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Sommario del 14/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Regina Caeli: la Chiesa annunci con coraggio Cristo risorto, vicina ai cristiani perseguitati
  • Piazza San Pietro, 80 mila fedeli: Papa Francesco trasmette la gioia di una santità vicina
  • Tweet del Papa: adorare Dio significa spogliarci dei nostri idoli nascosti
  • Messa del Papa a San Paolo fuori le Mura. Intervista con l'abate Power
  • Il card. Amato proclama Beato don Luca Passi, testimone dell'amore di Cristo per i piccoli e i poveri
  • Oggi in Primo Piano

  • La testimonianza di Susan Dabbous dopo il rientro dalla Siria: non è più una guerra civile
  • Presidenziali in Venezuela, sfida tra Maduro, delfino di Chavez, e Capriles, leader dell'opposizione
  • Per la prima volta la Croazia al voto per scegliere i rappresentanti del Parlamento Europeo
  • Violenze anticristiane in Egitto. Padre Ianniello: cultura e solidarietà per promuovere la convivenza
  • Giornata dell'Università Cattolica. Bignardi: giovani non rassegnati di fronte alla crisi
  • “Green generation”: docufilm sulle energie alternative
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: almeno 10 bambini morti in un raid aereo contro un sobborgo di Damasco
  • L'arcivescovo maronita di Damasco: l’alternativa dei cristiani siriani è morire o fuggire
  • Gaza: incendiata scuola cristiana della Sacra Famiglia
  • Somalia: attentato suicida a Mogadiscio, almeno 5 morti
  • I vescovi del Québec: ridistribuire la ricchezza e potenziare l’inclusione sociale
  • Antille. Entra nel vivo la plenaria dei vescovi dei caraibi: cresimati 700 fedeli
  • Plenaria dei vescovi spagnoli a Madrid
  • Slovacchia: promozione di fede e verità al centro del pellegrinaggio dei media cattolici
  • Una scuola cattolica per le popolazioni dimenticate del Nepal
  • Siglato accordo tra Jrs e Acnur per l’istruzione superiore dei rifugiati
  • Nasce a Londra il Forum per il supporto spirituale dei disabili intellettivi
  • Kiev, attesi pellegrini da tutto il mondo per il Battesimo della Rus'-Ucraina
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Regina Caeli: la Chiesa annunci con coraggio Cristo risorto, vicina ai cristiani perseguitati

    ◊   Grande folla di fedeli, almeno 80mila, anche oggi in Piazza San Pietro per il Regina Caeli di Papa Francesco in una stupenda giornata primaverile. Al centro del discorso del Pontefice la pagina degli Atti degli Apostoli che si legge nella Liturgia di questa Terza Domenica di Pasqua. Il servizio di Sergio Centofanti:

    "Cari fratelli e sorelle, buongiorno!".

    E' il saluto ormai consueto con cui il Papa si rivolge ai tanti fedeli riuniti in Piazza San Pietro. La pagina biblica citata dal Pontefice riferisce che "la prima predicazione degli Apostoli a Gerusalemme riempì la città della notizia che Gesù era veramente risorto, secondo le Scritture, ed era il Messia annunciato dai Profeti". I sommi sacerdoti e i capi della città cercano di stroncare sul nascere la comunità dei credenti e fanno imprigionare gli Apostoli, ordinando loro di non insegnare più nel suo nome. Ma Pietro e gli altri Undici rispondono: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù … lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore… E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo»". Gli Apostoli vengono flagellati e gli viene nuovamente imposto "di non parlare più nel nome di Gesù". Ma essi se ne vanno, "lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi" a causa del Signore.

    Il Papa si chiede dove abbiano trovato i primi discepoli "la forza per questa testimonianza" e da dove venisse "la gioia e il coraggio dell’annuncio, malgrado gli ostacoli e le violenze". "Non dimentichiamo - ha affermato il Papa - che gli Apostoli erano persone semplici, non erano scribi, dottori della legge, né appartenenti alla classe sacerdotale. Come hanno potuto, con i loro limiti e avversati dalle autorità, riempire Gerusalemme con il loro insegnamento?":

    "E’ chiaro che solo la presenza con loro del Signore Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto. E’ il Signore che era con loro e lo Spirito che li spingeva alla predicazione spiega questo fatto straordinario. La loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui, testimoniandolo con la vita”.

    Questa vicenda della prima comunità cristiana - ha proseguito - "ci dice una cosa molto importante, che vale per la Chiesa di tutti i tempi, anche per noi":

    "Quando una persona conosce veramente Gesù Cristo e crede in Lui, sperimenta la sua presenza nella vita e la forza della sua Risurrezione, e non può fare a meno di comunicare questa esperienza. E se questa persona incontra incomprensioni o avversità si comporta come Gesù nella sua Passione: risponde con l’amore e con la forza della verità”.

    Il Papa ha quindi chiesto l’aiuto di Maria affinché "la Chiesa in tutto il mondo annunci con franchezza e coraggio la Risurrezione del Signore e ne dia valida testimonianza con segni di amore fraterno":

    "L’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare del fatto che Gesù è con noi vivo, che Gesù è risorto. Preghiamo in modo particolare per i cristiani che soffrono persecuzione: ma in questo tempo, ci sono tanti cristiani che soffrono persecuzioni, tanti, tanti in tanti Paesi! Preghiamo per loro con amore, dal nostro cuore: sentano la presenza viva e confortante del Signore Risorto".

    Dopo il Regina Caeli, Papa Francesco ha ricordato che ieri, a Venezia, è stato proclamato Beato Don Luca Passi, sacerdote bergamasco del 1800, fondatore dell’Opera laicale Santa Dorotea e dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea:

    “Rendiamo grazie a Dio per questa testimonianza di questo Beato!”

    E oggi – ha detto ancora - in Italia si celebra la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema «Le nuove generazioni oltre la crisi»:

    "Questo Ateneo, nato dalla mente e dal cuore di Padre Agostino Gemelli e con un grande sostegno popolare, ha preparato migliaia e migliaia di giovani ad essere cittadini competenti e responsabili, costruttori del bene comune. Invito a sostenere sempre questo Ateneo, perché continui ad offrire alle nuove generazioni un’ottima formazione, per affrontare le sfide del tempo presente”.

    Infine ha salutato “con affetto tutti i pellegrini presenti, provenienti da tanti Paesi", le famiglie, i gruppi parrocchiali, i movimenti, i giovani e, in particolare, il pellegrinaggio della diocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, con l’arcivescovo Buoncristiani. Un pensiero speciale ha rivolto anche per i ragazzi e le ragazze "che si stanno preparando alla Cresima”. Quindi il saluto finale:

    “A tutti voi buona domenica a tutti e buon pranzo!”.

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    Piazza San Pietro, 80 mila fedeli: Papa Francesco trasmette la gioia di una santità vicina

    ◊   Ascoltiamo le voci di alcuni fedeli - ce ne erano circa 80 mila in Piazza San Pietro - raccolte da Eugenio Bonanata. Riflettono sul Pontificato di Papa Francesco e sulle parole sentite al Regina Caeli, in particolare la preghiera per i cristiani perseguitati:

    R. – Penso che sia un messaggio importante da mandare a queste Chiese … Ultimamente, c’è il problema della Nigeria, dei cristiani che vengono perseguitati. Per cui, penso che sia opportuno che se ne parli e anche molto spesso.

    R. – Ce ne sono tanti, anche fra di noi!

    D. – Però, il cristiano – dice il Papa – è chiamato alla gioia …

    R. – Sì, certo, il cristiano deve avere gioia. Però, ci sono troppi ancora Caino contro Abele, persone cattive che vogliono solo fare del male …

    D. – Cosa vi colpisce di questo Papa?

    R. – Tutto. Basta guardarci: siamo proprio pieni, pieni di gioia dentro! Questo è quello che ti trasmette questo Papa.

    R. – La gioia di annunciare Gesù Cristo e il fatto che coinvolge tutti, giovani e anziani, ad andare avanti con forza.

    R. – Bisogna avere gioia, perché con la gioia si va avanti. Se ci si intristisce, poi non si va più avanti!

    R. – Insomma, tutta questa gente che ha osannato il Papa e il Signore, naturalmente: è la fede che si sta svegliando!

    R. – Le sue parole, certo che arrivano, perché sono semplici.

    R. – Io non sono mai venuta a vedere il Papa: è la prima volta.

    R. – Tanti giovani, tanti anziani, anche persone disabili in mezzo a tutta questa calca … e ci ha colpito molto … e ci è piaciuto molto, il Papa …

    D. – Da dove venite?

    R. – Arriviamo da Bologna.

    R. – Noi veniamo da Napoli.

    R. – Pisa.

    R. – Lagonegro.

    R. – Potenza. Siamo due pullman.

    R. – Veniamo da Torino.

    R. – Dalla Lombardia.

    R. – Da Pompei.

    R. – Dalla Sardegna. Ripartiamo questa sera stessa, alle otto.

    D. – Siete venuti apposta per vedere il Papa?

    R. – Apposta, sì. Per me è stata la prima volta. E’ stata una cosa bella! Lo sentivo proprio, di dover venire qua …

    R. – Questo, evidentemente, è legato anche al fatto che non c’è una santità lontana, no? E’ una santità vicina …

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    Tweet del Papa: adorare Dio significa spogliarci dei nostri idoli nascosti

    ◊   Due nuovi tweet di Papa Francesco, al termine del Regina Caeli: “Ricordiamolo bene tutti – si legge nel primo - non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita”. Nel secondo tweet, il Pontefice scrive che “adorare Dio vuole dire imparare a stare con Lui, spogliarci dei nostri idoli nascosti, metterlo al centro della nostra vita”. L'account Twitter del Papa in nove lingue conta circa 5 milioni e 430 mila follower.

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    Messa del Papa a San Paolo fuori le Mura. Intervista con l'abate Power

    ◊   Papa Francesco lascerà oggi alle 17.00 il Vaticano per recarsi nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per la solenne Celebrazione eucaristica in occasione della presa di possesso come Vescovo di Roma della Chiesa che custodisce la tomba di San Paolo. Ad accoglierlo tutta la comunità benedettina con l’abate Edmund Power che, al microfono di Fabio Colagrande, ci descrive quanto avverrà nel pomeriggio:

    R. – E’ previsto che il Santo Padre arrivi, come tutti i Papi, al quadriportico, nella parte della facciata principale della Basilica e, dopo aver salutato la comunità, che lo accoglierà in quel luogo, si vestirà con i paramenti sacri. Ci sarà poi la grande processione per entrare. La nostra Basilica è enorme e dunque ci aspettiamo una grande folla. Arrivato alla Confessio, dove si trova la tomba dell’apostolo Paolo, ci sarà un momento di venerazione e quindi la Santa Messa. Lui presiederà la Messa dal trono, nell’abside, essendoci più spazio. Si può, infatti, così usare tutta la Basilica per i fedeli. Alla fine forse ci sarà anche un momento dedicato alla venerazione dell’icona della Madonna, davanti alla quale Sant’Ignazio di Loyola, nel ‘500, pronunciò la sua professione religiosa.

    D. – Che significato ha per la vostra comunità benedettina dell’Abbazia di San Paolo questa visita di Papa Francesco?

    R. – Qualsiasi visita del Papa ha un grande significato per noi, perché riteniamo che la fondazione della nostra comunità benedettina risalga più o meno all’anno 720, ad opera di Papa Gregorio II, allo scopo di assistere il Papa nella sua responsabilità di accogliere i pellegrini alla tomba di Paolo. C’è sempre, dunque, questo collegamento particolare con il Papa, con il vescovo di Roma. E noi, quindi, ci riteniamo il monastero papale. Questa sarà la prima visita di Papa Francesco, anche lui religioso come noi, cioè gesuita. Siamo molto contenti di poterlo accogliere nella Basilica di San Paolo, nella “sua” comunità monastica, che è qui per collaborare con lui, in qualità di vescovo di Roma e di pastore della Chiesa universale, per i bisogni dei pellegrini che vengono a Roma.

    D. – Che significato assumerà il gesto del Papa di pregare sulla tomba di San Paolo? Il successore di Pietro che prega sulla tomba dell’apostolo delle genti...

    R. – Si parla spesso del ministero petrino del vescovo di Roma. La Chiesa di Roma, però, dall’inizio, non è solo la Chiesa di Pietro: è sia la Chiesa di Pietro che di Paolo e i due apostoli insieme simboleggiano la totalità della Chiesa, il suo senso di integrità, di unità, di centralità e poi anche il suo senso missionario, il senso dinamico; tutti e due gli aspetti sono ugualmente importanti. A mio parere, dunque, lui è ugualmente, in un certo senso, il successore di Paolo nel suo ministero, un ministero quindi “pietropaolino”. Questo è ciò che può dire un abate di San Paolo fuori le Mura.

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    Il card. Amato proclama Beato don Luca Passi, testimone dell'amore di Cristo per i piccoli e i poveri

    ◊   E’ stato, dunque, Beatificato ieri pomeriggio a Venezia il sacerdote Luca Passi. Il rito è stato presieduto nella Basilica di San Marco dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha definito il nuovo Beato un testimone gioioso dell'amore di Cristo verso i piccoli e i più poveri. Nato a Bergamo nel 1789 da una nobile famiglia veneziana, don Passi fondò nel 1838 la “Pia Opera di Santa Dorotea”, un progetto educativo-pastorale destinato ai più giovani e ai più deboli. Ma quale, dunque, il carisma del nuovo Beato? Isabella Piro lo ha chiesto a suor Emma Trovò, postulatrice della causa di Beatificazione:

    R. – L’educazione, ma non tanto l’educazione scolastica. Don Luca Passi dice che serve non tanto e solo l’educazione catechistica, perché esistono le scuole della dottrina cristiana che già svolgono molto bene la loro funzione. Però non basta imparare la dottrina, non basta imparare i rudimenti del sapere, ma per vivere il Vangelo, per vivere bene la vita cristiana, c’è bisogno di trovare dei compagni di viaggio, delle persone che si mettono al tuo fianco e che ti sostengono, ti guidano con l’esempio, con la parola, con i consigli, i suggerimenti, in modo da invogliarti a mantenere, a vivere profondamente quello che il messaggio di Gesù, il suo Vangelo.

    D. – Questo nuovo Beato elaborò anche un progetto economico. Di cosa si tratta?

    R. – Si tratta di un progetto che ipotizza una specie di Istituto professionale, in cui insegnare ai ragazzi l’agricoltura, in un momento in cui si viveva l’esodo dai campi e l’abbandono della campagna per il lavoro in fabbrica. Per questo, don Passi ipotizza per gli orfani, soprattutto del Bergamasco, una sorta di “scuola-lavoro”, cioè una formazione alla cultura della coltivazione agricola e, insieme, anche una formazione culturale di base in modo che questi ragazzi potessero, poi, riuscire nella vita.

    D. - I ritratti dell’epoca di don Luca ci rimandano il viso di un uomo sorridente, un viso molto buono…

    R. – Sì, sembra proprio invogliare e rassicurare circa la sua proposta, la sua esperienza, come per dire: “Potete vivere veramente da cristiani e averne una ricaduta positiva nella vostra vita”.

    D. – Don Luca Passi è morto nel 1866. A distanza di tanti anni la sua figura cosa dice all’uomo contemporaneo?

    R. – La sua figura ci ricorda la forza che un impegno sacerdotale, vissuto e assunto con coerenza e con impegno, è in grado di immettere e di trasmettere nella Chiesa, a livello apostolico, a livello di testimonianza di fede, di diffusione del proprio credo e della propria ispirazione di vita, in modo da creare quasi un ‘fiume di bene’. Don Passi indica il vasto campo dell’esperienza cristiana, della vita e della testimonianza cristiana, dell’impegno per l’evangelizzazione come una possibilità, un’apertura che credo sia ancora attuale.

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    Oggi in Primo Piano



    La testimonianza di Susan Dabbous dopo il rientro dalla Siria: non è più una guerra civile

    ◊   Sono rientrati ieri sera a Roma e stanno bene i 4 giornalisti italiani, un reporter Rai e 3 freelance, liberati in Turchia. Erano stati trattenuti dal 5 aprile nel nord della Siria. Si tratta dell'inviato Rai Amedeo Ricucci, il fotoreporter Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la giornalista freelance Susan Dabbous, di origini siriane. ''Eravamo in mano a un gruppo islamista armato che non fa parte dell'Esercito libero siriano'', ha raccontato Ricucci all’Ansa, spiegando che ''è stato un malinteso … ci trovavamo in una località originariamente cristiana e stavamo filmando una chiesa. Ma i miliziani hanno creduto che stessimo riprendendo una loro base logistica''. Susan Dabbous ha raccontato al Telegraph i suoi timori: ''Minacciavano di tagliarmi le mani perché pensavano che avrei scritto un articolo su di loro. Temevo che mi avrebbero ucciso, ho avuto veramente molta paura'', e ha aggiunto che tra i sequestratori c'erano algerini e marocchini. Ascoltiamo la testimonianza di Susan Dabbous, al microfono di Eugenio Bonanata:

    R. – Sono stati nove giorni in cui abbiamo vissuto una forte altalena emotiva. Siamo stati fermati e nei primi momenti sì, il clima era molto pesante, molto brutto, però allo stesso tempo sembrava che dovessero rilasciarci da un momento all’altro. Quindi, da un punto di vista psicologico, era stato quasi più semplice all’inizio, nonostante le condizioni di detenzione fossero più difficili. Poi ho chiesto di insegnarmi a pregare. E sono stata io a chiederlo, questo è importante da precisare, perché ho visto che da qualche notizia stampa è emerso che mi avrebbero obbligato a pregare. No: sono stata io a chiederlo, perché se mi avessero trattenuta per mesi, come temevo, e sarei dovuta rimanere lì, io volevo integrarmi. C’era un’unica donna, in questo villaggio e sono stata portata a casa sua, lei era la moglie di uno dei combattenti. E con lei ho affrontato i giorni più “leggeri” di detenzione, perché ero dentro una casa, e non più dentro un contesto più simile ad una prigione. Paradossalmente, però, è stato anche il momento in cui sono stata peggio, perché stavo bene e avrei voluto comunicarlo: quindi, era il momento in cui è iniziata l’ansia per non essere riuscita a mettermi in contatto con la famiglia.

    D. – Quale è stato il momento più brutto?

    R. – Il momento più brutto è stato capire che il mio destino era decisamente separato da quello dei colleghi, perché loro erano tre, maschi, italiani, e io ero una, donna, italo-siriana. Quindi avevo dei punti estremamente critici che hanno destato in loro sospetti molto forti, infatti pensavano che fossi una spia.

    D. – Comunque, in generale sei stata trattata bene …

    R. – Fisicamente sì. Non sono mai stata toccata, anzi: quella era una delle cose che mi tranquillizzava di più. Avevano un codice ferreo e per questo non mi sono mai preoccupata per la mia incolumità fisica. Allo stesso tempo, sul piano psicologico è stato veramente molto, molto dura: c’erano degli scogli culturali insormontabili per cui io ero per molti aspetti una figura per loro inaccettabile.

    D. – Sconsigli ai giornalisti di recarsi in Siria?

    R. – Questa è una bella domanda! Ieri, a caldo, ho detto che sicuramente sconsiglio ai freelance di entrare in Siria in questo momento. Io lo faccio da due anni e ho visto la differenza: in questo momento direi proprio di no, al di là dell’esperienza appena vissuta. Cosa dire? Certo, quando si spengono i riflettori su un conflitto è il momento in cui succedono le cose peggiori. Però, è pure vero che c’è da chiedersi che cosa può succedere di peggio, in Siria, rispetto a quello che è accaduto negli ultimi due anni?

    D. – Comunque, i giornalisti non sono ben visti in Siria…

    R. – Sì: nel senso che ormai sia per chi combatte sia per la popolazione civile, dopo due anni è arrivato un momento di stanchezza molto forte. Quindi, non so se esiste un ciclo in tutto questo, per cui adesso c’è un momento di stanchezza e poi, dopo, ci sarà di nuovo un momento diverso. Potrebbe durare ancora a lungo questa guerra civile, che forse non è più neanche una guerra civile, perché sono tanti gli stranieri che vengono a combattere contro Assad … E’ una guerra molto aperta e ormai molto difficile da interpretare. Non so veramente che tipo di pronostico fare. Posso parlare per gli ultimi due anni: gli ultimi due anni sono andati così. All’inizio eravamo accolti, trattati benissimo, non ci chiedevano soldi; poi c’è stata una fase in cui hanno iniziato a chiederci i soldi per passare il confine, per “proteggerci”, e adesso eravamo entrati in una fase in cui i giornalisti per muoversi dentro la Siria avevano bisogno di uomini armati al seguito, cosa che fino a pochi mesi fa non serviva. D’ora in poi, se i giornalisti vogliono entrare in Siria devono avere non uomini armati al seguito, ma devono avere un’intera brigata, praticamente embedded, però all’interno di un gruppo del Free Syrian Army. Questa è l’unica cosa che posso consigliare.

    D. – Tu pensi di tornare in Siria per lavoro?

    R. – Questa è una domanda un po’ difficile. E’ ovvio che vorrei tornare in Siria a prescindere dal lavoro, perché è un Paese meraviglioso a cui sono personalmente e affettivamente legata. Non si scherza con il fuoco: siamo andati molto, molto vicino a qualcosa di terribile. Questo lo abbiamo constatato con i nostri occhi. Cioè, è incosciente prendere alla leggera certe cose. Se dovessi tornarci, forse non sarebbe per lavoro.

    D. – E adesso, libertà …

    R. – Adesso libertà, riposo, famiglia, affetti … La straordinarietà di un momento del genere è che paradossalmente ti apre gli occhi su quante persone ti vogliono bene e su quanto la vita invece possa essere semplice quando hai le cose basilari: la salute, la fede e le persone che ti amano …

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    Presidenziali in Venezuela, sfida tra Maduro, delfino di Chavez, e Capriles, leader dell'opposizione

    ◊   Venezuela oggi al voto per le elezioni presidenziali, le prime dopo l’era Chavez, scomparso lo scorso 5 marzo. Sono poco meno di 19 milioni i venezuelani chiamati alle urne per scegliere tra il favorito Nicolas Maduro, delfino di Chavez, ed Henrique Capriles, candidato unico dell’opposizione che, alle elezioni dello scorso ottobre, raccolse il 44% dei consensi. Ma che campagna elettorale è stata quella appena conclusa? Benedetta Capelli ne ha parlato con Roberto Da Rin, esperto di America Latina de “Il Sole 24 ore”:

    R. – E’ stata una campagna elettorale breve ma intensa, in cui la presenza di Chavez aleggiava su tutto il Venezuela. Non solo il candidato del governo Maduro, vicepresidente del Paese, ma anche il candidato dell’opposizione hanno rivendicato un’eredità di Chavez. Certamente l’oppositore Capriles è stato un’anti-chavista per molti anni ma ora anche l’opposizione venezuelana si è resa conto che non può trascurare una parte importante dell’elettorato, quello più povero, che ha beneficato dei programmi sociali di Chavez per molti anni. Ecco perché in qualche modo il chavismo sopravviverà a Chavez.

    D. – Maduro si propone come il successore di Chavez, mentre Capriles – come detto - non rinnega il chavismo, si propone però come l’uomo in grado di attuare il modello brasiliano...

    R. – Esatto. Questo è un punto importante. Capriles, l’oppositore, in verità è un liberista ma si è reso conto che il Paese è cambiato: un Paese di 26 milioni di abitanti, di cui almeno 10 milioni continuano ad essere poveri. Qualsiasi candidato, quindi, anche un candidato liberista, non può rinunciare a programmi sociali. Ecco perché Capriles ha rilanciato l’immagine di Lula e ha detto: “La mia presidenza sarà una presidenza ispirata al modello dell’ex presidente brasiliano”. La prova provata, quindi, almeno in campagna elettorale – naturalmente bisognerà vedere cosa succederà dopo il voto negli anni di governo – che l’eredità di Chavez e della sinistra latino-americana viene in qualche modo abbracciata persino dai candidati di centro-destra.

    D. – In caso di vittoria di Capriles si potranno ripensare anche alcuni legami che Chavez aveva intrecciato con la Russia e l’Iran all’estero e con l’Ecuador, Cuba e la Bolivia nel Sudamerica...

    R. – Questo senz’altro. Le relazioni internazionali, che Chavez aveva tessuto soprattutto in Sudamerica, nel caso vinca Capriles, verranno rimodulate a vantaggio di un legame più forte con gli Stati Uniti. Questo sì. Anche se non va dimenticato che negli affari tra Venezuela e Stati Uniti, al di là delle dichiarazioni bellicose che i governi americani e venezuelani si sono sempre rilanciati, le relazioni economiche non sono andate poi male.

    D. – Chiunque sia il vincitore, quali sono le emergenze e quali le sfide che il nuovo presidente dovrà affrontare?

    R. – Le sfide sono soprattutto dal punto di vista economico. Il Paese patisce un’inflazione molto alta, superiore al 30 per cento; rimane un Paese essenzialmente petrolifero e quindi tra i propositi mancati della gestione di Chavez c’è soprattutto quello di non aver saputo creare un tessuto economico forte. Il Paese, quindi, è rimasto sostanzialmente un Paese petrolifero, come lo era prima del suo arrivo alla presidenza. Lo svantaggio è che Chavez, in questi anni, ha scoraggiato buona parte degli investimenti internazionali e quindi l’industria petrolifera non si è sviluppata. Non a caso la produzione di greggio giornaliera è leggermente diminuita. La prima sfida, dunque, che il governo dovrà affrontare sarà quella di ammodernare gran parte degli impianti di estrazione petrolifera perché, diversamente, il Paese si troverà ad avere un ingresso decrescente di valuta estera, che è quella che gli garantisce la sopravvivenza.

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    Per la prima volta la Croazia al voto per scegliere i rappresentanti del Parlamento Europeo

    ◊   I cittadini croati si recano oggi alle urne per eleggere i dodici parlamentari spettanti alla Croazia nel Parlamento Europeo. E’ la prima volta nella storia del Paese e il voto si svolge a due mesi e mezzo dall’ingresso formale della Croazia nell’Ue. Zagabria ha presentato la domanda d'adesione a Bruxelles a febbraio 2003 e i negoziati d'adesione sono cominciati a ottobre 2005. Oggi l’ingresso avviene in un momento storico diverso segnato dalla crisi economica. Fausta Speranza ne ha parlato con il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor Vergata di Roma:

    R. - Quello che gli studi dimostrano è che in realtà gli effetti si materializzano prima dell’ingresso. È il prepararsi all’ingresso che richiede di mettersi in pari su una serie di elementi di qualità istituzionale, di qualità macro economica ed è uno stimolo enorme per questi Paesi a migliorare la loro governance, per raggiungere – come dicono i francesi – il cosiddetto “acquis communautaire”.

    D. – Ricordiamo alcuni di questi risultati della Croazia?

    R. – La Croazia è un Paese emergente dell’Est Europa. Sappiamo ormai che vige la legge della convergenza condizionata, per cui i Paesi più poveri stanno recuperando terreno rapidamente rispetto ad alcuni diritti e questo vale sia a Nord che a Sud del mondo, ma anche tra Est ed Ovest dentro l’Europa. Tutti i Paesi dell’Est – e quindi anche la Croazia - sono Paesi che in questi anni hanno avuto un tasso di crescita medio molto più alto rispetto al Sud d’Europa, ma anche al Nord. Questo vuol dire che hanno tratto beneficio e continueranno a trarre beneficio dal Mercato unico europeo.

    D. – Invece - dal punto di vista dell’Europa - si è discusso tanto del processo di allargamento: la Croazia ora entra. Che cosa significa, in questo momento preciso di crisi economica, l’ingresso della Croazia per Bruxelles?

    R. - Non c’è dubbio che i Paesi con un costo del lavoro più alto hanno sofferto un po’ l’ingresso dei Paesi dell’Est. Questo per noi ha un peso anche se in realtà non è un Paese piccolo come la Croazia a decidere quello che sta accadendo oggi a livello competitivo, ma sono più che altro i giganti come la Cina, l’India e l’Africa. Chiaramente per noi questo deve essere uno stimolo a guardare ai fattori competitivi, che non dipendono dal mercato del lavoro, o dal costo del lavoro. Penso molto all’esempio dell’arte e della cultura: abbiamo i più grandi giacimenti culturali del mondo da dover valorizzare meglio: abbiamo a disposizione fattori produttivi che non dipendono dal costo del lavoro, come le città d’arte Roma, Venezia… e tutto il nostro patrimonio culturale. È chiaro che se in questo contesto pensiamo ancora di competere come un tempo sul costo del lavoro, siamo sconfitti in partenza.

    D. - A parte il valore altissimo della solidarietà che l’Europa non deve mai dimenticare - e quindi l’ingresso della Croazia può avere anche questo significato - ma dal punto di vista degli investimenti, è possibile per gli altri Paesi europei pensarne di produttivi in Croazia?

    R. - Senz’altro. Questi Paesi hanno tra l’altro anche il vantaggio di avere un debito pubblico spesso molto contenuto e quindi hanno la possibilità di dare incentivi e sussidi alle imprese che vanno a localizzarsi lì, a produrre. La situazione della qualità delle regole è migliorata molto, per cui questi Paesi riescono ad attrarre molti più investimenti produttivi rispetto ad altri, e questo ovviamente ci mette un po’ in difficoltà: come sappiamo oggi l’Italia è uno dei Paesi dove è più difficile attirare investimenti diretti esteri.

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    Violenze anticristiane in Egitto. Padre Ianniello: cultura e solidarietà per promuovere la convivenza

    ◊   In Egitto, dopo le nuove violenze anticristiane degli ultimi giorni, la comunità ecclesiale vive momenti di forte preoccupazione: la difficile situazione politica, la povertà in aumento, la convivenza non facile con i musulmani. Serena Picariello, del Franciscan Media Center, ne ha parlato con padre Vincenzo Ianniello, in visita a Gerusalemme, ormai da anni direttore del Centro di studi del Musky, quartiere popolare del Cairo dove sorge il convento francescano della Custodia di Terra Santa:

    R. - Quello che si sente dire in Occidente, qualche volta non corrisponde del tutto alla realta’ … l’Egitto non è un piccolo villaggio, anzi: l’Egitto è fatto di tante situazioni geografiche che bisogna saper distinguere: non solamente geografiche ma purtroppo anche culturali. Questi ultimi scontri che ci sono stati la settimana scorsa nascono da un fatto culturale, di separazione tra mondo cristiano e musulmano, come se l’uno volesse prendere il sopravvento sull’altro. Se ne sentono con una certa regolarità…

    D. – Dove si verificano in particolare?

    R. - Proprio nei posti dove c’è meno cultura. Questo non toglie che ci sia una certa preoccupazione tra la gente che dice: ‘Adesso che i Fratelli musulmani arriveranno al potere, cosa accadrà?’. Infatti, loro continuano a dire di voler stabilire la legge islamica, la sharia, come se un ritorno al passato fosse la soluzione dei problemi. Questo chi lo pensa? Può pensarlo gente che non ha una cultura, che non sa guardare al futuro … per molti musulmani questo è evidente, e vorrebbero ricreare questi rapporti.

    D- . Che esperienza ha al riguardo?

    R. - A ottobre sono stato nominato visitatore generale per la comunità francescana dell’Egitto e ho avuto la possibilità di visitare un villaggio dove c’è una tensione altissima tra cristiani e musulmani. Non c’è la chiesa perché è stata distrutta, volevano ricostruirla e l’hanno impedito, hanno fatto delle impalcature di legno e gliel’hanno bruciate … Questo frate, la prima cosa che ha fatto è stato cercare di creare buoni rapporti tra cristiani e musulmani, e così ha cominciato ad andare casa per casa dai musulmani…

    D. - E cosa è accaduto dopo?

    R. - Da quello che mi raccontavano, da una tensione altissima, scontri e qualche morto, si è passati ormai a dei buoni rapporti.

    D. Come vive la gente in Egitto?

    R. - La gente vive veramente in uno stato di povertà assoluta: circa la metà della popolazione vive in questa situazione, veramente non hanno da mangiare … Io lo vedo, perché questa è gente che viene da noi: generalmente, anche se noi siamo latini, sono quasi tutti copti ortodossi; vengono qui e hanno bisogno di tutto. Hanno bisogno per la casa, e noi ogni mese paghiamo loro gli affitti, o troviamo nuove case; hanno bisogno di ospedali, continuamente viene gente da noi a chiedere medicine, cure e altre cose … Hanno bisogno per le scuole: il livello scolastico è molto, molto basso e quindi per imparare qualcosa bisogna andare alle lezioni private, che però costano anche 50 lire a lezione; e chi prende uno stipendio – quelli che ce l’hanno – di 300, 400, 500 lire, non possono permettersi di pagare per i figli 50 lire a lezione!

    D. – Avete altre iniziative?

    R. - Abbiamo un giardino di infanzia, soprattutto per i bambini più poveri; poi c’e’ padre Antonio che, nonostante la sua malattia, ha aperto un hadan, cioe’ un giardino di infanzia per gli zabalin, quelli che raccolgono le immondizie. Ha preso delle ragazze che conosceva, le ha spinte a studiare, a interessarsi … sono diventate valide collaboratrici. Mi diceva una di queste ragazze: ‘Vedi, costa molta fatica, molto sacrificio, perché sei tutta la giornata lì: anche la domenica non siamo libere perché c’è scuola e noi seguiamo il programma governativo. Però, quando viene una bambina e ti dice: ‘Sai maestra, io sono molto contenta di te, eccetto una sola cosa: sei così brava che mi dispiace che tu non sia musulmana!’. E lei le ha risposto: ‘Forse sono così brava proprio perché sono cristiana!’.

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    Giornata dell'Università Cattolica. Bignardi: giovani non rassegnati di fronte alla crisi

    ◊   Come ha ricordato il Papa, si celebra oggi in Italia la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema “Le nuove generazioni oltre la crisi”. Ma come si pongono i giovani di oggi di fronte alle difficoltà che affliggono il nostro tempo? Luca Collodi lo ha chiesto a Paola Bignardi, dirigente dell'Istituto Toniolo che promuove la Giornata:

    R. – Il modo, l’atteggiamento con cui i giovani si pongono di fronte alla realtà mi pare che sia molto più positivo di quello che si è portati a pensare. L’Istituto Toniolo ha realizzato, nel corso degli ultimi due anni, una ricerca proprio sul mondo giovanile, per cercare di capire se tante opinioni che si hanno sui giovani siano effettivamente fondate oppure siano il frutto di nostre pre-comprensioni. Risulta che l’atteggiamento dei giovani di fronte al futuro, di fronte all’esperienza della famiglia, ad esempio, di fronte alla prospettiva del lavoro è molto più positiva di quanto noi immaginiamo. Ad esempio: per i giovani, la famiglia resta punto di riferimento fondamentale; la famiglia da cui vengono ma anche la famiglia che immaginano, che progettano per la loro vita. La prospettiva di vita di generazione, la disponibilità a mettere al mondo figli è molto più elevata di quello che i dati dicono. Sono dati che fanno molto riflettere sul rapporto tra il contesto sociale e le aspirazioni e anche le disponibilità del mondo giovanile.

    D. – Tema della Giornata dell’Università cattolica è “Le nuove generazioni oltre la crisi”. Questa crisi, come viene vissuta dai giovani?

    R. – I giovani, da una parte stanno affrontando la crisi con concretezza e con spirito d’iniziativa. Ad esempio: la crisi porta con sé scarsissima disponibilità di posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Ebbene, dalla ricerca risulta che i giovani sono disponibili ad adattarsi anche a lavoro che non corrispondono alla preparazione che si sono fatti, senza per questo lasciare perdere aspettative più elevate. Dunque, come dire: giovani che si adattano ma non si rassegnano. E questo mi sembra che sia un atteggiamento molto importante per affrontare una crisi come quella che stiamo vivendo. Essere capaci di adattarsi e, al tempo stesso, non rassegnarsi.

    D. – L’Istituto Toniolo ha il compito di promuovere e rafforzare sul territorio italiano – e non solo – la presenza dell’Università cattolica. Voi, in realtà, lavorate molto sui giovani: un monitoraggio che dà speranza per una società diversa …

    R. – Molta speranza, molta speranza. E’ naturale che l’Istituto Toniolo si occupi dei giovani: l’Istituto Toniolo si occupa di università, e l’università è popolata da giovani, da quei giovani che saranno la futura classe dirigente, il futuro mondo imprenditoriale, le professionalità di domani. Quindi, c’è l’interesse a capire la direzione della società attraverso il monitoraggio del mondo giovanile che è un mondo che lascia sperare, ma che al tempo stesso responsabilizza molto la società degli adulti che non sta offrendo al mondo giovanile quello di cui il mondo giovanile avrebbe bisogno, ad esempio per inserirsi nel mondo del lavoro …

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    “Green generation”: docufilm sulle energie alternative

    ◊   “Green generation. Il futuro come non lo avete mai immaginato!” Il titolo del progetto, presentato a Roma, presso la Facoltà di Architettura, al centro di un documentario che sarà prodotto da Maiora Film in collaborazione con Rai Cinema. Roberta Gisotti ha intervistato gli ideatori del progetto, l’autore televisivo Sergio Malatesta e Livio De Santoli, responsabile per l’Energia dell’Università La Sapienza di Roma:

    Scopo dell’iniziativa promuovere una presa d’atto pubblica per sapere a che punto è la ricerca sulle energie rinnovabili, quali sono le leggi che regolano il settore energetico e quali sono le offerte del mercato? Sergio Malatesta:

    R. - Per quale motivo la green economy non è mai partita? Perché la gente comune non sa nulla, in cosa consiste, se conviene, se genererà lavoro o se salverà la Terra. La gente comune non sa perché dovrebbe spendere soldi per comprare un pannello solare, per installare un aerogeneratore sul tetto della casa, acquistare una macchina a idrometano o addirittura ad idrogeno… Per quale motivo non lo fanno? Perché queste cose non ci sono? Perché non prendono un aereo che funziona con i pannelli solari? Perché non ci sono? No! Noi con questo documentario sperimenteremo tutti questi oggetti, tutti questi sistemi e vedremo quanto costano, come funzionano, se sono veramente utili, cosa bisogna fare per trovarli, per istallarli e anche chi si oppone a tutto questo. Lo scopo del documentario è quello di far capire alla gente comune che queste cose funzionano, che esistono e che possono essere messe in atto da subito.

    D. - Quindi, sostenere scelte consapevoli in tema ambientale promuovendo la conoscenza?

    R. - Assolutamente sì! E vedere poi quelli che possono essere inoltre gli scenari: se questi oggetti, queste macchine fossero richieste, se ci fosse una distribuzione di massa, un consumo di questi anche dal punto di vista del mercato, ripartirebbe l’economia che oggi è stagnante. Sappiamo che questa è una crisi che sembra non avere fine!

    Alla base del progetto “Green generation” è il manifesto Territorio Zero, sottoscritto da ambientalisti di fama internazionale, tra questi Livio de Santoli:

    R. - É il cambiamento di modello della società, partendo da un dato - molto oggettivo - che è il modello energetico. Se io riesco a modificare quest’ultimo, riesco a modificare la società. Che cosa significa? Che il modello energetico, così come è adesso ha cento anni - sono cento anni abbastanza difficili - che hanno prodotto probabilmente più disastri che vantaggi nella storia dell’uomo. Il modello che si basa sul petrolio e sulle fonti fossili è un modello monopolistico, centralizzato di grosso accrescimento di capitale. Dobbiamo passare ad un modello completamente diverso. Ecco perché ci vuole una green generation, una generazione completa, verde, che pensa verde, che pensa di poter modificare questo modello. E allora la teoria è quella che si devono scardinare tutti i criteri che sono stati alla base della vita del secolo scorso, come ad esempio lo specialismo, il fatto di essere settorialmente impegnati a svolgere solamente una funzione senza vedere il problema a 360 gradi, di essere più equanimi, perché oggi la diseguaglianza ha raggiunto dei livelli insopportabili e soprattutto di riporre l’individuo al centro della vita. L’individuo attualmente è passivamente impegnato solamente in un discorso di consumo. In realtà il nuovo modello dovrebbe far sì che questo individuo possa essere produttore e non solamente consumatore.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: almeno 10 bambini morti in un raid aereo contro un sobborgo di Damasco

    ◊   Ennesima strage in Siria. Almeno 10 bambini hanno perso la vita in un raid aereo governativo avvenuto in un sobborgo di Damasco. Strazianti le immagini dei piccoli uccisi, dilaniati dalle deflagrazioni. I comitati locali anti-regime riferiscono di altri tre piccoli rimasti uccisi in un bombardamento nella zona est del paese. Nelle ultime 48 ore si contano oltre un centinaio di vittime in varie località. Nella città di Daraa è stata distrutta la moschea di Omari, il luogo simbolo della ribellione per aver ospitato numerosi incontri anti-Assad nel corso di questi due anni.

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    L'arcivescovo maronita di Damasco: l’alternativa dei cristiani siriani è morire o fuggire

    ◊   I cristiani di Siria «devono scegliere tra due calici amari: morire o partire». Un dilemma che coinvolge tutta la realtà ecclesiale presente nel Paese martoriato, e che viene raccontato dall'arcivescovo maronita di Damasco Samir Nassar in una vibrante testimonianza inviata all'Agenzia Fides. L'arcivescovo cattolico di rito orientale delinea i tanti modi con cui la morte ghermisce le vite di milioni di civili indifesi, cristiani e musulmani, nella Siria devastata dalla guerra: bombardamenti, auto-bomba, cecchini, mancanza di cure mediche, 223 ospedali sono stati chiusi e i medici stanno fuggendo tutti, malnutrizione e mancanza di cibi adeguati per i diabetici, i cardiopatici e le puerpere. Davanti a questo disastro, tutti pensano di andar via, anche se la fuga in qualche modo «è un altro modo di morire» più lentamente. La Chiesa locale, pur nella sua fragilità, «diventa un muro del pianto», a cui tutti si rivolgono ogni giorno «per chiedere protezione e aiuto nella ricerca di un visto per partire». I cristiani siriani – sottolinea l'arcivescovo maronita - «hanno visto l'ONU organizzare dal 2005 la partenza sistematica dei rifugiati iracheni verso i Paesi occidentali», e adesso provano angoscia anche per «l'indifferenza e il silenzio mondiale davanti al loro lungo e triste calvario... sono abbandonati, destinati alla morte senza poter fuggire... i consolati sono chiusi da un anno e mezzo». Mons. Nassar descrive con cuore affranto di pastore la condizione dei cristiani poveri «che non trovano alcuna ragione per dover morire in questa guerra insensata»: loro hanno visto i propri fratelli più agiati lasciare la Siria, e ora guardano alla Chiesa come l'unica realtà a cui chiedere aiuto nel naufragio.«L'appello del nuovo Papa Francesco in favore dell'amata Siria risuona nei loro cuori.... La Chiese sorelle del mondo intero pregano e mostrano il loro affetto per questo piccolo gregge, senza poter placare la tempesta». Questa situazione pone anche i pastori davanti a problemi di coscienza: «Consigliarli di restare potrebbe condurli alla morte come un agnello muto davanti al macellaio. Il nostro martirologio non fa che allungarsi... Aiutarli a partire significa invece svuotare la Terra Biblica dei suoi ultimi cristiani». Un dilemma che può trovare risposta solo affidandosi al «cuore di Dio», offrendo ai fedeli una prossimità pastorale che li aiuti a percepire la realtà delle parole di Gesù. Quelle che – nota mons. Nassar «non deludono mai: “Non abbiate paura... io sono con voi...”».

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    Gaza: incendiata scuola cristiana della Sacra Famiglia

    ◊   Incendio doloso davanti all'ingresso della scuola cristiana della Sacra Famiglia di Gaza. E’ successo ieri. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese Maan precisando che al momento del rogo, avvenuto di mattina, l’istituto era deserto. La polizia locale ha annunciato l’apertura di un'inchiesta. L’episodio avviene dopo che all’inizio del mese le autorità di Hamas hanno reso noto che con il nuovo anno scolastico imporranno una rigida separazione dei sessi in tutte le scuole della Striscia, incluse quelle cristiane.

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    Somalia: attentato suicida a Mogadiscio, almeno 5 morti

    ◊   Attentato kamikaze a Mogadiscio, in Somalia. Almeno 5 morti secondo un primo bilancio. Un responsabile della polizia locale ha precisato che si tratta di civili, aggiungendo che il numero delle vittime potrebbe essere più elevato in quanto la situazione “non è ancora sotto controllo”. Ad agire sarebbero stati diversi attentatori appartenenti alla milizia estremista islamica degli Shebab.

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    I vescovi del Québec: ridistribuire la ricchezza e potenziare l’inclusione sociale

    ◊   “Portare uno sguardo di fede sulle manifestazioni popolari e moltiplicare il loro potenziale per la ridistribuzione della ricchezza e l’inclusione sociale”: è l’auspicio espresso dell’Assemblea dei vescovi cattolici del Québec, in un messaggio scritto per la Festa dei lavoratori del primo maggio. In particolare, guardando alla mobilitazione contro la riforma del sussidio di disoccupazione, prevista a Montréal il 27 aprile, i vescovi ne mettono in luce il messaggio di fondo, ovvero la necessità di un “cambiamento strutturale dei poteri economici e finanziari”, soprattutto là dove “ideologie negative - come il liberismo radicale e la tecnocrazia - finiscono per condizionare tali poteri, danneggiando i lavoratori e le loro famiglie”. In questo senso, osservano i vescovi del Québec, le manifestazioni popolari evidenziano la speranza che il potere del popolo riesca a “trasformare quelle strutture che impoveriscono, escludono ed opprimono un numero crescente di persone”. Di qui, il richiamo forte che i presuli fanno al legame tra “fede e solidarietà”, poiché “un’altra logica è possibile”. “La fede in Dio presente nella nostra storia – scrivono i vescovi – ci fa scoprire la logica del primato della persona e ci aiuta ad andare oltre le logiche egoistiche per adottare, come Gesù, la logica del dono” e mirare così “allo sviluppo umano integrale, al bene comune ed al rispetto del Creato”. Infine, la Chiesa del Québec esorta alla solidarietà per realizzare una “governance etica sia a livello locale che internazionale”, con l’obiettivo di “promuovere la democrazia e la giustizia”. Il messaggio episcopale si conclude con l’augurio di una buona festa del 1.mo maggio a tutti i lavoratori e con un’esclamazione: “Noi abbiamo il potere di agire!”. (A cura di Isabella Piro)

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    Antille. Entra nel vivo la plenaria dei vescovi dei caraibi: cresimati 700 fedeli

    ◊   Saranno settecento gli adulti ed i ragazzi che oggi ricevono il sacramento della Confermazione a Gaudalupa, nelle Antille. La cerimonia rappresenta il momento culminante dell’Assemblea annuale dei vescovi dei Caraibi, inaugurata ieri da una Messa solenne presieduta da mons. Michel Méranville, arcivescovo di Martinica, nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Ponte-à-Pitre. “La Cresima – spiega mons. Jean-Yves Riocreux, vescovo di Guadalupa – è il sacramento della crescita e della maturità spirituale che fortifica il cattolico nella fede e gli fa vivere in pienezza la vita cristiana”. Per questo, la confermazione implica “un impegno più personale ed una missione di testimonianza della fede”. Dopo la celebrazione odierna, i lavori dell’Assemblea proseguiranno, da domani a giovedì 18, con gli interventi di circa venti vescovi provenienti dalle diverse diocesi caraibiche; tanti i temi all’ordine del giorno: il cammino ecumenico, la fede e l’etica, la traduzione dei libri liturgici, le vocazioni, la catechesi, la tutela della famiglia, il matrimonio tra uomo e donna, la libertà religiosa, il diritti umani, la pace e la giustizia sociale, la difesa della vita umana dal concepimento e fino alla morte naturale, le relazioni tra la Chiesa e le autorità civili. Ma l’incontro, spiega ancora mons. Riocreux, sarà anche “l’occasione per pregare per il nuovo Pontefice, Papa Francesco”. In programma anche, per martedì 16, alle ore 180.00, una Messa solenne nella cattedrale di Notre-Dame di Guadalupa a Basse Terre, presieduta dal nunzio apostolico nel Paese, mons. Nicola Girasoli. I lavori dell’Assemblea si concluderanno venerdì 19 aprile. (I.P.)

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    Plenaria dei vescovi spagnoli a Madrid

    ◊   Cinque giorni di lavori, dal 15 al 19 aprile, sono quelli che attendono la Conferenza episcopale spagnola (Cee) che lunedì , a Madrid, aprirà la sua 101.ma Assemblea plenaria. Ad inaugurare l’incontro, alle ore 11.00, sarà il presidente dei vescovi iberici, il card. Antonio Maria Rouco Varela, seguito dall’intervento del Nunzio apostolico nel Paese, mons. Renzo Fratini. “Si prevede – informa una nota della Cee – che i vescovi approvino un Messaggio in vista della prossima beatificazione dei martiri spagnoli del XX secolo, che è in programma a Tarragona il 13 ottobre”. Tale evento, d’altronde, “rientra nel Piano pastorale della Cee per gli anni 2011-2015, incentrato sulla nuova evangelizzazione a partire dalla Parola di Dio”. Altro tema all’ordine del giorno è “la redazione e la divulgazione del secondo Catechismo per l’infanzia, intitolato ‘Testimoni del Signore’ e pensato dalla Commissione episcopale della Catechesi per i bambini e gli adolescenti tra i 10 ed i 14 anni”. Il volume, continua la nota, “è la continuazione del primo Catechismo per l’iniziazione cristiana, intitolato ‘Gesù è il Signore’, approvato nel 2008 e destinato ai bambini tra i 6 ed i 10 anni”. Inoltre, nel prosieguo dei lavori, i vescovi affronteranno “lo studio e la revisione del documento ‘Chiesa particolare e vita consacrata: canali operativi per facilitare le relazioni reciproche tra i vescovi e i consacrati in Spagna”. La Commissione episcopale per il Clero, inoltre, presenterà le “Norme basilari per la formazione dei diaconi permanenti nelle diocesi spagnole”, mentre la Commissione dei vescovi preposta alla Liturgia sottoporrà all’approvazione della Plenaria i testi liturgici per la celebrazione della Festa di Nostro Signore Gesù Cristo. Infine, il direttore generale dell’Istituto spagnolo per le Missioni estere, Ismael Gonzalez Fuentes, presenterà un rapporto sulle attività dell’Istituto stesso. A conclusione dei lavori, il 19 aprile, i vescovi terranno una conferenza stampa. (I.P.)

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    Slovacchia: promozione di fede e verità al centro del pellegrinaggio dei media cattolici

    ◊   Sarà Bratislava, capitale della Slovacchia, a ospitare il quinto pellegrinaggio dei media cattolici del Paese, in programma per l’11 maggio prossimo. L’obiettivo dell’evento – riferisce l’agenzia Sir – è quello di offrire un luogo d’incontro per gli operatori dei mezzi di comunicazione cattolici e i loro collaboratori, favorendo lo scambio di esperienze. Come da tradizione, i mezzi d’informazione cattolica locale, tra cui la Sala stampa della Conferenza episcopale (Ces), apriranno le loro porte ai visitatori, mentre gli altri media cattolici nazionali e regionali partecipanti allestiranno stand specifici per illustrare le loro attività. Il programma prevede la proclamazione, da parte dei vescovi, dei risultati di un concorso indetto tra le riviste parrocchiali, e la consegna del premio ‘Andrej Radlinský’ – intitolato al sacerdote e giornalista slovacco vissuto a metà dell’800 - a tre giornalisti. “Il premio – spiega il portavoce della Chiesa locale, Jozef Kovácik- vuole essere un riconoscimento da parte della Chiesa cattolica slovacca a persone che attraverso il loro lavoro hanno contribuito attivamente allo sviluppo dei media cattolici e alla promozione della verità e della fede cristiana”. Il pellegrinaggio culminerà con una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Stanislav Zvolenský, presidente della Ces e del Consiglio delle comunicazioni sociali. (I.P.)

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    Una scuola cattolica per le popolazioni dimenticate del Nepal

    ◊   "I cattolici hanno acceso una luce di speranza nella nostra vita". La testimonianza di Govinda Bahadur arriva dal Nepal attraverso l’agenzia AsiaNews. "Per decenni - racconta Bahadur membro dell'etnia tribale Chepang e leader della Nepal Chepang Association (Nca) - noi e i nostri figli abbiamo vissuto al buio, dimenticati da tutti. Era impossibile mandare i nostri figli a scuola. Nel 2011 i cattolici hanno aperto un istituto per la nostra tribù e da allora la nostra esistenza è cambiata". Fondata il 12 novembre 2011, la Navodaya School ospita oggi centinaia di studenti. L'istituto è stato realizzato grazie al contributo di associazioni locali e straniere. Oltre ad educare i bambini, la scuola sostiene le famiglie aiutandole nella ricerca del lavoro e sviluppando progetti per piccole aziende agricole. Bhakta Bahadur Chepang, che abita nei pressi della località di Siddhi, aggiunge che "la comunità spesso non ha cibo, vestiti adeguati, elettricità, acqua. Nessuno si è mai curato di noi in questi anni. Solo i cattolici hanno dato un aiuto alla nostra gente". Concentrati nel distretto di Chitwan nella regione di Madhyamanchal (Nepal centrale) i Chenpang sono uno dei 59 gruppi indigeni presenti in Nepal. La popolazione è di circa 52mila persone ed è di religione indù e buddista. Le comunità vivono in aree inaccessibili a 1200 metri di quota, lontane dai centri abitati e dalle vie di comunicazione. La loro principale fonte di sostentamento è la foresta con i suoi prodotti. Negli anni solo poche famiglie hanno abbandonato la vita nomade, trovando lavoro come braccianti agricoli. Purtroppo, a causa della morfologia del territorio e del clima della regione e i raccolti sono sufficienti solo per sei mesi. Per il resto dell'anno i Chepang si cibano di frutti spontanei, o vivono di pesca e caccia. Spesso i bambini aiutano i genitori nella campagne e non possono andare a scuola: i tassi di abbandono vanno oltre il 70 per cento. (D. M.)

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    Siglato accordo tra Jrs e Acnur per l’istruzione superiore dei rifugiati

    ◊   Il Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jrs) e l’agenzia Onu per i rifugiati (Acnur) hanno siglato un accordo per offrire maggiori opportunità d’istruzione superiore ai profughi. Tali opportunità - informa una nota - diventeranno reali grazie a corsi di formazione via web, frequentabili a distanza da persone sfollate in Giordania, Kenya e Malawi, ma collegate tramite internet con la Regis University di Denver, in Colorado. “I rifugiati – spiega padre Peter Balleis, direttore internazionale del Jrs – sono spesso costretti a vivere ai margini della società, ma nel pieno di un conflitto, l’educazione può essere una forma di salvezza per persone come loro, desiderose di ricostruire le proprie comunità”. Gli iscritti ai corsi, in diversi Paesi, sono già un centinaio e tutti ricevono l’assistenza di un tutor on line che li guida nel loro percorso di studi. “Garantire l’accesso all’istruzione – evidenzia Volker Türk, direttore del settore Protezione internazionale dell’Acnur – è un diritto universale e una priorità della nostra organizzazione”, tanto che già nel 2012 l’agenzia Onu per i rifugiati aveva stilato una strategia quinquennale di accesso all’istruzione superiore, aumentando il numero di borse di studio universitarie e favorendo i programmi di apprendimento a distanza. Dal canto proprio, il Jrs è oggi presente in 50 Paesi del mondo e fornisce aiuto e sostegno a oltre 700mila tra rifugiati e sfollati, dei quali la metà sono donne. (I.P.)

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    Nasce a Londra il Forum per il supporto spirituale dei disabili intellettivi

    ◊   Si chiama “Kairos” ed è il nuovo Forum, promosso dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, per offrire supporto spirituale alle persone affette da disabilità intellettiva, che include sindrome di Down, autismo, demenza e conseguenze dell’ictus. Il nuovo organismo, che verrà presentato ufficialmente il 19 aprile, a Londra, è diretto da Cristina Gangemi, già consulente per la disabilità per l’arcidiocesi di Southwark, e da John Swinton, docente di teologia presso l’Università di Aberdeen. “Il Forum – spiega la Gangemi – si propone di promuovere comunità in cui le storie di persone con disabilità possano essere raccontate, accolte e trovare risposta in un modo empatico ed ospitale”. “Spesso – continua la direttrice di “Kairos” – sembra che la società abbia dimenticato cosa significhi vivere in comunità e ciò è particolarmente difficile per persone che la società stessa percepisce come diverse”. “Focalizzandoci sul lato spirituale – conclude la Gangemi – cominceremo a comprendere cosa significa essere una persona nel senso completo del termine e vivere una vita contrassegnata da amicizie e rapporti interpersonali”. Le fa eco John Swinton che ribadisce: “La spiritualità è un concetto ampio che non si limita alla religione, ma include speranza ed amore”. Pur non essendo “un’organizzazione specificatamente religiosa”, quindi, il Forum “cerca di andare incontro ai bisogni religiosi e spirituali delle persone”, affinché ciascuno guardi all’altro come “ad un essere umano”. Nello specifico, il piano operativo del Forum mira a facilitare la creazione di “una rete di supporto per coloro che vivono e lavorano nel campo della disabilità; sviluppare risorse destinate all’assistenza di singoli, famiglie e professionisti del settore; fornire un servizio di consulenza per la cura e l’accompagnamento delle persone disabili; lavorare con le scuole per rendere gli insegnanti e gli studenti capaci di approfondire il tema della disabilità; promuovere programmi educativi per il personale sanitario operanti nel settore”. (I.P.)

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    Kiev, attesi pellegrini da tutto il mondo per il Battesimo della Rus'-Ucraina

    ◊   Greco-cattolici provenienti da tutto il mondo parteciperanno al pellegrinaggio in occasione della benedizione della Cattedrale patriarcale della Risurrezione di Cristo, a Kiev, in programma dal 17 al 18 agosto. L’evento - riferisce il Sir -si terrà nel quadro delle celebrazioni del 1025° anniversario del Battesimo della Rus’-Ucraina. Secondo il vescovo Joseph Milan, che guida il comitato organizzatore della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), tra le persone che si sono già iscritte o hanno dimostrato grande interesse per partecipare vi sono pellegrini dal Brasile, dall’Argentina, dalla Russia, dal Kazakistan, dai Paesi baltici, dagli Stati Uniti, dal Canada e persino dall’Australia. Attualmente i due gruppi provenienti da questo Stato "contano circa 30 membri”, ha dichiarato il vescovo Milan. Alcuni fedeli, spiega il vescovo “ci dicono che vorrebbero prenotare i posti in Chiesa, alle celebrazioni liturgiche, all’opera, al ricevimento poiché viaggeranno 26 ore in aereo per venire qui e vogliono essere sicuri di poter accedere agli eventi". Attualmente i due gruppi dall’Australia contano circa 30 membri”, ha dichiarato il vescovo Milan. tra gli altri servizi, il Dipartimento informazioni dell’Ugcc segnala che è stato aperto un Centro pellegrinaggi dedicato agli eventi che offre diverse visite guidate nelle regioni centrali e orientali dell’Ucraina. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 104

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.