono a tutti i cittadini ucraini, “cari compatrioti”, ricordano che il 1° dicembre è “un giorno luminoso” per la storia dell‘Ucraina perché fu il giorno del referendum pacifico per l‘indipendenza nel 1991 ma - aggiungono - quest’anno “è stato offuscato dalla violenza”. (L.Z.)

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    Egitto: critiche della Chiesa cattolica per chi decide di emigrare

    ◊   I cristiani egiziani dovrebbero restare nel loro Paese e aiutarlo a migliorare invece di scegliere la strada facile dell’emigrazione. E’ quanto ha affermato all’agenzia Cns il portavoce della Chiesa cattolica in Egitto, padre Rafic Greiche. Stando ai dati forniti dalle ambasciate straniere in Egitto, almeno 300mila cristiani hanno abbandonato il Paese dalla fine del regime di Mubarak nel 2011, ma il numero esatto è difficilmente verificabile, perché tra gli espatriati ci sono anche cittadini egiziani che hanno passaporti stranieri. Si tratta di persone con un alto livello di istruzione, spiega padre Greiche, che non risparmia critiche a questa scelta: “A volte i motivi sono legittimi, ma la maggior parte di queste persone lasciano il Paese al primo problema” , ha detto il sacerdote. “Abbiamo bisogno che investano non solo i loro soldi, ma anche le loro energie qui e come cristiani hanno il dovere di essere missionari nel loro Paese”. Secondo padre Greiche, come per altri leader cristiani egiziani, l’escalation delle violenze seguita alla destituzione del Presidente Morsi a luglio è in larga parte da attribuire ai Fratelli Musulmani e ai gruppi islamisti. Di queste violenze è stata vittima anche la comunità cristiana, che rappresenta il 10% della popolazione. Ad agosto, al culmine degli scontri tra l’esercito e i sostenitori di Morsi, una settantina di chiese sono state bruciate e saccheggiate. Da allora gli attacchi sono diminuiti , anche se la tensione resta ancora altissima e a novembre si è registrata una nuova ondata di violenza contro il governo. (L.Z.)

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    Paraguay: il vescovo di Concepción denuncia lo scandalo dei senatori corrotti

    ◊   “Ci rammarichiamo per l’erosione dei valori nelle nostre istituzioni pubbliche, con azioni compiute con evidente disonestà e inganno, e perfino con atteggiamento cinico nel mentire o distorcere la verità”: sono le parole del giovane vescovo della diocesi di Concepción (Santissima Concezione) in Paraguay, mons. Miguel Ángel Cabello Almada, nella celebrazione del terzo giorno della novena alla Virgen de Caacupé, la devozione popolare più vissuta e sentita in Paraguay. Il vescovo si riferiva alla situazione scandalosa denunciata da tutti i media del Paese, riguardante la vicenda di un senatore accusato di truffa, già espulso dal parlamento, e di un gruppo di senatori corrotti suoi sostenitori. La settimana scorsa - riferisce l'agenzia Fides - la "Camera Alta" del Paraguay ha infatti votato la revoca dell'immunità parlamentare al senatore Victor Bogado, accusato di truffa aggravata, perché sia processato dalla giustizia. La vicenda è diventata di dominio pubblico e tema di discussione a livello nazionale quando un gruppo di senatori ha provato ad appoggiarlo. La comunità nazionale ha reagito con manifestazioni spontanee di gruppi di giovani che protestavano per lo scandalo dato da questo senatore che, fra le altre cose, faceva pagare alle casse di un ministero pubblico le proprie spese personali. Il vescovo, secondo la nota inviata all’agenzia Fides, ha denunciato “una totale mancanza di senso patriottico, perché manca la trasparenza, la responsabilità nell'esercizio del proprio dovere e non si rispetta il bene comune del popolo". Quindi ha chiesto di "mettere al primo posto l'aspetto morale ed etico prima di qualsiasi interesse personale o politico. La vita virtuosa non deve essere solo un accessorio di alcune persone eccezionali, tutti siamo chiamati a conoscere e vivere le virtù umane e cristiane". (R.P.)

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    Senegal: appello per la pace nella Casamance dei vescovi della regione

    ◊   “La pace nella Casamance è una grande preoccupazione per tutti. È per questo che i vescovi della Conferenza episcopale sono venuti qui a pregare per la pace, compatire le sofferenze della popolazione e reiterare il loro impegno per il ritorno definitivo della pace” affermano i membri della Conferenza episcopale interterritoriale di Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau, che si sono riuniti in Assemblea generale dal 26 novembre ad oggi a Ziguinchor, capoluogo della Casamance, la regione del Senegal dove dal 1982 è in atto una guerra “a bassa intensità” per la secessione dal resto del Paese. Nel comunicato finale inviato all’agenzia Fides i vescovi invitano “i fedeli e gli uomini di buona volontà a unire i loro sforzi per l’avvento della pace” e “incoraggiano ogni iniziativa di dialogo”. I partecipanti all’Assemblea, tra i quali c’era il nunzio apostolico nei Paesi della Conferenza, mons. Luis Mariano Montemayor, hanno ribadito, tra l’altro, il loro impegno per la costituzione dell’Unité Universitaire de Ziguinchor di Coubalan, che è una sede distaccata dell’Université Catholique de l’Afrique de l’Ouest. Un progetto volto a offrire ai giovani una formazione di qualità in una regione con un buon potenziale di sviluppo economico. (R.P.)

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    Malawi: i vescovi chiedono ai donatori internazionali di non abbandonare il Paese

    ◊   Fare un’immediata pulizia per riguadagnare la fiducia dei donatori stranieri, il cui aiuto è indispensabile per alleviare la povertà del popolo del Malawi, e iniziare una profonda riflessione nazionale per evitare che nuovi casi di corruzione di questa portata si ripetano. E’ quanto chiedono i vescovi del Paese africano, dopo lo scoppio di quello che è stato ribattezzato il “Cash gate”, lo scandalo della frode di fondi elargiti dai donatori internazionali per gli aiuti allo sviluppo. Nella vicenda sono coinvolti una cinquantina di funzionari statali che avrebbero stornato quasi 200milioni di dollari. Per tutta risposta i donatori internazionali (Unione Europea, Gran Bretagna, Norvegia e Banca africana di Sviluppo) hanno sospeso i finanziamenti. In una nota diffusa ieri, i vescovi esprimono profondo sconcerto per quanto sta emergendo, che, affermano, è “imbarazzante per il Malawi” ed è il “sintomo di una seria decadenza morale” nel Paese. Nel documento, i presuli evidenziano le conseguenze drammatiche dello stop degli aiuti per il popolo malawiano: aumento della povertà e dell’inflazione ai danni delle categorie più deboli; difficoltà ad importare beni di prima necessità, come medicine e mezzi agricoli. Più in generale – rilevano - i cittadini e i contribuenti malawiani saranno penalizzati tre volte: dalla sottrazione delle già scarse risorse pubbliche; dalla riduzione dei servizi pubblici conseguente ai tagli che si renderanno necessari e, infine, dai costi dei complessi procedimenti giudiziari contro i responsabili. Di qui il fermo appello alle autorità governative a fare subito pulizia, per ricostruire la fiducia dei cittadini e recuperare la credibilità internazionale del Malawi, ma anche l’invito ai donatori internazionali a riconsiderare la sospensione degli aiuti che sta avendo gravissime conseguenze sociali. Quindi l’esortazione a tutti i cittadini del Malawi a un profondo esame di coscienza e a un “autentico pentimento”, ricordando che nella gestione delle risorse pubbliche prima ancora che ai propri concittadini, è a Dio che devono rispondere. Anche i meccanismi e i sistemi di controllo finanziario – evidenziano i vescovi – si reggono sull’integrità morale di chi li gestisce. Essi esortano poi i sacerdoti e i religiosi a non strumentalizzare il “Cash gate” per interessi di parte, perché non spetta alla Chiesa fare scelte politiche per la gente. La dichiarazione conclude ricordando le parole del Beato Giovanni Paolo II, che nell’Enciclica sociale “Sollicitudo Rei Socialis” affermava che “L'ostacolo principale da superare per una vera liberazione è il peccato e le strutture da esso indotte, man mano che si moltiplica e si estende” e “così diventano sorgente di altri peccati, condizionando la condotta degli uomini”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Pakistan. Rawalpindi: a rischio chiusura ospedale cattolico che accoglie da 50 anni cristiani e musulmani

    ◊   Dopo quasi 50 anni di attività all'insegna del motto "Dare speranza alla vita", il centro ospedaliero di San Giuseppe a Rawalpindi - amministrato dalle Francescane missionarie di Maria, guidate da suor Margaret Walsh - è a rischio chiusura per mancanza di fondi. Per circa mezzo secolo le religiose hanno offerto il loro servizio e la loro opera con amore incondizionato a favore della popolazione, senza distinzioni di fede, etnia o condizione sociale. A testimonianza del valore del Centro e delle suore che lo hanno guidato, nel 2006 il governo pakistano ha assegnato il "riconoscimento di eccellenza" alle Francescane missionarie di Maria per la loro opera e l'impegno profuso. Fondata nel 1964 dal missionario cattolico inglese Francis O'Leary, il St Joseph Hospice ha garantito per decenni le migliori cure mediche ai poveri e ai portatori di handicap della città. Con più di cento posti letto, la struttura ha accolto i bisognosi dando assistenza gratuita e farmaci, prendendosi cura dei più deboli e offrendo formazione al personale. Il Centro è diventato nel tempo la casa di quanti venivano abbandonati persino dai propri cari, mostrando a tutti lo sguardo amorevole di Dio a prescindere dalla fede di appartenenza. Tuttavia, a causa dell'aumento dei costi e alla progressiva riduzione dei finanziamenti - effetto della crisi economica mondiale - il St. Joseph Hospice è a grave rischio chiusura. Intervistata dall'agenzia AsiaNews suor Margaret Walsh, con cuore colmo di tristezza, racconta che "la grande maggioranza dei pazienti in cura sono musulmani" e vengono "da noi perché sanno che possiamo dar loro ciò di cui hanno bisogno". La religiosa spiega di aver dato il meglio di sé in questi anni e "mi spezza il cuore" sapere che "pensano di chiuderci". Per questo invoca l'aiuto della gente, per "mantenere viva questa visione". Per i malati cronici e le persone nate con deformità, il Centro è una vera e propria casa. Ora, si chiede la religiosa, "dove andranno?". Esso operava in pieno spirito di carità cristiana e ora sta lottando per sopravvivere. Per questo nella prima domenica di Avvento, le chiese hanno lanciato un appello alla preghiera e alla raccolta fondi, per sostenere la struttura e garantirne il futuro della missione quale "segno di speranza". (R.P.)

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    Libano: abouna.org premiato come miglior sito arabo cristiano

    ◊   Il sito cattolico www.abouna.org, diretto da padre Rifat Bader – sacerdote giordano del patriarcato latino di Gerusalemme – è stato eletto miglior sito arabo cristiano nel concorso indetto dal Media Festival arabo-cristiano, la manifestazione annuale organizzata dalla Federazione Mondiale del giornalismo cattolico in Libano. Padre Bader, direttore del Catholic Center for Studies and Media, ha dedicato il premio ricevuto a Beirut anche a “due cari vecchi amici del sito, che all’epoca ne sono stati i primi lettori e redattori” i due vescovi di Aleppo Boulos al-Yazigi e Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, rapiti lo scorso aprile da sconosciuti. Padre Bader si augura di poter dare presto sul suo sito la notizia della loro liberazione, “e che sia posta fine alla violenza nella loro Patria, la Siria”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 337

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.