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Sommario del 02/04/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: come la Maddalena, chiediamo la grazia delle lacrime per vedere il Cristo risorto
  • Il card. Comastri: il Papa è sceso nella Necropoli per respirare il clima della prima ora cristiana
  • Otto anni fa la morte del Beato Wojtyla. Il card. Bergoglio: non aveva paura perché plasmato dalla forza di Dio
  • Il card. Scola in San Pietro: Papa Francesco aiuta l'Europa a rialzare la testa dal proprio ombelico
  • Cresce l’autismo nel mondo. Mons. Zimowski: società sempre più priva della dimensione affettiva
  • 20.mo del Catechismo: Creatore del mondo visibile
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Corea. Ambasciatore Seul in Vaticano: grati al Papa per il suo sostegno
  • Siria, Osservatorio diritti umani: marzo 2013 il più sanguinoso con 6 mila morti
  • Sudan, liberati i primi prigionieri politici dopo l’amnistia voluta da Bashir
  • India. Ucciso rettore del Seminario di Bangalore. Mons. Moras: era un uomo buono
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nepal, molti Battesimi tra gli indù nella notte di Pasqua
  • Vietnam: la notte di Pasqua battezzati 28 catecumeni
  • Caritas svizzera promuove una raccolta fondi per 50 mila profughi siriani
  • Sri Lanka. La Pasqua tra le detenute del carcere femminile di Welikada
  • Myanmar. Rogo in una scuola musulmana, 13 vittime
  • Cina, torna a spaventare l’aviaria: 4 morti
  • Brasile. Parte da Copacabana l’autobus contro le dipendenze
  • Usa. Cittadina in Georgia impone ai propri cittadini un’arma da fuoco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: come la Maddalena, chiediamo la grazia delle lacrime per vedere il Cristo risorto

    ◊   Stamani Papa Francesco ha presieduto la Messa presso la Casa Santa Marta, alla presenza di alcuni membri della Gendarmeria vaticana. Nella sua breve omelia ha commentato il Vangelo proposto dalla liturgia del Martedì dell’Ottava di Pasqua che ci parla dell’incontro di Cristo risorto con Maria di Magdala. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La scena è quella raccontata dal Vangelo secondo Giovanni: la Maddalena piange presso il sepolcro perché il corpo del Maestro non c’è più. Maria di Magdala – osserva il Papa – è quella “donna peccatrice” che “ha unto i piedi di Gesù e li ha asciugati con i suoi capelli”, una “donna sfruttata e anche disprezzata da quelli che si credevano giusti”. Ma è la donna “della quale Gesù ha detto che ha amato molto e per questo i suoi tanti peccati le sono stati perdonati”. Tuttavia, questa donna – ha spiegato il Pontefice – ha dovuto “affrontare il fallimento di tutte le sue speranze”. Gesù, “il suo amore non c’è più. E piange. E’ il momento del buio nella sua anima: del fallimento”. Eppure, osserva il Papa - non dice: “Ho fallito su questa strada”: “semplicemente, piange”. “A volte, nella nostra vita – ha proseguito - gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime”. Adesso, la Maddalena annuncia questo messaggio: “Ho visto il Signore”. L’aveva visto durante la sua vita e ora ne dà testimonianza: “un esempio per il cammino della nostra vita”, afferma il Papa che aggiunge: “Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo sentito la gioia, la tristezza, il dolore” ma “nei momenti più oscuri, abbiamo pianto? Abbiamo avuto quella bontà delle lacrime che preparano gli occhi per guardare, per vedere il Signore?”. Di fronte alla Maddalena che piange – ha detto ancora Papa Francesco – “possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. E’ una bella grazia … Piangere per tutto: per il bene, per i nostri peccati, per le grazie, per la gioia, anche”. “Il pianto ci prepara a vedere Gesù". E il Signore – ha concluso il Papa - ci dia la grazia, a tutti noi, di poter dire con la nostra vita: "Ho visto il Signore", non perché mi è apparso, ma perché “l’ho visto dentro al cuore”. E questa è la testimonianza della nostra vita: “Vivo così perché ho visto il Signore”.

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    Il card. Comastri: il Papa è sceso nella Necropoli per respirare il clima della prima ora cristiana

    ◊   Un viaggio a ritroso nella storia cristiana, per respirare l’atmosfera del luogo che vide il martirio di Pietro. È questo il senso della visita che ieri, per circa 45 minuti, Papa Francesco ha compiuto nella Necropoli Vaticana. A descrivere la visita, e riferire alcuni dei commenti del Papa, è il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana. L’intervista è di Alessandro De Carolis:

    R. – Il Papa ha voluto vedere il punto sorgivo del Pontificato romano, nel quale la Provvidenza oggi ha voluto inserire anche la sua persona. Abbiamo iniziato dal piano delle Grotte vaticane e siamo scesi nella Necropoli facendo un salto indietro di circa 1.800 anni. Fino al 1939-40, la Necropoli era sommersa dalla terra, perché gli architetti di Costantino, nel 320, per creare il piano del pavimento della prima Basilica riempirono di terra tutta la parte scoscesa del colle. Dopo gli scavi, tutto è riemerso quasi prodigiosamente. E la prima sosta è stata di fronte al Mausoleo degli Egizi, che è della fine del II secolo. In questo Mausoleo, c’è anche una sepoltura cristiana in mezzo a tante sepolture pagane. E quella è una prova evidente che il cristianesimo, proprio come un lievito, stava entrando nel mondo pagano. Il Papa ha ascoltato e poi ha esclamato: “Così accade anche oggi: siamo un lievito in mezzo al mondo pagano”. Poi, abbiamo fatto una sosta davanti alla lapide funeraria di un uomo chiamato Istatilio – “Istatilius”, è scritto. Era un cristiano e di lui è scritto: “E’ andato d’accordo con tutti e non ha mai causato litigi, nunqua rixatus est”. Il Papa ha esclamato: “Un bel programma di vita!”. Quando siamo giunti al luogo della sepoltura dell’Apostolo Pietro, il Papa era visibilmente commosso. Ha osservato attentamente la parete bianca piena di graffiti, che fanno riferimento alla devozione verso l’Apostolo Pietro sepolto in quel luogo. Poi, nella Cappella Clementina, davanti alla tomba dell’Apostolo, il Papa si è inginocchiato sul pavimento ed abbiamo ripetuto ad alta voce le tre professioni di fede di Pietro riportate nei Vangeli. E’ stato molto bello sentire il Papa che diceva con tutti noi le parole di Pietro: “Signore, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Poi, il Papa – ad alta voce – ha pronunciato l’altra professione di fede di Pietro, dopo l’annuncio dell’Eucaristia: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Quindi, abbiamo ripetuto la terza professione di fede di Pietro, fatta lungo le rive del Lago di Galilea, quando Gesù – dopo il rinnegamento – per tre volte gli domanda: “Simone, mi ami tu?”, e alla fine Pietro dice: “Signore tu sai tutto: tu sai che io ti amo”. Ed è stato toccante anche per noi sentire il Papa che quasi si sovrapponeva a queste parole di Pietro e le riviveva in contemporanea, perché oggi è lui che ha la missione di continuare quello che Gesù ha affidato a Pietro.

    D. – Che impressione ha fatto a lei la vista del Papa, chiamato a reggere la Chiesa del XXI secolo, in preghiera accanto alla tomba di Pietro?

    R. – Indubbiamente, questo fa vedere come nella Chiesa ci sia una continuità. Dopo circa duemila anni, il Successore di Pietro, con lo stesso entusiasmo degli inizi ma anche – come lui stesso ha detto – con la stessa fragilità degli inizi, si ritrova qui, in questo luogo, a continuare una missione che fa tremare: la missione di essere la pietra sulla quale Gesù costruisce la sua Chiesa. Si avvertiva che il Papa sentiva molto questa responsabilità: ha guardato attentamente tutto quello che fa riferimento a Pietro, quasi per respirare il clima del martirio, della testimonianza dell’apostolo Pietro.

    D. – Nella Necropoli Vaticana, c’è la tomba di Pietro ma ci sono anche – e lei lo ricordava – le pietre delle tombe dei primi cristiani. Secondo lei, che messaggio costituiscono queste pietre per il mondo di oggi, così spesso indifferente alla propria memoria storica e religiosa?

    R. – Il luogo dei martiri è un luogo che colpisce e che provoca, anche. Io ricordo alcuni anni fa, quando ero arcivescovo di Loreto, un giovane egiziano che venne per l’incontro dei giovani delle sponde del Mediterraneo. Mi disse: “A voi, in Italia, la fede non costa niente: per questo non l’apprezzate. Noi, in Egitto, rischiamo la vita ogni volta che andiamo in chiesa”. Oggi, forse, visitando le tombe dei martiri ci viene in mente sempre di più che un clima di persecuzione si sta diffondendo ovunque e forse ritornerà rischioso professare la fede. Ma questo, per certi aspetti, non è un handicap per la Chiesa, ma una grande risorsa. Perché la fede che diventa difficile diventa eroica e la fede eroica diventa un grido forte, una testimonianza forte a favore di Gesù.

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    Otto anni fa la morte del Beato Wojtyla. Il card. Bergoglio: non aveva paura perché plasmato dalla forza di Dio

    ◊   Il 2 aprile di 8 anni fa tornava alla Casa del Padre il Beato Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla è sempre stato legato a Jorge Mario Bergoglio che nel 1992 aveva nominato vescovo e nel 2001 creato cardinale. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riproponiamo alcuni passaggi di due omelie pronunciate dall’allora arcivescovo di Buenos Aires su Giovanni Paolo II:

    Giovanni Paolo II non ha avuto paura “perché ha vissuto la sua vita contemplando il Signore Risorto”. E’ il primo maggio del 2011 quando il cardinale Bergoglio pronuncia queste parole nella Cattedrale di Buenos Aires. A Roma, è il giorno della Beatificazione di Karol Wojtyla, ma anche in Argentina la Chiesa, e non solo, vive un giorno di festa. Giovanni Paolo - ribadisce il futuro Papa Francesco - non aveva paura e proprio per questo “abbatté le dittature”. “Il coraggio, la fermezza che ci dà la Risurrezione di Cristo – affermò in tale occasione – la serenità di essere perdonati attraverso la misericordia” del Signore ci “tolgono la paura”. E concludeva, possano dunque risuonare anche oggi nel nostro cuore le parole di Gesù e del Beato Giovanni Paolo: “Non abbiate paura”.

    Sei anni prima, il 4 aprile del 2005, l’arcivescovo di Buenos Aires aveva celebrato una Messa a Buenos Aires in memoria del Beato Wojtyla a due giorni dalla morte. Giovanni Paolo II - aveva detto in quell’occasione - è stato un testimone coerente del Signore che era in comunione con il suo popolo, “con la coerenza di un uomo di Dio”. Con la coerenza di chi tutte le mattine “passava molte ore in adorazione” e per questo “si lasciava plasmare dalla forza di Dio”. La coerenza - sottolineava il futuro Papa Francesco - “non si compra, la coerenza non si studia”. La coerenza “va coltivata nel cuore con l’adorazione”. Credo - aggiungeva il cardinale Bergoglio - che possiamo dire di Giovanni Paolo che era un uomo coerente perché si è lasciato “cesellare dalla volontà di Dio”. In un tempo in cui abbiamo bisogno di testimoni più che di maestri - concludeva l’arcivescovo di Buenos Aires - Giovanni Paolo II ha vissuto fino alla fine essendo proprio questo: “Un testimone fedele”.

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    Il card. Scola in San Pietro: Papa Francesco aiuta l'Europa a rialzare la testa dal proprio ombelico

    ◊   Papa Francesco ci aiuta a camminare insieme a Gesù: è quanto affermato dal cardinale Angelo Scola in una Messa celebrata, stamani, in San Pietro. L’arcivescovo di Milano guida un pellegrinaggio a Roma di 10 mila fedeli della diocesi ambrosiana, iniziato ieri per concludersi mercoledì. Tanti i giovani degli oratori milanesi – circa 6 mila - che, assieme agli altri fedeli, saranno presenti domani all’udienza generale di Papa Francesco. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La gioia di essere in pellegrinaggio a Roma, alla Tomba degli Apostoli, e di essere tra i primi a poter incontrare il nuovo Papa. E’ l’esperienza che stanno vivendo 10 mila fedeli milanesi, la maggior parte giovani, accompagnati dal loro pastore, il cardinale Angelo Scola. Un sentimento che proprio l’arcivescovo di Milano ha manifestato, stamani, nella Messa ai pellegrini nella Basilica Petrina:

    “Potere essere tra i primi a incontrare di persona, essere vicini, pieni di affetto al nuovo Papa Francesco, che tanta eco di stupore sta suscitando in tutto il mondo e anche in noi, evidentemente, perché aiuta soprattutto noi abitanti dell’Europa un po’ stanca, a rialzare un pochino la testa dal nostro ombelico e a camminare insieme a Gesù”.
    Stare insieme a Gesù, ha detto, è ciò che di più bello possa accaderci. Ecco qual è, specie in questo tempo di Pasqua, il compito di ogni cristiano: cercare l’incontro con il Signore. Un’esortazione che il cardinale Scola ha rivolto a tutti, giovani e adulti:

    “Dobbiamo stare attaccati a Gesù, ricco in misericordia, origine di speranza. Noi non abbiamo altro da dire al mondo, se non questo grande annuncio, questa parola, che ogni realtà – come diceva il grande poeta Jacopone da Todi – annuncia: tutto dice Gesù”.

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    Cresce l’autismo nel mondo. Mons. Zimowski: società sempre più priva della dimensione affettiva

    ◊   “Autismo: una parola che fa paura ancora oggi” e che deve invece suscitare “compassione” “tenerezza “ “solidarietà”. Cosi mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, sottolinea nel Messaggio per l’odierna Giornata mondiale sull’Autismo. Ricorrenza indetta dall’Onu nel 2007 per sensibilizzare l’opinione pubblica su una sindrome psichica in forte aumento nel mondo che a tutt’oggi resta senza certezze di diagnosi e cure. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Dall’Empire State Building di New York, all’Arco di Costantino a Roma, al Cristo Redentore di Rio de Janeiro: luci blu sui luoghi simboli del mondo per accendere i riflettori sull’autismo. 400 mila i malati solo in Italia, circa 5 milioni in Europa, casi raddoppiati in cinque anni negli Stati Uniti. Crescita solo in parte spiegabile con le migliorate tecniche diagnostiche. Le ipotesi all’origine della patologia sono genetiche, ma anche biologiche, farmacologiche, cognitive, ambientali. Per questo occorre – sollecita mons. Zimowski – “una profonda rivisitazione” di “un’’immagine ‘tipica e stereotipata’ del bambino autistico”, che in genere si rivela tale intorno al terzo anno di età e che “appare incapace di comunicare in modo proficuo con gli altri, talvolta come recluso in una ‘campana di vetro’, il suo imperscrutabile, ma per noi meraviglioso – sottolinea il presule - universo interiore”. Occorre dunque testimoniare “l’Amore oltre lo stigma, quello stigma sociale che isola l’ammalato e lo fa sentire un corpo estraneo” nella moderna società, nella moderna sanità, sempre più tecnica ma sempre più priva e disattenta a quella “dimensione affettiva”, che dovrebbe qualificare ogni percorso terapeutico. Da qui il richiamo alla comunità cristiana perché accolga i bambini autistici nelle attività sociali, educative, catechetiche, liturgiche, secondo le loro capacità relazionali ed esprima solidarietà fraterna alle loro famiglie. E che la persona autistica non sia un numero, ma sia accompagnato “con compassione e tenerezza nel suo tortuoso percorso umano e psico-relazionale”, con l’aiuto di parrocchie, associazioni e operatori di buona volontà.


    L’autismo, un campo per la medicina ancora da esplorare per capire da dove ha origine, quali sono i sintomi per la diagnosi, quali sono le cure. Eliana Astorri ha intervistato la prof.ssa Maria Giulia Torrioli, neurospichiatra infantile del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.

    R. - Ci sono diverse malattie che possono portare a comportamenti di tipo autistico, tanto che oggi spesso si parla di “autismi”, più che di “autismo”. Questo ha portato a dover approfondire quali potevano essere le origini e ci sono studi tutt’ora in corso, perché sono emersi elementi sempre nuovi, come infezioni, inquinamento atmosferico - attualmente anche abbastanza studiato – e diverse altre cause che alla fine portano al comportamento di tipo autistico. Si è parlato molto di cause genetiche ed attualmente questo è oggetto di importante discussione perché è probabile che ci siano cause genetiche, ma che da sole non bastino a provocare una sindrome autistica, e che quindi ci siano delle concause tra fattori ambientali e genetica.

    D. – Il mondo degli autistici è così vario?

    R. – Estremamente vario. Credo che ognuno di noi, nel momento in cui sente parlare di autismo - specialmente chi non ha visto molti bambini autistici - ha l’immagine di un bambino con gravissimi problemi di comportamento. In realtà questo è vero soltanto in alcuni casi. Sono comunque bambini con un’intelligenza normale o brillante. Quindi, si può trattare di bambini che hanno un comportamento assolutamente diverso dall’immagine che abbiamo in mente quando parliamo di autismo. Però rimane il punto fondamentale, che è quello di una difficoltà particolare ad entrare in rapporto con gli altri e a capire come il mondo intorno a loro è organizzato.

    D. – Quanto è alta l’incidenza di nascita di un bambino autistico?

    R. – E’ andata aumentando enormemente negli ultimi tempi. Questo sicuramente un po’ è dovuto al fatto che i casi di autismo vengono diagnosticati prima; diagnosticandoli prima si comprendono anche moltissimi bambini che poi migliorano spontaneamente fino ad uscire dallo spettro autistico. Tutto questo però non basta a giustificare l’importanza dell’aumento. Sono state sperimentate moltissime cure farmacologiche: dalle dietetiche a quelle farmacologiche più propriamente dette. In realtà, con queste si possono avere dei risultati su alcuni sintomi dell’autismo come ad esempio sull’iperattività o sull’aggressività; ma non rappresentano una terapia vera e propria per l’autismo.

    D. – Sono fondamentali, però, la riabilitazione cognitiva e comportamentale …

    R. – Sicuramente sì. Sono fondamentali perché sono quelle che poi incidono maggiormente sulle capacità che il bambino va sviluppando, quindi facilitare alcune cose e inibirne altre. Si è visto, per esempio, che prima si comincia un trattamento del bambino e migliori sono i risultati. Ma è difficile dire quale trattamento possa essere quello più indicato, perché spesso i bambini autistici non sono uno eguale all’altro. L’avere stabilito come uno dei punti estremamente variabili il concetto di “gravità”, è sufficiente per dire che l’approccio può essere molto diverso: in alcuni bambini “meno gravi”, è possibile che sia sufficiente facilitare il contatto con gli altri bambini - se si comincia quando è molto piccolo - per aiutarlo ad uscire da una situazione che, in questo modo, probabilmente non diventerà mai un autismo propriamente detto. Ci sono molti altri casi in cui, invece, è necessaria una terapia lunga, importante, che coinvolge non soltanto il bambino autistico ma tutta la sua famiglia.

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    20.mo del Catechismo: Creatore del mondo visibile

    ◊   Non esiste nulla che non debba la propria esistenza a Dio Creatore. E' quanto sottolinea il Catechismo della Chiesa cattolica. Lo ricorda il gesuita padre Dariusz Kowalczyk, nella sua 20.ma puntata del ciclo dedicato ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:

    Dio è il creatore del cielo e della terra, cioè del mondo visibile e invisibile. Il libro della Genesi ci parla della creazione del mondo materiale. Ovviamente si tratta della rappresentazione simbolica dei sette giorni che ci rivela non le verità cosmologiche o la storia naturale, ma le verità teologiche che riguardano la nostra salvezza.

    Il Catechismo elenca queste verità: 1. Non esiste nulla che non debba la propria esistenza a Dio Creatore; 2. Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione; 3. L’interdipendenza delle creature è voluta da Dio; 4. L’uomo è il vertice dell’opera della creazione; 5. Il settimo giorno è stato consacrato da Dio (cf. CCC 338ss).

    Nel racconto della Genesi sulla creazione come un ritornello viene ripetuta la frase: “E Dio vide che ciò era buono”. Questo vuol dire che le diverse creature riflettono – ognuna a modo suo – la bontà di Dio. “Per questo – leggiamo nel Catechismo – l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose, che disprezza il Creatore” (CCC 339). Tale rispetto però non ha niente a che fare con alcune ideologie ecologiste diffuse nei nostri tempi.

    Sant’Ignazio di Loyola ci dà nei suoi “Esercizi Spirituali” un principio che esprime bene il senso della creazione: “L’uomo è creato per lodare e servire Dio, e per salvare, in questo modo, la propria anima. E le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato”.

    Le altre cose ci possono aiutare ad arrivare a Dio. Per esempio attraverso la loro bellezza, che riflette la gloria di Dio. La bellezza creata e increata (cioè divina) si sono unite perfettamente in Gesù Cristo. Contempliamo quindi il suo volto, visibile nei Vangeli, perché esso ci riveli il mistero dell’universo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La misericordia di Dio per il mondo: il messaggio pasquale di Papa Francesco.

    Le sorprese di Dio: la veglia pasquale celebrata dal Papa nella Basilica vaticana.

    Commosso davanti alla sepoltura di Pietro: il cardinale Angelo Comastri, arciprete di San Pietro, sulla visita del Pontefice nella necropoli vaticana. Sulla memoria dell’Apostolo, un articolo di Carlo Carletti dal titolo “Lì troverai i trofei di coloro che fondarono la Chiesa”.

    Il mio alunno Bergoglio: da Buenos Aires, intervista di Cristian Martini Grimaldi a padre Scannone, direttore della facoltà teologica di San Miguel, insegnante di greco del giovane Jorge Mario.

    Con i fari accesi: giustizia e cittadinanza in un testo dell’arcivescovo di Buenos Aires per il bicentenario della Nazione argentina, con la prefazione di José Paradiso al libro - che ripropone il discorso in italiano - “Noi come cittadini. Noi come popolo. Verso un bicentenario in giustizia e solidarietà 2011-2016”.

    Sul Pontefice e le fonti della spiritualità, un articolo di Javier Echevarria Rodriguez, vescovo prelato dell’Opus Dei, dal titolo “Ritorno a Cristo”.

    Arte e speranza sono parenti strette: Lucetta Scaraffia sull’amore di Benedetto XVI per la bellezza e l’elezione di Papa Francesco celebrati dal mensile “Luoghi dell’infinito”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, gli scontri a fondo etnico in Nigeria che hanno causato nuove vittime.

    In allegato, il mensile “donna chiesa mondo”.

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    Oggi in Primo Piano



    Corea. Ambasciatore Seul in Vaticano: grati al Papa per il suo sostegno

    ◊   Sale la preoccupazione nella penisola coreana, anche a seguito della decisione di Pyongyang di ampliare il ruolo dell'’arsenale nucleare nella difesa del Paese. Seul ha fatto sapere di prendere “molto seriamente” le recenti minacce e di prepararsi a rispondere “in maniera potente”. La Chiesa continua ad essere in prima linea per il progetto di riconciliazione. Il servizio di Davide Dionisi:

    Dopo l’entrata in “stato di guerra” con la Corea del Sud, annunciato da Pyongyang sabato scorso, e l’annullamento dell’armistizio che risaliva al 1953, è salita la tensione tra i due Paesi e si allontana il progetto di riconciliazione per il quale sta lavorando da anni la Chiesa locale. Preoccupano anche le posizioni ferme delle ultime ore del leader, Kim Jong, anche di fronte ai ripetuti appelli alla calma e alla moderazione della comunità internazionale. Abbiamo chiesto all’ambasciatore della Repubblica di Corea presso la Santa Sede, Thomas Hong-Soon Han, come sta vivendo questo momento di crisi la comunità cattolica nella penisola:

    R. – L’unica cosa che possiamo fare è pregare per la pace e per la riconciliazione. Il popolo coreano è molto riconoscente al Santo Padre che ha mostrato un interessamento ed una preoccupazione paterna nel promuovere la pace nella penisola coreana. Siamo veramente grati al Santo Padre per questa sollecitazione verso tutto il popolo del mondo, per la pace nel mondo e per la pace in Asia.

    D. – Come sta reagendo la comunità della Corea del Sud?

    R. – Direi che il popolo è sereno, però in stato di grande allerta. Questa volta si tratta di una minaccia esagerata: i dirigenti del Nord possono anche commettere errori e un piccolo errore crea un disastro, soprattutto per il Nord ma anche per il Sud. Siamo preoccupati di questo.

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    Siria, Osservatorio diritti umani: marzo 2013 il più sanguinoso con 6 mila morti

    ◊   In Siria, continua senza sosta la guerra civile tra esercito e insorti. Anche stamani si segnalano violenti scontri a Damasco. I ribelli controllano vaste zone della periferia e continuano l’avanzata verso i quartieri più centrali della capitale. Intanto, ieri l’Osservatorio per i diritti umani, vicino all’opposizione, ha segnalato che il mese di marzo, con oltre 6 mila vittime, tra le quali molti civili, è stato il più sanguinoso dall’inizio del conflitto. Giancarlo La Vella ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni internazionali all’Università di Firenze:

    R. – La guerra in Siria è letteralmente un “pozzo senza fondo”: il regime ha armi e le armi arrivano ai ribelli. Inoltre, è uno Stato estremamente composito in cui già le vecchie divisioni erano serie e ora si vanno accentuando e probabilmente – come capita sempre in situazioni di guerra civile totale – se ne aggiungono altre. Si sa che i combattimenti si sono allargati anche al Sud del Paese – finora era molto più coinvolto il Nord – e si sa anche che filtra poco. L’unica notizia, che non so neanche se definire confortante, che arriva dalla Siria è che i siriani stessi dell’una e dell’altra parte non si fidano più di quello che le emittenti del Medio Oriente raccontano. Stanno nascendo giornali che vogliono lavorare in modo indipendente, perché vogliono raccontarsi direttamente e non tramite gli interessi di emittenti che inevitabilmente riflettono potenze estranee.

    D. – A fronte dei fallimenti della diplomazia internazionale, secondo lei c’è la sensazione che a questo punto la comunità internazionale rimanga a guardare quasi nella speranza che questo conflitto si esaurisca da solo?

    R. – Anche se il conflitto si esaurisse da solo nessuno risolverà il problema di cosa fare dei "pezzi" della Siria. L’unico soggetto che forse può avere un peso – e in qualche modo l’ha dimostrato – può essere la Lega Araba. Una settimana fa non ha lasciato vuoto il posto della Siria, come fece l’anno scorso al summit precedente, ma lo ha dato al capo, o a quello considerato tale dell’opposizione: per la Lega Araba cioè Assad è già passato di scena. Quanto questo poi possa essere utile per una composizione non del conflitto ma dell’opposizione, in modo tale che l’opposizione diventi operativa sia a livello militare – dove in parte lo è già – ma a livello politico, questo veramente non si può sapere.

    D. – Intanto, sul terreno la situazione umanitaria sta diventando sempre più difficile. Ci vuole una presa di posizione a questo punto a livello Onu, se non altro?

    R. – L’unica vera presa di posizione a livello Onu è dichiarare le cosiddette “no-fly zone”, cioè aree in cui il governo di Assad non può intervenire bombardando, perché buona parte dei combattimenti più micidiali si ha tramite elicotteri o missili. Se fossero dichiarate fuori tiro zone abbastanza grandi da proteggere buona parte della popolazione, e inevitabilmente i ribelli che si rifugerebbero lì, questo abbasserebbe il numero dei morti. La Siria però è un Paese talmente composito che qualunque combattimento coinvolge anche la popolazione intorno e a quel punto nessuno più guarda dove atterrano i colpi. I sopravvissuti sono innanzitutto quelli scappati e in qualche modo – pur con i loro grandi numeri – sono in salvo o in Turchia, o in Giordania. Il vero problema sono i sopravvissuti, o quelli che sopravvivranno all’interno della Siria, perché in ogni caso – qualunque cosa accada – la mappa etnica della Siria cambierà radicalmente. Anche chi sopravvivrà dovrà cambiare o area, o modo di vita, perché ci vorrà molto tempo per ricomporre la Siria anche su nuove linee.

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    Sudan, liberati i primi prigionieri politici dopo l’amnistia voluta da Bashir

    ◊   I primi sei prigionieri politici sono stati liberati in Sudan, all'indomani dell'amnistia annunciata dal presidente. Sono coinvolti soprattutto i ribelli concentrati negli stati del Kordofan e del Blue Nile, che rivendicano la loro appartenenza al Sud Sudan, che dal 9 luglio 2011 ha ottenuto l’indipendenza. Dopo una serie di tensioni e violenze, i governi dei due Sudan avevano raggiunto un importante accordo a settembre per la ripresa della vendita del petrolio, rimasta bloccata a causa delle dispute tra i due governi. I provvedimenti di Bashir dovrebbero contribuire a un allentamento delle tensioni con il Sud Sudan. Fausta Speranza ha intervistato Aldo Pigoli, docente di Storia dell’Africa contemporanea all’Università Cattolica di Milano:

    R. – La valenza è sia di natura interna, per quanto riguarda gli equilibri politici nel rapporto con le opposizioni, sia – e forse soprattutto – nei rapporti regionali con il Sud Sudan e anche a livello internazionale per quanto riguarda l’immagine e la credibilità del governo di Al Bashir nei confronti delle principali potenze internazionali come l’Unione Europea e gli Stati Uniti.

    D. – L’amnistia di Bashir dovrebbe aprire proprio ad una situazione diversa negli Stati di confine tra Nord a Sud…

    R. – Buona parte delle persone che sono in prigione a causa di reati politici sono membri dei movimenti politici armati che operano nell’area di confine tra i due Paesi e che il governo di Khartoum dice siano sostenuti da sempre dal governo di Juba, dal governo del Sud Sudan. Al contrario, il governo del Sud Sudan nega qualsiasi tipo di legame con questi movimenti. Quindi, sicuramente l’operazione di Al Bashir – poi vedremo quanto e come verrà realizzata – vuole manifestare una certa apertura nei confronti del vicino Sud Sudan, ma vuole anche riabilitare un po’ l’immagine internazionale del suo regime. Non dimentichiamo che Al Bashir ha più volte annunciato di volersi ritirare dalla vita politica nel 2015 – non vuole concorrere alle prossime elezioni presidenziali – una decisione che sarà fondamentale per il futuro del Paese. Ma è evidente che adesso si stanno costruendo le fondamenta per questo tipo di sviluppo di natura politica interna.

    D. – A che punto siamo nei rapporti con il Sud Sudan? Di recente, c’è stato un accordo per la gestione e per la vendita del petrolio, ma i rapporti restano tesi…

    R. – Sì. Nel settembre 2012, c’è stata questa serie di accordi firmati ad Addis Abeba tra i due governi rispettivamente del Sudan e del Sud Sudan per regolare in primo luogo la questione più spinosa legata alle revenues petrolifere. Gran parte delle riserve di petrolio e delle attività di produzione ed estrazione a partire dal luglio 2011 – cioè da quando c’à stata la scissione del Sud Sudan dal resto del Paese – avvengono nell’area meridionale, in Sud Sudan. Quindi, il governo del Sud ha tratto maggiori benefici da questa separazione, ma le infrastrutture per il trasporto verso i principali porti di sbocco per la vendita e l’export sono nel Nord Sudan. Per diverso tempo, quindi, ci sono stati grandi scontri diplomatici e anche militari per quanto riguarda la gestione delle revenues petrolifere. Poi, ci sono stati accordi anche per quanto riguarda i rapporti commerciali, economici, o la questione dei cittadini, della nazionalità degli originari del Sud che vivono al Nord e viceversa. Quello che è rimasto un po’ fuori è stata la gestione della sicurezza circa le aree di frontiera, in particolare quella di Abyei, contesa da tempo – fin dalla metà del 2011 – e sulla quale rimangono delle problematiche che in più di un’occasione hanno portato allo scontro e al conflitto tra il Nord e il Sud.

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    India. Ucciso rettore del Seminario di Bangalore. Mons. Moras: era un uomo buono

    ◊   Il rettore del Seminario di Bangalore, nello Stato indiano del Karnataka, padre K.J. Thomas, è stato ucciso nella notte tra la domenica di Pasqua e il lunedì da ignoti. Un omicidio “brutale, terribile, senza senso”: così l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, ha commentato l'accaduto. Il corpo di padre Thomas è stato rinvenuto all’alba all’interno del seminario pontificio di San Pietro: secondo le prime ricostruzioni è stato colpito in faccia con un mattone e sia il viso che il corpo erano talmente straziati che i seminaristi stessi hanno fatto fatica a riconoscerlo. Le prime ipotesi degli investigatori – riportate da AsiaNews – propenderebbero per il furto mirato. Padre K.J. Thomas aveva 65 anni, svolgeva attività pastorale nell’Istituto per lo Studio della Teologia e della Filosofia da oltre 30. Doveva andare a prendere sua sorella, una suora, all’aeroporto, ieri mattina, e la religiosa, non vedendolo arrivare e non riuscendo a sentirlo al telefono, si è recata da sola nella struttura dove ha ricevuto la notizia. “Hanno ucciso un sacerdote pio e pacato, è una grave perdita per tutti noi e io in particolare perdo un caro amico, umile e compassionevole”, sono state le parole di cordoglio del cardinale Oswald Gracias. Padre K.J. Thomas è l’ottavo presbitero ucciso dall’inizio del 2013: prima di lui, tre le vittime in Colombia, una in Messico, una in Venezuela, una in Tanzania e una in Canada. Francesca Sabatinelli ha raggiunto a Bangalore l’arcivescovo mons. Moras:

    R. – Father Thomas was found...
    Padre K.J. Thomas è stato trovato morto ieri, alle 6 del mattino, nel Seminario vicino alla sua stanza. E’ stato ucciso, ma da chi non lo sappiamo. La sua stanza è stata messa a soqquadro, come anche la reception. Il colpevole ha cercato di aprire anche la stanza del procuratore. E’ stato assassinato sulle scale del seminario, vicino alla sua stanza, e poi è stato trascinato in quella vicina, la stanza da tè. La polizia sta investigando.

    D. – E’ stato rubato qualcosa nella sua stanza?

    R. – No, nothing is stolen from the room...
    No, non è stato preso nulla. Hanno perquisito la stanza, ma non sappiamo cosa stessero cercando e non è stato rubato nulla, perché nella sua stanza potevano esserci solo carte. Non sono stati rubati l’i-pad, il computer, il cellulare. Sicuramente lui non aveva soldi. Come ho già detto, hanno cercato di forzare la porta della stanza del procuratore, ma non ci sono riusciti.

    D. – Padre K.J.Thomas aveva ricevuto alcune minacce in passato?

    R. – No, we have no information about...
    No, non abbiamo informazioni relative ad alcuna minaccia nei suoi riguardi. Non ha detto niente a nessuno. Padre K.J Thomas lavorava nel seminario di St. Peter da 30 anni. Aveva studiato lì. Avevano tutti una buonissima opinione di lui. Aveva un cuore buono e generoso, era una persona semplice, sia gli insegnanti sia gli studenti lo apprezzavano. Per questo ci sorprende che questo omicidio abbia colpito una persona così. La polizia ha preso il corpo per effettuare l’autopsia e noi stiamo aspettando il referto. Questa mattina alle 7.30 abbiamo celebrato una Messa per lui nel Seminario alla quale hanno partecipato oltre 200 sacerdoti, e forse un migliaio fra preti e suore. Alle 10.30, circa il suo corpo è stato portato nella diocesi di origine in Tamil Nadu.

    D. – Quando si svolgerà il funerale?

    R. – They will have the funeral service…
    Il funerale sarà celebrato domani mattina alle 10 circa.

    D. – Lei celebrerà?

    R. – Yes, I’ll preside the ceremony, the Mass…
    Sì, ho presieduto la cerimonia, la Messa e presiederò anche il rito funebre. Insieme a me c’erano altri due vescovi. Al momento non ci sono altre informazioni, ma siamo sconvolti e scioccati da ciò che è accaduto, perché per la Chiesa indiana, questo è il primo omicidio di un sacerdote cattolico, rettore di un seminario.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nepal, molti Battesimi tra gli indù nella notte di Pasqua

    ◊   Oltre 20 catecumeni nepalesi sono stati battezzati nelle varie parrocchie del Paese durante la Veglia della notte di Pasqua. Tra loro – precisa AsiaNews – molti sono indù che hanno avvicinato la fede cattolica grazie al contatto con le diverse realtà educative e caritative presenti e dopo due anni di preparazione in cui hanno conosciuto e approfondito la fede cristiana, hanno ricevuto il sacramento. “Dio ci ha donato la grazia del suo amore, abbiamo dato un significato nuovo alla nostra vita e serviremo la società e la Chiesa”, è il loro commento entusiastico. Il responsabile dei catechisti della diocesi di Kathmandu, Bhim Rai, racconta, però, che alcuni, dopo il Battesimo, tornano all’induismo a causa di pressioni familiari, poca comprensione della cultura cristiana e paura: “Non conta il numero, ma la qualità delle conversioni per noi – afferma – devono essere autentiche e partire da un cambiamento reale della persona”. Secondo il catechista in Nepal, ci sono ogni anno circa 30-40 conversioni, che sono aumentate dal 2006 in poi, quando, con la caduta della monarchia induista, si è venuto a creare un clima favorevole che ha consentito la libertà di culto e anche la libera professione in pubblico, contemporaneamente con il tramonto delle ideologie maoista e comunista. Da allora, molti giovani hanno iniziato a considerare la Bibbia parte fondamentale della propria formazione, tanto che le Sacre Scritture hanno registrato un boom di vendite. Secondo l’organizzazione statunitense "Bible for the world", nel 2011 i cristiani in Nepal erano l’1,5%, in crescita rispetto allo 0,5 del 2006, passando da quattromila a diecimila. Ogni domenica, sono circa 200 i non cattolici che assistono alla Messa. (R.B.)

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    Vietnam: la notte di Pasqua battezzati 28 catecumeni

    ◊   Nella cattedrale di Nostra Signora di Ho Chi Mihn City, in Vietnam, 28 catecumeni hanno ricevuto il Battesimo nella notte di Pasqua durante la Veglia presieduta dal cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, di ritorno dalle settimane trascorse a Roma per il conclave. Al termine della celebrazione, il porporato ha anche consegnato ai fedeli presenti – circa duemila secondo AsiaNews – una foto di Papa Francesco recante una piccola preghiera: “Rendiamo grazie a Dio, perché ci ha concesso un Buon pastore dotato di umiltà, empatia, misericordia e vicino a tutti. Continuiamo a pregare per lui”. Nel corso dell’omelia, l’arcivescovo ha spiegato la Passione e la morte del Signore che trovano pieno compimento solo nella Pasqua di Resurrezione, attraverso la quale Cristo ha vinto la morte e ci ha donato vita immortale. Infine, il cardinale ha indicato i sacramenti del Battesimo, dell’Eucaristia e della Cresima come “fonte e via per il raggiungimento della vita eterna”. (R.B.)

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    Caritas svizzera promuove una raccolta fondi per 50 mila profughi siriani

    ◊   La Chiesa svizzera raccoglie l’invito di Papa Francesco che il giorno di Pasqua nel messaggio Urbi et Orbi ha auspicato la fine del conflitto in Siria e organizza una raccolta di fondi attraverso la Caritas, impegnata nel dare aiuto ai rifugiati del Paese martoriato. L’aiuto fornito dalla Chiesa, anche in Libano e Giordania, i Paesi confinanti con la Siria in cui maggiore è l’afflusso dei profughi, è rivolto sia alle comunità cristiane sia alla popolazione musulmana, ma a tuttora sono aiuti che restano insufficienti rispetto alle necessità. Secondo il presidente della Caritas Libano, Faddoul Simon, circa mille rifugiati ogni giorno arrivano dalla vicina Siria, che sul suo territorio ospita circa quattro milioni di profughi. La Caritas svizzera ora sosterrà 50 mila rifugiati siriani tra Libano e Giordania, fornendo loro cibo e garantendo l’assistenza medica e psicologica. (R.B.)

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    Sri Lanka. La Pasqua tra le detenute del carcere femminile di Welikada

    ◊   La Pasqua celebrata all’interno del carcere femminile di Welikada, in Sri Lanka, ha dato la possibilità alle detenute di riflettere sulla propria condizione e di vedere la reclusione non come una punizione divina, bensì come un’opportunità donata dal Signore per non ripetere i crimini commessi. Nel carcere, circa cento detenute sono cristiane e stanno scontando pene di varia entità, da uno a undici anni, riferisce AsiaNews, che precisa che la celebrazione è stata officiata da padre Fernando Prasanna e che durante l’offertorio le partecipanti hanno recato in dono una candela, simbolo di nuova vita. La Messa è stata interamente preparata dalle detenute, in collaborazione con le suore della Sacra Famiglia che spesso vanno a visitarle e che le hanno aiutate anche a vivere una Via Crucis particolare in lingua singalese il Venerdì Santo, in cui alcune delle stazioni che raccontano la Passione di Gesù sono state descritte attraverso episodi reali tratte dalle loro vite. Grande l’entusiasmo per le donne, che si dicono pronte e decise a condurre una vita “alla presenza di Cristo risorto”. (R.B.)

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    Myanmar. Rogo in una scuola musulmana, 13 vittime

    ◊   Sono 13 le vittime dell’incendio scoppiato questa notte in una scuola musulmana di Yangon, in Myanmar, e sono tutti adolescenti. Ad annunciarlo sono state, questa mattina, fonti del Ministero degli interni birmano, che hanno precisato che le fiamme sarebbero state causate da un corto circuito interno alla struttura che ospita anche una moschea. Al momento dell’innescarsi del rogo, dormivano nella scuola circa 70 persone. Nonostante si escluda la causa dolosa, l’incendio potrebbe riaccendere le tensioni già esistenti nel Paese tra maggioranza buddista e la minoranza musulmana, che hanno spinto il governo nel marzo scorso a imporre lo stato di emergenza e che nelle scorse settimane hanno causato 43 vittime, per lo più musulmani, in varie zone del Paese. Soltanto l’anno scorso, gli scontri tra buddisti e musulmani-Rohingya nello Stato birmano di Rakhine, hanno causato 167 morti e lasciato senza casa 125 mila persone. (R.B.)

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    Cina, torna a spaventare l’aviaria: 4 morti

    ◊   Torna l’allarme aviaria in Cina: oggi sarebbero salite a quattro le vittime della nuova epidemia di aviaria, causata da una mutazione del virus H5N1, che dal 2005 ripetutamente affligge l’intero continente asiatico. Il virus H7N9, che finora non aveva mai contagiato gli esseri umani, ha ucciso a Shanghai due uomini di 87 e 27 anni, che macellavano pollame, e una donna di 45 anni di Nanchino – a 300 km di distanza – che viveva a contatto con uccelli. La quarta vittima registrata attraverso i social network, invece, sarebbe un donna di Jiangsu, anche lei macellaia. La notizia del nuovo focolaio dell’influenza sarebbe stata a lungo tenuta nascosta dalle autorità per non allarmare la popolazione civile, che ha già espresso paura di consumare carne di maiale e pollame. Secondo quanto riferito da AsiaNews, il governo di Hong Kong, già provato dall’epidemia di Sars nel 2002 e nel 2003, ha dichiarato di essere stato informato in via ufficiale, ma di ritenere i quattro casi “isolati”, mentre il portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Cina, Timothy O’Leary, tenta di smorzare i toni affermando che la trasmissione umana “resta bassa”. (R.B.)

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    Brasile. Parte da Copacabana l’autobus contro le dipendenze

    ◊   Partirà stasera dalla famosissima spiaggia di Copacabana a Rio de Janeiro, in Brasile – che sarà anche teatro di molte iniziative nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù di questa estate – il progetto “Passaporto di cittadinanza”, rivolto a bambini e giovani in difficoltà e considerati a rischio dipendenza droga e alcol. L’iniziativa, riporta il Sir, sarà in qualche modo ben visibile grazie alla presenza di un autobus adeguatamente attrezzato in cui i ragazzi troveranno una videoteca, una ludoteca, una biblioteca, una zona Internet con dieci computer e una tenda esterna, sotto la quale si svolgeranno incontri e dibattiti su temi cari alla vita dei giovani. Il veicolo, benedetto dall’arcivescovo della città, Orani João Tempesta, che è anche il presidente del comitato organizzatore della Gmg, sosterà a Copacabana per un mese, poi si sposterà di continuo per due anni, incuriosendo e, si spera, avvicinando il maggior numero possibile di giovani che avranno a disposizione anche un team di cinque professionisti nel recupero dalle tossicodipendenze. Il problema, molto sentito dalla Chiesa locale, sarà anche oggetto di attenzione durante la Gmg. (R.B.)

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    Usa. Cittadina in Georgia impone ai propri cittadini un’arma da fuoco

    ◊   Mentre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in seguito alla strage nella scuola elementare di Newton, si sta adoperando molto per limitare il possesso di armi nel Paese, il Consiglio comunale della cittadina di Nelson, in Georgia, alle pendici dei Monti Appalachi, questa notte ha approvato una provocatoria ordinanza in base alla quale ogni capo famiglia dovrà possedere un’arma per la sua sicurezza e quella dei propri cari. Dall’ordinanza – la cui disattenzione non prevede alcuna sanzione, essendo solo un provvedimento dal valore simbolico – sono esclusi pregiudicati e persone che soffrono di handicap fisici o mentali. A Nelson, cittadina di 1330 anime, in realtà il tasso di criminalità è molto basso: l’ultimo omicidio risale a cinque anni fa e si registra appena qualche piccolo furto, tanto che gli abitanti hanno la consuetudine di lasciare la porta di casa aperta. La cittadina, inoltre, non può contare su un servizio di polizia 24 ore al giorno, e l’iniziativa, secondo i sostenitori, mira a opporsi a “qualsiasi tentativo futuro del governo federale di sequestrare le armi da fuoco personali”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 92

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.