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Sommario del 31/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa nomina mons. Pietro Parolin nuovo segretario di Stato
  • Mons. Parolin: "Missione impegnativa ed esigente, mi affido all'amore misericordioso del Signore"
  • Mons. Parolin, una vita in missione fra le Chiese di frontiera
  • Messaggio del presidente Napolitano a mons. Pietro Parolin
  • Speciale udienza del Papa sulla Siria: esaminate possibili iniziative della Santa Sede
  • Romania: Beatificazione di padre Vladimir Ghika, martire sotto il comunismo
  • Il Papa nomina il card. Farina suo inviato alle celebrazioni per i 100 anni dell'Università "Sophia" di Tokyo
  • Tweet del Papa: "Chiediamo a Maria di aiutarci a tenere lo sguardo ben fisso su Gesù"
  • Un anno fa la morte del card. Martini. Il card. Ravasi: eredità di dialogo in sintonia con Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, l'analista: gli Usa potrebbero sostenere costi di un attacco, l'Ue no
  • Siria. Associazioni e movimenti con il Papa: "No alle armi, spazio al negoziato"
  • Eurozona: disoccupazione giovanile record, uno su quattro senza lavoro
  • La custodia del creato al centro di un convegno da oggi ad Assisi
  • Il priore di Bose: le parrocchie siano più comunità e non spazi di "consumo liturgico"
  • Bologna. Campane e numeri riscrivono la mappa della città
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Caritas internationalis: colloqui di pace unica opzione
  • Amman: summit dei capi delle Chiese mediorientali promosso dalla monarchia hascemita
  • Medio Oriente-Nord Africa: Maria Voce incontra delegazioni del Movimento
  • Ancora violenze in Afghanistan: oltre 20 morti nelle ultime 24 ore
  • Congo: l'Onu prova il sostegno del Rwanda ai ribelli M23
  • Centrafrica: nuove testimonianze sull’accanimento contro i cristiani
  • Centroafrica: milizie al potere continuano stragi. Per l'Onu “situazione al collasso”
  • Il Patriarca ortodosso Bartolomeo I: nella Giornata del creato "no all'arroganza della ricerca"
  • Alluvioni in Russia: il Patriarca ortodosso Kirill chiede di "unire gli sforzi"
  • Celam: piattaforma digitale per favorire la comunione tra i vescovi di America Latina e Caraibi
  • Milano: Il cardinale Scola: dal Beato Schuster "un invito alla santità"
  • Immigrazione. 130 sbarcano in Calabria, tra loro anche donna incinta
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa nomina mons. Pietro Parolin nuovo segretario di Stato

    ◊   Papa Francesco ha nominato mons. Pietro Parolin, nuovo segretario di Stato. Succede al cardinale Bertone che ricopre questo incarico dal 2006. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Il Papa ha accettato le dimissioni del cardinale Tarcisio Bertone, secondo il Can. 354 del Codice di Diritto Canonico - che si riferisce ai sopraggiunti limiti di età, ovvero la soglia dei 75; il porporato ne farà 79 a dicembre - chiedendogli, però, di rimanere in carica fino al 15 ottobre 2013, con tutte le facoltà inerenti a tale ufficio. Gli succederà, dunque, mons. Pietro Parolin, 58 anni, veneto, attualmente nunzio apostolico in Venezuela.

    Il 15 ottobre Papa Francesco – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – “riceverà in udienza superiori ed officiali della Segreteria di Stato, per ringraziare pubblicamente il cardinale Bertone per il suo fedele e generoso servizio alla Santa Sede e per presentare loro il nuovo segretario di Stato”.

    Sempre oggi, il Papa ha confermato nei rispettivi uffici mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali; mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati; mons. Georg Gänswein, prefetto della Prefettura della Casa Pontificia; mons. Peter Wells, assessore per gli Affari Generali; mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    Mons. Parolin: "Missione impegnativa ed esigente, mi affido all'amore misericordioso del Signore"

    ◊   Mons. Parolin, dopo la nomina, ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime la sua “profonda e affettuosa gratitudine” al Papa per “l’immeritata fiducia” che ripone nei suoi confronti, manifestandogli “rinnovata volontà e totale disponibilità a collaborare con Lui e sotto la Sua guida per la maggior gloria di Dio, il bene della Santa Chiesa e il progresso e la pace dell’umanità, affinché essa trovi ragioni per vivere e sperare”.

    “Sento viva la grazia di questa chiamata – afferma il presule - che, ancora una volta, costituisce una sorpresa di Dio nella mia vita e, soprattutto, ne sento l’intera responsabilità, perché essa mi affida una missione impegnativa ed esigente, di fronte alla quale le mie forze sono deboli e povere le mie capacità. Per questo – prosegue - mons. Parolin - mi affido all’amore misericordioso del Signore, dal quale nulla e nessuno potrà mai separarci, e alle preghiere di tutti. Tutti ringrazio, fin d’ora, per la comprensione e per l’aiuto che, in qualsiasi forma, mi vorranno prestare nello svolgimento del nuovo incarico”.

    Il presule rivolge poi il suo pensiero alle persone che sono state parte della sua vita in famiglia, nelle parrocchie in cui è nato e in cui ha prestato servizio, nella “cara Diocesi di Vicenza”, a Roma, nei Paesi dove ha lavorato, Nigeria, Messico e Venezuela, che lascia “con rimpianto”.

    Un pensiero rivolge anche al Papa emerito Benedetto XVI, che lo ha ordinato vescovo, alla Segreteria di Stato, che è già stata la sua casa per molti anni, al cardinale Bertone, agli altri Superiori, ai colleghi e ai collaboratori e all’intera Curia Romana, ai Rappresentanti Pontifici. “A tutti – sottolinea – sono largamente debitore”.

    “Mi pongo, con trepidazione – conclude mons. Parolin - ma anche con fiducia e serenità, in questo nuovo servizio al Vangelo, alla Chiesa e al Papa Francesco, disposto – come Lui ci ha chiesto fin dall’inizio – a camminare, edificare-costruire e confessare. Che la Madonna, che a me piace invocare con i titoli di Monte Berico, Guadalupe e Coromoto, ci dia ‘il coraggio di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria, il Cristo crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti’. E, come si dice in Venezuela: ¡Que Dios les bendiga!”.

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    Mons. Parolin, una vita in missione fra le Chiese di frontiera

    ◊   L’esperienza di servizio diplomatico di mons. Pietro Parolin all’interno della Santa Sede nasce alla fine degli Anni Ottanta, mentre da giovane sacerdote del vicentino era ai suoi primi anni di ministero nella Chiesa della sua zona natale. Alessandro De Carolis racconta in questo servizio i tratti salienti della missione del nuovo segretario di Stato:

    Africa, America Latina, Asia. La visione delle Chiese locali in mons. Pietro Parolin è globale, e da molti anni. Le traiettorie del suo quasi trentennale servizio alla Santa Sede hanno portato il nuovo segretario di Stato a rendersi conto di persona di ciò che ora dovrà, come primo tra i collaboratori di Papa Francesco, governare soprattutto da Roma. Lo ha portato a toccare con mano a più riprese il rigoglio di comunità ecclesiali, alcune delle quali radicate in contesti ostili alla fede. Quando, 31.enne, mons. Parolin parte per la sua prima missione nella nunziatura in Nigeria – è il 1986 – quella prima esperienza gli apre gli occhi sulle dinamiche del rapporto tra cristianesimo e islam. Tre anni e poi il volo oltre l’oceano, destinazione Messico. Qui, mons. Parolin partecipa alla fase finale del lungo lavoro pastorale e diplomatico che porta la Chiesa messicana – dopo decenni di difficili rapporti – al riconoscimento giuridico da parte delle autorità del Paese. È un’ulteriore dilatazione di prospettive del cuore e della mente del giovane prete veneto, partito nei primi anni Ottanta dal suo paese natale, Schiavon, e dalla sua Vicenza per raggiungere Roma e iniziare – non cercata, ma onorata con crescente competenza – la carriera di rappresentante diplomatico della Santa Sede.

    E a Roma mons. Parolin ritorna nel 1992. Il suo nuovo ufficio è in Segreteria di Stato, sezione per i Rapporti con gli Stati. Trascorrono dieci anni di intenso lavoro, che coprono vicende di vari Paesi, finché nel novembre 2002 Giovanni Paolo II lo nomina sottosegretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati. La maggiore responsabilità lo porta a occuparsi di situazioni delicate – rapporti tra Santa Sede e Israele, la Chiesa in Vietnam – fino all’apice del complesso negoziato con le autorità della Cina, allo scopo di offrire ai cattolici dell’immenso Paese asiatico condizioni migliori per l’espressione della loro fede, nello spirito della Lettera di Benedetto XVI del 2007. Nel 2009, è l’ora di fare nuovamente le valigie per l’America Latina. Ad attendere mons. Parolin stavolta è il Venezuela, ma in veste di nunzio, consacrato arcivescovo, e anche in questo caso in un Paese dove le relazioni tra Stato e Chiesa non scorrono sul velluto. Ora, per il nuovo segretario di Stato di Papa Francesco da ottobre sarà ancora Roma: sul gradino più alto di un servizio che immaginiamo vissuto con la semplicità d’animo che il Papa venuto dall'altra parte del mondo chiede ai suoi collaboratori e che Pietro Parolin ha imparato fin da ragazzino, quando la mamma maestra e il papà titolare di una ferramenta gli hanno trasmesso in modo indelebile l’amore per Cristo.

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    Messaggio del presidente Napolitano a mons. Pietro Parolin

    ◊   Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha inviato a mons. Pietro Parolin un messaggio di "vive congratulazioni e fervidi voti augurali" per la nomina a segretario di Stato. "L'elevatissimo incarico che il Santo Padre ha voluto affidarle - afferma il capo di Stato - costituisce il riconoscimento di un prestigioso percorso al servizio della Chiesa. Nei lunghi anni trascorsi alla Segreteria di Stato, unanimemente apprezzata è stata la sua costante attenzione per le relazioni fra lo Stato italiano e la Santa Sede ed il suo impegno affinché il rapporto di esemplare concordia e armoniosa convivenza esistente fra le due sponde del Tevere potesse ancor più consolidarsi, nel rispetto dell'indipendenza e della sovranità di cui ciascuna delle due parti è, nel proprio ordine, titolare".

    "Sono certo - conclude il presidente Napolitano - che grazie alla sua presenza al vertice della Segreteria di Stato, le nostre relazioni continueranno ad arricchirsi di nuovi contenuti e la nostra collaborazione a difesa della pace e della giustizia nei diversi scenari internazionali potrà ulteriormente consolidarsi".

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    Speciale udienza del Papa sulla Siria: esaminate possibili iniziative della Santa Sede

    ◊   Stamani, il Papa ha ricevuto collegialmente, in speciale udienza presso la Domus Sanctae Marthae, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Peter B. Wells, assessore per gli Affari Generali, mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati e mons. Alberto Ortega Martin, officiale della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati. Al centro dell’incontro l’attuale situazione in Medio Oriente, in particolare in Siria. Sono state esaminate in proposito possibili iniziative della Santa Sede.

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    Romania: Beatificazione di padre Vladimir Ghika, martire sotto il comunismo

    ◊   “Desideriamo baciare le catene di coloro che, ingiustamente imprigionati, piangono e sono afflitti per gli attacchi contro la religione, per la rovina delle sacre istituzioni, per la salvezza eterna dei loro popoli”. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha citato il messaggio del 1952 di Pio XII alla Chiesa e al popolo di Romania nell’omelia della Messa per la Beatificazione di mons. Vladimir Ghika tenutasi oggi a Bucarest, alla presenza di migliaia di persone. Hanno concelebrato oltre cento sacerdoti, una ventina di vescovi e il cardinale André Vingt-Trois di Parigi. Rappresentate la Chiesa ortodossa e le istituzioni dello Stato. Nella sua omelia il card. Amato ha evidenziato la prospettiva che si apre con la Beatificazione di Vladimir Ghika, la cui festa ricorrerà il 16 maggio di ogni anno, affermando che essa “deve essere vista come segno profetico di riconciliazione e di pace, come memoria di un triste passato da non ripetere in nessun modo e come impegno per costruire un futuro di speranza, di comunione fraterna, di libertà e di letizia”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    E’ vissuto da santo ed è morto da martire, padre Ghika, sacerdote romeno, aveva 80 anni quando è morto nel carcere di Jilava, vicino Bucarest, il 16 maggio 1954, accusato di spionaggio nell’interesse del Vaticano, condannato dal regime comunista a tre anni di prigionia per alto tradimento. Di religione ortodossa, nipote dell’ultimo principe della Moldavia, destinato alla carriera diplomatica, il giovane Vladimir, non ancora trentenne, entra nella Chiesa cattolica, rinunciando poi ad ogni agio e privilegio per vivere nella carità da povero con i poveri. Tre sono i messaggi che lascia padre Ghika, come indica il cardinale Angelo Amato:

    R. - Il primo riguarda la sua ansia ecumenica. Sognava l'unità della Chiesa. Egli proponeva la santità come un mezzo indispensabile per promuovere l'unità dei cristiani. Egli vedeva nel martirio di milioni di cristiani ortodossi perseguitati soprattutto in Russia e nell'Europa dell'Est dai regimi comunisti la garanzia di una vera risurrezione, che, nella logica del mistero pasquale, doveva portare all'unità ritrovata. Il secondo aspetto riguarda il suo concreto impegno di carità verso i rifugiati, i feriti di guerra, i malati, da lui accolti, visitati e assistiti. Il terzo aspetto riguarda la sua testimonianza martiriale, sotto quel regime spietato che fu lo stalinismo. Lunghi e sfibranti interrogatori di giorno e di notte, pestaggi feroci tanto da far temere la perdita dell'udito e della vista, simulazioni di impiccagione. Egli sopportò con fede e coraggio questo martirio con l'aiuto della preghiera.

    La sorte volle che intorno a padre Ghika morente, nell’infermeria del carcere, vi fossero un prete ortodosso, un pastore protestante, un giovane ebreo e un imam tartaro, a coronare il suo desiderio di un solo gregge ed un solo pastore:

    R. - L'odierna Beatificazione deve essere vista come segno profetico di riconciliazione e di pace, come memoria di un triste passato da non ripetere in nessun modo e come impegno per costruire un futuro di speranza, di comunione fraterna, di libertà e di letizia.

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    Il Papa nomina il card. Farina suo inviato alle celebrazioni per i 100 anni dell'Università "Sophia" di Tokyo

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto in udienza, presso la Domus Sanctae Marthae, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Papa ha nominato il cardinale Raffaele Farina, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, suo inviato speciale alle celebrazioni del primo centenario della fondazione dell’Università “Sophia” di Tokio, in programma il primo novembre 2013.

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    Tweet del Papa: "Chiediamo a Maria di aiutarci a tenere lo sguardo ben fisso su Gesù"

    ◊   Nuovo tweet del Papa oggi: “Chiediamo a Maria di aiutarci a tenere lo sguardo ben fisso su Gesù, a seguirlo sempre, anche quando è impegnativo”. Nel pomeriggio di ieri, sull'account @Pontifex in nove lingue, era stato pubblicato quest'altro tweet: “La fede non è una cosa decorativa, ornamentale. Avere fede vuol dire mettere realmente Cristo al centro della nostra vita”.

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    Un anno fa la morte del card. Martini. Il card. Ravasi: eredità di dialogo in sintonia con Papa Francesco

    ◊   L’udienza ai Gesuiti italiani e le parole pronunciate nell’occasione da Papa Francesco avevano acceso fin da ieri l’attenzione sulla figura del cardinale Carlo Maria Martini, del quale si ricorda oggi un anno dalla sua scomprsa. Nel pomeriggio, alle 17.30, il cardinale arcivescovo Angelo Scola presiederà nel Duomo di Milano una solenne celebrazione eucaristica di suffragio. A ricordarne la caratura di vescovo e di studioso è anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio della Cultura, che a Milano è stato per lunghi anni prefetto della Biblioteca Ambrosiana. L’intervista è di Fabio Colagrande:

    R. – A distanza di un anno, si può già incominciare a misurare che cosa abbia significato la presenza di questa figura nell’interno non soltanto dell’orizzonte ecclesiale, ma anche di quello culturale e civile in genere. E ci sono molti elementi che sono già stati messi in luce, che bisognerà comunque, sempre in qualche modo riattualizzare come sua testimonianza.

    D. – C’è, in particolare, un elemento dell'eredità lasciata dal cardinale Martini che le sembra particolarmente attuale nella vita della Chiesa?

    R. – A dire il vero, io ne ricorderei almeno quattro. Da una parte, la memoria nei confronti della Bibbia, il rimando costante alla Bibbia. Se noi guardiamo la sua bibliografia, sostanzialmente c’è questa specie di piccolo oceano testuale che è composto di commenti spirituali alla Bibbia. Il secondo tema sicuramente rilevante è quello del dialogo, del confronto con le diversità, con la complessità dell’umano: questa è una componente che è stata esaltata anche – dobbiamo dire – dallo stesso Papa Francesco, perché comunque fa parte della necessità che la Chiesa ha, oggi, nel suo confrontarsi con la cultura e con il mondo contemporaneo. Il terzo elemento è proprio quello del suo respiro universalistico. Papa Francesco parla delle periferie: ecco, io direi che il cristianesimo di sua natura è irradiazione che percorre non soltanto le grandi strade della civiltà e anche – se si vuole – della stessa Chiesa, ma percorre anche i bassifondi. C’è un sottobosco, anche, che attende forse delle scintille di luce. E da ultimo, sicuramente, il genere della misericordia, tanto per stare ancora in sintonia con Papa Francesco, che io però declinerei anche come inquietudine dello spirito nei confronti dell’umanità che domanda, che interroga, che spesso si trova desolata e isolata… E in questa luce, certamente, gli ultimi anni del cardinale Martini sono stati significativi, quando si vedeva chiaramente il suo tormento nei confronti del fatto che la Chiesa non sapesse rispondere a tante di queste domande e se rispondeva, non rispondeva con quella necessaria sintonia e, appunto, misericordia.

    D. – Quindi, lei è d’accordo sul fatto che la Chiesa del dialogo e della misericordia, così centrale nel magistero di Papa Francesco, abbia delle affinità con l’idea di Chiesa che aveva il cardinal Martini?

    R. – Sì, sicuramente, io credo. Anche se ci sono diversità di percorso, perché evidentemente la formazione del cardinale Martini era tendenzialmente una formazione di tipo intellettuale, che però era stata ininterrottamente confrontata con le istanze pastorali. In questa luce, direi che esiste una sorta di sintonia tra i due, attorno a questi temi. Ma c’è anche, poi, nel cardinale Martini questa sua originalità che era affidata anche ad una matrice particolare.

    Sul profilo pastorale e intelletuale del cardinale Martini, Fabio Colagrande ha sentito il gesuita padre Giacomo Costa, vicepresidente della Fondazione intitolata al porporato scomparso, presentata ieri a Papa Francesco:

    R. – Penso che la figura di Carlo Maria Martini sia stata un dono per tutta la Chiesa e sia importante che questo dono continui a fruttare. Allora, la Fondazione è un po’ in questa prospettiva. Bisogna dire che il cardinale Martini aveva nominato la Provincia dei Gesuiti italiani sua erede e in particolare erede di tutti i suoi scritti, dei suoi diritti di autore. Questo ci ha fatto riflettere: per assumere questa bellissima e molto impegnativa eredità, abbiamo pensato che il metodo migliore fosse una Fondazione. L’idea è quella di raccogliere i suoi scritti, costituire un archivio con tutti i materiali che lo riguardano – un importantissimo patrimonio intellettuale e spirituale – e metterlo a disposizione perché possa essere letto, studiato e quindi fruttificare. Però, qualcosa che non soltanto si limiti a portare avanti il ricordo della persona, ma che continui anche a far vivere lo spirito che ha animato il cardinale: questa attenzione alla Sacra Scrittura, questa cura del dialogo con altri credenti, con persone non credenti… Quindi, la Fondazione porta avanti quello che è lo spirito di Chiesa che ha caratterizzato il cardinale Martini.

    D. – Voi avete annunciato la creazione di questa Fondazione intitolata al cardinale Martini, presentandola a Papa Francesco…

    R. – Certo. Ci sembra veramente importante, perché non si tratta soltanto dell’iniziativa di qualche gesuita e neanche soltanto della Provincia di Italia, ma è una Fondazione che si vuole proprio al servizio proprio di tutta la Chiesa, tanto locale quanto nazionale e universale. Per cui, l'andare da Papa Francesco ha voluto sottolineare questa dimensione di servizio e disponibilità di un qualcosa che non è autoreferenziale, ma che veramente vuole portare un messaggio e uno stile per il servizio di tutte le persone. Penso proprio che l’eredità di Martini possa ancora fare molto per portare avanti anche il progetto di Chiesa di Papa Francesco.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’arcivescovo Pietro Parolin segretario di Stato.

    Conclusa in Siria l’ispezione dell’Onu.

    Dall’incarnazione alla comunicazione: in cultura, Ricardo Perez Marquez sulla teologia e il linguaggio del mondo.

    Una sola parola per tante cose diverse: Leonardo Lugaresi sul significato del concetto di conversione dal mondo greco-romano a oggi.

    Eloquente catechesi muta: l’introduzione di Maria Antonietta Crippa al volume di Virtus Zallot dal titolo “Sculture d’artificio. Altari barocchi in legno dell’Alta Valle Camonica”.

    Quella poesia che inizia dalla gioia: Enrico Reggiani ricorda Seamus Heaney.

    Leone XIII, Buffalo Bill e la Coca Cola: Silvia Guidi su aneddoti e curiosità riguardo a Papa Pecci in due libri nati dalle ricerche degli studenti di Carpineto Romano.

    Nell’informazione religiosa, l’omelia del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, per la messa celebrata in occasione del primo anniversario della morte del cardinale Carlo Maria Martini.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, l'analista: gli Usa potrebbero sostenere costi di un attacco, l'Ue no

    ◊   Potrebbe scattare da un momento all’altro l’attacco militare contro la Siria. Di questa opinione Damasco, che si dice pronta a rispondere, mentre navi statunitensi si schierano nel Mediterraneo e Obama valuta un “azione limitata e circoscritta”. Dal canto suo, Putin sfida gli Stati Uniti: “Gli Usa presentino le prove al consiglio Onu”. Intanto, gli ispettori Onu hanno lasciato il Paese e sono arrivati in Libano. Secondo molti analisti, l’intervento armato dei Paesi europei è frenato dai costi altissimi che comporterebbe un’eventuale guerra. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente di Economia Politica presso l’Università Bocconi di Milano:

    R. – Bisogna distinguere tra Stati Uniti ed Europa. Secondo me, gli Stati Uniti possono sostenere una guerra, perché la situazione americana è migliore, soprattutto perché in questo momento hanno riserve petrolifere tali da garantire una certa autonomia in futuro. Quindi, risentirebbero meno di aumenti del costo del petrolio. L’Europa, secondo me, non è invece in condizione di dichiarare guerra a nessuno.

    D. – Forse, anche per questo c’è stato questo passo indietro di Londra e questa posizione altalenante di Parigi…

    R. – Sì. In effetti il fronte europeo, come sempre, non è unito, ma in particolare in questo momento Germania e Italia sono sicuramente sulla difensiva, anche perché vedono oggettivamente il costo economico di un intervento che al momento non ha un orizzonte chiaro, né temporale, né soprattutto politico.

    D. – Se gli Stati uniti ce la fanno a sostenere un conflitto, perché aleggia su Washington lo spettro dell’Iraq? Ricordiamo che è stato uno dei motivi scatenanti della crisi economica…

    R. – Il punto, secondo me, è esclusivamente politico, nel senso che da un punto di vista economico quello che dovrebbe essere un intervento in questo momento – come sempre limitato, pensiamo al caso Libia – è sostenibile. Il punto è politico: abbatti un regime per favorire l’opposizione. In questo momento, la forza di opposizione più forte in Siria, secondo molti analisti, è una fazione riconducibile ad Al Qaeda. Quindi, da un punto di vista politico non è chiaro il do ut des americano. Per cui, secondo me, il tema americano è solo politico non economico in questo momento.

    D. – Di fronte a un disimpegno americano a lungo termine in Medio Oriente, l’Europa, in particolare la Francia, sta giocando invece la carta dell’interventismo. Cosa ne verrebbe a guadagnare in termini economici?

    R. – Questo, secondo me, è un punto centrale, nel senso che – come dicevo – gli Stati Uniti oggi hanno quantità di riserve di petrolio e gas forse solo secondi all’Arabia Saudita nel mondo. Quindi, di fatto, noi dobbiamo iniziare a entrare nell’ottica di Stati Uniti autonomi sotto il punto di vista della politica energetica e quindi con un graduale disimpegno possibile dal Medio Oriente. Questo lascia evidentemente esposta l’Europa, obbligandola a un ruolo da protagonista nel Mediterraneo. Non sono sicuro che la strada francese – se vogliamo isolata e in qualche modo interventista – sia quella migliore. Auspicherei che, come per le questioni economiche, si inizi ad avere un consenso politico europeo forte e una strategia comune sulla strada della politica estera.

    D. – La destabilizzazione dello scacchiere mediorientale ha immediate ripercussioni anche sulle quotazioni del petrolio che, in queste settimane, hanno subito enormi aumenti. Secondo lei, è una conseguenza inevitabile o è pura e mera speculazione da parte dei Paesi produttori?

    R. – No, temo che la conseguenza sia abbastanza inevitabile, perché le condizioni dell’offerta petrolifera in questo momento sono abbastanza strette, nel senso che non c’è capacità in eccesso molto ampia. A fronte di una crescita economica sicuramente meno forte che in passato dei Paesi emergenti – ma comunque ancora sostenuta e quindi di domanda dei prodotti petroliferi ancora in crescita – ogni destabilizzazione dello scacchiere mediorientale porta gioco forza a un aumento delle quotazioni ben al di là dei cento dollari al barile. Questa è una cattiva notizia per l’economia mondiale, ripeto, in particolare secondo me per quella europea.

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    Siria. Associazioni e movimenti con il Papa: "No alle armi, spazio al negoziato"

    ◊   “Il dialogo è l’unico modo per mettere fine alla violenza. C’è ancora spazio per una trattativa”. Lo stanno ripetendo a voce alta molte Associazioni, ong e Movimenti al fianco del Papa e di tutta la Chiesa, in questi giorni in cui l’intervento armato in Siria sembra diventare sempre più imminente. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Non è mai troppo tardi per tentare una soluzione politica anche in Siria". E’ chiaro il pensiero di Pax Christi Italia nelle parole del suo vicepresidente, Sergio Paronetto:

    “Sembra che il gioco sia solo fra le grandi potenze. Dovremmo avere la capacità di rendere visibili i protagonisti, cioè i siriani, e soprattutto i siriani non violenti. Anche in Siria esistono alternative alla guerra. Quando parliamo di Pax Christi e tanti altri della forza politica della non violenza, intendiamo un’azione permanete e costante, cioè la ricerca di dialoghi, incontri, mediazione, aiuti, collegamenti”.

    Anni e anni d’interventi non hanno insegnato nulla, dice il mondo dell’associazionismo?:

    “Non ci si può arrendere a questa idea che un conflitto debba essere risolto con un altro conflitto, perché anche nei luoghi di disperazione si possono estrarre pietre di speranza per ricostruire ponti di pace”.

    Le bombe non risolvono le crisi, ma aumentano la violenza e alimentano il terrorismo: è la voce dell’Arci al fianco di Pax Christi. Ancora Paronetto:

    “Purtroppo, c’è stata l’assenza della comunità internazionale. Spesso si arriva a queste situazioni, dicendo che è ineluttabile intervenire. Ma cosa si è fatto prima?”

    “No” anche ad un attacco mirato, dicono in molti. Emergency sottolinea che scegliere le armi significa colpire sempre la popolazione civile. Occorre agire in ambito Onu, ripete l’associazionismo, soprattutto accertare per questa via la verità dei fatti. Una soluzione adeguata non può ignorare la realtà mediorientale, ribadisce Pasquale Ferrara, esperto del centro internazionale del Movimento politico per l’Unità, dei Focolari:

    “La giustizia è fondamentale, ma va fatta secondo i canali previsti dagli strumenti giuridici sia interni che internazionali e poi serve un processo di reale riconciliazione. Non ci può essere nessuna pace – l’abbiamo visto in Afghanistan – se non si mette in atto un processo di ricostruzione nazionale su un’idea comune di convivenza e di comunità. E’ solo questa la garanzia della durata della pace”.

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    Eurozona: disoccupazione giovanile record, uno su quattro senza lavoro

    ◊   La disoccupazione nell’Eurozona è stabile intorno al 12 per cento, ma cresce la preoccupazione per la situazione giovanile. Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel mese di luglio era senza lavoro il 24 per cento dei giovani europei, un numero in lieve crescita rispetto a giugno. Particolarmente grave, poi la situazione della Spagna, dove il dato raggiunge il 56%. Nell’intervista di Davide Maggiore, Tito Boeri, professore di Economia all’Università ‘Bocconi’ di Milano si è soffermato sulle cause di questo fenomeno:

    R. – Durante le recessioni, la disoccupazione giovanile tende ad aumentare sempre più di quanto avvenga per le altre fasce d’età. Normalmente i datori di lavoro reagiscono alla crisi congelando come prima cosa le assunzioni. Le prime vittime di questo sono i giovani. Ci sono sicuramente manifestazioni particolarmente accentuate di questo problema, e mi riferisco soprattutto al caso italiano, dove il rapporto tra i disoccupati che hanno meno di 25 anni di età e i disoccupati nelle altre fasce di età è di circa quattro a uno. Non è così neanche in Spagna: bisogna assolutamente intervenire perché va molto al di là di una recessione. Ci sono problemi strutturali per i giovani …

    D. – Quali potrebbero essere delle ipotesi di intervento, le aree su cui intervenire e le criticità da affrontare?

    R. – Io credo che una prima cosa da fare sia quella di guardare con attenzione le differenze che ci sono tra i diversi Paesi europei. Abbiamo, infatti, ad esempio l’Austria o la Germania, e la stessa Svizzera in cui la disoccupazione giovanile è molto più bassa, anche in rapporto alla disoccupazione con le altre fasce d’età. Questi Paesi sono Paesi che hanno tutti avviato da tempo un sistema di formazione professionale di qualità, che quindi si estende al di là delle scuole secondarie e arriva fino all’educazione terziaria, che a mio giudizio è un modello molto interessante da studiare, perché dà la possibilità a molti giovani di poter in qualche modo investire di più in capitale umano senza dover chiedere a queste persone investimenti molto pesanti.

    D. – Tornando a livello europeo: esistono aree di impiego in cui i giovani possano investire per invertire questa tendenza? Aree in cui ci sia ancora richiesta di lavoro?

    R. – Credo che i giovani debbano pensare soprattutto a guardare ai servizi, soprattutto a quelli che siano a maggiore contenuto di capitale umano. Avremo sicuramente una domanda forte nei servizi sanitari, che deriverà anche dall’invecchiamento della popolazione, legati alla salute; e qui si tratta di acquisire competenze anche molto elevate. Poi avremo sicuramente una domanda di servizi alle imprese, su cui i Paesi avanzati costruiranno i loro vantaggi comparati a livello internazionale …

    D. – Comunque, la maggior parte del lavoro dei giovani è un lavoro con contratti precari: questo, a lungo termine, può avere delle conseguenze?

    R. – Certamente! Purtroppo, questo è un altro problema di Paesi come l’Italia, la Spagna, la stessa Svezia: il fatto di avere questo canale d’ingresso principale per i giovani – cioè quello della temporaneità –ha conseguenze molto negative, perché spinge a ridurre qualsiasi investimento in capitale umano all’interno dell’impresa.

    D. – Questo magari porta anche ad un ruolo accresciuto delle famiglie, su cui ricade anche il peso di giovani che spesso non sono in grado di mantenersi da soli …

    R. – I lavoratori che hanno questi contratti, anche nei Paesi dove esistono dei sistemi di protezione sociale abbastanza sviluppati, non riescono – data la breve durata dei loro impieghi – ad accumulare quei periodi contributivi che danno loro accesso alle assicurazioni sociali, e quando poi le condizioni di disagio occupazionale si estendono è chiaro che anche la famiglia non può più di tanto supportare. Qui si tratta di fare proprio delle scelte pubbliche, cioè avere una classe politica e la classe dirigente, che nelle loro scelte pensino moltissimo a che Paese noi stiamo consegnando ai nostri figli. …

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    La custodia del creato al centro di un convegno da oggi ad Assisi

    ◊   Capire in che modo salvaguardare le risorse naturali e gli ecosistemi terrestri per assicurare un domani alle nuove generazioni. E’ l’obiettivo del convegno “Custodire il creato per un futuro sostenibile” che si apre oggi al Sacro Convento di Assisi. L’iniziativa è promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, in occasione dell’ VIII Giornata nazionale per la custodia del creato che ricorre domani. Ma oggi che cosa si sta facendo per proteggere l’ambiente? Ascoltiamo Stefania Proietti del gruppo nazionale della Custodia del creato della CEI al microfono di Marina Tomarro:

    R. – Il problema dei cambiamenti climatici è uno dei più gravi in termini di questione ambientale, ma è anche forse l’unico oggi in cui la comunità internazionale sta cercando di intervenire con accordi, che seppur nella difficoltà di opinioni, di pareri, sconvolgono la comunità internazionale a livello di Nazioni Unite. La questione dei cambiamenti climatici è anch’essa ormai accettata da tutta la comunità scientifica internazionale, anzi, è in uscita il prossimo rapporto quadro dell’Itcc del 2015, che presenterà dei dati estremamente preoccupanti sull’aumento di temperatura, che poi agisce soprattutto sulle fasce più povere della popolazione del mondo.

    D. – Gli organismi internazionali potrebbero fare di più in questo campo?

    R. – Spesso la comunità internazionale, nelle stesse sedi Onu che si riuniscono ogni anno su questo tema, nella Conferenza delle parti, rimangono arenate in problematiche che vengono poi affrontate dal punto di vista diplomatico, più che dell’agire. In questo noi, come Comunità Europea, stiamo facendo da porta bandiera della risoluzione del problema dei cambiamenti climatici. L’Italia, all’interno della Comunità Europa, da parecchi anni ha una voce abbastanza forte per quanto riguarda l’azione vera e propria contro i cambiamenti climatici, ma sicuramente la comunità internazionale potrebbe fare di più. L’ottica dello sviluppo sostenibile, di vedere poi dietro alla risoluzione del problema dei cambiamenti climatici lo sviluppo di una nuova economia, è un’ottica di azione fondamentalmente, che può portare anche i Paesi oggi in via di sviluppo a vedere delle prospettive di sviluppo economico compatibili con la soluzione del problema ambientale.

    D. – Custodire il Creato può creare anche delle nuove soluzioni per quanto riguarda le crisi economiche che si stanno affrontando in questo periodo?

    R. – Sicuramente sì. In questa mattinata affrontiamo anche la questione energetica per il futuro sostenibile, che è fondamentale sia per i cambiamenti climatici, ma anche per lo sviluppo economico dei vari Paesi, a livello locale e a livello globale. Dietro a soluzioni innovative compatibili con l’ambiente ci sono questioni di sviluppo sia in termini di nuove opportunità di lavoro, che trovano soprattutto l’adesione dei giovani. L’ottica quindi riassunta nel Convegno è quella di trovare nuovi termini di sviluppo in armonia con l’ambiente, in una prospettiva che metta al centro l’amore per il Creato e, in primis, per gli altri esseri umani.

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    Il priore di Bose: le parrocchie siano più comunità e non spazi di "consumo liturgico"

    ◊   La liturgia alla luce del Concilio Vaticano II è stata al centro della Settimana liturgica nazionale, che si è conclusa a Bergamo. “Cose nuove e cose antiche. La liturgia a 50 anni dal Concilio” il titolo dell’incontro. E' intervenuto all'appuntamento anche il priore di Bose Enzo Bianchi. Debora Donnini gli ha chiesto quali le conclusioni a cui si è giunti:

    R. – Innanzitutto, il rapporto tra liturgia e Parola di Dio. Si è insistito molto sul fatto che ci deve essere una rivalutazione di quella che è la “Liturgia della Parola”, con l’omelia e con la proclamazione delle letture e che questo è molto importante per un rinnovamento della Parola di Dio al cuore della Chiesa, come aveva chiesto soprattutto Papa Benedetto XVI nella Verbum Domini. L’altro rapporto su cui si è indagato è quello tra liturgia ed appartenenza alla Chiesa, reagendo di fronte alla dominante individualistica di oggi, che sovente vede anche dei cristiani maturi che sono lontani dalla liturgia pur avendo un impegno nel mondo. Ma questo significa svuotare prima o poi di contenuti anche l’appartenenza alla Chiesa. Infine, si è parlato dell’altro rapporto molto importante, quello tra la liturgia e l’evangelizzazione: la possibilità che la liturgia evangelizzi, sia una trasmissione della fede di generazione in generazione.

    D. – A 50 anni dal Concilio Vaticano II, voi avete sottolineato che è importante rafforzare il “noi ecclesiale”. Quindi ad esempio è importante che le persone che vanno a Messa, siano aiutate a partecipare ed in un certo senso si conoscano anche tra di loro?

    R. – Sì, che ci sia maggior comunità, che il “noi” della Chiesa sia davvero riletto e rivissuto profondamente, perché l’Eucarestia ha come scopo innanzitutto quello di far sì che il cristiano diventi corpo di Cristo nell’Eucaristia. Questo è il fine dell’Eucaristia secondo tutta la tradizione della Chiesa cattolica. Occorre davvero che questo “noi”, questo “essere corpo” sia più consapevole nella Chiesa e la liturgia deve essere assolutamente capace di far crescere questa consapevolezza, questa maturità cristiana.

    D. – Prima del Concilio Vaticano II, la Messa era in latino, poi sono state introdotte le lingue nazionali. Anche questo è un aspetto che può aiutare, come avete detto, a creare questo “noi ecclesiale” e i fedeli ad accostarsi di più alla parola di Dio, cioè a sentire che la Parola di Dio parla alla loro vita…

    R. – Assolutamente. D'altronde tutta la tradizione della Chiesa lo mostra: la liturgia è stata sempre tradotta nelle differenti lingue dell’Oriente già fin dall’antichità. Anche a Roma la liturgia è stata tradotta in latino mentre all’inizio veniva invece celebrata in greco. Come nell’Antico Testamento, la Bibbia veniva tradotta in aramaico quando non si comprendeva più l’ebraico. Dunque, questo è coerente con tutta la grande tradizione sia ebraica, sia cristiana.

    D. – Per poter vivere questo “noi ecclesiale” come si possono aiutare oggi le parrocchie e le diocesi?

    R. – Bisogna che le parrocchie diventino maggiormente comunità. Bisogna che ci siano spazi non solo di un “consumo liturgico”, ma che la comunità abbia la possibilità – prima dell’Eucarestia o subito dopo – di un momento di scambio, di riconoscimento almeno gli uni degli altri e che ci sia una viva partecipazione alla vita parrocchiale, altrimenti c’è solo un consumo di religioso.

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    Bologna. Campane e numeri riscrivono la mappa della città

    ◊   L’antica tradizione dei campanari e il mondo dei numeri. Si sono incontrati ieri sera a Bologna per un’insolita performance musicale per le vie dell’antico centro storico medioevale. Un dialogo tra antico e presente in cui la matematica è diventata punto d’incontro tra storia, arte, fede e musica. Il servizio di Luca Tentori:

    Ancora non esisteva il "Dolby surround", ma lungo i secoli i bolognesi sperimentarono qualcosa di simile passeggiando per la città quando le campane del centro suonavano in concerto. E ieri sera, l’esibizione si è ripetuta all’interno di “Campanologia Bologna”, l’unica tappa italiana di un progetto europeo itinerante ideato nel 2011 dall’artista Emma Smith per la città di Bourn, vicino a Cambridge. Attraverso un processo di trascrizione matematica e geografica delle partiture tradizionali per campane, l’artista ha creato una mappa sonora della città e una serie di nuove melodie che sono state proposte dalle quattro torri campanarie coinvolte nell’evento. Emma Smith ha studiato per mesi i metodi di esecuzione tradizionali, conoscendo partiture complesse, raramente scritte, ma piuttosto tramandate per via orale:

    “La ragione per venire qui a Bologna è perché il metodo campanaro bolognese è molto particolare e specifico in questa città. Il progetto prende come punto di partenza un’analisi matematica di questi metodi che sono fatti di numeri. Ne crea un algoritmo da cui deriva una mappa che viene sovrapposta a quella della città. Tre itinerari attraverso la città che sono basati sulla matematica, ma che hanno anche interesse storico e anche a livello simbolico marcano momenti diversi della crescita e dell’identità della città di Bologna”.

    L’“Unione campanari bolognesi” raccoglie oggi con orgoglio il ricco patrimonio secolare e sembra non conoscere crisi con i suoi trecento iscritti per lo più giovani, distribuiti nelle province di Bologna, Modena, Ferrara e Imola. Ai nostri microfoni il suo presidente, Mirko Rossi:

    “E’ una sperimentazione innovativa ma nel solco della tradizione di un’arte campanaria che ormai ha radici profonde nella città di Bologna e nasce sul finire del ‘500. Una tradizione che, pur custodendo i propri valori, è sempre in divenire”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 22.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, raccontando la parabola sugli invitati a un banchetto di nozze, invita a mettersi all’ultimo posto, e aggiunge:

    “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Gesù, in cammino verso il suo esodo che deve compiersi a Gerusalemme, è invitato a pranzo da uno dei capi dei farisei. Tutti “stavano ad osservarlo”, ma anche Gesù sta osservando e nota quello che succede in queste occasioni: la corsa ai primi posti, ai posti d’onore (ora non succede molto, perché i posti sono già assegnati). Il Vangelo di oggi è curioso, perché letto superficialmente potrebbe dare l’impressione che Gesù stia offrendo alcuni consigli su come stare in società, consigli per altro già reperibili in altri passi della Scrittura (cf per es., Pr 25,6-7). Se così fosse ci troveremmo davanti ad una pagina banale del Vangelo. Ma non è così. Il “capovolgimento divino” finale rivela ciò che sta a cuore al Signore: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Il Signore capovolge tutto: in una società in cui poveri, storpi, zoppi, ciechi erano spesso esclusi da tutto, anche dallo stesso banchetto escatologico finale (così pensava la setta di Qumran, per esempio); in una società, dove la stessa umiltà era considerata vizio dai moralisti ellenistici, e non certo una virtù…, Gesù afferma che proprio questi ultimi sono da considerare “primi”, queste sono le persone da invitare: “E sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. Questi ultimi, che seggono ai primi posti nel banchetto del cielo, sono anche coloro che da “familiari di Dio”, intercedono per gli altri, sono coloro che aprono le porte. Gesù, come si vede, non indica alcuna etichetta di buona condotta, ma quali sono le “precedenze” nel Regno dei cieli, il cui anticipo è già qui la mensa eucaristica domenicale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Caritas internationalis: colloqui di pace unica opzione

    ◊   La guerra civile in corso in Siria può essere risolta solo attraverso colloqui di pace, afferma una nota diffusa dalla Caritas Internationalis e ripresa dall’agenzia Fides. Il Segretario Generale di Caritas Internationalis, il francese Michel Roy, ha spiegato: “Il popolo siriano non ha bisogno di ulteriori spargimenti di sangue, ma di una rapida fine del conflitto. Ha bisogno di una tregua immediata. Un intervento militare da parte di potenze straniere non farà che approfondire la guerra e aumentare la sofferenza”. La nota ricorda che “le tragiche conseguenze degli interventi militari in Iraq, Afghanistan e Libia”. Per questo, afferma la nota, “Caritas ritiene che l'unica soluzione umanitaria sia il negoziato. Il dialogo può porre fine alla guerra in Siria , salvaguardare la vita delle persone e costruire un futuro sostenibile per tutti. La priorità deve essere quella di rilanciare i colloqui a Ginevra come il primo passo verso un cessate il fuoco e un accordo di pace”. La Caritas afferma che “il presunto uso di armi chimiche a Damasco ha evidenziato come la situazione umanitaria sia diventata catastrofica per milioni di persone in Siria. L' uso di armi chimiche è un crimine orribile”. Caritas condanna tutti gli attacchi contro i civili: “Secondo il diritto internazionale, i combattenti hanno il dovere di proteggere le vite dei civili”. La comunità internazionale – aggiunge la Caritas –“ha l'obbligo di trovare una fine alle sofferenze del popolo siriano, e questo si può realizzare solo attraverso un ampio dialogo”. Intanto Caritas Siria e altri partner della Chiesa continuano a fornire assistenza umanitaria a migliaia di cittadini e rifugiati siriani, senza alcuna discriminazione per etnia, credo religioso o politico. Mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, ha detto: “Ci auguriamo che l'appello di Papa Francesco per un autentico dialogo tra le parti in conflitto possa essere un primo passo per fermare i combattimenti”. (R.P.)

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    Amman: summit dei capi delle Chiese mediorientali promosso dalla monarchia hascemita

    ◊   Si terrà il 3 e 4 settembre ad Amman, un summit dei capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente per mettere a fuoco i tanti problemi e le sfide che toccano da vicino le vite di tutti i battezzati nei conflitti che scuotono l'intera area mediorientale. Una settantina tra patriarchi, delegati patriarcali, vescovi e sacerdoti di tutte le Chiese cristiane radicate nella regione discuteranno, si confronteranno per due giorni nelle diverse sessioni di studio dedicate, tra l'altro, ai recenti sviluppi della situazione in Egitto, Siria, Libano, Iraq, Palestina e Giordania. Parteciperà ai lavori anche il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. L'iniziativa, convocata dalla monarchia hashemita, ha come principale patrocinatore il principe Ghazi bin Mohammad, consigliere del Re per gli affari culturali. “ Mi sembra rilevante il fatto che l'incontro sia stato voluto da Re Abdallah II, reduce da un importante incontro con Papa Francesco” spiega all'agenzia Fides l'arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del patriarcato di Gerusalemme dei Latini. “La Famiglia reale della Giordania” aggiunge mons. Lahham “vuole raccogliere opinioni e informazioni perchè vuole offrire un contributo concreto alla soluzione dei problemi che affliggono la condizione di tante comunità cristiane autoctone del Medio Oriente”. Tra i patriarchi che hanno annunciato la loro partecipazione, oltre al patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, c'è anche il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia Yohanna X al-Yazigi, residente a Damasco e fratello del Metropolita di Aleppo Boulos al-Yazigi, rapito lo scorso aprile da sequestratori rimasti finora ignoti insieme al Metropolita siro-ortodosso di Aleppo Mar Gregorios Yohanna Ibrahim. (R.P.)

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    Medio Oriente-Nord Africa: Maria Voce incontra delegazioni del Movimento

    ◊   In queste ore in cui si spera fortemente che la via del dialogo e della negoziazione ponga fine al conflitto e alle violenze in corso in Siria, da giovedì scorso e fino al 10 settembre la presidente dei Focolari Maria Voce, accompagnata dal copresidente Giancarlo Faletti, si trova in Giordania per incontrare delegazioni del Movimento di varie nazioni del Medio Oriente e del Nord Africa. Ad Amman sono per questo convenuti laici e religiosi, giovani, adulti e famiglie, provenienti, oltre che dalla Giordania, da Turchia, Cipro, Libano, Siria, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco, Tunisia e Terra Santa. Giorni di incontri e bilancio, oltre alla possibilità di tracciare una prospettiva futura della presenza del Movimento in questa parte di mondo che vive realtà drammatiche. Punto di riferimento del presente viaggio è quello fatto da Chiara Lubich ad Amman, nel 1999, per partecipare all’Assemblea generale della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace e per incontrare, già allora, membri del Movimento dei diversi Paesi della regione. A distanza di 14 anni, la prima presidente dei Focolari che succede alla fondatrice Chiara Lubich, ribadisce con quest’incontro l’importanza della presenza del Movimento in questa regione, anche dinnanzi alla possibilità di una nuova imminente guerra che tiene il mondo col fiato sospeso per le potenziali conseguenze. In tale scenario sono scottanti le domande che membri del Movimento dei Focolari si fanno. Riguardano il futuro dei loro Paesi, ma anche il rapporto con persone di altra religione; le relazioni fra le chiese cristiane, tante di esse antiche e con una ricca, e sovente dolorosa, storia alle spalle; il futuro di famiglie e comunità in un momento in cui molti cercano di emigrare in vista di un futuro migliore. Sono sfide pressanti dove anche la spiritualità dell’unità tipica dei Focolari, attraverso l’impegno di quanti vi aderiscono, cerca di dare un contributo. E dove questi giorni di comunione fra rappresentanti dei diversi popoli della regione con la presidente dei Focolari può rappresentare una svolta, oltre ad essere un segno di forte vicinanza e condivisione da parte dei membri del Movimento nel resto del mondo. Nell’agenda della presidente Maria Voce, tra l’altro, la partecipazione all’incontro islamo-cristiano promosso dal Royal Institute for Inter-Faith Studies (Riifs), insieme ad una delegazione di membri del Movimento, cristiani e musulmani, nel pomeriggio del 4 settembre. (R.P.)

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    Ancora violenze in Afghanistan: oltre 20 morti nelle ultime 24 ore

    ◊   Non si fermano le violenze in Afghanistan: è di oltre venti morti e decine di feriti il bilancio delle vittime di diversi attacchi avvenuti nelle ultime 24 ore. Il più grave nella serata di ieri nella provincia meridionale di Helmand, quando un ordigno è esploso al passaggio di un veicolo provocando la morte di 12 civili. Altre sei persone sono morte stamani in un attentato kamikaze davanti una banca a Kandahar, e un militare della Nato è stato ucciso in un agguato nell’est. Resta inoltre il dramma degli ordigni inesplosi delle guerre precedenti, cinque bambini sono morti per lo scoppio di una di queste bombe. In questi ultimi mesi si segnala un’escalation dell’attività dei talebani in concomitanza con l’inizio del ritiro delle truppe internazionali che si completerà nel 2014. (M.G.)

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    Congo: l'Onu prova il sostegno del Rwanda ai ribelli M23

    ◊   Il Rwanda ha accusato le forze governative della Repubblica Democratica del Congo di aver sparato alcuni colpi di artiglieria contro il proprio territorio, causando la morte di una donna e il ferimento di suo figlio. Le autorità di Kinshasa hanno respinto le accuse rwandesi, mentre il Sottosegretario dell’Onu per le operazioni di mantenimento della pace, Edmond Mulet, ha dichiarato di fronte al Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro, di avere “informazioni credibili e coerenti” sul sostegno dell’esercito rwandese ai ribelli dell’M23 nei combattimenti in corso a nord di Goma, capoluogo del Nord-Kivu (est della Rdc). L’esercito congolese con l’appoggio della Brigata d’Intervento dell’Onu sta conducendo da giorni un’offensiva contro l’M23. In un comunicato inviato all'agenzia Fides il coordinamento della società civile nel Nord Kivu ringrazia la Brigata d’Intervento dell’Onu e l’esercito nazionale per i loro sforzi che hanno permesso di cacciare da alcune località gli uomini dell’M23. La società civile organizzerà una veglia per i militari congolesi, i Caschi Blu e i civili uccisi nei combattimenti e nei bombardamenti di Goma da parte dei ribelli e dell’esercito rwandese. (R.P.)

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    Centrafrica: nuove testimonianze sull’accanimento contro i cristiani

    ◊   Una delegazione della diocesi di Bouar si è recato a Bohong (a 80 km da Bouar, nell’ovest della Repubblica Centrafricana) da dove domenica 18 agosto i sacerdoti e le religiose della Sœurs de la Charité erano stati costretti alla fuga. Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, la delegazione prima di arrivare a Bohong ha raggiunto Forte, un villaggio che si trova sulla strada, dove di fronte alla chiesa dei Battisti ha incontrato un gruppo di una cinquantina di persone riunite per fare il censimento degli sfollati rientrati dalla foresta e delle case bruciate. Queste sono ben 206. “Attraversando il villaggio di Forte, abbiamo guardato le abitazioni distrutte e abbiamo pensato alla sofferenze delle persone che, durante la stagione delle piogge devono nascondersi nella foresta, e che al ritorno al loro villaggio troveranno solo scene di desolazione” riferisce il comunicato. La tragedia più grave è iniziata all’entrata di Bohong” continua il comunicato. “Là, non è stata risparmiata nessuna casa di paglia, appartenente agli abitanti non musulmani chiamati “Gbaya”, da parte dei militari della Seleka venuti dall’estero. Su tutta l’estensione della città (salva la parte musulmana) si è assistito alla stessa scena: case senza tetto, muri anneriti e vuoti. Nessuno rumore, né conversazioni, né gioia”. Nel villaggio di Bohong, la delegazione ha potuto constare che nella parrocchia St. Jeanne Antide de Thouret, “il tabernacolo e l’altare erano in buono stato, senza alcun danno. Per contro, nella sacrestia tutti gli oggetti di culto e i libri liturgici erano stati gettati per terra”. “La cappella delle Suore era stata invece profanata: il tabernacolo scassinato, le ostie consacrate gettate per terra…”Tra gli edifici saccheggiati vi sono la scuola cattolica, il dispensario e il collegio femminile. Un gruppo di coraggiosi fedeli monta la guardia per impedire ulteriori profanazioni alle rimanenti strutture della Chiesa. Anche le altre confessioni cristiane hanno subito danni simili. Il comunicato conclude però con una nota di speranza: “la piattaforma religiosa costituita a Bouar a luglio, lavorerà anche per la riconciliazione e la pace tra le differenti confessioni religiose presenti a Bohong e nei villaggi vicini”. (R.P.)

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    Centroafrica: milizie al potere continuano stragi. Per l'Onu “situazione al collasso”

    ◊   Saccheggi, stupri e stragi impunite continuano a essere perpetrati dai ribelli dell’ organizzazione Seleka che hanno preso il potere nella Repubblica Cetroafricana. La denuncia arriva da testimoni e abitanti soprattutto delle aree nord-orientali del Paese, dove imperversano le milizie ormai fuori controllo che, nel marzo scorso, hanno partecipato al colpo di stato condotto dal leader Michel Djotodia. Le Nazioni Unite hanno ammesso che la Repubblica Centrafricana è sull'orlo del collasso, e le organizzazioni umanitarie hanno denunciato un totale vuoto di potere al di fuori della capitale Bangui, con gruppi armati che si abbattono sulla popolazione uccidendo, stuprando e saccheggiando senza freni. Lo scorso giovedì migliaia di civili per sfuggire ai miliziani avevano invaso la pista dell'aeroporto di Bangui, bloccando lo scalo per molte ore. (M.G.)

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    Il Patriarca ortodosso Bartolomeo I: nella Giornata del creato "no all'arroganza della ricerca"

    ◊   No alla “arroganza da parte di alcuni che sembrano opporsi Sapienza di Dio e si considerano in grado di migliorare il suo lavoro”. È il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I a ribadirlo quest’anno nella sua lettera patriarcale tradizionalmente diffusa in occasione dell’inizio dell’anno liturgico ortodosso che cade il 1° settembre, e che l’intera Chiesa ortodossa coincide con la Giornata di preghiera per il Creato. “Siamo oggi costretti a concentrare la nostra attenzione sugli interventi umani invisibili che incidono sull‘equilibrio ecologico, che viene disturbato non solo da azioni visibili distruttive, come la deforestazione, l‘esaurimento delle risorse idriche, lo sfruttamento complessivo delle risorse naturali e di energia, nonché l‘inquinamento di vaste aree continentali o acque oceaniche mediante il rilascio di materiali chimici tossici - ma anche da attività che non sono visibili ai nostri occhi”. Nel messaggio il patriarca fa riferimento “agli interventi di ingegneria genetica con la creazione di organismi mutati dagli esiti imprevedibili a livello ecologico o la scoperta di nuove modalità per liberare il grande potere racchiuso a livello del nucleo atomico il cui uso può condurre alla cancellazione di ogni traccia di vita e di civiltà sul nostro pianeta”. È a questo punto che Bartolomeo condanna l’arroganza dell’uomo e in particolare contro “l‘avidità e l‘amore del potere”. Ed aggiunge: “Naturalmente, non siamo contrari alla ricerca scientifica, a patto che fornisca servizi a beneficio per l‘umanità”. In questo senso il patriarca mette in guardia dallo “ sfruttamento commerciale e forzato delle risorse derivanti dalla chimica contemporanea e dalla tecnologia biologica” e incoraggia piuttosto la ricerca nel rispetto delle “leggi e l‘ordine naturale”. “L‘unica condizione - spiega - è che la ricerca e l‘utilizzo di conoscenze acquisite non dovrebbero mirare unicamente al profitto o costituire un tentativo arrogante verso la costruzione di una nuova torre di Babele, in base al quale le creature di Dio cercano di raggiungere e, forse, con la presunzione di alcune persone, anche superare il Creatore Se stesso”. (R.P.)

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    Alluvioni in Russia: il Patriarca ortodosso Kirill chiede di "unire gli sforzi"

    ◊   Continua a crescere il livello del fiume Amur e con esso il numero delle persone colpite dall’alluvione che in queste settimane piega le regioni orientali della Russia e della limitrofa Cina, dove si parla già di oltre 200 vittime. Secondo informazioni diffuse dal patriarcato di Mosca e riprese dall'agenzia Sir, “nella zona del disastro sono circa 200 gli insediamenti inondati, oltre 25mila abitazioni allagate e quasi 50mila le persone colpite”. In un messaggio ai fedeli per invitare alla solidarietà, il patriarca Kirill scrive: “Il clero e i fedeli della diocesi di queste regioni pregano per fermare le inondazioni e forniscono assistenza materiale e spirituale alle persone evacuate dalle zone alluvionate. La portata del disastro è grande e può essere superata solo unendo gli sforzi di tutti”. Il patriarca ortodosso Kirill ha incaricato il Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale di coordinare la raccolta delle donazioni, in collaborazione con una apposita commissione diocesana che si occuperà della distribuzione dei fondi. “Ogni mese, entro e non oltre il quinto giorno del mese successivo, sui siti web delle diocesi colpite si provvederà a pubblicare una relazione sui fondi raccolti e spesi”, assicura il patriarca. Secondo informazioni del Dipartimento della Protezione civile del governo locale, il livello del fiume, che continua a salire, in queste ore ha raggiunto i 770 cm. Gli argini hanno un’altezza di 800 cm. (R.P.)

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    Celam: piattaforma digitale per favorire la comunione tra i vescovi di America Latina e Caraibi

    ◊   Ad un mese dall‘incontro a Rio de Janeiro tra Papa Francesco e il Comitato di coordinamento del Celam, il Consiglio episcopale Latinoamericano lancia una nuova piattaforma di comunicazione digitale per favorire la comunione tra i vescovi dell‘America Latina e dei Caraibi e la cultura dell’incontro auspicata dal Papa. Episcopo.net ha già alle spalle un anno di sperimentazione e nasce - si legge in un comunicato diffuso dal Celam - in risposta alla vocazione del Celam che raggruppa 22 Conferenze episcopali del Latino America promuovendo “la collegialità episcopale e la comunione tra le Chiese della Regione e i loro pastori”. La piattaforma è stata progettata dalla Riial (Rete informatica della Chiesa in America Latina) attraverso il Centro Guadalupe ed è stata realizzata dal Celam in collaborazione con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. La piattaforma offre una serie di servizi: dieci sale virtuali per video-conferenze per uso personale e di gruppo per un massimo di 25 persone; un auditorio virtuale di 500 persone per eventi, conferenze e simposi; un’area dedicata alla formazione, informazione e comunicazione. Numerose sono state già nel periodo di prova gli eventi e le iniziative lanciate attraverso al piattaforma digitale. (R.P.)

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    Milano: Il cardinale Scola: dal Beato Schuster "un invito alla santità"

    ◊   “La sua testimonianza di persona consacrata totalmente a Dio, dapprima nella vita monastica benedettina, nell’abbazia di san Paolo fuori le mura a Roma, e successivamente nell’episcopato, come arcivescovo di Milano, ne ha fatto un punto di riferimento sicuro per credenti e non credenti”. Lo ha ricordato, ieri sera, il cardinale Angelo Scola, nella Messa in duomo in memoria del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, a 59 anni dalla morte. “Consapevole della sua missione, annunciando il Vangelo - ha aggiunto -, ha dedicato tutto se stesso al servizio dei suoi fedeli, che gli erano davvero 'diventati cari’, per usare la bella espressione dell’Apostolo” Paolo. Il cardinal Scola ha poi rivolto un saluto ai partecipanti al XIII Simposio intercristiano, che si è svolto in questi giorni presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, promosso dall’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum di Roma e dalla Facoltà di Teologia dell’Università Aristotele di Tessalonica. “Il travaglio che segna profondamente le nostre società - ha osservato l’arcivescovo di Milano - chiede che tutti i fedeli in Cristo intensifichino la loro azione comune per la promozione del bene dei diversi popoli che mai come oggi si trovano ad agire sullo stesso territorio”. “La vita dei cristiani - ha sottolineato il card. Scola - custodisce nei misteri fondamentali della fede criteri sulla cui base cerca, insieme ai nostri fratelli uomini, risposte alle questioni più delicate per la vita delle donne e degli uomini legate a quella comune esperienza elementare fatta di affetti, di lavoro e di riposo”. Per il porporato, “la responsabilità civile di ogni cristiano è di contribuire in una società plurale, come quella odierna, alla edificazione della vita buona di tutti, annunciando così l’Evangelo dell’umano”. L’anno costantiniano “ci impedisce di vivere in modo privato la nostra fede”. Secondo il cardinale, “questo esporsi del cristiano nella vita pubblica non ha altra ragione che l’amore di Cristo per ogni persona e per questo non cerca strategicamente l’egemonia nella società ma l’umile e decisa testimonianza; proprio come quella raccomandata dal beato Ildefonso Schuster, che con queste parole si congedava dai suoi seminaristi al termine della sua vita: 'Voi desiderate un ricordo da me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia. La gente pare che viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un santo, vivo o morto passa, tutti accorrono al suo passaggio’”. (R.P.)

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    Immigrazione. 130 sbarcano in Calabria, tra loro anche donna incinta

    ◊   Un motopeschereccio con 162 persone a bordo è stato intercettato questa mattina e scortato dalla guardia costiera nel porto di Roccella Jonica. A bordo si trovavano rifugiati siriani e somali in fuga dalla guerra. Un primo avvistamento del barcone è stato registrato da un aereo islandese del controllo costiero congiunto dell’Agenzia Europea, a circa 230 miglia dalla costa, mentre, secondo i racconti dei passeggeri, gli scafisti avrebbero abbandonato l’imbarcazione a 100 miglia dalla costa. A bordo dell’imbarcazione anche una donna incinta e 28 bambini, che sono stati caricati sulla motovedetta della Guardia costiera e portati velocemente al sicuro. Si tratta del quindicesimo sbarco di clandestini nella zona della Locride mentre un altro sbarco è avvenuto in mattinata a Catania, dove 110 giovani tra siriani ed egiziani hanno trovato rifugio sulle coste della Sicilia. La stagione di mare calmo, favorevole alle traversate, si sta concludendo ma le autorità delle regioni più esposte agli sbarchi ribadiscono la necessità di un organismo comunitario per gestire l’emergenza. (D.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 243

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