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Sommario del 16/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: Concilio, opera dello Spirito Santo, ma c'è chi vuole andare indietro. Messa dedicata a Benedetto XVI
  • Cordoglio di Papa Francesco per l'attentato a Boston: una tragedia insensata
  • Attentato a Boston: l'Fbi indaga a tutto campo. Obama: "Li prenderemo"
  • Gli auguri di Papa Francesco a Benedetto XVI e Georg Ratzinger
  • Benedetto XVI compie 86 anni. I ricordi dell’infanzia: “Eravamo un cuore e un’anima sola”
  • Il Papa nomina mons. Banach nunzio in Guinea
  • P. Neuhauss: israeliani e palestinesi ascoltino l'invito di pace del Papa per la Terra Santa
  • A Nazareth una dimora per dare aiuto materiale e spirituale alle famiglie del mondo
  • 20.mo del Catechismo: nel corpo e nell'anima dell'uomo c'è l'immagine di Dio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Violentissimo terremoto in Iran: si teme una strage
  • Assemblea vescovi francesi. Mons. Podvin: no a radicalizzazioni su unioni gay
  • Giornata mondiale contro la schiavitù infantile. Primo Rapporto Ue sulla tratta
  • Allarme dei sindacati: "Servono 2,7 miliardi per la cassa in deroga”
  • Migrazioni, tra dialogo e crisi finanziaria. Mons. Tomasi: "Coinvolte oltre un miliardo di persone"
  • Bologna. Il cardinale Ruini presenta il suo ultimo libro "Intervista su Dio"
  • Seminario sulle radio digitali: finita l''epoca delle onde, il futuro è Dab
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Appello delle Agenzie Onu: fermate il massacro in Siria
  • Siria. Il neo amministratore apostolico di Aleppo: "Impedire l'arrivo delle armi"
  • Centrafrica: calma apparente a Bangui dopo gli scontri tra popolazione e ribelli
  • Pronta risoluzione Onu dopo la decisione di ritirare le truppe ciadiane dal Mali
  • Usa: continua l’azione dei vescovi per una regolamentazione del commercio delle armi
  • Il card. Bagnasco preoccupato per la situazione lavorativa a Genova
  • Argentina: la “rivoluzione silenziosa” dei giovani nel portare soccorso durante il nubifragio
  • Repubblica Dominicana: il card. Lopez Rodriguez denuncia il narcotraffico nel Paese
  • India: nel Chhattisgarh bruciata una chiesa dai fondamentalisti indù
  • Iraq: il Patriarcato caldeo incoraggia i cristiani a partecipare alle prossime elezioni
  • Spagna: in corso a Madrid i lavori dell'Assemblea della Conferenza episcopale
  • Palermo: in cattedrale le spoglie di don Pino Puglisi che sarà beatificato il 25 maggio
  • Irlanda: iniziative dei vescovi per la 50.ma Giornata mondiale delle vocazioni
  • Sudan: ragioni amministrative dietro l'espulsione del segretario dei vescovi
  • Morto don Oreste Basso, tra i più stretti collaboratori di Chiara Lubich. Il cordoglio del Papa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: Concilio, opera dello Spirito Santo, ma c'è chi vuole andare indietro. Messa dedicata a Benedetto XVI

    ◊   Lo Spirito Santo spinge le persone e la Chiesa stessa ad andare avanti ma noi opponiamo resistenza e non vogliamo cambiare: è quanto ha affermato il Papa stamani durante la Messa presieduta nella Cappellina di Casa Santa Marta, alla presenza di alcuni dipendenti del Governatorato. Hanno concelebrato il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, e il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Oggi è il compleanno di Benedetto XVI, compie 86 anni, e Papa Francesco lo ricorda all’inizio della Messa:

    “Offriamo la Messa per lui, perché il Signore sia con lui, lo conforti e gli dia molta consolazione”.

    Nell’omelia commenta la prima lettura del giorno: ci parla del martirio di Santo Stefano che prima di essere lapidato annuncia la Risurrezione di Cristo, ammonendo i presenti con parole forti: “Testardi! Voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo”. Stefano ricorda quanti hanno perseguitato i profeti e dopo averli uccisi gli hanno costruito “una bella tomba” e solo dopo li hanno venerati. Anche Gesù – osserva il Papa – rimprovera i discepoli di Emmaus: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!”. “Sempre, anche tra noi” – rileva il Pontefice – “c’è quella resistenza allo Spirito Santo”:

    “Per dirlo chiaramente: lo Spirito Santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. E noi siamo come Pietro nella Trasfigurazione: ‘Ah, che bello stare così, tutti insieme!’ … ma che non ci dia fastidio. Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca … vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E quello non va. Perché Lui è Dio e Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove. E’ la forza di Dio, è quello che ci dà la consolazione e la forza per andare avanti. Ma: andare avanti! E questo da fastidio. La comodità è più bella”.

    Oggi – ha proseguito il Papa – sembra che “siamo tutti contenti” per la presenza dello Spirito Santo, ma “non è vero. Questa tentazione ancora è di oggi. Un solo esempio: pensiamo al Concilio”:

    “Il Concilio è stato un’opera bella dello Spirito Santo. Pensate a Papa Giovanni: sembrava un parroco buono e lui è stato obbediente allo Spirito Santo e ha fatto quello. Ma dopo 50 anni, abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio? In quella continuità della crescita della Chiesa che è stato il Concilio? No. Festeggiamo questo anniversario, facciamo un monumento, ma che non dia fastidio. Non vogliamo cambiare. Di più: ci sono voci che vogliono andare indietro. Questo si chiama essere testardi, questo si chiama voler addomesticare lo Spirito Santo, questo si chiama diventare stolti e lenti di cuore”.

    Succede lo stesso – aggiunge il Papa – “anche nella nostra vita personale”: infatti, “lo Spirito ci spinge a prendere una strada più evangelica”, ma noi resistiamo. Questa l’esortazione finale: “non opporre resistenza allo Spirito Santo. E’ lo Spirito che ci fa liberi, con quella libertà di Gesù, con quella libertà dei figli di Dio!”:

    “Non opporre resistenza allo Spirito Santo: è questa la grazia che io vorrei che tutti noi chiedessimo al Signore: la docilità allo Spirito Santo, a quello Spirito che viene da noi e ci fa andare avanti nella strada della santità, quella santità tanto bella della Chiesa. La grazia della docilità allo Spirito Santo. Così sia”.

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    Cordoglio di Papa Francesco per l'attentato a Boston: una tragedia insensata

    ◊   Cordoglio di Papa Francesco per le vittime causate dall’attentato di ieri a Boston durante la maratona cittadina. In un telegramma indirizzato al cardinale arcivescovo di Boston, Sean O’Malley, il Papa si dice “profondamente rattristato” per la perdita di vite umane e per i feriti in gravi condizioni e definisce l’attentato “una tragedia insensata”. Il Papa invoca la pace del Signore per le vittime, la Sua consolazione per quanti soffrono e la Sua forza per quanti sono impegnati nei soccorsi. In questo momento di dolore, conclude il telegramma, Papa Francesco prega affinché i cittadini di Boston possano essere “uniti nel non lasciarsi sopraffare dal male”, combattendo il male con il bene e lavorando assieme per costruire “una società più giusta e libera”.

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    Attentato a Boston: l'Fbi indaga a tutto campo. Obama: "Li prenderemo"

    ◊   Dopo lo choc di ieri, l’America è ripiombata nell’incubo terrorismo. Quello peggiore, che nella maratona di Boston ha visto colpito uno degli eventi sportivi più amati dagli statunitensi. Il bilancio parla di tre i morti, tra i quali un bambino di 8 anni, oltre a un centinaio i feriti. Venti di loro sono ricoverati in condizioni critiche. La cronaca del dramma nel servizio di Salvatore Sabatino:

    Due le esplosioni, in rapida successione – appena 12 secondi di distanza l’una dall’altra – con l’intento di uccidere. Pare, infatti, che le bombe fossero state imbottite di bulloni taglienti. Enorme l’area interessata dalla deflagrazione: si parla della più grande “scena del crimine” dall’11 settembre. Gli inquirenti l’hanno sigillata per l’intera notte, alla ricerca di tracce di qualsiasi genere. Perquisiti palmo a palmo decine di edifici, visionati centinaia di filmati prodotti dalle telecamere di sicurezza, raccolte migliaia di testimonianze. Tutto questo per restringere il campo d’azione dell’Fbi, che non tralascia nessuna pista: da quella del terrorismo internazionale a quella dei gruppi eversivi interni. Lo stesso presidente Obama, dalla Casa Bianca, non si è sbilanciato più di tanto, insistendo solo sul fatto che “i responsabili verranno trovati e puniti”. Resta, a questo punto, lo choc degli americani, così come il senso di solidarietà che ha unito gli sfortunati testimoni di questa strage. Ce lo conferma da Boston il collega Maurizio Molinari de La Stampa:

    "Sarà una ferita profonda. La sorpresa è tanto per Boston quanto per la maratona. I commenti delle vittime, devo dire, e di gran parte delle persone che erano lì sul luogo, investite dall’esplosione, hanno sottolineato come negli attimi immediatamente dopo la deflagrazione ci sia stato un grande senso di familiarità, di soccorso reciproco fra le persone che si trovano in quella zona. Molti atleti sono andati ad aiutare le vittime. Alcuni atleti sono stati aiutati a rialzarsi da persone ferite. C’è stato insomma un grande sentimento di familiarità e di comunanza fra chi era stato investito dalla tragedia. Questa è la testimonianza che riporto e che hanno dato molti dei testimoni".

    Intanto decine sono i messaggi di condoglianze giunti alla Casa Bianca, tra i quali quello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che parla di “atto ancora più orribile, perché ha preso di mira un evento che unisce la gente”. La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti esprime profondo dolore per quanto accaduto ieri, così come l’Arcidiocesi di Boston. “Le nostre preghiere – scrive in un messaggio il card. O’Malley, arcivescovo della città – sono indirizzate verso tutti coloro che hanno subito un trauma, in special modo coloro che hanno subito una perdita o che sono rimasti essi stessi feriti”. Il porporato esprime poi gratitudine per tutti coloro che hanno portato aiuto e assistenza nei momenti successivi alle esplosioni, in particolare le forze di polizia e i pompieri.

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    Gli auguri di Papa Francesco a Benedetto XVI e Georg Ratzinger

    ◊   Nel corso della mattinata, Papa Francesco ha fatto una cordiale telefonata di auguri a Benedetto XVI a Castel Gandolfo per il suo 86.mo compleanno. Il Pontefice ha esteso i suoi saluti e auguri anche al fratello, mons. Georg Ratzinger, che si trova da alcuni giorni nella residenza pontificia della cittadina laziale, dove si è trattenuto per festeggiare in forma familiare e fraterna la ricorrenza odierna e che a sua volta festeggerà il suo onomastico il prossimo 23 aprile, proprio come Papa Francesco.

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    Benedetto XVI compie 86 anni. I ricordi dell’infanzia: “Eravamo un cuore e un’anima sola”

    ◊   Benedetto XVI, dunque, compie oggi 86 anni. Come è noto, il Papa emerito è nato nel piccolo centro bavarese di Marktl am Inn il 16 aprile 1927. Quel giorno, ricorda Joseph Ratzinger in un’autobiografia pubblicata negli anni ’90, era Sabato Santo e, aggiunge, “fui battezzato il mattino successivo alla mia nascita, con l’acqua benedetta della 'notte pasquale'”. Per il Papa emerito, si è sempre trattato di “un importante segno premonitore”. In questo servizio di Alessandro Gisotti, riascoltiamo Papa Benedetto che ricorda la sua infanzia, rispondendo ad una bambina, durante l’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, lo scorso 2 giugno:

    Il punto essenziale per la mia famiglia era la domenica. Benedetto XVI ricorda con gioia la sua infanzia in Baviera, che aveva come centro proprio il Giorno del Signore. Anzi, rammenta che a casa Ratzinger la domenica iniziava già il sabato quando il suo papà leggeva le letture della Domenica e così lui e il fratello Georg entravano già nella “liturgia, in un’atmosfera di gioia”:

    “Il giorno dopo andavamo a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica – Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme”.

    Per il piccolo Joseph, la musica è sempre stata una presenza gioiosa. Ricorda che si cantava molto in famiglia, anche perché il fratello, futuro direttore del Coro della Cattedrale di Ratisbona, fin da giovane realizzava delle piccole composizioni. Con la musica, l’altra passione della famiglia Ratzinger erano le passeggiate nei sentieri di cui è ricca la Baviera:

    “Eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà”.

    Papa Benedetto sottolinea l’“amore reciproco” che si viveva in famiglia. Un amore “forte” che dava “gioia anche per cose semplici” e così “si potevano superare e sopportare” anche le prove più difficili:

    “Mi sembra che questo fosse molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro”.

    E così, aggiunge, “siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli”. Tanto è bella la sua infanzia che, con un sorriso, Benedetto XVI immagina sia proprio così stare in Paradiso:

    “Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare ‘a casa’, andando verso l’‘altra parte del mondo’”.

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    Il Papa nomina mons. Banach nunzio in Guinea

    ◊   Papa Francesco ha nominato Nunzio Apostolico in Papua Nuova Guinea Mons. Michael W. Banach, Arcivescovo tit. di Memfi.

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    P. Neuhauss: israeliani e palestinesi ascoltino l'invito di pace del Papa per la Terra Santa

    ◊   La Chiesa di Gerusalemme, con le sua aspettative e le sue difficoltà, è stata ieri al centro dell’attenzione di Papa Francesco, che ha ricevuto in udienza il Patriarcato latino della Città santa, intrattenendosi a colloquio con il patriarca Fouad Twal. Tra i presenti, vi era anche il gesuita, padre David Neuhauss, vicario patriarcale per i cattolici di espressione ebraica. Alessandro De Carolis gli ha chiesto un’impressione sull’incontro con Papa Francesco:

    R. – Il Patriarca ha sottolineato il fatto che il Papa è un uomo di ascolto e ha notato anche che il Papa sa molto del Medio Oriente: è molto, molto informato della nostra situazione. Noi abbiamo sempre la speranza che il Papa, con la sua voce e la sua autorità morale, possa dare il suo contributo al dialogo tra le diverse parti.

    D. – Lei, in particolare, si occupa dei cattolici di provenienza ebraica e di quelli integrati nella società, che parla la lingua ebraica...

    R. – E’ una piccola minoranza quella di provenienza ebraica; tantissimi altri sono parenti di ebrei, operai stranieri, che cercano asilo in Israele. C’è anche il fenomeno, non molto conosciuto, ma che pure esiste, dei bambini arabi, palestinesi arabi, formati ed educati nelle scuole ebraiche, che conoscono quasi unicamente l’ebraico. Il nostro vicariato, quindi, che è a lavoro con queste popolazioni, ha una comunità di fedeli molto diversificata.

    D. – Che tipo di esperienza umana e spirituale vivete con queste persone?

    R. – La prima cosa è provare a fare la trasmissione di fede. I genitori, molto spesso, conoscono bene la fede e hanno vissuto la fede in una comunità cristiana. Il nostro lavoro principale è fare Chiesa con questi bambini, nella lingua che loro capiscono meglio: la lingua ebraica. Noi dobbiamo trovare il modo per proclamare chiaramente, con autenticità, la nostra fede in lingua ebraica. Questo vuol dire anche vivere un profondo dialogo con gli ebrei, con la tradizione ebraica. Siamo chiamati anche a vivere in unità profonda con i fedeli di lingua ebraica e di lingua araba. Quando mi sono presentato al Papa ho detto ieri: “Non sono solo gesuita fra i diocesani, ma sono anche ebreo fra gli arabi”.

    D. – C’è un dato preoccupante, recentemente ribadito dal Centro islamo-cristiano, che riguarda il calo inarrestabile dei cristiani, che ormai sono ridotti nei territori palestinesi intorno all’1 per cento. Il Patriarcato come affronta questa situazione?

    R. – Questa è sempre una grande preoccupazione del Patriarcato. Dobbiamo sottolineare che questo non avviene solo per la migrazione, per cui i migliori di noi lasciano il Paese e cercano un futuro migliore per i loro bambini altrove, ma c’è anche un’altra causa molto, molto importante: le nostre famiglie sono molto più piccole di quelle musulmane ed ebraiche; siamo la parte della popolazione che ha una formazione migliore e scegliamo di non fare troppi bambini. Quindi, non credo che noi ci si debba focalizzare troppo sulle statistiche. Le statistiche sono importantissime, non c’è dubbio, ma credo che dobbiamo essere molto consapevoli che la nostra vocazione è quella di essere un piccolo gruppo, una piccola Chiesa, fatta per la grande maggioranza.

    D. – Di recente vi siete espressi contro la decisione di Hamas di vietare le classi miste. Qual è la posizione della vostra Chiesa in merito?

    R. – Noi siamo preoccupati anche per questo. Non vogliamo questa segregazione, specialmente nelle scuole cattoliche e questo tocca la situazione a Gaza. Noi vogliamo che i nostri bambini ricevano un’educazione secondo lo spirito della Chiesa. Devo dire, però, che esiste un dialogo con le autorità di Hamas: i capi di Hamas riconoscono il valore della scuola cattolica a Gaza e anche fra i capi ci sono quelli che mandano lì i loro bambini. Noi, quindi, abbiamo sempre la speranza del dialogo e siamo sempre ottimisti. Siamo chiamati, infatti, ad essere ottimisti ed una comunità di speranza.

    D. – La situazione mediorientale è stata evocata all’Urbi et Orbi di Papa Francesco la mattina di Pasqua, con un appello a ritrovare – ha detto – la concordia, che da troppo tempo manca tra israeliani e palestinesi. Qual è il suo auspicio?

    R. – Che la voce del Papa sia ascoltata. Sono convinto che i due popoli siano convinti che sia arrivato il tempo. Il discorso, però, non è un discorso di pace. Noi, dunque, dobbiamo pregare che i nostri capi politici comincino un discorso di pace e di giustizia. Tutti parlano solo della vittoria, ma qui dobbiamo trovare il modo di parlare con rispetto e comprensione verso l’altro, per arrivare a quello che il Papa vuole e che noi tutti vogliamo.

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    A Nazareth una dimora per dare aiuto materiale e spirituale alle famiglie del mondo

    ◊   Nascerà a Nazareth, dove l’umanità ha conosciuto il modello della Santa Famiglia che tutti possono apprezzare e emulare, il Centro Internazionale di spiritualità, evangelizzazione e formazione pastorale dedicato proprio alla Famiglia. Sarà attrezzato con un auditorium, spazi per conferenze, alloggi, oltre che con una Chiesa e un centro pastorale. Per volere di Benedetto XVI, il Centro, configurato giuridicamente come Fondazione Vaticana, è stato affidato al Rinnovamento nello Spirito Santo e oggi si avvia alla realizzazione. A presentarlo questa mattina una conferenza in Sala Stampa Vaticana. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    L’intuizione fu del Beato Giovanni Paolo II, nel 1997 a Rio de Janeiro: voleva un segno di incoraggiamento per le famiglie del mondo affinché si rinnovassero dal profondo ispirandosi al modello della Sacra Famiglia. Benedetto XVI ha dato poi concretezza al sogno benedicendo, nel 2009, la prima pietra dell’erigendo Centro Internazionale Famiglia di Nazareth sulla sommità della collina che domina la cittadina e la basilica dell’Annunciazione. Nelle sue parole, quel giorno, c’era già il senso profondo del progetto. Le ha ricordate oggi alla stampa mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia:

    “Proprio a Nazareth, Papa Benedetto XVI affermava: ‘Preghiamo affinché esso promuova una forte vita familiare in questa regione, offra sostegno e assistenza alle famiglie ovunque e le incoraggi nella loro insostituibile missione nella società’. E ancora: ‘Abbiamo tutti bisogno di tornare a Nazareth, modello di ogni vita familiare cristiana’ ”.

    Sarà dunque un centro di spiritualità e formazione, sarà un Osservatorio permanente in collaborazione con chi lavora a sostegno della famiglia, come le Conferenze episcopali, le università, le istituzioni internazionali, i Movimenti e le Associazioni. Ma sarà soprattutto un supporto per le difficoltà materiali delle famiglie a partire da quelle della Terra Santa:

    “Fu proprio la famiglia di Nazareth che dovette subire sin dall’inizio il dramma della emigrazione in Egitto. E’ un fatto, un segno, particolarmente importante in un mondo come quello attuale, dove molte famiglie sono costrette a vivere in maniera precaria. Credo sia particolarmente importante avere lì un segno che le famiglie non devono andare via ma sono accolte”.

    Il Centro deve poi avviare un importante raccordo tra Nazareth e tutte le famiglie del mondo e sottolineare alcuni aspetti fondamentali. Ancora mons. Paglia:

    “Il ruolo cardine dell’istituto familiare nella costruzione della società umana, la famiglia - padre, madre e figli - la famiglia cristiana, soggetto della missione evangelizzatrice della Chiesa e anche - come lo è stato lungo la storia - fermento delle famiglie che i tecnici chiamano “normo-costituite”. C’è bisogno, poi, di un’attenzione ai diversi soggetti che formano anche la famiglia e in tutto questo di recuperare la centralità della Parola di Dio”.

    "Desideriamo che il Centro divenga un luogo privilegiato per la diffusione del Vangelo della famiglia, una vetrina di tutto il bello il buono, il vero, il giusto che la famiglia propone e testimonia al mondo": così Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito e responsabile della neonata Fondazione vaticana:

    “Questo tempo, attanagliato da crisi, sta invocando un’umanità più fraterna, più a misura di famiglia prima che a misura di Stati e di mercati. Allora, se ci vuole una famiglia, ne consegue che ci vuole anche una casa, perché una casa non indica soltanto socialmente l’esistenza di una famiglia, ma una casa segnala anche spiritualmente la forza dell’amore che genera vita. Ecco perché vogliamo che la profezia della famiglia di Nazareth non si spenga nel cuore delle nazioni e delle nuove generazioni”.

    A Nazareth, dove risiede il 40% dei cristiani di Terra Santa e dove tutto è cominciato, tutto può ricominciare contagiando di nuovo amore e non solo famiglie del mondo. Ne ha parlato mons. Giacinto Bulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele a Nazareth:

    “Noi sappiamo che la pace tra le religioni, tra le culture, tra i Paesi, parte dalla pace della persona, dal cuore e dalla famiglia. Una delle pietre che costruiscono la pace è la famiglia, forse è anche la pietra più consistente e più forte, più valida per costruire la pace di cui abbiamo bisogno in Terra Santa. Ben venga dunque questa nuova Fondazione, questo nuovo centro, per costruire la famiglia e per costruire la pace”.

    A sostegno delle famiglie, presentato in conferenza stampa anche un portale per ora on-line, in lingua solo italiana, un portale di servizi cui collaboreranno esperti di vari settori, per rispondere alle esigenze e ai problemi quotidiani che affronta una famiglia, ma anche portale che deve essere occasione per le famiglie stesse per conoscersi e aiutarsi reciprocamente.

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    20.mo del Catechismo: nel corpo e nell'anima dell'uomo c'è l'immagine di Dio

    ◊   L'uomo è veramente se stesso solo in relazione con i suoi simili, poiché Dio stesso - che lo ha creato a Sua immagine e somiglianza - è relazione all'interno della Trinità. Su questo concetto si sofferma il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, nella 22.ma puntata del suo ciclo di riflessioni dedicate al Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, a 20 anni dalla sua pubblicazione:

    La dignità dell’uomo e della donna scaturisce dal fatto che sono creati “a immagine di Dio”. Il Catechismo ci dice che “soltanto l’uomo è chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la vita di Dio” (n. 356). Le altre creature, p.es. i bellissimi uccelli o i nostri cani, simpatici e fedeli, lodano Dio con la loro stessa esistenza, ma non sono capaci di conoscerlo ed amarlo. Esse rispecchiano la grandezza del Creatore, ma non sono creati alla sua immagine.

    Cosa vuol dire essere creati a immagine di Dio? E molto interessante che nel libro della Genesi si legge: “E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine” (1,26). Abbiamo qui il verbo “facciamo” – al plurale. Alcuni Padri della Chiesa vedevano qui un dialogo intimo fra le Persone divine. Siamo dunque creati all’immagine della comunione trinitaria: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Questo vuol dire che diventiamo le persone umane soltanto in relazione con altri. Nessuno potrebbe essere uomo senza relazionarsi con l’altro. Non c’è personalità senza il suo aspetto sociale.

    L’espressione “a immagine di Dio” può essere riferita anche al Mistero del Verbo, in cui trova vera luce il mistero dell’uomo. Dio creando l’uomo e la donna vide Gesù Cristo, il Figlio incarnato. In Gesù infatti si rivela l’uomo nella sua pienezza. “Il secondo Adamo [cioè Cristo] plasmò – come disse san Pietro Crisologo – il primo Adamo e gli impresse la propria immagine” (CCC 359).

    La persona umana è l’unità dell’anima e del corpo, cioè dello spirito e della materia. Alla dignità dell'“immagine di Dio” partecipa non soltanto l’anima, ma anche il corpo, destinato alla risurrezione come corpo celeste. Allora, “non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale” (CCC 364). Dio vuole salvare tutto l’uomo con la sua dimensione spirituale, ma anche quella corporea.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lo Spirito non si addomestica: messa del Papa a Santa Marta.

    Gli auguri di Papa Francesco a Benedetto XVI per il suo ottantaseiesimo compleanno. In cultura, Maurizio Gronchi e un articolo del direttore (per l'ultimo numero della rivista "Vita e Pensiero") sui volumi dedicati dal Pontefice emerito alla figura e al messaggio di Gesù di Nazaret.

    Papa Francesco nel cuore della gente: il cardinale Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, sul primo mese di pontificato.

    L'arcivescovo Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, inaugura - all'ambascita di Germania presso la Santa Sede - un dipinto dedicato a Benedetto XVI.

    Primavera infranta: in rilievo, nell'informazione internazionale, il sanguinoso attentato dinamitardo durante la maratona di Boston. Il cordoglio del Santo Padre.

    Devastante terremoto nel sudest del'Iran.

    Nel nascondiglio di Bab el-Gasus: Alessia Amenta a colloquio con Christian Greco sulla mostra - da loro curata insieme a Hélene Guichard - "Sarcofagi dei sacerdoti di Amon" (dal 20 aprile al 15 settembre a Leida, in Olanda), che racconta un'eccezionale scoperta di fine Ottocento.

    Dio mai abbandona: Giuliano Vigini su Joseph Malègue e Papa Francesco.

    E' la Chiesa che deve andare verso il mondo: nell'informazione religiosa, l'arcivescovo di Brisbane, Mark Coleridge, su Vaticano II e nuova missione.

    Non per i giusti ma per i peccatori: l'arcivescovo Krzysztof Jozef Nykiel, reggente della Penitenzeria apostolica, sulla fede della Chiesa nella Divina misericordia.

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    Oggi in Primo Piano



    Violentissimo terremoto in Iran: si teme una strage

    ◊   Una violentissima scossa di terremoto, pari a 8.0 gradi sulla scala Richter ha colpito l’area al confine tra Iran, Afghanistan e Pakistan. Il sisma è stato avvertito in tutta l’Asia ed in Medio Oriente. Nella Repubblica islamica la scossa avrebbe provocato almeno 80 vittime, ma il bilancio potrebbe salire drammaticamente. Da New Delhi, il servizio di Maurizio Salvi:

    L’epicentro del sisma è stato localizzato in una regione desertica e poco abitata a circa 200 km a sud-est della località iraniana di Zahedan abitata soprattutto da popolazioni di etnia baluchi. Va detto che la stessa Zahedan è vicina al confine iraniano con il Pakistan e l’Afghanistan. La scossa è stata violentissima tanto da essere avvertita in tutta la regione dell’Asia meridionale fino ai Paesi del Golfo Persico dove molti grattacieli sono stati evacuati per precauzione. In India il fenomeno è stato avvertito con maggiore chiarezza negli Stati nord-occidentali come il Punjab. A New Delhi, dove la notizia è stata data in tempo reale, numerosi edifici hanno tremato anche se la popolazione non si è riversata nelle strade come in precedenti occasioni.

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    Assemblea vescovi francesi. Mons. Podvin: no a radicalizzazioni su unioni gay

    ◊   Si è aperta oggi l’Assemblea plenaria dei vescovi francesi, che dovrà rinnovare alcune istituzioni della Conferenza episcopale francese. Questa assemblea, rimandata a causa del Conclave, si tiene mentre è molto acceso il dibattito in Francia sul progetto di legge che riguarda “il matrimonio per tutti”. Dopo l’adozione al Senato, il 12 aprile scorso, il progetto di legge del governo sarà esaminato all’Assemblea generale non più alla fine di maggio, come inizialmente previsto, ma già domani, in vista di un’adozione definitiva. Gli oppositori del progetto, riuniti nel collettivo “La manifestazione per tutti”, che avevano programmato una protesta per il 26 maggio, hanno moltiplicato i cortei lo scorso fine settimana a Parigi e anche in altre città della provincia, in un’atmosfera di grande tensione. Hélène Destombes della nostra redazione francese, ne ha parlato con mons. Bernard Podvin, segretario della Conferenza episcopale francese:

    R. – Il faut être determinés evidemment…
    Dobbiamo essere determinati nella difesa dei nostri valori. Si tratta soprattutto di non “svendere” ciò in cui si crede. Ma tutto questo deve avvenire serenamente, nella non violenza, nel rispetto dell’altro: quando si agisce in nome di Cristo si deve rispettare l’altro. Ringrazio veramente tutti coloro che affermano i propri valori, che dicono ciò in cui credono, facendolo nella pace. Bisogna resistere a ogni estremismo perché, ahimè, quando ci si trova in una società che vive una crisi sociale e morale è facile che ciascuno possa mettere in campo la propria strumentalizzazione, la propria tensione esasperata: il confronto vero deve situarsi nella pace. C’è un vivo dispiacere da parte dei cattolici, dei loro vescovi, di vedere come l’occasione di un voto sia caduta così in basso e come l’assenza di dibattito - così spesso invocato dai vescovi e da tanti altri - stia purtroppo portando cattivi frutti perché quando non si discute nella società su temi così importanti perché la coesione sociale è fragile, tutto questo porta con sé la violenza. Bisogna condannare queste violenze, condannarle assolutamente, non dobbiamo avallarle. Bisogna rispettare la democrazia rappresentativa: è molto importante. I cristiani devono rispettare la democrazia. E allo stesso tempo devono ravvivare questa democrazia e pretendere dai politici che ascoltino la gente perché il non-ascolto ferisce profondamente tantissime persone.

    D. – Lo vediamo nelle reti sociali, è un momento carico di violenza, anche tra i cattolici… Come spiegare questa radicalizzazione? E’ la sensazione di non essere ascoltati? Sembra quasi che qualcosa si sia rovesciato …

    R. – Oui, vous avez raison, quelque chose…
    Sì, ha ragione, qualcosa si è rovesciato dal punto di vista dell’incomprensione. Il cuore di un pastore deve sempre essere vigile su queste radicalizzazioni, non bisogna mai incoraggiarle perché la radicalizzazione dentro il nostro cuore non può essere una buona consigliera, tanto più che non dobbiamo vergognarci delle nostre idee; le nostre idee sono fondate su valori che trascendono assolutamente questo dibattito e quindi a più forte ragione dobbiamo restare sereni: quello che conta è la determinazione. Quando si conduce un dibattito etico e spirituale con determinazione bisogna tanto più mostrare che c’è serenità. So che non è facile perché le ferite sono aperte e ci sono molti altri fattori di cui tener conto: la disoccupazione, la disorganizzazione, una crisi morale molto grave che attraversa la società... Ma non bisogna lasciarsi trascinare da queste situazioni; dobbiamo invece dimostrare che i nostri valori si fondano nel Vangelo e che siamo dalla parte di chi difende la vita, quella più fragile. Bisogna lavorare sulla coesione sociale il più possibile: da settimane e settimane ripetiamo che la coesione sociale è fragile, e quando è fragile non si introducono riforme così profonde.

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    Giornata mondiale contro la schiavitù infantile. Primo Rapporto Ue sulla tratta

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale contro la schiavitù infantile, nel nell’anniversario della morte Iqbal Masih, il bambino di 12 anni ucciso nel 1995 dalle mafie tessili del Pakistan perché ne aveva denunciato le pratiche di sfruttamento. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Oltre 400 milioni i bambini nel mondo costretti a lavorare, sfruttati e vessati dagli adulti. Secondo stime di organismi umanitari la forza lavoro minorile supera ancora oggi il 10% della manodopera a livello globale. Fiorente anche la tratta e il mercato della prostituzione minorile. E non solo nel sud e nei Paesi più poveri del pianeta, ma anche nella ricca e civile Europa, dove il traffico di esseri umani è in aumento, come documenta il primo Rapporto in materia pubblicato ieri dalla Commissione europea.

    “E’ difficile immaginare che nei nostri Paesi, liberi e democratici - sottolinea Cecilia Malmstrom commissaria europea per gli Affari Interni - decine di migliaia di esseri umani possano essere privati della libertà e sfruttati, scambiati come merci a fine di lucro”. Eppure, esiste dal 2011 una direttiva anti-tratta, in scadenza il 6 aprile scorso ma recepita solo 6 Stati su 27. E se le vittime, identificate o presunte, della tratta nell’Unione Europea sono state, tra il 2008 e il 2010, 23.632, in crescita del 18%, sono calate invece del 13% le condanne dei trafficanti. Cresce dunque l’impunità di un reato tanto odioso, che colpisce donne (68%), uomini (17%), ragazze (12%) e ragazzi (3%), vittime di prostituzione (62%), lavori forzati (25%) e altre attività criminali, perfino vendite di minori e prelievo di organi. Oltre il 60% proviene dagli stessi Stati membri, per lo più Romania e Bulgaria, per il resto da Africa (14%), da Asia (6%) e da America Latina (5%). Non è più possibile ignorare “un reato tanto aberrante”, ammonisce Cecilia Malmstrom, sollecitando tutti i Paesi dell’Ue ad adottare le nuove norme anti-tratta di tipo penale, di sostegno alle vittime, di prevenzione.

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    Allarme dei sindacati: "Servono 2,7 miliardi per la cassa in deroga”

    ◊   Per il 2013, il governo italiano deve trovare 2,7 miliardi per la Cassa integrazione in deroga, che copre circa 700 mila lavoratori. È la stima fornita dai sindacati che questa mattina hanno tenuto un manifestazione unitaria davanti a Montecitorio per chiedere il rifinanziamento di questo ammortizzatore sociale. Dopo l’incontro con i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso, nel pomeriggio i leader dei sindacati Camusso (Cgil), Bonanni (Cisl) e Angeletti (Uil) incontreranno il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, per discutere le proposte per il reperimento delle risorse che potrebbero essere inserite nel Documento di economia e finanza calendarizzato per il 30 aprile. Marco Guerra ne ha parlato con Giuliano Cazzola, già dirigente del Ministero del lavoro ed esperto di politiche sociali:

    R. – Si è arrivati a questa situazione perché la crisi morde ancora, rispetto anche a previsioni che potevano essere, non dico più lusinghiere, ma quantomeno migliori. La difficoltà che si incontra nel provvedere alla cassa integrazione in deroga deriva dal fatto che essa è totalmente a carico dello Stato e quindi in questa situazione di finanza pubblica le risorse vanno trovate e non è facile trovarle. Bisogna tenere conto però che la riforma Fornero prevedeva un impianto costruito su fondi di solidarietà finanziati dalle categorie interessate che non è stato attivato, perché le parti sociali ovviamente soldi da spendere non ne hanno. Però, non possiamo avere un sistema di tutela del reddito per cui l’impresa medio-grande si paga la cassa integrazione e per quella piccola la paga lo Stato.

    D. – La cassa integrazione non copre tutte le realtà…

    R. – La cassa integrazione copre tra il 42 e il 50% dei dipendenti e la cassa integrazione in deroga è diventata lo strumento per finanziare la sospensione del lavoro per quei settori che ne sono privi. La riforma del lavoro del ministro Fornero prevedeva che anche in questi settori scoperti venissero inseriti meccanismi di autofinanziamento da parte delle parti interessate.

    D. – In realtà, quindi c’è stato un tentativo di uniformare il sistema di welfare per non creare lavoratori di "serie a" e lavoratori di "serie b"…

    R. – La riforma Fornero istituisce – seppure gradualmente andrà a regime nel 2016 – l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) che diventa uno strumento di tutela della disoccupazione tendenzialmente universale, il quale certo non è che copra ancora tutti. Poi, c’è la promozione di fondi di solidarietà nei settori che sono scoperti, che vedono il pagamento e le prestazioni da parte dei soggetti che danno lavoro in quei settori o che ricevono la prestazione.

    D. – Molto spesso, i sindacati o alcune parti sociali temono che dietro una riforma si celino meno tutele…

    R. – Questo in un certo senso è vero, perché la riforma Fornero prevede a regime una copertura che va dai 12 ai 18 mesi, a seconda dell’età del lavoratore. La sfida è quella di riuscire a mettere in campo politiche attive del lavoro che facciano sì che chi perde il lavoro ne trovi subito un altro. Ovviamente, se questa sfida si perde, è chiaro che si è costretti ad andare indietro.

    D. – Un governo nel pieno delle funzioni è auspicabile anche per questa situazione?

    R. – Un governo nel pieno delle sue funzioni ha innanzitutto il dominio dei conti pubblici e se c’è bisogno fa una manovra. Quindi, o trova le risorse per le emergenze – come la questione degli esodati e la cassa in deroga – o vede se ci sono margini con tagli di spesa e con risparmi in altri settori, o altrimenti fa una manovra correttiva. Però, ci vuole un governo che abbia la contezza e la possibilità di governare i conti pubblici.

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    Migrazioni, tra dialogo e crisi finanziaria. Mons. Tomasi: "Coinvolte oltre un miliardo di persone"

    ◊   Il fenomeno delle migrazioni richiede l'inizio di un dialogo tra le civiltà. Questa è stata una delle conclusioni del convegno “Dialogo interculturale e migrazioni” che si è svolto ieri alla Pontificia Università Lateranense, con la partecipazione, tra gli altri, di mons. Silvano Maria Tomasi, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Ascoltiamo il servizio di Davide Maggiore:

    “Favorire l’idea di un diritto internazionale capace di operare una riconciliazione”: con questo auspicio il rettore dell’Università Lateranense, mons. Enrico Dal Covolo ha aperto il convegno. “La mobilità umana - ha ricordato ancora mons. Dal Covolo – riguarda persone, che attendono atteggiamenti solidali e capacità di accoglienza secondo giustizia”. Grande attenzione è andata al ruolo giocato dalla globalizzazione nei fenomeni migratori, un argomento su cui si è soffermato in particolare il direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, l’ambasciatore William Lacy Swing:

    "We live in an era of unprecedented human mobility: there are more …
    Viviamo in un’era di mobilità umana senza precedenti: più che in ogni altra epoca della storia, ci sono tantissime persone in movimento, persone che attraversano i confini o si spostano anche soltanto all’interno dei loro stessi Paesi. Il secondo punto è che purtroppo in molti Paesi c’è stata una reazione al contrario, che quindi ha reso difficile gli spostamenti, sostanzialmente a causa della crisi finanziaria globale, delle misure anti-terrorismo originate dagli attentati dell’11 settembre e poi anche a causa delle difficoltà create dalla disoccupazione giovanile."

    È quindi essenziale, ha proseguito l’ambasciatore, dialogare e incidere sull’opinione pubblica per mostrare che nella storia le migrazioni sono state un fenomeno positivo. Nel confrontarsi con esso, la Chiesa ha avuto e continua ad avere un ruolo fondamentale. Così lo ha descritto l’ambasciatore Swing:

    "The Church has a very significant role to play: they are very good partners …
    La Chiesa ha un ruolo molto importante; è un partner significativo per tutti noi che lavoriamo nel campo delle migrazioni. Prima di tutto porta un messaggio positivo, e cioè che dobbiamo aiutare le migrazioni, ma al tempo stesso afferma la necessità di opporsi al traffico delle persone, e cerca anche di proteggere le vittime del traffico, dando loro tutela e assistenza, e così via…"

    Questo elemento è stato sottolineato anche da mons. Silvano Tomasi:

    “Molte comunità religiose e altre organizzazioni cattoliche si sono impegnate e si stanno impegnando continuamente a riscattare specialmente le donne e i bambini che sono oggetto della tratta di persone provvedendo spazi dove possono essere accolti. Poi la sensibilizzazione dell’opinione pubblica che viene fatta continuamente dalla Chiesa aiuta i governi a provvedere misure che possano prevenire questo problema che anche dal punto di vista economico è un affare che viene subito dopo la questione degli armamenti”.

    Come è stato ricordato durante il convegno, anche Papa Francesco ha più vote richiamato l’attenzione su questi temi, definendo in particolare la tratta degli esseri umani “la schiavitù più estesa” in questo secolo. Ascoltiamo ancora mons. Tomasi:

    “Il Santo Padre Francesco ha espresso già questa sua sensibilità verso questa categoria enorme di persone: parliamo di più di un miliardo di persone tra migranti e rifugiati migranti interni, persone vittime della tratta,. Quindi, è un settore strategico della pastorale della Chiesa che deve essere sostenuto e che l’azione e la sensibilità umana e cristiana del Santo Padre rafforzerà”.

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    Bologna. Il cardinale Ruini presenta il suo ultimo libro "Intervista su Dio"

    ◊   Quasi un ritorno a casa ieri sera a Bologna per il cardinale Camillo Ruini che ha partecipato alla presentazione del suo ultimo libro "Intervista su Dio. Le parole della fede, il cammino della ragione", scritto con il giornalista Andrea Galli pubblicato da Mondadori. Dal 1977 al 1983 l’allora don Camillo Ruini insegnò infatti dogmatica allo Studio teologico accademico del capoluogo emiliano. Ieri il ritorno per offrire una riflessione sulla fede e sul credere arricchita anche dalla lunga esperienza come Vicario del Papa per la diocesi di Roma e come presidente della Conferenza episcopale italiana. Da Bologna Luca Tentori.

    “Dio è stato l’interlocutore di tutta la mia vita; non solo di fede, ma anche di preghiera e di studio. Questa può sembrare una cosa curiosa, ma in Dio ho sempre creduto e non ho mai seriamente dubitato”. Ha i toni di una confidenza la parola del cardinale Camillo Ruini, Vicario emerito per la diocesi di Roma, alla presentazione del suo ultimo libro a Bologna. Di fronte a un pubblico a lui familiare ha illustrato le ragioni che lo hanno convinto a scrivere su Dio:

    “Ho scritto sia per i credenti, per rendere più consapevole la loro fede, perché non abbiamo una cultura cresciuta e una fede che è rimasta bambina; sia per coloro che sono in ricerca ma che vogliono delle motivazioni migliori e più consistenti. Più difficile il discorso degli indifferenti: per loro più che un libro serve la testimonianza della vita”.

    “Il discorso su Dio - ha detto il teologo milanese mons. Pierangelo Sequeri intervenuto all’incontro – non coinvolge solo la domanda filosofica sul tutto o sul niente, ma anche quella, ancora più fondamentale, sull’amore e sull’odio. Niente può sostituire questo interrogativo che tocca da vicino i nostri affetti più cari e più sacri”. Il preside della Facoltà teologia dell’Italia settentrionale ha poi toccato uno dei punti emersi con forza dal testo del cardinal Ruini:

    “Non è l’uomo che fa la religione; la religione ha inventato l’uomo. Noi siamo fatti dalla religione a tal punto che volenti o nolenti possiamo anche prendere distanza dall’esperienza di Dio, ma in quel momento cambia e si stravolge anche il nostro umanesimo, perché la religione è la nostra matrice. Tu puoi prendere le distanze e prendere le distanze dalla madre, ma anche questo è un modo per entrare in contatto con essa”.

    “Questo libro ha il merito di rendere Dio ancora più credibile all’uomo spaesato del nostro tempo. Dio è ancora possibile, ci dice, anche se non è più così scontato nel nostro mondo”. E’ questo il pensiero invece di Sergio Belardinelli, ordinario di sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’università di Bologna, anch’egli intervenuto ieri nell’incontro bolognese:

    “La secolarizzazione può anche essere una grande opportunità per la cultura cristiana e cattolica. La secolarizzazione potrebbe configurarsi come un effetto della cultura cristiana. L’autore ci fa vedere che proprio nel mondo secolarizzato si liberano delle opportunità per ricominciare a prendere molto sul serio il tema di Dio”.

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    Seminario sulle radio digitali: finita l''epoca delle onde, il futuro è Dab

    ◊   Concluso a Riva del Garda il primo Seminario sull'esperienza della radio digitale in Europa e Italia. Promosso dalla Provincia di Trento, in collaborazione con Trentino Network, la prima regione italiana a sperimentare la radio digitale, e il club Dab Italia, il Seminario ha analizzato presente e futuro del settore. Gran Bretagna, Norvegia, Svizzera e Germania sono Paesi dove la radio digitale è ormai una realtà. Italia e Francia le prossime tappe europee per il Dab+, un sistema che trasforma la radio in una tecnologia ibrida, con possibilità di ascolto di emittenti in FM, Dab+ e WiFi da web. Luca Collodi ne ha parlato a margine del seminario di Riva del Garda con Paolo Guana, ricercatore e imprenditore della radio digitale.

    R. - Il Dab (Digital Audio Broadcasting) rappresenta un’esperienza quasi indispensabile per l’utente di oggi, in quanto è un nuovo modo di ascoltare musica molto simile alla qualità del Cd, dove viene molto facilitata soprattutto la ricerca delle stazioni che non avviene più con dei numeri, ma avviene semplicemente attraverso il nome.

    D. - Quando si ascolta la radio via Dab, le persone spesso sono incerte su cosa significhi e su come si ascolti…

    R. - Con il Dab+ si riesce ad avere molte più stazioni sulla stessa antenna trasmissente, con un notevole risparmio energetico e quindi in maniera molto ecologica. La varietà dei programmi può essere estremamente ampliata.

    D. - Per ascoltare una radio in Dab, non solo musica ma anche parlato, servono però delle radio nuove rispetto a quelle che oggi sono in commercio…

    R. - Sì. Stiamo parlando di radio digitali, però la caratteristica obbligatoria di tutte le radio digitali deve esser sempre anche la buona, cara vecchia FM, in maniera da poter sempre ascoltare quelle che sono le novità - quindi i nuovi programmi - ma anche il programma locale della “radio amica”.

    D. - Spesso, non è facile reperire ancora queste radio sul mercato italiano, mentre all’estero queste radio vanno ormai per la maggiore…

    R. - Questo è dovuto al fatto che in Italia la regolamentazione impone il produttore la modifica dei ricevitori. Comunque, possiamo dire che oltre 50 modelli sono in distribuzione in quasi tutti i negozi ed in quasi tutte le città d’Italia. E poi, c’è sempre Internet.

    D. - Qual è la situazione ad oggi delle radio in Dab, lo sviluppo di questa radiofonia…

    R. - Più che altro, è il consumatore che sta decidendo il trend. Noi ci aspettiamo di vedere i ricevitori per la radio digitale in tutti gli smartphone e nei cellulari, nelle autovetture nel giro di pochissimo tempo. Non si tratta quindi tanto di un problema di radio a casa, dove comunque c’è Internet, ma è soprattutto un problema di radio e di dati in movimento. La radio digitale permette di fruire di tantissimi dati, soprattutto utili alla navigazione in sicurezza in auto, e al contempo di approfondire argomenti tramite un collegamento bluetooth o via cellulare. Questa si chiama “radio ibrida”. Quindi, il futuro è della “radio ibrida”.

    D. - Il Dab è un’opportunità per i grandi network, le emittenti commerciali, o anche per le radio comunitarie e per le radio locali?

    R. - Il Dab è un’opportunità un po’ per tutti: sicuramente i grandi network, soprattutto se riuniti in consorzio, hanno risparmi enormi. Per la radio locale, c’è la possibilità di fare dei contenuti innovativi, fare sperimentazione e approcciare il consumatore in modo decisamente innovativo.

    D. - Quindi, la radio Dab sarà in stretto contatto anche con lo sviluppo della rete di internet…

    R. - Assolutamente sì. Le due cose vanno di paro passo, non c’è una conflittualità tra la radio Dab e la radio Internet, anzi c’è una sinergia molto profonda. In più, non dimentichiamoci che il Dab porta anche testi che scorrono e immagini che girano. Un’esperienza molto più ricca.

    D. - La situazione delle radio digitali in Europa e in Italia è molto differente?

    R. - Assolutamente sì. Questo è dovuto al fatto che all’estero ci sono gli operatori di rete - società che si occupano di mettere “in aria” i segnali - e le radio fanno i contenuti. Quindi, cambiare o innovare all’estero diventa molto semplice. In Italia la competizione è fatta da editori che si occupano anche della messa in onda, quindi la situazione in Italia è molto più frammentata e molto più complessa. Di certo, in Inghilterra ci aspettiamo per la fine dell’anno la data di spegnimento delle FM, per quanto riguarda i grandi network; la Norvegia ha già deciso lo spegnimento delle FM per il 2017. Ci sono tanti Paesi che stanno seguendo questo trend, per esempio la radio digitale in Svizzera è già arrivata ad oltre un milione di ricevitori con una penetrazione decisamente importante e la Germania la sta seguendo a ruota. In Italia siamo messi piuttosto bene: abbiamo una copertura di tutto il Nord Italia - tutto l’asse autostradale, dal Brennero fino a Torino, da Venezia fino a Rimini - con una trentina di programmi, poi c’è logicamente Roma, Napoli ed altre città. Però c’è tanta voglia di innovazione e voglia di fare.

    D. - Quindi cambierà il modo di ascoltare la radio. Radio digitale, Internet e sparirà l’onda media e l’onda corta…

    R. - Diciamo che l’onda media e l’onda corta sono stati rimpiazzate da Internet, nel senso che le web radio assolvono a quella che è l’esigenza di ascoltare in Italia programmi giapponesi, piuttosto che quelli delle Isole di Tonga...

    D. - Quindi FM e radio digitale saranno il futuro dell’ascolto della radio in Italia, oltre al web, alla rete…

    R. - Sicuramente sì.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Appello delle Agenzie Onu: fermate il massacro in Siria

    ◊   Fermare “le crudeltà e carneficine” in corso in Siria: è l’appello congiunto che cinque organismi delle Nazioni Unite hanno rivolto alla comunità internazionale. In una nota comune i rappresentanti di Unicef, Oms, Ocha, Pam e Unhcr hanno criticato quello che definiscono uno “scarso senso di urgenza da parte dei governi e le parti che potrebbero contribuire a porre fine alle crudeltà e carneficine in atto”. I firmatari - riporta l'agenzia Misna - riconoscono che “i bisogni aumentano notevolmente” e che l’assistenza umanitaria “non riesce neanche lontanamente a soddisfare le esigenze dei civili in fuga o intrappolati nel conflitto”. Inoltre le agenzie sottolineano di non stare chiedendo fondi “che pure sarebbero necessari”, ma “un’azione concreta per aiutare il popolo siriano e salvare l’intera regione dal disastro”. Intanto in Siria, il presidente Bashar al Assad ha decretato un’amnistia generale per i crimini commessi prima del 16 aprile 2013 che commuta le sentenze alla pena capitale in ergastolo e lavori forzati. Il decreto – precisa l’agenzia stampa Sana, non si applica ai reati di contrabbando, insubordinazione e a detenzione di stupefacenti. Dall’inizio della rivolta contro il governo di Damasco nel marzo 2011 – degenerata in guerra civile che ha finora causato migliaia di morti – il presidente ha approvato diverse amnistie. Sono ancora decine di migliaia tuttavia, secondo le associazioni per i diritti umani, i detenuti nelle carceri del Paese. Dal canto suo, l’opposizione denuncia nuovi bombardamenti su diversi quartieri di Damasco e l’uccisione di civili tra cui bambini. Tra le zone colpite, secondo l’Osservatorio per i diritti umani con sede a Londra, ma che gode di una fitta rete di contatti tra medici e attivisti, ci sono i quartieri di Qaboon e Jobar, a nord-est della capitale, non lontano dalla piazza Abasseyeen. (R.P.)

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    Siria. Il neo amministratore apostolico di Aleppo: "Impedire l'arrivo delle armi"

    ◊   “Impedire l’arrivo ed il flusso di armi all’interno del Paese, istituire un coprifuoco in vista della ripresa del dialogo tra le parti in lotta per giungere il più presto possibile alla pace”. A chiederlo è padre Georges Abou Khazen, nominato ieri da Papa Francesco amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis del vicariato apostolico di Aleppo, in sostituzione di mons. Giuseppe Nazzaro, che ha presentato le dimissioni per raggiunti limiti di età. “Più armi ci sono in giro, più morti vedremo. Ci sono Paesi che si arricchiscono con il commercio di armi, ma non si può costruire la propria fortuna a scapito della vita degli altri. Qui è in gioco la vita di decine di migliaia di persone”. “La popolazione di Aleppo, la città - dichiara all'agenzia Sir - è allo stremo, così come tutta la Siria. È difficile muoversi, spostarsi, comunicare, reperire cibo. Quasi impossibile arrivare ai cimiteri per seppellire i morti. La gente cerca di industriarsi come può per andare avanti, chi può parte per altre destinazioni. Una situazione che mina la speranza di molti, anche tra i nostri cristiani, che tuttavia non si arrendono e cercano di ricostruire relazioni e ponti di amicizia”. Per il nuovo amministratore apostolico, infatti, “una delle priorità per la Siria è la ricostruzione morale, la riconciliazione tra il popolo. Ricostruire coi mattoni è più semplice” afferma al Sir il francescano. “La popolazione, sia di fede islamica che cristiana, è messa a dura prova dalla violenza di tante bande fondamentaliste. Una sofferenza comune che - conclude il neo amministratore apostolico - potrebbe unire anziché dividere. Preghiamo perché la speranza di pace non ci abbandoni mai”. (R.P.)

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    Centrafrica: calma apparente a Bangui dopo gli scontri tra popolazione e ribelli

    ◊   “Calma precaria”. Così il quotidiano locale “Journal de Bangui” definisce la situazione della capitale della Repubblica Centrafricana. Un bilancio di 20 morti e decine di feriti è il triste epilogo di un fine settimana segnato da duri scontri a Bangui tra la popolazione locale e i ribelli. Il nuovo potere della ribellione Seleka ha svolto operazioni militari di recupero di armi e munizioni. Intanto - riporta l'agenzia Misna - si svuotano i quartieri della città, soprattutto Boy-Rabe e Ouango. Gli sfollati si trovano ora dall’altra riva del fiume Oubangui o all’Ospedale dell’Amicizia, altri hanno raggiunto la confinante Repubblica del Congo. Proprio a Boy-Rabe e Ouango è andato mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, denunciando: “Questi due quartieri sono completamente bloccati per le operazioni di sequestro delle armi in mano ad elementi incontrollati. Ma le operazioni sono andate fuori controllo. Ho visto di persona automobili riempite delle povere cose rubate alla popolazione che passano in bella vista di fronte a tutti per le strade della città”. Il vescovo - riferisce l'agenzia Fides - ha fatto un appello ai nuovi dirigenti: “I poveri sono già poveri non si può prendere anche quel poco che hanno. Chi ha preso ora il potere nel Paese deve prendersi le proprie responsabilità e fermare tutto questo”. Ha chiesto perdono alla nazione il neo presidente Michel Djotodia, accusando di nuovo il predecessore François Bozizé: “Ha distribuito armi, divise militari e machete ai propri sostenitori che ora uccidono la gente e se la prendono con elementi della Seleka”. A tre settimane dal colpo di stato è stato annunciato il dispiegamento di 1.000 elementi della Forza Multinazionale dell’Africa Centrale (Fomac). Il portavoce del ministero degli Esteri di Parigi, Phillippe Lalliot, ha espresso il pieno sostegno della Francia alla Comunità economica degli stati dell’Africa centrale, che si riunirà il 18 aprile a N’Djamena. Secondo il governo francese, l’organismo regionale “deve chiarire quanto prima, con il sostegno dell’Unione Africana, le condizioni di uscita di crisi e di una transizione consensuale”. E la soluzione politica consisterebbe nel ripartire dagli accordi di Libreville firmati l’11 gennaio 2013 tra la Seleka e l’amministrazione dell’ex presidente Bozizé. Secondo Lalliot, la transizione dovrà “creare un esercito, una polizia, una gendarmeria in grado di garantire la sicurezza delle persone e mettere in piedi un’amministrazione”. (E.S.)

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    Pronta risoluzione Onu dopo la decisione di ritirare le truppe ciadiane dal Mali

    ◊   Il parlamento di N’Djamena ha chiesto all’unanimità un “piano di ritiro progressivo e in tempi ragionevoli” delle Forze armate ciadiane dispiegate in Mali. “Abbiamo pagato un pesante tributo a questa nobile missione – ha dichiarato il primo ministro Joseph Djimrangar Dadnadji - 36 soldati sono morti e altri 74 sono rimasti feriti”. Finora - riporta l'agenzia Misna - le operazioni militari sarebbero costate al Paese circa 87 milioni di euro, con un dispiegamento di 2.250 uomini e 240 veicoli militari, per sostenere le truppe maliane e francesi contro gli estremisti islamici nella riconquista dei territori settentrionali. “L’esercito ciadiano non è in grado di sostenere il tipo di guerriglia che sta emergendo nel nord del Mali – ha commentato il presidente ciadiano Idriss Deby Itno in un’intervista ai giornalisti francesi – quindi i nostri soldati torneranno in Ciad. Hanno compiuto la loro missione”. Parigi ha annunciato la scorsa settimana il ritiro delle proprie truppe: da più di 4.000 uomini, entro la fine dell’anno ne resteranno 1.000. Dovrebbe però essere rafforzata la presenza dei soldati dei Paesi dell’Africa occidentale per la Missione internazionale a sostegno del Mali (Misma). La Francia ha dunque presentato un progetto di risoluzione che entro fine mese sarà sottoposto al voto dei 15 Stati membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il testo prevede di impiegare fino a 12.600 Caschi blu per la creazione di una forza di peacekeeping per il Mali, da dispiegare per il 1° luglio. La Minusma, che dovrebbe essere la quarta più importante missione dell’Onu, avrà un mandato iniziale di un anno, con un costo stimato di 800 miliardi di dollari l’anno. In caso di minaccia seria ai Caschi blu, in futuro potrebbe essere autorizzato anche l’intervento dei soldati francesi. (E.S.)

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    Usa: continua l’azione dei vescovi per una regolamentazione del commercio delle armi

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti esortano l’Amministrazione americana ad impegnarsi attivamente per la rapida ratifica del primo Trattato internazionale sulla compravendita internazionale delle armi convenzionali, approvato il 2 aprile scorso da una storica risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu. Una lettera in tal senso è stata indirizzata al Segretario di Stato John Kerry dal Presidente della Commissione episcopale della Giustizia e della Pace internazionale, mons. Richard E. Pates. “Come leader mondiale e grande esportatore di armi il nostro Paese dovrebbe dare l’esempio ad altri Paesi impegnandosi a ridurre il flusso di armi dove avvengono violazioni dei diritti umani e che causano terribili sofferenze”, si legge nella missiva. Il Trattato, che sarà sottoposto a ratifica a giugno, non disciplina il possesso e l’uso delle armi all’interno dei singoli Stati, ma li obbliga a legiferare sul commercio di quelle convenzionali, in modo da contrastare la compravendita internazionale di armi che finiscono in mano a terroristi e alla criminalità organizzata. Ogni Stato che lo ratificherà avrà quindi l’obbligo di non vendere armi a tutti i Paesi oggetto di embargo internazionale, o considerati a rischio di atti di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità e di contrastare il mercato nero delle armi. La lettera di mons. Pates rileva che, anche se “non perfetto”, il testo approvato è un “passo importante” verso un sistema responsabile di commercio internazionale delle armi. Inoltre, ricorda che, come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica “le autorità pubbliche hanno il diritto e il dovere” di regolamentare questo mercato. Sono 154 i Paesi che hanno dato il via libera alla regolamentazione internazionale del commercio delle armi e 23 quelli che si sono astenuti. Contro la risoluzione, bocciata solo dalla Siria, dalla Corea del Nord e dall’Iran, si sono mobilitate invece le lobby americane delle armi, in particolare la National Rifle Association impegnata anche nella battaglia interna contro l’approvazione della nuova legge voluta dall’Amministrazione Obama sul controllo delle armi. Una legge vivamente sollecitata dall’episcopato che nei giorni scorsi ha chiesto ai senatori di sostenere il testo di compromesso presentato al Senato (che prevede l'estensione dei controlli di idoneità per chi acquista armi) “per costruire una cultura della vita con politiche che riducano la violenza delle armi e salvino le vite delle persone”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Il card. Bagnasco preoccupato per la situazione lavorativa a Genova

    ◊   Preoccupante la situazione occupazionale a Genova, positiva invece la vicenda di Fincantieri a Sestri Ponente: così il cardinale Angelo Bagnasco vicino ai lavoratori. “Ringraziamo il Signore e tutte le persone responsabili che si sono attivate con fiducia e con determinazione per poter affrontare e superare i gravissimi problemi di Fincantieri perché oggi, a distanza di tempo, veramente possiamo dire che c’è una grande luce, un grande sbocco”. Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, a margine della Messa celebrata stamattina presso lo stabilimento, ha commentato l’accordo di programma che prevede per la Fincantieri l’inizio della costruzione di una nuova nave a partire dal 2014. Il card. Bagnasco - riferisce l'agenzia Sir - ha poi ringraziato gli operatori, i dipendenti e gli operai dell’azienda, ricordando l’impegno messo dalla politica per sbloccare la situazione dei cantieri genovesi, sottolineando “il grande impegno dell’amministratore ing. Bono”. Resta però preoccupante la situazione lavorativa e occupazionale a Genova. Amt e Selex hanno presentato infatti un piano di esuberi. Il card. Bagnasco ha fatto presente come anche in queste aziende ci sia la necessità che le maestranze e le persone responsabili siano sempre più unite e disposte a “ragionare insieme per trovare soluzioni”. “Credo fermamente - ha proseguito - che come è stata salvata questa situazione si possano salvare anche le altre”. Una riflessione del porporato ha toccato la politica genovese: “C’è troppa vischiosità su alcune situazioni che riguardano la nostra realtà”. Secondo il card. Bagnasco si potrebbero invece creare delle situazioni positive nuove e in tempi rapidi, e riguardo alla situazione politica, economica e occupazionale locale ha affermato che “ci sono delle lentezze che non sono comprensibili per la gente, perché non ci devono essere”. Un ultimo pensiero è andato alla situazione politica nazionale, con l’auspicio che il prossimo capo dello Stato sia una persona di grande onestà, e alla famiglia, non solo un ammortizzatore sociale ma soprattutto un luogo per rigenerarsi attraverso fiducia e autostima. (E.S.)

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    Argentina: la “rivoluzione silenziosa” dei giovani nel portare soccorso durante il nubifragio

    ◊   Un esercito silenzioso di giovani, impegnati notte e giorno a fare il giro casa per casa, a portare cibo, conforto e il necessario per sopravvivere in un momento d’emergenza. E’ quanto è accaduto a Buenos Aires durante il nubifragio che ha colpito la città nei primi giorni di aprile. A ricordare questa “rivoluzione silenziosa” sono stati i vescovi ausiliari di La Plata, mons. Nicolas Baisi e mons. Alberto Bochatey. Nella nota inviata all'agenzia Fides, mons. Baisi ha spiegato che "tutti quelli che potevano hanno aiutato i senzatetto, ma il lavoro eccezionale lo hanno svolto centinaia di giovani volontari che hanno lavorato senza tregua, insieme a tutti coloro che sono stati devastati dalla tragedia". "Ancora una volta, i giovani volontari hanno dimostrato con il loro esempio eroico che ciò che guida la storia non è la guerra, ma l'amore", ha detto Mons. Baisi. Il vescovo ha anche ricordato che visitando diversi Centri di aiuto tra parrocchie, scuole, e perfino la cattedrale di La Plata, ha potuto constatare e verificare personalmente che i volontari hanno sperimentato la gioia di dare, di confortare e di animare. Mons. Alberto Bochatey Osa, ha raccontato, invece, che “l’alluvione ha colpito anche il seminario di La Plata, dove nel seminterrato c’erano cinque metri d'acqua. Tuttavia c'è stato un rapido intervento di soccorso che ha consentito a molti, circa un centinaio di persone, di rifugiarsi nel seminario e utilizzarlo per la notte”. (G.F.)

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    Repubblica Dominicana: il card. Lopez Rodriguez denuncia il narcotraffico nel Paese

    ◊   Il card. Nicolas de Jesus Lopez Rodriguez, arcivescovo di Santo Domingo, ha definito un fatto “gravissimo” l’enorme quantità di droga sequestrata di recente nel Paese, perché a suo parere significa che "vi sono molte persone che sono coinvolte nel narcotraffico e che i grandi cartelli stanno cercando di usare il nostro Paese come luogo di transito della droga destinata ad altri Stati. Sono veramente allarmato da questa realtà” afferma il cardinale in una nota pervenuta all'agenzia Fides. “Nel nostro Paese non c'è abbastanza consumo da giustificare la quantità di droga che arriva dal Centro America o dal Sud America, per cui sembra che sia destinata ad essere inviata in altri Paesi". Il card. Rodriguez ha comunque elogiato gli organismi di sicurezza locali. "In tutta onestà, dobbiamo dire, che le nostre forze dell’ordine hanno inferto colpi duri e precisi ai gruppi organizzati e se forse non hanno sequestrato tutta la droga che transita da noi, hanno fatto un grande sforzo, soprattutto in questi ultimi giorni ". Solo nella settimana scorsa sono stati sequestrati più di 500 chilogrammi di cocaina nella periferia della capitale. Secondo i dati pubblicati dalla stampa locale, nel 2012, sono stati sequestrati circa 10 tonnellate di droga che faceva tappa nell’isola lungo la rotta tra America del Sud e Nord America. (R.P.)

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    India: nel Chhattisgarh bruciata una chiesa dai fondamentalisti indù

    ◊   Non c’è pace per i cristiani nello Stato indiano del Chhattisgarh, in India centrale. Lo Stato, al confine con gli stati di Orissa e Madhya Pradesh, si delinea come uno di quelli in cui la violenza di noti gruppi estremisti indù sta creando maggior problemi alle minoranze religiose, con attacchi continui verso i cristiani, accusandoli di “conversioni forzate”. Alcuni giorni fa una piccola chiesa è stata data alle fiamme nel distretto di Kondagaon in Chhattisgarh. Come ricorda all’agenzia Fides una nota della “Evangelical Felloship of India”, denominazione che riunisce diverse comunità cristiane evangeliche, un anno fa i cristiani nel villaggio Chhote Salna avevano costruito una cappella, con legno e paglia. L'edificio è stato dato alle fiamme la notte del 2 aprile, e i fedeli locali non hanno potuto fa nulla per domare le fiamme. Il terreno per la costruzione della chiesa è stato donata da un fedele locale, e la cappella era luogo di culto per diverse famiglie sparse nel distretto. Il giorno dopo l’incendio i credenti sono stati pubblicamente insultati e minacciati dai fondamentalisti indù del villaggio, appartenente al “Vishwa Hindu Parishad”, che li hanno accusati di convertire le persone con la frode e con la seduzione. I fedeli hanno sporto denuncia alla polizia locale. Fonti di Fides ricordano che il 13 marzo scorso, nel distretto di Jagdalpur, in Chhattisgarh, un gruppo di fondamentalisti indù, insieme con alcuni agenti di polizia, ha demolito una chiesa, sostenendo fosse edificata in modo illegale. Un altro episodio di intimidazione è avvenuto nel distretto di Balrampur Ramanujganj, sempre in Chhattisgarh. Alla fine di marzo, mentre una comunità di fedeli cristiani era riunita in preghiera nel villaggio di Nagra, una folla istigata da fondamentalisti indù ha interrotto la riunione accusando i cristiani di promuovere “conversioni forzate con mezzi fraudolenti”. Anche la polizia locale, intervenuta sul posto, ha chiesto agli organizzatori ad interrompere l'incontro. Come riferito a Fides, i cristiani, ribadendo il desiderio “di pace e di libertà di culto”, hanno inviato al Primo ministro del Chhattisgarh un appello per la salvaguardia dei diritti delle minoranze e delle chiese, chiedendo di intraprendere un'azione immediata contro gli autori delle violenze. (R.P.)

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    Iraq: il Patriarcato caldeo incoraggia i cristiani a partecipare alle prossime elezioni

    ◊   Un incoraggiamento a partecipare alle imminenti elezioni provinciali e a formulare proposte serie e positive per contribuire al bene comune è stato rivolto a tutti i cristiani iracheni dal patriarcato di Babilonia dei Caldei, alla cui guida si è insediato dallo scorso 6 marzo il nuovo patriarca Louis Raphaël I Sako. In un comunicato, firmato da padre Albert Husham Zarazeer e giunto all'agenzia Fides, il responsabile delle comunicazioni del patriarcato caldeo esprime la persuasione che “i cristiani iracheni, i quali hanno radici profonde in Iraq e hanno giocato un ruolo rilevante nella sua costruzione, parteciperanno in molti alle elezioni locali dei consigli provinciali”. Secondo il testo diffuso dal Patriarcato caldeo la partecipazione alle consultazioni elettorali rappresenta “un compito nazionale essenziale”. I cristiani vengono incoraggiati “a adempierlo con coscienza”, in base alle proprie convinzioni e senza esitazioni, nella consapevolezza che la partecipazione alla vita politica nell'attuale momento storico “contribuisce a promuovere la pace” e a fare dell'Iraq la “Patria di tutti” gli iracheni. Allo stesso tempo – sottolinea padre Husham in una “chiarificazione” inviata alla Fides - “il patriarcato distingue il lavoro politico dal lavoro ecclesiale. Se c'è qualcuno che li mette insieme, lo fa assumendosene la responsabilità personalmente. Una realtà e una istituzione estesa come la Chiesa caldea non può coinvolgersi direttamente nel lavoro politico e nelle divisioni che esso comporta, perchè ciò avverrebbe a scapito della sua missione evangelica. Il lavoro politico è di competenza dei laici”. Le elezioni provinciali sono in programma per i prossimo 20 aprile. Nell'imminenza della consultazione elettorale – la prima dopo la partenza delle truppe Usa, conclusasi nel dicembre 2011 – il Paese è stato investito da nord a sud da una nuova ondata di attentati terroristici che solo nella giornata di ieri hanno provocato almeno 50 vittime e centinaia di feriti. Nell'ultimo mese il patriarca caldeo Mar Louis Raphaël I Sako ha incontrato tutti i personaggi della scena politica nazionale (è imminente anche un suo viaggio in Kurdistan per un colloquio con il Presidente della regione del Kurdistan iracheno Ma'sud Barzani) e a tutti ha rinnovato l'appello a lavorare per la pace e la concordia sociale, indicati come beni prioritari da tutelare pur nel confronto tra diverse posizioni e interessi politici. (R.P.)

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    Spagna: in corso a Madrid i lavori dell'Assemblea della Conferenza episcopale

    ◊   Da ieri è in corso a Madrid, fino al 19 aprile, l’Assemblea di primavera della Conferenza episcopale spagnola. Nel suo intervento inaugurale, il card. Antonio M. Rouco Varela, ha messo in risalto il significato e l’importanza della rinuncia di Benedetto XVI al Pontificato e il lavoro dei cardinali elettori in Conclave, che hanno eletto Jorge Mario Bergoglio come nuovo Vescovo di Roma. Dopo aver sottolineato l’interesse suscitato in tutto il mondo da questi avvenimenti, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, ha ricordato che, nel 2006, l’allora card. Bergoglio aveva condotto un corso di esercizi spirtuali ai vescovi spagnoli. Più tardi, il card. Rouco ha avuto occasione di incontrarlo a Buenos Aires, in Argentina. A proposito di questi incontri, il card. Rouco ha messo in risalto del card. Bergoglio, da una parte la sua profonda conoscenza degli esercizi di Sant’Ignazio e, dall’altra, la sua gentilezza e ospitalitá a Buenos Aires. Durante il suo intervento il card. Rouco ha affrontato poi alcune questioni in agenda dell’Assemblea. Per il 13 ottobre é prevista a Tarragona una cerimonia di beatificazione di circa 500 martiri spagnoli della guerra civile, per la quale i vescovi renderanno pubblico un messaggio a tutto il Paese. Durante l’Assemblea, i vescovi prendono in esame le diverse edizioni del catechismo destinate a bambini e adolescenti, e un documento sui rapporti tra religiosi e vescovi. Il cardinale Rouco Varela ha affrontato poi alcune questioni sociali ed etiche, che preoccupano la Chiesa in Spagna, tra le quali le conseguenze, nella popolazione e soprattutto presso i giovani, dell’attuale crisi economica, la crisi della natalitá e delle famiglie, la legislazione sul matrimonio, l’esercizio del diritto all’educazione religiosa, alla scuola, e la partecipazione dei laci alla vita politica. Mons. Renzo Fratini, nunzio apostolico in Spagna, ha rivolto un breve saluto all’Assemblea. Nel suo intervento ha fatto riferimento alle parole pronunciate dal card. Bergoglio nel pre-Conclave, in particolare sulla tendenza all’autoreferenzialitá nella Chiesa, che porta al narcisismo. Ha detto: “Il Papa ci ricorda che dobbiamo uscire, evangelizzare e costruire la Chiesa portando la croce, annunciando Gesù Cristo nelle periferie”. Ed ha aggiunto, sempre citando le parole del Papa ai cardinali: “La Chiesa, quando é autoreferenziale, senza rendersene conto, pensa di avere una sua luce, e cosí smette di essere il “misterium lunae”, cadendo in questo modo in un grave errore, qual é quello della mondanitá spirituale. Vale a dire, quel modo di vivere compiacendosi gli uni agli altri”. Questa Assemblea dei vescovi spagnoli, è la 101.ma della sua storia. (Dalla Spagna, padre Ignacio Arregui)

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    Palermo: in cattedrale le spoglie di don Pino Puglisi che sarà beatificato il 25 maggio

    ◊   Le spoglie mortali di Don Pino Puglisi sono state trasportate dal cimitero Sant'Orsola nella cattedrale di Palermo. Si tratta - riporta l'agenzia Ansa - del primo atto che precede la prossima celebrazione del rito della beatificazione del parroco di Brancaccio - ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 nel giorno del suo del suo 56mo compleanno - che si terra' il prossimo 25 maggio nello stadio comunale Renzo Barbera. L'estumulazione e' stata compiuta dalla commissione diocesana nella Cappella della Congregazione dei SS. Euno e Giuliano. Le operazioni di ricognizione sono state completate nell'adiacente chiesa di Santo Spirito. Il corpo di don Puglisi, infine, e' stato posto in una nuova cassa. Erano presenti, fra gli altri, il vescovo ausiliare di Palermo mons. Carmelo Cuttitta, delegato del cardinale arcivescovo Paolo Romeo, insieme a don Vincenzo Talluto e mons. Giuseppe Oliveri, e il medico legale Livio Milone, nominato dalla Fondazione Camposanto di Santo Spirito il cui presidente Francesco Di Paola auspica che ''l'azione pastorale di don Pino, possa costituire valido esempio di educazione alla fede e alle nuove generazioni nel respingere ogni forma di violenza''. La causa per il riconoscimento del martirio di don Puglisi e' stata iniziata a livello diocesano nel 1998, a cinque anni dal delitto, per volere del card. Salvatore De Giorgi, allora arcivescovo di Palermo. La raccolta di documenti e testimonianze si e' conclusa il 6 maggio 2001, e dalla fine di settembre l'incartamento e' stato all'esame della Congregazione per le cause dei Santi in Vaticano. (R.P.)

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    Irlanda: iniziative dei vescovi per la 50.ma Giornata mondiale delle vocazioni

    ◊   Si intitola “Voci sulle vocazioni” (“Vocation Voices”) la nuova iniziativa di promozione vocazionale promossa dalla Conferenza episcopale irlandese per la 50.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebra domenica prossima, 21 aprile. Si tratta di una serie di testimonianze in video in cui diversi sacerdoti e vescovi raccontano come sono arrivati al sacerdozio e come hanno vissuto la loro vocazione. Tra gli intervistati mons. Donal McKeown, vescovo ausiliare di Down e Connor e mons. Jim Cassin, segretario esecutivo del Consiglio per l’educazione dei vescovi. In vista dell’evento, i vescovi irlandesi hanno inoltre messo in rete sul sito dell’episcopato www.catholicbishops.ie, diverso altro materiale per le parrocchie. Esso comprende il Messaggio del Papa emerito Benedetto XVI per la Giornata, pubblicato lo scorso ottobre; alcune citazioni di Papa Francesco sulle vocazioni; spunti per le omelie di questa domenica; link utili per chi vuole più informazioni sulle vocazioni, ma anche materiale per social network. Sempre nell’ambito della Giornata, domenica 28 aprile il Saint Patrick College di Maynooth, il Seminario nazionale irlandese, ospiterà un Open Day in cui giovani interessati al sacerdozio potranno vivere l’esperienza di una giornata tipo in un seminario e incontrare seminaristi e formatori per saperne di più. Il tema scelto per questa 50.ma edizione della Domenica delle vocazioni – lo ricordiamo - è “Le vocazioni un segno di speranza fondato sulla fede”, che come spiegato nel Messaggio di Papa Benedetto XVI “ben si inscrive nel contesto dell’Anno della fede e nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II”. (L.Z.)

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    Sudan: ragioni amministrative dietro l'espulsione del segretario dei vescovi

    ◊   Ci sono “questioni di carattere amministrativo e non una decisione di colpire la Chiesa cattolica” dietro l’espulsione del segretario generale della Conferenza episcopale del Sudan, padre Santino Maurino: lo dicono fonti dell'agenzia Misna a Khartoum, confermando d’altra parte le informazioni fornite nei giorni scorsi dal religioso. Al centro della vicenda ci sono le attività di un Centro della Chiesa cattolica per l’insegnamento dell’arabo, nato nel 1986 come servizio ai missionari in arrivo in Sudan ma divenuto negli ultimi anni una struttura frequentata quasi solo da docenti e studenti laici. “La struttura è stata chiusa – spiegano le fonti – perché nelle nuove condizioni avrebbe dovuto operare sulla base di un’autorizzazione del governo che invece non è mai stata chiesta”. Secondo questa ricostruzione, “l’espulsione di padre Maurino e dei due missionari lasalliani che gestivano il Centro per conto della Conferenza episcopale è il frutto di una lacuna amministrativa e non interviene a mutare i rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo”. Questa versione è stata confermata alla Misna dal vescovo ausiliare di Khartoum, mons. Daniel Adwok. “L’evoluzione del Centro – aggiunge il religioso – è anche il riflesso del ridursi del numero dei cristiani in Sudan legato alla nascita di uno Stato indipendente del Sud”. (R.P.)

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    Morto don Oreste Basso, tra i più stretti collaboratori di Chiara Lubich. Il cordoglio del Papa

    ◊   Don Oreste Basso, focolarino tra i più stretti collaboratori di Chiara Lubich fin dagli anni ‘50, si è spento all’età di 91 anni nella notte fra sabato e domenica 14 aprile. Nella sua lunga vita ha ricoperto funzioni di grande responsabilità nel governo del Movimento dei Focolari, diventando testimone eloquente del carisma dell’unità. Ordinato sacerdote nel 1981, considerava il ministero come servizio e chiamata ad un amore più grande. Fu eletto Copresidente del Movimento nel 1996, esercitando un ruolo fondamentale al momento della morte della fondatrice (14 marzo 2008) e durante la successiva Assemblea generale (luglio 2008) che avrebbe eletto colei che doveva succedere a Chiara Lubich nella presidenza, un inedito assoluto per i Focolari. Don Oreste Basso era nato a Firenze il 1° gennaio 1922 e aveva conosciuto i Focolari nel 1949 a Milano, dove esercitava la professione di ingegnere e collaudatore di motori di locomotive in una grossa industria. In quegli anni difficili del dopoguerra la spiritualità e la vita del Movimento imperniata sul Vangelo sono state per lui la scoperta di una forza che, con altre, avrebbe ridato al mondo pace, progresso, speranza. Nel 1951 costituì insieme ad altri amici il primo focolare maschile del capoluogo lombardo. Dalla fine degli anni ’50 Chiara Lubich lo chiamò al Centro del Movimento, nei Castelli Romani, dove ha svolto le sue funzioni in uno spirito di servizio, facendo sperimentare a chi lo incontrava il senso della famiglia. Dal mondo intero stanno giungendo al Centro dei Focolari messaggi di partecipazione e di profonda gratitudine per l’infaticabile lavoro svolto da don Oreste Basso al servizio della Chiesa, nel Movimento, e per la sua vita limpidamente evangelica. Un messaggio è giunto anche dal Vaticano: "Il Santo Padre desidera far pervenire all'intero Movimento dei Focolari - si legge nel testo a firma del segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone - l'espressione del suo profondo cordoglio". Si ricorda poi "il generoso servizio ecclesiale di così zelante sacerdote, che seppe prodigarsi nell'annuncio gioioso del Vangelo e nella solerte testimonianza della carità". I funerali di don Oreste Basso sono stati celebrati ieri pomeriggio presso il Centro internazionale del Movimento dei Focolari di Rocca di Papa. (T.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 106

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.