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Sommario del 16/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • P. Greiche: tutti in Egitto aspettavano le parole di speranza e vicinanza del Papa
  • Papa Francesco: necessaria più approfondita riflessione sulla donna. Il commento di Michelina Tenace
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: ripresi gli scontri, si teme una nuova strage nel venerdì di preghiera
  • Libano: sale la tensione dopo attentato contro Hezbollah
  • La disoccupazione diminuisce negli Usa, segnali di ripresa in Europa
  • Sudafrica: a un anno dal massacro di Marikana, richieste di perdono e nodi irrisolti
  • Il Comune di Roma cancella i corsi per famiglie. La protesta del Forum
  • Missione in Perù: 40 ragazzi italiani al servizio dei più poveri
  • Salesiani in festa per il 198.mo della nascita di don Bosco
  • La cultura non va in vacanza. D’estate aperture straordinarie dei musei
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Usa. Assemblea della Lcwr, il delegato vaticano: “Sono qui come vostro fratello e amico”
  • Siria: 14 civili morti sotto le bombe, migliaia di profughi siriani giunti in Iraq
  • India. Dedicata alla "Pacem in terris" la 30.ma edizione della Domenica della giustizia
  • Mons. Girelli in Vietnam: i cattolici contribuiscono allo sviluppo del Paese promuovendo la libertà religiosa
  • La Chiesa italiana in profonda sintonia con Papa Francesco
  • I vescovi colombiani: restituire la terra ai contadini colpiti dalla violenza delle Farc
  • Il Centro sportivo italiano raggiunge il milione di tesserati
  • Il Papa e la Santa Sede



    P. Greiche: tutti in Egitto aspettavano le parole di speranza e vicinanza del Papa

    ◊   Nell’Egitto sconvolto dalle violenze e dai timori di una guerra civile, sono arrivate come un piccolo raggio di speranza le parole di Papa Francesco all’Angelus di ieri. Un appello per la pace e il dialogo che è stato apprezzato dai cristiani ma anche dai musulmani del Paese. A sottolinearlo è padre Rafiq Greiche, portavoce dei vescovi cattolici egiziani, raggiunto telefonicamente in Egitto da Alessandro Gisotti:

    R. – The people, the Catholics and even the Orthodox and also the Muslims, as soon …
    La gente, i cattolici ma anche gli ortodossi e perfino i musulmani, non appena il Papa ha finito di parlare all’Angelus, hanno pubblicato le sue parole ovunque: su tutti i giornali, in tutti i siti web, come se tutti stessero aspettando che il Papa parlasse! In particolare i cattolici hanno sentito che il Papa è vicino a loro, che prega per loro e che cerca di infondere in loro speranza: è quello di cui veramente abbiamo bisogno.

    D. – Com’è la situazione, oggi? C’è il timore, purtroppo, di un nuovo spargimento di sangue …

    R. – Yesterday night there were many manifestations of the Muslim Brotherhood …
    Ieri notte ci sono state molte manifestazioni dei Fratelli musulmani; c'è stata violenza non solo nelle chiese ma anche nelle istituzioni: sono state incendiate anche stazioni di polizia. 40 chiese – di cui 10 cattoliche e 30 tra ortodosse, protestanti e greco-ortodosse – sono state razziate o date alle fiamme se non addirittura totalmente rase al suolo …

    D. – Come si potrà, secondo lei, trovare una via per la riconciliazione?

    R. – I am sorry to say that it is not very easy to have reconciliation because the …
    Mi dispiace tanto dover dire che non sarà molto facile arrivare alla riconciliazione, perché i Fratelli musulmani e tutti i partiti musulmani non si stanno impegnando nella ricerca di una soluzione politica... La gente vuole un Egitto pacifico, mentre un piccolo gruppo sta diffondendo violenza e terrore perfino nei più piccoli villaggi dell’Alto Egitto.

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    Papa Francesco: necessaria più approfondita riflessione sulla donna. Il commento di Michelina Tenace

    ◊   Il Papa è tornato ieri, all’Angelus dell’Assunta, a chiedere una più approfondita riflessione teologica sul “grande e importante” ruolo della donna nella Chiesa. Ne aveva già parlato durante il colloquio con i giornalisti sull’aereo, al rientro da Rio de Janeiro, affermando che oggi manca una profonda teologia della donna. Su queste parole, Sergio Centofanti ha sentito il commento della prof.ssa Michelina Tenace, docente di teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana e membro permanente del Centro Aletti:

    R. - È un invito a trattare, ad accogliere, a riflettere sulla questione della donna in termini di fede. La fede fa vedere lontano; fa vedere Gesù e come Gesù. Forse, bisognerebbe partire proprio da questo: qual è stato il volto di Gesù sul volto di una donna.

    D. - Il Papa dice: “Alla base di tutto c’è Maria”. “Maria è più importante degli Apostoli”, la donna nella Chiesa “è più importante dei vescovi e dei preti”. Cosa significa questo?

    R. - Questa è una fortissima espressione, perché - diceva già Sant’Attanasio - Dio ha voluto prendere corpo da una donna. Prendere corpo per Dio è quell’atto che per noi è diventato salvifico. Ora, l’umanità è data da Maria, perciò Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem, osa dire: l’umanità di fronte a Dio è al femminile. Come a dire: ogni volta che diamo corpo allo Spirito di Dio, ogni volta che diamo corpo per far incarnare sulla Terra, nella storia Gesù, compiamo un atto che in realtà è al femminile. Quindi, che la Madonna sia più importate degli Apostoli, in fondo, che cosa significa? Che non ci sarebbe Chiesa - la Chiesa istituzionale, quella del ministero ordinato - se non ci fosse anche quel ministero che consiste nel far venire Dio sulla Terra attraverso quell’atto di accoglienza, di consegna di sé, di generazione di un'umanità nuova che può essere solo attraverso un’accoglienza dello Spirito.

    D. - Giovanni Paolo II diceva che “la dimensione mariana antecede quella petrina, pur essendole strettamente unita e complementare” …

    R. - Certo, perché il ministero petrino, il ministero del servizio - se è un servizio - è un servizio di qualche cosa che è più importante di ciò che è il servizio. Potremmo dire che il ministero ordinato è al servizio del sacerdozio universale. Per questo motivo penso che la questione del ruolo della vocazione della donna sia veramente da ripensare in termini di vocazione e non di privilegio, di ruoli o di funzioni. La vocazione ci porta ad un servizio; il servizio è ordinato al bene del corpo, che è la Chiesa.

    D. - Papa Francesco afferma che la Chiesa è femminile, è sposa, è madre e genera figli di Dio …

    R. - Sì, genera figli di Dio. E per questo motivo la parola stessa “maternità” è da rivedere, perché la maternità è stata capita, sviluppata ed è stata compresa soltanto come quell’aspetto di generare un nuovo essere umano. Ma, se andiamo a vedere bene nella Sacra Scrittura, la fecondità che Dio dà all’umano, non è la stessa fecondità che dà agli altri esseri che sono del regno animale. La fecondità di cui parla la Sacra Scrittura è realizzarsi come immagine e somiglianza di Dio. Questa è la vera fecondità dei figli di Dio: far sì che l’altro diventi sempre più immagine e somiglianza di Dio. Dunque, questa maternità come capacità di generare figli di Dio, e la maternità fisica è ordinata a questo, ma non può essere conclusa in sé stessa come generare semplicemente nuovi esseri umani. Quindi, il futuro e la vocazione della teologia della donna - se vogliamo - dovrebbe pian piano portarci a riscoprire che le più belle figure di uomini e le più belle figure di donne che la storia ci consegna, sono figure che hanno avuto di fronte a sé un altro: le belle figure di uomini hanno avuto belle figure di donne accanto. E l’amicizia, l’amicizia spirituale, è il cammino di fede che porta le persone ad essere feconde una dell’altra.

    D. – In questo contesto, oggi si tende sempre di più ad annullare la differenza maschio-femmina in nome di un’astratta uguaglianza …

    R. - San Giovanni Crisostomo dice una cosa fortissima: Dio crea l’umano maschio e femmina perché fosse l’amore e non l’uguaglianza ad unire le persone. Allora, questo è il punto forte: la creazione maschio e femmina non può essere semplicemente rinchiusa in un racconto mitologico. La creazione maschio e femmina ci dice che cosa è Dio: Dio è amore. E l’amore può essere solo il riconoscimento dell’altro, ma dell’altro come totalmente diverso da me. Dunque, l’essere creati maschio e femmina fa sì che l’uomo è veramente creato per l’amore. E questa capacità di riconoscere il diverso durerà tutta la vita, perché a partire dal riconoscere il diverso, uomo-donna, noi impariamo a riconosce l’altro come bambino, come vecchio, come di altro colore, altra cultura … Quindi l’annullamento della diversità iniziale, che è quella uomo-donna, rende problematico il riconoscimento di ogni diversità e dunque di una cultura dell’amore.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: ripresi gli scontri, si teme una nuova strage nel venerdì di preghiera

    ◊   Sono ripresi gli scontri in Egitto: è la giornata della collera, indetta dai Fratelli Musulmani. Dopo le violenze di questi giorni, con oltre 600 morti secondo il governo - ma gli islamisti parlano di migliaia di vittime - si teme un nuovo bagno di sangue in questo venerdì di preghiera. Intanto si moltiplicano le prese di posizione della comunità internazionale. Lunedì a Bruxelles l’Unione Europea discuterà della crisi. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Egitto in fiamme. La polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti in un quartiere nella Cairo vecchia. Un agente è morto in un’imboscata nella capitale. Scontri a Tanta, nel nord del Paese, spari anche a Giza. Ad Ismaila sono 4 le vittime accertate e 11 i feriti. Dunque massima allerta in tutto il Paese, il Cairo è blindata ma manifestazioni sono segnalate anche ad Hurgada, nota località turistica sul Mar Rosso, ad Alessandria d’Egitto si scandiscono slogan all’insegna della vendetta: “il popolo – gridano - giustizierà gli assassini”. “Gli egiziani continueranno la loro resistenza pacifica – si legge in un comunicato della Fratellanza - fino a che i golpisti non se ne andranno”. Il Paese è ormai diviso in due ed è sempre più forte il rischio di guerra civile, come paventato dal presidente francese Hollande; oggi discuterà della crisi in una telefonata con la cancelliera tedesca Merkel ed il premier britannico Cameron. Lunedì a Bruxelles i rappresentanti dei 28 Paesi dell'Unione Europea discuteranno della crisi egiziana. Ieri l’Onu ha fatto appello per la fine delle violenze, mentre polemiche hanno suscitato le parole di Obama che aveva esortato le autorità egiziane a rispettare i diritti dei manifestanti. A rispondergli il presidente Mansour: “le dichiarazioni – ha affermato - possono rafforzare i gruppi armati violenti e incoraggiarli nel loro percorso anti-democratico”. Dolore per la perdita di vite umane è stato espresso dal presidente turco Gul. “Tutti i recenti incidenti in Egitto – ha aggiunto - sono una vergogna per il popolo arabo e islamico”.

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    Libano: sale la tensione dopo attentato contro Hezbollah

    ◊   In Libano, è salito a 24 morti il bilancio dell’attentato compiuto ieri con un'autobomba in un quartiere sud di Beirut, roccaforte del movimento sciita Hezbollah. Numerosi, ancora, i dispersi e i feriti in gravi condizioni. Le autorità non escludono alcuna pista, mentre il presidente israeliano Shimon Peres si è detto “sorpreso” dalle accuse del suo omologo libanese Michel Suleiman. In realtà, si teme che l’attentato sia legato alle tensioni tra sciiti e sunniti, alimentate dal confitto nella limitrofa Siria. Hezbollah è impegnato, infatti, nel vicino Paese al fianco di Assad. Per un’analisi sulle contrapposizioni regionali, Marco Guerra ha sentito Lorenzo Trombetta inviato a Beirut dell’Ansa:

    R. - È un conflitto politico-economico poi a sfondo anche confessionale che ha le sue radici non soltanto nella guerra siriana. Anzi, forse la guerra siriana è l’ultimo scenario in ordine di tempo. Quello libanese, prima di quello siriano, è uno scenario dominato da anni da una tensione fra le comunità sunnita e sciita. È dunque una questione regionale il fatto che la guerra siriana si stia tingendo sempre più di questa tensione, che è appunto la conseguenza di un clima regionale più ampio. In Iraq da molti anni sappiamo di attentati a sfondo confessionale; in Libano - appunto -non è una novità. Quello che forse è nuovo è l’escalation di violenza di queste ultime settimane, perché già nei mesi scorsi si erano avuti episodi meno gravi, ma comunque preoccupanti.

    D. - Come va letto il fatto che sono riusciti a colpire dentro una roccaforte di Hezbollah?

    R. - È un’area, quella di Bir Abed, nella periferia meridionale di Beirut, altamente controllata da Hezbollah. È molto difficile persino girare con un cellulare e provare a fotografare alcuni palazzi o alcuni angoli del quartiere; anche se si attraversa la strada in un modo diverso dal solito, spesso si viene almeno identificati o addirittura fermati come non appartenenti al quartiere. Quindi chi ha compiuto l’attentato deve aver una buona base all’interno dell’area.

    D. - Come sta reagendo il delicato mosaico nazionale libanese a queste ultime violenze?

    R. - La spaccatura è evidente da molti anni. L’unità del Paese, di fatto, più che altro, è un’unità di facciata. Il Libano complessivamente però come sistema non istituzionale, ma come equilibrio di varie comunità, sta tenendo piuttosto bene sia rispetto alle violenze interne - ripercussioni che si hanno periodicamente della questione siriana – sia rispetto all’enorme difficoltà legata all’afflusso di profughi. Ricordiamo che sono due Paesi che da secoli hanno una storia, una cultura, legami familiari, politici, ideologici molto connessi tra loro, quindi ogni volta che accade qualcosa a Damasco, le ripercussioni si hanno a Beirut e viceversa. Ecco, il Libano sta tenendo piuttosto bene, considerando il contesto i cui il Paese si trova.

    D. - Il fantasma dello zampino di Israele continua ad essere agitato in ogni conflitto inter- arabo. Stavolta non ha fatto eccezione il presidente del Libano Suleiman …

    R. - Se, come fino ad ora sappiamo, nessun dirigente di Hezbollah è stato ucciso nell’attentato, non si tratta di un omicidio politico ma di un atto terroristico, è quindi difficile puntare il dito su Israele; perché sappiamo che, nella storia recente e meno recente, ogni volta che Israele ha compiuto un attentato in Libano a danno di Hezbollah, lo ha sempre fatto per uccidere ed eliminare dei dirigenti di Hezbollah, il principale nemico di Israele nell’area. Quindi è difficile puntare il dito su Israele.

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    La disoccupazione diminuisce negli Usa, segnali di ripresa in Europa

    ◊   La notizia che gli Stati Uniti segnano un ribasso della disoccupazione si è aggiunta all’annuncio due giorni fa della fine della recessione in Europa. Le richieste di sussidi alla disoccupazione negli Stati Uniti risultano al livello più basso dal 2007, anno di inizio della crisi. Mentre nel Vecchio Continente il Pil è tornato a crescere dello 0,3%, dopo 18 mesi di dati negativi. L’Italia dà debolissimi segnali di miglioramento ma di positivo c’è che lo spread tra titoli italiani e titoli tedeschi continua a diminuire. Per capire quale fase stiamo vivendo dopo ben sei anni di crisi mondiale, Fausta Speranza ha intervistato Giovanni Ferri, docente di economia politica all’Università Lumsa:

    R. – Direi che sono dei dati positivi da applaudire. Per quanto riguarda l’Europa, è un dato forse anche più inatteso rispetto a quello americano. In Europa mi sembra una ripresa – se si conferma – più sostenibile, perché si basa su una condizione di equilibrio nei conti con l’estero o di surplus nei conti con l’estero. Per gli Stati Uniti c’è l’incognita che la ripresa continua ad avere gli Stati Uniti come dipendenti dai risparmi esteri. Nel quadro complessivo, a livello globale, comunque è un segnale importante che siano ripartite le economie avanzate – Europa e Stati Uniti – perché nel frattempo c’è un certo raffreddamento della Cina, dell’India e degli altri Paesi emergenti.

    D. – Vediamo l’Italia che continua, però, ad arrancare … sembra ferma …

    R. – L’Italia ha i suoi problemi strutturali che derivano soprattutto da una incapacità di crescita che a sua volta rende difficile gestire la stabilizzazione del debito pubblico, dell’enorme debito pubblico che abbiamo ereditato dal passato. Tuttavia, si sono abbassati i tassi di interesse anche sui titoli pubblici italiani. Questo, per far ripartire l’economia in Italia naturalmente aprirà dei margini di azione ma la spesa pubblica dovrà essere produttiva e non improduttiva, come è stata in passato.

    D. – Proprio nell’agosto di sei anni fa scoppiava la crisi, che poi ha travolto anche l’Europa: scoppiava negli Stati Uniti e, anzi, qualcuno diceva che forse l’Europa sarebbe stata immune. In definitiva, abbiamo imparato qualcosa?

    R. – Abbiamo imparato che non c’è più un paradigma unico: il mercato può sbagliare. In passato si riteneva che il mercato fosse una cosa al di sopra di ogni valore, il mercato diveniva un fine a se stesso anziché uno strumento per dare ricchezza e benessere all’umanità. Abbiamo imparato che ci sono molti modelli, molte teorie, molte assunzioni che gli economisti fanno e possono fare e quindi ci vuole maggiore diversità di pensiero.

    D. – Solo qualche settimana fa, avevamo un grande allarme per il Portogallo; adesso sembra che abbia risolto tutti i problemi. Forse c’è anche un dato di crisi raccontata di cui parlare?

    R. – Il rischio è quello di un sistema che tende a costruire panna montata, a costruire sulla base di aspettative: i mercati sono fatti così. Il diffondersi di una notizia negativa può generare un attacco speculativo su un titolo specifico. Il caso del Portogallo assomiglia un po’ a questo.

    D. – Molto diverse, invece, sono situazioni tipo la Grecia che attraversa una crisi più strutturale …

    R. – Sì, però, anche sulla Grecia abbiamo segnali abbastanza interessanti: per la prima volta, la Grecia è stata in grado di recuperare un saldo positivo delle partite correnti, cioè non dipende più dai risparmi che arrivano dall’estero. E per un Paese che è sovra-indebitato questa è la notizia migliore, se vogliamo. Quindi, ci sono le condizioni perché la Grecia possa ripartire. Ci sono le condizioni economiche e, poi, bisogna vedere se ci sono anche le condizioni politiche: si sono generate tensioni a livello sociale di natura anche nazionalistica, con il sorgere di “Alba dorata”, eccetera. E questo potrebbe pregiudicare, a livello politico, quello che invece a livello economico sembra essere una possibile uscita dalla crisi.

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    Sudafrica: a un anno dal massacro di Marikana, richieste di perdono e nodi irrisolti

    ◊   In Sudafrica, i proprietari della miniera di Marikana hanno chiesto perdono alle famiglie dei 34 minatori morti un anno fa, quando la polizia aprì il fuoco sui lavoratori in sciopero. A 12 mesi di distanza, nel Paese restano comunque tensioni e divisioni: è di pochi giorni fa la notizia dell’uccisione di una sindacalista nei pressi della stessa miniera. Il partito di governo, African National Congress, ha accusato gli avversari politici di voler strumentalizzare il ricordo dei fatti di Marikana, decidendo dunque di non prendere parte alle cerimonie. Davide Maggiore ha chiesto un’analisi della situazione a padre Gianni Piccolboni, missionario stimmatino, esperto del Paese africano:

    R. – Marikana è una delle punte d’iceberg di tutto il sistema economico e minerario sudafricano. Un po’ come fosse una miccia, ha fatto scoppiare il dramma dei lavoratori, soprattutto di quelli che lavorano “sotto terra”. Anche il partito al potere, l’Anc (African National Congress) non si è messo dalla parte dei lavoratori che hanno chiesto un aiuto ed anche un aumento del salario. Non sono stati presi in considerazione, né ascoltati. Addirittura la Commissione che è stata predisposta dall’anno scorso - per indagare sui fatti e sulle sparatorie - non ha portato a nessun risultato. Il fatto che ci siano stati altri omicidi - non solamente l’ultimo di lunedì scorso - denota una tensione, una lotta di potere che c’è in questa miniera, e non è solamente la miniera di Marikana, ma è un po’ il sistema che va in crisi.

    D. – Questo è un po’ il paradosso del Sudafrica, che è indicato a livello mondiale come una delle potenze economiche emergenti - i famosi Brics - eppure al suo interno sopravvivono queste condizioni lavorative in molti casi veramente estreme. Come si spiega questo paradosso?

    R. – Finché c’era da combattere un nemico comune, rimanevano tutti insieme ma in realtà c’è una piaga di fondo che è quella del “potere”: innalzarsi sugli alti e dimenticare da dove si viene, dimenticare le promesse fatte. Delle promesse fatte molte sono state tradite: le promesse di una casa, le attese dei lavoratori e poi la distribuzione delle terre… Tutto un sistema che questa giovane democrazia forse non è riuscita ancora ad avviare. La ricchezza del sottosuolo – che è un po’ la ricchezza di tutta l’Africa ed anche del Sudafrica – è anche un po’ la sua rovina.

    D. – Su quali fattori bisognerebbe incidere; quali questioni andrebbero affrontate per impedire che questa grande fonte di ricchezza diventi invece, come lei dice, una fonte di problemi e di rovina?

    R. – La sete di guadagno, di profitti esagerati, è un po’ dappertutto. Il dialogo con gli operai è una parola sconosciuta. Purtroppo, finché le rivendicazioni si ottengono attraverso forme violente penso non si arriverà a nulla. La visione è un po’ da cambiare. La Chiesa ci dice: “L’uomo prima di tutto”. Dove l’uomo non viene preso in considerazione, ma sono solamente persone da sfruttare a vantaggio di una piccola minoranza, è chiaro che non ci sarà mai una soluzione.

    D. – Abbiamo accennato all’Anc ai suoi cambiamenti e alle sue difficoltà. L’anno prossimo ci sono le elezioni: questo clima di tensione che ancora c’è intorno a Marikana e al settore minerario in genere, potrebbe avere degli effetti politici?

    R. – Sì. Secondo me almeno quelli che lavorano nelle miniere non daranno il loro sostegno all’Anc. Sono convinto che nelle elezioni qualcosa cambierà; forse non ci saranno numeri così alti come sono stati in passato.

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    Il Comune di Roma cancella i corsi per famiglie. La protesta del Forum

    ◊   Ancora molte incognite per quanto riguarda l'attenzione al tema della famiglia da parte del Comune di Roma. Il Campidoglio ha infatti cancellato il progetto “famiglia a 360°” affidato al Forum delle famiglie del Lazio: l’iniziativa prevedeva tra l’altro consulenze psicologiche per giovani famiglie in difficoltà e percorsi di aiuto nella gestione delle conflittualità della coppia. “Una scelta grave aver tolto un intervento mirato a combattere drammi come il femminicidio”, commenta Emma Ciccarelli, presidente del Forum delle Famiglie del Lazio. Paolo Ondarza l’ha intervistata:

    R. – C’erano degli esperti, specialisti che lavoravano sulle dinamiche genitoriali e sulla gestione anche del conflitto di coppia. L’argomento trattato veniva calato nella particolarità delle famiglie e queste si mettevano in gioco con esercitazioni proprio su quei temi. Effettivamente, intervenire sulle difficoltà della coppia, prima che degenerino, aiutare e sostenere la coppia nella fase di fragilità, sicuramente ridurrebbe eventuali drammi che si possono verificare tra coniugi così come i costi sociali che ne derivano: si pensi ai bambini che rimangono senza genitori.

    D. – Che motivazione vi siete dati per questa improvvisa decisione di cancellare i corsi per le famiglie?

    R. – In realtà siamo ancora basiti: non vorremmo pensare ad un approccio di tipo ideologico, perché la famiglia non ha colore politico, non è né di destra né di sinistra. I soldi stanziati erano di aiuto e sostegno alle famiglie. Non vorremmo che questi soldi siano stati utilizzati per altre finalità non legate alla famiglia come la “Notte bianca” di Roma o i Fori Imperiali… Ci sembra che l’amministrazione in questo momento non stia ascoltando i bisogni del territorio.

    D. – Il Comune ha risposto che i fondi sono stati dirottati per gli asili nido…

    R. – La risposta sulla stampa è stata quella. Vedremo a cosa sono serviti: ho chiesto un appuntamento sia al sindaco che all’assessore per avere un chiarimento su questi fondi. Resta il fatto che per ora non c’è stato un intervento concreto da parte dell’amministrazione. Abbiamo solo ricevuto via fax la comunicazione che il nostro corso non esiste più!

    D. – Voi denuciate anche la sospensione, almeno per il momento, da parte del Comune di Roma, del quoziente familiare...

    R. – Roma era l’unico comune sul piano nazionale che manteneva il “quoziente familiare”. Si applicava il “quoziente Roma” alle tariffe sulla nettezza urbana. Il tributo veniva modulato in base non solo all’ampiezza dell’abitazione, ma anche ai carichi familiari, ovvero il numero dei figli, delle persone anziane a carico della famiglia, dei malati, o dei disabili.

    D. – A questo punto quali sono le vostre attese e richieste?

    R. – Noi ci aspettiamo un confronto chiarificatore con l’amministrazione capitolina. Dopo di che – il danno è stato fatto – siamo disponibili a fornire comunque le nostre competenze ad essere interlocutori dell’amministrazione capitolina, qualora lo voglia, per quanto riguarda le politiche familiari.

    D. – Meditate un ricorso?

    R. – Stiamo valutando…

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    Missione in Perù: 40 ragazzi italiani al servizio dei più poveri

    ◊   Grazie al Movimento di Vita Cristiana, quaranta ragazzi italiani hanno trascorso in Perù tre settimane che hanno segnato loro la vita, aiutando la popolazione di Lima e Cañete, 140 km a Sud della capitale peruviana. Dal 2006, più di 200 studenti delle scuole cattoliche e internazionali hanno avuto la possibilità di fare questa esperienza durante l’estate. L’idea è partita da Fernando Lozada, responsabile del progetto Missioni del Movimento. Elisa Sartarelli lo ha intervistato.

    R. - Questi viaggi nascono per una mia inquietudine. Quando ho cominciato a fare l’apostolato con i giovani vedevo una specie di barriera, di blocco. I giovani che ho conosciuto in Italia - ma anche i giovani europei forse - danno tutto per scontato. La mia esperienza di conversione è stata molto legata all’esperienza del volontariato in Perù. Io sono peruviano e, insieme alla mia comunità, abbiamo detto: “Proviamo a realizzare questo progetto”. L’esperienza che fanno i ragazzi permette loro di entrare in un’altra realtà e di porsi delle domande, di aprirsi a qualcosa di più trascendente. Nel 2006, abbiamo iniziato ad organizzare questi viaggi per i giovani. Da allora fino a quest’ultima estate sono partiti più di 200 ragazzi.

    D. - Da quali città italiane provengono questi ragazzi? Quanti anni hanno?

    R. - Dato che siamo a Roma, la maggior parte dei ragazzi proviene da Roma, anche se l’anno scorso la metà proveniva da Milano. Ma sono partiti anche da Siena, dalla Svizzera italiana, da città come Lugano, qualcuno anche da Napoli. Sono ragazzi che hanno tra i 15 i 18 anni e frequentano dal primo al quarto anno di liceo.

    D. - In che modo aiutano la popolazione peruviana?

    R. - Il progetto è suddiviso in tre settimane perché, insieme alla missione esterna di aiuto ai più bisognosi, c’è una missione interna che si occupa di portare i ragazzi ad interiorizzare quello che fanno. Quindi, c’è una prima settimana di lavoro in gruppo per diversi progetti. Quest’anno abbiamo realizzato un campo da calcio, giochi per bambini per un asilo che si trova in quest’area; abbiamo costruito aree verdi e delle zone pedonali, affinché i bambini possano passeggiare, e una "grotta per la Madonna". Questo lavoro si fa con l’aiuto di gente specializzata e operai che aiutano i ragazzi. Durante la seconda settimana i ragazzi vengono divisi in gruppi di 5 o 6 persone. Ogni gruppo ha un capogruppo che viene scelto dai ragazzi stessi e bisogna costruire in sei giorni due case prefabbricate per le persone che nel 2007 hanno perso la loro abitazione a causa di un terremoto. Nella terza settimana non si fanno operazioni manuali, ma un lavoro di sostegno ai bambini poveri e malati. L’obiettivo di questa settimana è che ognuno di loro passi una giornata con questi ragazzi affinché condividano le loro vite.

    D. - Quando è prevista la prossima partenza?

    R. - Il prossimo viaggio lo faremo, come al solito, durante le vacanze estive, dal 29 giugno al 19 luglio 2014. In questi viaggi, l’esperienza non è solo quella di andare a fare qualcosa per i più bisognosi. Non basta venire a fare volontariato - puoi farlo in Perù o a Roma - se poi non c’è un riscontro reale nella tua vita quotidiana. Il vero volontariato si vive nel quotidiano con se stessi e con il prossimo.

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    Salesiani in festa per il 198.mo della nascita di don Bosco

    ◊   È festa per la famiglia salesiana. Oggi, la congregazione dei salesiani celebra il 198.mo anniversario della nascita di don Giovanni Bosco. Per l’occasione don Pascual Chavez Villanueva, rettore della Congregazione, ha celebrato la Santa Messa in memoria del santo sul Piazzale della basilica di don Bosco, vicino Asti. Daniel Ienciu ha intervistato il responsabile dell’ufficio comunicazione sociale dei salesiani, don Filiberto Gonzales:

    R. – Oggi - 16 agosto - celebriamo i 198 anni della nascita del nostro padre, Don Bosco. La nascita del nostro fondatore è per noi la "festa del padre", la festa più bella; quella dove i figli si riuniscono intorno a Lui e celebrano il padre. Per noi salesiani questa festa ha un senso molto particolare: questa celebrazione diventa per noi memoria molto ricca, fondata sulla storia di salvezza come congregazione. La festa diventa anche un dono “profetico”, cioè diventa per noi un grande impegno di rispondere fedelmente a Dio, come ha risposto Don Bosco, ed essere una congregazione che insieme alla Chiesa risponde a Dio.

    D. – In occasione del bicentenario della nascita del Santo torinese, la congregazione ha voluto dedicare un triennio di preparazione ed approfondimento. Oggi viene inaugurato il terzo anno; di cosa si tratta?

    R. – E’ un anno che noi chiamiamo “della spiritualità di Don Bosco”. Il primo anno è stato l’anno “della storia” per conoscere ed imitare Don Bosco; per fare dei giovani la nostra missione come è stata la missione di Don Bosco. Il secondo anno abbiamo visto quello che per noi nella Chiesa è molto specifico: la nostra spiritualità pedagogica. Abbiamo visto il Vangelo e presentato il Vangelo della gioia come una “pedagogia della bontà”, cioè far presente ai ragazzi che loro sono amati così come sono. Quest’anno – il terzo anno di preparazione, l’anno della “spiritualità” – vogliamo camminare proprio nella santità di Don Bosco, quella che lui ci ha insegnato: fare tutto e vivere per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, in modo particolare la salvezza dei giovani. Nel 2014 – il 16 agosto – cominceranno le celebrazioni. Questi tre anni sono anni di preparazione specifica in ogni senso: storia, pedagogia e spiritualità.

    D. – A 198 anni dalla nascita del fondatore cosa affascina oggi un giovane che vuole seguire Cristo in questo particolare carisma?

    R. – Prima di tutto l’essere “amato”: noi salesiani sentiamo che i giovani hanno bisogno di capire e sentire che sono amati ed anche noi ci sentiamo amati: amati incondizionatamente. In questo modo noi vediamo che questo punto specifico – quello di essere amato - è un punto veramente importante e che loro capiranno molto bene. Secondo punto, come vocazione è quello di essere “chiamato”: se Dio mi ama e mi chiama è perché ha fiducia in me. Dio si fida di me per trasmetterlo agli altri; non per essere più buono degli altri ma per diventare ancora più buono insieme agli altri. Il terzo punto è quello di essere “inviato”: cioè missionario insieme alla Chiesa e con la Chiesa; missionario dei giovani che va nelle periferie dove loro si trovano – periferie della vita, del non senso – per dire loro che Dio li ama. Penso che questo attiri moltissimo la vocazione di un giovane, perché è un’offerta di autenticità, di amore verso Dio e amore di Dio verso noi.

    D. – Come sono impegnati oggi i figli di Don Bosco ad affrontare i diversi tipi di disagi del mondo giovanile e cosa direbbe il Santo ai giovani d’oggi?

    R. – In questi disagi giovanili trovo la mancanza di senso, la mancanza anche di speranza. In questo, cosa ci offre il Santo torinese: per prima cosa, la gioia della vita. La vita non è una vita di sofferenza ma è una vita veramente bella perché Dio l’ha regalata a coloro che ama. Per noi dire loro che la vita è il regalo più grande e più bello che Dio ci ha fatto è dire loro che la vita ha un senso ed un futuro. Il Santo torinese, Don Bosco, offre la sua vicinanza: essere dove sono loro. Per noi infatti il criterio di vita è essere dove si trovano i ragazzi.

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    La cultura non va in vacanza. D’estate aperture straordinarie dei musei

    ◊   Il prossimo ciclo di fondi europei avrà in Italia, come asse primario, la valorizzazione dei beni culturali. E’ quanto ha affermato il ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Triglia, precisando che in questo ambito la priorità è cercare di sfruttare, al meglio, lo straordinario patrimonio del Paese. Proprio per valorizzare e riscoprire queste ricchezze, ieri è stata predisposta, nella giornata di Ferragosto, l’apertura straordinaria di molti musei e luoghi d’arte. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’apertura straordinaria di musei, gallerie, monumenti, palazzi, castelli e siti archeologici è stata un’occasione, colta ieri soprattutto da molti turisti stranieri, per trascorrere un Ferragosto speciale. Anna Maria Buzzi, direttore generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale del Ministero per i Beni e le Attività culturali:

    “Quella di Ferragosto è un’apertura che, da diversi anni, riusciamo a portare avanti, grazie all’impegno di tutto il personale dell’amministrazione che dedica grande attenzione e sacrifici, perché nelle giornate in cui solitamente la gente riposa, noi siamo ‘aperti per ferie’. Questo, per consentire a tutti di poter godere del bello e di dedicare parte del tempo libero alla riscoperta degli antichi tesori italiani. Un patrimonio, indubbiamente, di un’entità immensa che va maggiormente conosciuto per essere amato, ancor di più, dagli italiani e soprattutto dagli stranieri. Stranieri che vorremmo tornassero in massa nel nostro Paese per riconquistare quelle postazioni che avevamo un tempo. Pensate che nel 1970 l’Italia era il primo Paese come meta turistica. Ora siamo diventati quinti, preceduti da Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina che, nel 1970, era diciassettesima”.

    E per recuperare competitività e valorizzare la cultura sono necessari anche più risorse umane e maggiori fondi economici. Ma ci sono oggi le condizioni e le prospettive per potenziare questi ambiti?

    “Diciamo che si inizia ad intravedere qualche spiraglio. Il recente decreto ‘Valore Cultura’ si muove in questo senso. Pensate che fino a qualche anno fa, una finanziaria del 2008 ci aveva tolto la possibilità di incamerare persino i fondi da bigliettazione di ingresso nei musei: chi entrava nei nostri musei, non contribuiva, in qualche modo, al mantenimento del patrimonio culturale, perché i fondi tornavano nella disponibilità del Ministero del tesoro che riassegnava soltanto una piccola parte. In genere, un dieci percento di quello che incassavamo tornava a noi. Questo non ci consentiva di poter mantenere a un livello di eccellenza il patrimonio culturale. Con questo recente decreto legge è previsto che gli introiti da bigliettazione ritornino interamente al Ministero dei beni e delle attività culturali. È prevista, inoltre, anche una forma di micro-mecenatismo, cioè la possibilità di effettuare delle donazioni di modico importo - fino a cinquemila euro - attraverso delle forme particolari di agevolazione e, soprattutto, di semplificazione nel donare. In alcuni casi, era diventato anche complesso donare per sostenere il patrimonio culturale. Noi abbiamo iniziato l’ultimo sabato del mese di luglio, in via sperimentale - per ora coinvolgendo solamente una cinquantina di istituti perché non avevamo le risorse finanziarie sufficienti - ad aprire l’ultimo sabato del mese tutti i principali musei la notte, dalle 20 alle 24. E’ un orario del tutto desueto per il nostro patrimonio culturale, laddove le aperture in orari notturni sono occasionali e sporadiche. Questo, invece, vorrebbe diventare nelle nostre intenzioni un’abitudine. Certo, avessimo maggiori risorse, apriremmo magari una volta a settimana, così come fanno i principali musei europei, come il Louvre, il British … Diciamo che questo è un tiepido passo di avvicinamento agli standard dei principali musei europei. Quindi, il decreto legge ‘Valore Cultura’ credo possa dare dei contributi significativi alla valorizzazione del patrimonio culturale. Tiepidi segni di attenzione verso il patrimonio culturale si incominciano ad intravedere con questo governo e in questo periodo”.

    Può essere, inoltre, implementata e sperimentata nei luoghi d’arte anche la formula dei parchi a tema per unire la proposta culturale a quelle legate all’intrattenimento. Ancora Anna Maria Buzzi:

    “Sicuramente sì. In queste giornate che abbiamo chiamato ‘Sabato notte al museo’, noi non offriamo soltanto delle aperture dei luoghi culturali, ma anche degli spettacoli all’interno di questi luoghi. Abbiamo fatto un avviso che abbiamo pubblicato sul sito della Direzione generale della Valorizzazione, cercando di coinvolgere la partecipazione di associazioni, di persone, che vogliano intervenire con noi per rendere vivi e dinamici i luoghi della cultura, offrendo degli spettacoli al’interno dei musei o delle aree archeologiche. E sono state molteplici le adesioni che, finora, ci sono state proprio in questo senso di cultura integrata. Non è soltanto la cultura statica che può offrire un museo, ma anche quella dinamica che un concerto, uno spettacolo di recitazione, possono offrire all’interno dei luoghi culturali”.

    La prossima apertura speciale di musei e luoghi d’arte è prevista la sera di sabato 31 agosto nell’ambito del progetto “Una notte al museo”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Usa. Assemblea della Lcwr, il delegato vaticano: “Sono qui come vostro fratello e amico”

    ◊   Si conclude oggi a Orlando, in Florida, dopo cinque intensi giorni di lavori sul tema “Leadership Evolving: Graced, Grounded and Free”, l’Assemblea annuale della Conferenza delle Superiori Religiose degli Stati Uniti d’America (Leadership Conference of Women Religious - Lcwr) alla quale partecipano 825 religiose. Diversi e importanti gli argomenti all’ordine del giorno: tra questi, l’evoluzione del ruolo delle religiose americane in una società in mutamento; l’approvazione di una risoluzione sulla non violenza; le questioni relative ai flussi migratori - mentre al Congresso prosegue il dibattito sulla riforma dell’immigrazione - e l’elezione della nuova presidente e segretaria dell’associazione che rappresenta oggi circa l’80% delle oltre 57mila religiose negli Stati Uniti. Ma la riunione è stata soprattutto l’occasione per fare il punto sulla “Valutazione dottrinale” pubblicata nell’aprile 2012 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sull’attività della Lcwr e quindi sulla riforma dell’organizzazione della Conferenza per garantire un solido radicamento dottrinale della sua attività nella fede della Chiesa in una prospettiva di comunione ecclesiale. Ieri, dopo la Messa dell’Assunta, l’atteso incontro con l’arcivescovo J. Peter Sartain, delegato apostolico incaricato dal dicastero vaticano di seguire questa riorganizzazione, intervenuto martedì all’apertura dei lavori insieme al nunzio apostolico a Washington, mons. Carlo Maria Viganò. L’incontro, il primo con il plenum della Lcwr dopo una serie di faccia-a-faccia riservati svoltisi in questi mesi con la presidenza, si è svolto a porte chiuse e il suo contenuto non è stato ancora reso noto. Nel suo intervento martedì, l’arcivescovo di Seattle ha voluto sottolineare il clima di costruttiva collaborazione nel quale si sono svolti finora questi incontri, dopo le precedenti tensioni. “Sono presente come rappresentante di Papa Francesco per questa missione, ma sono qui come vostro fratello e amico”, ha quindi aggiunto. Questo pomeriggio l’atteso intervento conclusivo della presidente uscente, suor Florence Deacon, alla quale succede suor Carol Zinn, delle sorelle di San Giuseppe. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Siria: 14 civili morti sotto le bombe, migliaia di profughi siriani giunti in Iraq

    ◊   Quattordici civili, tra i quali quattro bambini e ragazzi sotto i 16 anni, sono morti in un bombardamento governativo compiuto ieri sera con mortai su una località vicino Damasco, secondo l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). L'attacco, precisa la fonte, ha colpito la cittadina di Al Mleiha, a sud-est della capitale. Altri bombardamenti sono stati compiuti stamani nei dintorni della capitale sulle località di Maddamiyet al Shaam, Beirud e Mazaaré Rankus, durante scontri tra le forze lealiste e miliziani ribelli. Gli insorti – sottolinea la fonte - mantengono importanti capisaldi nei sobborghi di Damasco, nonostante i tentativi dell'esercito, intensificatisi negli ultimi mesi, per riprendere il controllo della cintura intorno alla capitale. Intanto, migliaia di siriani in fuga sono giunti ieri nel nord dell'Iraq, nella regione del Kurdistan, ha affermato oggi a Ginevra l'alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr). Le ragioni dell'ondata, improvvisa e imponente, non sono per ora del ''tutto chiare'' e stamattina non è stato osservato un nuovo flusso di rifugiati attraversare la frontiera, ha affermato il portavoce dell'Unhcr Adrian Edwards. Il primo gruppo di siriani, circa 750 persone, hanno attraversato in mattinata il ponte Peshkhabour sul fiume Tigri, recentemente costruito, e nel pomeriggio è giunto un gruppo molto più consistente di 5.000-7.000 persone. La maggioranza sono famiglie con donne, bambini e persone anziani fuggite in prevalenza da Aleppo, Efrin, Hassake e Qamishly. Il portavoce non ha saputo precisare se i siriani sono di origine curda. L'Unhcr e altre organizzazioni sono al lavoro per fornire assistenza ai nuovi arrivati. Secondo gli ultimi dati dell'Unhcr, ad oggi, più di 1,9 milioni di siriani sono fuggiti dal conflitto per cercare rifugio nei Paesi confinanti e della regione. I due terzi sono fuggiti dall'inizio dell'anno. In Iraq sono 154mila.

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    India. Dedicata alla "Pacem in terris" la 30.ma edizione della Domenica della giustizia

    ◊   È dedicata alla Pacem in terris, l’Enciclica firmata da Giovanni XXIII proprio cinquant’anni fa, l’iniziativa Justice Sunday (Domenica della giustizia), organizzata dalla Commissione Giustizia, pace e sviluppo della Conferenza episcopale indiana. La giornata, giunta quest’anno alla 30.ma edizione, viene celebrata ogni anno nella domenica successiva al 15 agosto, festa dell’indipendenza del Paese, e quindi l’edizione 2013 si terrà il 18 agosto. Incentrata, nello specifico, sul tema “Pace in terra secondo giustizia” – spiegano i vescovi in un messaggio a firma di mons. Yvon Ambroise, presidente della Commissione – la Justice Sunday vuole essere per i fedeli un invito a pensare ad un “nuovo ordine mondiale basato sui pilastri di verità, giustizia, amore e libertà”, ed ispirato a quella “cultura della pace” raccomandata dalla Pacem in terris. “La ‘ricetta’ della pace contenuta nell’Enciclica – continuano i presuli – è molto semplice: riconoscimento della dignità umana, rispetto dei diritti di ogni persona in tutte le relazioni umane (…), dialogo come strumento di soluzione dei conflitti, preoccupazione per i massacri e le distruzioni provocate dalla guerra”. E ancora: la Chiesa indiana sottolinea come la Pacem in terris invochi la fine della corsa agli armamenti, un appello che “ha un significato ed una rilevanza speciale nel contesto indiano, poiché l’India, essendo tra i principali Paesi importatori di armi nel mondo, è una delle 24 nazioni che si è recentemente astenuta dal firmare il Trattato Onu sul commercio delle armi”. Approvato lo scorso aprile e sottoscritto, fino ad ora, da circa 70 Paesi, tale accordo punta alla trasparenza della compravendita degli armamenti, chiede di rifiutarne il commercio nei Paesi a rischio e di non rompere gli embarghi stabiliti dalle Nazioni Unite. Poi, la nota dei vescovi ricorda che, come stabilito dalla Conferenza episcopale nel gennaio dell’83, al momento dell’indizione della Justice Sunday, lo scopo dell’iniziativa è quello di “sensibilizzare individui e istituzioni alla realtà della società e rispondere alle richieste di giustizia”. Tutto, naturalmente, nell’ottica del cristianesimo, secondo il quale “i fedeli sono obbligati alla promozione della giustizia social” (Codice Diritto Canonico n. 222, 2). “L’unica via alla pace è il perdono – si legge ancora nel messaggio episcopale – Accettare ed offrire il perdono interrompe la spirale di violenza e vendetta; amare chi ci offende disarma l’avversario e trasforma il campo di battaglia in un luogo di cooperazione”. Ma attenzione, sottolinea la Chiesa indiana, “la pace non è solo un luogo silenzioso, privo di problemi: la pace è ciò che ci permette di mantenere la calma nei nostri cuori anche nei momenti difficili”. I vescovi del Paese asiatico si dicono quindi preoccupati per l’attuale situazione sociale in cui la politica e l’economia emarginano i poveri, la tutela dell’ambiente è carente, lo stile di vita predominante è quello che considera le persone come meri consumatori e si verificano casi di violenza domestica e violazioni di diritti umani. In questo contesto, ricordando anche l’esempio di Madre Teresa di Calcutta, la Conferenza episcopale indiana ribadisce che compito dei cristiani è “parlare liberamente di argomenti che il governo o altri politici potrebbero trovare sgradevoli, così da esortarli all’azione concreta”. Di qui, l’appello a far sì che la Justice Sunday sia l’occasione per ribadire “il riconoscimento, il rispetto, la salvaguardia e la promozione dei diritti umani, per costruire la pace in terra secondo giustizia”. Insieme al suo messaggio, la Chiesa indiana distribuisce anche alcuni suggerimenti per le omelie e le preghiere dei fedeli da recitare durante le Messe di domenica prossima, incluso un breve ‘decalogo’ che esorta, tra l’altro, ad evitare gesti di esclusione ed etnocentrismo, a rinunciare alla corruzione e ad essere “architetti della pace e della riconciliazione”. (A cura di Isabella Piro)

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    Mons. Girelli in Vietnam: i cattolici contribuiscono allo sviluppo del Paese promuovendo la libertà religiosa

    ◊   I cattolici vietnamiti "sono una minoranza" della popolazione, ma possono contribuire in maniera decisiva allo sviluppo della nazione promuovendo "una vera libertà religiosa e di coscienza". "Diritti umani di base", che ogni nazione al mondo "ha il dovere di rispettare". È questo l'appello rivolto ai fedeli da mons. Leopoldo Girelli, rappresentante non residente della Santa Sede, nel corso di una tre giorni di visita dal 10 al 12 agosto. Il diplomatico vaticano – riferisce AsiaNews - ha visitato la diocesi di Vinh Long, di Long Xueyn e altre aree del delta del Mekong, incontrando decine di migliaia di cattolici in festa per l'incontro con il rappresentante pontificio. A Vinh Long, circa 180 km da Ho Chi Minh City, nel sud del Vietnam, mons. Girelli ha visitato la parrocchia di My Thanh. Seconda tappa del viaggio la parrocchia di Bo Ot, nella vicina diocesi di Long Xuyen, dove ha concelebrato una Messa assieme al vescovo locale mons. Joseph Tần Xuân Tiếu e altri 30 sacerdoti, alla presenza di oltre 5mila fedeli della zona e di altre parrocchie vicine. Grande l'entusiasmo della comunità cattolica, "felice" per la visita del rappresentante di Papa Francesco, che è segno "dell'amore di Gesù in mezzo a noi". Nelle sue omelie, mons. Girelli ha invitato i fedeli a pregare e a svolgere attività di caritativa sull'esempio tracciato da Abramo "che ha obbedito alla chiamata di Dio". Il viaggio del rappresentante non residente della Santa Sede ha poi toccato la comunità di Cù Lao Giêng, nella cittadina di Gieng Isle, provincia di An Giang, culla della comunità cattolica locale, terra di missionari e di martiri, fra cui san Peter Đoàn Công Quí e di Sant'Emmanuel Lê Văn Phụng. Proprio da queste terre è iniziata l'opera di evangelizzazione del Vietnam, nazione in cui i cattolici rappresentano il 10% della popolazione. Mons. Girelli ha manifestato ammirazione e orgoglio per lo sviluppo della Chiesa vietnamita e della comunità cattolica, che ha saputo "vivere con coraggio la fede seguendo l'esempio di Abramo che ha sempre creduto nell'amore di Dio".

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    La Chiesa italiana in profonda sintonia con Papa Francesco

    ◊   In un editoriale, apparso ieri su Avvenire, mons. Mariano Crociata, segretario della Conferenza episcopale italiana, ha evidenziato la profonda sintonia tra Papa Francesco e la Chiesa in Italia. “L’avvento del nuovo Pontefice – scrive il presule - ci ha trovato in una fase ormai avanzata di attuazione degli orientamenti pastorali sull’educazione”, “dal suo magistero e dal suo stile essi ricevono l’impronta di un indirizzo originale e di un impulso coraggioso”. Inoltre, ricorda mons. Crociata, la Chiesa italiana coltiva da decenni “uno sforzo di conversione pastorale per un volto missionario delle comunità, in particolare delle parrocchie”. “Ora, però, tale impegno – prosegue - deve raccogliere un accento nuovo e pressante, che mette in guardia dalla tentazione del ripiegamento autoreferenziale”. È infatti incalzante l’invito ad aprirsi, a uscire, ad andare: “non per portare noi stessi – evidenzia mons. Crociata - né tanto meno per metterci al centro dell’attenzione”. “Il nostro andare missionario è proprio di discepoli che hanno fatto esperienza di salvezza incontrando il Signore e – sottolinea - sono rinati come persone e come comunità grazie a Lui”. Ricordando alcuni passaggi dei discorsi tenuti da Papa Francesco in Brasile, il segretario della Cei parla di “lezione magistrale” riferendosi alla visita della favela di Varginha. Qui – soggiunge – il Papa ha indicato i “pilastri fondamentali e i beni immateriali che reggono una nazione, diventando campo privilegiato di azione dei credenti: la vita, la famiglia, l’educazione integrale, la salute, la sicurezza”. “Sono queste alcune delle piste che troviamo tracciate per proseguire il cammino di Chiesa nell’Italia di oggi sotto la guida di Papa Francesco – conclude mons. Crociata - non possiamo attardarci, mentre un popolo nuovo comincia a farsi strada a passi spediti”. (B.C.)

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    I vescovi colombiani: restituire la terra ai contadini colpiti dalla violenza delle Farc

    ◊   La Conferenza episcopale colombiana, insieme con l’Acnur, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, si sta impegnando a favore dei “campesinos” costretti a lasciare le loro campagne a causa della violenza dei gruppi armati delle Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia, e dei cartelli della droga. “Le vittime hanno diritto ad una vita dignitosa e alla restituzione delle terre”: questo lo slogan della campagna lanciata che ha come obiettivo, riporta l'agenzia Misna, quello di informare le vittime degli abusi dei ribelli e tutelarle per riottenere le terre perse. La lotta alla criminalità è ad un punto di svolta in Colombia. Nel dipartimento Norte de Santander, uno dei più colpiti dalle violenze dei ribelli, il governo colombiano sta pianificando la restituzione ai legittimi proprietari di 2 milioni di ettari di terreno. Ad essere problematica è però la riconversione delle colture illegali, lo scorso 9 agosto, nella regione del Catatumbo, si è tenuta una protesta contro lo sradicamento delle colture di coca. I manifestanti, per i quali la coca è l’unico mezzo di sussistenza, hanno chiesto al governo un piano apposito proprio per convertire le coltivazioni illegali. (D.P.)

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    Il Centro sportivo italiano raggiunge il milione di tesserati

    ◊   Il Csi, Centro Sportivo Italiano, raggiunge il milione di tesserati. Fondato dall'Azione Cattolica nel 1944 è il più antico centro polisportivo ancora attivo in Italia e vanta una lunga tradizione di campioni e di primati. La crescita della realtà del Csi è stata costante negli ultimi 5 anni portando così l’associazione da oltre 800 mila iscritti nel 2008 ad oltre un milione del 2013. “A noi non interessano i numeri, ma interessa coinvolgere sempre più ragazzi e ragazze in una straordinaria esperienza di educazione alla vita”: così, in una nota, Massimo Achini presidente dell’associazione. Il Csi è nato su iniziativa della Gioventù Italiana per Azione Cattolica e si è distinto in tutti questi anni per il profondo amore per la persona umana, lo sport e i valori che allo sport sono collegati, rimanendo sempre un’associazione di ispirazione profondamente cristiana. (D.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 228

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.