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Sommario del 05/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: non ci salvano i maghi, né i tarocchi o noi stessi, solo Gesù salva
  • Papa Francesco: azione decisa contro chi abusa dei minori e aiuto alle vittime
  • Il Papa nomina mons. Grušas nuovo arcivescovo di Vilnius
  • Il Papa scoprirà una targa che intitola a Giovanni Paolo II in Piazza S. Giovanni in Laterano
  • “Rinnovarsi continuamente”. P. Spadaro presenta la nuova “Civiltà Cattolica”, sempre più digitale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Offshore leaks: è terremoto sui grandi evasori fiscali nel mondo
  • La Nord Corea invita il personale straniero a evacuare le ambasciate
  • Pagamento debiti domani al Cdm. Istat: record pressione fiscale, balza al 52%
  • Crisi. Tre suicidi in famiglia nelle Marche. Mons. Menichelli: politici pensino alla gente non ai partiti
  • Milano. Tribunale: incostituzionale il divieto della eterologa. Il parere di D'Agostino
  • L'Aquila, 4 anni dopo il sisma. Mons. Molinari: città da ricostruire, non perdiamo la speranza
  • Il card. Vallini invia 20mila neocatecumenali ad annunciare Gesù in 100 piazze di Roma
  • "Il laboratorio dei talenti": presentata la Nota Cei sul valore e la missione degli oratori
  • Al cinema "Bianca come il latte, rossa come il sangue". Intervista con Alessandro D'Avenia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sud Corea: appello dei vescovi al Papa per la pace nella regione
  • Argentina: Caritas al lavoro per le alluvioni a La Plata
  • Hebron: scontri fra esercito israeliano e manifestanti palestinesi
  • Siria: ad Aleppo i cristiani fuggono dai quartieri in mano ai ribelli
  • Siria: nel Paese è emergenza alimentare
  • Venezuela. I vescovi sul voto del 14 aprile: l'astensione non favorisce il popolo
  • Australia: insediata la Royal Commission sugli abusi. Vi collaborerà anche la Chiesa cattolica
  • Colombia. La Chiesa: non dimenticare le 10 mila famiglie vittime delle mine antiuomo
  • Centrafrica: nuovi spiragli di pace per la risoluzione del conflitto
  • Mali: sempre critica la situazione nel nord. Rappresaglie contro i tuareg
  • Francia: appello dei leader religiosi per gli ostaggi nel Sahel
  • Mozambico. Scontri tra polizia e Renamo, almeno 4 morti
  • Sudan: nel Nilo Blu riprendono gli aiuti umanitari
  • Cile: la Chiesa si interroga sul calo dei cattolici
  • Barcellona: grande manifestazione per la vita
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: non ci salvano i maghi, né i tarocchi o noi stessi, solo Gesù salva

    ◊   Solo nel nome di Gesù c’è la salvezza: è quanto ha detto Papa Francesco stamani nella breve omelia pronunciata durante la Messa presieduta nella Cappellina della Domus Sanctae Marthae. Presenti alla celebrazione alcuni sediari pontifici e un gruppo di dipendenti della Farmacia vaticana. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Commentando le letture del Venerdì dell’Ottava di Pasqua, il Papa ricorda con San Pietro che solo nel nome di Gesù siamo salvati: “In nessun altro c’è salvezza”. Pietro, che aveva rinnegato Gesù, ora con coraggio, in prigione, dà la sua testimonianza davanti ai capi giudei, spiegando che è grazie all’invocazione del nome di Gesù che uno storpio è guarito. E’ “quel nome che ci salva”. Ma Pietro non pronuncia quel nome da solo, ma “colmato di Spirito Santo”. Infatti – spiega il Pontefice – “noi non possiamo confessare Gesù, noi non possiamo parlare di Gesù, noi non possiamo dire qualcosa di Gesù senza lo Spirito Santo. E’ lo Spirito che ci spinge a confessare Gesù o a parlare di Gesù o ad avere fiducia in Gesù. Gesù che è nel nostro cammino della vita, sempre”.

    Il Papa racconta un aneddoto: “Nella curia di Buenos Aires lavora un uomo umile, da 30 anni lavora; padre di otto figli. Prima di uscire, prima di andare a fare le cose che fa, sempre dice: ‘Gesù!’. E io, una volta, gli ho chiesto: ‘Ma perché sempre dici ‘Gesù’?’. ‘Ma ... quando io dico ‘Gesù’ – mi ha detto questo uomo umile – mi sento forte, mi sento di poter lavorare, e io so che Lui è al mio fianco, che Lui mi custodisce’. Quest’uomo – ha osservato il Papa - non ha studiato teologia, ha soltanto la grazia del Battesimo e la forza dello Spirito. E questa testimonianza – ha affermato Papa Francesco - a me ha fatto tanto bene”: perché ci ricorda che “in questo mondo che ci offre tanti salvatori”, è solo il nome di Gesù che salva. In molti – ha sottolineato – per risolvere i loro problemi ricorrono ai maghi o ai tarocchi. Ma solo Gesù salva “e dobbiamo dare testimonianza di questo! Lui è l’unico”. Infine, ha invitato a farsi accompagnare da Maria: “la Madonna sempre ci porta a Gesù”, come ha fatto a Cana quando ha detto: “Fate quello che Lui vi dirà!”. Così – ha concluso il Papa – affidiamoci al nome di Gesù, invochiamo il nome di Gesù, lasciando che lo Spirito Santo ci spinga “a fare questa preghiera fiduciosa nel nome di Gesù … ci farà bene!”.

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    Papa Francesco: azione decisa contro chi abusa dei minori e aiuto alle vittime

    ◊   Continuare nella “linea voluta da Benedetto XVI” contro i membri del clero autori di abusi sessuali contro i minori. È quanto ha chiesto questa mattina Papa Francesco nel ricevere in udienza mons. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Al dicastero, il Papa – si legge in un comunicato – “ha raccomandato in particolar modo” di agire “con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli, l’impegno delle Conferenze episcopali nella formulazione e attuazione delle direttive necessarie in questo campo tanto importante per la testimonianza della Chiesa e la sua credibilità”.

    Il comunicato termina affermando che Papa Francesco ha assicurato che le vittime di abusi sono presenti in modo particolare “nella sua attenzione e nella sua preghiera per i sofferenti”.(A cura di Alessandro De Carolis)

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    Il Papa nomina mons. Grušas nuovo arcivescovo di Vilnius

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattina mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

    In Lituania, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Vilnius, presentata per raggiunti limiti di età dal cardinale Audrys Bačkis. Al suo posto, Papa Francesco ha nominato l’arcivescovo Gintaras Grušas, trasferendolo dall’Ufficio di Ordinario Militare per la Lituania.

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    Il Papa scoprirà una targa che intitola a Giovanni Paolo II in Piazza S. Giovanni in Laterano

    ◊   La solenne liturgia per l’insediamento di Papa Francesco sulla Cattedra romana, in programma per domenica prossima alle 17.30 in San Giovanni in Laterano, vedrà un’importante novità. Una nota della Prefettura della Casa Pontificia comunica che, attorno alle 17, prima di presiedere la Messa, il Papa scoprirà una targa toponomastica con la quale il piazzale antistante il Palazzo del Vicariato cambierà nome da “Piazza San Giovanni in Laterano” in “Largo Beato Giovanni Paolo II”. Alla cerimonia, saranno presenti fra gli altri il cardinale vicario, Agostino Vallini, e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in compagnia di due assessori del Comune capitolino. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    “Rinnovarsi continuamente”. P. Spadaro presenta la nuova “Civiltà Cattolica”, sempre più digitale

    ◊   “Civiltà Cattolica è una tradizione che vive di futuro”: è quanto affermato, stamani, dal direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro. L’occasione è stata la presentazione in Sala Stampa Vaticana del primo numero della nuova versione cartacea e digitale del quindicinale, fondato il 6 aprile del 1850 e che si distingue per uno speciale rapporto di interazione con la Segreteria di Stato. All’evento, assieme a padre Spadaro, sono intervenuti mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero per le Comunicazioni Sociali, e mons. Antoine Camilleri, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. La conferenza è stata moderata dal direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, che ha anche ricordato i suoi anni di servizio alla Civiltà Cattolica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un rinnovamento che tocca il cuore e non solo la faccia di “Civiltà Cattolica”, cercando sempre, come insegnato da Sant’Ignazio di Loyola, di “trovare Dio in tutte le cose”. La presentazione in Sala Stampa vaticana delle novità della rivista dei gesuiti ha avuto una dimensione quasi familiare. Tutti i relatori, infatti, hanno avuto o hanno un rapporto diretto con il quindicinale. Mons. Claudio Maria Celli, oggi a capo del dicastero delle Comunicazioni sociali, ha ricordato gli anni in cui era in Segreteria di Stato e aveva dunque un rapporto diretto e costante con il direttore di allora, padre Salvini, presente in Sala. Il rapporto, ha detto, è sempre di “interazione costruttiva”. Del resto, come ha osservato padre Lombardi – anche lui forte di un’esperienza decennale – a Civiltà Cattolica, gli articoli della rivista sono quasi sempre espressione della proposta del Collegio degli scrittori. Mons. Celli ha quindi sottolineato la più grande sfida che oggi si pone alla Chiesa nel mondo della comunicazione e che “Civiltà Cattolica” ha accolto in pieno, anche nel suo impegno sul Web 2.0, la sfida del linguaggio:

    “Credo che una delle grandi sfide che oggi la Chiesa deve affrontare nel suo insieme sia proprio quella del ricorso a un linguaggio che possa essere comprensibile dagli uomini e dalle donne di oggi”.

    Concetti ripresi anche da mons. Camilleri, che offrendo il punto di vista della Segreteria di Stato, ha sottolineato lo spirito innovatore dei Gesuiti del 2013, che riprende quello dei fondatori di “Civiltà Cattolica”. Oggi, come un secolo e mezzo fa, ha detto il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, “Civiltà Cattolica” intende aiutare il lettore “a pensare cristianamente la realtà”. Ha così ricordato le parole di Papa Montini, un Pontefice molto legato alla rivista dei Gesuiti:

    “Paolo VI definì la fondazione della rivista un ‘gesto d’audacia’ in un contesto ‘privo di cultura proporzionata ai bisogni e alle aspirazioni delle nuove generazioni’. E definì la rivista stessa ‘giovanile e pugnace’. Oggi, occorre quella stessa audacia e sono qui non solo per testimoniare il consolidato legame tra la Segreteria di Stato e ‘La Civiltà Cattolica’, ma anche per augurarvi la stessa audacia dei vostri predecessori”.

    Mons. Camilleri ha quindi concluso il suo intervento rammentando l’augurio che Giovanni XXIII rivolse nel 1963 a padre Roberto Tucci, allora direttore di “Civiltà Cattolica”: la “rivista sia sempre più giovane a misura del suo invecchiare”. E’ stata dunque la volta di padre Antonio Spadaro, che ha illustrato le novità: innanzitutto un cambio di veste grafica e l’introduzione di nuove rubriche, come il “Focus”. Quindi, l’approdo della rivista su tutti i tablet, il potenziamento della presenza sui Social Network e ancora, grazie a Google, l’accesso gratuito di tutti i fascicoli pubblicati dal 1850 al 2008. E’ inoltre allo studio il progetto di un’edizione in lingua inglese di “Civiltà Cattolica”. La rivista “cambia per essere se stessa”, ha detto padre Spadaro, indicando qual è la sua grande forza:

    “Il nostro vero tesoro come rivista della Compagnia di Gesù è questa forma mentis che ha la sua radice nella spiritualità di Ignazio di Loyola: una spiritualità umanistica, curiosa e attenta alla ricerca della presenza di Dio nel mondo, che nei secoli ha forgiato santi, intellettuali, scienziati e formatori… e anche un Papa”.

    Padre Spadaro ha, così, manifestato la gioia che come gesuita prova nell’avere un suo confratello alla Cattedra di Pietro. Un Papa di cui i Gesuiti riconoscono immediatamente la dimensione ignaziana. E non si è sottratto alla curiosità di una giornalista che gli ha chiesto se sia possibile che Papa Francesco scriva un articolo per “Civiltà Cattolica”:

    “La Civiltà Cattolica può ospitare solo articoli scritti da gesuiti. Il Papa è gesuita e ovviamente potrebbe scrivere… Vedremo!”

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Papa Francesco è vicino alle vittime di abusi: udienza al prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, arcivescovo Gerhard Ludwig Müller.

    Per una Chiesa dalle porte sempre aperte: la lettera pastorale dell'allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires.

    Le tabelline con il metodo Bergoglio: da Buenos Aires, Cristian Martini Grimaldi a colloquio con suor Maria Ilda, anziana insegnante del collegio Nuestra Senora de la Misericordia.

    Il pericolo delle buone intenzioni: in cultura, Roberto Pertici e Francesco D'Agostino sul libro di Lucetta Scaraffia e Oddone Camerana in cui ricostruiscono la storia sociale dell'eugenetica, analizzandone le ramificazioni e le implicazioni di lungo periodo.

    Antonio Paolucci sul "cielo visto da vicino": da domani sarà possibile accedere a una serie di locali mai aperti al pubblico e i visitatori potranno raggiungere il sottotetto e ammirare la sommità del duomo di Siena, e un articolo di Mario Lorenzoni sui quasi tre decenni di lavori a sedici metri di altezza.


    Crisi etica prima ancora che economica: nell'informazione religiosa, nota del sinodo della Chiesa ortodossa di Cipro sulle cause dell'emergenza finanziaria.

    Più invecchia più è giovane: Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, sulla nuova veste grafica della "Civiltà Cattolica".

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la partita a scacchi nella penisola coreana: Seoul dispiega sistemi antimissile in risposta alle manovre di Pyongyang.

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    Oggi in Primo Piano



    Offshore leaks: è terremoto sui grandi evasori fiscali nel mondo

    ◊   Si chiama "Offshore leaks" ed è il più duro e vasto attacco mai realizzato al buco nero dell'economia mondiale. Oltre un centinaio di migliaia di evasori, tra cui 200 italiani finiti nel database sui "paradisi fiscali", sono contenuti nel Rapporto stilato dal Consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta di Washington con la collaborazione di 38 testate, tra cui l’Espresso. Nel mirino, 12 mila società, molte grandi banche. Ed è già bufera sull’Eliseo. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Politici, industriali, oligarchi, trafficanti d’armi e uomini della finanza internazionale: sono i grandi evasori mimetizzati nei "paradisi fiscali" che spuntano fuori dalla imponente mole di documenti segreti raccolti, in un anno, dal Consorzio dei giornalisti d'inchiesta con sede a Washington. 130 mila titolari di conti correnti e investimenti tramite 12 mila società offshore lungo un arco temporale di 30 anni, per un ammontare di somme sottratte al fisco dei 170 Paesi di provenienza stimato tra i 21 mila e i 32 mila miliardi di dollari. I primi risultati sono già apparsi sui quotidiani inglese Guardian, sull'americano Washington Post, sul francese Le Monde. Per l'Italia, il caso è stato seguito dal L'Espresso. Finora, il nome più celebre a finire nelle maglie dell’Inchiesta è quello di Jean Jaques Augier, titolare di conti alle Cayman, e tesoriere della campagna elettorale del presidente francese, Hollande, che ha però ammesso di non saperne niente. C’è poi la Russia con i responsabili di Gazprom e la moglie del vicepremier Shuvalov, l'oligarca Michail Fridman. Ancora, l’industriale tedesco Gunter Sachs. Sotto accusa anche gli investmenti offshore di Grecia e Spagna. Tra i "paradisi fiscali" più ambiti, le Isole Cook e le Isole Vergini. Il portavoce della Commissione Ue, Bailly, promette amare conseguenze per tutti i luoghi che accettano o nascondono i proventi dell'evasione che ogni anno nell'Unione europea supera i mille miliardi di euro.

    Un'inchiesta dalle cifre globali che pone in essere tante questioni. Al microfono di Cecilia Seppia, il commento di Luigi Paganetto, docente di Economia internazionale all’Università Tor Vergata:

    R. – Siamo ancora di fronte a un sistema finanziario internazionale che non ha regole condivise e soprattutto con aree di salvaguardia per coloro che vogliono evadere il fisco. Questo è un problema che finisce addirittura per determinare una concorrenza tra aree che attraggono questi capitali.

    D. – Somme sottratte al fisco per cifre comprese tra i 21 mila ed i 32 mila miliardi di dollari: quanto questi soldi sarebbero potuti servire, o potrebbero servire, per ridare ossigeno ai Paesi in difficoltà e risolvere questa crisi economica finanziaria che stiamo vivendo?

    R. – Io credo che il punto è anche questo, ma è soprattutto quello di tener presente che queste somme sottratte al fisco finiscono per aumentare l’ineguaglianza dei redditi a livello dei singoli Paesi e tra i Paesi, perché questo fenomeno – largamente documentato anche dall’indagine dell’Ocse – è un fenomeno importante. È chiaro che chi si sottrae al fisco è chi ha un reddito molto elevato, o comunque tale da indurlo a rischiare per ottenere questo vantaggio. È anche evidente anche che questo aumenta la percentuale di coloro che ottengono redditi alti senza pagare la tassazione e sottraggono queste risorse a una distribuzione verso coloro che hanno meno.

    D. – Tante le banche coinvolte e anche questo è un dato che fa riflettere, visto proprio il ruolo degli istituti di credito nella crisi...

    R. – Le istituzioni bancarie hanno una propensione a determinare una certa professionalità che serve ai clienti per collocare i loro capitali là dove sono più protetti. Questo riguarda il modo e le regole attraverso cui sono regolate appunto le banche. L’idea che oggi in Europa si stia realizzando un sistema di sorveglianza bancaria unificato significa che è qualcosa comunque sta cambiando nella direzione giusta.

    D. – Molte anche le istituzioni compromesse in questa indagine: il caso della Francia con il tesoriere della campagna elettorale del presidente Hollande, che sarebbe poi titolare di conti alle Cayman. Poi c’è la Germania: c’è bisogno di ricorrere ai ripari con sistemi più controllati, anche legislativamente parlando?

    R. – Non c’è dubbio. Questo è un problema di grandissima importanza, perché quello che colpisce l’osservatore è la coazione a ripetere: la tendenza per cui, nonostante i tanti casi in cui queste questioni vengono fuori, c’è comunque la propensione di tanti a cercare a evitare di pagare il giusto. Questo è qualcosa che merita una tensione politica molto forte.

    D. – Tra i “paradisi fiscali” che sono stati individuati in questa inchiesta ci sono le Isole Vergini, le Cook... Il premier britannico Cameron ha detto che porterà il caso al prossimo G8. Quindi, riflettori accesi su un caso che spaventa e forse è la prima volta a livello globale…

    R. – Sì, sta crescendo l’attenzione. Però, qui c’è un aspetto che bisogna considerare: indubbiamente, il premier inglese queste cose le ha dette, ma va anche ricordato che la Gran Bretagna è il più grande centro finanziario internazionale a livello europeo. Che ci sia una così attenta considerazione da parte del premier è naturale: si vorrebbe che non ci fosse una concorrenza da parte di soggetti come le Cayman, o come altri “paradisi fiscali”, perché questi redditi finirebbero per collocarsi nel mondo finanziario londinese che è certamente quello più attraente e più organizzato.

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    La Nord Corea invita il personale straniero a evacuare le ambasciate

    ◊   Si aggrava la situazione in Corea del Nord. Pyongyang ha chiesto al personale di tutte le ambasciate straniere di prepararsi ad evacuare. La Russia ha riferito che ci sarebbero contatti con la Cina, gli Stati Uniti e la Corea del sud proprio su questa indicazione di Pyongyang. Solo stamani, fonti sudcoreane, avevano riferito della presenza di due missili a medio raggio nei pressi della costa orientale. Il servizio di Benedetta Capelli:

    La situazione potrebbe cambiare da un momento all’altro. A preoccupare la comunità internazionale è l’ordine delle autorità nordcoreane di evacuare il personale di tutte le ambasciate straniere a Pyongyang. Mosca per prima ha risposto di non avere l’intenzione di lasciare il Paese. Secondo alcune fonti, la decisione nordcoreana sarebbe dettata dalla “fase delicata” che si sta vivendo. Solo in mattinata, Seul aveva reso noto la presenza di due missili a medio raggio su lanciatori mobili, nascosti in un impianto non meglio identificato nei pressi della costa orientale: manovre nordcoreane che precluderebbero a un imminente lancio. Proprio per questo, la Corea del Sud ha dispiegato due navi con sistemi per intercettare missili lungo le coste del Mar Giallo e del Mar del Giappone. Ieri, anche gli Stati Uniti avevano fatto la stessa cosa davanti alle acque sudcoreane. Intanto, nelle Filippine si stanno svolgendo esercitazioni congiunte tra Washington e Manila, con quattromila gli uomini impiegati. A Berlino, il ministro degli Esteri tedesco, Westerwelle, ha convocato l’ambasciatore della Corea del Nord per esprimere “inquietudine” per quanto sta accadendo.

    Della minaccia nucleare della Corea del Nord, Benedetta Capelli ha parlato con Angelo Baracca, esperto di disarmo nucleare e docente di fisica all’Università di Firenze:

    R. – Credo che ci sia proprio questo paradosso eclatante. Per le smanie di potenza e in particolare delle cinque potenze nucleari, non si è mai trattato un vero disarmo, ormai le armi sono realizzabili da un Paese minuscolo come la Corea, con scarsi mezzi, quindi sono un’arma facilmente accessibile, che ha effetti distruttivi talmente spaventosi, per cui siamo proprio alla follia completa. Qui, purtroppo, l’imponderabilità della minaccia vera della Corea del Nord è proprio la prova che le armi nucleari sono un controsenso, sono un delitto contro l’umanità solo per la loro esistenza. La sola minaccia di usare armi nucleari è stata dichiarata illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 1996, mi pare. Siamo, dunque, nell’illegalità più completa. Purtroppo, in questo momento, siamo tutti col fiato sospeso perché basta un nulla per scatenare il finimondo.

    D. – Stati Uniti e Russia tempo fa hanno sottoscritto un accordo per ridurre gli armamenti nucleari, ma Paesi come la Corea del Nord e l’Iran invece fanno scelte diverse. Quanto è grande la minaccia nucleare per il mondo?

    R. – Il nuovo “Start”, stilato tre anni fa da Mosca e da Washington, è in gran parte un accordo al ribasso, senz’altro è meglio che nulla, ma limitare il numero di testate nucleari a 1550 per parte, per il 2017, quando ci sono ancora stock di armi nucleari... Le armi nucleari presenti nel mondo ancora intatte si aggirano sulle 19 mila e questo non viene detto alla gente. In parte, certo, le armi non sono in stato operativo ma sono armi intatte che possono essere riportate allo stato operativo in caso di crisi. Ora ci troviamo di fronte ad una crisi. Questo dimostra allora che il disarmo nucleare è tale solo con l’eliminazione totale e controllata di tutti gli armamenti nucleari che esistono sulla faccia della Terra. Purtroppo l’assurdo sta nell’esistenza delle bombe nucleari, nel fatto che i politici del mondo non abbiano mai voluto eliminarle. Ad Oslo, il mese scorso, c’è stato un evento a cui hanno partecipato rappresentanti di 132 Paesi; la riunione verteva sulla minaccia nucleare, sugli effetti disastrosi di un piccolo test nucleare sull’atmosfera, l’agricoltura e gli equilibri mondiali. Le cinque potenze nucleari che siedono nel Consiglio di Sicurezza non hanno accettato di partecipare: non vogliono mettere sul tavolo della trattativa i loro armamenti nucleari. Il guaio sta a monte!

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    Pagamento debiti domani al Cdm. Istat: record pressione fiscale, balza al 52%

    ◊   Il tema dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle aziende dovrebbe essere affrontato domani dal Consiglio dei ministri. Intanto l’Istat rileva che nel quarto trimestre 2012 la pressione fiscale è balzata al 52%. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Vola la pressione fiscale, colpa di nuove imposte e aumenti vari. Cosi' nel quarto trimestre dell'anno scorso si arriva al 52% secco, 1,5 punti in piu' ispetto al 50,5% del quarto trimestre 2011. Anche il dato annuale cresce: dal 42,6% del 2011 al 44% del 2012. Un macigno che pesa sulle famiglie, costrette a ridurre i consumi, ma anche sulle aziende, come dice Vincenzo Mannino, segretario generale di Confcooperative:

    “Si vede con molta chiarezza che gli utili significativi sono solo sulle vendite all’estero. Questo spiega in che modo si riesce ad andare avanti anche in presenza di una pressione fiscale elevata e di altri vincoli che abbiamo in casa alla produttività”.

    Un primo aiuto potrebbe arrivare dallo sblocco di pagamenti della pubblica amministrazione. L’effetto sarebbe duplice: evitare che si blocchino i cantieri e arginare la perdita di posti di lavoro. Insomma, il sistema ha bisogno di soldi, anche perché le aziende rischiano sempre meno. Secondo la Confederazione nazionale artigianato, tra il 2007 e il 2012 si sono persi 6,7 miliardi di euro in investimenti. Reggono però le cooperative agricole, lo scorso anno il 32% di esse ha puntato proprio sugli investimenti per crescere.

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    Crisi. Tre suicidi in famiglia nelle Marche. Mons. Menichelli: politici pensino alla gente non ai partiti

    ◊   Tragedia familiare a Civitanova Marche, in provincia di Macerata. Due coniugi si sono suicidati, probabilmente per questioni economiche: lui, 62 anni, era un esodato, lei, 68, era in pensione e non avevano più i soldi per pagare l’affitto. Hanno lasciato un biglietto chiedendo perdono per il gesto. Appresa la notizia, anche il fratello 73enne della donna, si è tolto la vita. Una vicenda drammatica che ci ricorda come la crisi stia colpendo in modo durissimo la popolazione italiana. Ascoltiamo il commento dell’arcivescovo di Ancona e vice-presidente della Conferenza episcopale delle Marche, mons. Edoardo Menichelli, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – E’ una cosa che ci rattrista molto. Purtroppo, mi pare che questo tipo di situazioni, così tragiche, si stiano ripetendo. Situazioni di questo tipo impongono delle riflessioni. La prima è quella di rioffrirci percorsi di speranza, che passino attraverso due parole chiave: la sobrietà e la solidarietà. E’ vero che siamo in una stagione difficoltosa, ma è anche vero che ci sono situazioni ben diversificate. Non dico che ci sia gente che naviga in chissà quale tipo di situazione felice, tuttavia credo sia necessario che questa forte spaccatura, che nella società italiana si è verificata, si debba risolvere. Credo allora che “solidarietà” e “sobrietà” siano le due parole utili e necessarie in questo tempo, per ridare speranza. Una solidarietà che passa attraverso il donare, ma anche attraverso l’offrire il proprio tempo, la propria vicinanza. Certo, casi come questo, in cui l’uomo fa parte di quella categoria strana detta degli “esodati” e in cui la moglie, poco più grande di lui, vive di una pensione, che all’improvviso si trovano sfiancati in tutto, non ci resta che affidarli alla misericordia di Dio, e non ci resta che farne analisi più profonde, sulle quali poi naturalmente compiere dei passi concreti.

    D. – Che cosa può fare la politica in questo momento, che noi vediamo anche di forte stallo?

    R. – Qui bisogna che la politica abbandoni questo esercizio sofisticato delle appartenenze e recuperi la dignità della comprensione della vita delle persone. Purtroppo in Italia siamo caduti dentro questi strani diaframmi, che non consentono di dialogare, di parlare. Siamo diventati all’improvviso incapaci di porre in atto una parola sapienziale. Credo che sia necessario, invece, che la politica ritorni ad essere quell’opera santa di carità e di attenzione. Lo so, sono parole, ma più di questo la Chiesa che può fare, se non rianimare una mortificante situazione e dire a tutti di questa grande responsabilità? A quelli che giocano a fare la politica come scherzo; a quelli che si sono arricchiti con la politica e a quelli che non sanno più cosa sia la parola “politica”. Bisogna ricominciare dagli ultimi; bisogna ridare dignità alla persona e bisogna togliere le ingiustizie legalizzate, perché ce ne sono parecchie in giro.

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    Milano. Tribunale: incostituzionale il divieto della eterologa. Il parere di D'Agostino

    ◊   Nuova questione di incostituzionalità della legge 40 che in Italia regola la fecondazione assistita. A sollevarla è il Tribunale di Milano che, rispondendo al ricorso di una coppia sterile, ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sul divieto della fecondazione eterologa in quanto esso si porrebbe in contrasto con alcuni principi costituzionali, tra cui il diritto all'autodeterminazione della coppia, il principio di eguaglianza tra coppie e il diritto alla salute. Il divieto contenuto nella legge 40 condizionerebbe "la possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili" di "poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare". Su questo nuovo pronunciamento Adriana Masotti ha sentito il parere di Francesco D’Agostino, presidente Unione giuristi cattolici italiani:

    R. – Mi sembra che, per l’ennesima volta, i giudici nel riflettere sui grandi problemi che nascono dalla procreazione assistita abbiano preso in considerazione esclusivamente gli interessi e anche i diritti della coppia – che spera di diventare una coppia genitoriale – e hanno lasciato completamente fuori da ogni considerazione gli interessi e soprattutto i diritti dei bambini, che potrebbero venire al mondo con la procreazione eterologa. Perché, attraverso la procreazione eterologa si creano – oramai lo sappiamo tutti benissimo – più figure genitoriali alternative tra di loro. In questo contesto di disarticolazione della struttura familiare, parlare semplicemente di diritto alla salute della coppia sterile o di eguaglianza tra le coppie, o di autodeterminazione, significa cogliere un aspetto, del tutto secondario, di questa complessa problematica. Perché se è vero, come oramai ripetiamo tutti, che i diritti dei bambini devono sempre essere considerati prioritari, mai come nella fecondazione eterologa, essi vengono messi da parte. Mi auguro che la Corte costituzionale allarghi il suo orizzonte e prenda in considerazione anche questo aspetto del problema.

    D. – Inutile dire che le prime reazioni a questa ordinanza del Tribunale civile di Milano sono favorevoli ed è così in genere quando si tocca la legge 40. Quale spiegazione possiamo darci a questo attacco continuo verso questa legge?

    R. – C’è un fenomeno interessante: il referendum che venne promosso sulla Legge 40, ce lo ricordiamo tutti, fallì vistosamente. Non si raggiunse il quorum. A mio avviso questo capiterebbe ancora oggi, perché la gran parte della popolazione italiana non percepisce il problema della fecondazione artificiale come un problema prioritario. A fronte di questi atteggiamenti inequivocabili, esistono però atteggiamenti ideologici di alcuni gruppi libertari, sicuramente minoritari, che riescono a occupare le pagine dei giornali e ad attirare su di sé un’attenzione sproporzionata alla rilevanza delle loro pretese. Io credo che su questo sarebbe giunto il momento di fare un discorso molto onesto e molto chiaro: non possiamo lasciarci suggestionare da piccoli gruppi che pretendono di orientare eticamente il Paese su valori che sono minoritari. E dispiace vedere organi di stampa di grande livello che non percepiscono questo aspetto del problema e danno una rilevanza indebita a notizie di questo tipo.

    D. – E’ curioso che in nome della famiglia, del diritto ad avere figli ecc.., si facciano battaglie, ma poi nessuno pensi ad un sostegno reale…

    R. – Quella della famiglia è una piaga aperta nella realtà italiana da molti e molti decenni, perché nonostante abbia un grande rilievo costituzionale, la famiglia viene sistematicamente marginalizzata dalle politiche sociali del nostro Paese, che preferiscono invece dare credito e aprire dibattiti su problemi – anche qui reali ma minoritari, come quelli delle convivenze – e non attivare una politica di forte sostegno sociale alle famiglie fondate sul matrimonio, secondo il dettato dell’articolo 29. A me impressiona sempre vedere gli sperticati elogi che continuamente vengono fatti dalla nostra Costituzione – elogi più che giustificati, che sia ben chiaro – a cui però non corrisponde quel minimo di onestà intellettuale che induca a vedere che la nostra Costituzione è a favore della famiglia fondata sul matrimonio. Questo giustificherebbe interventi sociali che sono assolutamente carenti dalla politica di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni.

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    L'Aquila, 4 anni dopo il sisma. Mons. Molinari: città da ricostruire, non perdiamo la speranza

    ◊   Sono passati 4 anni dal terremoto che il 6 aprile del 2009 ha devastato l’Abruzzo e, in particolare, la città dell’Aquila provocando la morte di 309 persone. Nonostante gli impegni assunti dal mondo della politica, la ricostruzione procede a rilento come sottolinea al microfono di Benedetta Rinaldi, l’arcivescovo dell'Aquila, mons. Giuseppe Molinari:

    R. – Io, all’inizio, cercavo di vedere le cose in maniera ottimistica, perché effettivamente sentivo dire che questo sarebbe diventato il cantiere più grande d’Europa. Si parlava di soldi che sarebbero affluiti, dell’economia che sarebbe ripartita… Un vescovo delle Puglie, che incontrai qualche settimana dopo il sisma, mi disse: “Giuseppe, ma ci credi proprio che arrivino, questi soldi?”. Mi era sembrato il massimo del pessimismo, però dopo quattro anni devo dare ragione a questo amico vescovo che forse era passato in situazioni analoghe e vedeva tanto difficile la realizzazione di queste promesse. A parte tutto questo, poi c’è stata la crisi. E tuttavia, io ho cercato di ricordare sempre – poiché è responsabilità della politica, dell’amministrazione pubblica – che in fondo qualcosa si sarebbe potuto incominciare a fare.

    D. – Le parole di Papa Francesco, il suo invito a rinnovare le periferie del mondo, infondono speranza anche in una città come L’Aquila, ancora profondamente ferita…

    R. – Il sisma ci ha fatto diventare ancora più periferia, quindi lo sentiamo alleato nostro, alleato dei nostri problemi. Il suo messaggio richiama l’attenzione di tutti sugli ultimi, sulle periferie del mondo e dell’esistenza. E noi ci sentiamo periferia, da quattro anni: a parte alcune ricostruzioni nella periferia della città, il centro storico è ancora – purtroppo – come quattro anni fa. Però, non perdiamo la speranza.

    Sulle difficoltà nella ricostruzione si sofferma, al microfono di Benedetta Rinaldi, anche Giustino Parisse, giornalista del quotidiano “Il Centro”, che nel terremoto del 6 aprile 2009 ha perso il padre e i suoi due figli:

    R. – Oggi, di ciò che è crollato il 6 aprile 2009 alle 3.32, nulla è stato ricostruito. Quello che è stato ricostruito – si fa per dire – sono le case che non sono crollate e nemmeno danneggiate. Per quanto riguarda il resto, nel centro storico siamo all’anno zero.

    D. – Dov’è il punto di collasso della situazione?

    R. – Io direi che il punto di collasso è nei soldi. Quando il governo dice che ci sono i soldi, sono quelli stanziati prima di Natale dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica). Sono circa due miliardi e mezzo. Ma questi soldi, materialmente, non sono ancora arrivati. Di questi due miliardi e mezzo, la gran parte è già impegnata. Questi soldi sono stati già spesi: nel senso che, appena arrivano, il Comune li deve dare a chi ha già fatto dei lavori. Per il centro storico dell’Aquila saranno disponibili 800 milioni, di cui 600 milioni proprio per il cuore della città e 200 milioni per la periferia. Ora, questi 800 milioni sono una goccia nel mare della ricostruzione della città. Adesso, all’Aquila che cosa succederà tra qualche mese? Quando arriveranno questi pochi soldi, scoppierà la guerra dei poveri. Quando inizieranno i cantieri, questa contestazione andrà sempre a crescere. Quello che serve è un flusso garantito e continuo per i prossimi cinque-dieci anni, di almeno un miliardo, due miliardi l’anno. Solo così L’Aquila sarà ricostruita. La città dobbiamo ricostruirla noi aquilani, però lo Stato deve darci i mezzi per farlo.

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    Il card. Vallini invia 20mila neocatecumenali ad annunciare Gesù in 100 piazze di Roma

    ◊   A partire dal 7 aprile per cinque domeniche consecutive l’annuncio del Vangelo risuonerà in 100 piazze di Roma. Ad inviare domani mattina i circa 20mila appartenenti al Cammino neocatecumenale, che compongono le 500 comunità presenti nella capitale, sarà il cardinale vicario Agostino Vallini nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura. Questa missione di annuncio dell’amore di Dio, nell’Anno della Fede, si tiene non soltanto a Roma ma in circa 10mila piazze di tutto il mondo. Il servizio di Debora Donnini:

    Cristo viene a liberarci dalla paura della morte e a darci una vita nuova. Dal centro alle periferie di Roma giovani, famiglie con bambini, anziani, sacerdoti, religiose porteranno questo annuncio. Questa Grande Missione si tiene nell’Anno della fede. Le circa 500 comunità si riuniranno, in gruppi di 5, in ciascuna delle 100 piazze della città con un ambone e una croce per creare un ambiente di preghiera ma anche di festa con canti accompagnati dalle chitarre. Un ragazzo e una ragazza daranno quindi la testimonianza di cosa ha significato incontrare il Signore risorto nella loro vita, poi ci sarà una breve catechesi dai contenuti esistenziali, con alcune domande, di volta in volta: Chi è Dio per te? Qual è il senso della vita? Qual è la tua esperienza della Chiesa? Sentiamo l’iniziatore, assieme a Carmen Hernandez, del Cammino neocatecumenale, Kiko Arguello:

    R. - Quando il Papa ha indetto l’Anno della Fede sia il Pontificio Consiglio per i Laici sia il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione ci hanno domandato come il Cammino pensasse di contribuire. Noi abbiamo risposto che una delle forme con le quali avremmo potuto contribuire – che è quello che facciamo già nelle missio ad gentes in tutto il mondo – sarebbe stato andare nelle piazze ad annunciare il kerygma, la Buona Notizia, la notizia di un Fatto: Cristo morto e risorto e asceso al Cielo, che sta intercedendo per ogni uomo, adesso. Allora, quando si accoglie questa notizia che Cristo ha offerto la sua vita per noi, si attua nella persona. Per questo è importantissimo annunciare la Buona Notizia, uscire dalle parrocchie – come ha detto Papa Francesco – e andare alle periferie, non solamente fisiche ma anche "esistenziali", andare ad incontrare l’uomo moderno. Allora abbiamo pensato, nel tempo pasquale, di andare tutte le domeniche. Abbiamo tantissimi giovani che andranno con le chitarre, con una Croce, e daranno una testimonianza per preparare la piazza, anche con danze e canti, al momento dell’annunzio del kerygma a tutti.

    D. - Papa Francesco, da arcivescovo di Buenos Aires, aveva accolto con favore questa iniziativa che si terrà anche nell'arcidiocesi da lui finora guidata?

    R. – Prima di venire al Conclave, l’équipe responsabile dell’Argentina – la responsabile è una donna e si chiama Pilar Antelo - aveva chiesto udienza per presentargli questo progetto. Siccome lui non poteva riceverli perché stava venendo a Roma per il Conclave, lui stesso ha chiamato questa sorella responsabile dell’équipe itinerante e lei gli ha spiegato per telefono – perché il cardinale Jorge Mario Bergoglio era già all’aeroporto per venire al Conclave – perché volevano vederlo, la missione nelle piazze, i cinque incontri. E lui era contentissimo e le ha detto di parlarne con il vescovo ausiliare, di segnalare le piazze e di “contare” sulla sua benedizione e sul suo appoggio.

    A inviare domani i presenti sarà il cardinale vicario Agostino Vallini. Gli abbiamo chiesto quanto è importante oggi annunciare il Vangelo:

    R. – Siamo molto lieti di questa iniziativa presa dalle Comunità neocatecumenali nella linea, appunto, della missionarietà della Chiesa. E’ importante perché dove la gente passa, come nelle piazze, ha l’opportunità di una presenza, di una testimonianza, anche di un annuncio: l’annuncio fatto proprio da persone cristiane che con coraggio raccontano che Gesù è il Signore. Allora abbiamo incoraggiato questa proposta, la sosteniamo e domani mattina io darò il mandato lì, nella Basilica di San Paolo, a tutti questi coraggiosi missionari.

    D. – Ci saranno tante famiglie con bambini, anziani, giovani, sacerdoti. Questa immagine del Popolo di Dio, che va ad annunciare il Vangelo come Duemila anni fa, la colpisce anche pensando alle parole recenti che Papa Francesco ha detto sulla necessità di andare alle periferie?

    R. – Certo! Si tratta di una periferia spirituale, più che di una periferia della struttura urbanistica. E’ giusto ed è proprio nella linea dell’impegno missionario che la Chiesa di Roma da anni porta avanti, soprattutto dopo la missione cittadina, e trova nell’invito e nell’incoraggiamento di Papa Francesco una grande conferma e un grande incoraggiamento: un motivo in più per poter dare a questa iniziativa un grande impulso e viverla con grande generosità.

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    "Il laboratorio dei talenti": presentata la Nota Cei sul valore e la missione degli oratori

    ◊   “Il laboratorio dei talenti” è il titolo del documento pastorale sugli oratori presentato oggi a Roma a cura delle Commissioni episcopali per la Cultura e le Comunicazioni Sociali e per la Famiglia e la Vita della Cei. Inserita negli orientamenti pastorali del decennio sulla "buona educazione al Vangelo", la Nota vuole essere un segno di riconoscimento per il servizio assicurato da tanti oratori e un incoraggiamento per un loro ulteriore sviluppo. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Un documento tra memoria e profezia che legga in modo unitario l’esperienza di 450 anni di vita degli oratori e la rilanci verso le sfide poste dalla modernità. Questa in sintesi è la nota che i vescovi italiani dedicano agli oratori, "ponti tra Chiesa e strada", come li definiva Giovanni Paolo II. Il protagonismo delle nuove generazioni e le loro potenzialità sottolineate nel titolo “Laboratori di talenti”. Mons. Enrico Solmi presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita:

    “Ogni giovane è portatore di un talento, cioè di una grande ricchezza. L’oratorio è questo luogo costruttivo, di crescita, dove si sperimenta, anche nella relazione, il comporre insieme queste ricchezze”.

    Dalla nota emerge che la tradizione degli oratori continua a innovarsi, oggi ancora di più di fronte alla rilevante sfida educativa in atto e al pervasivo relativismo: in 6000 strutture censite c’è chi si riorganizza e c’è il nuovo che si fa avanti, specie al Centro e al Sud. Ancora mons. Solmi:

    “Certamente ci sono, come lo delinea il documento, alcune tipologie ben precise a livello piemontese, a livello romano, a livello milanese. Ma ancor di più c’è un’attenzione rinata su queste forme aggregative. C’è anche la voglia di smarcarle rispetto a tipologie troppo precise. E direi ci sia anche, però, un ripensamento su chi debba gestire gli oratori e sulle figure preminenti, che devono essere gli oratori. Auspichiamo che ci siano giovani, che vengono da esperienze di pastorale, da esperienze aggregative di oratori, che quello che gratuitamente hanno ricevuto siano ora in condizione di offrirlo gratuitamente”.

    Due le novità cui l’oratorio deve tener conto. Le ricorda mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura:

    “Oggi, i fruitori dell’oratorio cambiano come cambia il volto della società. Quindi, noi ci ritroviamo per esempio con una 'fetta' sempre più consistente di figli d’immigrati. C’è, dunque, una multiculturalità e anche una presenza interreligiosa - sono fenomeni nuovi, con cui gli oratori devono fare i conti - e ci sono anche le nuove tecnologie, le nuove forme di comunicazione, che stanno plasmando le nuove generazioni. Gli oratori, dunque, si stanno rinnovando e rimodulando secondo questi nuovi contesti e queste nuove esigenze”.

    Fondamentali le raccomandazioni che emergono per tutte le forme di oratori antichi e nuovi, che stanno nascendo, e le ricorda mons. Claudio Giuliodori:

    “Il documento ribadisce la natura, la finalità e anche la modalità operativa ecclesiale. Un secondo elemento è che l’oratorio vive di relazioni: le relazioni interne, ma anche le relazioni con le famiglie, con i vari soggetti della comunità ecclesiale e della società civile. C'è poi l’invito a essere soggetti promotori di cultura, di attenzione ai ragazzi e ai giovani anche nel territorio”.

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    Al cinema "Bianca come il latte, rossa come il sangue". Intervista con Alessandro D'Avenia

    ◊   Si è svolta ieri a Roma la première del film di Giacomo Campiotti, tratto dal best seller "Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro D’Avenia. Sul grande schermo, la storia commovente di un adolescente che s’innamora dell’eterea rossa Beatrice, affetta da una letale malattia. Sulla trasposizione del romanzo nel linguaggio cinematografico ascoltiamo l’autore D’Avenia al microfono di Carla Ferraro:

    R. – Il romanzo è l’assolo di un solista, che è il protagonista: un ragazzo di 16 anni, innamoratissimo, anche se solo idealmente, di una ragazza che cerca di conquistare, ma che poi deve scontrarsi con qualcosa di più grande di lui, perché lei ha una malattia che sembra volersela portare via. Volevo che il film rimanesse fedele a questo assolo, a questo canto solista. Per questo motivo, avevo paura che se fossero entrate altre voci, avrebbero rovinato la melodia di base. E’ diventato invece una polifonia corale, che ha arricchito di timbri diversi la storia, che è uscita fuori dal romanzo.

    D. – Padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia per il suo impegno evangelico e sociale, è stato suo docente di religione. Quanto ha inciso questa figura sulla sua crescita personale e professionale?

    R. – Ha inciso moltissimo. Al mio quarto anno di liceo, lui non è tornato in classe perché gli avevano sparato a Brancaccio. Quello che ha aggiunto alla mia vocazione di insegnante, che già stava maturando in quegli anni, è che non basta voler raccontare storie belle agli altri, ma bisogna anche dare la vita per gli altri. Mi rendo conto che c’è una forma di donazione molto quotidiana ai propri studenti, alle famiglie dei propri studenti, che è un po’ come dare la vita.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sud Corea: appello dei vescovi al Papa per la pace nella regione

    ◊   “Il sentimento dominante nel popolo sudcoreano non è tanto la paura ma sono piuttosto angustia e amarezza, per questa angosciosa situazione. La guerra oggi, con le armi letali che esistono, sarebbe una catastrofe per tutti. Ci rivolgiamo a Papa Francesco: lo ringraziamo per le preghiera e speriamo che continui a dare attenzione alla penisola coreana, chiedendo a tutti i responsabili delle nazioni, in Corea, Russia, Stati Uniti, Cina, di lavorare seriamente per la pace in Corea”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Peter Kang U-il, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale della Corea del Sud, intervenendo sulla fase di alta tensione politica e militare che si vive in Estremo Oriente. “Il popolo sudcoreano – afferma il vescovo all'agenzia Fides – è in qualche modo abituato alle provocazioni del Nord. Ma questa volta il grado di provocazione è molto alto e il popolo lo avverte. Alcuni pensano ci sia davvero la possibilità di una nuova guerra, che tutti scongiurano. I due governi, del Sud e del Nord, sanno benissimo che la guerra, nella nostra epoca, con l’esistenza di armi di distruzione di massa, sarebbe un disastro totale e potrebbe annientare il popolo coreano, al Sud e al Nord. Non credo vogliano arrivare a questo. Come cristiani auspichiamo e ci aspettiamo un sussulto di responsabilità dai leader politici e vogliamo ancora guardare al futuro con fiducia e speranza”. Ma quali sono le radici di questa escalation? Secondo il vescovo, “l’atteggiamento della Nord Corea dipende in effetti dalla grave situazione economica interna, che è ormai insostenibile, con milioni di persone alla fame e un popolo che subisce l’oppressione. Il giovane presidente Kim e i leader militari, in tale contesto, hanno bisogno di trovare un nemico esterno e paventare un imminente pericolo da porre davanti agli occhi della popolazione stremata”. I vescovi coreani, dopo l’Assemblea plenaria tenutasi nel mese di marzo, ricordano che nel 2013 ricorre il 60° anniversario dell’armistizio fra le due Coree e, dunque, “è l’occasione per fare un passo avanti, verso un vero trattato di pace”, nota il vescovo. Per offrire un proprio contributo, la Chiesa coreana ha lanciato, da aprile a dicembre 2013, una speciale “Campagna di preghiera per la Riconciliazione” che toccherà, con diverse iniziative, tutte le diocesi coreane. In questo arduo cammino, la Chiesa chiede la benedizione di Papa Francesco: “Lo ringraziamo di cuore per le preghiere e le parole che ha già pronunciato sulla Corea”, conclude mons. Kang. “Imploriamo la sua benedizione e supplichiamo che possa parlare ai capi delle nazioni perché si adoperano con forza, insieme, per la pace in Corea”. (R.P.)

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    Argentina: Caritas al lavoro per le alluvioni a La Plata

    ◊   “È molto difficile prevedere catastrofi di questo tipo. In questo caso si sono uniti diversi fattori. Probabilmente il servizio meteorologico non è stato sufficientemente accurato da lanciare l’allerta in tempo e le opere di infrastruttura compiute nel corso degli anni non prevedevano i sistemi di drenaggio necessari. A questo dobbiamo unire il fatto che sono piovuti quasi 300 millimetri di pioggia in molto poco tempo e non c’è stato modo che l’acqua potesse defluire”. Così fonti della Commissione nazionale della Caritas Argentina, contattate a Buenos Aires, spiegano all'agenzia Misna il devastante impatto delle precipitazioni di martedì sulla regione e in particolare a La Plata, dove, secondo l’ultimo bilancio si contano 51 vittime; altre sei sono state registrate a Buenos Aires, distante 60 km. Residenti delle aree più colpite riferiscono inoltre di almeno una ventina di ‘desaparecidos’ per un bilancio che resta al momento ancora provvisorio. Fonti locali descrivono uno scenario di devastazione in una città colpita dalle più gravi inondazioni della sua storia: dopo che in alcuni quartieri il livello delle acque ha toccato anche due metri d’altezza, il successivo calo ha portato alla luce corpi senza vita e masserizie. Ma dalle cronache dei giornali emerge anche la grande rete di solidarietà che si è creata attorno agli alluvionati, col contributo di istituzioni e società civile. “Nell’immediato, la popolazione si è subito attivata e il rifornimento di acqua, vestiti e alimenti è stato garantito, oltre a tutto l’aiuto che hanno dato imprese e governo. Poi, quando la cronaca sarà superata e questa emergenza non sarà più sui giornali, sarà la Caritas a restare nel cosiddetto ‘giorno dopo’, quando serviranno i fondi necessari per ristrutturare le abitazioni e ripristinare i beni minimi di uso quotidiano” aggiungono le fonti. Al momento – concludono – “è ancora presto per parlare di necessità concrete poiché non è ancora chiaro quante siano complessivamente le persone disastrate. Dalla Caritas nazionale stiamo coordinando le operazioni delle Caritas diocesane colpite, specialmente di La Plata, dove le squadre d’emergenza si sono recate per valutare la situazione e offrire collaborazione per l’organizzazione e la ricezione delle donazioni”. (R.P.)

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    Hebron: scontri fra esercito israeliano e manifestanti palestinesi

    ◊   Scontri a Hebron fra forze israeliane e manifestanti palestinesi al funerale di Maysara Abu Hamdiyeh, il detenuto palestinese morto lo scorso e 2 aprile per un tumore alle corde vocali. Prima di sfilare per le vie della città, il corteo formato da migliaia di persone si è accalcato davanti all'insediamento ebreo di Yitzhar, bersagliando le mura di confine con pietre molotov. A scatenare la rivolta - riferisce l'agenzia AsiaNews - la morte di due giovani militanti uccisi dall'esercito mentre cercavano di attaccare una postazione militare con bottiglie incendiarie. Abu Hamdiyeh, 64 anni, stava scontando una condanna all'ergastolo per un fallito attentato in un caffè di Gerusalemme nel 2002. La sua morte - avvenuta secondo i palestinesi a causa delle negligenze del personale israeliano - è l'ennesimo colpo ai rapporti fra Ramallah e Gerusalemme, dopo la promozione della Palestina come Paese non membro delle Nazioni Unite. Mercoledì, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha sottolineato che la liberazione dei prigionieri detenuti da Israele è una "priorità" per la leadership in Cisgiordania. Parlando a una riunione del partito Fatah, il leader ha chiesto "la liberazione dei detenuti arrestati prima degli accordi di Oslo, di quelli malati, degli adolescenti e delle donne" arrestati negli ultimi anni. Intanto sale la tensione nella Striscia di Gaza. Ieri, i miliziani palestinesi hanno sparato alcuni colpi di mortaio in territorio Israeliano. Nelle località del Neghev vicine alla Striscia sono risuonate le sirene di allarme. Davanti al rischio di escalation della tensione, mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina afferma all'agenzia Sir che “sarebbe utile schierare una forza d’interposizione delle Nazioni Unite, come accade già in Libano, che vigili per evitare un nuovo conflitto e controlli l’applicazione dell’accordo di tregua dello scorso novembre, denunciando chi non lo rispetta”. (R.P.)

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    Siria: ad Aleppo i cristiani fuggono dai quartieri in mano ai ribelli

    ◊   La conquista del quartiere di Cheikh Maksoud da parte delle milizie anti-Assad avvenuta nei giorni scorsi potrebbe segnare il destino di Aleppo, la metropoli martoriata da mesi di cruenta guerra civile. “Quel quartiere” conferma all'agenzia Fides padre David Fernandez, missionario dell'Istituto del Verbo Incarnato - si trova su una collina che domina Aleppo e rappresenta un settore strategico per chi vuole puntare a conquistare la zona centrale della città, dove ci sono anche i palazzi del governo. Mi dicono che già molte strade del centro sono state chiuse e non ci può passare più nessuno, perchè dai palazzi i franchi tiratori sparano su tutto quello che si muove”. A Cheikh Maksoud i cristiani un tempo rappresentavano la maggioranza. Negli ultimi anni era diventata prevalente la popolazione curda, ma le famiglie cristiane erano ancora numerose, raccolte intorno alla chiesa armeno-cattolica e a quella greco-ortodossa. Padre David conferma a Fides che negli ultimi giorni più di trecento famiglie cristiane sono fuggite dal quartiere conquistato dai ribelli. “Almeno 120 cristiani” riferisce il sacerdote “hanno trovato rifugio nella casa dei fratelli maristi”. Tra i fuggitivi circolano notizie su omicidi e stupri di donne perpetrati ai danni di famiglie che erano collegate all'esercito governativo. “Anche io ho sentito dire di questo” racconta padre David “ma le informazioni che arrivano sono tante e a volte contraddittorie, e per il momento non c'è modo di verificarle”. Ieri è stata diffusa anche attraverso il social network youtube la fatwa emessa da Yasir al-Ajlawni – uno sheikh salafita di origine giordana residente a Damasco – che dichiara lecito per gli oppositori del regime di Bashar al- Assad lo stupro perpetrato ai danni di “qualunque donna siriana non sunnita”. Secondo l'inquietante sheikh, catturare e violentare donne alawite o cristiane non sarebbe contrario ai precetti dell'Islam. (R.P.)

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    Siria: nel Paese è emergenza alimentare

    ◊   Ci sono posti nel mondo dove si sopravvive nutrendosi di erbe dei campi: si strappano e si cucinano. E’ ciò che avviene attualmente nella provincia di Aleppo, nel campo di Kherbet al-Khaldiyé dove gli aiuti non arrivano che poche volte al mese e quando arrivano sono in razioni ridottissime che devono bastare per tutti. Secondo fonti dell'agenzia AsiaNews, a Damasco la situazione non è migliore. La guerra in atto tra ribelli e regime di Bashar al-Assad mette in ginocchio anche la capitale: il pane è diventato un bene di lusso e si riesce ad acquistare dopo aver fatto una fila di circa sei ore, come la benzina che ha raggiunto costi elevatissimi. Fino ad oggi il regime ha mantenuto a 75 centesimi di dollaro al litro il prezzo del carburante, ma sempre più persone sono costrette a rifornirsi al mercato nero, dove i costi sono anche dieci volte superiori. Anche per una bombola di gas occorre attendere circa due settimane e il costo si aggira intorno ai 7 dollari. Per superare l'inverno la gente ha disboscato i parchi pubblici e sacrificato il mobilio. Fonti locali sostengono che la situazione sia ancora peggiore nelle aree sotto il controllo dei ribelli, dove tutto è gestito dal mercato nero. Muhannad Hadi, responsabile del Programma Alimentare Mondiale (Pam) sottolinea che sul territorio siriano è quasi impossibile poter muovere gli aiuti. I magazzini sono spesso al centro del fuoco incrociato fra regime e ribelli. La situazione è particolarmente critica nelle aree di conflitto. I ribelli controllano i magazzini e hanno anche preso in gestione alcune dighe per l'acqua potabile. Molti profughi sono costretti a bere dalle pozzanghere per lavarsi e dissetarsi. Nonostante l'economia devastata, la maggior parte degli analisti sostiene che il regime potrà sopravvivere per almeno un altro anno. (G.F.)

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    Venezuela. I vescovi sul voto del 14 aprile: l'astensione non favorisce il popolo

    ◊   "Le elezioni presidenziali imminenti sono un fatto atipico. Questa è una sfida per i cittadini responsabili e mette in evidenza la forza e il significato del voto libero e responsabile. Il voto decide! Andare a votare è un atto di responsabilità e di amore verso la patria, la sua gente e il suo destino. L'astensione non favorisce il popolo", scrivono i vescovi in un comunicato nel quale invitano la popolazione a votare il 14 aprile. La Chiesa Cattolica ha detto che i partiti e gruppi politici hanno "l'obbligo morale ed etico" di seguire la Costituzione e le leggi della campagna elettorale e ha sottolineato che la breve durata della campagna richiede ai candidati di focalizzare la presentazione del programma governo". "Questo significa abbandonare, come tattiche elettorali, la violenza politica e le false promesse, per concentrarsi su proposte concrete" afferma il documento. I venezuelani il 14 aprile andranno alle urne per eleggere un nuovo presidente da un gruppo di sette candidati. Fra questi i preferiti sono il presidente in carica Nicolas Maduro, e il leader dell'opposizione Henrique Capriles. Il futuro presidente deve concludere il mandato 2013-2019 per il quale era stato eletto Chavez in ottobre e che ha avuto inizio il 10 gennaio. (R.P.)

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    Australia: insediata la Royal Commission sugli abusi. Vi collaborerà anche la Chiesa cattolica

    ◊   In Australia, la Commissione d’inchiesta nazionale istituita dal Governo per fare luce sui casi di pedofilia nel Paese ha iniziato ufficialmente le sue indagini. Annunciata lo scorso novembre dal Premier Julia Gillard, la Royal Commission indagherà sugli abusi sessuali commessi in passato su minori in varie istituzioni: chiese, scuole, centri sportivi e altre organizzazioni. Un primo rapporto – riferiscono le agenzie Kna e Apic - è previsto per il giugno 2014, ma il suo presidente Peter McClellan ha già espresso dubbi circa la possibilità di rispettare le scadenze, considerato l’immane lavoro da fare. Il solo esame preliminare delle informazioni e testimonianze richiederà molto tempo. Finora sono già arrivate 1.200 segnalazioni e prossimamente almeno 5mila persone saranno chiamate a testimoniare. Tra i documenti che saranno messi a disposizione quelli della Conferenza episcopale australiana che lo scorso mese di novembre aveva dato la sua piena disponibilità a collaborare, salutando positivamente l’iniziativa anche se dolorosa e difficile per la Chiesa. In una nota il presidente dei vescovi mons. Denis Hart, aveva plaudito in particolare alla decisione dell’esecutivo di condurre un’inchiesta ad ampio raggio che non comprendesse solo le istituzioni religiose ma anche “le famiglie, le comunità , le scuole e altre organizzazioni”. Secondo i vescovi australiani, essa potrà così dimostrare l’infondatezza della tesi secondo cui la pedofilia sarebbe un problema esclusivo della Chiesa cattolica. Inoltre, se è vero che in passato sono stati commessi gravi errori essa ha compiuto notevoli passi per contrastare questa piaga al suo interno, a cominciare da una più stretta collaborazione con le autorità di polizia. Intanto mons. Hart e la presidente delle religiose australiane, suor Annette Cunliffe, hanno annunciato i nomi dei 13 membri del “Truth Justice and Healing Council”, lo speciale consiglio della Chiesa cattolica australiana che collaborerà alle inchieste della Royal Commission. La prima riunione dell’organismo, presieduto da dall’ex giudice Barry O'Keefe, è prevista per metà aprile. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Colombia. La Chiesa: non dimenticare le 10 mila famiglie vittime delle mine antiuomo

    ◊   Ieri anche in Colombia è stata celebrata la Giornata di sensibilizzazione per le vittime delle mine antiuomo e delle munizioni ancora inesplose. Come ogni anno, il Segretariato nazionale di Pastorale sociale-caritas colombiana ha fatto un appello alla società perchè non dimentichi la drammatica realtà che affrontano ogni giorno, oltre 10mila famiglie in tutto il territorio nazionale. Nel comunicato, a firma di mons. Hector Fabio Henao Gaviria, si denuncia la situazione dei campi agricoli e delle rive dei fiumi che una volta erano sinonimo di crescita e lavoro, e oggi solo una triste memoria di storie di morte e d’incidenti finiti sempre in mutilazioni e disabilità, di un padre, una madre, un vicino, un amico. “Sono più di mille - si legge nella nota - i bambini e bambine che pagano le conseguenze psicologiche e le ferite irreversibili delle mine nei loro corpi”. Il comunicato della Caritas colombiana ricorda anche le numerose comunità indigene che hanno dovuto abbandonare le loro terre a causa dei combattimenti e i bombardamenti, così come le numerose persone che non possono più muoversi e gli ospedali costretti ogni giorno ad amputare arti a bambini, donne e uomini. Nella giornata di sensibilizzazione contro le mine antiuomo, la Chiesa esorta le vittime, le loro famiglie e le comunità a non perdere la speranza perche Dio è con loro e perchè in ogni persona cresca la forza di spirito per poter andare avanti nella loro richiesta di essere riconosciuti nella loro dignità di soggetti di diritto. La nota di mons. Henao Gaviria esorta lo Stato a continuare nel suo impegno di risarcimento delle vittime, senza dimenticare un loro pieno inserimento sociale. Infine, il Segretariato di Pastorale sociale della Colombia chiede ai gruppi armati di essere strumenti di pace e di riconciliazione, di vedere la vita come un dono sacro di Dio e di essere “costruttori di pace”. (A. T.)

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    Centrafrica: nuovi spiragli di pace per la risoluzione del conflitto

    ◊   Il Capo di Stato autoproclamato Michel Djotodia, dopo un incontro avvenuto a Bangui con le delegazioni della Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac) composta dai ministri degli Esteri dell’organismo regionale, da rappresentanti dell’Unione Africana, dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite e dall’inviato speciale dei Paesi francofoni, il belga Louis Michel, si è impegnato a rispettare le proposte sul corso della transizione formulate al vertice di N’Djamena. Ciò significa che l’ex capo ribelle Djotodia, dovrebbe modificare il quadro della transizione precedentemente delineato riducendo la sua durata da 3 anni a 18 mesi e affidandone la guida a un Consiglio nazionale di transizione (Cnt) incaricato di eleggere un suo presidente e un Capo dello Stato ad interim. Dovrebbe anche essere creato un organismo legislativo che avrà come mandato la redazione di una nuova costituzione e il voto delle principali leggi in attesa dell’elezione di un parlamento alla fine della transizione. “La situazione nel Paese è ancora grave e la situazione politica è incerta”, rivelano fonti locali all’agenzia Misna. “Negli ultimi giorni abbiamo assistito a lotte accese tra esponenti politici, elementi della ribellione e altre componenti per l’assegnazione delle poltrone governative facendo prevalere ancora una volta gli interessi personali sulle necessità urgenti della popolazione”. Nella capitale, intanto, la vita è ancora ferma: “Oggi solo uno sportello per il ritiro di contanti è in funzione e nessun supermercato ha riaperto. Per le strade la fanno da padrone i ribelli che ogni tanto sparano colpi d’arma da fuoco in aria. In alcuni quartieri vengono disarmati dalle pattuglie delle forze armate dei paesi dell’Africa centrale (Fomac) mentre nelle zone più periferiche compiono ancora attacchi mirati a scopo di estorsione” aggiunge l’interlocutore della Misna. La crisi cominciata lo scorso dicembre, sfociata nel colpo di stato della Seleka (alleanza in lingua sango) che ha portato la coalizione a prendere il potere a Bangui il 24 marzo scorso, sta avendo un pesante costo economico e finanziario in un Paese già allo stremo, dove annose ribellioni e corruzione diffusa hanno bloccato o dirottato i proventi dello sfruttamento del ricco sottosuolo. (G.F.)

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    Mali: sempre critica la situazione nel nord. Rappresaglie contro i tuareg

    ◊   Resta critica e particolarmente drammatica la situazione nel nord del Mali. Ad esprimere forte preoccupazione in proposito, dichiarano fonti dell’agenzia Misna, è il vice segretario Onu per gli Affari politici, Jeffrey Feltman, durante un intervento in sede del Consiglio di sicurezza. “Rappresaglie contro membri delle comunità tuareg e arabe continuano a manifestarsi attraverso nuovi schemi di violazioni dei diritti umani, inclusi attacchi mirati e ritorsioni su base etnica ed anche dal punto di vista umanitario la situazione rimane altrettanto volatile e l’accesso ad alcune zone del nord è ancora problematico”. Nelle prossime settimane i 15 Stati membri dovrebbero approvare il dispiegamento nel Sahel, di una missione di stabilizzazione a guida Onu che potrebbe subentrare all’attuale Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma), a comando africano. Sul terreno sono tutt’ora dispiegati i militari francesi dell’operazione Serval, cominciata lo scorso 11 gennaio, e i soldati di Bamako, impegnati a sradicare posizioni dei jihadisti negli Ifohas e nelle città settentrionali di Gao e Timbuctù. Secondo gli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite, 750.000 persone necessitano di assistenza alimentare urgente e nel 2013 circa 660.000 bambini sono a rischio malnutrizione. Il conflitto nelle regioni settentrionali del Mali ha causato 290.000 sfollati interni e più di 177mila rifugiati nei vicini Niger, Burkina Faso e Mauritania. Secondo l’Ong, per mancanza di risorse economiche, nella zona di Bourem l’80% degli adulti si priva di mangiare per poter assicurare ai propri figli due pasti al giorno. Dallo scorso ottobre i prezzi del riso e dei beni di prima necessità sono aumentati del 50%. Oltre all’assistenza umanitaria, le popolazioni locali necessitano anche di cure mediche, servizi igienico-sanitari e istruzione. (G.F.)

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    Francia: appello dei leader religiosi per gli ostaggi nel Sahel

    ◊   Appello dei leader religiosi di Francia per gli ostaggi francesi prigionieri delle milizie integraliste islamiche nel Sahel. Lo hanno lanciato in un comunicato stampa a conclusione dell’incontro della conferenza dei responsabili di culto in Francia (Crcf). Organismo creato nel 2010, la Conferenza riunisce i responsabili delle Chiese cristiane (cattolica, ortodossa, protestante), dell’Islam, dell’ebraismo e del buddismo. Nell’evocare la “situazione drammatica” in cui si trovano gli ostaggi francesi in Sahel, i leader religiosi tornano a ribadire “fermamente che nessuno può utilizzare le religioni che noi rappresentiamo, per legittimare violenze, segregazioni e disprezzo nei confronti di un essere umano. Il rispetto della vita e della dignità delle persone è il fondamento di ogni società”. Nel comunicato ripreso dall'agenzia Sir, i responsabili religiosi esprimono preoccupazione anche per la situazione che in tempo di crisi e recessione, vivono le persone meno abbienti e i senza fissa dimora e lanciano un appello particolare per i Rom, vittime da qualche settimana - scrivono - di “espulsioni di massa, messe in atto anche nel periodo di freddo invernale”. Ed aggiungono: “Come responsabili dei diversi culti religiosi in Francia, vogliamo ricordare la dignità e il rispetto che è dovuto ad uni persona, qualunque sia la sua origine e la sua situazione”. Da qui l’invito ai credenti perché esprimano “la loro fraternità in maniera sincera e concreta”. (R.P.)

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    Mozambico. Scontri tra polizia e Renamo, almeno 4 morti

    ◊   È di 4 morti e 16 feriti il bilancio dell’attacco sferrato nelle prime ore del mattino da uomini della Renamo, maggior partito di opposizione in Mozambico, al comando di polizia di Muxungué, nella provincia di Sofala, nel centro del Paese. I militanti della Renamo hanno assalito la caserma della polizia per liberare i propri compagni arrestati poche ore prima. La Renamo (Resistenza Nazionale del Mozambico) ha combattuto contro il governo della Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico) durante la guerra civile di 16 anni finita nel 1992. Da allora è divenuto il principale partito di opposizione. Da alcuni mesi la tensione è salita da quando il leader della Renamo, Afonso Dhlakama si è ritirato nella vecchia base militare del suo movimento nella foresta di Gorongosa, nella provincia di Sofala, nel centro del Mozambico circondandosi di militanti armati. Da questa base Dhlakama ha lanciato un ultimatum al Presidente Armando Guebuza perché accetti la formazione di un governo di unità nazionale. “Si tratta di fatti preoccupanti ma che non vanno però enfatizzati. Finora gli scontri sono infatti rimasti localizzati nella zona” dicono all’agenzia Fides fonti della Chiesa locale. “Ci sono alcune frange della Renamo che hanno adottato una linea intransigente, ma vi sono pure diversi appelli alla calma, perché finiscano queste azioni di disturbo e riprenda il dialogo tra le parti. Questi appelli provengono non solo dalla Chiesa cattolica ma pure da altre confessioni cristiane”. L’8 aprile i vescovi si riuniranno in Assemblea ed è probabile che pubblicheranno un comunicato sulla situazione che sta vivendo il Paese. “Il governo da un lato cerca un approccio moderato per cercare di risolvere la controversia, dall’altra, però, deve dimostrare di avere la situazione sotto controllo, e quindi interviene con azioni di polizia, che sfociano in scontri. Le tensioni vanno infine messe in relazione alle elezioni amministrative di novembre che la Renamo ha dichiarato di volere boicottare” concludono le nostre fonti. (R.P.)

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    Sudan: nel Nilo Blu riprendono gli aiuti umanitari

    ◊   Dopo una sospensione di quasi due anni, riprendono gli aiuti alimentari distribuiti da un’agenzia dell’Onu a migliaia di sfollati nel Nilo Blu, una regione di frontiera del Sudan dove dal settembre 2011 è in corso un conflitto armato tra l’esercito e un gruppo ribelle. A diffondere la notizia sono state fonti dell’agenzia Misna. La distribuzione avviata dal Programma Alimentare Mondiale (Pam/Wfp) mira a raggiungere 51mila persone principalmente nelle località di Geissain e di Kurmuk. “Il piano generale – ha detto Adnan Khan, direttore del Pam in Sudan – consiste nel portare assistenza a tutti coloro che possiamo raggiungere prima dell’arrivo della stagione delle piogge a maggio”. “La ripresa degli aiuti alimentari concessi dal governo di Khartoum- secondo i responsabili del Programma Alimentare Mondiale- costituisce un passo avanti importante”. Prima dell’inizio del conflitto tra l’esercito e i ribelli del Movimento di liberazione popolare del Sudan-Nord, il Pam assisteva circa 183.000 persone. Secondo un rapporto diffuso a gennaio dall’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha), sui Monti Nuba e nel Nilo Blu, le persone colpite in vario modo dalle violenze sono più di 700.000; molte di loro sarebbero state “costrette per sopravvivere a mangiare foglie e radici”. (G.F.)

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    Cile: la Chiesa si interroga sul calo dei cattolici

    ◊   Il Censimento nazionale della popolazione cilena del 2012 ha rivelato che il 67,37% della popolazione è cattolica, con una diminuzione di 2,59 punti percentuali rispetto al 2002. Il portavoce della Conferenza episcopale cilena, Jaime Coiro, ha detto che questo è un dato di fatto che non lascia indifferenti i vertici della Chiesa locale. "La diminuzione nella percentuale dei cattolici è un segnale importante che ci invita a una sincera introspezione per comprendere quali sono i punti deboli nel modo in cui viviamo la nostra fede e quali aspetti dobbiamo rafforzare" ha detto Coiro. Nella nota inviata a Fides dalla Conferenza episcopale cilena, Coiro ha aggiunto che queste cifre vanno lette anche alla luce dei processi di secolarizzazione nei quali vive l'umanità e che influenzano le persone e la cultura, perché "ci sono delle tendenze che cercano di relegare la religione alla sfera privata o negare direttamente il posto che ha il trascendente nella vita quotidiana, con una mentalità in cui Dio è realmente assente, in tutto o in parte, nell'esistenza e nella coscienza". Secondo le statistiche ufficiali, il relativo declino percentuale dei cattolici è stato accompagnato da un leggero aumento della percentuale di persone che professano la religione evangelica. Si è infine registrato un aumento di coloro che dichiarano di non seguire nessuna religione, che sono passati dall’8,30% all’11,58%. (R.P.)

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    Barcellona: grande manifestazione per la vita

    ◊   Grande attesa per le celebrazioni della Giornata Internazionale della vita che si terranno domani a Barcellona davanti alla basilica della Sagrada Familia, simbolo della città che per l’occasione si trasformerà in un luogo di festa e d’incontro tra diverse organizzazioni che si battono per la difesa della vita, dal concepimento fino alla morte naturale. La manifestazione - specifica l’agenzia Sir - si svolgerà in contemporanea ad oltre 480 eventi promossi dalla piattaforma “Si alla vita” in tutta la Spagna, per reclamare il diritto alla vita dei nascituri. L’appuntamento di Barcellona dedicherà particolare attenzione alla difesa dei diritti dei bambini. Durante la manifestazione, infatti, si raccoglieranno firme di sostegno all’iniziativa cittadina “Uno di noi”, che rivolge la richiesta esplicita all’Unione Europea di proteggere il riconoscimento della dignità umana fin dal concepimento, evitando il finanziamento ad azioni che favoriscano o presuppongano in qualche modo la distruzione di embrioni. (G.F.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 95

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