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Sommario del 13/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Italia-Argentina. Papa Francesco ai calciatori: siate portatori di umanità, lo sport è un dono di Dio
  • Prandelli: la grande umanità di Papa Francesco fa bene anche al mondo del calcio
  • L'Accademia delle Scienze promuove progetto educativo globale. Alla presentazione anche Messi e Buffon
  • Tweet del Papa: essere figli di Dio e fratelli tra noi è il cuore dell’esperienza cristiana
  • Udienza del Papa all'arcivescovo eletto di Edimburgo
  • Motu Proprio. Brülhart: siamo sulla strada giusta, forte volontà di trasparenza finanziaria
  • 20.mo del Catechismo: la remissione dei peccati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Zenari: prudenza sulla sorte di p. Dall'Oglio e degli altri rapiti in Siria
  • Egitto: Fratelli musulmani in piazza, i salafiti aprono a una collaborazione col governo
  • Nuove tensioni tra Londra e Madrid su Gibilterra
  • I bambini Sahrawi, ambasciatori di pace in Italia
  • "Chi ha sete, venga a me": a Riccione, la missione di evangelizzazione in spiaggia
  • "Benvenuti a casa Chesterton": al Meeting di Rimini, una mostra sul grande polemista inglese
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria: oltre 50 morti in un doppio attacco di "Boko Haram"
  • Medio Oriente: per gli Usa gli insediamenti israeliani sono "illegittimi"
  • Keita nuovo presidente del Mali, Cissé riconosce la sconfitta
  • Zimbabwe: Mugabe attacca l'opposizione nel suo primo discorso dopo la rielezione
  • Al via a Orlando i lavori della Conferenza delle Superiori Religiose Usa
  • Messico. Il vescovo di Teotihuacán: no alla discriminazione dei popoli indigeni
  • I vescovi dell'Africa orientale si riuniranno in Malawi per parlare di nuova evangelizzazione
  • Mongolia: le Missionarie della Consolata compiono 10 anni di impegno
  • Il Papa e la Santa Sede



    Italia-Argentina. Papa Francesco ai calciatori: siate portatori di umanità, lo sport è un dono di Dio

    ◊   “Siate uomini nello sport e nella vita. Uomini, portatori di umanità”: così, Papa Francesco si è rivolto ai giocatori delle nazionali di Italia e Argentina, ricevuti stamani in Vaticano, alla vigilia dell’amichevole di domani all’Olimpico di Roma. Una partita che vuole essere un omaggio al Santo Padre, grande appassionato di calcio. Al termine dell’incontro il Papa ha chiesto preghiere per il suo ministero e perché anche lui “possa giocare una partita onesta e coraggiosa”. Il servizio di Benedetta Capelli:

    “Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole… e che sia veramente così, mi raccomando!”

    Papa Francesco fa il suo esordio con una battuta, ma tutto l’incontro con le nazionali italiana ed argentina è all’insegna della cordialità e della spontaneità. Un atteggiamento tipico del Santo Padre che stavolta “gioca” in casa, non ha infatti mai nascosto la sua passione per il calcio e in un passaggio del suo discorso ricorda l’impresa del "San Lorenzo", la sua squadra del cuore, che nel ’46 vinse il titolo grazie ad un gol dell’attaccante Pontoni. In questo contesto, però, Papa Francesco insiste su un punto specifico: la responsabilità sociale che i calciatori hanno in campo ma anche fuori:

    “Nel gioco, quando siete in campo, si trovano la bellezza, la gratuità e il cameratismo. Se a una partita manca questo perde forza, anche se la squadra vince. Non c’è posto per l’individualismo, ma tutto è coordinazione per la squadra”.

    E davanti a tanti calciatori professionisti, il Papa fortemente rilancia un pensiero:

    “'Dilettante', amateur. E’ vero che l’organizzazione nazionale e internazionale professionalizza lo sport, e dev’essere così, ma questa dimensione professionale non deve mai lasciare da parte la vocazione iniziale di uno sportivo o di una squadra: essere amateur, 'dilettante'. Uno sportivo, pur essendo professionista, quando coltiva questa dimensione di 'dilettante', fa bene alla società, costruisce il bene comune a partire dai valori della gratuità, del cameratismo, della bellezza”.

    E dunque - evidenzia il Papa – prima di essere campioni, si è uomini con pregi e difetti, con il cuore e le idee, con le aspirazioni ed i problemi:

    “E allora, anche se siete dei personaggi, rimanete sempre uomini, nello sport e nella vita. Uomini, portatori di umanità”.

    Rivolgendosi poi ai dirigenti sportivi, Papa Francesco ricorda che il calcio è diventato un business e proprio per questo esorta a lavorare perché non si perda “il carattere sportivo”:

    “Anche voi promuovete questo atteggiamento di 'dilettanti' che, d’altra parte, elimina definitivamente il pericolo della discriminazione. Quando le squadre vanno per questa strada, lo stadio si arricchisce umanamente, sparisce la violenza e tornano a vedersi le famiglie sugli spalti”.

    Parlando poi in spagnolo, il Papa esprime il suo apprezzamento per l’incontro con i calciatori e a loro chiede di “vivere lo sport come un dono di Dio, l’occasione per mettere a frutto il loro talento ma anche come responsabilità”. Poi, raccontando di una telefonata, domenica scorsa, con alcuni ragazzi che discutevano su una partita di calcio, il Papa ha ricordato:

    Ustedes son ejemplo…
    “Voi siete un esempio, un punto di riferimento. Il bene che voi fate è impressionante. Con la vostra condotta, con il vostro gioco, con i vostri valori fate bene. La gente vi guarda. Approfittatene per seminare il bene”.

    Infine, la richiesta forte e diretta ad ogni partecipante all’incontro:

    “E, per favore, vi chiedo che preghiate per me, perché anch’io, nel 'campo' in cui Dio mi ha posto, possa giocare una partita onesta e coraggiosa per il bene di tutti noi”.

    Dopo i saluti e lo scambio di doni, il Papa ha ripreso a sorpresa la parola suscitando l'applauso divertito dei presenti:

    "Ho visto che la squadra italiana, erano tutti in fila … e anche ho visto che gli argentini erano tutti … ma questo è importante, perché qui in Vaticano mi rimproverano, e dicono che io sono indisciplinato! Adesso, hanno visto la mia razza eh …" (Applausi).

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    Prandelli: la grande umanità di Papa Francesco fa bene anche al mondo del calcio

    ◊   Attesa nel mondo sportivo per l’amichevole in programma domani sera all’Olimpico di Roma tra la formazione italiana e quella argentina. Una partita in onore di Papa Francesco e all'insegna del fair play. Al microfono di Luca Collodi, l’allenatore degli "Azzurri", Cesare Prandelli, si sofferma sulla figura del Pontefice:

    R. – Da subito abbiamo percepito una grande umanità.

    D. – Siamo in tempi di crisi: questa crisi può cambiare il calcio? Se sì, in che modo…

    R. – Il periodo di crisi c’è, il calcio non so se può cambiare. Sono convinto che sono i comportamenti delle persone che possono condizionare i cambiamenti. Per quanto ci riguarda e per quanto mi riguarda, la Nazionale deve avere sempre un certo tipo di comportamento. Questa partita può essere significativa da un certo punto di vista: dato che l’estate è iniziata con polemiche, con violenza, con il "solito calcio"; noi vorremmo proporre una partita divertente, piacevole, agonisticamente forte ma con grande rispetto e con grande “fair play” in campo e sugli spalti.

    D. – Oggi nel calcio girano molti soldi mentre ci sono molte famiglie normali che spesso non ce la fanno a raggiungere la fine del mese…

    R. – Questa è una bella riflessione. Un mondo civile dovrebbe essere un mondo dove non ci dovrebbe essere una grande differenza tra chi ha la possibilità di vivere in maniera agiata e chi non ha la possibilità di arrivare a fine mese. Qualche giorno fa, in un’intervista - per smorzare un po’ i nostri sensi di colpa – dicevo che potremmo mettere a disposizione una percentuale sulle trattative, su queste cifre così alte perché, secondo me, nella vita sono le cifre basse che fanno la differenza e non quelle alte.

    D. – Con il suo arrivo alla guida degli "Azzurri", la Nazionale italiana di calcio ha sottolineato molto l’impegno sociale: impegno contro la criminalità organizzata, impegno là dove – come il terremoto in Emilia, o in Abruzzo - ci sono bisogni della gente. Proseguirete con questo stile?

    R. – Il nostro obiettivo era quello di riavvicinare la gente alla maglia azzurra, con entusiasmo, con partecipazione e con il calore che la gente deve avere nei confronti di una squadra di calcio e soprattutto nei confronti della Nazionale. I giocatori hanno sempre risposto bene, con grande sensibilità tutte le volte che abbiamo proposto qualche iniziativa. Sono convinto che la Nazionale debba far questo.

    D. – Con la Confederations Cup lei ha anticipato di qualche settimana il Papa in Brasile per la Gmg. Si tornerà in Brasile a giocare la Coppa del Mondo tra qualche mese. Che idea si è fatto delle proteste della società brasiliana?

    R. – Quando ci sono milioni di persone che manifestano, soprattutto giovani, bisogna avere una grande attenzione, una grande capacità di leggere queste proteste. Quello che abbiamo notato è che c’è troppa differenza tra chi sta bene e chi sta male.

    D. – Il calcio, lo sport in generale oggi ha ancora la forza di far dialogare i popoli e di farli incontrare…

    R. – Il calcio dovrebbe essere questo: un veicolo. Senza determinati comportamenti trasmettiamo poco.

    D. – Alcuni valori religiosi come possono arricchire il mondo dello sport e il calcio?

    R. – Personalmente penso che possano aiutare nei momenti di grandissima tensione; per capire che non bisogna prendersi troppo sul serio perché ci sono tanti altri problemi più importanti di quello che stai facendo. Bisogna poi dare un incoraggiamento a quelle squadre e nei confronti di quei giocatori che attraversano un momento di particolare difficoltà. Anche nel calcio ci possono essere momenti di sconfitta ma anche una grande solidarietà.

    D. – Un pensiero per l’Argentina, che poi è il Paese di Papa Francesco…

    R. – In Italia abbiamo talmente tanti rappresentanti argentini – più o meno 50 giocatori che giocano nel campionato italiano – e ci assomigliamo molto caratterialmente. È una Nazionale ricca di giocatori di grande talento e di grande qualità. Hanno il giocatore più forte al mondo: Messi. Per noi sarà un piacere cercare di batterli. Sono convinto che possiamo regalare uno spettacolo molto bello.

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    L'Accademia delle Scienze promuove progetto educativo globale. Alla presentazione anche Messi e Buffon

    ◊   Dopo l'udienza del Papa con i calciatori della Nazionale Italiana e Argentina, si è tenuta una conferenza stampa presso la Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze, per illustrare l’iniziativa di una nuova rete educativa globale. Presenti, tra gli altri, il cancelliere della Pontificia Accademia, mons. Marcelo Sánchez Sorondo, gli allenatori delle due nazionali, l’italiano Cesare Prandelli e l’argentino Alejandro Sabella, e i due capitani, Gianluigi Buffon e Lionel Andrés Messi. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

    Riconoscendo l’importanza dei primi risultati raggiunti dalla “Escuela de Vecinos” e dalle “Escuelas hermanas” – iniziative promosse da Papa Francesco quando era arcivescovo di Buenos Aires – la Pontificia Accademia delle Scienze intende promuovere un progetto formativo globale. Una rete educativa internazionale, tra scuole di ogni ordine e grado, per costruire una società inclusiva, in armonia con i valori universali transculturali, e sviluppare un atteggiamento di apertura all’altro. Ma anche concepire l’educazione come cammino, ritenere la cooperazione e la solidarietà al di sopra di ogni forma di egoismo competitivo, promuovere la consapevolezza ambientale, lo sviluppo sostenibile, la giustizia e la pace. Tutte le scuole che desiderano aderire a questo progetto possono iscriversi gratuitamente tramite un sito web (www.scholasoccurrentes.org).

    In conferenza stampa, il capitano della nazionale argentina, Lionel Andrés Messi, ha ricordato che il calcio lo ha portato in giro per il mondo, nei posti più incredibili. Ma quella di oggi – ha spiegato – è stata davvero “una giornata speciale, indimenticabile”. Il fuoriclasse argentino ha poi affermato che “solo con rispetto si può diventare uomini e calciatori migliori”:

    “Creo que el modelo, el que enseña ...
    Credo che il modello sia colui che insegna ai giovani il rispetto e l’umiltà, il rispetto per gli altri, a lottare per quello che uno vuole senza fare del male a nessuno e non pensare solo a se stessi, o a fare del male.... Ma soprattutto credo che il rispetto sia fondamentale per essere una persona migliore”.

    Il portiere della nazionale italiana, Gianluigi Buffon, ha affermato che “per cercare di essere un buon modello, uno sportivo deve tentare di mantenere inalterata quella vocazione che l'ha avvicinato da ragazzo alla disciplina che sta praticando”. Soffermandosi sull’incontro con Papa Francesco, ha quindi aggiunto:

    “E’ una giornata sicuramente speciale, che rimarrà impressa nelle nostre menti e nei nostri cuori per sempre. Credo che lui sia speciale, abbiamo la fortuna di avere un Papa speciale. Credo anche che finalmente si possano tradurre in fatti concreti le molte parole e i molti pensieri che ogni volta noi ci riproponiamo di fare e che poi non attuiamo mai e non mettiamo mai in pratica. Credo che con un Papa così, che ci indica la via e la strada giusta da seguire, che ci scalda il cuore, che ci scuote l’anima, credo sia un po’ più facile diventare migliori e fare cose migliori che ci possano rendere orgogliosi”.

    La partita di calcio che si terrà domani a Roma tra Italia e Argentina in onore di Papa Francesco – ha detto infine mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze - sarà anche un’occasione privilegiata per pubblicizzare questa iniziativa in favore delle future generazioni.

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    Tweet del Papa: essere figli di Dio e fratelli tra noi è il cuore dell’esperienza cristiana

    ◊   “Essere figli di Dio e fratelli tra noi: questo è il cuore dell’esperienza cristiana”: è il tweet lanciato stamani da Papa Francesco - nel giorno in cui ricorre il quinto mese di Pontificato - sul suo account in 9 lingue @pontifex, seguito da oltre 8 milioni di follower.

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    Udienza del Papa all'arcivescovo eletto di Edimburgo

    ◊   Papa Franesco ha ricevuto, stamani, in udienza in Vaticano mons. Leo Cushley, arcivescovo eletto di Edimburgo.

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    Motu Proprio. Brülhart: siamo sulla strada giusta, forte volontà di trasparenza finanziaria

    ◊   A pochi giorni dalla pubblicazione del Motu Proprio di Papa Francesco sul contrasto al riciclaggio, il direttore dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede, René Brülhart, sottolinea il grande impegno per la trasparenza che si sta portando avanti in Vaticano. Intervistato da padre Bernd Hagenkord, Brülhart si sofferma innanzitutto sul significato concreto del Motu Proprio:

    R. – Es hat sich eigentlich nichts geändert, sondern es hat eine Ergänzung gegeben …
    In realtà, non è cambiato nulla, piuttosto direi che si è trattato di un’integrazione, nel senso che la lista dei compiti dell’Aif è stata ampliata della cosiddetta vigilanza prudenziale. In altre parole: attualmente, l’Aif ha il compito di segnalare casi di riciclaggio di denaro e, conseguentemente, al momento attuale ha un compito di supervisione. Questo compito di supervisione è stato esteso.

    D. – Quindi, questo provvedimento va nella direzione di una supervisione sulle banche in termini generali [come, ad esempio, la BaFin (Bundesanstalt für Finanzleistungsaufsicht) in Germania]?

    R. – Genau. Das was wir jetzt haben, mit dem Motu Proprio und den damit …
    Esattamente. Quello che abbiamo ora, con il Motu Proprio e con le conseguenze che ne derivano, è una funzione di supervisione globale attribuita all’Aif.

    D. – Cosa controllate? Chi controllate? La cosiddetta banca vaticana, cioè l’Istituto per le Opere di Religione, e altre situazioni?

    R. – Ob das Ior wirklich eine Bank ist, sei dahin gestellt: In meinen Augen, nicht, …
    Che lo Ior sia veramente una banca, è opinabile: ai miei occhi non lo è; è piuttosto un istituto finanziario sui generis al servizio della Santa Sede. L’Aif controlla tutte le attività finanziarie eseguite dalle diverse istituzioni all’interno del Vaticano.

    D. – E quali sono, a parte lo Ior?

    R. – Es ist in erster Linie natürlich das Ior; wenn man auf den Moneyval-Bericht …
    Ovviamente, in prima linea è lo Ior; poi, se si considera il rapporto Moneyval del 2012, tra gli altri è menzionata l’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, e anche lì stiamo esaminando. Vedremo poi dove si svolgono altre attività finanziarie e intraprenderemo i passi necessari.

    D. – Ha parlato della Commissione Moneyval: da qui è venuta, in definitiva, la raccomandazione riguardo all’estensione della supervisione sulle banche. Tutto questo, poi, è in realtà un processo, ci saranno altri passi … In quale direzione evolverà tutto questo, in Vaticano?

    R. – Ich denke, an dieser Stelle dient auch ein ganz kleiner Rückblick. …
    Credo che a questo punto sia interessante fare un passo indietro. In realtà, tutto è iniziato con il primo Motu Proprio di Benedetto XVI, a cavallo tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, quando sono stati presi i primi provvedimenti: parliamo quindi di un lasso di tempo relativamente breve durante il quale si sono potuti compiere – soprattutto negli ultimi mesi – passi molto concreti. Con il nuovo Motu Proprio, è stata messa in pratica una raccomandazione molto importante di Moneyval – almeno, sono state poste le basi per la messa in pratica di tali raccomandazioni. Ora si deve pensare all’attuazione: porre le basi legali va benissimo, ma produrre poi fatti concreti, tradurre poi il tutto in pratica è tutta un’altra storia.

    D. – Quanti siete a lavorare per l’Aif? Quanto è grande il suo ufficio?

    R. – [ride] Keine Sorge: Wir sind keine Monsterbehörde, sondern wir sind …
    Non si preoccupi: non siamo un mostro burocratico! In questo momento siamo sette; vedremo come si svilupperà anche questo aspetto in futuro …

    D. – Usualmente, all’opinione pubblica arrivano – per quanto riguarda le attività finanziarie del Vaticano – sostanzialmente gli aspetti scandalistici, come è accaduto ancora recentemente. I quotidiani italiani la citano in collegamento con situazioni sospette che lei avrebbe potuto constatare, con l’aumento di casi sospetti. In questo contesto, quale significato assume il recente Motu Proprio? Dobbiamo aspettarci ancora scandali? Che cosa significa per lei?

    R. – Ich finde es ein sehr positives Zeichen, und auch einen sehr großen …
    Io trovo che sia un segno molto positivo, ed anche una grande dimostrazione di fiducia, a significare che il lavoro avviato negli ultimi mesi è impostato sulla strada giusta: sì, credo che abbiamo trovato la strada giusta. Però, ci saranno ancora determinati passi da compiere e penso che non sia opportuna un’aspettativa sbagliata. E’ fondamentale, in questo ambito, avere creato gli strumenti giusti affinché – speriamo che non accada, ma – se accadessero di nuove brutte storie o se si presentassero ancora circostanze come quelle già viste, ci siano gli strumenti adatti per intervenire in maniera concreta se non addirittura proattiva, al fine di creare poi una situazione che è quella che noi tutti vorremmo trovare.

    D. – Quindi, in definitiva, se incappiamo in certi casi è segno di successo, in realtà?

    R. – Ich glaube, man muss ehrlich sein: Überall dort, wo Finanzaktivitäten …
    Credo che sia necessario essere onesti: purtroppo – o per fortuna – siamo tutti esseri umani, e ovunque si svolgano attività finanziarie a volte succedono cose che non dovrebbero accadere in quel modo. Diventa determinante, in quei casi, disporre degli strumenti adatti per elaborare questi casi e prendere le misure necessarie. E noi siamo veramente a buon punto. E’ determinante anche svolgere un grande lavoro di formazione, una grande opera di prevenzione per poter introdurre le misure necessarie per ottenere una forte sensibilizzazione, affinché eventi simili non abbiano a ripetersi in futuro.

    D. – Un’ultima domanda: quali sono le prospettive per una futura cultura della trasparenza e formazione, in Vaticano?

    R. – Sehr positiv, weil das – glaube ich auch – mit dem Geist den man hier vorfindet …
    Molto positive: mi sembra che questo sia in sintonia con lo spirito che aleggia qui. Credo che tutti abbiano desiderio di trasparenza, di chiarezza, soprattutto di chiarezza interiore. Se possiamo contribuire a far progredire questo anche in ambito finanziario – come abbiamo fatto negli ultimi mesi – penso che allora siamo tutti sulla strada giusta.

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    20.mo del Catechismo: la remissione dei peccati

    ◊   Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica ampio spazio al tema della remissione dei peccati. Gesù, ricorda il Catechismo, ha dato alla Chiesa i Sacramenti del Battessimo e della Penitenza per mezzo dei quali possiamo essere perdonati e riconciliati con Dio. Proprio sul tema della remissione dei peccati si sofferma padre Dariusz Kowalczyk, nella 39.ma puntata del suo ciclo di riflessioni dedicate ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:

    Crediamo nella remissione dei peccati. Questo vuol dire che crediamo in Dio Salvatore. Perché soltanto Dio può rimettere i peccati. Proprio per questa ragione, quando Gesù disse al paralitico: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” gli ebrei si scandalizzarono. E “pensavano in cuor loro «Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo» (Mc 25-6). Ma Gesù diceva la verità, perché era vero uomo, ma anche vero Dio. “In lui noi abbiamo la remissione dei peccati, secondo le ricchezze della sua grazia” (Ef 1,7) - scrive san Paolo.

    Quando pensiamo a tutti i nostri peccati, sentiamo un peso di cui non possiamo liberarci da soli. E nessun altro uomo ci può dire – "Io ti assolvo da tutti i tuoi peccati". La realtà negativa del peccato fa parte della nostra vita, della nostra persona a ce la portiamo dietro. Solo Dio, il Signore di tutta la realtà, può cancellare le nostre colpe.

    Gesù ha dato alla sua Chiesa due Sacramenti per mezzo dei quali possiamo essere perdonati e riconciliati con Dio: il Battesimo e la Penitenza (cfr. CCC,977-980). Ha anche inviato i suoi Apostoli a predicare “la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47). Perciò San Paolo Apostolo esorta i Corinzi: “Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5,20).

    Il Catechismo ci ricorda il magistero della Chiesa che insegna: “Non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa” (n. 982). L’unico peccato che non può essere cancellato è quello contro lo Spirito Santo. Il Catechismo spiega che “la misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla e respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito” (n. 1864). Il mancato perdono dunque non è da parte di Dio, ma dell’uomo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Uomini prima che campioni: Papa Francesco alle nazionali di calcio di Italia e Argentina.

    In prima pagina, un editoriale di Manuel Nin dal titolo "Tomba e morte non l'hanno trattenuta": Giovanni Damasceno per la Dormizione della Madre di Dio.

    In cultura, un articolo di Salvatore M. Perrella dal titolo "Maestra di cristianesimo": nel Giorno dell'Assunzione Maria ci richiama a rendere forte la fede e sicura la speranza.

    Un articolo di Inos Biffi dal titolo "Il 'sì' che diventa offerta di sé": Maria l'ineccepibile discepola del Vangelo.

    Quel restauro che ha ridato i piedini a Gesù: Pietro Zander sulla nuova vita per la Madonna della colonna a San Pietro.

    Una storia che protegga dalla Storia: Claudio Toscani sulla Shoah dalla prospettiva della scrittrice messicana Ramona Ausubal.

    L'erede di Gaetano De Sanctis: Giuseppe Zecchini ricorda Emilio Gabba, uno dei maggiori storici italiani del ventesimo secolo, scomparso nella notte fra l'11 e il 12 agosto.

    Se cattolico non significa romano o latino: nell'informazione internazionale, Roberto Giraldo sulla missione della Chiesa greco-cattolica.

    Nell'informazione internazionale, sul negoziato israelo-palestinese, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "I passi anchilosati della pace".

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Zenari: prudenza sulla sorte di p. Dall'Oglio e degli altri rapiti in Siria

    ◊   Continuano le violenze in Siria, con dodici civili uccisi in un bombardamento compiuto ieri dalle forze ribelli nella provincia di Hama. Intanto, attivisti siriani e membri dell’opposizione hanno elaborato un road map per una riconciliazione politica, che sarà presentata domani al capo del Consiglio nazionale. E’ ancora incerta la sorte di padre Paolo Dall’Oglio, scomparso da due settimane. Ma come è oggi la situazione in Siria ad oltre due anni dall’inizio della guerra civile? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria:

    R. – Direi di male in peggio, se pensiamo a tutti gli sfollati, più di 4 milioni, che hanno dovuto abbandonare le proprie case distrutte o semi distrutte, i propri villaggi rasi al suolo, e a più di un milione e mezzo di rifugiati nei Paesi vicini. Quindi, la situazione sicuramente va peggiorando. Se pensiamo che fra tre mesi oltre a tutte queste sofferenze, oltre alla fame si farà sentire anche il freddo, allora veramente c’è da preoccuparsi seriamente. Credo che la comunità internazionale debba raddoppiare i propri sforzi per arrivare urgentemente ad una soluzione politica di questa crisi.

    D. – Accanto a questo dramma, c’è quello che stanno vivendo padre Dall’Oglio e gli altri sequestrati nel Paese...

    R. – Sì, è una piaga che da mesi colpisce tanta gente. Abbiamo i sequestri di due vescovi, di tre preti, compreso padre Paolo e qualche altra persona, e non si sa quale strategia ci sia dietro. Per esempio, per quanto riguarda i due vescovi, a quattro mesi circa dal loro sequestro non si ha nessun contatto ed è lo stesso per quanto riguarda padre Dall’Oglio: dopo due settimane ormai si è in apprensione, perché manca ogni contatto. Occorre dire però che padre Paolo Dall’Oglio in quella zona era stimato, ma è comunque una zona molto, molto calda in tutti i sensi. Vi operano vari gruppi di diversa tendenza: dai più estremisti ai più moderati, alle volte in disaccordo tra loro. Quindi, non si sa in che mani possa essere ora padre Dall’Oglio. Io tenderei, però, ad escludere, per ora, visto che non c’è niente di concreto, il peggio. Non riesco a immaginare a chi servirebbe una fine tragica di questo rapimento.

    D. – Qual è l’utilità di aver fatto trapelare ieri la notizia della presunta morte del gesuita?

    R. – Chi lo sa... Qui c’è una grande confusione, nella quale si mescolano tanti interessi. Chi sa chi può essersi giovato dal mettere in giro questa notizia? Io consiglierei la prudenza, di andare con i piedi di piombo con queste notizie, anche perché è difficile verificarle. Quindi, direi, molta, molta prudenza.

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    Egitto: Fratelli musulmani in piazza, i salafiti aprono a una collaborazione col governo

    ◊   In Egitto, al Cairo, è in corso un intervento della polizia contro una delle nuove manifestazioni che i Fratelli musulmani hanno convocato all’indomani dell’annuncio che il deposto presidente Mohammed Morsi resterà agli arresti per altri 15 giorni. Ma intanto, nelle ore in cui si attende anche la nomina dei governatori provinciali, si è spaccato il fronte della protesta. Il partito dei salafiti, al-Nour, ha dichiarato di non opporsi più ad una riforma della Costituzione. Su questo punto, Davide Maggiore ha chiesto un commento a Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale:

    R. - La risposta più facile sarebbe quella che si tratta di una mossa tattica, perché, comunque, già nel corso di questa crisi, la componente salafita ha dato prova più di una volta di agire in maniera abbastanza opportunistica e di passare da un fronte all’altro della politica egiziana. Sicuramente, in questo momento i salafiti ritengono che possa essere funzionale alla loro causa il fatto di appoggiare - seppur con alcune obiezioni - questo processo di scrittura della costituzione. Però, non è detto che alla fine poi i salafiti non si tirino indietro qualora dovessero emergere dei nuovi ostacoli, come già del resto è accaduto qualche settimana fa.

    D. - Quindi non possiamo automaticamente considerare questa mossa come un segnale di maggiore stabilità per le autorità transitorie?

    R. - Per il momento si, però non penso si possa trattare di un cambiamento definitivo che porti poi ad una stabilità strutturale del Paese. Per poter riportare l’ordine nel Paese la componente da coinvolgere nel dialogo è soprattutto quella della Fratellanza musulmana. I salafiti, in questo momento, stanno giocando un ruolo un po’ ambiguo. A loro conviene staccarsi in parte dalla Fratellanza musulmana per creare una differenziazione all’interno del mondo dell’islam politico e poter essere considerati una parte - nonostante tutto - moderata. Ds’altro canto però, questa può essere anche una mossa volta - appunto - a conquistare magari più sostegno, però poi non per forza potrà essere mantenuta. La vera componente da coinvolgere - ripeto - dovrebbe proprio essere quella della fratellanza musulmana.

    D. - L’altro annuncio importante che arrivato è quello sulla nomina dei governatori delle province; 20 dovrebbero essere nuovi …

    R. - Questa è proprio la prova di come l’attuale governo stia un po’ smantellando il sistema che era sorto l’anno scorso. Dobbiamo ricordare che il governo ha ribadito che Morsi resta in custodia cautelare. Con questa situazione, la posizione della fratellanza si è ormai polarizzata al punto tale che difficilmente arriverà a dialogare con chi, ai suoi occhi, ha deposto il loro presidente eletto.

    D. - Quali sono adesso le prospettive dei Fratelli musulmani?
    R. - Soprattutto alla luce del momentaneo coinvolgimento dei salafiti nel dialogo, loro sembrerebbero del tutto esclusi dal gioco politico. Adesso, si dovrà vedere come evolverà la situazione e se la Fratellanza accetterà di rimanere ai margini, cosa che per il momento non sta accettando. Rimanendo fuori, sicuramente continuerà a rivendicare un ruolo: fino a che gli verrà negato creerà disordine nel Paese.

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    Nuove tensioni tra Londra e Madrid su Gibilterra

    ◊   Si riaccende la tensione tra Madrid e Londra per la sovranità su Gibilterra, l’enclave del Regno Unito nell’estremo Sud della Spagna. Ad innescare il nuovo scontro, la costruzione da parte delle autorità britanniche di una barriera in mare per rafforzare la pista dell’aeroporto, ma che secondo il governo iberico danneggia i pescatori spagnoli e viola le acque territoriali. Come ritorsione Madrid ha intensificato i controlli alla frontiera e ha annunciato di valutare l'opportunità di ricorrere alla Corte internazionale dell'Aja. Ma quali soluzioni giuridiche offrono gli organismi internazionali? Marco Guerra lo ha chiesto a Natalino Ronzitti, docente di diritto internazionale all’Università Luiss:

    R. – Ci sono molti fori che potrebbero esser presi in considerazione per quanto riguarda la controversia territoriale: in primo luogo potrebbe essere la Corte internazionale di giustizia, ma per poter andare davanti alla Corte ci vuole un compromesso ed ovviamente i due Stati devono essere d’accordo. La Spagna ha impostato questa questione da tempo come una questione di decolonizzazione: Gibilterra non è il solo territorio ad avere uno status del genere; ricordiamoci anche che il Regno Unito ha seguito una politica diversa con Hong Kong che è stata restituita nel 1997 alla Cina; Hong Kong però conserva uno statuto particolare. Quindi, le soluzioni negoziali ci sono. L’altra possibilità per la Spagna è di portare la questione all’attenzione delle Nazioni Unite nell’ambito dell’Assemblea generale e trattare il problema come una questione di decolonizzazione: la Spagna sostiene che il popolo di Gibilterra non è un popolo autoctono e quindi non ha diritto di esprimersi con un referendum per l’autodeterminazione. In questo caso però il territorio fa parte della Spagna, ma deve essere trattato come una parte staccata dalla Spagna e che in questo momento ne inficia la sua integrità territoriale; mentre il Regno Unito sostiene che ci sia un trattato di cessione del 1713 e che, quindi, ha la sovranità su questo territorio. Ci sono poi altri piccoli problemi: il trattato di cessione non riguardava alcune piccole porzioni di territorio di cui si è appropriato il Regno Unito, ma a quei tempi la conquista era un modo legittimo di acquisto della sovranità territoriale a differenza di oggi.

    D. – La questione della pesca è al centro della disputa di questi giorni. Quali soluzioni offre il diritto internazionale?

    R. – Le soluzioni sono offerte dalla convenzione delle Nazioni Unite sull’estensione delle acque territoriali; quindi, se si tratta esclusivamente di una questione di pesca ma non si tratta solo di questo - ci sono dei fori specializzati, come il Tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo. I mezzi ci sono ma ovviamente ci vuole la buona volontà delle parti.

    D. – La Spagna ha paventato anche l’ipotesi di applicare un dazio molto pesante alla frontiera e sta intensificando anche i controlli…

    R. – Qui si pone un problema: credo che Gibilterra sia fuori dall’area Schengen, così come il Regno Unito; quindi, i controlli possono essere effettuati però non devono essere troppo intrusivi che finiscono per violare il principio della libera circolazione all’interno dell’Unione Europea. Sotto questo profilo la questione potrebbe essere portata addirittura di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione Europea; cosa che credo stia “adombrando” il Regno Unito.

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    I bambini Sahrawi, ambasciatori di pace in Italia

    ◊   Dal 1975, il popolo Sahrawi è diviso tra i territori del Sahara occidentale occupati dal Marocco e quelli liberati della Repubblica Araba Democratica del Sahrawi; altri vivono nei campi profughi in Algeria, da dove centinaia di bambini vengono ospiti in Italia ogni estate. Al microfono di Elisa Sartarelli, la responsabile dell’accoglienza dell’Associazione Nazionale di Solidarietà con il Popolo Sahrawi, Grazia Valenzano:

    R. - Il programma “Bambini Sahrawi, ambasciatori di pace” prevede l’accoglienza in diverse località italiane di bambini che provengono da campi profughi algerini. In particolare quest’anno sono state coinvolte circa 12 regioni oltre ad una settantina di amministrazioni locali: dai piccoli comuni ai grandi comuni, come per esempio quello di Milano, che ha partecipato quest’anno per la prima volta.

    D. – Per quanto tempo restano in Italia questi bambini e dove vengono ospitati?

    R. – I bambini restano in Italia per un periodo di due mesi, più o meno, tranne un gruppo di diversamente abili, che si ferma per circa tre mesi, perché necessita ovviamente di trattamenti per un periodo più lungo. Sono ospitati per la maggior parte in strutture messe a disposizione dai comuni delle varie località dove vengono accolti ma in alcuni casi anche presso famiglie. Si cerca di garantire a tutti loro, a rotazione, la possibilità di sperimentare questa esperienza in Italia o in Europa. Provengono dai campi di Tindouf e quindi devono fare sostanzialmente un lungo viaggio per arrivare qui da noi.

    D. – Quanti di questi bambini sono attualmente in Italia?

    R. – Sono arrivati 253 bambini, con 36 accompagnatori sahrawi che ovviamente svolgono un ruolo di facilitazione dell’accoglienza. Di questi, 69 sono diversamente abili, 24 sono celiaci e 11 partecipano ad un progetto sportivo.

    D. – Quali sono gli obiettivi principali di questo programma?

    R. – Gli obiettivi del programma sono di offrire ai bambini sahrawi la possibilità di un periodo di risposo e di svago in Italia e in Europa in generale, essendo accolti anche in vari altri Paesi europei (nei campi profughi, infatti, inizia il periodo di intenso calore, ricordiamoci che siamo in pieno deserto...); consentire ai bambini un’apertura sul mondo esterno e su realtà nuove e diverse che nei campi profughi non possono ovviamente sperimentare; offrire delle attività ricreative, culturali, sportive e artistiche; e, molto importante, anche il fatto di consentire loro un controllo dello stato di salute dei bambini e degli accompagnatori. Non ultime, le attività di sensibilizzazione e informazione della cittadinanza italiana sulla situazione dell’infanzia nei campi profughi Sahrawi. Loro, però, più in generale, sono "ambasciatori di pace", perché portano con un messaggio di pace e di impegno nei confronti della causa sahrawi.

    D. – L’auspicio è che il popolo sahrawi possa riunirsi e vivere libero in un unico territorio...

    R. – Sì, sicuramente l’auspicio è quello e l’impegno che si chiede durante tutte le iniziative di cui i bambini sahrawi sono protagonisti è proprio quello di chiedere alle amministrazioni locali, ma anche alle singole associazioni, di continuare ad impegnarsi affinché questo sogno, questo desiderio, diventi realtà.

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    "Chi ha sete, venga a me": a Riccione, la missione di evangelizzazione in spiaggia

    ◊   Prende il via oggi la missione di evangelizzazione sulle spiagge di Riccione sul tema: “Chi ha sete venga a me”. Un'iniziativa nata dieci anni fa. Saranno circa 100 i giovani chiamati a portare un messaggio di gioia e speranza nei luoghi di divertimento e di “sballo”. Ogni giorno, fino al 18 agosto, l’appuntamento in spiaggia poi la Messa e “La luce nella notte”: l’adorazione eucaristica per vivere in modo intenso l’incontro con Dio. Benedetta Capelli ha chiesto un bilancio di questa missione decennale a don Giacomo Pavanello della comunità “Nuovi Orizzonti”:

    R. - In dieci anni sappiamo che circa settecento persone tra laici, religiosi, religiose, sacerdoti e seminaristi sono passati per Riccione come missionari. Quindi, sono un patrimonio inestimabile per tutte le diocesi italiane ed anche per alcune diocesi estere, perché queste persone formate alla scuola dell’evangelizzazione in strada - e di strada -, sono tornate nelle proprie diocesi con un bagaglio ricco di esperienze per innervare di novità la pastorale ordinaria; questo è il primo dato. Come secondo dato, possiamo ricordare le migliaia di conversioni di persone che hanno ritrovato un senso di vivere, oppure, nei casi più drammatici, hanno trovato una via d’uscita ad alcune situazioni drammatiche dentro le quali erano finite.

    D. - Che cos’ha di speciale questa missione e soprattutto quali sono i momenti salienti?

    R. - Come tratto speciale e caratteristico è una missione di Chiesa, perché è realizzata da diverse realtà che lavorano insieme per il Regno di Dio. La comunità pastorale di Riccione mare - le parrocchie presenti nel territorio di Riccione -, la realtà del Punto giovane di Riccione - una realtà aggregativa giovanile -, la comunità "Nuovi Orizzonti" - con i Cavalieri della Luce che ne fanno parte - e la comunità delle "Sentinelle del Mattino di Pasqua" con sede a Firenze. Ed è bello perché sperimentiamo ormai da anni l’unità nella diversità dei carismi per un unico obiettivo. Con dei momenti specifici, avremo la Messa del 14 sera celebrata da mons. Lambiasi, vescovo di Rimini, che ci darà il mandato missionario e dal giorno successivo cominceremo ad essere presenti dal pomeriggio nelle spiagge con l’animazione.

    D. - In spiaggia, come riuscite a vincere la diffidenza di molte persone?

    R. - Con la spontaneità e con il tratto dell’ascolto perché oggi a questo mondo tutti hanno qualcosa da dirti e mai nessuno ti ascolta. Invece per noi è fondamentale andare da queste persone con l’atteggiamento interiore dell’ascolto. L’altro atteggiamento è quello della gratuità, perché anche in tal senso oggi è difficile trovare qualcuno che gratuitamente abbia qualcosa da darti, come ad esempio, del tempo. E invece il nostro desiderio è proprio quello - e anche lo sforzo per cui si fa una bella formazione - di andare con questi atteggiamenti: ascolto, accoglienza, gratuità. E la gente percepisce che non siamo lì per vendere qualcosa, per ottenere qualcosa, ma siamo semplicemente lì per regalare qualcosa per condividere un’esperienza grande.

    D. - Chi sono questi giovani missionari che concretamente poi vanno in spiaggia e che quindi si spendono per queste iniziative?

    R. - Sono ragazzi che vengono da tutta Italia; abbiamo anche una presenza dall’estero, e hanno dai 18 ai 35 anni. Provengono dai passati più differenti: abbiamo qualche sacerdote, dei seminaristi; abbiamo soprattutto laici che vengono da una vita a volte troppo normale nella quale mancava un “senso” grande che poi è stato trovato in Cristo. Abbiamo anche persone che vengono da un passato pesante, persone che appartenevano al "popolo della notte", o a quei gironi infernali di droga e altre devianze gravi che, grazie all'incontro con la fede, hanno fatto quel salto di qualità che ha significato la salvezza non solo dell’anima ma anche fisica. C’è molta sete di fede, c’è molto bisogno di scendere in campo, di darsi da fare per portare l’annuncio agli estremi confini, in quelle periferie esistenziali che il Papa ha più e più volte ci ha ricordato. A Riccione ne troviamo un bel po’.

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    "Benvenuti a casa Chesterton": al Meeting di Rimini, una mostra sul grande polemista inglese

    ◊   "Il Cielo in una stanza. Benvenuti a casa Chesterton": è il titolo dell’originale mostra che sarà ospitata dal prossimo Meeting di Rimini dedicata alla vita, al pensiero e alle opere del grande saggista e polemista inglese. Al microfono di Alessandro Gisotti, uno dei curatori della mostra, Andrea Monda, si sofferma sulla genialità sempre attuale dell’inventore dei “Racconti di padre Brown”:

    R. – Ci è sembrato giusto non fare una mostra accademica, tradizionale, ma raccontare Chesterton secondo il suo stile, secondo i luoghi della sua vita, che sono anche i luoghi della vita quotidiana di chiunque, dell’uomo comune, che è uno dei grandi temi di Chesterton. Abbiamo immaginato di raccontare dunque Chesterton attraverso la sua casa e abbiamo costruito questa casa, scoprendo - nei vari ambienti in cui si svolge la sua vita, attraverso questo percorso del quotidiano - il meraviglioso che si cela dietro il dimesso, il comune. Questo ci è sembrato in pura continuità e osservanza dello stile e del contenuto di tutta l’opera di Chesterton.

    D. – Questa mostra, come il susseguirsi di pubblicazioni, di ristampe, di riedizioni, dimostra la grande capacità di Chesterton di farsi leggere sempre...

    R. – Chesterton stesso diceva che la fede, alla quale lui è arrivato tardi – si è convertito al cattolicesimo – lo aveva salvato dalla condanna di essere semplicemente un uomo del suo tempo. La dimensione religiosa, spirituale e la fede cristiana in particolare, secondo Chesterton, riscatta l’uomo che altrimenti sarebbe semplicemente un’espressione sociologica del proprio tempo. La fede, invece, in qualche modo lo ha portato alla fonte della realtà, dell’esistenza, alle domande fondamentali, a quella ricchezza di senso che lo ha fatto interrogare, investigare – uso questo termine perché lui è il grande inventore dell’investigatore prete, padre Brown – lo ha fatto soffermare sulle domande fondamentali. Ogni lettore, quindi, di ogni generazione che incontra Chesterton potrà trovare quelle domande, che lo agiteranno, lo animeranno e lo conforteranno sempre. Ogni generazione troverà un "Chesterton dei tanti", perché è stato uno scrittore, un polemista, un giallista, un umorista, un apologeta, un pittore, un drammaturgo, un genio, dunque, poliedrico, ma – ripeto - con questa freschezza, per cui ogni giorno che una persona legge Chesterton troverà qualcosa di fresco, di attuale nel senso migliore del termine.

    D. – Tra i tanti che hanno amato e continuano ad amare Chesterton ci sono anche i Papi: Pio XI, per esempio, alla sua morte lo definì “defensor fidei”, difensore della fede; di Benedetto XVI è ben nota la predilezione per un autore che, peraltro, Ratzinger, sia da cardinale che da Papa, ha citato più di una volta... Cosa si può dire dell’attuale Pontefice?

    R. – Bergoglio è stato – prima di diventare Papa Francesco – iscritto tra i membri della società chestertoniana argentina. Al tempo stesso direi che questa non era soltanto un’adesione formale ad un circolo letterario, ma molto di più! Adesso che abbiamo cominciato a conoscere il nuovo Pontefice vediamo uno stile, un contenuto molto in linea con l’opera e la vita stessa di Chesterton: il senso del paradosso, dello humor, della meraviglia, della gratitudine, dell’allegria contagiosa contro ogni spiritualismo astratto. Questo Papa che abbraccia tutti, che accoglie tutti e che ogni giorno quasi dice: “Lasciamoci sorprendere da Dio. Dio è la grande novità che sorprende e scompiglia tutti i progetti e le idee degli uomini". Se uno legge le opere di Chesterton lo ritroverà ampiamente nei saggi come nei romanzi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria: oltre 50 morti in un doppio attacco di "Boko Haram"

    ◊   Nel Nord della Nigeria, durante le giornate di sabato e domenica scorsi, almeno 56 persone sono morte in due attacchi distinti attribuiti al gruppo ribelle "Boko Haram". Bersaglio dei ribelli, due luoghi di culto islamici, una moschea e una sala di preghiera. Nel primo attentato, avvenuto in una moschea a Konduga, nello stato di Borno, hanno perso la vita oltre 40 persone, sorprese da un commando armato mentre erano in preghiera. Il secondo attacco, in cui hanno perso la vita 12 persone, è avvenuto nel territorio tra i comuni di Konduga e Mafa, in due aule di preghiera dove erano radunati alcuni fedeli per la preghiera della sera. Dalla giornata di ieri circola un video in cui il capo di "Boko Haram", Abubakar Shekau, rivendica una serie di attacchi avvenuti nelle ultime settimane contro le forze di sicurezza del Nord-Est della Nigeria. Shekau afferma di essere in “buona salute”, nonostante l’offensiva del governo e della comunità internazionale contro il suo gruppo armato. Shekau, nel video, lancia sfide contro il presidente degli Stati Uniti, Obama. Il premier israeliano Netanyahu e il presidente francese, Hollande, e accenna ai combattimenti, attualmente in corso, al confine con il Camerun. (D.P.)

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    Medio Oriente: per gli Usa gli insediamenti israeliani sono "illegittimi"

    ◊   “Gli Stati Uniti considerano illegittimi tutti gli insediamenti israeliani in Cisgiordania”. Ad affermarlo è John Kerry, segretario di Stato americano, a due giorni dalla ripresa dei negoziati israelo-palestinesi. La dichiarazione di Kerry arriva dopo l’annuncio da parte del governo israeliano della costruzione di ulteriori 1.200 nuove abitazioni per i coloni, 942 delle quali a Gerusalemme Est. Kerry ha tuttavia specificato che l’annuncio era “previsto” e “non deve diventare un ostacolo al processo di pace”. Intanto, Il sistema di difesa anti-missile israeliano “Iron Dome” ha intercettato questa notte un razzo Grad lanciato dalla penisola del Sinai e diretto sulla città di Eilat, al confine con l’Egitto. Il razzo lanciato nella notte è stato rivendicato da un gruppo di islamisti operanti nel Sinai e voleva essere una rappresaglia per la morte di 4 quattro miliziani uccisi da un drone israeliano. (D.P.)

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    Keita nuovo presidente del Mali, Cissé riconosce la sconfitta

    ◊   Ibrahim Boubacar Keita sarà il prossimo presidente del Mali. La vittoria gli è stata riconosciuta nella notte dall’altro candidato al ballottaggio, Soumalia Cissé, anche se per avere i risultati ufficiali bisognerà attendere venerdì. Keita è stato primo ministro del Paese, lacerato negli ultimi anni da colpi di Stato e dalla ribellione islamista. Le elezioni, secondo gli osservatori dell’Unione Europea e dell’Unione Africana, sono state “credibili e trasparenti”. In una nota Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, ha rivolto un appello a tutti i candidati e i partiti “ad accettare il verdetto delle urne e a sostenere il futuro governo negli sforzi per costruire una pace duratura e restaurare l’unità nazionale”. (M.R.)

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    Zimbabwe: Mugabe attacca l'opposizione nel suo primo discorso dopo la rielezione

    ◊   Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe, ha parlato ieri per la prima volta in pubblico dopo la sua settima rielezione. Mugabe, 89 anni, 33 dei quali passati alla guida dell’ex-Rhodesia, si è scagliato contro le opposizioni sconfitte, definite come “spazzatura”. “Se qualcuno è scontento dei risultati elettorali, e non riesce a digerirli, è un problema suo”, ha detto il presidente durante la Giornata degli Eroi, che ricorda le vittime della guerra d’indipendenza, e ha poi aggiunto: “Noi non retrocederemo dalla nostra vittoria”. Mugabe respinge così le accuse del rivale Morgan Tsvangirai, che aveva parlato delle elezioni del 31 luglio come di una “enorme farsa” e ha fatto per questo ricorso alla Corte Costituzionale del Paese. (M.R.)

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    Al via a Orlando i lavori della Conferenza delle Superiori Religiose Usa

    ◊   Si aprono oggi, fino al 17 agosto ad Orlando, in Florida i lavori dell’Assemblea annuale della Conferenza delle Superiori Religiose degli Stati Uniti d’America (Leadership Conference of Women Religious - Lcwr). Alla sessione intitolata “Leadership Evolving: Graced, Grounded and Free”, sarà presente anche l’arcivescovo di Seattle, mons. Peter Sartain, delegato della Santa Sede per l’attuazione della Valutazione dottrinale delle attività della conferenza. La Valutazione è stata compiuta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 2009 al 2012, allo scopo di rimediare “ai seri problemi” posti da alcune posizioni di dissenso inconciliabili con il Magistero della Chiesa manifestate nelle Assemblee annuali dell’associazione, ad esempio in tema di contraccezione, aborto, ordinazione delle donne e di approccio pastorale all’omosessualità. Le conclusioni della Valutazione, che prevedono un programma di riforma della stessa Conferenza per garantire un solido radicamento dottrinale della sua attività nella fede della Chiesa in una prospettiva di comunione ecclesiale, sono state riconfermate lo scorso aprile da Papa Francesco. (L.Z.)

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    Messico. Il vescovo di Teotihuacán: no alla discriminazione dei popoli indigeni

    ◊   Mons. Guillermo Francisco Escobar Galicia, vescovo di Teotihuacán e responsabile della Pastorale indigena messicana, ha inviato una lettera in cui chiede di "promuovere i diritti dei popoli indigeni e lo sviluppo delle loro culture e delle comunità; riconoscere, promuovere e difendere i loro diritti alla terra, al territorio, alla loro cultura, alle loro forme di organizzazione e sistemi di governo". L’intervento, riportato dall’agenzia Fides, si inserisce nell'ambito della Giornata Mondiale dei Popoli indigeni che ha luogo a Izamal nello Yucatan, regione del Messico dove Giovanni Paolo II ha incontrato i popoli indigeni d’America l’11 agosto 1993. Il presule ha esortato ad "eliminare la discriminazione, l'intolleranza e l'abbandono di cui sono oggetto" i popoli indigeni. (D.P.)

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    I vescovi dell'Africa orientale si riuniranno in Malawi per parlare di nuova evangelizzazione

    ◊   La 18.ma assemblea plenaria della Amecea, che riunisce le conferenze episcopali dell’Africa orientale si terrà a Lilongwe, capitale del Malawi, dal 16 al 26 luglio 2014. L’Agenzia Fides riferisce che il tema dell’evento sarà “nuova evangelizzazione attraverso una vera conversione e la testimonianza della fede cristiana”. Amecea ha festeggiato nel 2011 a Nairobi i suoi 50 anni di vita: l’associazione è stata infatti fondata nel 1961. Tra le decisioni storiche prese dalle varie assemblee in questi cinque decenni, si ricordano l’istituzione nel 1976 delle Piccole Comunità Cristiane (Small Christian Communities - SCCs), oggi presenti in tutte le parrocchie della regione; l’apertura nel 1975 di un Corso di Giornalismo e Ragioneria a Nyegezi diventato poi “Università cattolica di Sant’Agostino” a Mwanza, in Tanzaina, e la l’istituzione, sempre nel 1976, del “Gaba Pastoral Institute”, oggi parte della dell’Università Cattolica dell’Africa Orientale (CUEA) aperta nel 1984 a Eldoret, in Kenya. L’Associazione ha inoltre un seminario regionale intitolato al "beato Bakanja". L'assemblea plenaria dell'Amecea si svolge ogni tre anni e riunisce oltre 250 vescovi della regione. Gli otto Paesi membri sono Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia, mentre sono affiliati Gibuti e Somalia. (M.R.)

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    Mongolia: le Missionarie della Consolata compiono 10 anni di impegno

    ◊   Compiono dieci anni le Missionarie della Consolata in Mongolia, una realtà povera in cui oltre il 20% delle persone vive con poco più di un dollaro al giorno. Una di loro, suor Sanda Garay, di origini argentine, racconta ad AsiaNews come “le persone qui in modo naturale sono alla ricerca di Dio e del significato della loro vita”. “Il cammino di evangelizzazione è partito da zero”, dice suor Garay, e “oggi si assiste a un nuovo inizio della pastorale”. La Mongolia, a lungo Paese satellite dell’ex Unione Sovietica, è un Paese difficile da evangelizzare, per storia e difficoltà climatiche. “Ovviamente, provenendo da una cultura, un clima, un paesaggio e una lingua diversa all’inizio è stata molto dura”, ha detto suor Garay, “ma in quanto missionaria, è Dio che guida e mi aiuta nel percorso di adattamento”. Secondo le ultime stime i cristiani in Mongolia sono pochi e rappresentano il 2% della popolazione, che nel maggior parte dei casi è buddhista o atea. I cattolici sono circa 900, ma hanno creato negli ultimi vent’anni centri di accoglienza per orfani, diseredati ed anziani, cliniche mediche e diverse scuole e istituti tecnici. Nella capitale, Ulan Bator, ci sono sei parrocchie e in tutta la Mongolia i missionari sono 81, di 22 nazionalità diverse. I primi due seminaristi autoctoni si stanno preparando a Daejon, nella Corea del Sud. (M.R.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 225

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.