Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 21/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ordina 10 nuovi sacerdoti: non vi stancate di essere misericordiosi, siete pastori non funzionari
  • La giovinezza bisogna metterla in gioco per grandi ideali: così, al Regina Coeli, Papa Francesco, che chiede il coro non per lui ma per Gesù
  • Il tweet domenicale del Papa: la “voce di Gesù è unica”
  • Gli auguri del Papa al Presidente della Repubblica italiana rieletto ieri
  • Beatificazione di don Nicolò Rusca. Il card. Amato: fama del suo martirio mai spento nel cuore dei fedeli
  • Oggi in Primo Piano

  • Giorgio Napolitano, riconfermato presidente, invita alla responsabilità
  • Gli Usa stanziano 123 milioni di dollari per l’opposizione siriana
  • Elezioni in Paraguay: i vescovi chiedono onestà e trasparenza
  • Fermare la strage delle donne: lettera del presidente della Camera Boldrini alla stampa
  • Dieci anni fa la morte di Piero Corti, medico che donò la vita per l'Africa
  • Il Policlinico Gemelli diventa “ospedale verde”
  • Satellite protagonista nei nuovi scenari della comunicazione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Laos. La testimonianza silenziosa delle suore che non possono manifestare la propria fede
  • In India sempre più preoccupazione per le violenze su donne e bambini: migliaia i minori in strada
  • Filippine. Lettera dell’arcivescovo di Lingayen Dagupan per le prossime elezioni
  • In Canada a maggio, Settimana per la vita e la famiglia
  • A maggio, pellegrinaggio nazionale dei giovani portoghesi al Santuario di Fatima
  • Memorandum dei vescovi del Ciad per lo sviluppo del Paese
  • A giugno, in Congo, inaugurazione di Radio Maria, seconda emittente cattolica di Kinshasa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ordina 10 nuovi sacerdoti: non vi stancate di essere misericordiosi, siete pastori non funzionari

    ◊   Siate misericordiosi, siate pastori e non funzionari. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto, stamani, a 10 nuovi sacerdoti della diocesi di Roma, ordinati dal Pontefice nella Basilica di San Pietro, nella 50.ma Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. E’ la prima volta che il nuovo vescovo di Roma celebra il rito di ordinazione presbiteriale. Prima della Messa, il Santo Padre si è recato in sacrestia per pregare insieme agli ordinandi raccomandandoli alla Madonna. Così usava fare, a Buenos Aires, in occasione delle ordinazioni. Hanno concelebrato con il Papa il cardinale vicario, Agostino Vallini e, tra gli altri, i vescovi ausiliari della diocesi di Roma. L’omelia pronunciata dal Santo Padre è stata nella sostanza l’“Omelia rituale” prevista nell’edizione italiana del Pontificale Romano per l’ordinazione dei presbiteri. Testo che il Papa ha integrato con diverse aggiunte personali a braccio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’imposizione delle mani sul capo, il rivestirsi con la stola e la casula, l’abbraccio di pace. Gesti semplici eppure straordinari, perché sono il segno che il Signore ama il suo Popolo e, ancora una volta, ha scelto degli uomini per continuare la sua missione di Maestro, Sacerdote e Pastore. E’ una celebrazione piena di gioia e sincera emozione quella che si svolge nella Basilica Petrina nella Giornata delle Vocazioni. C’è l’emozione dei dieci nuovi presbiteri, dei loro familiari, degli amici che li hanno accompagnati nel cammino verso l’ordinazione. E c’è l’emozione del Pastore, di Papa Francesco che, per la prima volta, ordina dei sacerdoti per la sua diocesi di Roma:

    “Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?”. “Sì lo prometto”. “Dio che ha iniziato in te la sua opera da bambino, la porti a compimento”…

    Servire il Signore e il Popolo Santo di Dio, per sempre. Nell'omelia, in parte a braccio, Papa Francesco indica ai nuovi sacerdoti qual è il cuore della loro missione. E’ il Signore Gesù, sottolinea, ad averli scelti perché cooperino ad edificare il Corpo di Cristo:

    “Dispensate a tutti quella Parola di Dio, che voi stessi avete ricevuto con gioia. Ricordate le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri catechisti, che vi hanno dato la Parola di Dio, la fede… il dono della fede! Vi hanno trasmesso questo dono della fede”.

    Di qui l’invito a leggere e meditare assiduamente la Parola del Signore, per credere ciò che è stato letto, insegnarlo e vivere davvero ciò che si insegna:

    “Ricordate anche che la Parola di Dio non è proprietà vostra: è Parola di Dio. E la Chiesa è la custode della Parola di Dio”.

    “Riconoscete, dunque, ciò che fate”, è l’esortazione del Papa che aggiunge: “Imitate ciò che celebrate” partecipando al “ministero della morte e della Resurrezione del Signore”. Il Santo Padre ribadisce così l’importanza dei Sacramenti e in particolare della Penitenza, della Riconciliazione:

    “Oggi vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate di essere misericordiosi. Con l’olio santo darete sollievo agli infermi e anche agli anziani: non abbiate vergogna di avere tenerezza con gli anziani”.

    Infine, l’esortazione di Papa Francesco ai nuovi presbiteri ad esercitare l’opera sacerdotale in letizia e carità, piacendo a Dio e non a se stessi:

    “Siete pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari (…) Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare di salvare ciò che era perduto”.

    inizio pagina

    La giovinezza bisogna metterla in gioco per grandi ideali: così, al Regina Coeli, Papa Francesco, che chiede il coro non per lui ma per Gesù

    ◊   Fiducia piena, intima comunione, intesa profonda: con queste espressioni Papa Francesco parla del rapporto di amicizia che possiamo avere con Gesù ascoltando la sua voce. Usa l’immagine del pastore con le sue pecore, richiamandosi all’odierno Vangelo di Giovanni. E ricorda la Giornata Mondiale delle vocazioni. Poi la preoccupazione di Papa Francesco per la situazione in Venezuela, la preghiera per quanti sono stati colpiti dal terremoto in Cina e il pensiero a don Niccolo’ Rusca proclamato oggi Beato. Le parole del Papa nel servizio di Fausta Speranza:

    “Gesù vuole stabilire con i suoi amici una relazione che sia il riflesso di quella che Lui stesso ha con il Padre: una relazione di reciproca appartenenza nella fiducia piena, nell’intima comunione”.

    Papa Francesco ricorda le parole di Gesù riportate nel vangelo di Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono … nessuno le strapperà dalla mia mano… nessuno può strapparle dalla mano del Padre mio.” E afferma che “in questi quattro versetti c’è tutto il messaggio di Gesù:

    “Lui ci chiama a partecipare alla sua relazione con il Padre, e questa è la vita eterna.”

    Si sofferma sul mistero della voce:

    “E’ bellissima questa parabola! Il mistero della voce è suggestivo: fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce e quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla, Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte.”

    Papa Francesco parla di “mistero profondo, non facile da comprendere”:

    “… se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda il mio cuore, è grazie a Dio Padre, che ha messo dentro di me il desiderio dell’amore, della verità, della vita, della bellezza… e Gesù è tutto questo in pienezza!”.

    “Questo ci aiuta a comprendere il mistero della vocazione, dice il Papa che però aggiunge: “a volte Gesù ci chiama, ci invita a seguirlo, ma forse succede che non ci rendiamo conto che è Lui”.

    “Qualche volta avete sentito la voce del Signore che attraverso un desiderio, un’inquietudine, vi invitava a seguirlo più da vicino? Avete avuto voglia di essere apostoli di Gesù? Pensate questo voi? Siete d’accordo? Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii coraggioso! Sii coraggiosa! Domandaglielo! La giovinezza bisogna metterla in gioco per grandi ideali. Domanda a Gesù che cosa vuole da te e sii coraggioso!”.

    “Le vocazioni – dice Papa Francesco - nascono nella preghiera e dalla preghiera; e solo nella preghiera possono perseverare e portare frutto”. “Dietro e prima di ogni vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata, c’è sempre la preghiera forte e intensa di qualcuno: di una nonna, di un nonno, di una madre, di un padre, di una comunità…”, ricorda il Papa:

    “Mi piace sottolinearlo oggi, che è la “Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni”. Preghiamo in particolare per i nuovi Sacerdoti della Diocesi di Roma che ho avuto la gioia di ordinare stamani. … c’erano 10 giovani che hanno detto “sì” a Gesù e sono stati ordinati preti stamane… E’ bello questo!

    E il Papa di fronte al coro della piazza con il suo nome chiede che il coro sia per Gesù!

    Grazie tante per il saluto, ma salutate anche Gesù. Gridate “Gesù”, forte…”

    Dunque la preghiera “a Maria perché ci aiuti a conoscere sempre meglio la voce di Gesù e a seguirla, per camminare nella via della vita!”.

    Dopo il regina Coeli, il pensiero agli avvenimenti in Venezuela:

    “Li accompagno con viva preoccupazione, con intensa preghiera e con la speranza che si cerchino e si trovino vie giuste e pacifiche per superare il momento di grave difficoltà che il Paese sta attraversando. Invito il caro popolo venezuelano, in modo particolare i responsabili istituzionali e politici, a rigettare con fermezza qualsiasi tipo di violenza e a stabilire un dialogo basato sulla verità, nel mutuo riconoscimento, nella ricerca del bene comune e nell’amore per la Nazione".

    Dunque l’appello:

    “Chiedo ai credenti di pregare e di lavorare per la riconciliazione e la pace. Uniamoci in una preghiera piena di speranza per il Venezuela, mettendola nelle mani di Nostra Signora di Coromoto".

    E un pensiero a quanti sono stati colpiti dal terremoto che ha interessato un’area del sud-ovest della Cina Continentale:

    “Preghiamo per le vittime e per quanti sono nella sofferenza a causa del violento sisma".

    Poi il Papa ricorda la beatificazione a Sondrio di Don Nicolò Rusca, sacerdote valtellinese vissuto tra i secoli sedicesimo e diciassettesimo.

    “Fu a lungo parroco esemplare a Sondrio e venne ucciso nelle lotte politico-religiose che travagliarono l’Europa in quell’epoca. Lodiamo il Signore per la sua testimonianza!”.

    L’affettuoso saluto per tutti i pellegrini, venuti da diversi Paesi: le famiglie, i tanti gruppi parrocchiali, le associazioni, i cresimandi, le scuole. In particolare i numerosi ragazzi della diocesi di Venezia. E qui il Papa torna a rivolgersi con intensità spontaneamente proprio ai giovani:

    “Ma ricordate voi, ragazzi e ragazze, la vita bisogna metterla in gioco per i grandi ideali!”.

    Poi il saluto ai catechisti della diocesi di Gubbio guidati dal loro Vescovo; la comunità del Seminario di Lecce con i ministranti della diocesi; la rappresentanza dei Lions Club d’Italia. E ancora il ricordo alla Giornata delle vocazioni:

    “In questa Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, nata cinquant’anni fa da una felice intuizione di Papa Paolo VI, invito tutti ad una speciale preghiera affinché il Signore mandi numerosi operai nella sua messe. Sant’Annibale Maria Di Francia, apostolo della preghiera per le vocazioni, ci ricorda questo importante impegno. A tutti auguro una buona domenica!”.

    inizio pagina

    Il tweet domenicale del Papa: la “voce di Gesù è unica”

    ◊   “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco”: così scrive Papa Francesco nel suo tweet domenicale, aggiungendo che “la voce di Gesù è unica! Egli ci guida sulla via della vita”.

    inizio pagina

    Gli auguri del Papa al Presidente della Repubblica italiana rieletto ieri

    ◊   “Grande disponibilità e spirito di sacrificio”: così scrive Papa Francesco nel telegramma inviato a Giorgio Napolitano nel momento in cui “ha accettato nuovamente la suprema magistratura dello Stato italiano quale presidente della repubblica”. Papa Francesco esprime “le più sincere e cordiali espressioni augurali”. Scrive: “Mentre auspico che ella possa continuare la sua azione illuminata e saggia sostenuto dalla responsabile cooperazione di tutti, invoco sulla sua persona e sul suo alto servizio al paese la costante assistenza divina e di cuore invio a lei ed alla diletta nazione italiana la benedizione apostolica, quale incoraggiamento a costruire un futuro di concordia, di solidarietà e di speranza”.

    inizio pagina

    Beatificazione di don Nicolò Rusca. Il card. Amato: fama del suo martirio mai spento nel cuore dei fedeli

    ◊   A Sondrio, cerimonia di Beatificazione, oggi pomeriggio, di don Nicolò Rusca, che nella città della Valtellina fu arciprete dal 1590 al 1618. A rappresentare alla celebrazione il Santo Padre, che oggi ha ricordato il sacerdote lodando il Signore per la sua testimonianza, sarà il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Allievo di San Carlo Borromeo al Collegio Elvetico di Milano, Nicolò Rusca fu imprigionato torturato e ucciso in odio alla fede cattolica nel 1618. Il servizio di Davide Maggiore:

    Un “pastore buono”, che aveva come prima preoccupazione le anime a lui affidate: così le testimonianze dell’epoca descrivono don Nicolò, che come la figura del Vangelo non esitò a dare la vita per il suo gregge. “La fama del suo martirio - spiega il cardinale Amato - non si è mai spenta nel cuore dei fedeli”, anche a distanza di quattro secoli:

    “La santità al pari di una gemma preziosa non perde mai il suo valore, perché non è legata al fluire del tempo. Essa è uno squarcio di paradiso, che, irrompendo nelle torbide vicende umane, ne rivela il significato e il valore alla luce della fede e dell'eterna verità di Dio”.

    L’intera vita dell’arciprete Rusca, anche nelle difficoltà che si trovò ad attraversare, fu testimonianza della sua fedeltà a Cristo. Ne furono esempi la predicazione, il rinnovamento di molti luoghi sacri e l’istituzione di confraternite, tra cui quella del Santissimo Sacramento. Lo studio, in cui si impegnò per tutta la vita, fu parte integrante di questo sforzo, in un’epoca in cui la Valtellina era attraversata da turbolenze che coinvolgevano cattolici ed evangelici. Questo fu il contesto in cui Nicolò Rusca trovò la morte, ma nell’onorarlo spiega il cardinale Amato, “non si tratta di cercare rivincite”, ma di fare “un’opera positiva di memoria misericordiosa”:

    “Si tratta di proclamare l'innocenza di un giusto e di ricavare insegnamenti validi di riconciliazione, di rispetto, di fraternità, di amicizia e anche di testimonianza e di collaborazione nell'annuncio del Vangelo oggi. Si tratta di abbattere il muro della reciproca diffidenza per far posto alla casa comune dell'unica famiglia di Dio”.

    Nicolò Rusca difese con fermezza la fede cattolica, ma raccomandò sempre di agire “con carità” verso i fedeli evangelici, insegnando, come ricordano i contemporanei, a non cercare nel confronto la gloria personale, ma la salvezza delle anime.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Giorgio Napolitano, riconfermato presidente, invita alla responsabilità

    ◊   È in programma domani pomeriggio il giuramento di Giorgio Napolitano, eletto ieri sera presidente della Repubblica italiana. Primo Capo dello Stato a essere riconfermato nel suo incarico, Napolitano ha ottenuto alla sesta votazione 738 voti, quelli cioè di Pd, Pdl, Lega e Scelta Civica. No di Sel e Movimento 5 Stelle. Durissima, in particolare, la reazione di Beppe Grillo. A Napolitano il messaggio di auguri della Conferenza episcopale italiana. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

    Responsabilità: è la parola pronunciata da Napolitano nell’accettare la richiesta di Pd, Pdl e Scelta civica di farsi rieleggere al Quirinale; parola rilanciata a quelle stesse forze politiche perché diano subito vita ad un governo di larghe intese che approvi le più urgenti riforme, istituzionali ed economiche. Per Palazzo Chigi le ipotesi Enrico Letta e Giuliano Amato; contro questo scenario, si mobilitano il Sel di Vendola e il Movimento 5 Stelle di Grillo, che dopo l’elezione di Napolitano ha gridato al colpo di Stato: ieri sera manifestazione in piazza Montecitorio, disinnescata dalla presa di distanza di Stefano Rodotà, fino all’ultimo candidato di Sel e 5 Stelle, che ha detto: “Sono contrario alle marce su Roma, le decisioni del Parlamento sono sempre democratiche”. E questa mattina Grillo ridimensiona il concetto: colpo di stato no, ma golpettino furbo sì. Il voto per il Colle è salutato con un sospiro di sollievo dal Pd, uscito però dilaniato dalla vicenda, con le dimissioni della segreteria seguita alle bocciature di Marini prima, Prodi poi. Soddisfazione nel centrodestra: Berlusconi da tempo aveva caldeggiato questo esito. A Napolitano, intanto, gli apprezzamenti di Obama: “Lo ammiro, è un leader straordinario”. E del numero uno di Bruxelles, Barroso: “Con lui, avanti per l’ideale europeo”. Felicitazioni a Napolitano anche dalla Cei: i vescovi italiani, in un messaggio, esprimono vicinanza e partecipazione per il “peso della responsabilità che l'incarico conferito porta, specialmente in quest’ora della storia”.

    Un percorso veramente accidentato quello che ha portato le Camere riunite a votare Giorgio Napolitano per un secondo mandato consecutivo: cinque tentativi andati a vuoto, franchi tiratori e schede bianche, poi una crisi profonda che ha portato al crollo dei vertici del Pd. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Agostino Giovagnoli politologo e docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore:

    R. - Non ci sono mai state elezioni di un presidente della Repubblica, nella storia dell’Italia repubblicana, così difficili e così drammatiche. Certamente ci si è arrivati dopo molto vicende: dalla crisi che ha fatto nascere il governo Monti alle elezioni che non hanno dato una maggioranza chiara, la mancata formazione di un nuovo governo. Tutto questo ha creato delle attese eccessive e davanti a queste attese eccessive è emersa una crisi: una crisi che ha riguardato i partiti, il Partito Democratico in modo particolare, e contemporaneamente anche il Parlamento.

    D. - Che cosa succederà ora per questo Paese?

    R. - Credo che, malgrado queste proteste o queste opposizioni, un governo si farà e sarà un governo che avrà un’ampia base parlamentare. Certo un governo del presidente non può essere un governo che dura a lungo o che ha funzioni limitate: dunque la questione rimane. Darà alle forze politiche la capacità di riorganizzarsi.

    D. - Secondo lei, il parlamento nel suo insieme, dopo questa vicenda, non esce un po’ privato di autorevolezza?

    R. - Questo purtroppo è vero ed è pericoloso. Le due difficoltà - l’impasse parlamentare e la crisi dei partiti - sono strettamente legate e vanno affrontate insieme per ripristinare un percorso che sia più virtuoso di democrazia rappresentativa, perché - lo ripeto - c’è anche da notare che l’alternativa ancora non si vede, ancora non emerge. Abbiamo una opposizione antipolitica; abbiamo una opposizione che si è opposta a Napolitano con una figura che - sinceramente - non è particolarmente innovativa, come è quella di Stefano Rodotà; un’opposizione che non è riuscita a proporre alcunché rispetto allo sforzo di formare un nuovo governo: ha solo ostacolato questo. Quindi noi ci troviamo con la crisi del vecchio, ma anche con l’incapacità del nuovo a proporre una valida alternativa.

    D. - Il presidente ha raggiunto 740 voti, quindi un’assoluta maggioranza, e senza dubbio una figura autorevole: poteva essere questa un’occasione per un cambiamento, per nomi nuovi?

    R. - Certamente poteva esserlo! Qui è, appunto, l’inadeguatezza delle forze politiche: qui noi ci scontriamo con un problema che è il frutto di venti anni di Seconda Repubblica, basata sulla contrapposizione delle forze, sulla lacerazione del Paese. Nel momento in cui il Paese ha bisogno di una figura che rappresenti tutti, che sia il cardine del sistema politico istituzionale, la macchina della politica ha un’impasse: non riesce a identificare questa figura, non riesce a proporre questo centro rispetto cui - ripeto - si sono forse maturate attese persino eccessive. Quindi non è il problema di un momento, ma è il risultato di venti anni che hanno caricato il presidente della Repubblica di una importanza che prima non aveva e, al tempo stesso, non hanno prodotto - questi venti anni - una figura in grado di svolgere questo compito, che è sempre più importante e che è sempre più difficile. Ecco dunque che si tratta di ripensare il sistema politico, di rilanciarlo con un collegamento nuovo, forte, originale: qui certamente va colto lo stimolo della novità, l’esigenza del rinnovamento generazionale, la capacità di parlare un linguaggio nuovo. Tutto questo è certamente molto importante, ma tutto questo non è ancora coagulato in una proposta politica nuova e adeguata, perché il Movimento 5 Stelle è ancora protesta, ma non proposta.

    È la prima volta nella storia della Repubblica italiana che un Presidente riceve la richiesta di ricandidarsi per un secondo settennato, periodo che i costituzionalisti definiscono congruo per lo svolgimento di un incarico. Un passaggio unico, dunque, ma cosa prevede, in merito, la legge e quale procedura ne seguirà? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Enzo Balboni, docente di Diritto costituzionale alla Cattolica di Milano:

    R. – È la prima volta che accade. Non è previsto il divieto di rielezione, quindi - tacendo la Costituzione su questo punto - tutti ritengono che il Presidente della Repubblica possa essere ricandidato e rivotato. In questo caso, di fronte a questo sfacelo e di fronte ad una richiesta corale – anche se non unanime – Napolitano ha, credo lodevolmente, accettato di sacrificarsi. È tornato in vigore quel principio della legge romana che dice: “La salvezza della Repubblica sarà la suprema legge dello Stato”.

    D. – Si svolge tutto nella stessa maniera, o c’è qualcosa di diverso?

    R. – Si svolge tutto nella stessa maniera: lui accetterà, dovrà accettare la nomina, poi farà il giuramento davanti alle Camere riunite ed in quel messaggio - alle Camere e alla Nazione - illustrerà le sue motivazioni e credo che stabilirà anche i confini ed i limiti della sua attività presidenziale. Tutto però si svolgerà regolarmente in modo che lui abbia tutti i pieni diritti e piena responsabilità. Da lui si attenderà che la salvezza della Repubblica sia conquistata e, dopo il cambiamento della legge elettorale ed alcune norme economiche fondamentali, penso che darà le dimissioni, ma avendo già un governo in carica ed una nuova legge elettorale che ci faccia finalmente ripartire.

    D. – Potrebbe pensare ad un “governo di scopo”, un “governo del Presidente”…

    R. – Credo che lui chieda un governo di larghe responsabilità, non credo di larghe intese. Il fatto che abbia voluto che gli venisse chiesto dai leader dei maggiori schieramenti – escludo Grillo che si è chiamato fuori – significa che lui impegna costoro per il tempo necessario – un minimo di un anno, 15 mesi – a stare uniti a qualunque costo. Quindi, naturalmente si vedrà, molto più di prima, la mano del Presidente della Repubblica anche nella scelta dei ministri.

    D. – Beppe Grillo ha detto che questo è un “colpo di Stato”. Ha senso?

    R. – No. Sono parole pericolose ed è gravissimo che vengano usate per di più nei confronti di un democratico come Giorgio Napolitano, che non ha certamente voluto questa situazione. È stato costretto ad assumerla per l’incapacità di tutte le forze politiche e per il fatto che il Movimento 5 stelle da solo non era in grado di produrre nessuna maggioranza idonea. Quindi, è gravissimo che vengano usate queste parole. Spero che gli elettori sappiano distinguere tra quello che è propaganda e quello che è serietà nel gestire le istituzioni.

    inizio pagina

    Gli Usa stanziano 123 milioni di dollari per l’opposizione siriana

    ◊   Al termine di una riunione-maratona a Istanbul che si è conclusa all'una di notte, i ministri degli Esteri degli 11 Paesi occidentali e musulmani del gruppo Amici della Siria, fra cui l'Italia, hanno chiesto l'avvio di trattative per una soluzione politica del conflitto, che ponga fine immediatamente all'attuale bagno di sangue. L'opposizione siriana ha rassicurato la comunità internazionale, preoccupata per l'avanzata della componente jihadista, che non ci saranno vendette e che le armi non finiranno nelle mani sbagliate. E gli Usa, per bocca del segretario di Stato John Kerry, hanno annunciato lo stanziamento di altri 123 milioni di dollari di aiuti 'non letali' all'opposizione armata. Di oggi, poi, è la notizia che diversi bambini sarebbero rimasti uccisi e feriti nella scuola del villaggio di Al Maghara nella provincia di Idlib, bombardata da colpi di artiglieria. Sul versante umanitario del conflitto in Siria, da molto tempo ormai agenzie internazionali e Ong riferiscono del dramma crescente che patiscono i profughi siriani nei Paesi limitrofi. Particolarmente grave è la loro situazione in Libano descritta dal presidente di Caritas Libano, padre Simon Faddoul, al microfono dalla collega della nostra redazione inglese, Tracey McClure:

    R. – That actually is getting disastrous, I would say, because what we have …
    La situazione è disastrosa: quello che abbiamo visto è incredibile. Il numero dei rifugiati sta aumentando in maniera esponenziale. Il governo libanese stima il numero dei profughi che dalla Siria sono venuti in Libano in un milione e 200 mila di persone, e questo si traduce nell’aumento di ogni tipo di problema, in particolare per quanto riguarda l’alloggio. Non c’è alloggio per tutti e questo è un problema molto grande. Anche le risorse cominciano a scarseggiare. Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello e un monito in questo senso e noi, come organizzazioni non governative, abbiamo fatto lo stesso perché non abbiamo ricevuto fino a oggi nessun tipo di aiuto concreto, tangibile. Anche il governo libanese ha chiesto aiuti economici per sostenere le proprie attività, ma non è arrivato nemmeno un centesimo. Insomma, la situazione è molto difficile. Non sappiamo come andremo a finire. La popolazione libanese è preoccupata per questa presenza massiccia di profughi in tutto il Paese, con una distribuzione caotica e senza alcuna organizzazione, mentre la sicurezza in Libano non è ben garantita… La gente ha quindi le paure di sempre, sia da un punto di vista sociale e di sicurezza che economico. L’impatto sulla vita quotidiana di ciascuno è sempre più soffocante. E poi, ci sono le malattie: c’è la tubercolosi, la leishmaniosi, malattie di cui io personalmente non ho mai sentito parlare. Ma ci sono e questo spaventa la gente.

    D. – Avete paura che possano manifestarsi episodi di violenza nel nord, a Tripoli?

    R. – Most certainly, most certainly. Already, the Ministry of Interior…
    Sicuramente. Il Ministero degli interni ha pubblicato un rapporto secondo il quale la criminalità è aumentata del 120% – furti e crimini analoghi – e circa il 95% di questi misfatti è commesso da siriani. C’è poi il fenomeno dei rapimenti, che si verifica di tanto in tanto, e anche questo spaventa la gente.

    D. – Se lei potesse lanciare un appello alla comunità internazionale attraverso la Radio Vaticana, cosa chiederebbe?

    R. – I would say to everyone, to all those goodhearted people: please, please…
    Direi a tutti, a tutte le persone di buon cuore: per favore, per favore ascoltate la sofferenza del popolo siriano nel suo stesso Paese e nei Paesi limitrofi, in particolare in Libano. Il Libano ha quattro milioni di abitanti e noi, attualmente, ospitiamo un milione e 200 mila siriani. Ciò significa che oltre il 25% della popolazione è diventata siriana: è una cosa folle e dal punto di vista umanitario non è più controllabile. Abbiamo bisogno di ogni più piccolo aiuto che possiamo avere per raggiungere queste persone e trovare soluzioni durature, almeno per i prossimi due-tre anni, finché saranno risolti i problemi e la gente potrà tornare a casa propria.

    inizio pagina

    Elezioni in Paraguay: i vescovi chiedono onestà e trasparenza

    ◊   Urne aperte oggi in Paraguay per le elezioni generali: presidenziali, legislative e locali. Dopo l’uscita di scena di Fernando Lugo, destituito dal Parlamento di Asuncion nel luglio del 2012, la sfida per la presidenza è tra il candidato del Partito Liberale, Efrain Alegre, e quello del Partito Colorado, Horacio Cortés. Secondo i sondaggi dunque tornerebbe al potere il Partido Colorado, che ha governato il paese ininterrottamente dal 1946 al 2008. C’è da dire che proprio in queste ore arriva un bilancio dell'epidemia di febbre dengue,malattia acuta tipica delle zone tropicali e subtropicali, che ha colpito il Paraguay: si parla di 45 morti dall'inizio dell'anno. Ma sul voto di oggi, Eugenio Bonanata ha raccolto il parere del collega Luis Badilla, esperto di questioni sudamericane:

    R. – Sembrerebbe che questa sfida, che in certi momenti è stata molto violenta dal punto di vista verbale tra i due candidati, la spunterà alla fine il candidato del Partito Colorado, il candidato del partito conservatore: tutti i sondaggi lo collocano fra il 37-41 per cento. Lì conta solo il primo turno.

    D. – Qual è la priorità per il prossimo presidente del Paraguay?

    R. – Dopo la caduta, la destituzione del presidente Fernando Lugo, il Paraguay si trova in un momento di gravissima instabilità politico-costituzionale e per certi versi anche democratica, il che significa che la prima sfida è consolidare il regime democratico. E’ perciò auspicabile che le elezioni siano corrette, che si svolgano onestamente, che i risultati siano accettati da tutti e che non ci siano le solite contestazioni, che mettono poi a rischio l’intero processo democratico. La seconda sfida è di tipo economico: il Paese attraversa una crisi, ma non solo quella che attraversano tutti i Paesi dell’America Latina sulla scia della crisi politico-finanziaria-economica internazionale, ma una crisi specifica del Paraguay, legata fondamentalmente a quella che può essere definita la scomparsa della sua struttura agricola, che era sostanzialmente la sua forza, che non è stata sostituita da un impianto industriale efficace, efficiente e in grado di affrontare il bisogno di avere un introito nazionale sufficiente. C’è, quindi, un problema economico gravissimo, con un tasso di diseguaglianza sociale e di iniquità sociale spaventoso. In terzo luogo, c’è il problema dell’inserimento del Paraguay in un insieme di organismi regionali di integrazione economica, in particolare il Mercosur, sui quali il Paraguay deve definire il suo ruolo, la sua missione, ma soprattutto deve farla accettare dagli altri Paesi.

    D. – I vescovi del Paraguay in questi giorni, tra le altre cose, hanno lanciato un appello contro la compravendita dei voti: un fenomeno diffuso nel Paese?

    R. – La campagna elettorale è stata piuttosto brutta e non solo perché violenta dal punto di vista verbale – come detto prima – ma anche perché si sono visti - attraverso filmati clandestini, fotografie e interviste - tentativi scandalosi di compravendita dei voti, in particolare tra i gruppi aborigeni. Questo ha creato una situazione interna e nello sviluppo stesso della campagna molto tesa e molto rischiosa per la sicurezza democratica del processo. Ecco perché i vescovi, tra le tante sfide che affrontano nella loro dichiarazione, sottolineano in particolare questa: la necessità di pulizia, di onestà e di trasparenza dell’elezione, proprio perché vedono il tentativo da più parti – non soltanto da una parte – di “sporcare” l’insieme del processo per poi dichiararlo non democratico, aprendo una ulteriore crisi in un Paese che, con queste elezioni, dovrebbe superare diverse crisi politico-istituzionali degli ultimi anni.

    D. – Cosa si aspetta il Paese dalla nuova leadership?

    R. – Mi è sembrato di capire - leggendo la stampa locale e sentendo alcune interviste – che il Paese è molto deluso dalla politica e dai politici: cosa che, tra l’altro, non sembra molto originale, perché la vediamo in tanti altri Paesi del mondo. C’è una disaffezione alla politica, perché vedono che non si riesce a risolvere i problemi. Il metodo della politica dovrebbe essere la capacità di produrre risultati: questi risultati, dopo molti anni dal ritorno alla democrazia, non sono si vedono. Quindi da una parte c’è una nostalgia verso l’“uomo forte”, che è una tentazione permanente in America Latina, e dall’altra parte c’è una disaffezione della politica che è molto pericolosa, perché non è della politica e dei politici, ma diventa anche un allontanamento dalla democrazia.

    inizio pagina

    Fermare la strage delle donne: lettera del presidente della Camera Boldrini alla stampa

    ◊   “La misura è colma”, “la violenza sulle donne reclama un’attenzione maggiore da parte di tutti” e in particolare dal Parlamento. Così scrive il presidente della Camera, Laura Boldrini, in una lettera pubblicata ieri dal “Corriere della Sera”. Solo negli ultimi giorni una donna a Pesaro è stata devastata dall’acido gettatole sul viso e un’altra, vicino a Roma, è stata uccisa a colpi di pistola. A colpire, l’ex compagno e l’ex marito. Per fermare la strage delle donne, la Boldrini chiede norme più incisive, ma anche un cambio di mentalità. Si tratta di cambiare le teste, sostiene. Adriana Masotti ha parlato con Annamaria Bernardini De Pace, avvocato matrimonialista:

    R. - Io penso che sia giusto e vero che bisogna cambiare la testa delle persone; quindi, il modo di pensare degli uomini e delle donne: delle donne perché non capiscono la violenza. Bisogna cambiare anche la testa di molte persone che compongono il personale ospedaliero, la testa delle forze dell’ordine, la testa dei pubblici ministeri; perché io lo vedo nella mia professione: ci sono donne che arrivano a situazioni di violenze estreme - dopo esser passate dagli amici, dai medici, dai carabinieri, o dalla polizia - fanno anche una denuncia circostanziata e però rimane lì. Rimane lì per tempi infiniti. Quindi, questo vuol dire che l’allarme violenza deve essere in ogni singolo cittadino, a maggior ragione se ha un ruolo di tutela, di protezione, o di giustizia.

    D. – Prevedere delle procedure nuove nei casi di separazione o di divorzi che proteggano eventualmente la parte più debole da eventuali ricatti, persecuzioni e violenze, può essere una strada giusta?

    R. – Non è solo questione di procedura, perché comunque di fronte alla violenza dell’altro, al ricatto, fino al momento in cui la persona ha qualcosa da condividere con il violento – questo per esempio accade se ci sono i figli – è quasi insuperabile. Io credo che in Italia di leggi ne abbiamo troppe, tantissime, ma che non vengono applicate: ad esempio, è stata fatta la legge sullo stalking, che secondo me è stata un grande successo, ma è applicata come si dovrebbe? No. Ogni volta bisogna scrivere, insistere, andare dal Pm… Lo stalking spessissimo è l’atto preliminare ad una violenza successiva. Quindi, se si devono fare altre leggi si facciano, ma intanto quelle che abbiamo potrebbero già servire se le persone, gli operatori del diritto - che hanno a che fare anche con le separazioni e i divorzi - avessero una testa diversa. Le sembra che un violento voglia andare da un mediatore?

    D. – Tra le persone che dovrebbero cambiare la testa ha citato anche medici e magistrati. La realtà qual è in questo momento?

    R. – La realtà è che ci sono medici scrupolosissimi, che fanno la denuncia immediatamente, chiamano, convincono la persona coinvolta... Poi c’è un’altrettanta parte di medici che se ne disinteressa nel modo più assoluto. La stessa cosa succede per i magistrati, cioè con i Pm dai quali si fa la denuncia, ma anche con i giudici che poi devono giudicare. Anni fa ho scritto un libro, “Calci nel cuore”, dove ho detto che le donne sono capaci - pur di convincersi di essere amate - di accettare le carezze del “nemico”, ma anche la maggior parte degli operatori del diritto – pur di togliersi davanti il loro lavoro – accettano l’apparenza.

    D. – A proposito di mentalità: la presidente della Camera, Laura Boldrini, denuncia anche una scorretta comunicazione in Italia e dice che prepara il terreno alla violenza. Anche questo è un settore su cui si potrebbe fare di più…

    R. – Sono d’accordo. I giovani, i minori potrebbero trarre giovamento da un cambiamento dei fotogrammi televisivi, sia che riguardino episodi di violenza, racconti, cronaca, telefilm, sia che riguardino in genere la sessualità ultra esibita, che io trovo porti alla violenza. Altro problema secondo me gravissimo è quello dei videogiochi, dove le persone muoiono come se niente fosse ed in questo modo la morte viene banalizzata.

    D. – Non so se per finire c’è un messaggio di incoraggiamento che possiamo dare alle donne… Anche forse una richiesta di impegno, come ad esempio educare i figli maschi al rispetto…

    R. – Esattamente questo. È un discorso che per tutte le mamme oggi è un impegno. È un discorso che tutte le mamme oggi dovrebbero fare, controllando i bambini anche nei giochi, perché non dobbiamo dimenticarci che l’aggressività fa parte della natura umana e deve essere indirizzata, in modo energico ed entusiasta, nella conquista e nella costruzione di cose positive. Quindi, secondo me, ci vuole anche nelle mamme, una certa "aggressività" nel senso di incisività nell’educare i bambini al rispetto della vita; non tanto al rispetto delle donne, ma al rispetto che deve avere la vita, bene prezioso da onorare tutti i giorni e da rispettare.

    inizio pagina

    Dieci anni fa la morte di Piero Corti, medico che donò la vita per l'Africa

    ◊   Dieci anni fa, nel giorno di Pasqua, moriva a Milano Piero Corti, medico che dedicò la sua vita a far crescere il Lacor Hospital, il più grande ospedale privato e no-profit dell’Uganda. Anni prima era scomparsa sua moglie Lucille, anche lei medico che morì di Aids dopo essersi infettata operando i feriti di guerra. Stamattina, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano, ha celebrato una Messa per ricordare la coppia. Sul sito Internet www.fondazione corti.it è possibile conoscere meglio la storia della famiglia Corti e le attività dell’ospedale alle quali si può contribuire anche con una piccola donazione. Benedetta Capelli ha intervistato la figlia di Piero e Lucille, Dominique Corti:

    R. - Ogni anno curiamo 270 mila malati in un’area dove, tutt’ora, il 60 per cento della popolazione vive in povertà assoluta e dove solo il 10 per cento ha un impiego vero. Però siamo anche un enorme centro di formazione; abbiamo 300 studenti residenti e circa altri cento non residenti. Quindi diamo anche lavoro a 600 dipendenti ugandesi. È una grossa macchina che fa tanto bene!

    D. - Entrambi i tuoi genitori sono sepolti in Uganda. Lì, quanto è vivo il loro ricordo?

    R. - In realtà loro non hanno scelto di essere sepolti in terra africana, ma hanno voluto essere sepolti nel loro ospedale! Il papà diceva: “Io mi faccio seppellire qui, in mezzo, perché così tengo sotto controllo le cose. Se qualcuno si comporta male, esco fuori e gli tiro la gamba!”. Per cui, c’è un ricordo vivissimo dei miei genitori. Tutta la gente dice che è grazie ai miei genitori che hanno assorbito una cultura del lavoro molto diversa da quello che è altrove.

    D. - Sulla tua vita che peso ha avuto la scelta dei tuoi genitori di dedicarsi agli altri e quindi anche di vivere in Uganda?

    R. - Sono nata in questo ospedale. Qui sono cresciuta! La mia mamma mi portava in ospedale, per cui sono praticamente cresciuta seduta sui letti dei pazienti. Durante il giro di visite facevo i miei disegnini, e in sala operatoria mi mettevo seduta. Poi poco più grande, iniziai a fare i primi piccoli mestieri. Per me era l’assoluta normalità. Ho studiato medicina perché volevo fare il medico là, ma quando ho conseguito la laurea, era evidente che l’ospedale non aveva tanto bisogno di me in quanto medico, perché ormai i medici ugandesi c’erano - ed erano bravi - ma aveva estremamente bisogno di un aiuto da un punto di vista finanziario… I miei genitori avevano appena creato questa fondazione che è diventato lo strumento “ideale” per farmi lavorare e cercare di fare, non tanto quello che avevo voglia di fare, ma quello di cui c’era bisogno.

    D. - Avere alle spalle dei genitori che sono una testimonianza vivente di dedizione, di sostegno, di amore per gli altri, a volte può rappresentare un peso? Oppure è soltanto una ricchezza?

    R. - Ho contatti continui con il personale che ha lavorato con loro, con persone che hanno continuato a fare il proprio lavoro in tempi talmente difficili, che non ti soffermi a pensare su quello che hanno vissuto i miei genitori. Ad esempio, la capo infermiera ha vissuto gli anni di guerra quando, durante la notte, i ribelli armati di fucile venivano all’interno dell’ospedale due, tre, quattro volte a settimana e tenevano sotto la minaccia delle armi tutti cercando soldi. Se non ne avevano abbastanza, si portavano via un’infermiera perché sapevano che l’ospedale avrebbe cercato di pagare un riscatto. Allora, questi infermieri in abiti civili, per anni entravano in ospedale di sera, si nascondevano tra i parenti dei pazienti in mezzo ai letti, sperando di farla franca. I miei genitori avevano la pelle bianca che, nel nostro contesto di conflitto, è sempre stato un fattore di protezione. Riporto l’esempio di Angioletta, ma anche quello di Matthew: un medico ugandese, che era direttore dell’ospedale. Nel 2000 si è accorto che c’erano molti morti in più e che erano probabilmente dovuti ad una febbre emorragica virale. Così ha allestito un reparto per i malati di ebola perché lui diceva che, per prima cosa, era il nostro dovere come medici sanitari; secondo perché magari qualcosa si riusciva a capire come riuscire ad aiutare questi pazienti ed infine “perché – diceva – se io fossi solo, non vorrei essere abbandonato senza qualcuno che mi tiene la mano”. Insomma, ne abbiamo persi 13, incluso lui, che fino all’ultimo ha continuato a dire: “È il nostro dovere! Lo dobbiamo fare per gli altri! Per la nostra gente!”. I miei hanno fatto partire la palla, ma poi la palla ha continuato a rotolare, e tantissima gente è entrata lungo il percorso ed ha contribuito. Persone che vale la pena aiutare.

    D. - C’è anche un riferimento di fede nella storia dei tuoi genitori?

    R. - Sicuramente, per il mio papà la fede è stata il motore principale. Il nostro è un ospedale della diocesi. È un ospedale missionario, è stato costruito dai missionari comboniani per la diocesi locale. All’epoca il vescovo era comboniano. Quello attuale è veramente eccezionale! È il presidente del consiglio di amministrazione dell’ospedale, ma è anche il presidente della Conferenza episcopale ugandese: l’arcivescovo John Baptist Odama, il quale si è esposto moltissimo durante gli anni di guerra, era in prima linea per cercare di ottenere un accordo di pace con i ribelli. È molto attento al fatto che l’ospedale continui la sua missione che è quella di curare tutti, senza discriminazioni di sesso, di razza, di religione o altro. Tutti! Ma la sua missione è soprattutto focalizzata sui più poveri, gli ultimi della fila.

    inizio pagina

    Il Policlinico Gemelli diventa “ospedale verde”

    ◊   “Ospedale verde”. E’ questo il progetto del Gemelli che è stato siglato con un accordo tra il ministero dell’Ambiente e il Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma. Si tratta di una serie di interventi che comprendono tecnologie innovative di edilizia sostenibile, riduzione del consumo di energia e studi sull’interazione tra ambiente e salute. Il progetto verrà pianificato su un periodo di cinque anni e farà del Gemelli il primo “Ospedale verde” nella Regione Lazio. Al riguardo, Eliana Astorri ha intervistato il prof. Umberto Moscato del Dipartimento di salute pubblica del “Gemelli” e coautore del progetto:

    R. - Sono interventi tesi chiaramente a migliorare il consumo di energia, quindi per risparmiare energia pressoché a 360 gradi, sia consumi elettrici che consumi termici, non distogliendo il nostro interesse, come ha fatto ben notare anche il ministro, dal risparmio dell’acqua e dal ciclo differenziato dei rifiuti che è essenziale, in particolar modo per la nostra regione. Questi interventi avranno lo scopo di cambiare il volto della struttura del nostro Policlinico, tanto che si interverrà sull’involucro dell’edificio, quindi proprio sulla struttura esterna, in modo da diminuire la dispersione termica. Poi, ci saranno interventi sulle centrali energetiche, sulle centrali di sterilizzazione, cercando di sfruttare al meglio l’energia disponibile e nello stesso tempo utilizzando energie rinnovabili.

    D. – Da dove si comincerà in questo ammodernamento edilizio, da quali lavori, all’atto pratico?

    R. – Dal punto di vista energetico in quanto tale, sicuramente dalle strutture termiche che sono già in nostro possesso perché si completerà il procedimento di rigenerazione che è già presente, quindi l’utilizzo alla massima efficienza possibile dell’energia disponibile. Immediatamente dopo si interverrà nelle strutture esterne e interne che caratterizzano la configurazione dell’intero edificio. Questo però dovrà essere accompagnato - proprio perché dovrà essere un modello sperimentale, quindi nello stesso tempo un modello da poter utilizzare anche in altre strutture sanitarie -, per forza di cose, da uno studio dell’impatto che questo ha sull’ambiente esterno e sull’ambiente interno. Questo in particolar modo perché si tratta di una struttura sanitaria, con la presenza di pazienti che devono essere al massimo tutelati, così come il personale o i visitatori. Dobbiamo fare in maniera tale che l’applicazione di tecnologie assolutamente innovative siano assolutamente sicure per la presenza della prima cosa importante per la struttura di un centro di eccellenza di ricerca, quale il nostro: cioè, per la persona, per la tutela della salute della persona.

    D. - Le tecnologie innovative di edilizia sostenibile, gli altri interventi che il “Gemelli” farà hanno comunque un costo che in questo momento di crisi pesa sull’economia dell’ospedale: dove verranno reperiti i fondi necessari?

    R. – Tali fondi dovranno essere reperiti, con l’accordo che il ministero dell’Ambiente ha fatto, sulla base degli investimenti che ha destinato a tali attività e a tali funzioni. Inizialmente avranno un costo come sempre accade per la prevenzione. In parte ovviamente ci sarà una partecipazione della nostra struttura che è interessata a questo tipo di ruolo. Questi investimenti iniziali, però, genericamente e nella totalità dei casi degli atti di prevenzione, saranno un guadagno futuro: ridurranno di molto i costi e quindi porteranno a un guadagno dal punto di vista economico. Ma, come ho detto prima, sarà anche un guadagno in salute: dal punto di vista ambientale, dal punto di vista delle persone residenti nella nostra zona che avranno un minore impatto di emissioni di inquinamento da una struttura grande come un policlinico universitario può essere. Come tutti gli investimenti, inizialmente c’è un costo iniziale elevato. Tale costo sarà ammortizzato nel tempo e poi ne trarremo vantaggi tutti. Questo tipo di intervento ha anche lo scopo di generare un volano di formazione e informazione sulla popolazione per determinare questo senso, questa coscienza, questo consenso, a un nuovo ambiente pulito, proprio perché dobbiamo investire in energie pulite per il nostro futuro, per i nostri figli. Non possiamo più farne a meno, non possiamo più dimenticare che c’è un domani e che dobbiamo preoccuparci per le nostre generazioni future.

    inizio pagina

    Satellite protagonista nei nuovi scenari della comunicazione

    ◊   “Il satellite in Italia: mercato, sviluppo e nuove tecnologie”: è il titolo di un rapporto elaborato da Eutelsat - in collaborazione con l’Istituto di ricerca Ipsos. Lo studio è stato presentato in settimana a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Tv satellitare in crescita non solo in Italia ma in molti altri Paesi europei, come documenta Eutelsat tra i maggiori operatori mondiali del settore, con 4500 canali Tv presenti in 150 Paesi. Oggi un terzo delle famiglie italiane, pari 8 milioni e 200 mila persone, è dotata di satellite, nel segno di una domanda diversificata di contenuti televisivi, che per il 44% sono fruiti in chiaro, gratuitamente. Un rilancio, a dire il vero, che pochi attendevano dopo l’avvento del digitale terrestre e la moltiplicazione di canali. Satellite, che supporta la Tv digitale nella copertura del territorio e resta in gioco da protagonista, anche nell’offerta di connettività nei nuovi scenari tecnologici di un mondo sempre più in comunicazione. Il commento di Renato Farina, amministratore delegato di Eutelsat:

    R. - Negli ultimi anni, abbiamo lanciato diversi satelliti e ne lanceremo altri sette entro due anni. Ma soprattutto, quello che Eutelsat ha fatto è investire nelle nuove tecnologie, nelle nuove infrastrutture satellitari. Con il lancio del satellite Ka – Sat, abbiamo aperto una nuova frontiera. Il Ka – Sat ha 82 spot su tutta l’Europa, e questo permette di moltiplicare per 40 volte le capacità trasmissive del satellite. Il satellite in qualche modo è una soluzione democratica, che permette a tutti di poter usufruire delle stesse opportunità. I giovani hanno una fruizione della televisione, o comunque dei contenuti video, in modo diverso. Si spostano sempre più verso il pc, il tablet e quant’altro. Ecco, laddove è necessaria connettività, è necessario dare a questi giovani, a questi ragazzi la possibilità di connettersi.

    D. - Il satellite si rivela sempre di grande aiuto e sostegno nel testimoniare al mondo i grandi eventi...

    R. - Mi ricordo che la prima trasmissione mondiale è stata fatta nel 1969: la Messa di Papa Paolo VI a Taranto. Con l’elezione dell’ultimo papa, Papa Francesco, in pochi giorni abbiamo avuto un incremento di 700 ore di trasmissione per questo evento storico che stava accadendo a Roma.

    D. - Questo studio spazia anche su altre realtà europee. Anche lì abbiamo una realtà in crescita?

    R. - Il satellite ha un ruolo fondamentale nei grandi eventi: le Olimpiadi, il calcio... Ma ha anche un ruolo in quella che è la quotidianità, le news. Vediamo che le dimensioni delle telecamere si stanno sempre più riducendo; anche i costi si sono ridotti. Abbiamo replicato alla stessa cosa sui satelliti. Da investimenti importanti, come per i camioncini che trasmettono via satellite, abbiamo ridotto le dimensioni per poter dare opportunità anche ai nuovi protagonisti, alle nuove realtà, come le web–tv, i media, che vanno sempre più verso il web, dove – anche loro – hanno bisogno di contenuti sempre più freschi, riducendo i costi e le dimensioni, dando anche l’opportunità di una fruizione agile su tutto il territorio, perché sono piccole, portabili in zainetti. Ad esempio, abbiamo messo un’antenna su una Smart, per dimostrare la necessità delle piccole dimensioni che occorrono per poter fare una trasmissione.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Laos. La testimonianza silenziosa delle suore che non possono manifestare la propria fede

    ◊   Una testimonianza silenziosa, fatta di opere e non di parole, è quella delle tre consorelle autorizzate a vivere nel nord del Laos. Lavorano nell’istituto governativo di Luang Prabang, che ospita per la maggior parte giovani portatori di handicap o appartenenti a minoranze etniche ai quali dona un futuro insegnando loro professioni come il cuoco o il pasticcere. Nella parte settentrionale del Laos, in seguito alla presa di potere dei comunisti nel 1975, sebbene la Costituzione del Paese preveda la libertà religiosa, di fatto è proibita ogni forma di proselitismo e, sia il vicario apostolico di Luang Prabang, mons. Tito Banchong Thopanhong, il solo sacerdote cui è permesso vivere in quel territorio, vittima in passato di soprusi e torture, sia le suore, devono attenersi scrupolosamente a questa regola. La situazione, inoltre – riporta AsiaNews - è addirittura peggiorata dopo il 2011, in seguito alla violenta repressione della sommossa avviata da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza Hmong. “La vita cristiana è molto difficile perché non possiamo parlare apertamente della nostra fede – ha raccontato suor Marie-Bruno, che pochi giorni fa ha partecipato a Parigi al convegno “La notte dei testimoni” organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre – e tutte le manifestazioni esteriori della fede sono bandite: luoghi di culto, croci, immagini, libri sacri, ma anche parole e gesti possono essere interpretati come proselitismo”. La religiosa, appartenente alle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, proviene da una famiglia laotiana di tradizione buddista e animista, ma si convertì molto giovane al cattolicesimo. Quella delle suore nel nord del Laos, è dunque una presenza muta tra i bambini cui non possono impartire un’educazione religiosa, anche se il centro in cui prestano quotidianamente la loro opera è gestito in collaborazione tra le autorità locali e il delegato apostolico per il Laos, mons. Salvatore Pennacchio. (R.B.)

    inizio pagina

    In India sempre più preoccupazione per le violenze su donne e bambini: migliaia i minori in strada

    ◊   È stata da poco celebrata la Giornata internazionale dei bambini di strada, che nel mondo sono circa 250 milioni. Un problema – riferisce la Fides – che affligge anche l’India, dove in migliaia non sono mai andati a scuola e per sopravvivere sono costretti a mendicare o addirittura a rubare. Si tratta di piccoli senza famiglia, che spesso cadono vittime di sfruttamento di adulti senza scrupoli: di loro si occupano varie ong, tra cui la cattolica Manos Unidas, spagnola, che ha avviato un progetto nell’Uttar Pradesh per i minori che vivono nelle slum di Allahabad e che sono circa tremila, di età inferiore a 14 anni, costretti a lavorare come rigattieri, lustrascarpe, artigiani o autisti di taxi. A loro viene offerta un’alternativa di vita attraverso l’istruzione scolastica. La maggior parte di questi sono orfani; altri sono scappati di casa e cadono fin troppo facilmente nella dipendenza da droga, alcol o gioco d’azzardo oppure – il 60% - finiscono nelle mani dei trafficanti di esseri umani o nel giro della prostituzione. Ma a proposito di violenza sui minori, c’è un caso che ha inorridito e commosso negli ultimi giorni la società indiana e mondiale: quello della bambina di cinque anni sequestrata per due giorni, violentata e mutilata da un vicino di casa ventenne in un sottoscala di un edificio a New Delhi. La piccola è ricoverata in ospedale e secondo il bollettino medico di oggi è cosciente, parla con i genitori e con i medici, ma “è troppo giovane per cogliere la gravità della situazione”. Su questo caso è intervenuto anche il premier Singh, che dopo le proteste di piazza ha sollecitato tutti gli apparati dello Stato a rispondere con fermezza alla violenza contro le donne nel Paese. In merito alle violenze sui minori, infine, Unicef India ha reso noto alcuni dati aggiornati al 2011: nel Paese una vittima di stupro su tre è un bambino, per un totale di circa 7200 l'anno, ma potrebbero essere molti di più, dal momento che molti casi non vengono neppure denunciati. (R.B.)


    inizio pagina

    Filippine. Lettera dell’arcivescovo di Lingayen Dagupan per le prossime elezioni

    ◊   Cosa può fare la Chiesa per contribuire alle prossime elezioni? Se lo chiede, in una lettera pastorale pervenuta all’agenzia Fides, mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen Dagupan, nelle Filippine, chiamate alle urne il 13 maggio prossimo. Il presule offre ai fedeli la sua risposta: “Pregare perché il Signore guidi ogni candidato all’esercizio della responsabilità civile, dal momento che solo Dio può illuminarci nel processo decisionale in modo che la voce del popolo possa davvero riflettere la voce di Dio – scrive – ma anche un rispettoso silenzio nel dibattito pubblico, perché il silenzio è il linguaggio di Dio e l’unico antidoto alle strategie di campagna elettorale folli e ridicole cui stiamo assistendo”. Un atteggiamento, dunque, che comprende uno “sguardo di fede” e “la mente illuminata dai valori del Vangelo” deve guidare verso questo appuntamento la Chiesa, che in quanto “coscienza della società civile”, capace di guardare alle sfide della promozione del bene comune, della solidarietà, della spiritualità e dell’istruzione, non deve “sostenere alcun candidato per non diventare di parte; deve rifiutarsi di giocare con il fuoco del potere politico o rischia di bruciarsi essa stessa”. Una Chiesa che deve, quindi, restare “madre e maestra di elettori e candidati insieme: una madre che ama e una maestra che corregge con misericordia”. Tuttavia, per aiutare gli elettori cattolici nella scelta, l’arcivescovo propone di farsi la seguente domanda: chi avrebbe votato Gesù? Certamente un candidato che dichiari “un no categorico e chiaro a divorzio, aborto, eutanasia, controllo delle nascite e matrimoni omosessuali”, cioè a tutte le “scelte contro la vita”. Ma da rifiutare, naturalmente, sono anche candidati “collegati al commercio di droga, al gioco d’azzardo illegale, o coinvolti direttamente in terrorismo e corruzione” e candidati “già condannati in giudizio o che promuovono la compravendita di voti”. (R.B.)

    inizio pagina

    In Canada a maggio, Settimana per la vita e la famiglia

    ◊   “La famiglia: rispondere con Cristo alle sfide della vita”: su questo tema la Chiesa canadese celebrerà, a metà maggio, la prima Settimana nazionale per la vita e la famiglia. L’evento avrà luogo tra l’Ascensione, il 12 maggio, e la Solennità di Pentecoste, il 19 maggio, in concomitanza con la Settimana delle Famiglie celebrata dal 1996 dalla Chiesa in Québec che l’aveva lanciata due anni dopo l’indizione della Giornata Onu della Famiglia nel 1994. L’iniziativa si inserisce nell’ambito dello speciale programma pastorale “Costruire una cultura della vita e della famiglia in Canada” promosso dall’Episcopato canadese nel 2011 in vista dell’Anno delle Fede e frutto di una riflessione con l’Ocvf, l’organismo dei vescovi per la vita e la famiglia. Da essa era scaturita appunto la convinzione dello stretto legame tra la sfida della Nuova Evangelizzazione e la promozione della famiglia. Un legame del resto più volte evocato dal Papa Emerito Benedetto XVI che il 1° dicembre 2011, nel discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, aveva sottolineato come “la nuova evangelizzazione è inseparabile dalla famiglia cristiana. Essa è infatti la via della Chiesa perché è “spazio umano” dell’incontro con Cristo. (…). E proprio da queste considerazioni trae spunto il tema scelto per la Settimana che sarà celebrata a maggio. In vista dell’appuntamento, la Conferenza episcopale canadese, attraverso il suo sito, propone alle diocesi diverso materiale informativo e promozionale e sussidi liturgici preparati dall’Ocvf. In questo materiale è compreso anche il manifesto-dipinto della Sacra Famiglia del pittore elvetico Bradi Barth, testi di preghiere e una scheda che illustra il motivo dell’iniziativa: la volontà di sottolineare il ruolo centrale della famiglia nell’annuncio del Vangelo e la sua vocazione naturale a promuovere la vita. (L.Z.)


    inizio pagina

    A maggio, pellegrinaggio nazionale dei giovani portoghesi al Santuario di Fatima

    ◊   Sarà quasi un preludio della Giornata mondiale della gioventù, in programma a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio, il pellegrinaggio nazionale che i giovani portoghesi compiranno a Fatima il 3 e 4 maggio. Nella città mariana, là dove la Beata Vergine apparve a tre piccoli pastori - Francisco, Giacinta e Lucia - nel lontano 13 maggio 1917, i ragazzi di tutto il Portogallo vivranno due giornate di preghiera ed incontro, sul tema “Come e insieme a Maria, andate e fate discepoli”, che riprende naturalmente il motto della Gmg brasiliana, “Andate e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19). L’evento avrà inizio sabato 3 maggio, alle ore 10.00, presso il Centro pastorale Paolo VI, con un momento di accoglienza dei partecipanti. Nel pomeriggio, alle 17.00, si terrà una preghiera mariana nella Cappellina delle Apparizioni, seguito da un concerto. Alle 21.30, è in programma la recita del Santo Rosario, mentre alle 23.00, nella Chiesa della Santissima Trinità, avrà luogo l’adorazione eucaristica. La gornata si concluderà con un secondo momento musicale, ovvero la messa in scena del musical “L’allegria della fede”, interpretato dai giovani. Il giorno dopo, domenica 4 maggio, l’evento si concluderà con una Messa solenne all’interno del Santuario, prevista per le ore 11.00. Infine, qualche informazione sul Centro pastorale Paolo VI: inaugurato da Giovanni Paolo II nel 1982, questo punto di accoglienza ospita, ogni anno, migliaia di persone, gruppi, associazioni e movimenti religiosi che si recano in pellegrinaggio a Fatima. In vista del centenario delle apparizioni mariane, nel 2017, il Centro ha già avviato alcuni lavori di ristrutturazione. (I.P.)

    inizio pagina

    Memorandum dei vescovi del Ciad per lo sviluppo del Paese

    ◊   “Le sfide per i prossimi 50 anni”: si intitola così il memorandum che la Conferenza episcopale del Ciad (Cet) ha diffuso nei giorni scorsi per fare il punto della situazione sullo sviluppo del Paese. Il documento, indirizzato alla popolazione in generale ed alle autorità politico-amministrative in particolare, insieme ai cristiani ed a tutte le persone di buona volontà, riprende ed approfondisce i contenuti dell’appello lanciato dai vescovi nel 2010, nel 50.mo anniversario dell’indipendenza del Ciad dalla Francia. “Questo memorandum – si legge nel testo – ci permette di esprimerci sui risultati positivi raggiunti, ma anche sulle sfide più urgenti del nostro Paese, se si vuole assicurare una vita degna ad ogni cittadino”. In quest’ottica, il memorandum episcopale vuole essere anche una risposta all’appello contenuto nell’Esortazione apostolica Africae Munus di Benedetto XVI: “La Chiesa in Africa deve contribuire a costruire la società in collaborazione con le autorità governative e le istituzioni pubbliche e private coinvolte nell’edificazione del bene comune (n.81)”. Evidenziando, poi, l’operato portato avanti dalla Chiesa cattolica del Ciad nei settori della sanità, dei diritti umani, dell’educazione e delle risorse naturali, la Cet ribadisce: “L’impegno della Chiesa cattolica a fianco dello Stato non è mai venuto meno, neanche nei momenti più difficili della storia politica del Paese”. Attenta soprattutto all’evangelizzazione, “sua missione primaria”, la Cet mira a “trasmettere la dottrina sociale della Chiesa universale con la sua visione dinamica, concreta ed aperta, e tiene conto degli aspetti economici, politici, morali, culturali ed ambientali della società attuale”. A più di 50 anni dall’indipendenza del Paese, tuttavia, il bilancio che ne tracciano i vescovi non è roseo: “Il Paese non è migliorato; mali come la corruzione, l’etnocentrismo, il clientelismo, l’impunità, la violazione dei diritti umani indeboliscono senza sosta le istituzioni pubbliche e prendono il sopravvento sui principi della buona governance”. Inoltre, “la mancanza di volontà politica e l’assenza di trasparenza nella gestione dei fondi pubblici ritardano ulteriormente lo sviluppo del Ciad”. Citando ancora l’Africae Munus, la Cet afferma: “Uno degli strumenti più importanti al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace può essere l’istituzione politica il cui essenziale dovere è la messa in campo e la gestione del giusto ordine (n. 81)”. Inoltre, i vescovi mettono in chiaro che non pretendono di “dare lezioni a qualcuno” ma che desiderano solo, in quanto “pastori della Chiesa”, esprimere “il loro parere sulla costruzione della nazione, incoraggiando in particolare i cristiani ad essere più consapevoli dei loro diritti di cittadini”. Infine, i presuli richiamano un passo dell’Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI: “Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune; sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale (n. 71)”. (I.P.)

    inizio pagina

    A giugno, in Congo, inaugurazione di Radio Maria, seconda emittente cattolica di Kinshasa

    ◊   Si chiama “Radio Maria” ed è la seconda emittente radiofonica cattolica di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo. Ad inaugurare ufficialmente le sue trasmissioni, a giugno prossimo, sulle frequenze di 89.9 fm, sarà l’arcivescovo di Kinshasa, il card. Laurent Monsegwo Pasinya. Dopo le prove tecniche di trasmissione del novembre 2012, Radio Maria Kinshasa ha già avviato un piccolo palinsesto con alcuni programmi prodotti a livello locale, ma tra due mesi la sua programmazione rientrerà nella rete mondiale di Radio Maria, già presente – per quanto riguarda l’Africa – in Togo, Rwanda, Burundi, Tanzania e Congo-Brazaville. Un netto molto attivo, che spesso riprende le trasmissioni di Radio Vaticana, come “Rendez-vous con l’Africa”, in onda tutti i giorni notizie di attualità missionaria e magazine di approfondimento. Ancora da definire il palinsesto ufficiale di Radio Maria Kinshasa, ma si pensa comunque alla trasmissione di programmi di riflessione sulla dottrina della Chiesa. Ad occuparsi della vita quotidiana delle parrocchie locali sarà invece l’altra radio cattolica di Kinshasa, Radio Maria Mama wa Elikya, cioè Radio Maria Speranza, inaugurata nel 1995 e che trasmette in francese e in lingala, la lingua che l'arcidiocesi di Kinshasa impiega nelle celebrazioni liturgiche. Il panorama delle emittenti radiofoniche di questa regione congolese è comunque molto variegato: attualmente, sono circa 60 le radio che trasmettono da Kinshasa o dai Paesi confinanti; la maggior parte di esse appartengono alle Chiese evangeliche così dette “del risveglio”. A livello continentale, invece – secondo i dati forniti nel 2009, durante il secondo Sinodo speciale per l’Africa – oggi si contano almeno 163 radio in 32 Paesi, gestite da diocesi ed organizzazioni cattoliche. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 111

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.