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Sommario del 23/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Giornata contro la tratta. Suor Bonetti: il Papa ci dice che non possiamo restare indifferenti
  • Tweet del Papa: "Signore, insegnaci a uscire da noi stessi, a uscire nelle strade e manifestare il tuo amore"
  • Nomine di Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il patriarca Bechara Raï: guerre in Medio Oriente, i cristiani pagano il prezzo più alto
  • Attacco con armi chimiche, Londra accusa Damasco. Mosca: prove preparate contro Assad
  • Egitto: nuove manifestazioni pro-Morsi, attaccato monastero ad Al-Minya
  • Colloqui in corso per la riunificazione delle famiglie coreane. Denuncia dell'Onu sui campi di tortura nel Nord
  • Il ministro Delrio: l'Italia ha bisogno di più Europa, importante etica cristiana in politica
  • Cisl: serve soluzione reale per i precari della Pubblica amministrazione
  • Bhatti: promuovere strategia internazionale per difendere la libertà religiosa
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Almeno 27 morti a Tripoli, nel Nord del Libano, per un duplice attentato
  • Libano. Raid israeliano a Sud di Beirut, rappresaglia al lancio di 4 missili sulla Galilea
  • La Chiesa in Tunisia proclama una giornata di preghiera per la pace nel mondo arabo
  • Myanmar. Appello di Chiesa e società civile: la pace passa per il rispetto della diversità etnica e religiosa
  • Gerusalemme: nuovo atto vandalico contro monastero cattolico
  • India. Mons. Barwa: "La fede cresce fra i cristiani perseguitati in Orissa”
  • Filippine. Appello della Chiesa per le popolazioni alluvionate
  • Dal 5 al 7 dicembre, primo Festival Cattolico della Gioventù in Australia
  • Sinodo annuale delle Chiese metodiste e valdesi a Torre Pellice
  • I vescovi irlandesi promuovono un servizio di assistenza per i detenuti all’estero
  • Belgio. Il Santuario mariano di Beauraing elevato a Basilica minore
  • Le spoglie di Sant'Agostino esposte fino al 28 agosto nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Giornata contro la tratta. Suor Bonetti: il Papa ci dice che non possiamo restare indifferenti

    ◊   “Grida con forza e senza paura: no alla schiavitù”: è il vibrante appello contro la tratta degli esseri umani che l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, levò a Buenos Aires nel settembre dell’anno scorso. La lotta a questa nuova forma di schiavitù è stata tra gli impegni più forti portati avanti da Papa Francesco quando era arcivescovo della capitale argentina. Ogni anno, il 23 agosto – Giornata internazionale per l’abolizione della tratta di persone – il cardinale Bergoglio celebrava una Messa per le vittime della tratta e lo faceva in una piazza della metropoli porteña. Un impegno che dunque Papa Francesco prosegue in Vaticano con l’annuncio, ieri, del Convegno sulla tratta che si terrà il prossimo novembre alla Casina Pio IV. Proprio su questa iniziativa, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento entusiasta di suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, da sempre impegnata contro la tratta delle donne:

    R. – Questo ci ha riempito il cuore di tanta gioia: poter vedere anche un impegno maggiore a livello di Chiesa e di Vaticano, anche, in modo particolare, che si sta realizzando. Veramente, abbiamo la possibilità di fare emergere questo problema non solo da un punto di vista di legislazione, ma soprattutto da un punto di vista di sensibilizzazione e di formazione, perché la tratta di esseri umani dev’essere vista sotto diversi aspetti. Abbiamo tutti una grande responsabilità e tutti la possibilità di spezzare gli anelli di questa terribile catena. Secondo le ultime statistiche dell’Unicri, si parla di 21 milioni di persone rese schiave ancora oggi …

    D. – Quando era a Buenos Aires, il cardinale Bergoglio ogni anno celebrava proprio il 23 agosto, Giornata internazionale contro la tratta, una Messa in una piazza: si sente che non è qualcosa che lo tocca solo superficialmente, è qualcosa che lo tocca nel profondo …

    R. – Noi l’abbiamo notato immediatamente, anche durante il primo messaggio di Pasqua quando lui ha parlato della tratta di esseri umani come “nuove forme di schiavitù di questo secolo”, e l’ha ripetuto due volte. Quindi, per noi questo era stato già il primo segnale che il Papa era cosciente di questa terribile piaga che veramente distrugge la vita di tante persone innocenti, di tante persone che hanno bisogno di aiuto, che si trovano nelle maglie di questi trafficanti. Poi, nell’occasione dell’incontro del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, un altro fortissimo richiamo che il Papa ha fatto, dicendo: “Ribadisco che la tratta delle persone è un’attività ignobile nella quale sfruttatori e clienti, a tutti i livelli, dovrebbero fare un serio esame di coscienza, davanti a se stessi e davanti a Dio”. Quindi, ancora una volta lui ha messo anche insieme non solo i trafficanti di persone, ma anche chi ci guadagna!

    D. – Come anche ha detto a Lampedusa: ha messo l’accento sul contrastare la globalizzazione dell’indifferenza. Ecco, anche in questo caso, il richiamo non solo a chi sfrutta ma anche ai cosiddetti “clienti” …

    R. – Ma certamente! Io dico sempre: la nostra indifferenza è già colpevolezza, perché noi veramente, in modo particolare come cristiani, non possiamo accettare con indifferenza la situazione di migliaia e migliaia di persone che anche nella nostra Italia – purtroppo! – sono vittime di sfruttamento, e in modo particolare non solo per lavoro o per accattonaggio, ma soprattutto per la tratta di esseri umani per sfruttamento sessuale. E qui, nell’80 per cento, sono donne e minori: sono moltissimi, oggi, i minori vittime di questa tratta di esseri umani. E allora, questa iniziativa del Vaticano l’accogliamo con gioia e con speranza, perché davvero ci auguriamo di poter essere anche coinvolti come realtà, come Associazione che da anni sta lavorando e lottando per restituire ad ogni persona la propria identità e dignità, così come è stata voluta da Dio. Ecco: vorremmo poter essere parte di questa organizzazione, di questo incontro per poter offrire il nostro contributo.

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    Tweet del Papa: "Signore, insegnaci a uscire da noi stessi, a uscire nelle strade e manifestare il tuo amore"

    ◊   Il Papa oggi, in un tweet, eleva questa preghiera a Dio: “Signore, insegnaci a uscire da noi stessi. Insegnaci a uscire nelle strade e manifestare il tuo amore”. Si tratta di un tema, quello dell’esodo da se stessi, molto caro a Papa Francesco. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    “Entrare sempre più nella logica di Dio” significa uscire da se stessi: è quanto Papa Francesco ha detto sin dalla sua prima udienza generale. E’ la logica del Vangelo, la logica dell’amore:

    “Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo ‘uscire’, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi”. (Udienza generale, 27 marzo 2013)

    Il Papa parla di un doppio esodo: amare Dio, attraverso le piaghe di Gesù, e amare il prossimo, attraverso le piaghe dei più sofferenti:

    “Se noi non riusciamo ad uscire da noi stessi verso il fratello bisognoso, verso il malato, l’ignorante, il povero, lo sfruttato, se noi non riusciamo a fare questa uscita da noi stessi verso quelle piaghe, non impareremo mai la libertà che ci porta nell’altra uscita da noi stessi, verso le piaghe di Gesù. Ci sono due uscite da noi stessi: una verso le piaghe di Gesù, l’altra verso le piaghe dei nostri fratelli e sorelle”. (Omelia a Santa Marta, 11 maggio 2013)

    E’ necessario aprire le porte delle nostre Chiese – spiega il Papa - e “uscire incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede”. E fare questo “con amore e con la tenerezza di Dio, nel rispetto e nella pazienza, sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che li guida e rende feconda ogni nostra azione”. Ed è proprio la vocazione a "uscire da se stesso" che ha spinto il giovane Bergoglio a diventare Gesuita, come ha confessato lui stesso agli studenti delle Scuole delle Compagnia di Gesù:

    “Quello che mi ha dato tanta forza per diventare Gesuita è la missionarietà: andare fuori, andare alle missioni ad annunziare Gesù Cristo. Credo che questo sia proprio della nostra spiritualità: andare fuori, uscire, uscire sempre per annunziare Gesù Cristo, e non rimanere un po’ chiusi nelle nostre strutture, tante volte strutture caduche. E’ quello che mi ha mosso”. (Discorso alle Scuole dei Gesuiti, 7 giugno 2013)

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    Nomine di Papa Francesco

    ◊   Il Sinodo della Chiesa Arcivescovile Maggiore Siro-Malabarese, riunito a Mount Saint Thomas (Kerala - India), avendo ricevuto il previo assenso pontificio, a norma del CCEO can. 184 ha canonicamente eletto all’ufficio di Vescovo Ausiliare dell’Arcieparchia di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi (India) il Rev.do Sac. Jose Puthenveettil, finora Protosincello della medesima. Papa Francesco ha assegnato al Vescovo eletto la Sede titolare di Rusubbicari. Il Rev.do Jose Puthenveettil succede a S.E. Mons. Thomas Chakiath, Vescovo titolare di Uzippari, la cui rinuncia era stata accettata dal Sinodo in conformità al can. 210 § 1 del Codice di Diritto Canonico Orientale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quelli che accorciano le distanze: nell'informazione vaticana, la missione degli istituti secolari in un intervento del cardinale Braz de Aviz.

    Lucetta Scaraffia recensisce il libro di Marie Balmary "Il monaco e la psicanalista".

    Ultimo guadagno: la libertà. Marta Dell'Asta sulla testimonianza della Chiesa ortodossa russa nregli anni della persecuzione sovietica.

    Come Fernando divenne Antonio: Ugo Sartorio sul santo di Lisbona nel romanzo di Jan Dobraczynski.

    Prendete pure la mia pelle: Inos Biffi sul san Bartolomeo di Claudel.

    Un articolo di Michela Beatrice Ferri dal titolo "Abbraccio segreto": il 24 agosto 1943 moriva Simone Weil.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i bambini siriani, profughi senza difese.

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    Oggi in Primo Piano



    Il patriarca Bechara Raï: guerre in Medio Oriente, i cristiani pagano il prezzo più alto

    ◊   La situazione in Medio Oriente sta di giorno in giorno diventando sempre più critica. Ne abbiamo parlato con il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti. Ascoltiamo la sua riflessione nell’intervista rilasciata a Manuella Affejee:

    R. – Voyez, tout ce qui arrive au Moyen Orient, soit en Egypte, soit en Syrie, soit …
    Vede, tutto quello che succede in Medio Oriente – sia in Egitto, sia in Siria, sia in Iraq – è una guerra che ha due dimensioni. In Iraq e in Siria, la guerra è tra sunniti e sciiti; in Egitto la guerra è tra fondamentalisti, tra cui i Fratelli musulmani, e i moderati. Sono guerre senza fine ma – mi dispiace di doverlo dire – ci sono dei Paesi, soprattutto occidentali, ma anche dell’Oriente, che stanno fomentando tutti questi conflitti. Bisogna trovare una soluzione a tutti questi problemi. Noi cristiani, da 1400 anni stiamo vivendo insieme ai musulmani, e abbiamo veicolato in queste terre valori umani, morali, i valori della multi-confessionalità, della pluralità, della modernità … Grazie alla presenza di noi cristiani, nella nostra vita quotidiana in tutti questi Paesi arabi abbiamo creato una certa moderazione nel mondo musulmano. Oggi assistiamo alla distruzione totale di tutto quello che i cristiani hanno costruito nel corso di 1400 anni. E, al contempo, i cristiani pagano per queste guerre tra sunniti e sciiti e tra moderati e fondamentalisti, per quanto riguarda l’Egitto.

    D. – La minoranza cristiana in Egitto sta pagando un prezzo alto nell’attuale situazione …

    R. – Comme toujours, quand il y a le chaos, quand il y a la guerre, quand il y a le …
    Come sempre, quando si verifica il caos o quando c’è una guerra, in generale i musulmani si scatenano contro i cristiani, come se i cristiani fossero sempre il capro espiatorio. Mi dispiace, ma in Egitto sono stati i Fratelli musulmani che hanno attaccato le chiese dei copti e i copti stessi … Purtroppo, questa è la mentalità di certi musulmani: ogni volta che c’è una situazione di caos, si attaccano i cristiani senza nemmeno sapere perché! La stessa cosa è successa anche in Iraq, e sta succedendo in Siria e ora in Egitto. Loro non sanno perché attaccano i cristiani, ma è così. Quello che i cristiani chiedono, nel mondo arabo, è la sicurezza e la stabilità: tutto qui.

    D. – I Fratelli musulmani giustificano le loro aggressioni nei riguardi dei cristiani accusandoli di avere sostenuto apertamente il rovesciamento di Morsi …

    R. – Les chrétiens dans tout le monde arabe sont toujours avec les institutions, …
    In tutto il mondo arabo, i cristiani sono dalla parte delle istituzioni, rispettano il Paese in cui vivono, le autorità e la Costituzione. E’ risaputo che in Egitto i Fratelli musulmani in un anno hanno fatto un passo indietro con l’intenzione di applicare la Sharìa, mentre il popolo egiziano reclamava riforme in campo politico. Tutte le manifestazioni popolari avevano come scopo la richiesta di riforme politiche, il che significava muoversi nella direzione della democrazia. E come al solito l’Occidente – non ho il titolo per fare il nome delle Nazioni specifiche – ha dato il suo contributo sotto forma di miliardi di dollari ai Fratelli musulmani, perché arrivassero al potere. Una volta ottenuto il potere, hanno iniziato ad applicare la Sharìa, la legge islamica, cioè hanno fatto marcia indietro. Certamente, i cristiani sono contrari a questo: i cristiani vogliono un Egitto riformato, democratico, un Egitto che sappia rispettare i diritti umani. Sono sempre leali con lo Stato e le istituzioni …

    D. – Quali sono le sue previsioni per il futuro del Medio Oriente?

    R. – D’après notre lecture quotidienne, nous vivons les choses, il y a un certain …
    Secondo la comprensione dei fatti del giorno, che noi viviamo, c’è un determinato progetto di distruzione del mondo arabo per interessi politici ed economici. C’è anche il progetto di acuire quanto più possibile i conflitti inter-confessionali nel mondo musulmano, tra sunniti e sciiti. Quindi, il progetto c’è, ed è un progetto di distruzione del Medio Oriente. Purtroppo, questa politica viene dall’esterno. Io ho scritto già due volte al Santo Padre per spiegargli quello che sta succedendo e gli ho raccontato tutta la verità oggettiva. Purtroppo, lo scopo è la distruzione del mondo arabo, e chi paga sono i cristiani. In Iraq su un milione e mezzo di cristiani ne abbiamo perso un milione, nel silenzio totale della comunità internazionale.

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    Attacco con armi chimiche, Londra accusa Damasco. Mosca: prove preparate contro Assad

    ◊   “Un fatto enorme”: così il presidente americano Obama, in un’intervista alla Cnn, è intervenuto sul presunto attacco con gas nervino nei giorni scorsi in Siria. E il ministro degli Esteri britannico Hague, riferendosi a quanto accaduto, punta il dito contro Assad mentre la Russia si scaglia contro l’Europa e parla di “prove preparate” di attacco. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Preoccupazione e cautela. Su questi due fronti si muove il presidente degli Stati Uniti Obama di fronte alle notizie che vengono dalla Siria. Ed è chiara la richiesta: l’Onu deve avviare un’indagine accurata ed obiettiva per capire se i lealisti abbiano usato gas nervino, qualche giorno fa, nei sobborghi di Damasco. Un attacco - denuncia l’opposizione – che avrebbe causato oltre 1300 morti. Obama ha difeso la prudenza dell’amministrazione americana mettendo in guardia dal pericolo di trovarsi “impantanati in situazioni difficili”. Decisa la posizione della Russia che ha parlato di “inaccettabili” pressioni dell’Europa sull’Onu contro il regime siriano di Assad. Fonti russe aggiungono che sarebbero già state preparate prove per accusare il governo di Damasco. Ma a puntare il dito contro Assad è soprattutto la Gran Bretagna. Il ministro degli Esteri Hague ha ipotizzato la mano di Damasco nel presunto attacco. Di fronte alla certezza dell’uso di armi chimiche, le Nazioni Unite hanno già parlato di gravi conseguenze perché si tratterebbe di un “crimine contro l’umanità”. “Quanto sta accadendo – ha evidenziato il mediatore per la crisi siriana Brahimi – rende sempre più urgente la conferenza di Ginevra 2”, un vertice tra l’altro mai convocato. La crisi siriana – ha proseguito – è la più grave minaccia alla pace. Pur condannando, la comunità internazionale si divide sull’ipotesi di un intervento nel Paese, che vede a favore Francia e Turchia.

    Intanto, Unicef e Alto Commissariato Onu per i rifugiati lanciano l'allarme: sono un milione i bambini siriani profughi e due milioni di minori sfollati. “Si tratta di bimbi veri e non solo numeri – fanno sapere – bimbi che sono stati strappati dalle loro case, obbligati ad affrontare orrori che possiamo solo cominciare a comprendere”. Al microfono di Benedetta Capelli, Laurence Jolles, rappresentante dell'Alto Commissariato per l'Europa sud-orientale:

    R. – I numeri sono, naturalmente, importanti, però è difficile rendersi conto che tutti questi bambini che sono arrivati hanno visto e subito violenze e sono stati parte di una violenza che li ha investiti negli ultimi due anni. Molti di questi hanno perduto tutta la loro stabilità, la sicurezza che avevano, la sicurezza dell’ambiente familiare … E quindi, ci sono senz’altro delle ferite che sono lì e che continueranno ad esserci per lungo tempo in futuro. Hanno bisogno di un aiuto: un aiuto che ridia loro un po’ di speranza per il futuro.

    D. – Di fronte a quello che vi raccontano i vostri operatori, c’è un’immagine che vuole proporci per raccontare ancora meglio questo dramma nel dramma che si sta vivendo?

    R. – A me viene in mente una delle cose che ho visto spesso in campi di rifugiati: se a questi bambini si dà un pezzo di carta e delle matite per disegnare, si vedono immagini che sono totalmente diverse da quelle a cui siamo abituati noi. Si vede – ed è una cosa incredibile! – il nero del fuoco e il rosso sgargiante del sangue, le bombe, i morti, i proiettili. Io solo vedendo questo mi sono ulteriormente reso conto di quanto abbiano visto e quanto abbiano sperimentato questi bambini che se pure li si vede così, con un sorriso, giocando in un campo di rifugiati, hanno subito dei traumi che a volte sono visibili ma molto spesso sono latenti ed usciranno, e loro se li porteranno dietro per tanti anni!

    D. – Ma come si rimedia ad un dramma simile? Come si curano queste ferite dei bambini?

    R. – Non si possono mai curare del tutto, naturalmente. C’è un grande sforzo per dare un sostegno psicosociale in tutti i campi, ma il rimedio – naturalmente – è una soluzione politica: bisogna risolvere questa situazione e mettere fine alle violenze e alla guerra che c’è ancora. Nel frattempo, noi del fronte umanitario tentiamo di aiutare quanto più possiamo nell’immediato.

    D. – In Italia stiamo assistendo anche all’arrivo di tanti profughi siriani, in particolar modo bambini. Su questo fronte, com’è la situazione?

    R. – Cominciano ad arrivare gruppi di siriani: ancora sono molto pochi, paragonati ai siriani che ci sono nei Paesi limitrofi alla Siria. Però, è logico che più a lungo il conflitto continua, e più persone continueranno ad uscire dalla Siria. E stiamo parlando di seimila persone al giorno che escono dalla Siria: bisogna avere una certa preparazione. Quello che noi chiediamo a tutti i Paesi, inclusi naturalmente quelli europei, è di continuare a tenere le frontiere aperte, rendere possibile l’accesso al territorio, tentare di facilitare la riunificazione familiare di famiglie disperse e di famiglie che non sono più insieme, e di tentare di gestire insieme gli arrivi. Finora, l’Italia – per quanto riguarda gli arrivi in quest’ultimo anno – ha fatto un grande sforzo, con la Guardia Costiera e con la Guardia di Finanza, per tentare di soccorrere quelli che arrivano via mare, e c’è sempre stata una prima accoglienza e un accesso all’asilo, e queste sono cose molto buone.

    D. – C’è un ulteriore appello che vuole lanciare?

    R. – Bisogna continuare ad avere uno spirito aperto, una certa tolleranza, una comprensione del fatto che molti di quelli che arrivano hanno bisogno di protezione, cercano un rifugio e sono giustificati a farlo, perché sono fuggiti da situazioni di violenza, di guerra, di persecuzioni che hanno fatto sì che siano stati costretti a partire. Non è necessariamente una scelta: spesso è una costrizione. Quello che vorrei è incoraggiare tutti è ad aprire un po’ le braccia e avere un po’ di carità cristiana.

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    Egitto: nuove manifestazioni pro-Morsi, attaccato monastero ad Al-Minya

    ◊   In Egitto, sono nuovamente scesi in strada i sostenitori dell’ex presidente Morsi. A conferma dell’atmosfera di tensione, anche l’attacco, nelle scorse ore, ad un monastero copto ortodosso nei pressi di Al-Minya. Dagli Stati Uniti, invece, Barack Obama avverte: gli aiuti americani non possono essere usati per sostenere “azioni contrarie” ai valori statunitensi. Infine, la stampa egiziana dà notizia delle proposte di modifica alla Costituzione: si va verso un bando ai partiti religiosi. In questo quadro, che prospettive hanno i Fratelli musulmani? A Davide Maggiore risponde, dal Cairo, il giornalista Cristiano Tinazzi:

    R. - Sono isolati in una grande città come può essere Il Cairo, però in tante zone del Paese hanno comunque ancora dei bastioni - hanno ancora la maggioranza - soprattutto nella zona del Sinai, al Sud Ovest del Paese, nelle zone beduine, nelle aree che sono al confine con la Libia e in altre che sono a Nord. Fino ad oggi, le forze dell’ordine hanno arrestato circa 75 dirigenti. Se si continua di questo passo, credo che la Fratellanza entrerà in clandestinità; è l’unica soluzione che hanno per poter sopravvivere. La Libia, comunque, già nelle settimane scorse, ancora prima della deposizione di Morsi, aveva lanciato un invito alla Fratellanza per andare in Libia. Questo è stato un messaggio lanciato dalla Fratellanza Musulmana libica e da altre formazioni salafite che comunque sono all’interno del governo libico.

    D. - L’altra notizia è che si è aperta un’inchiesta contro i fondatori del movimento "Tamarod", i ribelli anti-Morsi. Cosa significa questo?

    R. - C’è da specificare che è stato un comune cittadino - un partigiano di Mubarak, a quanto pare - a fare la denuncia e la procura è stata quindi obbligata ad aprire un’inchiesta nei confronti di "Tamarod". Sembra che in questa situazione - comunque - i militari stiano cercando di giocare su più tavoli; il primo è quello contro i Fratelli Musulmani, il secondo è contro l’ex vice presidente Baradei e il terzo è quello - che sembra profilarsi adesso - contro il movimento "Tamarod". Credo che non possano permettersi di giocare su questo terzo tavolo perché è quello più importante, quello dei ragazzi della rivoluzione. Credo che l’esercito e la polizia sappiano benissimo che non possono comportarsi come si comportano con i Fratelli Musulmani. Non credo che attueranno le stesse pratiche che possono utilizzare contro altri elementi politici.

    D. - Quali sono le condizioni per voi giornalisti, per chi cerca di fare informazione in Egitto in questo momento?

    R. - Sono abbastanza difficili: primo, perché lo Stato egiziano in questo momento sta creando delle difficoltà per quanto riguarda la concessione degli accrediti stampa ai giornalisti stranieri; l’intelligence tende a controllare maggiormente le credenziali nonostante le lettere firmate dalla propria ambasciata. Secondo, per la difficoltà a lavorare in strada: si può essere continuamente fermati dalla polizia e dalle forze dell’ordine, perché la percezione che si ha del giornalista straniero in questo momento in Egitto, è quella di una persona che da una parte è apertamente schierato con la Fratellanza, per cui è un bugiardo - e diversi giornalisti hanno rischiato il linciaggio in mezzo alle manifestazioni dei giorni scorsi - dall’altra parte, però, anche la Fratellanza e altre formazioni pro-Morsi non sono tanto favorevoli nei confronti della stampa quando il giornalista magari si mette a raccontare o fotografare cose che per loro possono essere negative. Insomma, non c’è più nessun tipo di garanzia da parte della popolazione nei confronti dei giornalisti.

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    Colloqui in corso per la riunificazione delle famiglie coreane. Denuncia dell'Onu sui campi di tortura nel Nord

    ◊   Sono ripartiti i colloqui tra Corea del Nord e Corea del Sud sul processo di riunificazione delle famiglie divise dalla guerra degli anni ’50. Gli incontri sono promossi anche dal presidente della Croce Rossa Internazionale, Peter Maurer, in visita nella penisola in questi giorni. La notizia, senz’altro positiva, stride con il recente allarme lanciato dall’Onu sulle carceri speciali di Pyongyang, delle quali la Nord Corea nega l’esistenza, in cui avverrebbero maltrattamenti e torture di ogni genere. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci, esperto di Estremo Oriente del Sole 24 Ore:

    R. – Questo credo che sia solo la rivelazione ultima di quello che già si sapeva, cioè che la situazione delle prigioni e della repressione in Corea del Nord va avanti come se non fosse cambiato niente da 50 anni o 60 anni a questa parte. Ci sono cioè situazioni quasi da campi di concentramento nazisti nel Paese, a dispetto di qualunque pressione internazionale e a dispetto dell’evoluzione stessa della situazione mondiale. Detto questo, però, forse dovremmo dire anche qualcos’altro, perché non è tutto negativo. Nelle ultime due settimane c’è stata qualche schiarita con l’arrivo a Pechino del maresciallo Chonk, che è il grande consigliere del presidente Kim Jong-un. Sembra che Pyongyang voglia ritornare a dei colloqui a sei sulla denuclearizzazione.

    D. – Tornando alla situazione di questi che sono veri e propri campi di tortura, chi sono le vittime di questa azione altamente lesiva dei diritti umani?

    R. – Non c’è bisogno di pensare a dissidenti politici, la soglia del dissenso politico in Corea del Nord è molto bassa. Spesso si tratta di persone che solo accidentalmente sono incorse nelle ire dei potenti di turno.

    D. – Una notizia invece positiva viene dalla ripresa dei colloqui tra Seoul e Pyongyang sulla riunificazione delle famiglie coreane divise dalla guerra di Corea...

    R. – Sì, questo è un segno positivo e bisognerà vedere le evoluzioni, cosa - credo - estremamente difficile, perché sono tantissime famiglie e sono divisioni che durano decenni.

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    Il ministro Delrio: l'Italia ha bisogno di più Europa, importante etica cristiana in politica

    ◊   Solo con più Europa l’Italia uscirà dalla crisi. Lo ha detto il ministro per gli Affari Regionali Graziano Delrio, intervenendo ieri al Meeting di Rimini. Delrio è intervenuto anche sull’abolizione dell'Imu promettendo che pagheranno solo i più abbienti. Secca la reazione del Pdl: l'abolizione dell'imposta deve riguardare tutti. Ma sentiamo lo stesso ministro Graziano Delrio intervistato da Alessandro Guarasci:

    R. - L’Europa può salvare l’Italia dalla crisi. È un grande continente con grandi possibilità: è la prima potenza manifatturiera per valore aggiunto al mondo; è la custode di tutti i tesori di conoscenza, di arte, di cultura, di bellezza. È un grande continente che può permettersi di avere anche nazioni che in un momento particolare devono ristrutturarsi, ripensarsi e grandi nazioni che fanno da locomotiva. Noi abbiamo bisogno di più Europa, abbiamo bisogno di ritrovare le ragioni fondanti dell’Europa, di rivitalizzarla e di fare dell’Europa il grande spazio per i nostri figli e per il loro futuro.

    D. – Qual è la sua idea di esenzione dall’Imu…

    R. – Noi dobbiamo lavorare per trovare una nuova tassa che sia una tassa immobiliare, come in tutti i Paesi moderni; ma dobbiamo anche chiedere a coloro che se lo possono permettere - e sono almeno il 20-30% della popolazione italiana – di continuare a contribuire ai servizi dei comuni, ai servizi delle scuole, dei parchi, delle strade. Un senso di responsabilità affidato al principio di “chi più ha più paghi per il bene comune”. È un’idea di riforma complessiva della casa, dove la nuova tassa possa alleggerire l’80% delle famiglie italiane ma che consenta ai sindaci di continuare a chiedere un contributo, di “solidarietà” e di efficienza, a coloro che se lo possono permettere.

    D. – C’è un futuro per i cattolici in politica secondo lei? Tutti i Papi hanno chiesto appunto ai cattolici di impegnarsi in politica…

    R. – C’è sicuramente un presente, c’è stato un passato e c’è un futuro. I cattolici in politica credo che possano dare soprattutto due elementi molto forti: riportare la politica alla sua vocazione originaria, ovvero custodire il bene comune, il bene per tutti; riportare nella politica quei valori di etica cristiana, che sono valori fondanti anche di questa Europa e fare - compreso soprattutto il ruolo della persona, la valorizzazione della persona nella sua autonomia e responsabilità – di questi valori davvero un fondamento di ogni azione politica di destra o di sinistra che sia.

    D. – Il Terzo settore avrà un ruolo sempre maggiore nel welfare locale?

    R. – Credo di sì. Dentro un ruolo di regolazione pubblica e di cooperazione con la programmazione pubblica, il protagonismo dal basso è certamente una risorsa straordinaria per una stagione di welfare che l’Italia sta aspettando da troppo tempo. L’Italia purtroppo è un Paese senza welfare. Proprio attraverso gli accordi con il Terzo settore ed una buona efficienza con alcune misure nazionali, coordinate dai comuni, potremmo avere finalmente un welfare all’altezza di un Paese normale.

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    Cisl: serve soluzione reale per i precari della Pubblica amministrazione

    ◊   Il Consiglio dei ministri che si è tenuto, questa mattina, è stato sospeso e aggiornato a lunedì per un approfondimento dei testi. Al centro della riunione odierna del governo italiano una serie di provvedimenti di razionalizzazione della Pubblica amministrazione, fra i quali l’atteso disegno di legge per la stabilizzazione dei precari, che prevede una riserva di posti dedicati nei prossimi concorsi e graduatorie. Marco Guerra ha raccolto il commento di Fulvio Giacomassi, responsabile della area pubblico impiego della Cisl:

    R. - La soluzione che sta emergendo circa i precari della pubblica amministrazione - cioè quella di dar loro nei concorsi e nelle graduatorie per le assunzioni con una quota riservata di tutela del 50% - è sicuramente positiva; sempre che il lavoratore sia interessato al concorso nella sua amministrazione dove deve aver lavorato almeno per tre anni. È una soluzione che dà comunque una risposta; si tratterà poi di vedere esattamente quali figure sono interessate, non solo a tempo determinato ma anche Co.Co.Co., il lavoratore “somministrato”; cioè devono essere considerate più figure. Teniamo conto che noi abbiamo più di 100 mila persone interessate nel lavoro precario della pubblica amministrazione.

    D. – Quindi, in tempi di crisi la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione è comunque una boccata di ossigeno sul fronte dell’occupazione…

    R. – Il tema è molto sentito, anche perché si tratta di lavoratori che in questi anni di blocco del “turnover” hanno davvero contribuito a far fronte ai servizi, alle attività della pubblica amministrazione. Stiamo parlando di più di 100 mila persone non solo a livello ministeriale-centrale ma anche a livello di enti locali; mi riferisco per esempio alla sanità dove c’è una presenza abbastanza massiccia con contratto a tempo determinato ed un’altra parte che ha una collaborazione coordinata continuativa e c’è anche una quota di lavoratori assunti attraverso la somministrazione. Si è arrivati a questo punto perché c’è stato il blocco del “turnover” che ha generato una perdita di 362 mila posti di lavoro negli ultimi dieci anni, 200 mila dei quali solo negli ultimi quattro anni. Nelle varie amministrazioni hanno provveduto alla perdita di personale attraverso l’utilizzo di questo lavoro flessibile.

    D. – C’è poi tutto il mondo delle società “partecipate” dalle amministrazioni pubbliche con migliaia di persone con contratti atipici…

    R. – C’è ormai un cambiamento talmente profondo che la struttura della pubblica amministrazione - che ha un assetto sulle persone e sul lavoro – non è capace di affrontarlo in assenza di una strumentazione adeguata. Strumentazione che dia la possibilità di affrontare la mobilità; possibilità di affrontare il tema della formazione, dell’aggiornamento professionale; possibilità di discutere quali sono le figure del lavoro flessibile che vengono inserite; la possibilità di destinare ai lavoratori una parte dei risparmi dei piani di riorganizzazione. In assenza di questa strumentazione non c’è la possibilità di affrontare tali processi.

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    Bhatti: promuovere strategia internazionale per difendere la libertà religiosa

    ◊   Libertà di religione in primo piano oggi al Meeting di Cl a Rimini. Per il cardinale Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, quando in una società ci sono credenti liberi questo è un valore per tutti. E al Meeting è stato lanciato un appello per i cristiani perseguitati, che finora è stato sottoscritto da tutte le personalità passate qua a Rimini e da migliaia di cittadini. Sul tema è intervenuto anche Paul Bhatti, già consigliere speciale del primo ministro del Pakistan per le Minoranze Religiose. Il nostro inviato a Rimini, Alessandro Guarasci lo ha intervistato:

    R. - Penso che a livello internazionale ci dovrebbe essere la convinzione che non solo i cristiani ma tutte le minoranze religiose che soffrono nei vari Paesi devono essere appoggiate. Occorre una strategia internazionale che si basa principalmente sul dialogo interreligioso, in modo tale da proteggere le comunità religiose in minoranza, affinché non siano oggetto di violenza, come accade ai cristiani, agli indù o ad altre minoranze religiose in Pakistan.

    D. - Spesso sono le istituzioni locali che non favoriscono il dialogo tra le regioni?

    R. - È un discorso complesso; ci sono fattori politici, fattori che riguardano l’educazione, perché nei Paesi come i nostri l’analfabetismo supera il 50 percento, e c’è un alto livello di povertà tra queste minoranze. E questi elementi - attualmente - contribuiscono alla diffusione del terrorismo in Afghanistan, e in qualche modo questa situazione si riflette sulle minoranze religiose in Pakistan e da altre parti.

    D. - Tra le istituzioni che hanno fatto poco, non le sembra che vi sia soprattutto l’Europa?

    R. - Sì, penso che l’Europa debba fare qualcosa in più. In passato - forse - il problema non era così sentito, ma adesso sento che - dopo il sacrificio di mio fratello minore, Shahbaz, - l’Europa si è resa conto che la situazione deve essere presa sul serio.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Almeno 27 morti a Tripoli, nel Nord del Libano, per un duplice attentato

    ◊   E' almeno di 27 morti il bilancio delle due esplosioni che hanno sconvolto oggi Tripoli, nel nord del Libano, e che ha causato anche circa 350 feriti. Entrambi gli attentati avevano come obiettivi figure istituzionali. La prima autobomba, nel centro città, è esplosa nei pressi dell’abitazione del premier dimissionario, Najib Mikati, in quel momento assente da Tripoli. La seconda ha colpito un’area non lontano dalla casa dell’ex capo della polizia. Entrambe le autobombe sono deflagrate in prossimità di due moschee, nel tradizionale giorno di preghiera islamica. Soltanto una settimana fa un kamikaze si era fatto esplodere nella zona sciita di Beirut, roccaforte di Hezbollah, in quel caso le vittime erano state 27. Tripoli soprattutto negli ultimi mesi è stato teatro di cruenti scontri tra sunniti, sostenitori dell’opposizione siriana, e alawiti, vicini al presidente siriano Bashar al-Assad. (F.S.)

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    Libano. Raid israeliano a Sud di Beirut, rappresaglia al lancio di 4 missili sulla Galilea

    ◊   Un raid aereo israeliano ha colpito nella notte basi di miliziani a sud di Beirut, in Libano: l’attacco è una risposta al lancio di quattro razzi partiti dal territorio libanese che hanno colpito i territori israeliani dell’alta Galilea. Il lancio dei razzi, di cui uno abbattuto da Iron Dome, non ha provocato vittime, ma due ordigni hanno superato il confine fino a esplodere uno tra Acri e Naharya, l’altro su una strada in una zona residenziale. Il comandante delle forze armate israeliane, riferisce l’agenzia Misna, ha definito il lancio dei razzi come “palese violazione della sovranità israeliana che ha messo in pericolo la vita dei civili israeliani. Israele, non tollererà aggressioni terroristiche provenienti dal territorio libanese”. Dal Libano riferisce il quartier generale del Fronte popolare di liberazione della Palestina che i raid israeliani hanno colpito una loro base senza fare vittime, mentre un colpo di obice avrebbe aperto un cratere di 5 metri in prossimità di un tunnel usato dai miliziani. Il presidente libanese ha declinato ogni responsabilità riguardo l’attacco, rivendicato via twitter da un gruppo sunnita, e condannato il lancio dei razzi in quanto “violazione del cessate il fuoco regolamentato dall’Onu”. (D.P.)

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    La Chiesa in Tunisia proclama una giornata di preghiera per la pace nel mondo arabo

    ◊   La comunità cattolica tunisina ha proclamato una giornata di preghiera e digiuno per la pace, domenica 25 agosto, in solidarietà con le popolazioni dei Paesi arabi sconvolti dalle violenze e dall’instabilità. Lo afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides, firmato da mons. Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi. “La nostra Chiesa segue con sofferenza gli avvenimenti dolorosi o instabili che accadono in diversi Paesi arabi, del Medio Oriente e dell’Africa” si legge nel documento. “Crediamo che Dio è il Signore della Storia, e attraverso la fede sappiamo che, anche attraverso le difficoltà, tutto contribuisce al bene di coloro che lo amano sinceramente”. “Sappiamo anche che il Cuore Misericordioso del Signore non è mai indifferente nei confronti di alcuna sofferenza”. “Basandoci su questa certezza- continua il comunicato- in solidarietà con tutti i nostri fratelli che soffrono, cristiani o musulmani, chiediamo alle nostre comunità di: consacrare domenica prossima alla preghiera e al digiuno per la pace; di esortare nelle omelie di domenica a prendere parte all’iniziativa; di proporre a nostri fratelli e sorelle malati di offrire al Signore le loro sofferenze per la pace”. “Che attraverso l’intercessione della Vergine Maria, Madre del Signore, Nostra Madre, e Regina della Pace, il Signore ci benedica e benedica ciascuno dei nostri Paesi” conclude mons. Antoniazzi.

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    Myanmar. Appello di Chiesa e società civile: la pace passa per il rispetto della diversità etnica e religiosa

    ◊   Una autentica pace in Myanmar passa per “il rispetto per la diversità etnica e religiosa”. Urge “un vero processo di pace con le minoranze etniche”, che comporta “un dialogo politico nazionale”, e bisogna mettere al primo posto “la libertà di pensiero, coscienza e di religione”, per scongiurare ogni forma di odio e violenza: lo affermano, in un messaggio congiunto inviato all’Agenzia Fides, due alti rappresentanti della Chiesa e della società civile, mons. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, e Benedict Rogers, attivista cattolico dell’Ong “Christian Soldiarity Wordwide”, che da anni segue e opera in Myanmar. I due leader sono fianco a fianco per la costruzione di un paese dove vivano valori di pace, giustizia, fraternità, diritti umani. Il messaggio ricorda che da circa due anni per il Myanmar “è iniziata una nuova era per il Myanmar, che ha portato più libertà per la società civile, nonché una tregua nei conflitti etnici e maggiore apertura del paese al mondo. “C'è molto di cui essere grati. Per la prima volta da decenni, si parla di democrazia e di pace”, anche se “c'è ancora una lunga strada da percorrere”, afferma il testo, indicando l’urgenza di fermare la guerra nello Stato Kachin e promuovere un dialogo significativo con l'Organizzazione per l’Indipendenza Kachin (KIO). Un’altra sfida è quella dell'armonia religiosa: “L'anno passato ha visto la violenza scioccante contro i musulmani in Myanmar, a partire dallo Stato di Rakhine nel giugno 2012. La violenza e la propaganda anti-musulmana – prosegue il testo – ha mostrato un problema profondamente radicato nella società Myanmar: come convivere con le nostre differenze più profonde. Nessuna società può essere veramente democratica, libera e pacifica se non rispetta la diversità politica, razziale e religiosa, oltre che proteggere i diritti umani fondamentali di ogni singola persona, senza distinzione di razza, religione o sesso”. Il messaggio ricorda i 130.000 sfollati musulmani nello stato di Rakine, che vivono in condizioni terribili e terrorizzati , chiedendo che siano trattati umanamente. I due leader lanciano un pressante appello al governo perché “consenta agli operatori umanitari il libero accesso ai campi profughi e garantisca la loro sicurezza”, invitando la comunità internazionale a fornire aiuti. Il documento ricorda che “odio e violenza sono in contrasto con gli insegnamenti delle grandi religioni del mondo”, incluso il Buddismo, prevalente nel paese, e sollecita le autorità “ad agire per prevenire la diffusione di ulteriore odio e intolleranza”, perseguendo “chiunque incita alla violenza”. “Chiediamo a tutti i leader – in politica, nella religione, nei media, nell'educazione e nella società civile – di parlare con chiarezza contro l'odio religioso e l'intolleranza”. Ricordando la centralità della libertà di coscienza e di religione, si afferma che “questi principi valgono per tutti i credenti, siano buddisti, cristiani, musulmani, indù, animisti o di un altro credo”. Il testo spiega che “molti buddisti hanno paura di una possibile islamizzazione del paese” e vedono il progresso di una “agenda islamista” nel mondo (citando casi come Egitto, Pakistan e Siria); ma riconosce che “molti musulmani sono vittime di questo approccio” e di tali stereotipi. “E’ quindi nell'interesse dei nostri fratelli e di tutto il popolo di Myanmar impegnarsi in uno scambio franco, pacifico e rispettoso delle opinioni”, in un percorso di dialogo interreligioso “necessario in Myanmar ora più che mai, ad ogni livello”. “La violenza, la discriminazione e l'odio non sono soluzioni. Trattare i musulmani nel modo in cui sono stati trattati in Myanmar lo scorso anno non è diverso dal modo in cui gli islamisti radicali trattano le minoranze in luoghi come il Pakistan o l’Egitto”, si nota. “Il dialogo – conclude il messaggio – è essenziale: conoscendo l'altro, e scoprendo quanto abbiamo in comune, possiamo costruire una nazione basata su sogni condivisi, sul rispetto reciproco e sull'unità nella diversità”.

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    Gerusalemme: nuovo atto vandalico contro monastero cattolico

    ◊   Il monastero cattolico di Beit Jamal, vicino Gerusalemme, è stato preso di mira nella notte di lunedì da vandali che hanno scritto frasi offensive sui muri e lanciato una molotov all’interno del cortile. Le scritte, in ebraico, incitavano all’odio e alla vendetta con scritte come “morte agli idolatri”. Il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha visitato il monastero condannando la violenza dei vandali. Le telecamere di sicurezza presenti nel cortile hanno filmato le fiamme sprigionatesi dalla molotov che sono continuate per diversi minuti e, fortunatamente, non avendo trovato materiale combustibile, si sono estinte senza ulteriori danni. Le autorità locali hanno speso parole molto dure riguardo questi atti di vandalismo a sfondo religioso ma il fenomeno non è affatto nuovo: Gadi Gvaryahu, presidente dell’associazione Bright Tag, che si occupa di contrastare il vandalismo ebraico a sfondo religioso, ha denunciato che l’attacco “è direttamente collegata ad altri attacchi contro oltre 20 luoghi di preghiera cristiani e musulmani negli ultimi tre anni. I responsabili cercano di causare un conflitto tra le varie religioni in Israele e portare altro spargimento di sangue”. Un altro attentato al monastero era avvenuto già nel 2007 quando era stata fatta esplodere una bomba che ha ferito l’operatore di un trattore. (D.P.)

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    India. Mons. Barwa: "La fede cresce fra i cristiani perseguitati in Orissa”

    ◊   “La nota osservazione di Tertulliano ‘il sangue dei martiri è il seme dei cristiani’ è diventata una realtà nella Chiesa dell’Orissa”: lo afferma mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, in un messaggio diramato in occasione dei cinque anni dalla violenza anticristiana nel distretto di Kandhamal (2008-2013), che fa parte della sua diocesi. “Facendo memoria di quegli eventi dolorosi, preghiamo per quelle anime coraggiose e ribadiamo il nostro impegno a promuovere la pace, giustizia e speranza”, recita il messaggio, inviato all’Agenzia Fides, aggiungendo: “Questa missione, di fronte alle persecuzioni violente, è diventata il fulcro di vocazioni religiose e sacerdotali”. L’arcivescovo ripercorre la storia della missione nel distretto di Kandhamal, avviata dai Missionari di San Francesco di Sales di Annecy e poi curata dai sacerdoti della Congregazione della Missione, detti Lazzaristi. Il 1° giugno 1947 fu creata la “Missio sui iuris” di Cuttack da Papa Pio XI e nel 1974 divenne arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, in un territorio che oggi ha una popolazione di 11,5 milioni di abitanti. I cristiani sono 160.000, fra questi 64.000 cattolici. “Ogni crescita è un processo che richiede potatura, prove e le sofferenze”, dice mons. Barwa, affermando che “in un arco di 70 anni la popolazione dei distretto di Kandhamal, dove vive la maggioranza dei cattolici dell'arcidiocesi, ha affrontato indicibili persecuzioni”. Il punto più alto sono stati i pogrom del 2008: “Durante le persecuzioni, in 400 villaggi vi è stata una pulizia etnica di tutti i cristiani, più di 6.000 case, 340 tra chiese e cappelle, dispensari e scuole sono state bruciate e distrutte. Migliaia di fedeli sono rimasti ferite, diverse donne e ragazze tra cui una suora, violentate e circa 60.000 uomini, donne e bambini sono rimasti senza tetto”. Il vescovo ricorda che 75 cristiani (22 cattolici, 28 battisti, 12 pentecostali, 5 di chiese indipendenti) e 8 tribali non cristiani sono stati brutalmente assassinati. Il testo prosegue: “A cinque anni delle persecuzioni, visitando le comunità colpite, i fedeli dicono al vescovo: i persecutori hanno bruciato le nostre case, proprietà e massacrato i nostri cari, ma non hanno potuto distruggere la nostra fede e non possono separarci dall’amore di Cristo Gesù. Siamo orgogliosi di essere cristiani e orgogliosi della nostra fede”. Parole e azioni del genere “sono chiari segni della crescita nella fede. Sono magari poveri e analfabeti, ma gente ricca di fede”, commenta. L’arcivescovo spiega che tuttora non esiste la certezza che le persecuzioni non si ripeteranno: “Viviamo confidando in Dio e facendo ogni sforzo, come individui e comunità, per costruire la pace a Kandhamal, ma ci arrendiamo a Dio e diciamo: Sia fatta la tua volontà”. In linea con l'osservazione di Tertulliano, la fede in Orissa sta crescendo proprio a causa delle persecuzioni che “hanno resa più forte e hanno aiutato i giovani e meno giovani a rendersi conto del valore della fede”, prosegue. Inoltre le persecuzioni hanno rafforzato l’unità tra le comunità cristiane di diverse confessioni in Kandhamal, in particolare, creando “forti legami di unità, di comunione e simpatia, di armonia”. L’arcivescovo afferma di aver ricevuto “sostegno sia finanziario che spirituale da tutto il mondo per la ricostruzione in Kandhamal” e ringrazia di cuore tutti i benefattori che hanno contribuito a ricostruire case e chiese distrutte. Oggi la Chiesa locale resta impegnata “ad aiutare in particolare poveri, emarginati e svantaggiati nella loro lotta per la giustizia e la pace”.

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    Filippine. Appello della Chiesa per le popolazioni alluvionate

    ◊   Le alluvioni causate dal tifone Maring "sono le peggiori che abbiano mai colpito le Filippine. Abbiamo bisogno quanto prima possibile di aiuti umanitari di ogni tipo, dal cibo ai medicinali. E poi dovremo pensare alle abitazioni distrutte e alle chiese colpite". A parlare – riferisce l’agenzia AsiaNews - è il vescovo di Paranaque, mons. Jesse Mercado, che insieme ad altri 2 prelati e a decine di sacerdoti e religiose sta cercando di aiutare in prima persona le popolazioni della zona di Manila colpite dai monsoni. Il tifone si è abbattuto nella capitale lo scorso 18 agosto. Le vittime accertate sono salite a 15, con centinaia di feriti e più di mezzo milione di sfollati. Il governo e la Chiesa cattolica stanno portando avanti operazioni di primo soccorso che puntano anzitutto a fermare la diffusione delle epidemie. Tuttavia i fondi diocesani "sono vicini al collasso". Il vescovo di Balanga, mons. Ruperto C. Santos, dice: "Abbiamo speso tutto in medicine e generi di prima necessità. I membri del Centro azione sociale stanno portando gli aiuti porta a porta. Sono tantissimi i parroci che hanno subito danni, le chiese sono sommerse dall'acqua che arriva al ginocchio. Avremo bisogno di trovare i fondi per rimettere tutto in piedi". Il nuovo vescovo di Imus, mons. Reynaldo Evangelista, ha passato la giornata di ieri in giro per la diocesi per capire quali danni abbia fatto il tifone. Insieme ad alcuni volontari si è poi recato in 11 parrocchie che sorgono nei pressi della costa - la zona più colpita dal disastro - per portare di persona denaro, coperte e cibo. Pilar Laurente, membro del suo staff, dice: "Abbiamo ricevuto circa mille pacchi alimentari dalla Basilica minore e dal Nazareno nero. Insieme ai nostri aiuti stiamo cercando di distribuirli in maniera equilibrata". Il Centro diocesano di Imus ha aiutato in maniera diretta più di 1400 famiglie della zona. Dopo aver concluso anche il proprio giro di ricognizione, il vescovo Mercado ha dichiarato che "le alluvioni portate dal tifone Maring sono le peggiori che abbiano mai colpito le Filippine in anni recenti. Dovremo impegnarci al massimo per dare sostegno alle vittime. Chiedo a tutti i fedeli cattolici del Paese di destinare le proprie donazioni a quest'area, che ha bisogno di tutto". Anche il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila, ha chiesto ai cattolici di "trasformare il dolore in amicizia grazie alla solidarietà".

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    Dal 5 al 7 dicembre, primo Festival Cattolico della Gioventù in Australia

    ◊   “Lo Spirito del Signore è su di me”: questo versetto tratto dal Vangelo di Luca è il motto scelto dalla Conferenza episcopale australiana per il primo Festival cattolico della gioventù. L’evento si svolgerà tra il 5 ed il 7 dicembre prossimi a Melbourne, presso l’Università cattolica, e vedrà la partecipazione di oltre 3mila giovani tra i 9 e i 25 anni. “Il tema scelto, vissuto nella nostra vita - informa il sito Internet creato per l’evento, raggiungibile al link (http://www.youthfestival.catholic.org.au/index.php/blog) – è l'occasione per riconoscere gli effetti dello Spirito su di noi e per renderci conto che siamo sfidati ad essere più grandi di quello che siamo”. Tre gli incontri principali previsti, nel pomeriggio di ciascuno dei tre giorni: “Questi momenti – informa il sito – saranno i ‘punti chiave’ del Festival e offriranno la possibilità di pregare insieme e di riflettere su catechesi dedicate alla fede”. Inoltre, il programma del Festival comprende incontri con alcune organizzazioni ecclesiali, workshop e momenti di musica. E a questo proposito, è stato lanciato un concorso musicale tra gli iscritti al Festival, per scegliere, tra le proposte che verranno presentate, l’Inno più adatto all’evento perché – ricordano gli organizzatori – “chi canta, prega due volte, come diceva Sant’Agostino”. Ampio spazio, inoltre, verrà dedicato ai social network, attraverso la creazione di un’apposita pagina Facebook, di uno specifico account Twitter e di un blog, così che “tutte le comunità, le scuole e ciascun giovane possano promuovere le attività del Festival”. Annunciato nel settembre dello scorso anno, l’evento era stato così presentato da mons. Anthony Colin Fisher, vescovo di Parramatta e responsabile della pastorale giovanile della Conferenza episcopale australiana: “Un’opportunità, per i giovani, di incontrare Cristo attraverso la Chiesa e per i vescovi un’occasione per ascoltare e condividere le problematiche e le preoccupazioni del mondo giovanile”. (I.P.)

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    Sinodo annuale delle Chiese metodiste e valdesi a Torre Pellice

    ◊   Sarà Torre Pellice, in provincia di Torino, ad ospitare l’annuale Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, in programma dal 25 al 30 agosto. “Tra i temi all’attenzione dei 180 sinodali – informa in una nota il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese – figureranno la crisi economica e culturale, lo smantellamento dello stato sociale, i diritti civili, le famiglie non tradizionali, la violenza sulle donne, l’omofonia, la vita delle chiese”. A dare il via ai lavori sarà un culto solenne che si terrà il 25 agosto, alle ore 15.30, nel tempio di Torre Pellice. La predicazione sarà affidata alla pastora Maria Bonafede. Atteso, per l’occasione, mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione per il dialogo ecumenico ed interreligioso della Conferenza episcopale italiana. L’Assemblea sinodale si concluderà venerdì 30 agosto con l’elezione del moderatore e di altre cariche amministrative. (I.P.)

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    I vescovi irlandesi promuovono un servizio di assistenza per i detenuti all’estero

    ◊   Identificare e rispondere ai bisogni dei detenuti all'estero e delle loro famiglie che vivono in patria, fornire informazioni utili, segnalare maltrattamenti e abusi e, non ultimo, visitarli e portare loro generi di primo conforto, là dove è possibile arrivare. Sono queste le principali attività svolte dal Consiglio Irlandese per i detenuti d'oltremare (Icpo), organismo della Conferenza episcopale che dal 1985 supporta la pastorale penitenziaria soprattutto per quel che riguarda chi deve scontare pene all’estero. Il Consiglio è coordinato da Joanna Joyce che, oltre a gestire i rapporti con i singoli detenuti, può contare su un “fondo per il disagio”, utile per il vitto, il vestiario e le cure mediche. Il fondo è alimentato dai vescovi irlandesi, dalla Società di San Vincenzo De Paoli e dal Dipartimento degli Affari Esteri di Dublino. Attualmente, sono 1054 i detenuti assistiti dall’Icpo in tutto il mondo, di questi 976 in Gran Bretagna. Gli altri sono ospiti negli istituti di pena di Europa, Stati Uniti, Australia, Africa e America Latina. Negli ultimi anni è cresciuto sensibilmente il numero di giovani sostenuti dall’Icpo in Australia. Il fenomeno è legato al fatto che molti irlandesi vivono, viaggiano e lavorano nel paese. Le difficoltà che incontrano sono più o meno quelle di chi delinque all’estero ed è stato condannato: discriminazione, lingua e soprattutto il sistema giuridico diverso da quello del paese di appartenenza. Oltre naturalmente al sovraffollamento. Tra i servizi di punta offerti dall’Icpo c’è la corrispondenza. Ottanta volontari tengono vivo il contatto con i loro connazionali e due volte all’anno pubblicano anche una newsletter. In tal modo le famiglie che non possono raggiungere i loro cari, possono acquisire notizie e mantenere un contatto serrato con loro. (A cura di Davide Dionisi)

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    Belgio. Il Santuario mariano di Beauraing elevato a Basilica minore

    ◊   È diventata la “Basilica di Nostra Signora dal Cuore d’oro” il Santuario superiore di Beauraing, in Belgio, che ieri è stato elevato al rango di Basilica minore. A presiedere la Messa solenne è stato l’arcivescovo di Namur, mons. Rémy Vancottem che, nella sua omelia, ha detto: “Come non sentirsi toccati da Maria che ci mostra il suo cuore come un cuore d’oro? Un cuore di mamma che rivela la tenerezza e la bontà del cuore di Dio, un cuore d’oro che ci dice tutto l’amore di Gesù, di Colui che, per dimostrare l’amore di Dio per l’uomo, è morto sulla croce”. Dal suo canto, il vice-rettore del Santuario, Christophe Rouart, ha aggiunto: “Una Basilica è un punto di riferimento della regione, sia a livello liturgico che pastorale; tuttavia essa rappresenta, allo stesso tempo, la Chiesa di Roma ed è per questo che lla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha accordato l’elevazione del Santuario a Basilica minore”. D’ora in poi, la diocesi conterà quindi cinque Basiliche: Walcourt, Saint-Hubert, Orval, Maredsous e, appunto, Beauraing. Da segnalare, inoltre, che l’atto di elevazione del Santuario mariano a Basilica conclude lo speciale Anno giubilare iniziato il 22 agosto 2012, in occasione dell’80.mo anniversario della Vergine di Beauraing. Era il 29 novembre 1932, infatti, quando la Madonna appariva a cinque bambini della cittadina belga: si trattava di Fernardo, Gilberto e Alberto Voisin, e di Andrea e Gilberto Degeimbre. L’apparizione, che si ripeté il 3 gennaio 1933, ebbe luogo nel giardino del pensionato di Nostra Signora del Sacro Cuore. Nel suo messaggio ai bambini, la Vergine invitava a “pregare, pregare molto, pregare sempre” e chiedeva la costruzione di una cappella dove i fedeli potessero recarsi in pellegrinaggio. Intitolato “Vivere la fede al ritmo della Chiesa”, il Giubileo è stato inserito nelle celebrazioni per l’Anno della fede, voluto da Benedetto XVI per commemorare il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II. Venerata anche con l’appellativo di “Vergine dal cuore d’oro”, la Madonna di Beauraing viene visitata ogni anno da 100mila pellegrini. Anche Giovanni Paolo II si recò presso il Santuario mariano a maggio 1985, nel corso del suo 26.mo viaggio apostolico internazionale. In quell’occasione, Papa Wojtyla celebrò una Santa Messa in cui invitò i fedeli a pregare con Maria, “il modello del cuore che piace a Dio, familiare di Dio, il modello della cooperazione all’opera di Cristo, della disponibilità allo Spirito Santo, il modello della vita consacrata al Signore”. (I.P.)

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    Le spoglie di Sant'Agostino esposte fino al 28 agosto nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia

    ◊   Da domani, nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, le spoglie di Sant’Agostino saranno esposte alla venerazione dei fedeli fino al 28 agosto, giorno in cui la Chiesa celebra la memoria del vescovo di Ippona. L’urna che custodisce le reliquie del grande dottore della Chiesa verrà collocata nell’altare al termine della celebrazione eucaristica che avrà inizio alle 18.30 e che sarà presieduta dal vescovo di Ivrea, mons. Edoardo Cerrato. La liturgia apre le iniziative previste dalla Comunità agostiniana di Pavia e dal Comitato Pavia Città di Sant’Agostino per la Festa di Sant’Agostino 2013, che culmineranno il 28 agosto, alle 18.30, nel solenne Pontificale celebrato dal cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto degli Affari Economici della Santa Sede. Il 25, 26 e 27 il triduo di preparazione sarà tenuto da mons. Giovanni Scanavino, vescovo emerito di Orvieto. Il 27 agosto sarà celebrata anche la memoria di Santa Monica, madre di Sant’Agostino, che sarà ricordata anche con un concerto per violino ed organo-orchestra, alle 21. Lina Uinskyte, violino, e Marco Ruggeri, organo, eseguiranno musiche di Ottorino Respighi, Francesco Cilea e Dmitri Kabalevsky. La Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro custodisce le spoglie del Padre della Chiesa morto a Ippona, in Algeria, il 28 agosto del 430, dall’VIII secolo. A conservarle è un’arca marmorea che narra la vita dell’autore delle Confessioni. Per aprire la grata che protegge l’urna medievale dove sono riposte da secoli, verranno utilizzate contemporaneamente quattro chiavi, durante l’anno conservate dal vescovo di Pavia, dal sindaco di Pavia, dal priore della comunità agostiniana di Pavia e dal capitolo della cattedrale di Pavia. La divisione delle chiavi fra le autorità religiose e civili, indica l’influenza del Santo nella storia religiosa e sociale pavese. Sant’Agostino è compatrono della diocesi di Pavia, insieme a San Siro, per volere del vescovo monsignor Giovanni Giudici. (T.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 235

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.