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Sommario del 18/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • “Fede e violenza sono incompatibili”: così Papa Francesco all’Angelus, ricordando che “la fede non è cosa decorativa” e pregando per la pace in Egitto
  • La Messa con il messaggio del Papa apre la XXXIV edizione del Meeting di Rimini
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: l'Ue pronta a rivedere le relazioni con il Cairo. Oggi nuove manifestazioni di protesta
  • In Egitto non si può parlare di persecuzione contro i cristiani: così mons. Golta
  • Sale l’attesa per il nuovo round di negoziati tra il governo colombiano e le Farc
  • Grave la situazione in Centrafrica: la testimonianza di padre Roggero
  • Testimonianze al Meeting dei Giovani di Schio: da medico abortista a difensore della vita nascente
  • Disabilità e lavoro: un progetto dell’Anmil per dare dignità ai più deboli
  • In due libri la vicenda di un "nuovo povero": dopo la disperazione, la ripresa
  • La cattedrale di Siena scopre il suo straordinario pavimento marmoreo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan: prosciolto l’imam che aveva accusato falsamente di blasfemia una ragazzina cristiana
  • Siria: entrata nel Paese la missione ONU su armi chimiche
  • Filippine: recuperati 31 corpi in seguito alla collisione tra il traghetto e il cargo a largo di Cebu
  • Iran: installate 18 mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio
  • Siracusa si prepara a celebrare il 60.mo anniversario della Madonna delle Lacrime
  • Costa d’Avorio. Mons. Touably: prorogare mandato della Commissione Verità e Riconciliazione
  • La Caritas britannica lancia il Forum per la giustizia criminale
  • I vescovi australiani: migranti, persone con diritti inalienabili
  • Dal 27 al 31 agosto, la diocesi di Roma in pellegrinaggio a Lourdes
  • Il Papa e la Santa Sede



    “Fede e violenza sono incompatibili”: così Papa Francesco all’Angelus, ricordando che “la fede non è cosa decorativa” e pregando per la pace in Egitto

    ◊   La fede non è decorare la vita con un po’ di religione: sono parole di Papa Francesco che all’Angelus spiega il passo del Vangelo in cui Gesù dice: non sono venuto a portare pace. Papa Francesco innanzitutto ribadisce che “la fede è incompatibile con la violenza”, che la fede non è neutralità. Poi un pensiero per le vittime dell’affondamento del traghetto nelle Filippine e una preghiera per la pace in Egitto. Il servizio di Fausta Speranza:

    “La fede comporta scegliere Dio come criterio-base della vita, e Dio non è vuoto, non è neutro, Dio è amore!”: Papa Francesco scuote i cristiani affermando che “Gesù comporta rinunciare al male, all’egoismo e scegliere il bene, la verità, la giustizia, anche quando ciò richiede sacrificio e rinuncia ai propri interessi”. Parla di un’espressione di Gesù che – afferma - “ci mette in crisi, e che va spiegata, altrimenti può generare malintesi”. Gesù dice ai discepoli: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione». E Francesco spiega:

    “Significa che la fede non è una cosa decorativa, ornamentale; non è decorare la vita con un po’ di religione, ,come se fosse una torta e la si decora con la panna.. No! La fede comporta scegliere Dio come criterio-base della vita, e Dio non è vuoto, Dio non è neutro, Dio è sempre positivo, Dio è amore e l’amore è positivo!”

    “Dio ha un volto, ha un nome: Dio è misericordia, è fedeltà, è vita che si dona”, ricorda Papa Francesco: “Dopo che Gesù è venuto nel mondo, non si può più fare – aggiunge - come se Dio non lo conoscessimo, come se fosse una cosa astratta, vuota, di referenza puramente nominale.

    “Gesù è la nostra pace, è la nostra riconciliazione! Ma questa pace non è la pace dei sepolcri, non è neutralità. Gesù non porta neutralità. Seguire Gesù comporta rinunciare al male, all’egoismo e scegliere il bene, la verità, la giustizia, anche quando ciò richiede sacrificio e rinuncia ai propri interessi. E questo divide, lo sappiamo, divide anche i legami più stretti. Ma attenzione: non è Gesù che divide! Lui pone il criterio: vivere per se stessi, o vivere per Dio e per gli altri, farsi servire, o servire; obbedire al proprio io, o obbedire a Dio. Ecco in che senso Gesù è «segno di contraddizione»

    E Papa Francesco sottolinea che “ questa parola del Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede”. “E’ proprio il contrario – spiega - la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza. Fede e violenza sono incompatibili”.

    “Invece fede e fortezza vanno insieme. Il cristiano non è violento, ma è forte. E con che fortezza? Con quella della mitezza. La forza della mitezza, la forza dell’amore.”

    Papa Francesco ricorda che “anche tra i parenti di Gesù vi furono alcuni che a un certo punto non condivisero il suo modo di vivere e di predicare, ce lo dice il Vangelo ma che alla fine, grazie anche alla fede di Maria, i familiari di Gesù entrarono a far parte della prima comunità cristiana”. Dunque la preghiera:

    “Chiediamo a Maria che aiuti anche noi a tenere lo sguardo ben fisso su Gesù e a seguirlo sempre, anche quando costa”.

    Papa Francesco commenta anche la Lettera agli Ebrei ricordata nella Liturgia domenicale in cui si incoraggia a tenere lo sguardo fisso su Gesù, dicendo che “è un’espressione che dobbiamo sottolineare in modo particolare in questo Anno della fede”: “teniamo lo sguardo fisso su Gesù, perché la fede, che è il nostro ‘sì’ alla relazione filiale con Dio, viene da Lui.
    Dopo la preghiera mariana, Papa Francesco torna a ribadire che la fede non è cosa decorativa: raccomanda di ricordare che “la fede è forza dell’anima”. Poi un pensiero alle vittime dello scontro nel mare delle Filippine di un traghetto con una nave cargo. E poi una preghiera per la pace in Egitto, che il Papa vuole condivisa:

    “Continuiamo anche a pregare per la pace in Egitto, tutti insieme. Maria Regina della pace prega per noi. Tutti. Maria Regina della pace prega per noi.”

    Poi il saluto “con affetto”, a romani e pellegrini, le famiglie, i gruppi parrocchiali, i giovani...il gruppo folcloristico polacco proveniente da Edmonton, Canada.Un saluto speciale ai giovani di Brembilla, presso Bergamo, e la benedizione della fiaccola che portano a piedi da Roma fino al loro paese. E poi i giovani di Altamura. A tutti l’augurio di una buona domenica, e buon pranzo.

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    La Messa con il messaggio del Papa apre la XXXIV edizione del Meeting di Rimini

    ◊   Con la messa celebrata stamani dal vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, durante la quale si è letto il messaggio inviato da Papa Francesco, si è aperta alla Fiera la XXXIV edizione del Meeting per l'Amicizia tra i Popoli, promosso da Comunione e Liberazione, sul tema "Emergenza Uomo". Nel pomeriggio, iI presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Enrico Letta, sarà protagonista dell'incontro inaugurale del Meeting sui temi, tra l'altro, dell'integrazione europea. Ieri, il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha inviato al vescovo di Rimini un messaggio con il saluto di Francesco. Per il Papa, il potere teme chi dialoga con Dio perché ciò rende liberi. Sul messaggio del Papa, ascoltiamo il servizio di Luca Collodi, inviato a Rimini:

    Il mondo è interessato all’uomo. Il potere economico, politico, mediatico ha bisogno dell’uomo per perpetuare e gonfiare se stesso. E per questo cerca spesso di manipolare le masse, di indurre desideri, di cancellare ciò che di più prezioso l’uomo possiede: il rapporto con Dio. Il potere, scrive il Papa nel messaggio al Meeting di Rimini 2013, teme gli uomini che sono in dialogo con Dio poiché ciò rende liberi e non assimilabili. Ecco allora l’emergenza-uomo, prosegue Papa Francesco, che il Meeting per l’Amicizia tra i Popoli pone quest’anno al centro della sua riflessione: occorre, scrive il Papa, tornare a considerare la sacralità dell’uomo e nello stesso tempo dire con forza che è solo nel rapporto con Dio, cioè nella scoperta e nell’adesione alla propria vocazione, che l’uomo può raggiungere la sua vera statura. Per questo la Chiesa ha una grande responsabilità. Andiamo con coraggio incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo, esorta Francesco, ai bambini, agli anziani, ai “dotti” e alla gente senza alcuna istruzione, ai giovani e alle famiglie. Facciamolo non solo nelle chiese e nelle parrocchie, ma nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri, ma anche nelle piazze, sulle strade, nei centri sportivi e nei locali dove la gente si trova. E’ questo, sull’esempio di Cristo, che ha lasciato il suo cielo per farsi uomo ed essere vicino ad ognuno, il compito della Chiesa e di ogni cristiano. “Emergenza uomo”, significa allora l’emergenza di tornare a Cristo. La povertà, aggiunge il Papa, non è però solo quella materiale. Esiste una povertà spirituale che attanaglia l’uomo contemporaneo. Siamo poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio. La povertà più grande, conclude il Papa citando il servo di Dio Mons. Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, è la mancanza di Cristo, e finchè non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sempre poco.

    Del richiamo di Papa Francesco per questa edizione del Meeting Luca Collodi ha parlato con mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini:

    R. – L'uomo non può bastare a se stesso e allora è Dio che viene in cerca dell’uomo ed è questo il grande evento: l’incarnazione, la morte, la risurrezione di Gesù. E’ Gesù che viene ad intercettare l’uomo, portando la domanda di Dio all’uomo delle origini: “Adamo dove sei?” E il Signore incontra l’uomo laddove l’uomo vive, lotta, soffre e spera. Questa è la missione che Gesù ha affidato poi alla sua Chiesa. Per questo l’uomo è la via della Chiesa.

    D. – Il potere economico, politico e anche mediatico però - come ha ricordato il Papa - talvolta ostacola questo percorso di avvicinamento dell’uomo a Dio...

    R. – Certo, perché il potere assume spesso un volto diabolico e il diavolo è il grande divisore: illude l’uomo. E’ vero che in fondo il contrario della fede non è tanto l’incredulità: è l’idolatria. Quando il potere seduce l’uomo e lo illude che può diventare Dio a se stesso allora siamo già sulla china del declino irrimediabile, irrimediabile alle nostre forze. Per questo l’uomo è un essere che ha bisogno di una salvezza, di una salvezza che gli può essere data solo per grazia.

    D. – Il Papa sembra indicare fuori dalle chiese e dalle parrocchie questo compito missionario...

    R. – Certo, certo, perché la Chiesa deve avere il coraggio di andare controcorrente. Il Signore, infatti, ci ha chiamato ad essere sale e non zucchero della città dell’uomo. Mi sembra davvero che il Meeting, ancora una volta, diventi una preziosa occasione di riflessione, di scambio, di incontro, di amicizia fra i popoli. E’ davvero un dono del quale dobbiamo essere grati e insieme responsabili.

    D. – Lei pensa che la gente di oggi che è a Rimini per riposarsi o per fare una vacanza, come in altri punti del Paese, sia consapevole di quella che è la crisi antropologica di oggi o crisi economica oppure se ne accorge solo quando magari con i soldi non ce la fa ad arrivare a fine mese?

    R. – Misurare il grado di consapevolezza della radice antropologica della crisi in corso è un’impresa piuttosto ardua. Mi sembra però che il livello di coscienza della crisi stia salendo. Vedo gente molto pensosa, gente che si porta dentro delle domande che devono essere portate a consapevolezza. E mi sembra che anche in questo senso il Meeting rappresenti una grande opportunità.

    Il Meeting di Rimini, talvolta, viene ridotto ad una kermesse politica: ma cosa è oggi in realtà? Luca Collodi lo ha chiesto a Sandro Ricci, direttore del Meeting:

    R. – Il Meeting di Rimini è sicuramente un avvenimento, nel senso che nonostante tutto il nostro lavoro di un anno intero per prepararlo in tutte le sue dimensioni, quando inizia, poi, è un avvenimento, cioè è una storia di uomini che si incrociano, che si incontrano, che fanno amicizia e che approfondiscono dei temi. Da questo punto di vista, quindi, è un’esperienza variegata, che va dall’affronto dell’attualità, come può essere anche la politica, ma soprattutto dalle testimonianze di chi vive sul campo ed è in grado di raccontarci come affronta i problemi della sua vita, alla grande arte, alla grande musica, al grande teatro. Effettivamente, se uno non viene non riesce a capire fino in fondo che cosa sia questo evento, che anche noi vediamo crescere fra le mani e non riusciamo a determinare fino in fondo. E’ lui che vive, che ha una sua capacità di essere una presenza nel mondo. Sarebbe, quindi, un po’ riduttivo limitarlo all’incontro con i politici piuttosto che agli spettacoli o alle esposizioni: è un momento di vita.

    D. – E’ giusto dire che al Meeting di Rimini si può incontrare, ma si può soprattutto parlare anche con persone che non la pensano come noi?

    R. – Assolutamente sì. E’ sempre stata una nostra caratteristica, che ci è cresciuta fra le mani: quella dell’apertura. La nostra identità, che è molto precisa – noi siamo tutte persone che facciamo un’esperienza cristiana ben determinata, abbiamo un cammino preciso nella nostra vita – ci ha aiutato a dialogare e ad aprirci con tutti. E da questo punto di vista il Meeting in questi anni è stato una grande riprova di questo, perché sono venute personalità da tutto il mondo, di tutte le religioni, di tutte le linee filosofiche, politiche, economiche, artisti dalle estrazioni più diverse. Non è comunque, alla fine, un guazzabuglio, ma è un incontro fra identità diverse. Questa forte identità riesce a coagulare, ad attirare, a far vivere in maniera precisa anche un rapporto e un dialogo con le esperienze, anche religiose, più diverse, ma soprattutto con quella che è la domanda di fondo che alberga nell’uomo dell’uomo: questo desiderio di infinito e di rapporto con il mistero. Da questo punto di vista, il Meeting è diventato veramente una grande occasione per porre a tema queste questioni così di fondo dell’uomo, proprio in un momento come questo, in cui la crisi, come dice il Papa, è una crisi dell’uomo e non solo economico-finanziaria.

    D. – L’edizione di quest’anno guarda proprio al pianeta uomo...

    R. – Il titolo provocante “Emergenza uomo” vuole proprio dire questo: che in questo momento il punto centrale della nostra attenzione non può non essere l’uomo, l’uomo che oggi è smarrito, che spesso è come rassegnato. Ma anche in questo clima, noi diciamo c’è un elemento di rottura, c’è un elemento di novità e questo lo vogliamo testimoniare attraverso le esperienze concrete di chi nel mondo fa emergere il proprio io come una riscoperta di identità, come una ripresa di coscienza di quello che l’uomo fino in fondo è. Per questo al Meeting, anche quest’anno, saranno presenti diverse testimonianze delle frontiere più lontane, come quella di Claire Ly dalla Cambogia. Un’esperienza drammatica, maturata proprio nei campi di concentramento cambogiani, in cui questa persona, buddista di partenza, aveva bisogno di un Dio con cui prendersela e l’unico Dio personale, che ha individuato, era quello dei cristiani. Piano, piano, quindi, lì è nata la sua conversione e quindi la sua dedizione alla pace e all’amicizia fra i popoli. Poi avremo una testimonianza di un cinese cattolico, che ci dirà che cosa vuol dire vivere la fede nella Cina di oggi ed altre testimonianze che portano alla ribalta la persona che agisce.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: l'Ue pronta a rivedere le relazioni con il Cairo. Oggi nuove manifestazioni di protesta

    ◊   In Egitto ancora proteste dei Fratelli Musulmani. Indetto un raduno oggi pomeriggio davanti alla sede della Corte Costituzionale del Cairo. Intanto il ministro degli esteri egiziano ha annunciato una commissione d’inchiesta su quanto avvenuto nel Paese dopo il 30 giugno. Dall’Europa, invece, la minaccia di rivedere i rapporti diplomatici con l’Egitto in caso di nuove violenze. Il Servizio è di Eugenio Bonanata:

    L’Europa è pronta a rivedere le relazioni con l’Egitto. Bruxelles, attraverso i suoi vertici – i presidenti di Consiglio e Commissione, Van Rompuy e Barroso - annuncia misure urgenti minacciando conseguenze imprevedibili in caso di nuove violenze. La prima riunione tecnica sull’argomento ci sarà già domani, poi si passerà a discussioni politiche. Una presa di posizione che arriva all’indomani del violento sgombero della moschea di Fatah, che ha provocato una nuova ondata di condanne dalle cancellerie occidentali. “Uso eccessivo della forza”, affermano il governo britannico e il numero uno del Palazzo di Vetro Ban Ki-Moon il quale definisce “inaccettabili” gli attacchi contro chiese e ospedali. Intanto, al Cairo, in una lunga conferenza stampa con i giornalisti internazionali, il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Fahmy, promette una commissione d’inchiesta per far luce su quanto avvenuto fino ad ora nel Paese. Poi, l’esponente del governo ad interim critica l’eccessivo risalto che la stampa straniera ha dato alle operazioni di polizia di queste ore e precisa che la “partecipazione politica sarà aperta a tutti gli egiziani che si uniformeranno alla legge”. Nessuna marcia indietro sulla minaccia avanzata ieri di sciogliere per legge la Fratellanza. Oggi il fronte pro Morsi non abbassa i toni e annuncia nuove manifestazioni di protesta per il pomeriggio. Un annuncio che ha fatto scattare il rafforzamento delle misure di sicurezza, non solo davanti alla sede della Corte Costituzionale ma anche nei pressi del palazzo presidenziale. Il bilancio ufficiale da venerdì è di oltre 750 morti e 404 persone arrestate con l’accusa di omicidio. I fermati di ieri sono stati circa 390.

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    In Egitto non si può parlare di persecuzione contro i cristiani: così mons. Golta

    ◊   Sono almeno 30 le chiese (copte, cattoliche, ortodosse e protestanti) date alle fiamme in questi giorni in Egitto. E poi sono stati presi di mira anche case, scuole, monasteri e negozi gestiti dai cristiani, da Suez a Minya, da Sohag ad Assiut. Sulla situazione, Olivier Bonnel ha intervistato mons. Youhanna Golta, vicario patriarcale di Alessandria dei Copti:

    R. - Sia cristiani che musulmani, in Egitto, sono perseguitati dai Fratelli musulmani. Incendiano chiese, scuole, istituzioni, musei, in modo indiscriminato. Non dobbiamo farne una questione cristiana o musulmana, perché si tratta di un “problema egiziano”: tutto quello che sta accadendo è contro il popolo egiziano, contro cristiani e musulmani. Tuttavia, i Fratelli musulmani approfittano della debolezza della minoranza cristiana per aggredire, per uccidere. Hanno bruciato 40 chiese, hanno bruciato centinaia di negozi di cristiani, hanno ucciso, ma i nostri amici musulmani, cioè la maggioranza dei musulmani, aiutano e sostengono i cristiani.

    D. - Lei chiede una particolare attenzione per la comunità cristiana?

    R. - Assolutamente no! Noi viviamo mescolati, l’Egitto è un Paese che non deve essere diviso. Non esiste strada, non esiste edificio, non esiste città, che sia solo per i musulmani o solo per i cristiani. Accanto all’università islamica di al-Azhar ci sono negozi cristiani, accanto alla grande cattedrale del Cairo vivono i musulmani. L’Egitto è un Paese che non accetta la divisione: gli Stati Uniti non hanno capito questo e nemmeno l’Unione Europea. I Paesi occidentali sono in possesso di false notizie, di informazioni stravolte e sbagliate.

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    Sale l’attesa per il nuovo round di negoziati tra il governo colombiano e le Farc

    ◊   Il governo colombiano e la guerriglia comunista delle Farc apriranno un nuovo ruond di negoziati domani a L’Avana. Dallo scorso novembre, infatti, le due delegazioni discutono in un territorio neutrale, Cuba, per giungere a un accordo di pace dopo oltre 40 anni di conflitto. Intanto, lo stesso presidente colombiano Juan Manuel Santos si è detto disposto ad incontrare i vertici del movimento, ma sul tappeto sono ancora molti i nodi irrisolti e i veti incrociati che ostacolano la trattativa. Marco Guerra ne ha parlato con Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina all'Università di Bologna:

    R. – Effettivamente gli ostacoli sono immensi. Tutto fa pensare che prima delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo in Colombia non ci saranno sostanziali passi in avanti. Per ora le cose vanno avanti su due binari: quello ufficiale dei negoziati, dove qualche piccolo passo è stato compiuto; e quello delle dichiarazioni e delle azioni - al di fuori dei tavoli di negoziato - sia del governo sia delle Farc, che tendono a remare contro i successi ottenuti al tavolo dei negoziati.

    D. – Però molti analisti parlano di un cambio di vedute tra i vertici del movimento e tra i vertici dello Stato colombiano… E’ così?

    R. – E’ difficile dire fino a che punto ci sono cambiamenti di vedute. Bisogna considerare che da un lato la guerriglia gioca ad apparire popolare nel Paese e quindi cerca di ottenere vantaggi molto elevati nel momento in cui dovesse reintegrarsi alla vita politica. Tutti i sondaggi però dicono che l’80% della popolazione colombiana è stanca della guerriglia ed è quindi anche contraria a fare concessioni di privilegi ai guerriglieri una volta rientrati in politica. Per quello che riguarda il governo, il grande problema attualmente è la scarsa popolarità del presidente Santos che dovrà decidere se candidarsi per un nuovo mandato – cosa che deciderà a novembre prossimo – oppure se rinunciare. Finché però non si chiarirà il futuro politico del governo colombiano e del suo presidente attuale, sarà difficile che lo stallo possa essere spezzato.

    D. – Chi sono i principali sostenitori di questo processo di pace?

    R. – A livello internazionale c’è un sostegno generale verso il processo di pacificazione. È veramente anacronistico ed assurdo in un Paese come la Colombia, in un contesto oramai ampiamente democratizzato qual è quello dell’America Latina ed in un Paese che sta crescendo a regimi economici straordinari, che ha veramente davanti a sé delle prospettive straordinarie. E' veramente anacronistico che la Colombia continui ad essere “piagata” – nonostante i grandi problemi strutturali, di natura economica e sociale – da un fenomeno che non ha più senso in America Latina. Quindi, il sostegno internazionale è molto ampio, però poi quando si scende nel concreto – chi deve concedere cosa – la faccenda diventa molto più problematica. Per esempio: la guerriglia deve pagare dazio in termini giuridici o no? Deve avere possibilità di accedere in Parlamento anche a prescindere dalla propria popolarità - quindi va creata una nicchia di rappresentanza - oppure no? Sono temi molto concreti; come chi e quando deve abbandonare le armi… Intanto la guerriglia continua; recentemente c’è stato un attentato verso l’esercito che è costato la vita a 20 militari. Le azioni sul campo quindi contraddicono e tante volte ostacolano i piccoli passi che sono stati fatti su alcuni punti nei processi negoziali.

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    Grave la situazione in Centrafrica: la testimonianza di padre Roggero

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha affermato che la crisi nella Repubblica Centrafricana è una "grave minaccia" per tutta la regione e si è detto "pronto a prendere in considerazione tutte le possibili opzioni per stabilizzare" il Paese. La dichiarazione è stata adottata all'unanimità dai 15 Paesi membri. In un recente rapporto, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha raccomandato sanzioni contro i responsabili della coalizione Selèka che sta mettendo a ferro e fuoco il Paese. Sulla situazione, Giulia Cirillo ha intervistato il padre carmelitano Anastasio Roggero, da oltre 40 anni missionario in Centrafrica:

    R. - A Bangui ci sono ancora torture, rese dei conti, perché dieci anni fa c’è stato il colpo di Stato e sono state uccise molte persone. Ora, è cambiato il governo e quelli che hanno avuto difficoltà nel 2002, si rivendicano oggi. Ad esempio, ad signore che conosco molto bene gli hanno ucciso tre fratelli, ma la sua famiglia cosa ha fatto nel 2002? Quindi le vendette continuano anche se la Chiesa predica la riconciliazione. Però, la riconciliazione non è facile.

    D. - L’Alto commissariato delle Nazioni Unite ha descritto la situazione nella Repubblica centrafricana come la crisi più dimenticata del mondo, perché secondo lei?

    R . -Ci sono grossi interessi. Sembra che ci siano i mercanti di diamanti, c’è l’interesse del petrolio e quindi si cerca si obliare questo Paese anche per queste ragioni. È un Paese che esiste solo sulla carta. Pensi che in 50 anni di indipendenza, il Paese non è mai stato capace di costruire con i suoi soldi né una scuola, né un ospedale. Questi poveri centrafricani - che noi amiamo con tutto il cuore - non reagiscono! Non possono solo aspettare l’aiuto degli altri e, sfortunatamente, ora, cosa hanno fatto tutti i politici? Si sono messi dalla parte dei vincitori. Io lavoro da una vita in questo Paese. Sto portando avanti un progetto enorme a Bangui; un progetto di 130 ettari. Ogni giorno faccio lavorare 150 persone: voglio rinnovare 20 ettari di foresta e 110 ettari di palme d’olio per creare qualche cosa. Quindi noi lavoriamo con tanto entusiasmo, ma non vediamo nessun futuro per questo Paese. Sono procuratore della missione dal 1975: in 40 anni non ho visto nessun progresso, e il 95 percento della popolazione nei villaggi vive come duemila anni fa! Hanno un Paese splendido! Poteva essere un paradiso terrestre … c’è la foresta, hanno le piogge, hanno il sole, non hanno disastri naturali eppure, loro stessi, quando si parla dicono: “ Il Signore ci ha beneficato troppo”. Loro possono vivere senza casa, senza vestiti … Hanno tutto, però non riescono ad andare avanti.

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    Testimonianze al Meeting dei Giovani di Schio: da medico abortista a difensore della vita nascente

    ◊   Si sta svolgendo a San Martino di Schio, in provincia di Vicenza, il XXII Meeting Internazionale dei Giovani. “Tutti tuoi o Maria… stella dell’evangelizzazione”, il tema dell’iniziativa promossa dal Movimento Mariano Regina dell’Amore come occasione di riflessione e confronto su questioni attuali alla luce della fede. Tante le testimonianze proposte improntate sui valori del Vangelo. Tra gli interventi, quello del dott. Antonio Oriente, medico ginecologo presso l’A.S.L. di Messina e vice presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici. Ai giovani racconta il suo passaggio da medico abortista a difensore della vita nascente. A fargli cambiare rotta la presa di coscienza che l’aborto non è una forma di aiuto, ma significa dare la morte a un figlio donato da Dio. Ascoltiamo il dott. Oriente nell’intervista di Adriana Masotti:

    R. – Quando pratichi l’aborto ti rendi conto che in effetti stai uccidendo un bambino, un bambino dei tuoi amici, dei tuoi pazienti, comunque un bambino. E stai uccidendo, indirettamente, anche il tuo bambino. E questo bambino, nel tempo, assume sempre più significato, ha un peso sempre maggiore nella tua vita: personale e professionale. Prima pensavi: la scienza, qualcosa, ha creato questo organismo, ora pensi invece che un Padre eterno, buono e misericordioso, l’ha creato come un tesoro, un tesoro da custodire e da apprezzare. E ti rendi conto che in effetti, nella ragazza che viene da te a chiedere l’aborto, c’è tanta sofferenza! Poco fa sono stato chiamato da una ragazza che non poteva venire in consultorio, e sono andata io a trovarla a casa. Voleva abortire. Voleva abortire perché papà e mamma non volevano questo bambino, perché il ragazzo, minacciando di lasciarla, quasi le ha imposto di uccidere questo bambino. Ecco: mi ha chiamato quasi con l’ estremo desiderio – e si sentiva dalle sue parole – che io la convincessi, invece, di tenerlo, di accompagnarla. E io le ho detto: “Io ci sarò, accanto a te”. E così forse, a Dio piacendo, ho convinto anche questa ragazza a tenere il bambino. Certo, avrà dei problemi, però questa ragazza non si sentirà sola in questa sua scelta difficile. L’ho detto a questa ragazza: nelle cose che accadono c’è sempre un significato, non buttare via tuo figlio, perché è tuo figlio, e se tu anche non lo volessi, porta avanti la tua gravidanza …

    D. – Ecco, questo è il suo impegno personale. Ma secondo lei, potrebbero anche lo Stato, la società, aiutare di più le donne a fare più facilmente la scelta di tenere il figlio che aspettano, anche in un contesto difficile?

    R. – Io oserei dire: dovrebbe. Lo Stato dovrebbe finanziare le famiglie. Un welfare, una politica a favore delle famiglie, una politica a favore della nazione Italia, del suo futuro … Di questo non ce ne siamo resi conto! Io le posso dire che l’aborto fa male alla donna, fa male alla salute della donna! Per esempio, si incrementano del 30 per cento i casi di tumore alla mammella; è stato scoperto che aumentano i casi di infertilità, si incrementano i casi di patologie psichiatriche, psichiche … Ormai è documentato! Dobbiamo fare tanti sacrifici, ma ci siamo intestati questa battaglia, insieme all’Associazione della quale io mi onoro di essere vicepresidente nazionale: di portare alla luce la verità in campo scientifico, che non fa a pugni con la verità etica e morale, chiaramente. E quante, quante grazie abbiamo visto e vedo quotidianamente! L’altro giorno sono andato in un paese della mia zona: una mamma mi solleva un figlio. “Dottor Oriente, questo è suo figlio!”, mi ha detto. “Questo è un bambino del dott. Oriente, perché lui si è intestato questa battaglia in favore di mio figlio, in favore mio e io non lo potrò mai ringraziare abbastanza!”

    D. – Molti, riguardo all’obiezione di coscienza, dicono che è una scelta non giusta perché è un rifiuto a rispettare un diritto della donna: la donna che, se vuole abortire, non trova il medico che le permette di realizzare questa scelta. Che cosa dire, su questo?

    R. – Assolutamente no. Intanto, non c’è un diritto all’aborto; c’è una volontà della donna di interrompere la propria gravidanza. Nondimeno, io dico: non è vero nulla. Noi diamo delle indicazioni, nel pubblico, e diciamo: “Guarda, io sono disponibile, puoi parlare”, e così via. Se però la donna decide di rifiutare questa vita, noi le diamo uno schema con i luoghi ai quali si può rivolgere per ottenere il certificato e per eseguire questo aborto. E’ un falso problema, dunque. E a parte questo: la mia esperienza è che ad un certo punto la mia coscienza ha urlato, nel mio intimo, e quando facevo gli aborti mi ha detto: “Ma che stai facendo?”, “ma che medico sei, tu?”. Quindi, una coscienza che obietta a noi stessi e che poi si tramuta, all’esterno, in scelte a favore della donna, a favore della salute della donna.

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    Disabilità e lavoro: un progetto dell’Anmil per dare dignità ai più deboli

    ◊   Il lavoro come spazio per realizzarsi e acquistare più fiducia in se stessi. Sono questi alcuni degli obiettivi del progetto finalizzato all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, promosso dall’Anmil, l’associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi. Maria Cristina Montagnaro ne ha parlato con Claudio Messori, direttore agenzia per il lavoro Anmil Milano:

    R. – Il progetto D.A.L. è un progetto che ha cercato di analizzare al meglio quello che poteva essere un contributo per l’inserimento dei soggetti più deboli: persone svantaggiate, con problematiche legate ad una disabilità mista, il più delle volte, con una connotazione di debolezza. Abbiamo visto la situazione di una ventina di persone e su queste persone abbiamo individuato quattro persone, quelle più a rischio. Il progetto prevede un percorso di tirocinio formativo, finalizzato all’occupazione.

    D. – Che cosa si può fare per far rispettare la legge 68 del ’99, che sancisce l’obbligo di assunzione di persone con disabilità nelle aziende con più di 15 dipendenti?

    R. – E’ una delle leggi più avanzate, a livello internazionale: in molti ce la invidiano. Peccato che poi il rispetto della legge non sia una conseguenza: tutte le aziende cercano, in una maniera o nell’altra, di evadere questa norma. Ci dovrebbero essere più controlli da parte dei servizi ispettivi, ci dovrebbe essere un raccordo di rete con tutti gli enti preposti per arrivare poi agli enti accreditati, che seguono questi percorsi e, soprattutto, si dovrebbe andare a segnalare nel caso in cui un datore di lavoro, sia pubblico che privato, non ottemperi alla norma.

    D. – Quali sono le difficoltà più frequenti che le persone diversamente abili si trovano ad affrontare sul lavoro?

    R. – Sono quelle di non accettazione, per cui vengono stigmatizzate. Di fatto non c’è la diretta accoglienza, non solo da parte dei datori di lavoro, ma molte volte anche da parte dei colleghi di lavoro stessi. Bisognerebbe quindi cercare di attivare una maggiore sensibilizzazione, una maggiore disponibilità, perché con l’inserimento di una persona disabile in azienda, si valorizzano non solo le capacità delle persone, ma anche il lavoro del gruppo, dei colleghi.

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    In due libri la vicenda di un "nuovo povero": dopo la disperazione, la ripresa

    ◊   Mai arrendersi: è il messaggio di Maurizio De Vito, ragioniere licenziato a 50 anni, con una moglie casalinga e due figli a carico, che hanno subìto lo sfratto da casa. Poi sono sopraggiunti il diabete, l’ipertensione e la depressione. Ma Maurizio De Vito ha reagito stampando a sue spese due libri in cui scrive dei nuovi poveri, poi ha ritrovato un lavoro tornando a una vita normale. Così racconta la sua esperienza al microfono di Elisa Sartarelli.

    R. – Il nuovo povero è una figura sociale emergente. Diciamo che già da qualche anno comincia ad affacciarsi sul nostro scenario sociale, perché comunque la crisi è partita già qualche anno fa. Il nuovo povero è la persona che non vive sulle panchine, con la barba lunga, con i panni sporchi, che vive di elemosina ma è la persona nascosta dentro casa, che magari ha perso il lavoro, non riesce a pagare l’affitto, a pagare le bollette, a fare la spesa oppure va a fare la spesa con i centesimi contati. Ed è una figura che abbraccia tante tipologie di persone: potrebbe essere un impiegato, un operaio, anche un professionista, una qualsiasi persona che, poi, con il mercato del lavoro che è cambiato, anche contrattualmente, e quindi con le nuove esigenze economiche di mercato, si è trovata senza lavoro o comunque ha perso il lavoro per altri motivi. E’ un nuovo povero anche il papà separato che è costretto ad affittare un appartamento e con lo stipendio non tira avanti e va a mangiare alla Caritas. Sono tante le figure dei nuovi poveri. Ad esempio, i pensionati che si ritrovano i figli 50.enni a casa perché separati o senza lavoro.

    D. – Come ha avuto l’idea dei due libri che ha scritto?

    R. – Il primo libro è “Non smettere mai di sognare” ed è stata una esternazione forte che è avvenuta in una notte di disperazione. Quella lunga notte non sarebbe mai passata se non avessi scritto questo mio libro. “Non smettere mai di sognare” è proprio la mia autobiografia, descrive la situazione che stavo vivendo in quel momento. Ed è stato un po’ come un risveglio. Il secondo libro, invece, “Io sono il nuovo povero”, è un seguito nel quale c’è una reazione forte, una ripresa anche a livello di voglia di ricominciare con i corsi di formazione, con tutto quello che c’era da fare… L’ho fatto stampare a spese mie e sono andato a venderlo alla Stazione Termini, alla Stazione Ostiense e per le strade di Roma, cercando comunque di diventare l’imprenditore di me stesso. Durante la stesura di questo secondo libro, ho avuto la fortuna di fare un’esperienza al dormitorio comunale di Aprilia, dove abito: inizialmente, come operatore sociale, ho fatto due mesi; poi sono rimasto comunque come volontario, senza prendere alcuno stipendio. Diciamo che io lo definisco un po’ il seguito di quello che mi sarebbe successo se non avessi avuto questa grande forza, questo grande risveglio.

    D. – Dopo numerosi corsi e colloqui di lavoro, è tornato a fare il ragioniere. La sua è una storia a lieto fine…

    R. – Sì, senz’altro. Ma non è perché è arrivata la vincita alla lotteria o il lavoro della vita: è solamente arrivata la consapevolezza di avere una grande forza interiore, di averla tolta dalle macerie della sofferenza. Questa forza interiore è grande e viene dalla fede: da una fede forse ritrovata, forse riscoperta, non lo so. E’ una fede che arriva ad un certo punto, o forse c’è sempre stata ma non è mai stata così approfondita ed è in questo momento di grande dolore che ho conosciuto Dio. Non sono mai stato, prima, il perfetto cattolico; però, a questo punto, in questo momento della mia vita, ho incontrato la fede.

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    La cattedrale di Siena scopre il suo straordinario pavimento marmoreo

    ◊   Fino a fine ottobre la cattedrale di Siena scopre il suo straordinario pavimento marmoreo. Abitualmente protetto dal calpestìo dei visitatori, il pavimento «più bello, grande e magnifico», così lo definì Vasari, torna a mostrarsi nei suoi 5 mila metri quadri di decorazioni realizzate con la tecnica del commesso marmoreo e disegnate tra il Trecento e l’Ottocento da prestigiosi artisti quali Beccafumi, Sassetta e Pinturicchio. Paolo Ondarza ha chiesto al Rettore dell’Opera Metropolitana di Siena Mario Lorenzoni quale sia il pregio dell’opera:

    R. - Credo che sia l’unico esempio al mondo di pavimento a commesso marmoreo. Non si tratta quindi dei soliti mosaici: il pittore - l’artista - fa un disegno su cartone. Poi vengono ritagliate (sulla base del disegno; ndr.) lastre di marmo che vengono connesse l’una all’altra. I colori dominanti sono il bianco fino al grigio scuro, per rendere i toni di chiaroscuro a certe figure; poi c’è il rosso, il giallo, il verde …

    D. - Vogliamo spendere qualche parola su quelle che sono le figure rappresentate, sulla composizione?

    R. - Le figure sono un’altra cosa straordinaria, perché tenga presente che su tutto il pavimento non c’è una singola scena del Nuovo Testamento. Il pavimento parte dalla cultura antica. La prima figura, davanti al portale centrale del duomo, è Ermete Trismegisto, grande filosofo egiziano - forse uno dei primi esempi di filosofia antica-, poi si attraversano tutte le sibille con le loro profezie, proseguendo si trova Socrate e così via. Infine, avvicinandosi all’altare maggiore - dove c’è il Santissimo - si trova David. Il disegno complessivo è: “Io rappresento a terra tutto ciò che ha preceduto ed ha portato alla venuta di Cristo”. È veramente straordinario! Tenga presente che ci sono figure che sono state disegnate dal Beccafumi, dal Pinturicchio …

    D. - Artisti di grande prestigio …

    R. - Artisti di altissimo livello. Ad esempio, la figura del Pinturicchio che rappresenta Socrate, il Monte della Sapienza, è una cosa bellissima … E’ la rappresentazione della rinuncia alle ricchezza per andare a cercare la sapienza: un cammino molto in salita ad indicare quanto sia difficile raggiungere la virtù.

    D. - Come tutelerete la conservazione del pavimento?

    R. - I visitatori non cammineranno sulle figure, ma intorno. Perché non lasciamo sempre aperto questo pavimento? Perché purtroppo il difetto di questo pavimento è che è stato fatto con marmi locali che sono assolutamente friabili.

    D. - Il pavimento resterà visibile fino al mese di ottobre; ma è previsto anche un bis per il prossimo anno?

    R. - Speriamo di si. Non è la prima volta che lo facciamo; ed ogni volta è stato un successo strepitoso. Questa volta la novità è costituita dal fatto che il sabato - al di là degli orari classici dei musei – si potrà visitare fino a mezzanotte.

    D. - Bisogna prenotarsi?

    R. - È sempre opportuno prenotarsi, perché si evitano così le file in biglietteria. Però, anche se non si prenota, non ci sono grandi attese.

    D. – Come eviterete, visto il grande afflusso di visitatori previsti, che lo spazio di culto si trasformi in un museo?

    R. - Tutta questo operazione del Duomo di Siena è fatta nel rispetto totale delle esigenze del culto. Tenga presente che questa cattedrale è straordinaria, perché Siena ha dato i natali a sette papi, ed ognuno di loro ha lasciato il proprio segno. Quindi dentro la cattedrale trova da Michelangelo al Bernini; un po’ tutta la storia dell’arte. Quindi, un’attrazione molto grande, ma non dobbiamo mai dimenticare che è una cattedrale, e che quindi le esigenze del culto vengono al primo posto.

    R. - Tanta bellezza è stata concepita proprio per aiutare i fedeli nella preghiera, nella contemplazione ….

    R. - Assolutamente si. Noi vorremmo che non prevalesse l’aspetto “museale” su quello mistico di questa cattedrale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan: prosciolto l’imam che aveva accusato falsamente di blasfemia una ragazzina cristiana

    ◊   In Pakistan, l’Alta Corte di Islamabad ha prosciolto l’imam Hafiz Mohammed Khalid Chishti arrestato l’anno scorso per aver accusato falsamente di blasfemia una quattordicenne cristiana di nome Rimsha Masih. In particolare l’aveva accusata di aver bruciato alcune pagine del Corano, un reato che prevede la pena di morte. Secondo media locali, sei testimoni oculari su otto hanno ritrattato le proprie deposizioni, facendo decadere le accuse contro il religioso di aver aggiunto pagine del Corano bruciate ad un sacchetto di spazzatura trovato in mano alla bambina. Rimsha, il cui caso aveva commosso l’opinione pubblica internazionale, era stata arrestata il 16 agosto 2102 dopo che una folla islamica si era raccolta davanti al commissariato di polizia di Ramna, alle porte della capitale pachistana, per incoraggiare gli agenti ad agire in base alle accuse dell’imam. Fu così che la ragazzina trascorse tre settimane all’interno di una delle peggiori prigioni pakistane. Peraltro, la vicenda aveva causato un massiccio esodo di famiglie cristiane dal villaggio di Mehrabadi, dove si trovava la casa della bambina. Bambina che due mesi fa, assieme ai suoi genitori, ha ricominciato la propria vita in Canada dove è riuscita a trasferirsi grazie alll'intervento di una organizzazione cristiana.

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    Siria: entrata nel Paese la missione ONU su armi chimiche

    ◊   E’ finalmente entrata in Siria la missione di esperti dell'Onu incaricata di verificare l'eventuale utilizzo di armi chimiche nel conflitto siriano. Lo ha riferito una fonte delle Nazioni Unite, spiegando che il gruppo ha attraversato il confine libanese e si dirige verso un hotel di Damasco, prima di avviare il lavoro sul campo. La missione è guidata da Ake Sellstrom, ispettore di armi chimiche già in Iraq. Intanto undici persone tra cui miliziani filogovernativi e civili, in maggioranza cristiani, sono rimasti uccisi ieri in seguito ad un attacco compiuto da ribelli ad un posto di blocco militare nella provincia di Homs. Lo rende noto l’Osservatorio nazionale per i diritti umani che riferisce anche di un altro drammatico episodio avvenuto ad Aleppo: almeno 15 civili, tra cui quattro bambini, sono morti per un bombardamento aereo governativo che ha provocato il crollo di tre edifici.

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    Filippine: recuperati 31 corpi in seguito alla collisione tra il traghetto e il cargo a largo di Cebu

    ◊   E’ salito ad almeno 31 morti e 170 dispersi il bilancio del naufragio del traghetto avvenuto venerdì sera al largo di Cebu, nel centro delle Filippine, dopo il violento scontro con una nave cargo. Il timore è che il bilancio delle vittime possa aumentare. Ieri le operazioni di soccorso sono state interrotte a causa del maltempo. A bordo del traghetto si trovavano 831 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio. I primi soccorsi hanno consentito il salvataggio di 630 persone, molte delle quali, però, versano in gravi condizioni per aver inghiottito acqua di mare contaminata dal carburante della nave affondata. Durante le operazioni di ricerca dei dispersi, i sommozzatori hanno individuato alcuni corpi attraverso gli oblò del relitto senza riuscire a recuperarli per la mancanza dell’equipaggiamento necessario. L'esatta dinamica dell'incidente non è stata ancora accertata. Secondo i vertici della Guardia costiera, una delle due navi ha violato una delle regole sulla corsia da seguire in entrata e in uscita dal porto.

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    Iran: installate 18 mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio

    ◊   L’Iran ha già installato 18 mila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Lo ha fatto sapere il capo dell’ente per l’energia atomica iraniana, Fereydun Abbasi-Davani. Citato da media locali, ha precisato che almeno 1.000 di queste centrifughe sono di nuova generazione e che dunque permettono l’arricchimento più veloce del combustibile nucleare grezzo. Intanto il neo ministro degli Esteri di Teheran Mohammad Javad Zarif si è detto pronto a riprendere i negoziati internazionali sul programma nucleare iraniano. Lo ha fatto a margine di una telefonata con il capo della diplomazia europea Catherine Ashton.

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    Siracusa si prepara a celebrare il 60.mo anniversario della Madonna delle Lacrime

    ◊   La Chiesa di Siracusa si prepara a celebrare il 60.mo anniversario della lacrimazione di Maria, avvenuta nel 1953. Tra il 29 agosto ed il primo settembre di quell’anno, infatti, un quadretto di gesso, raffigurante il cuore immacolato della Vergine, posto come capezzale del letto matrimoniale nella casa di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, cominciò a versare lacrime umane. Il fenomeno si verificò, ad intervalli più o meno lunghi, sia all’interno che all’esterno della casa. Il primo settembre, una Commissione di medici e di analisti, per incarico della Curia arcivescovile di Siracusa, dopo aver prelevato il liquido che sgorgava dagli occhi del quadretto, lo sottopose ad analisi microscopica. Il responso della scienza fu: “Lacrime umane”. Terminata l’indagine scientifica, il quadretto smise di piangere. Era il quarto giorno. Le celebrazioni avranno inizio il 29 agosto, con una Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo della città, mons. Salvatore Pappalardo, alle ore 8.00, in via degli Orti, là dove avvenne la lacrimazione. Sarà presente il card. Dario Castrillon Hoyos, presidente emerito della Pontificia commissione "Ecclesia Dei". Il giorno seguente, a presiedere la Messa sarà il card. Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, mentre il 31 agosto, sarà la volta di mons. Savio Hon Tai-Fai, segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. Infine il primo settembre sarà a Siracusa il card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. Dopo la celebrazione, verrà scoperta una lapide che ricorda la visita dell’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla: il 2 settembre del 1964, infatti, durante una pausa dei lavori del Concilio Vaticano II, il futuro Pontefice si recò a Siracusa e lasciò una firma sul registro delle presenze del Santuario. In occasione delle celebrazioni, inoltre, stata realizzata una speciale teca che custodisce il reliquiario delle lacrime di Maria, ed in particolare: un panno utilizzato per coprire il quadretto; la metà di un fazzoletto impregnato di lacrime; la provetta in cui fu riposto il liquido prelevato dagli occhi del quadretto dalla commissione scientifica nel 1953, ed alcuni batuffoli di cotone. Durante tutto il 2013, il reliquario viene portato in pellegrinaggio, dai sacerdoti del Santuario, nelle diverse parrocchie d'Italia. (I.P.)

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    Costa d’Avorio. Mons. Touably: prorogare mandato della Commissione Verità e Riconciliazione

    ◊   “Il mio auspicio è che si prolunghino i tempi di lavoro della Commissione locale Dialogo, Verità e Riconciliazione”: è quanto ha affermato il vescovo della diocesi di Agboville, mons. Alexis Touably, nella Costa d’Avorio, presidente della stessa Commissione, perché venga prorogato il mandato all’organismo attivo da 6 mesi. Per mons. Touably, riconciliare cuori feriti richiede tempo e che per far fronte ad un anno di guerra sono necessari almeno 10 anni. Il presule, riferisce il quotidiano Le Democrate, ha inoltre aggiunto che non si può parlare di insuccessi della Commissione locale Dialogo, Verità e Riconciliazione, ma piuttosto di difficoltà pratiche. Per mons. Touably la Commissione ha avuto poco tempo per portare a termine il proprio mandato che scade a settembre. Il presule ha inoltre osservato che lavorare per la riconciliazione in Costa d’Avorio significa anche tener conto della libertà di ciascun uomo, che può essere più o meno pronto ad aprire il proprio cuore agli altri. La Commissione locale Dialogo, Verità e Riconciliazione è costituita da diverse delegazioni che, ha affermato il suo presidente, talvolta alcuni si sono rifiutati di incontrare, ancora chiusi nelle sofferenze provocate dalla crisi post elettorale nel Paese. “E’ difficile – ha spiegato il presule – perché alcune persone soffrono ancora ed è assolutamente necessario permettere loro di trascendere il dolore”. Infine mons. Touably ha sottolineato l’importante compito cui è stata chiamata la Commissione locale Dialogo, Verità e Riconciliazione e lo spirito di servizio che anima quanti la compongono. (T.C.)

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    La Caritas britannica lancia il Forum per la giustizia criminale

    ◊   “Dare voce alle vittime del crimine, ma anche ai detenuti e ai loro familiari”: con questo obiettivo, la Caritas per il Sociale del Regno Unito (Csan) ha ideato un Forum per la giustizia criminale. L’organismo verrà presentato ufficialmente il 10 settembre presso la Cattedrale di San Giorgio a Southwark, quartiere di Londra. Interverranno mons. Richard Moth, delegato per la Pastorale carceraria, esponenti di altri organismi caritativi che lavorano con i detenuti, oltre ad alcune famiglie delle vittime di crimini e alcuni carcerati. Il Forum includerà non solo esponenti ecclesiali, ma anche tutti coloro che lavorano nel campo, con una particolare attenzione per il settore giudiziario e per le donne vittime di violenza. “Tutti i cattolici – spiega la Caritas – devono pensare alla giustizia criminale come causa di preoccupazione sociale, riconoscendo che la Chiesa offre non solo insegnamenti morali e sociali, ma anche un’esperienza pratica nel settore”. (I.P.)

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    I vescovi australiani: migranti, persone con diritti inalienabili

    ◊   I migranti e i rifugiati rappresentano una questione etica e non meramente economica o di sicurezza nazionale: scrive così la Conferenza episcopale australiana nel messaggio redatto in vista della Settimana nazionale per i migranti e i rifugiati. L’evento, in programma dal 19 al 25 agosto, ha come tema "Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza", scelto dall’allora Papa Benedetto XVI per 99.ma la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, celebrata il 13 gennaio scorso. Nel messaggio della Chiesa di Sydney, a firma di mons. Gerard Hanna, delegato episcopale alla Pastorale delle migrazioni, si legge: “È dovere della comunità cattolica innalzare il livello di discussione su migranti e rifugiati, allontanandolo dal dibattito meramente economico o legato alla sicurezza nazionale, per puntare invece alla dimensione etica, al bene della persona ed ai suoi diritti inalienabili”. “Il rispetto dovuto ai migranti ed ai rifugiati – continua il messaggio – comporta gravi responsabilità” ed è per questo che “i singoli individui, le parrocchie e tutti gli enti cattolici devono avviare programmi di sensibilizzazione, così da rendere note le cause delle migrazioni”. Ribadendo, poi, la necessità di “risposte efficaci” da parte delle autorità, sia locali che nazionali, mons. Hanna sottolinea che “la Chiesa non deve dimenticare la dimensione religiosa dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati, poiché essa è fondamentale nella vita di ciascuno”. Non solo: “in molti casi –evidenziano i presuli - i migranti che arrivano nei Paesi d’accoglienza provengono da comunità cattoliche giovani ed attive ed alcuni di essi, in patria, sono stati catechisti”. Per questo, mons. Hanna invita a far sì che i migranti “possano condividere con gli altri fedeli la ricchezza dalla propria fede”. Guardando, poi, alle motivazioni che spingono le popolazioni a migrare – guerre, povertà, disoccupazione, carestia, epidemie, oppressione – la Chiesa australiana indica due soluzioni: la prima implica “il delegare le responsabilità ai governi ed alle organizzazioni internazionali” e ciò comporta “la necessità di una maggiore cooperazione tra i Paesi d’origine dei migranti e i Paesi d’accoglienza”. Una collaborazione, afferma mons. Hanna, possibile solo se “la dignità della persona umana, con i diritti inalienabili che ne derivano, viene considerata un valore prioritario non negoziabile sia nei luoghi originari dei migranti che nelle nazioni che li ospitano”. Allo stesso modo, “il diritto fondamentale a richiedere asilo non deve essere mai negato a persone che temono per la propria vita, né esse dovrebbero essere incarcerate”. La seconda soluzione presentata dalla Conferenza episcopale australiana implica, invece, una domanda nel cuore di ogni fedele: “Cosa posso fare io?”. In questo modo, spiegano i vescovi, ci si può mettere nei panni dei migranti e comprendere meglio le loro difficoltà, ma anche le loro speranze. “Riflettere sulle migrazioni intese come un pellegrinaggio – si legge ancora nel messaggio – vuol dire raggiungere la consapevolezza che migranti e rifugiati lasciano le loro case con fede e speranza”. E in questo Anno della fede, conclude la Chiesa australiana, bisogna pregare affinché “fede e speranza possano ispirare le comunità cattoliche a vivere unite ed in comunione con i migranti”. (I.P.)

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    Dal 27 al 31 agosto, la diocesi di Roma in pellegrinaggio a Lourdes

    ◊   “Lourdes, una porta della fede”: questo il tema del pellegrinaggio annuale che la diocesi di Roma compirà a Lourdes dal 27 al 31 agosto. A guidare l’evento sarà il cardinale Vicario, Agostino Vallini. Una tradizione le cui origini risalgono al 1957: in quell’anno, i pellegrini si recarono nella cittadina mariana in treno; oggi, grazie all’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp), i mezzi a disposizione saranno anche la nave e l’aereo. Durante le cinque giornate di preghiera, i pellegrini potranno prendere parte alla Via Crucis, alla processione aux flambeaux, alla celebrazione eucaristica con la benedizione dei malati ed alle visite nei luoghi di Bernadette Soubirous, la giovane a cui apparve, per diciotto volte, la Vergine Maria. “Questo appuntamento è sempre molto attesospiega monsignor Liberio Andreatta, vice presidente dell’Orpperché risponde all’esigenza di ognuno di noi di trovare ascolto, conforto, riposo dalle inquietudini che agitano il cuore. La Madonna a Lourdes ci accoglie e rinnova ogni giorno in noi il messaggio di salvezza”. “Il pellegrinaggio della diocesi di Romaprosegue il presuleè il pellegrinaggio delle nostre famiglie che raggiungono la cittadina pirenaica con ogni mezzo per rinnovare, nell’attuale Anno della fede, la propria vita alla luce del Vangelo”. Ma la proposta di Lourdes si rivela sempre di grande interesse anche per le fasce d’età più giovani che sono alla ricerca di punti di riferimento spirituali e che ogni anno scelgono sempre in maggior numero di intraprendere un pellegrinaggio di questo genere”. Da segnalare che attualmente Lourdes è tornata ad affollarsi di pellegrini dopo i danni causati dalle inondazioni del mese scorso, durante le quali il fiume Gave aveva allagato anche la grotta di Massabielle. (I.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 230

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.