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Sommario del 11/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: l’amore di Dio è il nostro vero tesoro, cristiani e musulmani si impegnino per il reciproco rispetto
  • Tweet del Papa: non si può separare Cristo e la Chiesa
  • Oggi in Primo Piano

  • Darfur: cento morti in scontri tra gruppi rivali, sale la tensione nell'area
  • Giornata di preghiera per il Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: Paese al collasso, spadroneggiano i ribelli del Seleka
  • Elezioni presidenziali in Mali: favorito Keita, già presidente dell'Assemblea Nazionale
  • Emergenza incendi in molte aree italiane, polemica per i tagli ai soccorsi
  • Il “caso” Washington Post. Morcellini: sempre più forte l’integrazione dei media
  • In Irlanda, il 30.mo campo estivo per disabili organizzato dall'Ordine di Malta
  • Progetto di Ecpat Italia contro il turismo sessuale in Cambogia
  • Un asilo per i bambini disabili dell’Etiopia: la nuova iniziativa di Cbm
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Yemen: cinque soldati uccisi in un attacco di Al Qaeda
  • Egitto: operazione antiterrorismo nel Sinai, 6 morti. Ancora proteste al Cairo
  • Israele: il Ministero dell'edilizia autorizza nuove costruzioni in Cisgiordania e a Gerusalemme
  • Festa di Santa Chiara: celebrazioni ad Assisi e in tutta Italia
  • Hong Kong. Il card. Tong ai nuovi catechisti: "Vivete come i primi cristiani"
  • Al via il 140.mo pellegrinaggio nazionale francese a Lourdes
  • Sri Lanka: tensione dopo l'attacco di un gruppo buddista a una moschea
  • Medici con l'Africa-Cuamm e 37 ospedali del Triveneto a sostegno delle mamme africane
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: l’amore di Dio è il nostro vero tesoro, cristiani e musulmani si impegnino per il reciproco rispetto

    ◊   Cristiani e musulmani si impegnino per il reciproco rispetto. E’ l’esortazione di Papa Francesco all’Angelus, stamani in Piazza San Pietro, gremita di fedeli nonostante il caldo. Il Pontefice ha sottolineato che l’amore di Dio è il “vero tesoro dell’uomo” che tiene unita la famiglia, dà senso alla vita e ci aiuta ad affrontare le prove. Quindi, non ha mancato di ricordare la memoria di Santa Chiara d’Assisi, “che lasciò tutto per consacrarsi a Cristo nella povertà”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    E’ l’amore di Dio il vero tesoro dell’uomo. All’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco parla dell’amore di Dio che dà senso alla nostra vita. E rivolge un pensiero speciale ai musulmani del mondo intero, che chiama “nostri fratelli”, in occasione della fine del mese di Ramadan, dedicato al digiuno, alla preghiera e all’elemosina:

    “Come ho scritto nel mio Messaggio per questa circostanza, auguro che cristiani e musulmani si impegnino per promuovere il reciproco rispetto, specialmente attraverso l’educazione delle nuove generazioni”.

    Prima del saluto ai musulmani di tutto il mondo, Papa Francesco si era soffermato sul Vangelo domenicale che ci mostra Gesù in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme, “verso la sua Pasqua di morte e risurrezione”. In questo cammino, osserva il Papa, li educa “confidando loro quello che Lui stesso porta nel cuore, gli atteggiamenti profondi del suo animo”. Questo Vangelo, soggiunge, “vuole dirci che il cristiano è uno che porta dentro di sé un desiderio grande, profondo”: incontrarsi con il Signore.

    “Il cuore che desidera … Ma tutti noi abbiamo un desiderio! Povera gente quella che non ha desiderio! Il desiderio di andare avanti, verso l’orizzonte, e per noi cristiani questo orizzonte è l’incontro con Gesù, l’incontro proprio con Lui, che è la nostra vita, la nostra gioia, quello che ci fa felici”.

    Il Papa ha, quindi, posto ai fedeli due domande: innanzitutto se abbiamo un “cuore desideroso”:

    “Tu hai un cuore che desidera, o hai un cuore chiuso, un cuore addormentato, un cuore anestetizzato per le cose della vita? Il desiderio: andare avanti all’incontro con Gesù. E, la seconda domanda: dov’è il tuo tesoro, quello che tu desideri? - Perché Gesù ci ha detto: ‘Dov’è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuore’ - e io domando: 'Dov’è il tuo tesoro? Qual è per te la realtà più importante, più preziosa, la realtà che attrae il mio cuore come una calamita?”.

    Cosa attrae il nostro cuore, ha domandato ancora il Papa: “Posso dire che è l’amore di Dio? Che è la voglia di fare il bene agli altri? Di vivere per il Signore e per i nostri fratelli?”:

    "Ma qualcuno può dirmi: Padre, ma io sono uno che lavora, che ha famiglia, per me la realtà più importante è mandare avanti la mia famiglia, il lavoro… Certo, è vero, è importante. Ma qual è la forza che tiene unita la famiglia? E’ proprio l’amore, e chi semina l’amore nel nostro cuore è Dio, l’amore di Dio: è proprio l’amore di Dio che dà senso ai piccoli impegni quotidiani e anche aiuta ad affrontare le grandi prove. Questo è il vero tesoro dell’uomo. Andare avanti nella vita con amore, con quell’amore che il Signore ha seminato nel cuore, con l’amore di Dio. E questo è il vero tesoro".

    L’amore di Dio, ha poi sottolineato, “non è qualcosa di vago, un sentimento generico; l’amore di Dio ha un nome e un volto: Gesù Cristo”:

    “L’amore di Dio si manifesta in Gesù. Perché noi non possiamo amare l’aria … Amiamo l’aria? amiamo il tutto? No, non si può! Amiamo persone, e la persona che noi amiamo è Gesù, il dono del Padre fra noi. E’ un amore che dà valore e bellezza a tutto il resto; un amore che da forza alla famiglia, al lavoro, allo studio, all’amicizia, all’arte, ad ogni attività umana”.

    E’ un amore, ha aggiunto, che “dà senso anche alle esperienze negative, perché ci permette, questo amore, di andare oltre queste esperienze", "di non rimanere prigionieri del male, ma ci fa passare oltre, ci apre sempre alla speranza”.

    “Ecco, l’amore di Dio in Gesù sempre ci apre alla speranza, a quell’orizzonte di speranza, all’orizzonte finale del nostro pellegrinaggio. Così anche le fatiche e le cadute trovano un senso. Anche i nostri peccati trovano un senso nell’amore di Dio, perché questo amore di Dio in Gesù Cristo ci perdona sempre, ci ama tanto che ci perdona sempre”.

    Il Papa non ha, poi, mancato di ricordare la memoria di Santa Chiara che, ha rammentato, sulle orme di San Francesco d’Assisi “lasciò tutto per consacrarsi a Cristo nella povertà”:

    “Santa Chiara ci dà una testimonianza molto bella di questo Vangelo di oggi: ci aiuti lei, insieme con la Vergine Maria, a viverlo anche noi, ciascuno secondo la propria vocazione”.

    Infine, un pensiero alla Solennità dell’Assunta, il prossimo giovedì. “Pensiamo a nostra Madre che è arrivata in Cielo con Gesù – ha detto – e quel giorno facciamo festa per Lei”.

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    Tweet del Papa: non si può separare Cristo e la Chiesa

    ◊   “Non si può separare Cristo e la Chiesa. La grazia del Battesimo ci dà la gioia di seguire Cristo nella e con la Chiesa”: è questo il tweet lanciato, stamani dopo l’Angelus, da Papa Francesco sul suo account in nove lingue @pontifex, seguito da oltre 8 milioni di follower.

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    Oggi in Primo Piano



    Darfur: cento morti in scontri tra gruppi rivali, sale la tensione nell'area

    ◊   Ancora violenze nel Darfur: sono circa 100 i morti provocati dagli scontri tra due gruppi rivali, nell’Est di questa regione del Sudan. I nuovi combattimenti si inseriscono in un contesto difficile anche dal punto di vista umanitario, vista la guerra civile che da anni attraversa l’area. Il servizio di Davide Maggiore:

    La tensione è ancora alta, gli uomini sono radunati dall’una e dall’altra parte. È quanto sostengono alcune fonti locali, secondo cui nuove violenze potrebbero avvenire nelle prossime ore. Quanto al numero delle vittime degli ultimi scontri, un componente della popolazione dei "Rezeigat" ha spiegato che i combattenti hanno attaccato e distrutto una base dei rivali "Ma’alia", uccidendone 70, ma perdendo a loro volta 30 uomini. Secondo l’altra fazione i morti tra i nemici sarebbero invece stati 40. Gli scontri si inseriscono in un contesto di tensioni crescenti, provocate da furti di bestiame, attacchi ai villaggi e omicidi. Negli ultimi giorni si era sperato in una soluzione pacifica delle dispute e alcuni leader locali avevano richiesto un intervento del governo centrale di Khartoum. Proprio le truppe sudanesi, però, combattono nell’area una guerra ormai decennale con varie sigle ribelli. Due differenti accordi, l’ultimo dei quali siglato in Qatar nel 2011, non sono riusciti a fermare le ostilità. Queste e gli scontri tribali, secondo la missione internazionale di pace presente nell’area, hanno provocato dall’inizio dell’anno oltre 300 mila sfollati.

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    Giornata di preghiera per il Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: Paese al collasso, spadroneggiano i ribelli del Seleka

    ◊   Domani, nella Repubblica Centrafricana, si celebra la Giornata nazionale di preghiera per la pace indetta dai leader religiosi locali. Il Paese è sprofondato nella violenza e nell’insicurezza dopo la cacciata del presidente Bozizé da parte dei ribelli della coalizione "Seleka". L’Onu ha affermato che nel Centrafrica ormai non esistono più sistema giudiziario, polizia e servizi sociali: il segretario generale Ban Ki-moon ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di varare delle sanzioni mirate contro i ribelli. Preoccupa molto anche la situazione umanitaria, come spiega – al microfono di Thomas Chabolle – l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga:

    R. – La grande préoccupation humanitaire actuellement c’est …
    La grande preoccupazione, in ambito umanitario, in questo momento riguarda la sanità: da tanti mesi molte persone si sono rifugiate nelle foreste; alcune di loro sono malate di aids: possono sopravvivere solo se curate con gli antiretrovirali e invece sono costrette a nutrirsi di radici. In tanti stanno morendo. Ci sono persone che sono state morse dai serpenti e a causa dell’insicurezza che regna nelle città non possono venire in ospedale, ma anche se venissero, troverebbero i medici ma non i medicinali. Poi c’è il problema dell’istruzione: sono molti i ragazzi che non possono più andare a scuola.

    D. – C’è poi anche la situazione drammatica di molti rifugiati stranieri in Centrafrica …

    R. – Comme vous le savez …
    Come lei sa, ci sono i profughi che vengono dalla Repubblica Democratica del Congo, poi ci sono i profughi sudanesi … Nella situazione attuale, questi rifugiati si sentono abbandonati. Alcuni sono costretti a vendere i vestiti e le pentole per poter comprare cibo e acqua … In quale catastrofe, in quale dramma abbiamo precipitato questi esseri umani quando invece avremmo dovuto aiutarli! Queste persone finora hanno potuto sopravvivere grazie all’intervento delle Ong, ma ora, nell’attuale situazione di insicurezza, tutte le organizzazioni umanitarie se ne sono andate e queste persone sono abbandonate a loro stesse …

    D. – I miliziani del "Seleka" continuano a saccheggiare e spadroneggiare indisturbati nel Paese: chi li comanda?

    R. – Le Séléka est composé de plusieurs groupes …
    "Seleka" è composto di diversi raggruppamenti e ciascuno ha alla sua testa propri responsabili ma non esiste una vera gerarchia tra di loro. Si comportano come dei “signori della guerra”, come se non dovessero rendere conto al governo di Bangui. Ma è giunto il momento di riportare l’ordine e affrontare il vero problema del Paese: la sicurezza, ridare alla gente la possibilità di vivere normalmente. Oggi ci sono tanti ragazzi che girano con le armi: bisogna disarmarli! Ci sono troppe persone che hanno paura di andare a lavorare nei campi e che per questo rimangono a casa, a girare a vuoto … e così la carestia è in agguato per noi tutti.

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    Elezioni presidenziali in Mali: favorito Keita, già presidente dell'Assemblea Nazionale

    ◊   In Mali è giornata di ballottaggio per la scelta del prossimo presidente. Si contendono la più alta carica dello Stato Ibrahim Boubacar Keita e Soumaila Cissé. Favorito il primo, 68 anni, già presidente dell’Assemblea Nazionale, anche se Cissé, ex ministro delle Finanze, si dice sicuro della vittoria, pur partendo da un minor consenso popolare nel primo turno. Sullo sfondo di questo voto le reciproche accuse di brogli e il recente conflitto scatenato al Nord dai tuareg e da gruppi fondamentalisti. Per un’analisi del voto, Giancarlo La Vella ha sentito Angelo Inzoli, giornalista esperto di Africa:

    R. – Chiaramente sono due candidati molto diversi: Cissé è un uomo del Nord, ma è anche un uomo che è stato poco presente nella sua ultima vita politica. È stato più un uomo di “apparato” anche se forse rappresentava una novità. Probabilmente non ha quel carisma che invece sembrerebbe avere Boubacar Keita, il quale probabilmente è riuscito a coinvolgere e a recuperare tutti quelli che sono stati impegnati a risolvere la crisi militare che ha sconvolto il Paese nell’ultimo periodo.

    D. – Tra le sfide che il vincitore dovrà affrontare c’è quella di dialogare con quelle forze che hanno scatenato gli ultimi rivolgimenti avvenuti nel Paese…

    R. – Certamente. Il primo problema è ritrovare un minimo di ordine, perché questi Paesi restano legati ad un’agricoltura di sussistenza che viene “sfigurata” quando ci sono queste instabilità politiche. Poi bisognerà recuperare un dialogo anche con i tuareg del Nord e la loro realtà. Penso che entrambi i candidati hanno questa capacità.

    D. – Tra le emergenze c’è anche il far fronte ad una possibile islamizzazione che frange fondamentaliste stanno tentando nei confronti del Mali?

    R. – E’ il punto interrogativo di tutta la regione. La mia impressione resta sempre quella che queste frange molto radicali non godano di un reale appoggio da parte delle popolazione. Tutto starà nella capacità di dare una risposta ad un’esigenza di maggiore autonomia; c’è soprattutto un problema della risposta e di una maggiore gestione anche del Nord del Paese. Delle soluzioni ci sono.

    D. – Con quale spirito la comunità internazionale guarda a questo ballottaggio?

    R. – C’è molta preoccupazione. La comunità internazionale - soprattutto la Francia - tifa per un buon risultato sperando che tutto vada bene, ma anche consapevole che comunque una soluzione di queste crisi rimane sempre ed unicamente nel contesto interno; considerando che buona parte del Paese è comunque fuori da un controllo statale. C’è molta speranza che questa stabilità politica possa creare delle condizioni per superare una situazione di turbamento, perché si teme che la zona subsahariana diventi in qualche modo un nuovo Afghanistan.

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    Emergenza incendi in molte aree italiane, polemica per i tagli ai soccorsi

    ◊   Sardegna, Sicilia ma anche Calabria e Friuli. Sono queste le regioni più colpite dagli incendi degli ultimi giorni che hanno provocato feriti e danni ingenti. Intanto, da più parti si sollevano critiche ai tagli che hanno ridotto i mezzi e il personale antincendio. Al microfono di Luca Collodi il commento di Mauro Capone, responsabile dei servizi antincendi boschivi del Corpo Forestale dello Stato:

    R. - Purtroppo dai dati che abbiamo in nostro possesso da 40 anni, possiamo dire che dietro il 99 per cento degli incendi c’è la mano dell’uomo...

    D. - Perché si va ad incendiare i boschi?

    R. - Devo dire che le motivazioni sono davvero molto varie. Parlando degli incendi dolosi, quindi dove c’è la vera volontà di creare il danno, si va dalla vera e propria malattia, come la piromania, ovvero il bisogno psicologico di creare incendi, a quelli che sono interessi economici che possono essere legati al pascolo, alla caccia o magari alla lotta locale contro vincoli imposti dagli enti parco o da altre istituzioni, fino alla vera e propria criminalità organizzata che spesso, purtroppo, anche per effetti collaterali, come la distruzione di discariche abusive, innescano incendi.

    D. - Le istituzioni che armi hanno per contrastare questo tipo di criminalità?

    R. - Per gli incendi boschivi è stato creato un apposito reato del Codice penale con pene anche molto severe, parliamo fino a 15 anni di reclusione. In questo senso, il corpo forestale svolge un’attività di investigazione molto spinta. Per esempio, so che quest’anno ha già portato alla denuncia di oltre cento persone. Talvolta viene un po’ sottovalutato come reato, perché non si tiene conto degli effetti, oltre che di pericolo per le persone e per le cose, e dei danni che si provocano all’ambiente, quindi alla biodiversità, ai serbatoi di carbonio e al recupero della funzionalità molto complessa dei boschi italiani.

    D. - In questo momento la situazione degli incendi boschivi in Italia qual è?

    R. - In questi giorni abbiamo un aumento significativo di incendi: questo è il momento clou di questa prima parte della stagione; parliamo di circa 70-80 incendi al giorno. In realtà, in questi primi sette mesi del 2013 i numeri registrati sono molto inferiori - abbiamo avuto una riduzione del 50 per cento degli incendi rispetto all’anno passato - anche a seguito delle condizioni climatiche del mese di luglio. Purtroppo temiamo un agosto e un settembre molto caldi.

    D. - Qualcuno dice che i canadair non bastano …

    R. - È ovvio che la lotta agli incendi boschivi è un grosso problema e richiede tante forze. Anche l’anno scorso fu lanciato un segnale d’allarme da parte del prefetto Gabrielli proprio perché è un’emergenza ma, in realtà, è un’emergenza certa; non parliamo di qualcosa che può capitare. Purtroppo, tutti gli anni, in questo periodo dell’anno ci troviamo di fronte una disperata sequela di lamentele, perché è un evento che - sappiamo - succederà. Sicuramente bisogna investire molto perché, è vero che gli incendi non si spengono solo dal cielo, ma la flotta aerea ha la sua importanza.

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    Il “caso” Washington Post. Morcellini: sempre più forte l’integrazione dei media

    ◊   Ha destato clamore, in questi giorni, la vendita del “Washington Post” al fondatore del collosso digitale "Amazon", Jeffrey Bezos, per la cifra di 250 milioni di dollari. La storica testata statunitense passa dunque dalla famiglia Graham ad uno degli uomini di punta del mondo del web. Si tratta di un esempio di integrazione dei media, sempre più forte. A sottolinearlo è il mass-mediologo Mario Morcellini, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Non è vero che è la Rete a mangiarsi la carta stampata per una ragione che i numeri rendono assolutamente inequivocabile: la piena integrazione tra informazione tradizionale e i linguaggi della Rete è l’unica che dà risultati positivi. In passato i giornali cartacei hanno pensato in qualche misura di salvarsi con una piccola “vetrinizzazione” di quello che già facevano nel cartaceo. Quella si è rivelata un’esperienza fallimentare, non meno di quella della politica italiana di esportare sulla Rete i vecchi linguaggi e il vecchio tradizionalismo del mainstream. Ciò che è decisivo, invece, è quella che ho chiamato “piena integrazione” e il cambio di linguaggio. L’informazione si salva, infatti, se in qualche modo smaterializza il “difficilese”, il “politichese” dei propri linguaggi e cambia cosmologia, cambia interessi culturali, propri e dei lettori.

    D. – Questo – pensiamo anche ai social network – ha qualcosa da dire molto agli operatori dell’informazione...

    R. – Ci vuole una vera e propria rivoluzione culturale, bisogna dirlo. Il giornalismo è abituato a far riferimento a pochi soggetti sociali, spesso alle élite e ai più forti e potenti. La Rete ha affermato un tipo di antropologia diversa e, va detto, la Rete è lo strumento più democratico che noi conosciamo: porta alla ribalta soggetti che a volte diventano anche giornalisti, ma che comunque sono narratori e impongono un’agenda e una priorità di temi radicalmente diversa dagli editorialisti e dai pastoni del vecchio quotidiano. E’ chiaro, quindi, che l’elettroshock culturale è davvero un’operazione inevitabile. Bisogna che gli operatori dei media sentano profondamente il cambiamento del mondo, perché se non lo sentono, purtroppo, andranno alla deriva.

    D. – Non è un caso ovviamente che queste cose che vediamo vengano dagli Stati Uniti...

    R. – Non è un caso per due motivi: l’innovazione lì è più rapida e, secondo elemento, è un Paese intimamente democratico, in cui l’elitismo che è caratteristico di tutte le società moderne è corretto da una forte vena missionaria di ispirazione, comunque, cristiana, anche se non necessariamente cattolica. E, dunque, è in quel Paese che la Rete viene più presa sul serio che in altri Paesi del mondo. Non è un caso che da lì vengano lezioni sia di democrazia sia di radicale innovazione comunicativa, persino in un mondo un po’ snob come quello del giornalismo.

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    In Irlanda, il 30.mo campo estivo per disabili organizzato dall'Ordine di Malta

    ◊   Trent’anni fa il Sovrano Militare Ordine di Malta (Smom) inaugurava il primo campo estivo internazionale per disabili. Da allora, ogni anno, a turno, Paesi europei e non, ospitano centinaia di ragazzi, dai 18 ai 35 anni, con disabilità fisiche o mentali, provenienti da tutto il mondo. Quest’anno si ritrovano fino al 17 agosto a Kildare, in Irlanda, dove sarà presente anche il Gran Maestro dell'Ordine, Fra’ Matthews Festing. 19 i partecipanti italiani, tra assistenti-volontari e assistiti. Rresponsabile del gruppo è Matteo Rizzi, Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. - L’obiettivo è quello di dare la possibilità a questi ragazzi di sentirsi parte di una squadra insieme con la quale svolgere tutte le attività del campo, pensate per dare modo loro di esprimersi al massimo. La cosa molto bella – che si vede con l’esperienza, con lo spirito del campo che con il passare dei giorni la squadra acquisisce – è che ognuno, i volontari ai nostri ospiti e viceversa, dà quello che può. Dall’unione di questo dono si crea veramente la gioia ed il successo di un campo.

    D. – Si prevede che siano oltre 500 le persone presenti in Irlanda, vengono dai Paesi più vicini ma anche più lontani: Stati Uniti, Medio Oriente e molti Paesi europei. L’incontro di tutti questi ragazzi com’è?

    R. – Si tratta prima di tutto di uno scambio. Spesso non tutti hanno la possibilità di comunicare nelle lingue degli altri, ma i gesti, gli sguardi e i sorrisi sono un modo per sentirsi liberi dalle situazioni familiari e personali, alcune anche molto difficili, che questi ragazzi vivono durante l’anno. Quindi, è vivere con tranquillità un momento di vacanza tutti insieme.

    D. – Questo campo estivo diventa in qualche modo un’esperienza importante di servizio sociale. Quali sono anche le sfide che questi ragazzi affrontano?

    R. – Le sfide sono molteplici, alcune anche impegnative dal punto di vista fisico, molti vengono da lontano, le ore di aereo sono tante, quindi sono sottoposti anche ad uno stress iniziale non indifferente. Però, questo è come un momento per “ricaricare le batterie”. A molti ragazzi viene data l’opportunità di partecipare più volte a questi campi e molti di loro usano proprio questa immagine: venire al campo per “ricaricarsi di energie” in modo tale che durante l’anno possano continuare a vivere con il ricordo di questa esperienza dalla quale, inoltre, nascono anche amicizie e contatti che restano tutto l’anno, sia tra gli ospiti, sia tra i volontari che, spesso, si prendono cura dei loro ospiti anche durante tutto il resto dell’anno.

    D. – Questi ragazzi cosa faranno? Ci può delineare una giornata tipo?

    R. – Le attività sono molto ricche e variegate, e il Paese ospitante cerca di personalizzarle. Il campo è caratterizzato da attività ricreative, giochi che danno la possibilità ai ragazzi di conoscersi e di integrarsi tra di loro. Ci sono anche momenti di spiritualità, all’insegna di quello che è il carisma del nostro Ordine, e Messe dove a tutti viene data la possibilità di partecipare. La sera ci sono momenti di relax con cene internazionali dove gli ospiti portano, o cucinano prodotti tipici del loro Paese proprio per creare questa “diversità” e fonderla all’interno di quello che è lo spirito unico che tutti sono invitati a vivere durante la settimana. Vorrei aggiungere ciò che alla fine chiedo sempre a tutti i partecipanti della squadra italiana: di non dimenticare mai di sorridere quando ricevono un aiuto, o quando lo danno, perché la forza del sorriso è quella di proteggere e di aiutare le persone che aiutiamo. Questo è un po’ il segreto della riuscita di un buon campo e, direi, anche delle attività di volontariato in generale.

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    Progetto di Ecpat Italia contro il turismo sessuale in Cambogia

    ◊   Un risultato importante contro il turismo sessuale in Cambogia: è quello raggiunto da Ecpat Italia, l’organizzazione umanitaria in difesa dei più piccoli che è riuscita a mettere a segno un significativo progetto in difesa dei minori sottoposti a sfruttamento sessuale nel capoluogo di Sihanoukville, città costiera cambogiana dove la piaga del turismo sessuale è molto diffusa. Al microfono di Federica Baioni la coordinatrice del progetto di Ecpat, Yasmin Abo Loba:

    R. – Si tratta di un fenomeno che ormai Ecpat Italia segue da più di 10 anni. Il fenomeno si è decisamente modificato negli ultimi tempi. Prima era molto più difficile riuscire ad "intercettare" i bambini perché, purtroppo, si trovavano segregati all’interno dei bordelli. Oggi, invece, i bambini vengono intercettati in spiaggia, avvicinati nei locali. Quindi cerchiamo di mantenere sempre alta l’attenzione su questo fenomeno. Sicuramente tra i tanti turisti ci sono molti italiani.

    D. - Nello specifico, il progetto che Ecpat ha seguito in Cambogia ha raggiunto un obiettivo molto importante e soprattutto nel capoluogo di Sihanoukville una città costiera colpita da questa piaga del turismo sessuale…

    R. - Noi abbiamo scelto quella realtà perché è una realtà ad alto rischio per i bambini e avevamo realizzato un centro all’interno del quale i bambini potessero trascorrere l’intera giornata in un luogo protetto. La nostra presenza ha fatto sì che questi bordelli, che erano 60, diminuissero e oggi sono all’incirca 15. Probabilmente chiuderanno anche questi. E’ bastata la nostra presenza, il far sentire che siamo agguerriti per contrastare questo fenomeno. Il secondo obiettivo è quello che abbiamo raggiunto ora perché ovviamente siamo in un periodo di crisi e avevamo necessità di poter mantenere questo spazio per i bambini. Siamo riusciti anche a raggiungere questo obiettivo di mantenere il centro e quindi di poter consentire a cento bambini di poter usufruire di tutte le attività e soprattutto di stare all’interno di una struttura protetta. Una struttura che non aiuta solo loro ma anche le loro famiglie.

    D. - Qual è la giornata tipo di un minore nei centri di Ecpat?

    R. - Questi bambini vengono portati lì dalle stesse famiglie e all’interno vengono suddivisi per fasce di età, quindi ci sono i più piccoli che magari hanno una sorta di babysitter con la quale giocano. Poi ci sono bambini più grandi con i quali vengono svolte attività sia di sostegno alla scolarizzazione, cioè attività per migliorare nel rendimento scolastico, mentre invece poi c’è tutta un’altra serie di attività di tipo ludico, artistico. La Cambogia, infatti, ha una lunga tradizione sia di danza che di musica in cui all’interno questi bambini possono imparare i balli locali tradizionali e in alcune occasioni anche suonare. Poi, per esempio, sono stati svolti laboratori di fotografia, di disegno. Ovviamente viene offerto loro anche un pasto e si danno soprattutto indicazioni per quanto riguarda i diritti, in particolar modo su come devono tutelarsi anche loro stessi nella difesa della propria sessualità.

    D. – Qual è la maggiore difficoltà?

    R. – Quella di riuscire a mantenere queste persone in un ambiente protetto perché specialmente in situazioni dove c’è grossa povertà è difficile che le persone si stanzino definitivamente, quindi spesso queste famiglie poi si spostano e di conseguenza gli operatori ne perdono traccia. Ovviamente, poi, per quanto riguarda la resistenza sul territorio, sicuramente chi gestisce traffici e mercati non lascia mai tranquilli gli operatori, però credo che ormai siamo abbastanza conosciuti, quindi siamo divenuti noi un "pericolo" per la criminalità organizzata!

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    Un asilo per i bambini disabili dell’Etiopia: la nuova iniziativa di Cbm

    ◊   Un asilo per i bambini disabili della città di Nazret in Etiopia. E’ l’opera inaugurata nei giorni scorsi grazie all’impegno di Cbm Italia, le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo. L’asilo, che prende il nome di St. Anthony, è uno dei pochissimi asili dell’Etiopia in cui i bambini disabili possono giocare con tutti gli altri bambini. Per una testimonianza su questa importante iniziativa, Alessandro Gisotti ha intervistato il dott. Mario Angi, presidente di Cbm Italia, di ritorno dall'Etiopia:

    R. – E’ un asilo che includerà, insieme a bambini normodotati di un campo profughi, anche bambini con handicap visivo e ortopedico. Quindi è un asilo che permetterà l’inserimento di bambini con disabilità insieme alla comunità di bambini normali.

    D. – Può raccontarci la gioia dei bambini di questo posto?

    R. – Noi ci appoggiamo ad una comunità di suore francescane che hanno già con noi altri asili e altri ospedali. Queste suore ci hanno fatto la richiesta di potere attrezzare un asilo da 250 posti per una comunità di persone rifugiate che loro servono con un centro di salute. La cosa interessante di questo progetto è che aiutiamo i bambini con handicap attraverso progetti di riabilitazione su base comunitaria. Questi bambini molto spesso sono nascosti, perché in Africa chi è malato è considerato quasi maledetto, e il fatto di non vedere, il fatto di avere un handicap è considerato una maledizione. Quindi, gli operatori di Cbm "scovano" e identificano questi bambini con handicap e li indirizzano alla riabilitazione e adesso all’istruzione, cioè all’alfabetizzazione attraverso questo asilo.

    D. – C’è qualcosa in particolare che l’ha colpita di questa giornata passata tra questi bambini, in Etiopia?

    R. – L’asilo viene anche dalla donazione di una famiglia che ha perso un figlio di 18 anni, la famiglia Lovison. Attraverso gli amici di questo ragazzo, Marco, che è morto per un incidente di moto, sono stati raccolti fondi per costruire questo asilo. Quello che mi ha colpito è stato l’abbraccio della comunità locale etiope con il figlio rimasto e con i genitori di questo ragazzo che è morto: ci siamo tutti commossi perché è stato un grosso impegno per noi di Cbm e un grosso impegno anche da parte della famiglia e degli amici di Marco, che hanno permesso di raccogliere i fondi e di costruire questo asilo in memoria di questo ragazzo morto.

    D. – Cbm non si ferma: c’è qualche progetto per il prossimo futuro che vorrebbe evidenziare?

    R. – Un progetto che mi sta molto a cuore: aiutare i bambini poveri del Terzo Mondo anche in Italia attraverso la Caritas. Stiamo cercando e ottenendo un accordo con i centri salute della Caritas per affiancarla come Cbm, per fornire uno screening visivo ed eventualmente una correzione dei difetti di vista dei bambini poveri, sia figli di extracomunitari sia poveri italiani. Questo è un grosso progetto che dovrebbe partire in autunno.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Yemen: cinque soldati uccisi in un attacco di Al Qaeda

    ◊   Cinque soldati yemeniti sono morti in un attacco – attribuito ad elementi di Al Qaeda - contro l’impianto del gas di Balhaf, nel Sud Est del Paese. I soldati sono stati sorpresi nel sonno da un commando di uomini armati che è riuscito ad entrare nell’impianto, già indicato come uno dei possibili obiettivi di attacchi terroristici la scorsa settimana. L’episodio si inserisce nel clima di allerta generale che ha spinto gli Stati Uniti a chiudere la propria ambasciata nella capitale Sanaa e ad evacuare il personale, mentre gli attacchi dei droni statunitensi hanno provocato numerose perdite tra i gruppi jihadisti. (D.M.)

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    Egitto: operazione antiterrorismo nel Sinai, 6 morti. Ancora proteste al Cairo

    ◊   Sono almeno 6 i miliziani integralisti morti nel Sinai in una vasta operazione antiterrorismo delle autorità egiziane, che ha visto anche l’impiego di elicotteri da combattimento. Missili hanno colpito vari veicoli usati dagli estremisti e una loro base. Altre fonti riportano la cifra di 15 morti. Intanto, sicurezza rafforzata al Cairo dopo che i sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi hanno invitato a nuove proteste, chiedendo a manifestanti di tutte le città egiziane di marciare sulle piazze e di restarvi anche per la notte. Le forze dell’ordine governative, dunque, presidiano il sit-in dei seguaci di Morsi già in corso nella piazza Rabaa della capitale, ma anche altri luoghi; hanno inoltre stabilito dei posti di blocco sulle strade principali. Nelle scorse ore le autorità avevano fatto sapere che era imminente lo sgombero degli spazi occupati dalle proteste in favore dell’ex presidente. A questo proposito il ministro italiano degli Esteri, Emma Bonino, ha parlato di situazione sospesa “ad un filo”, dopo il fallimento dei tentativi di mediazione internazionali. “La conciliazione mi sembra molto difficile”, ha proseguito il ministro, che ha anche citato il rischio di un “bagno di sangue”. (D.M.)

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    Israele: il Ministero dell'edilizia autorizza nuove costruzioni in Cisgiordania e a Gerusalemme

    ◊   A pochi giorni dall’inizio di nuovi colloqui israelo-palestinesi, il ministero dell’Edilizia israeliano ha autorizzato la costruzione di circa 1200 case a Gerusalemme Est e negli insediamenti in Cisgiordania. Il ministro competente, Uri Ariel, ha difeso la scelta, sostenendo che le costruzioni continueranno e che questa è anche la scelta giusta “per l’economia”. (D.M.)

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    Festa di Santa Chiara: celebrazioni ad Assisi e in tutta Italia

    ◊   Oggi la Chiesa ricorda Santa Chiara d’Assisi, con celebrazioni in tutta Italia. Al centro, naturalmente, la città umbra che le diede i natali nel 1194. Nella Basilica di Assisi, ieri sera, i primi vespri e la celebrazione eucaristica sono stati presieduti da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino. Nella mattinata di oggi, invece, la Messa solenne, presieduta dal cardinale Paolo Sardi e animata dal coro dei cantori di Assisi. Il canto delle clarisse nel Protomonastero accompagnerà invece i secondi vespri e la Messa nel transito della Santa, celebrati da padre Bruno Ottavi, ministro provinciale dei frati Minori. Ricordano la testimonianza di Chiara d’Assisi anche le suore dell’ordine da lei fondato, le clarisse, che - come riferisce il quotidiano Avvenire - invitano tutti a “condividere questi momenti di celebrazione, di formazione e di serenità”. In questo Anno della fede, sottolineano, Santa Chiara “ci richiama ancora una volta ai valori essenziali parlandoci di Dio con la sua vita e fedeltà". Da parte sua il ministro generale dei frati Minori, padre Michael Anthony Perry, in un messaggio indirizzato alle clarisse, rilegge l’esperienza di vita della Santa alla luce del contesto attuale “segnato da tanti cambiamenti, conflitti, povertà”. “Ascoltare, capire e farsi carico di questa società e di questa storia che si muovono in modo tanto veloce – scrive il francescano – è oggi per noi una sfida che non possiamo disattendere. Ne va del senso stesso della nostra vita di frati minori e sorelle povere”. Morta nel 1253, Santa Chiara – che mise al centro della sua spiritualità anche il culto del Santissimo Sacramento – resta per il mondo attuale un modello della capacità umana di trovare Dio attraverso l’esempio dei testimoni che ci precedono. (D.M.)

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    Hong Kong. Il card. Tong ai nuovi catechisti: "Vivete come i primi cristiani"

    ◊   Un invito a “vivere come i primi cristiani, studiando le Scritture e pregando insieme in uno spirito di carità e amore” è stato rivolto dal cardinale John Tong, vescovo di Hong Kong ad 86 nuovi catechisti. Con una Messa solenne presieduta dal porporato, riferisce AsiaNews, la diocesi ha festeggiato la fine del corso di formazione dopo il quale i nuovi catechisti saranno inviati ad affiancare i sacerdoti in parrocchie, scuole e università. Il loro contributo è fondamentale per la diocesi, che conta ogni anno migliaia di nuovi battezzati, per la maggior parte adulti: i catecumeni, inoltre, devono essere seguiti anche dopo l'ingresso nella comunità. A mettere l’accento su questo elemento è stato lo stesso cardinale Tong, che nel suo messaggio per la Pasqua 2013, ha sottolineato l'importanza dell'affiancamento costante dei nuovi battezzati che altrimenti “rischiano di perdersi”. Con questo spirito, il Centro catechistico diocesano organizza oramai da 50 anni le classi di preparazione per i formatori, che durano due anni: nella 49.ma sessione, 24 sono uomini e 62 sono donne. Amelia Lau Tong-huen, direttrice del Centro, spiega che i nuovi catechisti hanno operato “in 22 parrocchie. Poi ci sono 15 professori provenienti da 11 licei, 18 insegnanti e due presidi da 13 scuole elementari”. La fine del loro corso di formazione, ha sottolineato il cardinale Tong durante la Messa celebrata nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, “rappresenta in realtà un inizio”. Il mondo di oggi, ha detto ai catechisti il vescovo di Hong Kong “vi chiede grande flessibilità e voi dovrete trovare sempre nuovi modi per migliorare il vostro operato”. “Vi auguro – ha concluso il porporato - che possiate condividere al meglio la vostra fede, in modo da aiutare coloro che cercano di capire e incontrare Gesù”. (D.M.)

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    Al via il 140.mo pellegrinaggio nazionale francese a Lourdes

    ◊   Diecimila pellegrini sono attesi al 140.mo Pellegrinaggio nazionale francese al Santuario di Lourdes che prende il via oggi fino al 16 agosto. Guidato da mons. Jean-Luc Brunin vescovo di Le Havre e presidente della Consiglio per la famiglia e società della Conferenza episcopale francese (Cef), questa edizione sarà consacrata all’Anno della Fede. “Lourdes, una porta della Fede” è infatti il tema scelto per il pellegrinaggio organizzato dagli Agostiniani dell’Assunzione e dall'Hospitalité Notre Dame de Salut. Come ogni anno, le giornate saranno scandite da Messe, processioni e dalla recita del Santo Rosario. In programma anche una “Scuola della fede”, per permettere ai pellegrini – spiega il sito del pellegrinaggio - di vivere individualmente o in gruppo momenti in cui potranno approfondire un tema, una pratica religiosa o incontrare dei testimoni. Da segnalare poi una conferenza di mons. Brunin sul tema “Famiglia e società”. Come ogni 15 agosto si rinnoverà, inoltre, la “Preghiera per la Francia e per il Mondo”, una tradizione che risale alla consacrazione della Francia a Maria da parte di Luigi XIII il 10 febbraio 1638. A concludere la giornata una veglia di preghiera per i 140 anni della Basilica del San Pio X. Il pellegrinaggio avviene a un mese e mezzo dalle alluvioni che hanno colpito l'area del santuario mariano e gravemente danneggiato le strutture ricettive della cittadina francese. (L.Z.)

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    Sri Lanka: tensione dopo l'attacco di un gruppo buddista a una moschea

    ◊   Resta alta l’allerta a Colombo, capitale dello Sri Lanka, dopo l’attacco di un gruppo di estremisti buddisti contro una moschea nel quartiere di Grandpass. Le violenze hanno provocato almeno cinque feriti, tra cui l’imam locale; numerosi poliziotti in assetto anti-sommossa presidiano ancora l’area. Un coprifuoco è stato brevemente in vigore, ma è stato revocato già questa mattina. La notizia dell’attacco è stata accolta con sorpresa dai rappresentanti dei musulmani locali. “Pensavamo che le cose si fossero calmate - ha detto Fazin Farook, portavoce dell’organismo che riunisce i leader religiosi islamici dello Sri Lanka – ma ora siamo di nuovo preoccupati”. Nello scorso marzo, due negozi gestiti da commercianti di religione musulmana erano già stati incendiati: l’accusa di controllare il commercio e la finanza è tra quelle che vengono rivolte frequentemente ai musulmani dell’isola. Gli ultimi disordini, però, potrebbero essere anche stati causati dalle contestazioni di alcuni gruppi estremisti buddisti per l’apertura della nuova moschea a Grandpass, che pure era stata approvata dalle autorità. (D.M.)

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    Medici con l'Africa-Cuamm e 37 ospedali del Triveneto a sostegno delle mamme africane

    ◊   “Una vita per una vita”: è questo il titolo della nuova iniziativa di Medici con l’Africa-Cuamm, che riguarda 37 ospedali del Triveneto. L'obiettivo, come riporta l'agenzia Sir, è di coinvolgere – tramite i primari di ginecologia e le ostetriche - le mamme nel sostegno a donne meno fortunate che hanno bisogno di aiuto per accedere a un parto gratuito e sicuro. “Una vita per una vita” si inserisce nell’impegno di Medici con l‘Africa Cuamm nel promuovere il diritto alla salute di mamme e bambini africani, grazie al progetto “Prima le mamme e i bambini”, con cui si intende garantire in cinque anni il parto gratuito e sicuro a 125.000 mamme di 4 Paesi africani. Il titolo dell'iniziativa “Una vita per una vita”, spiegano dal Cuamm, deriva dall‘idea che “una mamma che ha appena dato alla luce una vita nuova, accompagnata da tutto il personale sanitario delle strutture in cui partorisce, con un piccolo contributo può garantire ad un donna africana la stessa possibilità”. “Una vita appena nata, per una vita in Africa che nascerà – continuano i "Medici con l’Africa" - un sistema sanitario, qui, come ponte di sensibilizzazione per il sostegno della crescita della sanità in Africa”. Nei Paesi dell'Africa sub-sahariana in cui opera Medici con l’Africa-Cuamm, c’è un’ostetrica ogni 20 mila mamme, mentre in tutto il Veneto ce ne sono 1.100. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 223

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.