Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 26/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: fede non è alienazione ma cammino di verità per prepararsi a vedere il volto meraviglioso di Dio
  • Il Papa incontra il presidente dell'Autorità di transizione del Madagascar
  • In udienza dal Papa il card. Filoni e mons. Fischella, nel pomeriggio il premier Monti in visita di congedo
  • Il presidente del Celam: grande entusiasmo per l'attesa del Papa a Rio per la Gmg
  • Il Papa al Rinnovamento nello Spirito: unito alla vostra Festa della Misericordia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: appello Ue per i vescovi rapiti. Londra accusa Damasco di uso di armi chimiche
  • Israele: abbattuto drone in arrivo dal Libano. Le accuse ricadono su Hezbollah e Iran
  • Tensione in Venezuela, l’opposizione annuncia nuovi ricorsi sui risultati elettorali
  • Anche Bce e Fmi contro l’austerity, Berlino frena. Becchetti: allentare il rigore
  • Incontro Napolitano-Letta. Padre Simone: non necessariamente tecnici nel governo
  • Campagna Ue di tutela dell'embrione. Carlo Casini: vera Europa è quella dei diritti
  • Anziani vittime di truffe, un'emergenza silenziosa
  • Udine. Le due Coree si incontrano al "Far East Film Festival"
  • Studenti a Firenze per le "Olimpiadi di italiano". La Crusca: serve rilancio della lingua
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: nessuna notizia dei vescovi rapiti. Appello dei Patriarchi ortodossi
  • Haiti: un missionario ucciso nella capitale Port au Prince
  • Terra Santa: il Muro nella valle di Cremisan cambia percorso, ma non si ferma
  • Irlanda: netti progressi nell’attuazione delle direttive contro gli abusi sui minori
  • India: Campagna della Caritas contro la violenza su donne e bambini
  • Sud Corea. Priorità dei vescovi per il 2013: nuovi martiri e lotta alla pedofilia
  • Cina. Sisma nel Sichuan: tre minuti di silenzio per le vittime
  • Bangladesh. Gli islamisti al governo: approvate la legge di blasfemia o assediamo Dacca
  • Filippine: i vescovi di Mindanao chiedono di custodire l'ambiente
  • Sud Sudan: “La nostra leadership è unita” assicura l’arcivescovo di Juba
  • Centrafrica: a un mese dalla conquista di Bangui i ribelli continuano a vessare la popolazione
  • Nigeria: polemiche nel Paese dopo la strage di Baga
  • Sudafrica: iI rammarico dei vescovi per l’approvazione della legge sul segreto di Stato
  • Mali: l'Onu approva il dispiegamento della missione di pace
  • Papua Nuova Guinea: mons. Douglas contro la pena di morte
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: fede non è alienazione ma cammino di verità per prepararsi a vedere il volto meraviglioso di Dio

    ◊   Il cammino di fede non è alienazione, ma preparare il cuore a vedere il volto meraviglioso di Dio: è quanto ha affermato oggi il Papa durante l’omelia della Messa presieduta nella Domus Sanctae Marthae. Hanno partecipato alla celebrazione alcuni dipendenti della Tipografia Vaticana, della Gendarmeria e dell’Ulsa, l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Vangelo del giorno ci riporta le parole di Gesù ai discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore”:

    “Queste parole di Gesù sono proprio parole bellissime. In un momento di congedo, Gesù parla ai suoi discepoli, ma proprio dal cuore. Lui sa che i suoi discepoli sono tristi, perché se ne accorgono che la cosa non va bene. Lui dice: ‘Ma non sia turbato il vostro cuore’. E comincia a parlare così, come un amico, anche con l’atteggiamento di un pastore. Io dico: la musica di queste parole di Gesù è l’atteggiamento del pastore, come il pastore fa con le sue pecorelle, no?… ‘Ma non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio, anche in me’. E comincia a parlare di che? Del cielo, della patria definitiva. ‘Abbiate fede anche in me’: io rimango fedele, è come se dicesse quello, no?… Con la figura dell’ingegnere, dell’architetto dice loro quello che andrà a fare: ‘Vado a prepararvi un posto, nella casa del Padre mio vi sono molte dimore’. E Gesù va a prepararci un posto”.

    Il Papa si chiede: “Com’è quel posto? Cosa significa ‘preparare il posto’? Affittare una stanza lassù? Preparare il posto’ è preparare la nostra possibilità di godere, la possibilità - la nostra possibilità - di vedere, di sentire, di capire la bellezza di quello che ci aspetta, di quella patria verso la quale noi camminiamo”:

    “E tutta la vita cristiana è un lavoro di Gesù, dello Spirito Santo per prepararci un posto, prepararci gli occhi per poter vedere… ‘Ma, Padre, io vedo bene! Non ho bisogno degli occhiali!’: ma quella è un’altra visione…. Pensiamo a quelli che sono malati di cataratta e devono farsi operare la cataratta: loro vedono, ma dopo l’intervento cosa dicono? ‘Mai ho pensato che si potesse vedere così, senza occhiali, tanto bene!’. Gli occhi nostri, gli occhi della nostra anima hanno bisogno, hanno necessità di essere preparati per guardare quel volto meraviglioso di Gesù. Preparare l’udito per poter sentire le cose belle, le parole belle. E principalmente preparare il cuore: preparare il cuore per amare, amare di più”.

    Nel cammino della vita – ha sottolineato il Papa - il Signore prepara il nostro cuore “con le prove, con le consolazioni, con le tribolazioni, con le cose buone”:

    “Tutto il cammino della vita è un cammino di preparazione. Alcune volte il Signore deve farlo in fretta, come ha fatto con il buon ladrone: aveva soltanto pochi minuti per prepararlo e l’ha fatto. Ma la normalità della vita è andare così, no?: lasciarsi preparare il cuore, gli occhi, l’udito per arrivare a questa patria. Perché quella è la nostra patria. ‘Ma, Padre, io sono andato da un filosofo e mi ha detto che tutti questi pensieri sono una alienazione, che noi siamo alienati, che la vita è questa, il concreto, e di là non si sa cosa sia…’. Alcuni la pensano così… ma Gesù ci dice che non è così e ci dice: ‘Abbiate fede anche in me’. Questo che io ti dico è la verità: io non ti truffo, io non ti inganno”.

    “Prepararsi al cielo – ha detto ancora il Papa - è incominciare a salutarlo da lontano. Questa non è alienazione: questa è la verità, questo è lasciare che Gesù prepari il nostro cuore, i nostri occhi per quella bellezza tanto grande. E’ il cammino della bellezza” e “il cammino del ritorno alla patria”. Infine il Papa prega perché il Signore ci dia “questa speranza forte”, il coraggio e anche l’umiltà di lasciare che il Signore prepari la dimora, “la dimora definitiva, nel nostro cuore, nei nostri occhi e nel nostro udito. Così sia”.

    inizio pagina

    Il Papa incontra il presidente dell'Autorità di transizione del Madagascar

    ◊   Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Francesco ha ricevuto il presidente dell’Alta Autorità della Transizione della Repubblica del Madagascar, Andry Nirina Rajoelina, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - ci si è soffermati sulle buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica del Madagascar, e sono stati presi in esame alcuni aspetti della situazione del Paese. In particolare, è stato ricordato lo sforzo che il Madagascar sta compiendo nella ricerca della stabilità e della democrazia, di un maggiore sviluppo economico e della ricostruzione dei rapporti internazionali”. Infine, “sono stati sottolineati l’importante contributo della Chiesa Cattolica malgascia nel sostegno al dialogo nazionale ed il suo indispensabile impegno capillare nei settori della sanità e dell’educazione”.

    inizio pagina

    In udienza dal Papa il card. Filoni e mons. Fischella, nel pomeriggio il premier Monti in visita di congedo

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’arcivescovo Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Nel pomeriggio, il Pontefice riceverà, presso la
    Domus Sanctae Marthae, il senatore Mario Monti, presidente del Consiglio dei ministri italiano, in visita di congedo.

    In Sud Africa, il Papa ha accolto la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Klerksdorp, presentata da mons. Zithulele Patrick Mvemve in conformità al canone 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico e ha nominato l’arcivescovo di Johannnesburg, mons. Buti Joseph Tlhagale, degli Oblati di Maria Immacolata, amministratore apostolico Sede vacante ad nutum Santae Sedis della medesima Diocesi. Mons. Tlhagale , nato il 26 dicembre 1947, è stato ordinato sacerdote il 29 agosto 1976. Nominato e consacrato vescovo nel 1999, stato trasferito a Johnnesburg nel marzo 2003.

    In Spagna, Papa Francesco ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Oviedo il sacerdote do Juan Antonio Menéndez Fernández, parroco e vicario episcopale nella medesima arcidiocesi. Il neo presule nato a Villamarín de Salcedo (Asturias) il 6 gennaio 1957, ha realizzato gli studi ecclesiastici nei Seminari Minore e Maggiore di Oviedo ed è stato ordinato sacerdote il 10 maggio 1981. Nel 2005 ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università di Salamanca. Ad Oviedo è stato Vicario Parrocchiale e Parroco in diverse parrocchie (1981-1991), Arciprete (1988-1991), Vicario Episcopale per la Vicaria di Oriente (1991-2001), Vicario Generale (2001-2011), Presidente del Consiglio d’Amministrazione Popolare TV-Asturias (2004-2011), Delegato dell’Amministratore Diocesano sede vacante (2009-2010) e Parroco di San Antonio di Padua, a Oviedo. Attualmente è Membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori (dal 1991), Canonico della Cattedrale di Oviedo (dal 2001), Parroco di San Nicolás de Bari, ad Avilés, e Vicario Episcopale per gli Affari Giuridici (dal 2011).

    inizio pagina

    Il presidente del Celam: grande entusiasmo per l'attesa del Papa a Rio per la Gmg

    ◊   Il Papa ieri ha ricevuto i membri della Presidenza del Celam il Consiglio Episcopale Latinoamericano. Monica Zorita, della redazione ispanoamericana della nostra Emittente, ha chiesto al presidente dell’organismo, mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantia (Messico), come sia andato l’incontro:

    R. - Es un rencuentro con quien ha sido un amigo, con quien se coincide la experiencia de fe…
    E’ rincontrare qualcuno che è stato un amico, qualcuno con il quale si è condivisa l’esperienza di fede, dal quale si riceve una grande gioia per la responsabilità che ha e soprattutto per come la sta vivendo: è molto cosciente di dover rispondere a Dio in questa missione così grande che gli ha dato.

    D. - Che cosa ha detto il Papa al Celam?

    R. - Que confía mucho en que nosotros hagamos nuestro trabajo para que la Iglesia …
    Confida molto che il lavoro che noi facciamo possa, attraverso l’esperienza ecclesiale delle Chiese dell’America Latina e dei Caraibi, rafforzare la Chiesa universale.

    D. - Altri temi che avete affrontato?

    R. - Fundamentalmente también es que lo esperamos con mucho animo a la Jornada …
    Principalmente che lo aspettiamo con grande entusiasmo alla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, dove sicuramente torneremo ad incontrarci, per rafforzare il legame spirituale, lo sguardo e la visione pastorale, che ha bisogno di crescere in tutta l’America Latina.

    D. - Come lo ha visto?

    R. - Muy bien, muy sereno, muy tranquillo y muy alegre como ya empezando a lo siento…
    Molto bene, molto sereno, molto tranquillo e molto allegro, come se - ad un mese di distanza dalla sua elezione - avesse preso maggiormente coscienza di quello che rappresenta essere il Vescovo di Roma, il Successore di Pietro, il Papa.


    Presente all’incontro col Papa anche mons. Dimas Lara Barbosa, arcivescovo di Campo Grande (Brasile), vicepresidente del Celam. Silvonei Protz, della nostra redazione brasiliana, lo ha intervistato:

    R. – E’ stato un momento di profonda comunione e fratellanza. Il Santo Padre, come sempre, è molto accogliente e tutti noi avevamo lavorato con lui durante la quinta Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi ad Apareçida nel 2007. Dunque, la conferenza di Apareçida è stata al centro dei nostri dialoghi. Abbiamo parlato del Celam a livello globale, abbiamo parlato del Sinodo dei vescovi, della nostra esperienza di radunare, nella Pontificia Commissione per l’America Latina, quasi tutti i delegati al Sinodo per discutere, conoscerci e arrivare a punti comuni da proporre all’assemblea sinodale. Poi abbiamo parlato anche della traduzione della Bibbia in America che è una richiesta dei vescovi nord-americani, di una traduzione per gli americani di lingua spagnola. Il Celam, invece, ha riproposto che fosse una Bibbia per tutta l’America di lingua spagnola. Questo ha già portato come frutto la pubblicazione dei Vangeli. Presto ci sarà la pubblicazione del Nuovo Testamento e poi di tutta la Bibbia.

    D. - Naturalmente la Giornata mondiale della gioventù a luglio a Rio de Janeiro è stato una dei temi trattati con Papa Francesco…

    R. – Sì è interessante che la Giornata mondiale, che è stata una creazione sapiente di Giovanni Paolo II, sia stata realizzata per la prima volta fuori dell’Europa proprio in Argentina. Adesso, il primo viaggio del Santo Padre all’estero sarà in Brasile per la Giornata mondiale. Allora lui è molto contento di venire, e noi ancora di più! Abbiamo parlato un po’ dei preparativi per la Giornata. Da due anni in Brasile e nell’America del Sud, la croce e le icone della Madonna viaggiano fra le diocesi, si radunano migliaia di giovani che si preparano per incontrarsi a luglio con il Successore di Pietro a Rio. Anche noi, come direzione del Celam, vogliamo approfittare del fatto di essere tutti insieme a Rio; ci raduneremo per discutere la situazione della Chiesa in America Latina, nei diversi dipartimenti del Celam.

    inizio pagina

    Il Papa al Rinnovamento nello Spirito: unito alla vostra Festa della Misericordia

    ◊   Da ieri, e fino a domenica prossima, si svolge a Rimini la 36.ma Convocazione nazionale dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito. Tema guida dell’incontro 2013 è “Accogliamo la Parola con la gioia dello Spirito Santo”. Un tema, quello della gioia, che riecheggia l’esortazione di Papa Francesco della Domenica delle Palme: i cristiani “non siano mai uomini e donne tristi”. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il presidente nazionale di Rinnovamento, Salvatore Martinez:

    R. – La gioia, diceva Paolo V, è il gigantesco segreto della vita cristiana e nel tempo di Pasqua non si può non dar corso a una gioia profonda. È quella che si ridesta nei cuori tutte le volte che ci si sente amati. In fondo, potremmo spiegare così queste prima pagine del Pontificato di Francesco: la Chiesa si sta ridestando nei cuori della gente, dei vicini e dei lontani, si ridesta come amore. La gioia è il frutto visibile di questo amore e chi si sente amato è capace di amare. Papa Francesco – ma così Benedetto XVI, Giovanni Paolo II – hanno esortato noi cristiani, in questi anni, a fare di Gesù Cristo un’esperienza viva, un incontro. È quello che accade qui a Rimini da 36 anni.

    D. – Nel messaggio che Papa Francesco vi ha inviato per l’occasione, c’è una sottolineatura particolare, quella della “misericordia”...

    R. – Sì, qualcuno l’ha già definito “il Papa della Misericordia”. Ma vorrei dare una valenza sociale a questo tema. Ci raccontano in ogni modo le miserie di questo nostro tempo. Vorrei dire che la misericordia sta sotto le miserie umane: è il grembo in cui tutte le miserie dell’uomo, quelle sociali, politiche, economiche, familiari, vengono accolte. È il cuore di Dio. A Rimini, si vive la Festa della Misericordia. Più di 300 preti offrono il Sacramento della riconciliazione sacramentale e i 20 mila partecipanti sono spinti alla confessione. Sono, come diceva il Papa, spinti a chiedere perdono. Ed è una grande festa. Ecco che la gioia ritorna come la Parabola del Padre misericordioso.

    D. – Tra le iniziative di cui parlerete, figura la presentazione del Piano nazionale per la Nuova Evangelizzazione. Di che cosa si tratta?

    R. – È una risposta all’appello di Papa Benedetto e dei padri sinodali. È una risposta che in fondo trovava già, 30 anni fa, un appello del Beato Giovanni Paolo II. Il Rinnovamento nello Spirito noi lo consideriamo dal suo sorgere un esaudimento della uova evangelizzazione, che non significa fare cose nuove, significa rifare nuove le cose di sempre. Un Piano nazionale per la Nuova Evangelizzazione – e non un “progetto”, quindi, ma un piano inteso come linee, come visione, come criteri di discernimento – vuole essere un aiuto non soltanto ai nostri gruppi e alle nostre comunità, ma a tutta la Chiesa, alle parrocchie, alle chiese locali. Perché la nuova evangelizzazione non sia uno slogan, una moda e neanche un istituto, un ufficio pastorale, ma un modo di essere e di vivere la Chiesa, un modo di rispondere ai bisogni dell’uomo e della Chiesa a partire dal Vangelo e in un modo nuovo, cioè mediante lo Spirito Santo per dare a questo Vangelo fantasia, creatività, realizzazione.

    D. – Avrete anche, durante i vostri lavori, uno spazio in cui pregherete per le Chiese perseguitate...

    R. – Nell’Anno delle Fede, non poteva mancare uno sguardo alla fede perseguitata, martirizzata. Avremo rappresentanti dalla Siria, dall’Iraq, dall’Egitto, dall’Eritrea, dalla Nigeria. Ieri, abbiamo avuto, nella persona del cardinale Puljić, anche l’espressione della nostra Europa, dell’ex Jugoslavia. Abbiamo voluto ricordare i postumi di questa terribile guerra del 1992. Vogliamo guardare quindi con attenzione a che cosa significhi conservare la fede, dare le ragioni della fede. Diceva il Papa: “Non cediamo al pessimismo”. Ecco perché la fede deve essere forte, robusta, grande come è grande il cuore di Dio. Questi testimoni, questi esempi di vita vissuta, ci aiutano allora non soltanto a interiorizzare la fede, ma a testimoniarla in un modo netto, semplice e cristallino, come ci insegnano, per l’appunto, i martiri del terzo millennio.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sì dell’Onu ai caschi blu nel Mali: in prima pagina, gli ultimi sviluppi della crisi nel Paese africano.

    Nuovi timori di guerra civile in Iraq: nell’informazione internazionale, appello del premier Al Maliki dopo l’ondata di violenze.

    La prima immagine dei nativi americani raccontati da Colombo: in cultura, Antonio Paolucci sul restauro dell’Appartamento Borgia in Vaticano.

    Tra i ricordi dell’irlandese bella e terribile: Enrico Reggiani ricorda la figura di Maud Gonne MacBride.

    Un’amicizia che si rinnova: Antonio Zanardi Landi, ambasciatore d’Italia a Mosca, sull’impronta dell’architettura italiana in Russia dal medioevo al XX secolo. Sullo stesso tema, un articolo di Dmitrij Švidkovskij dal titolo “Vladimir e il romanico lombardo”.

    La diaconia a più dimensioni: nel servizio religioso, il sinodo annuale degli evangelici luterani.

    L’ora della non violenza: l'intervento del vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), Mariano Crociata, al convegno nazionale di Pax Christi.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Siria: appello Ue per i vescovi rapiti. Londra accusa Damasco di uso di armi chimiche

    ◊   Preoccupazione è stata espressa oggi dall’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, per la sorte dei due vescovi ortodossi rapiti in Siria alcuni giorni fa. La Ashton ha chiesto la loro liberazione e si è detta “costernata” perché i leader religiosi stanno diventando degli obiettivi sensibili. Intanto, è salito a 1,4 milioni il numero dei profughi siriani, stando all’ultimo dato Onu. Nella comunità internazionale cresce poi il fronte dei Paesi – l’ultimo la Gran Bretagna – che si dicono convinti dell’impiego di armi chimiche in Siria. Questo convincimento può cambiare le sorti del conflitto? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo:

    R. – La questione delle armi chimiche è una questione che ripetutamente viene tirata fuori e viene presentata come la “linea rossa” per cui è opportuno che la comunità internazionale intervenga. Sinceramente, a mio avviso, è una mossa puramente propagandistica perché non è che una persona uccisa da un colpo di artiglieria o da un bombardamento aereo sia meno grave di una persona uccisa da un’arma chimica. L’arma chimica però, nell’immaginario collettivo, mette più paura. La guerra, a quello che si dice, ha già prodotto 70-80 mila vittime, più alcuni milioni di sfollati, quindi la tragedia c’è. Ma non dimentichiamo che le armi chimiche sono state usate proprio dai Paesi che più stanno protestando per questo eventuale uso. Israele è uno di questi e non ha neppure ratificato la Convenzione sulle armi chimiche. Le hanno usate anche gli Stati Uniti. Io credo che tutto questo dibattito, questa sollecitazione relativa alle armi chimiche, sia in realtà un tentativo per intervenire militarmente al fianco degli insorti. Se certamente la Siria è un alleato dell’Iran, le forze che la stanno combattendo sono però forze composite in cui ci sono forze di tipo laico, più legate a una rivolta di tipo democratico, e ci sono anche forze ben addestrate, ben armate, ben finanziate, sostenute da un’ideologia di tipo integralista islamico.

    D. – Secondo lei, siamo a un passo da quella “linea rossa” evocata più volte dagli Stati Uniti?

    R. – Potrebbe essere. Gli Stati Uniti, da quello che risulta, sono molto cauti anche nel dire che siano state usate armi chimiche. Evidentemente, un intervento della comunità internazionale rischia di aprire in quel territorio un tipo di conflitto di cui non possiamo sapere quali potrebbero essere le possibili evoluzioni. E’ un conflitto molto più complesso di come viene presentato, cioè dei “buoni contro cattivi”. E’ un conflitto interno ma anche un conflitto internazionale, nel quale giocano interessi di Israele che intende evitare una penetrazione dell’influenza iraniana nell’area siriana-libanese e così via. La potenzialità di un intervento internazionale, armato e diretto, non è che risolverebbe assolutamente i problemi, anzi. Rischieremmo che questa “linea rossa”, se fosse travalicata, potrebbe effettivamente deflagrare in un conflitto molto più vasto nell’intera zona.

    D. – Sarebbero state raccolte prove da alcuni medici siriani per l’impiego proprio nel conflitto siriano del "Sarin"…

    R. – Che l’esercito siriano abbia questo tipo di arma, che è un gas nervino, si sapeva. Mi piace sempre ricordare però che l’arma chimica non è un’arma molto comoda da utilizzare, anzi è un’arma pure pericolosa per le stesse truppe che la usano, perché trasportandola in una situazione di conflitto diffuso sul territorio si rischia anche che queste armi possano cadere in mano agli avversari o che si provochi un bombardamento e una fuga di questo gas all’interno delle stesse truppe che la usano. Per cui, non è certo un’arma risolutiva che si può usare per un conflitto.

    inizio pagina

    Israele: abbattuto drone in arrivo dal Libano. Le accuse ricadono su Hezbollah e Iran

    ◊   Nella regione mediorientale, cresce la preoccupazione dopo che Israele – ieri sera - ha abbattuto un aereo senza pilota al largo delle acque territoriali. I sospetti si concentrano su Hezbollah, la milizia libanese sciita filo-iraniana, che dal canto suo smentisce ogni coinvolgimento. Sulla valenza di questo episodio, che ha suscitato le preoccupazioni del primo ministro Israeliano Netanyahu, Eugenio Bonanata ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera:

    R. – Da parte di Hezbollah, negare si può sempre: ma, in questo caso, mi pare abbastanza improprio, anzi veramente stridente, a meno che non sia direttamente un drone lanciato per interposto stato, cioè da parte dell’Iran. Quello che mi ha colpito è quanto hanno detto – più che i diplomatici o le dichiarazione scontate di Netanyahu, che erano ovviamente attese – i militari, i quali dicono di avere l’impressione che questo sia una sorta di "assaggio", un test per vedere la capacità reattiva di Israele. In realtà, la capacità reattiva di Israele c’è stata, perché il drone, a quattro chilometri dalla costa, è stato abbattuto.

    D. – Chi ha interesse ad aprire un altro fronte per raffreddare, in qualche modo, l’attenzione sulla difficile situazione siriana?

    R. – Innanzitutto, sono in tanti. Come sappiamo, la guerra di Siria è una guerra interna, ma è anche la guerra degli altri. Sono tutte le forze che stanno cercando di riposizionarsi in Medio Oriente. Io credo ci sia una spasmodica attesa, forse eccessiva, per quanto riguarda le aspettative dell’incontro che avverrà, pare a giugno, tra il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, e il presidente russo, Vladimir Putin. La Russia sta giocando pesante, lasciando intendere che potrebbe anche influire sull’alleato siriano per cercare di placare questo conflitto senza fine, che vede coinvolti sia il regime, sia gli oppositori, i quali non credo si stiano dimostrando molto più rispettosi della popolazione civile di quanto invece non dimostri lo stesso governo e gli stessi militari di Assad. Dall’altra, però, la Russia vuole mantenere il suo piede in Medio Oriente: vuole dire “noi ci siamo”. Questi sono strumenti di pressione anche a livello internazionale, per dire: “Attenzione: il problema c’è. Siamo tutti coinvolti e siamo pronti ad affrontarlo”. Ecco perché è difficile, in quanto non vi sono soltanto gli attori regionali, ma ci sono anche attori internazionali molto, ma molto importanti e influenti.

    D. – L’episodio potrebbe avere ripercussioni anche sul complesso processo di pace israeliano-palestinese?

    R. – E’ difficile dirlo. Io credo che, purtroppo, il processo di pace israeliano-palestinese, questo negoziato che anche lo stesso presidente Obama ha cercato in tutti i modi di rilanciare, sia esattamente al punto di partenza. C’è da risolvere il problema degli insediamenti e Israele non ne vuole sapere. E’ chiaro che se ci sono delle pressioni da parte dell’Iran o da parte dei suoi alleati – tipo hezbollah e anche tipo Siria – è evidente che Israele tenderà a privilegiare questo fronte, il fronte dell’immediato, piuttosto che impegnarsi, come pareva aver promesso in qualche misura, di riprendere questo negoziato. Il problema è che riprendere il negoziato significa anche buona volontà e significa essere pronti a un compromesso. Io credo che Israele non sia pronto a un compromesso con i palestinesi, ma anche i palestinesi ci mettono del loro: cosa si fa, un compromesso con l’Autorità nazionale palestinese di Ramallah, o si fa un compromesso anche con l’Autorità di Hamas a Gaza? Finché non ci sarà una piena riconciliazione, non ci sarà un forte riavvicinamento, sarà difficile proprio precostituire le condizioni strutturali per la ripresa di un negoziato che sia vero questa volta e non a parole come nel recente passato.

    D. – Per gli israeliani è la conferma – l’ennesima, qualora ce ne fosse il bisogno - della loro vulnerabilità…

    R. – E’ chiaro che Israele si trova in una posizione di potenziale accerchiamento, anche se io non credo che siano tanti i Paesi che oserebbero anche solo fare una provocazione seria nei confronti di Israele. Vulnerabilità geografica, se si vuole: basta guardare la cartina per capirlo e non c’è dubbio. Vulnerabilità tout court, cioè possibilità veramente di colpire Israele? Io credo che Israele abbia strumenti e tecnologia sufficienti per fronteggiare qualsiasi tipo di pericolo. Poi, sa che se dovesse mai malauguratamente partire un attacco, ci sarebbero alleati pronti, a cominciare dagli Stati Uniti, a sostegno di Israele.

    inizio pagina

    Tensione in Venezuela, l’opposizione annuncia nuovi ricorsi sui risultati elettorali

    ◊   In Venezuela, Henrique Capriles, sconfitto di misura nelle recenti elezioni presidenziali, impugnerà il risultato del voto in tribunale. L’esponente dell’opposizione ha annunciato che contesterà “con tutte le prove a sostegno” l’elezione di Nicolas Maduro, già successore designato di Hugo Chavez. I due rivali hanno convocato manifestazioni di piazza per il prossimo primo maggio. Davide Maggiore ha chiesto un’analisi della situazione a Roberto Da Rin, giornalista del “Sole 24 Ore”, esperto dell’area:

    R. - E’ impossibile prevedere cosa possa succedere in Venezuela. Questi 240 mila voti di scarto con cui Maduro ha battuto Capriles sono pochi e quindi le tensioni si susseguono. L’annullamento delle elezioni mi sembra uno scenario piuttosto improbabile, dato che in quasi tutti i Paesi latinoamericani ci sono sempre contestazioni sulla regolarità del voto e mai - negli ultimi 15 anni - si è andati a una nuova tornata elettorale, che screditerebbe completamente i candidati e il sistema politico.
    D. - Entrambi i candidati hanno convocato manifestazioni di piazza per il prossimo primo maggio: Maduro si è detto preoccupato per nuove violenze. Si va verso dei disordini?

    R. - Questo non lo possiamo escludere, in effetti, perché la contrapposizione tra i due schieramenti è forte, è netta. La società venezuelana, da molti anni, è spaccata in due: chavisti e antichavisti. Quindi non possiamo escludere che ci possa essere un aumento della violenza e degli scontri.

    D. - E’ improbabile un annullamento delle elezioni: dunque, concretamente, cosa può aspettarsi di ottenere Capriles?

    R. - Capriles può effettivamente negoziare, all’interno del governo di Maduro, delle posizioni che diano spazio anche all’opposizione. Quindi tutto questo potrebbe essere semplicemente lo specchio di una nuova strategia dell’opposizione, che cerca di guadagnare spazio all’interno di un governo, che sarebbe un governo di Maduro, però con personaggi in qualche modo non del tutto sgraditi anche all’opposizione.

    D. - Il Paese è diviso, ma sembra non essere completamente unito anche il partito di Nicolas Maduro…

    R. - Potrebbero esserci, in effetti, problemi perché ci sono delle correnti. Di certo la Compagnia nazionale - Pdvsa - e l’esercito sono i due principali centri di potere all’interno della società venezuelana e quindi due aree nelle quali si negozieranno delle posizioni chiave e in cui ciascuno vorrà rivendicare una quota di potere.

    D. - Quali effetti può avere l’instabilità del Venezuela sui Paesi circostanti?

    R. - Se la tensione all’interno del Paese dovesse esplodere, sarebbe una fonte di instabilità enorme all’interno della regione. Va detto che ci sono, ormai, democrazie consolidate: quindi il Brasile non avrebbe interesse ad avere un ‘vicino di casa’ in cui c’è una situazione esplosiva; Negli altri Paesi latinoamericani sono state effettuate di recente elezioni regolari: quindi diciamo che non ci sono pericoli di contagio. Direi che nessuno si avvantaggerebbe di una conflittualità all’interno del Venezuela.

    inizio pagina

    Anche Bce e Fmi contro l’austerity, Berlino frena. Becchetti: allentare il rigore

    ◊   Dopo tutti i sacrifici fatti finora, i Paesi possono allentare gli sforzi di risanamento dei conti pubblici e avviare subito le riforme per la crescita: sono parole del commissario europeo Olli Rehn ma a prendere posizione contro l’austerity sono anche la Bce e il Fmi. La Germania frena. Il servizio di Fausta Speranza:

    Meno rigore sui conti pubblici: il commissario agli Affari economici Olli Rehn parla di “politiche di bilancio credibili” e di specificità dei vari Paesi da considerare. E’ cambio di rotta. E la Commissione non è sola. Il vicepresidente della Bce, Constancio, dichiara che “si può cambiare passo” e il Fmi invita l'Europa ad “evitare i rischi di stagnazione spingendo sulla crescita”. E nelle stesse ore in Italia il premier incaricato Enrico Letta fa sapere che vorrebbe rinegoziare il rigore. Ma arriva il freno della Germania: il ministro delle Finanze, Schaeuble, difende, in un’intervista ad una radio tedesca, il risanamento e a proposito dell’Italia dice che è “una sciocchezza scaricare sugli altri i propri problemi”: sottolinea i ritardi nel formare il governo che danneggiano l’economia. Sullo sfondo delle dichiarazioni, i disordini ieri sera a Madrid alla manifestazione contro l’austerity del premier Rajoy. La Spagna ha superato i 6 milioni di disoccupati: oltre il 27% della forza lavoro. E c’è da dire che anche la Francia registra il suo record disoccupazione: oltre 3 milioni di senza lavoro.


    Della necessità di una inversione di rotta sul rigore, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor vergata:

    R. – Bisogna cambiare politiche: ci vogliono politiche macroeconomiche, fiscali e monetarie molto più espansive. E poi, all’interno dell’Europa, non ha senso la camicia di forza imposta all’Italia: se si pensa che oggi l’Olanda ha un deficit del 4,1 per cento e noi in Italia stiamo soffocando con un deficit del 2,3 non si capisce perché l’Italia non debba avere, in questo momento difficile, uno spazio maggiore per quelle risorse che ci servono come il pane per ridurre un po’ la pressione fiscale e far ripartire un po’ la domanda interna.

    D. – Cosa dovrebbe fare effettivamente Bruxelles per invertire la rotta?

    R. – Dovrebbe eliminare l’attuale vincolo del 3 per cento che non ha nessun senso, né teorico, né empirico … Ci sono stati i lavori del Fondo monetario, la confutazione di alcuni lavori dei sostenitori del rigore: non ha nessun senso, questo 3 per cento. E’ stato dimostrato, invece, che fare troppi sacrifici porta addirittura ad un aumento del rapporto debito-pil, non ad una riduzione, perché praticamente gli effetti recessivi sono troppo forti. In Italia, nell’ultimo anno, quattro punti in meno di pil sono stati generati dal crollo della domanda interna. Poi, due punti li abbiamo recuperati con l’aumento delle esportazioni. Quindi, poiché da un punto di vista sia teorico sia empirico non ha alcun senso, questa cosa va rimossa. Ovviamente, questo non vuol dire che bisogna spendere in maniera sbagliata, ma quei soldi in più che dobbiamo avere vanno usati molto bene: per esempio, per pagare i debiti della pubblica amministrazione, per aumentare il fondo di garanzia centrale per le banche per fare credito alle piccole e medie imprese … Quindi, i soldi vanno usati bene, però la camicia di forza che ci siamo imposti non ha senso né in generale per l’Europa, né per l’Italia, rispetto agli altri Paesi.

    D. – Il coro è stato unanime: Commissione europea, Fondo monetario e la Bce. Ma la Germania frena questa inversione di tendenza sul rigore …

    R. – E’ rimasta ormai l’unica la voce della Germania; tra l’altro, anche la Germania sta pagando le conseguenze del rigore perché nell’ultimo trimestre dello scorso anno è andata in recessione anche lei … Prima o poi, anche l’opposizione della Germania dovrebbe essere vinta. Quello che è grave è il ritardo che c’è stato sia da parte delle istituzioni sia da parte di alcuni economisti, nel capire gli errori che sono stati fatti.

    D. – Nel frattempo: in Spagna, sei milioni di disoccupati; ma anche la Francia raggiunge il suo record …

    R. – L’Europa, o si sveglia o rischia, e rischia l’euro. Quindi, deve mettere in prima linea la lotta alla disoccupazione guardando anche agli esempi degli altri Paesi. Prendiamo gli Stati Uniti, dove la Banca centrale con un’azione – se vogliamo – rivoluzionaria, rispetto al passato, ha detto che il suo obiettivo fondamentale è far scendere la disoccupazione sotto il 6 per cento. Quindi, una Banca centrale che si preoccupa prima di tutto della disoccupazione e poi dell’inflazione, non si era mai sentito. In questo, la Bce dovrebbe seguire l’esempio, dato che oggi è la Banca centrale l’istituzione economica che ha la forza maggiore per poter modificare la realtà dell’economia.

    D. – Uno sguardo allargato: il presidente francese in Cina, i colossi asiatici che “minacciano” Stati Uniti e soprattutto l’Europa. Che cosa fare?

    R. – Non è necessariamente una minaccia. Sappiamo che in questo momento nel mondo c’è convergenza. Mai l’economia è andata così bene, perché tutte le aree del mondo stanno crescendo. La crescita media mondiale è del 5 per cento. L’unica zona veramente in crisi è l’Europa del Sud: quindi, siamo noi che dobbiamo uscire dalle nostre anomalie di cui abbiamo parlato poco fa, e cogliere il positivo che c’è in questa crescita forte dei Paesi del sud del mondo. Vuol dire che bisogna andare in questi Paesi, bisogna esportare, bisogna stabilire relazioni commerciali perché senz’altro la domanda che viene da questi Paesi può essere utile anche per noi, se – ovviamente – le nostre aziende sapranno coglierla.

    inizio pagina

    Incontro Napolitano-Letta. Padre Simone: non necessariamente tecnici nel governo

    ◊   E’ durato circa due ore e mezzo l’incontro di questa mattina al Quirinale tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier incaricato Enrico Letta. La riserva sarà sciolta non prima di domani, e sempre domani dovrebbe avvenire il giuramento. Alessandro Guarasci:

    Letta accelera in vista della formazione del governo. Dopo il colloquio al Quirinale, il premier incaricato è andato a Palazzo Chigi per parlare con Monti. Nel pomeriggio, si recherà dai capigruppo alla Camera per definire i tempi sul dibattito di fiducia al governo. Il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, dice che da parte di Letta c’è un atteggiamento molto positivo e che i deputati del centro destra sono “molto confortati”. Il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, precisa comunque che la “restituzione dell’Imu è un punto fondante della partecipazione al governo, e Letta finora è stato seriamente disponibile ad ascoltare”. La Lega però chiede che Amato e Monti non entrino nel governo. Beppe Grillo sentenzia che il Movimento Cinque Stelle non si mescolerà mai con questa maggioranza. Un appoggio a Letta arriva da Renzi, convinto che verrà un buon governo, votato compatto dal Pd, anche se esclude espulsioni per eventuali dissenzienti. Una parte del Pd auspica comunque un profilo innovativo per l’esecutivo. Abbiamo sentito l’opinione di Padre Michele Simone, notista politico della Civiltà Cattolica:

    R. – Nell’incontro con il Movimento 5 Stelle, ieri sera, e poi anche tenendo presenti le dichiarazioni delle varie delegazioni dei partiti, la caratteristica che veniva ripetuta è che ci vuole sì un governo politico, e poi capacità concrete per quanto riguarda le conoscenze e l’organizzazione. Quindi, non necessariamente tecnici.

    D. – Possiamo in qualche modo legare il destino di questo governo a temi come la restituzione dell’Imu?

    R. – No, io direi che questo – almeno fino adesso – non ha bloccato le trattative, perché stanno cercando un modo per tirarsene fuori, da una parte e dall’altra.

    D. – La priorità dovrà essere il rilancio dell’economia e le riforme istituzionali: questo è fondamentale per far sì che questo governo abbia una durata anche non breve?

    R. – Sì: soprattutto l’impegno nel settore economico, un’urgenza nella società e una necessaria messa in atto del programma.

    D. – Però, Pd e Pdl durante la campagna elettorale, hanno avuto toni molto duri l’uno nei confronti dell’altro. E’ normale che ora siedano assieme attorno ad un tavolo, quello del Consiglio dei ministri?

    R. – C’è – diciamo – lo sguardo dall’alto del presidente della Repubblica, che veglia su questo che è un punto essenziale. D’altro canto, si tratta di un governo di emergenza, perché la situazione economica italiana è una situazione in emergenza.

    D. – Secondo lei, questo governo dovrà avere anche un atteggiamento diverso con l’Europa, dunque: austerità ma anche sviluppo? Insomma: c’è un margine di trattativa?

    R. – Per ora non emerge, tranne l’incaricato del settore economico nella Commissione, una presa di posizione a favore di una maggiore apertura in economica. L’onorevole Letta sembra intenzionato a fare di tutto, su questo punto.

    inizio pagina

    Campagna Ue di tutela dell'embrione. Carlo Casini: vera Europa è quella dei diritti

    ◊   "Uno di Noi" ("One of Us") è l’iniziativa dei cittadini europei che punta a raccogliere almeno un milione di adesione nei Paesi Ue per chiedere alle istituzioni comunitarie di fermare la manipolazione e soppressione degli embrioni umani. In Italia, si è costituito il Comitato organizzatore, presieduto da Carlo Casini del Movimento per la Vita italiano, e composto da Maria Grazia Colombo, del Forum delle associazioni familiari, Domenico Delle Foglie, presidente del Copercom, Tonino Inchingoli, segretario nazionale del Movimento Cristiano Lavoratori, Alfredo Mantovano di Alleanza Cattolica, Daniela Notarfonso, Scienza&Vita e Gianluca Pagliuca, Unitalsi. E per il prossimo 12 maggio, domenica, è stata fissata una giornata nazionale di mobilitazione nella quale verranno allestiti punti di raccolta firme sui sagrati delle parrocchie italiane. Carlo Casini, promotore dell'iniziativa, spiega al microfono di Luca Collodi i motivi della campagna europea "Uno di Noi" per la tutela dell'embrione umano:

    R. – Questa campagna rientra in una novità prevista dall’ultimo trattato di disciplina dell’Unione europea, il Trattato di Lisbona. Il Trattato prevede che i cittadini, almeno un milione di cittadini europei appartenenti ad almeno sette Stati, possano chiedere alle istituzioni europee un atto giuridico, sostanzialmente una legge, che essi ritengano indispensabile per la crescita dell’unità europea. Le istituzioni europee, in particolare la Commissione e il parlamento non possono ignorare la richiesta, ma devono farne oggetto di una discussione in contraddittorio con i promotori. L’idea di fondo è questa: la vera Europa è quella dell’economia o quella dei diritti dell’uomo? Risposta: quella dei diritti dell’uomo. Ma è vera Europa quella che lascia distruggere i suoi figli, non solo con l’aborto, ma con le sperimentazioni scientifiche, con il finanziamento in tutto il mondo di azioni che propagandano l’interruzione di gravidanza o comunque finanziano la distruzione di embrioni umani? Risposta: la vera Europa è quella dell’origine, è quella voluta da De Gasperi, da Schuman, da Adenauer, ed è quella che pone al centro la dignità della persona umana. Allora, abbiamo avviato questa iniziativa, che già è iniziata da qualche mese, si concluderà a fine ottobre e ha già raccolto in tutti questi sette Paesi europei un certo numero di adesioni. Ma ha bisogno di una grande spinta, di un grande impulso, che noi italiani vogliamo dare e vogliamo darlo in particolare con un’iniziativa che si realizzerà senz’altro il prossimo 12 maggio, con una raccolta di adesioni in tutte le parrocchie in Italia.

    D. – Tutto questo, poi, sarà presentato al parlamento europeo per una discussione per dare dignità e tutela all’embrione umano. Ma a livello politico ci saranno i numeri sufficienti per fare questo?

    R. – Dobbiamo rassegnarci? Dobbiamo stare zitti di fronte a una questione così importante, così grande, così capace di investire non solo la dimensione religiosa, ma anche la dimensione umana, la dimensione razionale, la dimensione civile? No, non possiamo rassegnarci. Sarà una battaglia lunga, ma ogni strumento per vincerla deve essere adottato. Io credo che a livello politico la situazione non sia brillante, certamente, ma il politico è sensibile all’opinione pubblica. L’opinione pubblica esprime gli elettori e i politici sono sensibilissimi agli elettori. Allora, se noi riusciremo a raccogliere – non un milione, ma molti milioni – in tutti i Paesi dell’Unione Europea, forse qualche cosa si muoverà. L’Europa non deve quantomeno finanziare la distruzione di embrioni umani, come avviene oggi attraverso forme di aiuto allo sviluppo, che danno soldi ad organizzazioni che poi propagandano l’aborto, attraverso la sperimentazione scientifica... che è soltanto inutile distruzione di embrioni umani. Bene, credo che su questo i parlamentari europei, come è già avvenuto in altri casi, possano essere sensibili.

    D. – Guardiamo alla Francia, che ha approvato i matrimoni omosessuali: ha perso Hollande politicamente e ha perso tutta la Francia?

    R. – E’ una grande tristezza. Ho l’impressione che dal male, come sappiamo bene, Dio sa trarre anche il bene. Io noto che questa Francia che in materia di famiglia e di vita era piuttosto silenziosa, proprio quasi come frustata da queste iniziative del governo Hollande, si è mossa, più volte si è riunita la piazza. Centinaia di migliaia di persone. Questa novità non può rimanere senza sbocchi, la sconfitta l’abbiamo subita e tutto finisce. No, deve crescere. Quindi, anzi, è un esempio di come ci dobbiamo comportare anche di fronte ad aggressioni contro la famiglia, in questo caso, e contro la vita. Infatti, le due cose, vita e famiglia, sono valori strettamente collegati fra loro. Urge, ha detto Giovanni Paolo II nell'Enciclica Evangelium vitae, una mobilitazione generale in vista di una nuova cultura della vita.

    inizio pagina

    Anziani vittime di truffe, un'emergenza silenziosa

    ◊   Un’emergenza silenziosa. Parliamo del crescente fenomeno delle truffe ai danni degli anziani. Sono sempre di più infatti i casi di chi spacciandosi per assistente sociale, inviato del parroco, controllore di gas e luce o persona bisognosa di aiuto si introduce nelle case di pensionati per svaligiarle. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Anziani sempre più nel mirino delle truffe. Complici l’isolamento nelle grandi città e la vulnerabilità propria della terza età. La rapina tradizionale sembra interessare meno la criminalità: i sistemi di allarme e vidoeosorveglianza nelle banche sono ormai sempre più sofisticati e nei supermercati si paga ormai prevalentemente con carte di credito o bancomat. Meno rischioso introdursi in casa di un over 70, luogo in cui spesso è conservata l’intera pensione in contanti, magari spacciandosi per un controllore del gas o una persona di fiducia del parroco. Il danno nella vittima non è solo materiale, soprattutto psicologico. Lo conferma il sociologo Maurizio Fiasco, docente delle forze di Polizia statali:

    R. - Spesso viene compromessa la vita, la vita quotidiana delle persone anziane, e la qualità della loro vita va a picco perché vivono il dopo truffa con forte pena e solitudine, riducendo ulteriormente i rapporti con le persone significative, già assai scarsi nelle grandi città.

    Perdita di autostima e sfiducia nel prossimo, inducono spesso chi subisce la truffa a non denunciarla. E tutto cade nel silenzio.

    R. - E’ un’emergenza silenziosa, dimenticata, gli anziani non reclamano a differenza di altre categorie e di conseguenza il loro problema non diventa una priorità. La mancanza di statistiche documenta l’assenza di un’attenzione verso questo obiettivo importantissimo.

    Imperdonabile la disattenzione istituzionale.

    R. - Non si può dare questa indicazione: “non aprite la porta a nessuno, diffidate”. Perché così si rovina la vita delle persone anziane. Le istituzioni - polizia, carabinieri, polizia municipale - devono invece mettersi in una posizione attiva, prendere l’iniziativa di contattare gli anziani, di andarli a conoscere nei luoghi dove vivono, costruire una rete di collaborazione per prevenire la criminalità ai danni degli anziani. In questa rete di collaborazione ci stanno molto bene gli assistenti sociali, ci sta bene tutta la rete comunitaria delle parrocchie, ci sta bene il vicinato, ci sta bene l’associazione dei commercianti, cioè tutte le figure significative di un piccolo spazio dove si abita, in modo da rendere conoscibili i segni che precedono un reato ad un anziano. Il reato non cade mai a freddo è sempre preparato ma nessuno si accorge di questa preparazione, nessuno sostiene la persona vittima sia durante il fatto sia dopo il fatto.

    D. – Questo vale più di qualsiasi forma di autotutela che un anziano può mettere in atto…

    R. – Ma, poverino, non si autotutelerà mai! Perché ha bisogno di comunicare ha un bisogno di parlare… Non è che il truffatore si presenta come tale, si presenta con la maschera della persona affabile, gentile, premurosa; deve entrare nella casa dell’anziano e quindi deve costruire una sceneggiatura. Non solo gli anziani ma persone adulte e giovani potrebbero cadere in questa trappola. Il consiglio “chiuditi in casa, diffida”, cade nel vuoto perché il bisogno di relazione, di comunicazione, è superiore alla paura. Bisogna, ripeto, inserire l’anziano dentro una rete sociale, comunitaria, di pubblica sicurezza, di protezione. Deve essere una vera priorità. La priorità non deve ottenerla chi strilla di più, la priorità va data in funzione del danno che la delinquenza fa ai cittadini. Per questo danno sono previste tra l’altro pene molto blande, perché per una truffa al massimo si rischiano tre anni, non si procede se non viene denunciata… E’ una dimenticanza che va al più presto presa in considerazione.

    inizio pagina

    Udine. Le due Coree si incontrano al "Far East Film Festival"

    ◊   Si sta svolgendo a Udine la 15.ma edizione del "Far East Film Festival" dedicato alla produzione cinematografica del lontano Oriente, una manifestazione che fa conoscere peronalità e titoli di grande interesse culturale, sociale e politico. Protagoniste quest’anno le due Coree, con quella del Nord che si apre a una rara coproduzione internazionale. ll servizio di Luca Pellegrini:

    Dall’Oriente con stupore: ancora una volta il Far East Film Festival si dimostra vivace, curioso, amato da un pubblico giovane che riempie le sale, partecipa, applaude, discute. Sono quindici anni che la manifestazione, unica in Italia e in Europa, porta alla luce una cinematografia altrimenti lontana, facendo conoscere autori e titoli seguiti in patria da milioni di spettatori e che provengono dal Giappone, dalla Cina continentale, da Hong Kong e Taiwan, dalla Thailandia e Malesia, il Vietnam, le Filippine, le due Coree. Sono culture e stili che è importante riconoscere se si vuole davvero conoscere il mondo in cui viviamo. Dirige la manifestazione Sabrina Baracetti, alla quale abbiamo chiesto quali sono i temi e i problemi affrontati dai tanti registi ospiti.

    R. – Un tema comune è difficile trovarlo perché stiamo parlando di cinematografie completamente diverse. Sono dieci le cinematografie che noi abbiamo indagato per la selezione di quest’anno, che ha comportato la scelta di 57 film, tra cui molte anteprime internazionali e tre anteprime europee. E' difficile quindi trovare un "filo rosso" che le colleghi. Devo dire che la situazione del cinema giapponese, ad esempio, è particolarmente interessante, perché il cinema giapponese esce da un anno assolutamente difficile: quello del post-terremoto e del post-tsunami. Quindi, c’è la volontà di esplorare il genere della commedia o della commedia romantica, senza dimenticare però anche i blockbuster che sono creati per l’entertainment e che hanno raccolto in patria moltissimi consensi a livello di pubblico allargato. Per quanto riguarda invece la Cina, sappiamo che l’evoluzione del cinema è costante, che riguarda non soltanto il mondo della produzione ma anche quello dell’esercizio. Ricordiamo che in questi ultimi anni la Cina è passata da un numero di sale che poteva essere conteggiato in circa duemila schermi a una situazione che è più che raddoppiata: siamo già a una quota di cinquemila schermi. In cinque anni, la Cina – intendo la Mainland China – raggiungerà un numero ancora più elevato di penetrazione del mercato attraverso la costruzione di nuovi cinema e quindi probabilmente in cinque anni – ne parlavamo proprio con i produttori che sono presenti qui – la Cina diventerà il primo mercato mondiale per quanto riguarda il cinema. Qui, ovviamente, i conti bisogna farli con la censura che è ancora molto forte. Le storie vengono prima valutate dal "Film bureau", per poi essere approvate e realizzate; alcuni temi non possono essere affrontati. Non c’è quindi la possibilità di realizzare un vero horror, oppure temi legati alla sfera sessuale non vengono trattati… Però, c’è sicuramente un tentativo di esplorare anche altri generi: quindi, in questo momento va molto di moda l’action e soprattutto la commedia romantica.

    D. – Grande attesa per il film nordcoreano che sarà presentato questa sera. E proprio i film coreani sono quest’anno la rappresentanza più ampia…

    R. – Oggi, sì, presentiamo il film che è stato realizzato in Nord Corea. Volevo puntualizzare una cosa. Il film è una delle rare coproduzioni tra la Nord Corea e alcuni Paesi, in questo caso occidentali. Nel senso che è una coproduzione tra il Belgio, l’Inghilterra e la Nord Corea. I dati sulla produzione cinematografica locale che provengono da questo Paese, che sappiamo essere praticamente irraggiungibile, sono spesso dati che non corrispondono al vero o che sono falsati. Quindi, in questi giorni c’è stata la possibilità di approfondire con i produttori e con i registi di questo film che, ricordiamo, si chiama “Comrade Kim Goes Flying” – la compagna Kim incomincia a volare – e abbiamo capito che nell’ultima stagione, nel 2012, in Corea del Nord sono stati realizzati 20 film di fiction di cui soltanto una coproduzione con la Cina, che corrisponde al titolo “Meet in Pyongyang”, un film che mostra scenografie molto spettacolari e che non ha nulla a che fare con i film che invece vedremo questa sera. Questa sera, quello che mostreremo è una favola, una favola che racconta la storia, il sogno di una minatrice: il suo voler diventare una trapezista. Quindi, forse non ha niente a che fare – anzi, non ha niente a che fare – con quello che accade realisticamente in quel Paese. Ma l’operazione in sé è assolutamente eccezionale, perché credo che sia stato molto difficile – e lo diranno i produttori oggi, qui a Udine – realizzare un film e girarlo proprio nella capitale nordcoreana, coinvolgendo una troupe completamente nordcoreana e attori nordcoreani. Questo film quindi mostra la volontà di dialogo di questo Paese, cosa che abbiamo riscontrato anche in molti film sudcoreani: i sudcoreani raccontano anche il loro conflittuale rapporto con al Nordcorea. Ricordiamo che in Sudcorea esiste ancora una leghe che impedisce ai cittadini di intrattenere qualsiasi tipo di relazione con i coreani del Nord e di poterci parlare. Quindi, oggi, proprio a Udine, potremo anche assistere a un incontro tra i coreani del Sud e i coreani del Nord, perché ricordiamo che qui la Corea del Sud è presente con 12 film e molti sono registi che sono venuti e saranno qui ancora presenti a presentare le loro opere. Quindi, ci sarà la possibilità per loro di incontrare l’attrice nordcoreana,, protagonista del film nordcoreano, assieme alla sua produttrice.

    D. – Crede che questo dialogo cinematografico tra le due Coree possa essere di buon auspicio? R. – Sicuramente è di buon auspicio, perché dal punto di vista umano – lo abbiamo visto e lo raccontano gli stessi autori – c’è questa tendenza, questo bisogno, questa volontà di apertura verso i nordcoreani. E lo dice il cinema, lo raccontano le storie che noi vediamo sul grande schermo. Dal punto di vista politico, la situazione però – lo sappiamo – è molto tesa. Quindi purtroppo, pur essendo il cinema uno strumento fortissimo di trasmissione della cultura, di trasmissione della volontà dei popoli di avvicinarsi, sappiamo che non è sufficiente.

    inizio pagina

    Studenti a Firenze per le "Olimpiadi di italiano". La Crusca: serve rilancio della lingua

    ◊   Si aprono oggi a Firenze le finali delle "Olimpiadi di italiano" 2013, organizzate dall’Accademia della Crusca. La due giorni vede in gara 64 studenti che hanno passato le precedenti selezioni tra oltre 12 mila allievi di Istituti superiori italiani e esteri. L’iniziativa, giunta alla terza edizione, rappresenta anche un’occasione di riflessione sullo stato di salute della lingua italiana e della sua promozione e diffusione in tutto il mondo. Al microfono di Marco Guerra, sentiamo il presidente dell’Accademia della Crusca, Nicoletta Maraschio:

    R. – Attraverso una gara, stimoliamo le scuole per riflettere meglio e lavorare meglio sulla lingua italiana e quindi migliorare la padronanza della lingua italiana e valorizzare le competenze in questo campo. Perseguiamo un obiettivo alto attraverso il gioco.

    D. – Che riscontro avete avuto negli Istituti: la lingua italiana riesce ancora a stimolare la creatività dei più giovani?

    R. – Hanno partecipato quest’anno 12 mila studenti delle secondarie superiori di tutte le regioni d’Italia e anche scuole italiane all’estero, di varie parti del mondo, quindi rispetto all’edizione precedente c’è stata una crescita da questo punto di vista: molti più studenti hanno partecipato. Vuol dire che sono interessati, che le classi lavorano intorno a questi temi. Avere così tanto materiale che ci proviene dalle scuole, da tanti ragazzi, ci permette di monitorare con precisione quali siano le maggiori lacune degli studenti che frequentano le nostre scuole superiori. Questo permetterà poi anche di organizzare la didattica sull’italiano tenendo conto di questo dato.

    D. – Qual è la situazione al di fuori dei confini nazionali?

    R. – Sono stati fatti vari studi anche dal Ministero degli esteri. Risulta che la richiesta di italiano sia in crescita nel mondo e questo è un dato molto positivo, naturalmente tenuto conto del fatto che purtroppo non esiste una politica di sostegno dell’italiano all’estero analoga a quella che viene fatta da altri Paesi europei. La nostra lingua ha un fascino per la sua storia culturale che la rende ancora molto appetibile in tutto il mondo.

    D. – In realtà, fra i ragazzi si assiste a un processo di impoverimento del lessico e della sintassi…

    R. – Da un'indagine Ocse e da indagini nazionali, risulta che la competenza dell’italiano, una capacità alta di uso della lingua, non è così come sarebbe auspicabile. Di fatto, l’italiano è diventato lingua di tutti noi solo dagli anni Sessanta del secolo scorso e quindi naturalmente avrebbe bisogno di cure particolari. Quindi, anche qui si pone un problema di politica linguistica, che riguarda la scuola prima di tutto, che riguarda tante istituzioni che si occupano della valorizzazione della lingua e che riguarda anche i mezzi di comunicazione di massa. La lingua dovrebbe essere riconosciuta come centrale anche per la sua trasversalità e purtroppo questo, nel nostro Paese, ancora non avviene.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: nessuna notizia dei vescovi rapiti. Appello dei Patriarchi ortodossi

    ◊   Ancora nessuna notizia dei due vescovi greco-ortodosso e siro-ortodosso di Aleppo Paul Yazigi e Gregorios Ibrahim, rapiti lunedì nel nord della Siria mentre erano in viaggio. “Continuiamo a pregare per loro”, dicono oggi all'agenzia Sir, al segretariato del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente che ha sede a Damasco. “Ma per ora non abbiamo nessuna notizia”. Ieri mattina, Giovanni X (Yazigi), patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha fatto visita a Mar Ignatius Zakka I Iwas, patriarca dei siriaci ortodossi nella sua residenza patriarcale ad al Atchaneh, in Libano. “È stata occasione - si legge in un comunicato congiunto - per i due patriarchi di scambiarsi le ultime informazioni relative ai due vescovi rapiti”. I due patriarchi tornano a “condannare la non-liberazione fino ad oggi dei due nuovi vescovi, nonostante gli sforzi compiuti”. Rinnovano l’appello perché “siano liberati e invitano la comunità internazionale a compiere tutti gli sforzi necessari per fermare ogni forma di violenza in Siria e per la pace attraverso il dialogo e la soluzione politica”. I due patriarchi - prosegue il comunicato - “hanno convenuto di prendere i provvedimenti opportuni in caso non si proceda alla liberazione dei due vescovi”, nella “speranza - dicono - di vedere i due vescovi nelle loro diocesi questa Domenica delle Palme”. Per la liberazione dei due vescovi di Aleppo - precisa il Sir - sono scesi in campo anche gli arcivescovi di Canterbury e di Westminster, Justin Welby e Vincent Nichols. “Fin dai primi giorni del conflitto siriano nel marzo 2011 - scrivono i due leader delle Chiese inglesi anglicana e cattolica in un comunicato congiunto -, abbiamo pregato, perché vedevamo con orrore e tristezza l’escalation della violenza che ha preso in ostaggio questo Paese”. “E oggi, le nostre preghiere vanno anche alle antiche comunità dei nostri fratelli e sorelle cristiani in Siria”. Il rapimento di questa settimana di due metropoliti di Aleppo, Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi e l’uccisione del loro autista “è un altro chiaro segno delle terribili circostanze che continuano a inghiottire tutti i siriani”. “Sosteniamo senza riserve - scrivono Welby e Nichols - queste comunità cristiane, radicate nelle terre bibliche, nonostante le molte difficoltà”. Le Chiese inglesi rispondono così all’appello di solidarietà lanciato dal patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e dal patriarcato siro-ortodosso di Antiochia e assicurano: “Continuiamo a pregare per una soluzione politica a questo tragico conflitto” perché si cessi “la violenza” e si riconoscano a tutti i siriani “le loro libertà fondamentali e inalienabili. Chiediamo anche che gli aiuti umanitari d’emergenza possano raggiungere tutti coloro che soffrono”.

    inizio pagina

    Haiti: un missionario ucciso nella capitale Port au Prince

    ◊   Un missionario della Società di Maria, sacerdote canadese, è stato ucciso mercoled' scorso nella capitale di Haiti, proprio lo stesso giorno in cui le autorità haitiane avevano definito “positivi” i risultati ottenuti nella lotta contro la criminalità nel Paese. Come riferito all'agenzia Fides, la vittima è stata identificata come padre Richard E. Joyal, 62 anni, Il fatto è accaduto a nord di Port au Prince, poco dopo che il sacerdote era uscito da una banca della zona. La polizia della capitale ha dichiarato che padre Joyal era uscito dalla banca con mille dollari canadesi, quando due uomini su una moto gli si sono avvicinati, gli hanno strappato un pacchetto che portava sotto il braccio e poi gli hanno sparato tre volte alla schiena. La polizia ha aggiunto che i presunti ladri non hanno preso il denaro che era nel portafoglio della vittima. Il missionario aveva lavorato precedentemente come missionario nelle Filippine e in Costa d'Avorio. (R.P.)

    inizio pagina

    Terra Santa: il Muro nella valle di Cremisan cambia percorso, ma non si ferma

    ◊   Il Comitato speciale d'appello israeliano per la confisca di terre in stato d'emergenza ha emesso il suo verdetto sui ricorsi presentati da un convento di suore salesiane e da numerose famiglie di contadini palestinesi contro il tratto di Muro di separazione che le autorità israeliane vogliono erigere nella Valle di Cremisan. Il pronunciamento emesso il 24 aprile stabilisce una modifica del tracciato del Muro, affinchè il convento di suore rimanga accessibile dalla città di Beit Jala e dai Territori palestinesi. La soluzione adottata cade a due mesi dall'ultima udienza, e rappresenta il punto d'arrivo provvisorio di una battaglia legale in corso da sette anni. La costruzione del Muro di separazione secondo il tracciato alternativo – che circonderà da tre lati il convento delle suore e porterà comunque alla confisca della gran parte delle terre ad esso appartenenti – rappresenta secondo lorganismo israeliano un compromesso ragionevole tra le esigenze di sicurezza di Israele e le istanze della libertà di religione e di educazione a cui avevano fatto appello i rappresentanti legali del convento. Dal canto suo, la Society of St Yves – l' organizzazione cattolica per i diritti umani che aveva intentato la causa legale anche a nome dell'Assemblea dei vescovi cattolici di Terra Santa - in un comunicato pervenuto all'agenzia Fides prende atto della modifica del percorso del muro, ma ribadisce “l'ingiustizia del provvedimento che non tiene conto soprattutto del danno economico provocato alla comunità cristiana di Beit Jala dalla sua costruzione”. Secondo i responsabili della Society od St.Yves, la corte d'appello ha ignorato tutte le testimonianze dei proprietari terrieri sui danni a loro provocati dall'avanzamento del Muro e anche i dati forniti sullo scempio ambientale che deturperà la valle di Cremisan. Gli estensori del verdetto ritengono che un cancello agricolo dovrebbe essere sufficiente a garantire ai contadini palestinesi l'accesso ai propri terreni agricoli destinati a rimanere al di là della barriera. Il Comitato d'appello enfatizza il valore vincolante del suo pronunciamento, ribadendo che non rientra nelle sue competenze poter autorizzare eventuali soluzioni alternative che implicherebbero lo smantellamento di sezioni del Muro già erette da tempo. La Society of St. Yves, dal canto suo, si riserva la possibilità di far ricorso all'Alta Corte di giustizia dello Stato d'Israele. (R.P.)

    inizio pagina

    Irlanda: netti progressi nell’attuazione delle direttive contro gli abusi sui minori

    ◊   L’attuazione delle direttive della Commissione nazionale per la protezione dell’infanzia nella Chiesa cattolica in Irlanda (National Board for Safeguarding Children in the Catholic Church in Ireland - Nbsccci), l’organismo istituito dai vescovi irlandesi per contrastare il turpe fenomeno degli abusi sui minori commessi nella Chiesa, continua a registrare progressi. È quanto emerge da sette nuovi rapporti pubblicati mercoledì da sei diocesi e da un ordine religioso. Si tratta delle diocesi di Clogher, Elphin, Ferns, Galway, Kilmacduagh e Kilfenora, Killala e Waterford e della Società delle Missioni Africane (Sma). Soddisfatto dei risultati emersi da questa terza tranche di rapporti il coordinatore della Nbsccci, Ian Elliott, che ha rilevato un “netto miglioramento nello sviluppo delle strutture per la tutela dell’infanzia” da parte delle istituzioni ecclesiastiche prese in esame. “Il quadro complessivo – ha dichiarato - è molto positivo e incoraggiante”. Le procedure seguite, infatti, rispondono in pieno agli standard fissati dalla stessa Nbsccci e sottoscritti nel 2009 dalla Conferenza episcopale, dalla Conferenza dei religiosi d’Irlanda e dall’Unione missionaria irlandese. Elliott ha voluto quindi ringraziare e congratularsi con i numerosi volontari per il tempo da essi dedicato a “sostenere la protezione dei bambini nella Chiesa”. “Il loro impegno - ha aggiunto - si può dire eroico”. Il presidente della Nbsccci, John Morgan, ha sottolineato, da parte sua, l’importanza, per il lavoro della Commissione, di questi rapporti che sono “diventati una base fondamentale su cui costruire la Chiesa irlandese del futuro”. La Nbsccci si sta intanto preparando ad esaminare un quarto gruppo di rapporti di altri otto enti ecclesiastici, tra diocesi e congregazioni religiose. Finora sono ne state passate in rassegna venti. Il giro di verifiche dovrebbe concludersi entro l’anno prossimo. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    India: Campagna della Caritas contro la violenza su donne e bambini

    ◊   Per sviluppare e sostenere la famiglia, la società e l'India bisogna fermare ogni forma di violenza: contro donne e bambini, così come uomini e ragazzi. A parlare all'agenzia AsiaNews è padre Augustine Savari Raj, direttore di Chetanalaya, Ong dell'arcidiocesi di New Delhi legata alla Caritas, che ieri ha lanciato "Stop Rape", una campagna di sensibilizzazione contro la violenza su donne e bambini. L'iniziativa nasce in un momento molto sensibile per l'India, dove casi di stupri e aggressioni sessuali occupano le prime pagine di tutti i giornali e sono al centro di accesi dibattiti sulla condizione della donna nella società. "I continui abusi su donne e bambini - spiega il sacerdote - sono un problema critico per l'India, così come le violenze di cui sono vittime uomini e ragazzi. Tutto questo deve essere fermato". Occasione del lancio è stata la giornata dedicata alle migliaia di donne che, grazie all'aiuto di Chetanalaya, gestiscono gruppi di sostegno negli slum e nelle colonie di reinsediamento in cui vivono. Nata negli anni '80, ma registrata come società di servizio sociale solo nel 1994, in questi anni l'Ong diocesana ha formato circa 1.200 donne, che a loro volta hanno avviato piccole banche di microcredito, costruito case e diretto programmi di alfabetizzazione, di cui hanno usufruito almeno 20mila donne. Grazie a queste iniziative, altre 6mila donne hanno aperto piccole imprese e 600 famiglie hanno potuto costruirsi una casa. "In questa giornata - spiega padre Savari Raj - abbiamo celebrato la gioia e la soddisfazione del valorizzare le donne. Chetanalaya costruisce leader consapevoli dei loro diritti, delle loro possibilità, dei servizi disponibili in ogni villaggio, e che sanno affrontare e trovare rimedi per i problemi. È così che si può trasformare se stessi e l'ambiente a noi circostante". Nel lanciare la campagna "Stop Rape" al Talkathora Stadium di New Delhi, il sacerdote ha esortato le migliaia di donne presenti a studiare le leggi che proteggono i loro diritti e illustrarle alla loro comunità, agli amici e alla famiglia. "Condivido la visione di A.P.J. Abdul Kalam, 11.mo presidente dell'India - spiega il direttore di Chetanalaya - quando diceva che 'valorizzare le donne è essenziale perché il loro sistema di valori porta allo sviluppo di una buona famiglia, una buona società e una buona nazione'". (R.P.)

    inizio pagina

    Sud Corea. Priorità dei vescovi per il 2013: nuovi martiri e lotta alla pedofilia

    ◊   Nuovi martiri, lotta alla pedofilia e riconciliazione con il Nord: sono questi i temi dibattuti dall'ultima Assemblea generale della Conferenza episcopale sudcoreana, che ha stabilito una serie di priorità per l'anno in corso. Da una parte - riporta l'agenzia AsiaNews - c'è l'attenzione alla situazione nordcoreana, con la decisione di presentare alla Congregazione per le Cause dei Santi una causa di beatificazione per il vescovo di Pyongyang e i suoi compagni; dall'altra c'è l'attuazione delle linee guida contro la pedofilia presentate dalla Dottrina per la fede agli episcopati di tutto il mondo. Nel documento conclusivo, i presuli presentano una "road map" per le attività della Chiesa per l'anno in corso. "Dopo averne discusso - si legge nel testo - i vescovi hanno deciso di chiedere alla Congregazione per le Cause dei Santi l'apertura di una causa di beatificazione per il vescovo Francesco Borgia Hong Yong-ho e i suoi 80 compagni". Si tratta del vescovo di Pyongyang, tuttora indicato come titolare della diocesi nell'Annuario pontificio anche se indicato come "scomparso". È la seconda causa di beatificazione a Roma per i cattolici del Nord dopo quella dell'abate Bonifacio Sauer e i suoi 36 compagni. I presuli hanno scelto inoltre di intitolare a "Giovanni Battista Yi Byeok e i suoi 132 compagni" la causa di beatificazione per il martirio subìto nell'800 da questi testimoni del Vangelo. Tuttavia, nel corso della discussione è stato dato ampio spazio anche alla riconciliazione fra le due Coree. I vescovi hanno infatti rivisto e approvato il piano ufficiale per il "Mese di preghiera per la riconciliazione e l'unità del popolo coreano", organizzato dalla Commissione episcopale per la Riconciliazione della Corea presieduto da mons. Pietro Lee Ki-heon, che ha lo scopo di "cambiare la rigida percezione che il popolo ha della Corea del Nord". Approvato inoltre il tentativo di organizzare un Congresso comune (fra Nord e Sud) delle religioni per la pace. Infine, la Conferenza episcopale ha approvato la decisione di preparare le linee guida interne al Paese contro la pedofilia nel clero. Si tratta di una risposta alla Congregazione per la Dottrina della fede che - per volontà di Benedetto XVI - ha inviato agli episcopati di tutto il mondo un testo per combattere gli abusi compiuti sui minori chiedendo al contempo di "nazionalizzarlo" e metterlo in pratica. Il Segretariato generale della Cbck ha avuto l'incarico di preparare il testo da inviare poi a Roma per l'approvazione finale. (R.P.)

    inizio pagina

    Cina. Sisma nel Sichuan: tre minuti di silenzio per le vittime

    ◊   Per onorare le vittime del disastroso terremoto che ha colpito la provincia del Sichuan, la popolazione locale si prepara per osservare domani un momento di lutto. Alle 8.02 del mattino - minuto in cui il 20 aprile scorso è iniziato il sisma - tutti i mezzi di trasporto in movimento suoneranno i propri clacson: subito dopo ci saranno 3 minuti di silenzio totale. Il governo provinciale - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha inoltre informato che tutte le attività di intrattenimento saranno fermate: i luoghi pubblici dovranno essere fermi e in silenzio. Nel frattempo il numero delle vittime è aumentato: circa 200 quelle accertate, con centinaia di persone ancora disperse. Ieri un uomo di 78 anni è stato estratto ancora vivo dalle macerie dopo 5 giorni di agonia: è in condizioni "serie" ma stabili, e non sembra in pericolo di vita. Tuttavia è il primo estratto dalle squadre di soccorso, e questo fa pensare che i problemi incontrati dai soccorritori - congestione delle strade e smottamenti che hanno bloccato le arterie principali - faranno salire ancora il conto dei decessi. Il danno più grave è quello relativo alle abitazioni: circa 126mila edifici sono crollati, lasciando centinaia di migliaia di persone senza casa. Come nel caso del 2008 - quando sempre il Sichuan venne colpito da un sisma che uccise 90mila persone fra cui moltissimi studenti - anche oggi il dito è puntato contro gli edifici scolastici, che sono crollati di nuovo. Il vice preside di una scuola locale dice di essere "sollevato dal fatto che il terremoto sia avvenuto di domenica, quando le classi erano vuote". Danneggiati anche alcuni edifici della Chiesa locale, fra cui il seminario di Chengdu. In ogni caso, la popolazione chiede maggiore sicurezza abitativa. Il crollo parziale di alcuni edifici ha infatti rivelato che i mattoni delle mura principali di case e scuole sono stati tenuti insieme da una schiuma di silicato, metodo che non è in grado di reggere alle scosse del terreno. Secondo diverse fonti, la corruzione dei funzionari locali ha imposto un impoverimento dei mezzi di costruzione che è costata la vita ad alcuni residenti. Una scuola ricostruita dopo il 2008 con i fondi - e la supervisione - di Hong Kong è invece del tutto stabile nonostante sia nei pressi dell'epicentro del terremoto. (R.P.)

    inizio pagina

    Bangladesh. Gli islamisti al governo: approvate la legge di blasfemia o assediamo Dacca

    ◊   Alta tensione in Bangladesh fra i movimenti islamisti e il governo. Il gruppo Hefazat-e-Islam (HeI) – che già all’inizio di aprile aveva promosso una grande manifestazione di piazza – ha lanciato un ultimatum al governo, intimando di approvare il cosiddetto “Documento con 13 richieste” – una sorta di nuova legge blasfemia – entro il 30 aprile. Se non accadrà, il 5 maggio il gruppo terrà una nuova manifestazione nella capitale che è stata definita “un assedio a Dacca”. La proposta di legge in 13 richieste, propone, fra l’altro, la pena di morte per chiunque sia colpevole di blasfemia verso la religione islamica; impedisce alle donne di lavorare con gli uomini; vieta tutte le attività culturali che diffamano l'islam; rende obbligatoria l'educazione islamica. Secondo fonti di Fides, “si tratta della prova di forza degli islamismi più grande di sempre” mentre il movimento HeI sta organizzando incontri di sensibilizzazione in diverse parti del paese per spingere il governo a soddisfare le sue richieste. E’ in corso, notano fonti di Fides, una delegittimazione dell’esecutivo, definito “nemico dei musulmani”, che “non ha alcun diritto di stare al potere”, accusato di “dare rifugio alle forze anti-islamiche”. “Dovrà affrontare terribili conseguenze se continua a farlo”, dicono apertamente gli attivisti. Il movimento Hefajat-e-Islam intende “salvare l'Islam e l'umanità” e ha avviato una campagna anche contro i blogger ritenuti “atei e blasfemi”. La sfida alle istituzioni preoccupa le minoranze religiose, come cristiani e buddisti, che nei mesi ccorsi hanno subito atti intimidatori. Mons. Moses M. Costa, vescovo di Chittagong, dichiara all'agenzia Fides: “In linea generale, la gente ha un spirito di armonia e di pace nella società. In questo periodo la questione della sharia è balzata all’attenzione dell’opinione pubblica, ma molti degli stessi musulmani vogliono uno Stato laico. Solo alcuni gruppi la promuovono con forza. Noi come piccole minoranza, occasionalmente viviamo difficoltà: ci accusano di fare proselitismo e di convertire. Ma siamo così pochi, meno dell’1% nella società, che è difficile sostenere tali accuse. Nonostante tutto, viviamo la fede con gioia. La Chiesa è apprezzata dal governo e dalla gente, per le nostre opere e la nostra credibilità. Moti credono in noi e ringraziano per le nostre opere sociali ed educative”. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: i vescovi di Mindanao chiedono di custodire l'ambiente

    ◊   E’ urgente custodire l’ambente naturale e salvare l’isola di Mindanao: lo chiedono, in un accorato appello congiunto, i vescovi di quattro diocesi sull’isola di Mindano, nelle Filippine Sud: Kidapawan, Marbel, Digos e Cotabato. Nell'appello, inviato all’agenzia Fides, i vescovi notano che il “devastante degrado ambientale a Mindanao” è dovuto in gran parte all’opera dell’uomo, e causa “cambiamenti climatici estremi” come siccità, inondazioni e tifoni. Per “fattore umano” i vescovi intendono pesca di frodo, attività mineraria su vasta scala, cattiva gestione dei rifiuti, continua erosione del suolo, inquinamento di aria, fiumi, laghi e mari, consumo irresponsabile fonti di energia. L’appello segnala alcuni “imperativi morali e politici”: il primo è salvaguardare l'ambiente, affidato da Dio all’uomo “Nell'uso delle biotecnologie, nell’applicazione della tecnologia per sfruttare le risorse naturali, bisogna sempre tutelare i diritti umani, la salute e il bene comune”, nota il testo inviato a Fides. Sulla base di tali principi, la Chiesa offre dei giudizi su “alcuni temi scottanti” e afferma che se l’estrazione mineraria l’agrobusiness non tutelano l'ambiente, la salute e i diritti umani sono, oggettivamente, “ peccati sociali”. Un capitolo particolare è quello delle miniere, che minacciano le terre, “dominio ancestrale” delle tribù locali, mentre un’altra forte preoccupazione è la modifica dei bacini idrografici e di altre aree protette a Mindanao. I vescovi invitano i capi di governo e gli amministratori politici e rivedere tutte le leggi che non sono in accordo con i principi morali e sociali, e che non rispettano l’ambiente naturale, impegnandosi, come comunità di credenti, a promuovere la cura e l'integrità della creazione di Dio. L’appello è firmato da mons. Guillermo Afable (vescovo di Digos); mons. Orlando Quevedo e mons. Jose Colin Bgaforo (rispettivamente arcivescovo e vescovo ausiliare di Cotabato); mons. Romulo De La Cruz (vescovo di Kidapawan); e mons. Dinualdo D. Gutierrez, vescovo di Marbel. (R.P.)

    inizio pagina

    Sud Sudan: “La nostra leadership è unita” assicura l’arcivescovo di Juba

    ◊   I leader cristiani del Sud Sudan hanno chiesto un chiarimento sulle apparenti tensioni tra i vertici dello Stato dopo che un mese fa il Presidente Salva Kiir aveva ritirato la delega di alcuni poteri conferiti al vice Presidente Riek Machar. Da allora si sono susseguite voci incontrollate su una spaccatura tra i due leader del Paese. Una delegazione di esponenti delle principali confessioni cristiane, guidata da mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, si è incontrata con il Presidente Kiir e il vice Presidente Machar, in un meeting a porte chiuse per ottenere ragguagli sulla situazione. Al termine dell’incontro mons. Lukudu ha detto ai giornalisti che i rumori circolati nei giorni scorsi avevano suscitato allarme nei leader della Chiesa: “abbiamo sentito che il Presidente e il vice Presidente erano in lotta, che erano in pericolo, che erano in difficoltà, in disaccordo. Questo naturalmente disturba tutti noi come cittadini”. L’arcivescovo ha aggiunto che l’incontro ha permesso di dissipare i dubbi e gli allarmismi. "Voglio assicurarvi che il Presidente è tranquillo così come il vice Presidente. Non ci sono contrasti tra loro. Abbiamo anche sentito che il nostro esercito, le nostre forze di sicurezza, i nostri soldati erano divisi. Le voci che abbiamo sentito non sono vere. La nostra leadership è intatta” ha assicurato mons. Lukudu in una dichiarazione trasmessa dall’emittente radio-televisiva statale. (R.P.)

    inizio pagina

    Centrafrica: a un mese dalla conquista di Bangui i ribelli continuano a vessare la popolazione

    ◊   Ad un mese dalla conquista, il 24 marzo, della capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, da parte dei ribelli della coalizione Seleka, la situazione è lungi dall’essersi stabilizzata. Mentre a Bangui i conducenti dei moto taxi e degli autobus sono scesi in sciopero per protestare per l’insicurezza, le estorsioni e le violenze delle quali sono spesso vittime, dal resto del territorio giungono notizie di assalti e abusi contro i civili. Le popolazioni delle città di Yaloké, di Bayanga nel Sud, e di Rafai, nel sud-est, affermano che uomini di Seleka e bracconieri provenienti dal Sudan commettono saccheggi e violenze. Sono segnalati inoltre diversi casi di sequestri di persona a fini di estorsione. La città di Bayanga è stata abbandonata dalla popolazione in fuga alla ricerca di un rifugio nella foresta. Secondo il Réseau des journalistes pour les Droits de l’homme en République Centrafricaine, nella città di Ouango-Bangassou nel sud-est, due appartenenti a Seleka sono stati uccisi da un gruppo di giovani che tentavano di difendere la locale chiesa cattolica da un tentativo di saccheggio. Nella rappresaglie che ne è seguita sono morti diversi civili, mentre alcune abitazioni sono state incendiate e l’edificio di culto è stato infine saccheggiato. (R.P.)

    inizio pagina

    Nigeria: polemiche nel Paese dopo la strage di Baga

    ◊   I violenti combattimenti nei giorni scorsi nel villaggio di Baga, un villaggio di pescatori sulle rive del Lago Ciad, nello Stato di Borno nel nord-est della Nigeria, nei quali sarebbero morte almeno 185 persone, tra le quali numerosi sono civili, sono la conseguenza di un’operazione condotta dalla Multinational Joint Task Force (Mjtf), un’unità formata da militari di Nigeria, Ciad, Niger e Camerun, incaricata di garantire la sicurezza del lago Ciad. Di fronte alle polemiche sull’uso indiscriminato delle armi in un luogo abitato, il comando della Mjtf respinge le accuse e afferma che i suoi soldati sono stati attaccati da membri di Boko Haram che si nascondevano nella moschea che i militari si accingevano ad ispezionare alla ricerca di un arsenale. Le autorità militari tendono inoltre a ridimensionare il bilancio delle vittime. Secondo il comando della Mjtf sono morti 30 appartenenti a Boko Haram, un militare e 6 civili, questi ultimi rimasti colpiti dal fuoco incrociato delle due parti. I militari infine negano che centinaia di abitazioni siano state incendiate dai militari ma riferiscono che le bombe artigianali lanciate dai membri di Boko Haram hanno distrutto una trentina di capanne di paglia. Tra le armi recuperate vi sono fucili d’assalto, munizioni e diversi ordigni improvvisati (Ied). Altre testimonianze però affermano che l’esercito ha compiuto una vera e propria rappresaglia contro la popolazione civile accusata di aver protetto gli uomini che hanno ucciso un ufficiale militare. Il Presidente Goodluck Jonathan ha promesso un’inchiesta per valutare il comportamento dei militari. (R.P.)

    inizio pagina

    Sudafrica: iI rammarico dei vescovi per l’approvazione della legge sul segreto di Stato

    ◊   I vescovi sudafricani si “rammaricano” per l’approvazione della legge sul segreto di Stato (Protection of State Information Bill) e chiedono al Presidente Jacob Zuma di sottoporla al giudizio della Corte Costituzionale. In una dichiarazione firmata da mons. Stephen Brislin, arcivescovo di Cape Town e presidente della Southern African Catholic Bishops’ Conference si afferma che “il Presidente Zuma ha il potere di deferire la legge alla Corte Costituzionale prima di promulgarla. Gli chiediamo di farlo, al fine di evitare il rischio di una battaglia legale lunga e costosa e la possibilità di offrire maggior tempo ai parlamentari di introdurre degli emendamenti”. Il 25 aprile dopo 3 anni di dibattiti, spesso polemici, il Parlamento ha definitivamente approvato la legge che regola il segreto di Stato. Diverse critiche, anche da parte della Chiesa, sono sorte sul testo (che ha comunque subito importanti emendamenti rispetto alla stesura originale) in particolare sul suo possibile uso per nascondere forme di corruzione da parte di amministratori e politici. “Per lottare contro la corruzione abbiamo bisogno di maggiore apertura non di più segretezza” rimarca mons. Brislin, che giudica inoltre eccessiva la pena (fino a 25 anni di carcere) per coloro che rivelano un segreto di Stato “sapendo o avendo ragionevolmente consapevolezza” di favorire così uno Stato estero. Un modo, dicono i critici, di mettere il bavaglio a chi intende denunciare atti criminali protetti dal segreto di Stato. (R.P.)

    inizio pagina

    Mali: l'Onu approva il dispiegamento della missione di pace

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la creazione di una forza di mantenimento della pace per il Mali. La missione (Minusma), forte di 12.600 uomini, incorporerà i circa 6.000 militari dell’Africa occidentale già presenti sul terreno (Misma) e sarà dispiegata agli inizi di luglio, poco prima del voto per le elezioni generali. Circa mille degli oltre 4.000 militari francesi presenti in Mali per l’operazione Serval, che ha contribuito a liberare il nord dai gruppi armati islamisti e tuareg, resteranno di stanza nel Paese a tempo indeterminato. Una volta entrata a regime, la Minusma, con i suoi 11.200 militari e 1.440 ufficiali di polizia costituirà la terza missione Onu per importanza, dopo quelle in Darfur e Repubblica Democratica del Congo. Secondo stime in circolazione i suoi costi si aggireranno sugli 800 milioni di dollari all’anno. Le regole di ingaggio che i militari della missione saranno tenuti a rispettare non sono ancora del tutto chiari. Il capo delle missioni di peacecekeeping Onu Hervé Lasdous ha precisato che la missione ha come obiettivo “il ristabilimento della pace” ma che i militari “saranno nelle condizioni di difendersi” poiché la situazione sul territorio nel quale saranno dispiegati è ritenuta “estremamente volatile”. (R.P.)

    inizio pagina

    Papua Nuova Guinea: mons. Douglas contro la pena di morte

    ◊   Di fronte alla violenza cieca verso altri esseri umani, di fronte agli stupratori e assassini, di fronte al dolore e alla frustrazione delle vittime, “la reazione di molti, anche del Procuratore Generale, è chiedere la pena di morte. Ma è proprio questo che la nazione intende dire ai giovani: che se qualcuno fa del male il miglior rimedio è semplicemente ucciderlo?”. E’l’interrogativo che apre la riflessione di mons. Douglas W. Young, arcivescovo di Mount Hagen, che in un comunicato inviato all’agenzia Fides stigmatizza la campagna pro-pena capitale del Paese, mentre la Chiesa e altri settori della società promuovono una moratoria e l’abolizione della pena capitale. “E’ già ampiamente noto – ricorda – che la pena di morte non è un deterrente per il crimine violento. Coloro che commettono questi reati non pensano che saranno catturati e ancor meno che potranno essere condannati. Il deterrente importante per la criminalità non è la severità della pena, ma la sua certezza. Parlando della pena di morte, si sta iniettando nella società e nella cultura della Papua Nuova Guinea la stessa vena vendicativa che è parte del nostro problema attuale”, ammonisce l’arcivescovo. Nei giorni scorsi il Ministro per lo Sviluppo della Comunità, Loujaya Tony, ha ricordato alle donne che “si educano i figli a credere che la violenza potrebbe essere una soluzione ai problemi”. Mons. Douglas Young, intervenendo sulla stessa falsariga, invita le istituzioni, i corpi sociali, le comunità religiose a “sostenere programmi che aiutino i giovani a trovare lavoro, identità, e soddisfazione nella vita”, piuttosto che cercare scorciatoie con la violenza. Inoltre “bisogna rafforzare la capacità della polizia di trovare, arrestare e perseguire i criminali, dando un messaggio chiaro: chi compie crimini sarà punito”. Come Chiesa “poniamo la nostra attenzione verso politiche che realmente affrontino la piaga della violenza in Papua, non a quelle che servono solo a brutalizzare ulteriormente la nazione”, conclude. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 116

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.