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Sommario del 21/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ad un gruppo di studenti giapponesi: il dialogo, fondato sulla mitezza, porta alla pace
  • Ad ottobre in Vaticano, Giornata mariana alla presenza del Papa
  • Tweet del Papa: Beatitudini e Matteo 25, un ottimo programma di vita
  • Padre Pepe: Papa Francesco ci insegna che il povero ha molto da dirci su Dio
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: centinaia di morti in un attacco con gas nervino, ma il governo smentisce. Il nunzio Zenari: la gente non ce la fa più
  • Egitto: nuovi arresti tra i Fratelli musulmani. Il Patriarcato copto-cattolico: non è guerra di religione
  • Fukushima: nuovi timori per la centrale nucleare, un serbatoio perde acqua radioattiva
  • Caso Rimsha. Bhatti: deluso per la scarcerazione dell'imam che aveva accusato falsamente la giovane cristiana
  • Il ministro portoghese Maduro: non escludere la religione dallo spazio pubblico europeo
  • Venti di crisi sul governo Letta: ipotesi negativa per la lenta ripresa in Italia ed Europa
  • “Alleluja Band”: dal Malawi all’Italia per cantare la gioia della fede
  • Un libro rilegge in chiave moderna i sogni della Bibbia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan: i monsoni provocano oltre cento morti
  • Paraguay: i vescovi condannano gli omicidi dei poliziotti nella zona del Tacuatí
  • Benin: il card. Bertello chiude il pellegrinaggio mariano a Dassa-Zoumé
  • Il card. Bozanić: editto di Milano, inizio di una nuova era per cristianesimo e umanità
  • Corea del Sud: i cattolici si schierano contro l’eutanasia
  • Giordania: progetto per rifornire d'acqua il Mar Morto
  • India: governo studia progetto alimentare per i poveri
  • Colombia: aumenta la piaga degli abusi su minori
  • Senegal: a settembre a Dakar la prima comunità di Gesuiti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ad un gruppo di studenti giapponesi: il dialogo, fondato sulla mitezza, porta alla pace

    ◊   Il confronto e il dialogo sono strumenti di conoscenza e di pace se hanno come fondamento la mitezza. E’ quanto ha detto Papa Francesco incontrando stamani, nel Cortile di San Damaso in Vaticano, un gruppo di studenti e di professori del Collegio "Seibu Gauken Bunri Junior High School", di Tokyo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’isolamento in se stessi non potrà mai tradursi in una crescita culturale. Papa Francesco, che durante la Gmg in Brasile aveva ricordato il proprio sogno da giovane “di andare missionario in Giappone”, indica nella conoscenza di altre culture una autentica opportunità di crescita:

    “Se noi siamo isolati in noi stessi, abbiamo soltanto quello che abbiamo, non possiamo crescere culturalmente; invece, se noi andiamo a trovare altre persone, altre culture, altri modi di pensare, altre religioni, noi usciamo da noi stessi e incominciamo quell’avventura tanto bella che si chiama dialogo”.
    Il dialogo – ha aggiunto il Pontefice - è molto importante perché nel confronto con le altre culture ed anche nel confronto sano con le altre religioni si matura e si cresce. La chiusura in se stessi, invece, può generare incomprensioni e litigi. Ma quale è allora – ha chiesto il Papa – l’atteggiamento più profondo per instaurare un dialogo veramente proficuo?
    “La mitezza, la capacità di trovare le persone, di trovare le culture, con pace; la capacità di fare domande intelligenti: Perché tu pensi così? Perché questa cultura fa così? Sentire gli altri e poi parlare. Prima sentire, poi parlare. Tutto questo è mitezza… E sapete una cosa, una cosa importante? Questo dialogo è quello che fa la pace. Non si può avere pace senza dialogo”.
    Nella mancanza di dialogo e nella chiusura in se stessi si annidano le insidie per l’uomo:
    “Tutte le guerre, tutte le lotte, tutti i problemi che non si risolvono, con cui ci scontriamo, ci sono per mancanza di dialogo. Quando c’è un problema, dialogo: questo fa la pace. E questo è ciò che auguro a voi in questo viaggio di dialogo: che sappiate dialogare; come pensa questa cultura, che bello questo, questo non mi piace, ma dialogando. E così si cresce. Vi auguro questo e vi auguro un buon viaggio a Roma”.
    Una studentessa giapponese ha quindi ringraziato il Papa:

    “Siamo felici di avere la possibilità di incontrarLa e ascoltare le Sue parole; d’ora in poi metteremo in pratica nella nostra vita quello che abbiamo ascoltato da Lei”.
    Parole alle quali è seguita la spontanea risposta di Papa Francesco:
    “Grazie tante! Ma tu sei nata a Napoli? Ma parli bene l’italiano” …
    Gli studenti giapponesi hanno quindi intonato l’inno della loro scuola. Dopo il canto, il Papa ha aggiunto:
    “Ah, siete bravi, eh?, cantando! C’è il principio di reciprocità anche nel dialogo: quando uno dice una cosa, l’altro deve dire un’altra. Ma io non so cantare: non posso”.

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    Ad ottobre in Vaticano, Giornata mariana alla presenza del Papa

    ◊   “Beata perché hai creduto!” è il tema della Giornata mariana che si terrà in Vaticano il 12 e 13 ottobre prossimi, alla presenza di Papa Francesco e di tutte le associazioni di spiritualità mariana. Organizzato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, l’evento rientra nelle celebrazioni dell’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI. Il servizio di Isabella Piro:

    Era il 13 ottobre 1917 quando a Cova da Iria, in Portogallo, la Madonna apparve per la sesta ed ultima volta ai tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta. In memoria di questa data, i prossimi 12 e 13 ottobre il Dicastero per la nuova evangelizzazione organizza la Giornata mariana, alla presenza di Papa Francesco. In vista dell’evento, inoltre, la statua originale della Madonna di Fatima verrà portata in Piazza San Pietro ed esposta alla venerazione dei fedeli. Nel dettaglio, il programma della Giornata prevede sabato 12 ottobre, alle ore 8.00, un pellegrinaggio alla tomba di Pietro; un’ora dopo, inizierà l’Adorazione eucaristica con la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione in alcune chiese limitrofe a Piazza San Pietro. Nel pomeriggio, alle 17.00, la statua della Madonna di Fatima sarà accolta da Papa Francesco in Piazza San Pietro e quindi il Pontefice terrà una catechesi mariana. Dalle 19.00 in poi, la statua della Vergine sosterà al Santuario del Divino Amore, dove verrà recitato il Santo Rosario in collegamento con i Santuari mariani del mondo, mentre a partire dalle ore 22.00, si terrà una Veglia di preghiera.

    Il giorno seguente, domenica 13 ottobre, la statua tornerà in Piazza San Pietro: alle ore 10.00, si terrà la recita del Santo Rosario, mentre alle 10.30 Papa Francesco presiederà la Santa Messa. “È desiderio vivo del Santo Padre – spiega mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione – che questa Giornata mariana possa avere come simbolo speciale una delle icone della Beata Vergine più significative per i cristiani di tutto il mondo”. D’altronde, è ben nota la devozione mariana di Papa Francesco: basti ricordare le visite, svolte in forma privata, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore il giorno dopo l’elezione al soglio pontificio o alla partenza ed al rientro dalla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro. Significativo, infine, l’atto di consacrazione del Pontificato alla Vergine Aparecida che Papa Bergoglio ha tenuto il 24 luglio scorso, nel Santuario brasiliano, con questa preghiera: “Ti consacro la mia lingua perché sempre Ti lodi e diffonda la Tua devozione; ti consacro il mio cuore perché, dopo Dio, Ti ami sopra ogni cosa”.

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    Tweet del Papa: Beatitudini e Matteo 25, un ottimo programma di vita

    ◊   “Un ottimo programma di vita per tutti noi: le Beatitudini e Matteo 25”: è il tweet lanciato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex in 9 lingue, seguito da quasi 9 milioni di follower. Il Papa oltre alle Beatitudini fa dunque riferimento al passo del Vangelo di Matteo incentrato sulla carità fraterna.

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    Padre Pepe: Papa Francesco ci insegna che il povero ha molto da dirci su Dio

    ◊   “Papa Francesco: con la Lumen Fidei alle periferie dell’esistenza”: è il titolo di una tavola rotonda tenutasi, stamani, al Meeting di Rimini. Tra i relatori anche padre José Maria di Paola, conosciuto come “padre Pepe”, figura molto legata a Jorge Mario Bergoglio. Il sacerdote argentino che vive in una villa miseria, una favela di Buenos Aires, racconta la sua esperienza al microfono del nostro inviato a Rimini, Luca Collodi:

    R. – Nosotros vivimos en los barrios...
    Noi viviamo nei quartieri, nelle baraccopoli, che forse conoscerete meglio come favelas. Viviamo vicino alla gente e la accompagniamo nella sua vita e nel suo lavoro. E’ un lavoro sia spirituale che sociale: le due cose vanno insieme. E’ una forma di vivere il sacerdozio, direi anche un carisma, che molti di noi sacerdoti di Buenos Aires hanno vissuto, in maniera speciale in questi anni. Sono più di 40 anni che esiste il gruppo dei sacerdoti per le "favelas di emergenza". Tutto è iniziato nello stile francese dei "sacerdoti operai". Poi le stesse persone delle favelas hanno chiesto ai sacerdoti che si fermassero a vivere nelle baraccopoli e che ci fosse un sacerdote come in tutti gli altri quartieri.

    D. – La tua esperienza, padre Pepe, privilegia una Chiesa semplice...

    R. – Seguro, creo que nuestra misión...
    Sicuro, credo che la nostra missione, vicina a questo quartiere, a questa favela, faccia sì che noi conosciamo molto bene la gente con la quale viviamo. Noi ci fermiamo di fronte alla realtà del povero, non solamente di fronte a qualcuno che dobbiamo aiutare, ma di fronte a qualcuno da cui dobbiamo imparare. Questo è scritto nella Bibbia ed è parte della nostra fede, della predicazione di Cristo, dell’Antico Testamento. Il povero ha molto da dirci su Dio e per questo la religiosità della gente è molto semplice e non dobbiamo complicarla.

    D. – C’è il problema della droga all’interno delle villas...

    R. – Sì, uno dei problemi che abbiamo è quello della droga. Il narcotraffico cerca sempre di nascondersi nei luoghi più favorevoli. I narcotrafficanti non appartengono alla favela, che è un luogo che forse potrebbe essere definito come la prima vittima della droga. Per questo noi nella “Favela 21” facciamo un lavoro di prevenzione e recupero, con un certo spirito tipico di don Bosco, dell’Oratorio di don Bosco, e che ora si è esteso ad altre favelas, e abbiamo iniziato un cammino che vuole avvicinarci, in modo che se vediamo qualcuno che offre droga o un’arma ad un ragazzo, noi gli si possa offrire un cammino sano e si posssa aiutare a recuperarsi colui che è caduto nella droga.

    D. – Chi è Papa Francesco? Come si può spiegare Papa Francesco ad un cittadino europeo, occidentale?

    R. – Primero, a nostros no nos sorprende...
    Primo, a noi non ci sorprende il modo di comportarsi di Papa Francesco, perché continua ad essere Bergoglio. Le azioni che ha compiuto a Buenos Aires adesso vediamo con gioia che le compie per la Chiesa nel mondo. Noi, quando l’hanno eletto, pensavamo a quando era stato al nostro fianco, nei momenti buoni e nei momenti difficili – di fronte alla minaccia dei narcotrafficanti, nelle riunioni nella favela: era presente in tutti i momenti - credo che questa esperienza che abbiamo avuto in Buenos Aires, oggi la viva il mondo. Ci rallegriamo perché pensiamo che il sacerdote, la religiosa, il laico, che lavorano in realtà simili alla nostra, davvero hanno un Papa che li comprende, che li guida. Gli aspetti principali della Chiesa saranno nella Messa di tutti i giorni.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Non c’è pace senza dialogo: il Papa a studenti e professori di una scuola giapponese.

    Le false strade dei decessi accelerati: in cultura, Ferdinando Cancelli su eutanasia e suicidio assistito in un parere del Comitato nazionale di etica francese.

    Impronte di luce: la presentazione del cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, al libro di Michele Giulio Masciarelli “Il Papa vicino. Francesco e l’odore delle pecore, il popolo e l'odore del pastore”.

    Pittrice della vita: il vescovo Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, ricorda, a dieci anni dalla morte, Dina Bellotti.

    La lupa sotto la croce: Antonio Paolucci recensisce la mostra, a Firenze, “Diafane passioni. Avori barocchi dalle corti europee”.

    Un articolo di Marco Beck dal titolo “Seduta alla scrivania di don Lisander”: gli studiosi continuano a indagare nel laboratorio creativo dei “Promessi sposi”.

    Passa per il lavoro la dignità di ogni uomo: nell’informazione religiosa, il messaggio dei vescovi degli Stati Uniti per il Labor Day che si celebra il 2 settembre.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la missione della Croce Rossa in Corea del Nord.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: centinaia di morti in un attacco con gas nervino, ma il governo smentisce. Il nunzio Zenari: la gente non ce la fa più

    ◊   E’ incerto il numero delle vittime di un attacco con gas nervino che sarebbe stato condotto dalle forze governative nei sobborghi di Guta, a Est di Damasco. A riferire la notizia è l’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino all’opposizione, che ha parlato di oltre 1300 morti. Un’azione smentita però dal governo di Assad che ha parlato di “un tentativo di ostacolare il lavoro degli ispettori dell'Onu”, attualmente in Siria proprio per indagare sull’impiego di armi chimiche nel conflitto. La Lega Araba ha chiesto che gli ispettori intervengano subito nella zona, mentre una riunione delle Nazione Unite è invocata a gran voce dall’opposizione. Dopo il diffondersi della notizia e di terribili immagini che proverebbero questa strage, Manuella Affejee ha raccolto l’accorato appello di pace del nunzio a Damasco, mons. Mario Zenari:

    R. – Hanno colpito tutti, credo, tutto il mondo queste immagini che circolano in Internet e in televisione: è veramente uno shock per la comunità internazionale. Qui la gente ormai è stufa e credo che veramente lancia un grido di allarme alla comunità internazionale per dire: "Aiutateci affinché questa guerra termini immediatamente! Siamo stufi di questa guerra, non ne possiamo più! Non si può più andare avanti in questa maniera". Credo che questo grido salga dai siriani che invocano uno sforzo maggiore della comunità internazionale per trovare subito una soluzione politica a questa grave crisi.


    Intanto, si fa sempre più preoccupante la situazione umanitaria: migliaia di siriani si stanno riversando nel Kurdistan iracheno, una zona che non è attrezzata a gestire un tale flusso di persone. Benedetta Capelli ha intervistato Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia, partendo proprio dalla notizia di questo terribile attacco con l'uso del gas nervino:

    R. – Come Unicef, le notizie sono molte, quelle che pervengono dalla Siria e pervengono da entrambi i fronti. C’è molta propaganda. Noi abbiamo mobilitato i nostri operatori sul campo per sapere di più su quanto è avvenuto.

    D. – E’ innegabile, però, che la situazione in Siria sia preoccupante. Nell’ultimo periodo si registra questo flusso di profughi nel Kurdistan iracheno. Innanzitutto, è una zona attrezzata per accogliere questi profughi?

    R. – No … queste persone sono arrivate nel giro di cinque giorni: più di 30 mila persone hanno attraversato il Tigri sul ponte di Peshkabur, nel Nord dell’Iraq, perché è un nuovo valico che si è aperto. Queste persone arrivano in un’area dove non c’è nulla: non c’è distribuzione idrica, non ci sono fognature, non ci sono luoghi per un riparo naturale, e le temperature arrivano a oltre 45°! Quindi, l’intervento delle organizzazioni umanitarie – noi per primi – è quello di correre immediatamente per distribuire acqua, per portare materiale sanitario, per aiutare soprattutto i bambini e tutti coloro che si trovano in queste condizioni. Ma anche noi abbiamo bisogno di aiuto, perché sono oltre due anni che interveniamo, con la più completa disattenzione da parte della comunità internazionale!

    D. – Sono appunto due anni che il conflitto siriano va avanti ma sembra che la comunità internazionale concretamente non riesca a indicare una strada per la soluzione. I bambini, però, continuano a soffrire e a morire …

    R. – Possiamo dire che diverse iniziative ci sono state anche a livello internazionale, però si è sempre fermato tutto in superficie. Noi speriamo di incidere maggiormente su questo tema. Lo faremo anche in un convegno che realizzeremo nel mese di settembre proprio per discutere di questo argomento e per cercare di rimetterlo al centro. Senza l’aiuto della comunità internazionale sarà difficile intervenire in questi luoghi dove le notizie sono sempre frammentarie, sono contrapposte … non si sa bene quale sia la verità, ma purtroppo i bambini continuano a morire.

    D. – Per quanto riguarda quest’ultima ondata di profughi in Iraq, quali sono le necessità, i bisogni che l’Unicef intende evidenziare?

    R. – Io le dico quello che i nostri operatori sul campo ci riferiscono. Queste persone sono arrivate esauste: forse il termine dice tutto. Hanno urgente bisogno di tutto: dall’acqua, alle medicine, ai viveri, a un riparo! A un riparo, soprattutto, perché 45° non si sopportano! Non è semplice soprattutto in zone desertiche dove magari non si trova proprio nulla. E quindi, l’intervento delle organizzazioni umanitarie è importantissimo. Noi abbiamo fatto partire dalla nostra "Supply Division" di Copenaghen aiuti immediati per intervenire in questa località; lo facciamo sempre e lo facciamo dappertutto: lo stiamo facendo un po’ in tutte le regioni – Libano, Giordania, Turchia, Iraq, in altre zone … Ma è chiaro che quando improvvisamente si apre un nuovo varco, e arrivano 30, 40 mila persone, è necessario intervenire… si pensa a come può essere possibile aiutarli senza una disponibilità adeguata …

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    Egitto: nuovi arresti tra i Fratelli musulmani. Il Patriarcato copto-cattolico: non è guerra di religione

    ◊   Nell’Egitto, sconvolto da un durissimo confronto tra Fratellanza Musulmana e militari, prosegue l’ondata di arresti fra gli esponenti del movimento islamista. Critiche per l’arresto della guida suprema, Mohamed Badie, sono venute dagli Stati Uniti che oggi decideranno sugli aiuti militari al Cairo. E nelle prossime ore anche l’Europa deciderà su eventuali sanzioni per l’Egitto. Secondo l’Alto rappresentate per la politica estera, Catherine Ashton, l’Ue lavora per una “road map” per la democrazia. Il servizio di Marco Guerra:

    Le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato altri due dirigenti dei Fratelli Musulmani. Il predicatore, Safwat Hegazy, è stato bloccato nei pressi del confine con la Libia. Mourad Ali, portavoce del Partito "Libertà e Giustizia", braccio politico del movimento religioso, è stato invece intercettato all'aeroporto del Cairo, mentre stava per prendere un volo per Roma, nonostante il divieto di espatriare. Un'altra ondata di arresti avvenuta nei Sinai: si tratta di 68 persone, fra cui otto palestinesi, che sarebbero coinvolte nella strage di 25 poliziotti avvenuta due giorni fa nei pressi del valico con Gaza. E resta in carcere la guida spirituale della fratellanza, Mohamed Badie, fermato ieri con l'accusa di istigazione all'omicidio. Un reato di cui si sarebbe macchiato anche in un messaggio, sequestrato dalle autorità, che doveva essere pubblicato domani. Intanto, c’è attesa per provvedimenti che potrebbero prendere oggi Stati Uniti e Europa. Nelle prossime ore si riuniranno, infatti, Consiglio di sicurezza nazionale americano e Consiglio dei ministri degli esteri Ue. Tuttavia, l’Arabia saudita e gli alleati del Golfo si dicono pronti a compensare anche eventuali sanzioni occidentali.


    E oggi mons. Youhannes Zakaria, vescovo copto cattolico di Luxor, ringrazia “coloro che da tutto il mondo hanno voluto esprimere la loro solidarietà con il popolo egiziano”. Intanto, la Chiesa egiziana è impegnata a portare il suo sostegno alle comunità cristiane colpite dagli attacchi dei giorni scorsi. Sentiamo, al microfono di Antonella Palermo, il commento di padre Hani Bakhoum, segretario del Patriarcato copto-cattolico al Cairo:

    D. – Si pensa che questo sia un conflitto politico ma non è assolutamente così. Questa è una guerra di tutti gli egiziani – cristiani e musulmani – insieme, con una sola mano, contro il terrorismo. Per fare cadere il Paese e mandarlo in rovina viene creato un conflitto ulteriore, una guerra all’interno fra cristiani e musulmani. Hanno bruciato le chiese perché pensavano che i cristiani avrebbero reagito. Ringraziamo il Signore per le nostre autorità religiose, sia il Papa Tawadros che il nostro Patriarca Ibrahim Sah, perché entrambi hanno affermato: “Questo non è un conflitto religioso e i nostri problemi non sono con i musulmani”. Ecco perché i cristiani non sono caduti in questa trappola e non solo non hanno chiesto la protezione dall’estero, ma hanno detto: “Noi non vogliamo la protezione dall’estero: chiediamo protezione al nostro governo, ai militari, alla polizia; noi siamo cittadini”.

    D. – Come il Patriarcato copto-cattolico sta cercando in questi giorni di aiutare i cristiani?

    R. – Prima di tutto noi stiamo cercando di essere molto vicini al nostro popolo. Io, personalmente, quasi tutto il giorno sto girando da un posto all’altro per consolare la gente, per essere a lei vicino. La nostra missione è stare in mezzo al popolo, perché noi siamo il popolo: la Chiesa è il popolo di Dio. Ora è il momento di scendere e di stare in mezzo al suo corpo. Noi siamo un solo corpo. Questa è la prima cosa che stiamo dando: un aiuto spirituale, morale. Certo servono altri aiuti. Abbiamo questo Ufficio dello sviluppo e stiamo cercando di stilare una statistica di tutti i danni, per poter ricostruire e poter aiutare. I danni, infatti, sono veramente tanti. Noi siamo ottimisti e abbiamo speranza nel domani. Confidiamo nel Signore, che farà uscire anche da questa situazione drammatica un bene per quelli che lo amano.

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    Fukushima: nuovi timori per la centrale nucleare, un serbatoio perde acqua radioattiva

    ◊   Torna l’allarme per la centrale nucleare giapponese di Fukushima, danneggiata da uno tsunami nel 2011: da giorni una cisterna perde acqua altamente radioattiva. Circa 300 tonnellate hanno già contaminato il terreno all’esterno dell’impianto. La società che gestisce l’impianto, Tepco, parla di “problema di primaria importanza”. Sui possibili rischi, Davide Maggiore ha intervistato Francesco Troiani, presidente di Nucleco, organismo che si occupa della gestione dei rifiuti nucleari in Italia:

    R. - L’evento è abbastanza grave: questa è l’acqua che è stata usata per raffreddare il “nocciolo” del reattore dopo l’incidente di due anni fa e che è stata stoccata in questi enormi serbatoi. La gravità sta nel fatto che i serbatoi normalmente sono messi dentro grandi vasche, in modo tale che possibili perdite siano contenute all’interno delle vasche; in questo caso, il serbatoio ha avuto una perdita e la vasca non ha assolto la sua funzione di contenimento. L’acqua sembrerebbe essere fuoriuscita all’esterno, quindi assorbita dal terreno circostante. Si è tentato di recuperare parte dell’acqua, ma con scarso successo; evidentemente il terreno era abbastanza permeabile per cui l’acqua è stata assorbita rapidamente.

    D. – Tra l’altro, in passato, proprio per quanto riguarda la centrale di Fukushima si sono verificati episodi di iniziale minimizzazione del danno che poi invece si è verificato essere più consistente…

    R. – Questo era successo subito dopo il primo incidente – quello durante il terremoto – dove la Tepco – società che gestisce gli impianti – aveva sempre minimizzato; addirittura, in alcune circostanze, era stata anche reticente verso l’autorità di sicurezza. Le cose poi sono state chiarite abbastanza rapidamente tra le autorità locali governative e la stessa agenzia. Al momento, questo rischio forse non c’è. Più che altro, credo che ci sia un altro tipo di problema: questi tipi di incidenti sono sempre difficili da gestire e valutare a priori - perlomeno nelle prime fasi - perché sono abbastanza inusuali. Non so se la Tepco in questo momento stia minimizzando o meno, però lo scenario descritto sembra abbastanza plausibile.

    D. – Un’altra dimensione che va tenuta presente è quella dei rischi di lungo periodo…

    R. – E’ chiaro che la situazione è abbastanza complessa: bisogna gestire diverse decine di migliaia di metri cubi d’acqua radioattiva, da trattare – decontaminare – e quindi rilasciare. Credo che comunque il problema sia circoscritto all’interno dell’area di impianto; a meno che l’acqua non prenda la via della falda allargandosi al di fuori del perimetro dell’impianto. C’è da dire però che l’impianto si trova sul mare e probabilmente la via di fuga dell’acqua radioattiva potrebbe essere proprio il mare. C’è la possibilità quindi che possa dirigersi verso l’interno, verso le zone abitate, per quanto siano ancora evacuate. Il rischio potrebbe essere abbastanza contenuto; tutto dipende da come si muove la falda sotterranea.

    D. – Abbiamo citato l’area coinvolta dall’incidente del 2011 che è tutt’ora evacuata; ma dal punto di vista scientifico è possibile fare una valutazione di quanto e quando sarà possibile recuperare quest’area per una vita normale?

    R. – L’area verso l’interno – la zona est – già qualche mese dopo l’incidente aveva livelli di radioattività abbastanza bassi. C’era una striscia che andava verso nord-est, verso la Corea – dove probabilmente il “pennacchio” radioattivo aveva avuto il suo massimo “fall-out” – dove risultavano valori un po’ più alti. Credo che il non ritorno della gente verso quelle aree sia una dovuta cautela, in quanto i quattro reattori coinvolti non sono stati ancora messi completamente in sicurezza, o comunque l’incidente non è stato risolto, per cui in qualunque momento può succedere – come in questo caso – uno sversamento, o un rilascio di radioattività. Evidentemente le autorità giapponesi hanno ritenuto opportuno mantenere evacuata l’area fino a quando non ci sarà la totale sicurezza che eventi di questo genere non possano ripetersi.

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    Caso Rimsha. Bhatti: deluso per la scarcerazione dell'imam che aveva accusato falsamente la giovane cristiana

    ◊   E’ deluso Paul Bhatti, ex ministro per l’Armonia nazionale e presidente dell’Alleanza pakistana delle minoranze, per la scarcerazione a Islamabad dell’imam che aveva falsamente accusato di blasfemia una ragazza cattolica affetta da disabilità mentale. In seguito alle sue dichiarazioni, Rimsha era stata arrestata e numerosi cristiani erano dovuti sfuggire agli attacchi dei musulmani radicali. L’imam era stato in seguito inchiodato da testimoni oculari che lo avevano visto strappare pagine del Corano per inserirle nella borsa della ragazza. Ora arriva l’assoluzione per la mancata presentazione in tribunale dei testimoni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Paul Bhatti:

    R. – La notizia è veramente deludente, e mi ha lasciato veramente perplesso: questa non è una notizia di cui dev’essere preoccupata solo la comunità cristiana, ma anche quella musulmana, in quanto questo imam ha fatto un’accusa falsa mettendo delle pagine del Corano nella borsa della ragazza, e di questo ci sono stati testimoni musulmani. Perciò, prima di tutti lui ha commesso un atto di blasfemia, secondo la legge islamica, e questo dovrebbe essere un momento di grande preoccupazione per la comunità musulmana. Seconda cosa: ci sono le prove attendibili. Quando è stato accusato, c’erano i due principali testimoni, che erano in preghiera nella moschea. Avevamo chiesto a questi se fossero disposti a rendere testimonianza davanti alla Corte, e loro si sono offerti volontariamente. Allo stesso tempo, c’è stato un canale televisivo importante che ha intervistato i testimoni, e questi hanno dichiarato a questa tv che era stato l’imam, e abbiamo anche la registrazione di questo! Successivamente, questi testimoni hanno dichiarato di fronte al giudice che era stato l’imam. C’è un articolo della nostra legge che dice che quando una persona rende una dichiarazione di questo tipo, debba essere senza pressione, e quindi il giudice gli dà tre possibilità: una prima dichiarazione, poi il tempo di pensarci e torna una seconda volta; poi, la seconda volta gli dà un ulteriore tempo per ripensarci e torna una terza volta. Quando il testimone per tutte e tre le volte rende la stessa dichiarazione e afferma di non essere sotto alcuna pressione, allora questa dichiarazione non può essere più cancellata, anche se il testimone ad un certo punto, successivamente, dovesse affermare che la dichiarazione resa non sia vera.

    D. – Con le prove che avete, è possibile procedere ad un ricorso?

    R. – Sì, sicuramente è possibile. Però, per questa possibilità ci deve essere un supporto economico perché gli avvocati che seguono queste cause chiedono molto denaro, perché corrono molti rischi. Allora, avendo mezzi limitati spesso non riusciamo a muoverci …

    R. – Voi ci state pensando?

    D. – Sì … Noi ci stiamo pensando, ma io dovrei consultare gli avvocati e vedere poi se i finanziamenti mi permettono di pagare l’avvocato. Io dentro il mio cuore sono convinto che il ricorso vada fatto: la verità deve venire fuori.

    D. – Secondo lei, perché questi testimoni hanno tutti ritrattato la loro dichiarazione?

    R. – Non è che l’hanno ritrattata: non possono ritrattarla secondo quell’articolo di legge che ho citato prima. Il fatto che loro non si siano presentati significa che hanno subito una forte pressione, probabilmente dalla comunità. Anche quando era in corso il processo a Rimsha, venivano 100-200 persone e questi incominciavano ad urlare, a inveire contro il giudice. Probabilmente, anche il giudice si è trovato sotto pressione: questo succede spessissimo! Succede anche con tantissime accuse di blasfemia: al processo di primo grado vengono accusati, al processo di secondo grado, al quale non possono assistere tutte le persone e dove c’è anche una certa sicurezza, vengono assolti.

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    Il ministro portoghese Maduro: non escludere la religione dallo spazio pubblico europeo

    ◊   “Europa dei popoli. Europa degli Stati?”, su questo tema si è tenuta, ieri nel pomeriggio, al Meeting di Rimini una tavola rotonda che ha visto l’intervento di Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo. Il rapporto tra libertà religiosa e democrazia in Europa è stato l’aspetto affrontato in particolare da Luis Miguel Poiares Maduro, ministro per lo Sviluppo Regionale del Portogallo, tra i relatori della tavola rotonda. Luca Collodi lo ha intervistato:

    R. – La libertà religiosa non dev’essere confusa con la libertà dalla religione. In una società democratica viva, aperta, veramente plurale, la fede, la religione deve avere un ruolo nello spazio pubblico. Non accettare questo è escludere una concezione ed una manifestazione di un’ampia parte della società, di come essa veda il ruolo dell’umanità, dell’uomo nella costruzione della società. Naturalmente, questa partecipazione avviene nel dialogo con altre fedi, con i non credenti …

    D. – Spesso si parla di valori, per qualcuno sono valori non negoziabili che fanno parte della cultura cristiana. Oggi questi valori possono costruire, possono rimanere come fondamento della società europea?

    R. – Io credo che il valore fondamentale della società europea consista nel riconoscimento della dignità umana, e questo è accettato da tutti. Quello che tutti dobbiamo riuscire a fare è porre le condizioni per un dialogo, che per essere un dialogo vero deve essere un dialogo che non escluda nessuno, che non escluda gli argomenti che fondino o che provengano dalle religioni. Questo mi sembra l’aspetto più importante.

    D. – Questa crisi economica, secondo lei si può spiegare con una crisi dell’uomo, dei suoi valori, dei suoi punti di riferimento?

    R. – In buona parte sì: all’origine della crisi ci sono anche gravissimi comportamenti etici. Oggi parlavo di Dante nella Divina Commedia, quando egli dimostra l’importanza di quello che le persone amano: può essere la fede, per un laico può essere la natura umana, l’ambizione di infinito o d’altro tipo. Dante dimostra questo perché è accompagnato nei diversi “canti” dell’Inferno e del Purgatorio da Virgilio, che è dotato soltanto di ragione e per questo non può entrare in Paradiso. E chi accoglie Dante in Paradiso è Beatrice, perché lei ha la fede; per un laico, può essere una diversa espressione dell’umanità. Ma quello che questo ci insegna è che una ragione soltanto tecnica, vuota di passione e di altri valori, diventa fine a se stessa: non è capace di raggiungere gli obiettivi dell’umanità. E credo che in parte sia quello che è accaduto: abbiamo sviluppato una società politica, uno spazio pubblico con una ragione troppo limitata e allora dobbiamo riaprire la nostra ragione pubblica.

    D. – Lei non pensa che nei singoli Stati europei, ma soprattutto nell’Unione Europea, sia ormai troppo ampio il divario tra Paese reale, tra la gente comune e il Paese legale?

    R. – Sì: questo sicuramente è un problema. La classe politica, la classe dirigente, le istituzioni sono lontane dalla gente e la gente non si vede realmente rappresentata dai politici. In parte, questo è responsabilità della classe politica. Viviamo in una tensione permanente tra due poli opposti: uno è che molte questioni sono trattate come questioni puramente tecniche. Oggi, quando vediamo la risoluzione dei problemi dell’Unione Europea con l’impatto enorme sugli Stati, notiamo che si prendono decisioni che in realtà non sono state discusse politicamente: sono presentate come decisioni tecniche. La gente non si sente parte di questo. Dall’altro lato, invece, abbiamo – forse anche come conseguenza di tutto ciò – il populismo: la semplificazione, necessaria in politica, diventa spesso falsificazione e questo apre lo spazio al populismo. E questa difficoltà, di trovare una via di mezzo tra un discorso puramente tecnico e un discorso puramente populistico, è quella che sta creando questo grande divario tra la gente comune e la classe politica, la classe dirigente.

    D. – In Portogallo c’è questo pericolo di populismo?

    R. – Anche in Portogallo c’è: c’è in tutti gli Stati europei.

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    Venti di crisi sul governo Letta: ipotesi negativa per la lenta ripresa in Italia ed Europa

    ◊   Sarebbe “paradossale” se l’Italia “si avvitasse in questioni di politica interna”. Risponde così il premier Enrico Letta da Vienna, a chi gli chiede di commentare i venti di crisi che soffiano sul suo governo, in particolare dopo l’incontro di ieri ad Arcore tra il leader del Pdl, Berlusconi, e il vicepremier, Alfano. Letta dice poi che la lotta alla disoccupazione sarà al centro del semestre italiano di presidenza Ue, l’anno prossimo. Ieri, il presidente del Parlamento europeo al Meeting di Rimini, Schulz, aveva dichiarato che all’Italia “non conviene una crisi di governo” e che “senza un’Italia stabile non può esserci un’Europa stabile”. Questa sera il delicato vertice sul governo, a Palazzo Chigi, tra Letta e Alfano. Ma quali le conseguenze prima di tutto per l’economia italiana in lenta ripresa, di una eventuale caduta del governo? Adriana Masotti lo ha chiesto a Luigi Campiglio, economista dell’Università Cattolica di Milano:

    R. - Dal punto di vista economico, la caduta di un governo è di rado un fatto positivo. Nel caso del governo Letta, non lo è sicuramente perché questo significherebbe interrompere un cammino complicato sul piano politico - nel quale non entro - ma certamente con qualche speranza e prospettiva per il futuro che è appena iniziato. Quindi, interromperlo adesso significherebbe ricominciare tutto da capo. Questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

    D. - Che cosa potrebbe voler dire, invece, per l’Europa un’instabilità politica italiana?

    R. - I fronti di instabilità politica che si stanno aprendo a causa di una recessione così prolungata in Europa, e soprattutto in Italia, sono tanti. Finché si tratta di Paese piccoli, dal punto di vista della dimensione, della rilevanza, le questioni sono anche gestibili e risolvibili. Nel caso dell’Italia non va dimenticato che nonostante tutti i nostri problemi, continuiamo ad essere un Paese centrale sul piano dell’industria manifatturiera, dei rapporti con la Germania - tra l’altro - e la Francia. Un’instabilità avrebbe sicuramente una ripercussione molto negativa sul resto dell’Europa. Abbiamo purtroppo sperimentato in questi ultimi due o tre anni gli effetti di contagio da un Paese all’altro; fino ad ora il contagio lo abbiamo subito, in particolare da parte della Grecia, della Spagna … Sarebbe un po’ un paradosso che a questo punto fossimo noi l’origine del contagio.

    D. - Oggi, da Vienna, Letta ha parlato del prossimo impegno che riguarda l’Italia, cioè il semestre Ue dell’anno prossimo. In vista di questo ha detto: “Sarebbe paradossale se l’Italia si avvitasse in questioni di politica interna”…

    R. - È un impegno importante. Capisco - da cittadino - che il mosaico politico in questo momento non è semplice, ma vorrei anche aggiungere che la preoccupazione che tanti dimostrano per il bene comune del Paese, se ha una sostanza, è questo il momento per dimostrarlo con atti e decisioni conseguenti. Noi possiamo certamente fare di più e meglio. Credo che sarebbe veramente un danno per il Paese - e non per il bene comune, quindi, ma per il male collettivo a questo punto - perdere l’appuntamento con il semestre europeo durante il quale con maggior forza noi possiamo far sentire la voce dell’Italia certamente, ma anche degli altri Paesi. La stessa Francia ha problemi di aggiustamento di bilancio molto più marginali dei nostri, ma comunque c’è una preoccupazione comune europea che “stacca” , per così dire, la Germania rispetto agli altri Paesi. La Germania è un grande Paese amico che deve essere convinto non da un singolo Paese, ma dalla comunità dei Paesi, che le sue fortune potrebbero diventare problemi se continuasse ad avere un’ottica esclusivamente nazionale. Credo che qualcosa cambierà, e il semestre italiano - da questo punto di vista - è un’occasione da non perdere.


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    “Alleluja Band”: dal Malawi all’Italia per cantare la gioia della fede

    ◊   Da Ostia a Potenza, da Bergamo a Torre del Greco: sta attraversando tutta l’Italia il tour dell’Alleluja Band, gruppo musicale del Malawi che canta la gioia della fede attraverso la musica africana. Il gruppo, attivo da circa 30 anni, si è esibito anche alla Gmg di Rio de Janeiro e devolve i fondi raccolti ai concerti per iniziative di solidarietà. Ma come è nata l’Alleluja Band? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a padre Mario Pacifici, missionario monfortano in Malawi, che del gruppo è padre spirituale e direttore artistico:

    R. – L’Alleluja Band è un gruppo di musica africana tradizionale del Malawi, nata nel 1978, esattamente un anno dopo che io sono arrivato nel Paese. I giovani avevano voluto fare una festa a sorpresa per me, per avere vissuto con loro un anno nei villaggi a costruire capanne per i più poveri, a pregare insieme, a leggere la Parola di Dio, giocare a pallone con loro … e così, mi hanno fatto questa sorpresa! Mi hanno chiamato e mi hanno detto: “Padre, ti abbiamo fatto dei canti”. Hanno danzato con tamburi e chitarre fatte con le lattine dell’olio e con mia sorpresa, ho scoperto dei talenti: senza nessuna formazione, il ritmo e la musica uscivano dal loro cuore e dal loro sangue africano.

    D. – Da allora, da questa storia di affetto, il gruppo è cresciuto sempre di più, e l’Alleluja Band va in giro per il mondo …

    R. – Esatto. Chi ci ha lanciato sulla scena internazionale – prima nazionale, del Malawi, poi dell’Africa – è stato Giovanni Paolo II: quando nel 1989 venne in Malawi, noi con il nostro gruppo ancora giovane l’abbiamo accolto nello stadio a Blantyre con canti che sono famosi fino ad oggi. E da allora abbiamo avuto la gioia di potere partecipare alle Giornate mondiali della gioventù e da lì - grazie anche alla Rai ed alla Radio Vaticana - si è saputo che dal piccolo Stato del Malawi un gruppo di giovani portava nel mondo, nei villaggi e nelle città, un messaggio: “Cantiamo la vita con gioia”: una gioia che viene dal vivere la vita con qualcuno che per noi l’ha donata fino alla pienezza: Gesù.

    D. – L’Alleluja Band è stata anche a Rio de Janeiro, alla Gmg: che esperienza è stata?

    R. – Indimenticabile e fondamentalmente un’esperienza di spiritualità evangelica. I giovani mi hanno detto: “Padre, questa è la Giornata mondiale della gioventù più intensa per spiritualità che abbiamo vissuto”. E l’Alleluja Band si è fatta amare perché ha saputo donare gioia con i suoi tamburi, ma anche con la semplicità di questi giovani che vengono dai villaggi di Balaka in Malawi.

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    Un libro rilegge in chiave moderna i sogni della Bibbia

    ◊   Umiltà, coraggio, determinazione e soprattutto profonda fede sono i requisiti per chi sogna di realizzare grandi imprese. È quanto sostiene il prof. Luigi di Marco, presidente delle Associazioni di management d’Italia nel suo libro “I sogni della Bibbia”, edito dalla Franco Angeli. Rileggendo alcuni personaggi dell’Antico Testamento in chiave manageriale quali Abramo, Giacobbe, Giuseppe, Gedone, Salomone, Ester e Daniele, questi emergono come grandi leader che hanno segnato la storia di Israele. Al microfono di Daniel Ienciu, il prof. Di Marco:

    R. – L’idea di fondo è quella di scrivere un documento in maniera semplice, leggibile in due ore al massimo, con sette personaggi scelti in modo preciso, che permettessero di esprimere le caratteristiche e le competenze per essere un grande manager, un grande leader; allo stesso tempo permettere al lettore di collocare il personaggio nella storia come se fosse ieri e non una storia di quattro mila anni fa.

    D. – Cosa l’ha spinta a pubblicare questo libro rileggendo le Scritture in chiave manageriale?

    R. – E’ una spinta emotiva, ma anche un bisogno di dire agli altri: “Attento; qualunque cosa tu legga nella Bibbia c’è un insegnamento per la tua vita, per la tua professione”. Tutto ciò che i nostri antichi padri hanno lasciato a noi sono testimonianze di come comportarsi di fronte a situazioni che hanno caratteristiche apparentemente diverse, ma in sostanza identiche.

    D. – A chi si rivolge il suo libro e cosa vuole insegnare all’uomo d’oggi, soprattutto ai giovani…

    R. – Prima di tutto lo scopo è quello di permettere al lettore di desiderare di leggere la storia in forma diversa; poi di vedere che all’interno della vita – personale o quella del personaggio – esiste una forza di carattere, una grande fede, un grande coraggio, una grande determinazione e umiltà. Invito i giovani a leggere attentamente e a “grattare” la superficie del racconto per andarne a trovare l’essenza. Come dico spesso ai miei studenti: “Grattate la pancia alla storia, perché la storia è fatta da uomini e non da pezzi di carta scritti in sequenza, o da avvenimenti”. La storia è fatta da uomini e donne con le loro pulsioni, i loro bisogni, i loro desideri e le loro capacità di vittoria; capacità di resistere allo stress e al male. Questo è quindi il “sotto-messaggio”: “Leggi e rendi attuale ciò che leggi”.

    D. – Certamente i personaggi che lei ha menzionato sono grandi uomini, grandi sognatori; là dove il sogno non è un “delirio individuale”, ma “un’apertura al futuro” che coinvolge gli altri, addirittura un popolo. Cosa ci dice in merito a questo?

    R. – In effetti avevo bisogno di trovare un elemento unitario in questi grandi sognatori. Il sogno era uno dei ”motivi” che cercavo nella Bibbia dove tutti parlano con Dio, tutti i personaggi hanno un dialogo diretto; ma solo questi sette pare abbiano la prerogativa di vivere, o di aver vissuto, un sogno. Il sogno rispetto all’apparizione è diverso: è qualcosa di intimo, è qualcosa che l’individuo crea al suo interno con il proprio desiderio. Possiamo dire che il sogno è umano, mentre l’apparizione è di provenienza divina e che quindi viene in un certo senso "subita", ovviamente in maniera positiva.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan: i monsoni provocano oltre cento morti

    ◊   Pakistan: 118 persone sono morte e 812 sono rimaste ferite a causa dell’eccezionale intensità delle piogge monsoniche che si sono abbattute sul Paese. Oltre 300 mila persone sono state colpite in più di 500 villaggi nelle regioni del Punjab, Sindh, Khyber e Belucistan. La regione più colpita è il Punjab dove non si prevede un miglioramento delle condizioni climatiche. L’esercito è stato mobilitato per portare medicine e generi di conforto alle zone più isolate. Gli esperti temono che, se la pioggia continuerà a cadere sul Paese con questa intensità, i fiumi possano esondare aggravando ulteriormente il bilancio delle vittime e dei danni alla popolazione. (D.P.)

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    Paraguay: i vescovi condannano gli omicidi dei poliziotti nella zona del Tacuatí

    ◊   La Conferenza episcopale del Paraguay, attraverso un comunicato all’agenzia Fides, ha espresso sdegno per l’omicidio di 5 persone, avvenuto il 17 agosto, nella zona di Tacuatí, nel Dipartimento di San Pedro. “La Chiesa - si legge in un comunicato - esorta le autorità a compiere ogni sforzo per chiarire i fatti, individuare i responsabili e applicare le sanzioni previste dalla legge. Allo stesso tempo, invita tutti i cittadini a lavorare per la concordia e la pacificazione degli spiriti". Le cinque persone uccise erano poliziotti di pattuglia nella zona, uccisi da un commando dei guerriglieri dell’Epp, Esercito del popolo paraguaiano, che controlla l’accesso alla zona. Il presidente ha intanto dichiarato nell’area lo “stato di eccezione”, in cui sono sospesi i diritti costituzionali e viene inviato l’esercito per controllare l’area. La popolazione ha approvato la mozione del presidente e l’intervento militare. (D.P.)

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    Benin: il card. Bertello chiude il pellegrinaggio mariano a Dassa-Zoumé

    ◊   “Maria modello di vita cristiana”: su questo tema si è svolto, in questi giorni, in Benin, il pellegrinaggio annuale al Santuario mariano di Dassa-Zoumé, dove si trova una riproduzione della grotta di Lourdes. Tra i partecipanti all’evento, anche il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, invitato dalla Conferenza episcopale locale. Intervistato dal giornale “La Croix du Benin”, il porporato ha detto: “I fedeli cattolici possono vivere nel quotidiano il modello di Maria, testimoniando il Vangelo; come comunità, dobbiamo cercare di tradurre nella realtà l’insegnamento di Gesù, facendo giungere la Parola di Dio a coloro che non hanno ancora avuto la possibilità di conoscere il Signore o se ne sono allontanati. In questo senso, dobbiamo davvero arrivare ad essere anche noi Apostoli”. Quanto all’Anno della fede, indetto dall’allora Papa Benedetto XVI per commemorare i cinquant’anni del Concilio Vaticano II, il cardinale Bertello ha ribadito che tale iniziativa deve rappresentare “un anno di annuncio, di testimonianza”, perché, “come diceva Paolo VI, il mondo oggi non ha bisogno solo di insegnanti, ma anche di testimoni”. Il porporato ha quindi espresso il suo apprezzamento per il progetto Songhaï: nato nell'ottobre del 1985 per iniziativa di padre Nzamujo, un nigeriano laureato in informatica negli Stati Uniti, il programma punta ad un'agricoltura rispettosa della natura, in cui il riciclaggio delle materie prime e degli scarti dei prodotti ha un ruolo fondamentale. Oggi il Centro Songhai, situato vicino a Porto-Novo, capitale del Benin, vive secondo un ecosistema che non ha bisogno di apporti esterni: i rifiuti organici vengono utilizzati per produrre gas metano e fertilizzante, gli scarti della macellazione trasformati in larve di mosca per nutrire pesci e bestiame, ed i residui della spremitura dei frutti della palma da olio utilizzati come humus per la coltivazione dei funghi. “Questo progetto – ha detto il cardinale Bertello – oggi è noto in tutto il mondo, perché le Nazioni Unite lo portano come esempio di aiuto all’umanità”. Infine, rispondendo ad una domanda sulla sua nomina a membro del gruppo degli otto cardinali istituito da Papa Francesco lo scorso aprile, con il compito di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana, il porporato ha evidenziato i contatti regolari esistenti tra i porporati del gruppo e lo spirito di servizio con cui si procede, in ascolto della volontà del Papa. (I.P.)

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    Il card. Bozanić: editto di Milano, inizio di una nuova era per cristianesimo e umanità

    ◊   L’Editto di Milano ha rappresentato l’inizio di una nuova era non solo per il cristianesimo, ma per tutta l’umanità, stabilendo per la prima volta nella storia due principi fondamentali nell’organizzazione delle società e delle comunità politiche, che devono rimanere un punto fermo per la Croazia oggi: quello della libertà religiosa e della laicità dello Stato. Lo ha ricordato il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, durante la Messa celebrata domenica a Rakovica per la commemorazione nazionale del 1700.mo anniversario dell’atto con cui nel 313 d.c. l’Imperatore Costantino sancì la liberalizzazione del culto cristiano nell’Impero romano. La liturgia, riporta l’agenzia cattolica croata Ika, è stata concelebrata, tra gli altri, dal presidente della Conferenza episcopale croata, mons. Želimir Puljić, arcivescovo di Zara. L’occasione era la festa di Santa Elena, madre dell’imperatore Costantino, un grande modello di virtù e di carità cristiana che - ha detto il cardinale Bozanić nell’omelia - ci ricorda anche il ruolo speciale della donna nella Chiesa. L’eredità di Costantino e Santa Elena, ha sottolineato quindi l’arcivescovo di Zagabria, è ancora attuale in Croazia. Essa richiama al dovere dei cattolici di difendere la libertà religiosa “che è un impegno per la persona, la sua dignità, come anche per un’autentica democrazia nella società e nello Stato”. In questo senso, “le iniziative civili che promuovono il diritto costituzionale dei genitori di decidere liberamente l’educazione dei propri figli, come quelle che difendono l’istituto del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna, aiutano i responsabili dello Stato e la società a compiere passi concreti per l’applicazione della legge e della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, nel rispetto delle tradizioni della nazione croata”. “Tutto questo - ha concluso il cardinale Bozanic – nell’interesse delle persone e della democrazia in Croazia”. (L.Z.)

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    Corea del Sud: i cattolici si schierano contro l’eutanasia

    ◊   La Commissione nazionale di Bioetica coreana ha inviato al parlamento una raccomandazione per l’approvazione dell’interruzione delle cure per i malati terminali e in stato vegetativo. Immediata la risposta di ampie fasce della società civile tra cui spiccano i cattolici che denunciano la volontà del governo di sfruttare l’eutanasia per abbattere le spese sanitarie nel Paese. Il professor Ku In-hoe, direttore dell’Istituto di bioetica dell’Università cattolica coreana - ascoltato dall’agenzia Asianews - ha spiegato che la proposta "crea molte preoccupazioni e siamo convinti che un decreto del genere potrebbe essere usato da persone senza scrupoli che vogliono manipolare i pazienti in condizioni vulnerabili”, aggiungendo, riguardo alle responsabilità dei familiari, che “è altissimo il rischio che i familiari distorcano le volontà del malato per problemi finanziari o per mettere le mani sull'eredità”. Il testo della legge in studio prevede al momento che ci sia una volontà precisa espressa dal paziente o un pronunciamento dei familiari per i pazienti in stato vegetativo. (D.P.)

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    Giordania: progetto per rifornire d'acqua il Mar Morto

    ◊   Il governo giordano ha approvato ieri un progetto da 980 milioni di dollari, per collegare il Mar Rosso al Mar Morto e rifornire il Paese di acqua. “Non abbiamo alternativa, potremo rivitalizzare il Mar Morto ottenendo acqua potabile”, ha commentato il ministro delle risorse idriche giordano. L’impianto, riferisce l’agenzia AsiaNews, collegherà il Golfo di Aqaba, nel Mar Rosso, alla punta Sud del Mar Morto passando lungo il confine con Israele e porterà 100 milioni di metri cubi d’acqua ogni anno. L’obiettivo dell’impianto è ottenere grandi quantità di acqua desalinizzata e, allo stesso tempo, ingrossare la portata del Mar Morto, in pericolosa discesa dagli anni ’60, quando Israele, Siria e Giordania hanno cominciato a deviare e a sfruttare l’acqua del fiume Giordano, unico affluente naturale del Mar Morto. Un precedente progetto comune a Israele, Palestina e Giordania, da 11 miliardi di dollari, per la salvaguardia del Mar Morto e l’approvvigionamento di acqua potabile era stato accantonato per l’eccessivo costo. Preoccupati gli ambientalisti ma la Giordania assicura di aver fatto tutti gli studi del caso, il nuovo progetto servirà anzi a contrastare l’inaridirsi del Mar Morto, previsto dagli scienziati per il 2050, e a scongiurare quindi ulteriori problemi di siccità nella zona. (D.P.)

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    India: governo studia progetto alimentare per i poveri

    ◊   Il governo di Nuova Delhi sta studiando un progetto per fornire cibo a basso costo a oltre 800 milioni di persone. L’iniziativa si propone di distribuire, a prezzi calmierati da 1 a 3 rupie al kg, 5kg di cereali al mese a tutti i più poveri del Paese, oltre 800 milioni di persone su una popolazione totale di 1,2 miliardi. L’intero programma alimentare si chiama "Food Security Bill" ed è stato proposto dal partito al governo più volte e più volte respinto perché giudicato tanto oneroso da risultare “pericoloso” per le finanze indiane. (D.P.)

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    Colombia: aumenta la piaga degli abusi su minori

    ◊   L’Istituto di Medicina Legale di Medellin, riferisce l’agenzia Fides dalla Colombia, ha fornito dati allarmanti riguardo gli abusi sessuali sui minori, riportando 2.456 casi solamente nei primi 5 mesi del 2013. Responsabili delle violenze sono, due volte su tre, i genitori: il 33% da parte dei padri, il 28% delle madri e il 9% dai patrigni. Nella maggior parte dei casi le vittime non denunciano gli aggressori, che restano impuniti, e, in questo modo, il fenomeno degli abusi sessuali sta aumentando. Impressionanti anche i dati riguardo altri tipi di abusi, come maltrattamenti e violenze di ogni genere, con 728 casi su bambini da 0 a 4 anni, 1.115 su bambini da 5 a 9, 6.949 sui piccoli da 10 a 14 anni e 15.523 casi su ragazzi da 15 a 17 anni. Secondo i responsabili delle Ong locali a complicare la situazione è l’assenza di centri di aiuto per mamme single lavoratrici e la mancanza di sostegno, da parte del governo, per le famiglie. (D.P.)

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    Senegal: a settembre a Dakar la prima comunità di Gesuiti

    ◊   La prima comunità di sacerdoti gesuiti di Dakar si insedierà a settembre, nella zona di Mbour, a sud della capitale senegalese. Ad annunciare l’evento è stato l’arcivescovo della città, il cardinale Théodore Adrien Sarr, che ha avviato il progetto sin dal 2001. Per i primi tempi, i religiosi della Compagnia di Gesù saranno solo due, perché è ancora in corso la costruzione della struttura che dovrà ospitare l’intera comunità. I discepoli di Sant’Ignazio di Loyola si dedicheranno, soprattutto, alla formazione nell’ambito dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e della Dottrina sociale della Chiesa. I gesuiti in Senegal non sono, tuttavia, una novità: dal 1973, infatti, ha sede, nella regione del Casamance, la Vice-Provincia della Compagnia di Gesù per l’Africa Occidentale. Dal 1973 all’1983, inoltre, un gruppo di sei gesuiti, su richiesta del vescovo di Ziguinchor, mons. Augustin Sanga, ha guidato il Collegio San Carlo Lwanga. In seguito, la Compagnia di Gesù si è trasferita nella regione di Tambacounda, nell’est del Paese, per stare accanto alla popolazione più povera. In quell’area i gesuiti si sono dedicati alla gestione di una parrocchia e alla fondazione del Centro culturale San Pietro Claver, che include una grande biblioteca. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 233

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.