Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 04/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco all’Angelus: Gmg non sono ‘fuochi d’artificio’, ma tappe di un cammino per affrontare la vanità quotidiana
  • L’esperienza entusiasmante della Gmg rivive in un e-book di padre Antonio Spadaro
  • Giornata della Pace 2014. Mons. Giudici: globalizzare la fraternità
  • Festa del S. Curato d'Ars, il prete semplice che insegnò come si diventa amici di Gesù
  • Oggi in Primo Piano

  • Allarme Terrorismo: dopo gli Usa anche Francia, Gran Bretagna e Germania chiudono le ambasciate nello Yemen
  • Somalia: un seme di speranza nei progetti Intersos di rientro dei profughi a Mogadiscio e Galkayo
  • Pakistan, Tv offre in premio bambini per fare audience. La sociologa Manna: un’aberrazione
  • L’Associazione Bambini Cardiopatici nel mondo festeggia 20 anni di impegno
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nuovi sbarchi di immigrati a Lampedusa e Crotone: forse tre donne morte nella traversata
  • Iran: oggi il giuramento del neo presidente Rwhani davanti al Parlamento
  • Egitto: ancora tensione al Cairo, si cercano soluzioni per uscire dalla crisi
  • Zimbabwe: Mugabe vince le presidenziali. Usa e Ue denunciano irregolarità
  • Israele: rilascio di 26 detenuti palestinesi il 13 agosto
  • Filippine, a Manila il 7 settembre tutti uniti per la vita
  • Esce l'edizione in cinese di "Youcat", il catechismo dedicato ai giovani
  • In Bangladesh una scuola di teologia per religiosi e laici
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco all’Angelus: Gmg non sono ‘fuochi d’artificio’, ma tappe di un cammino per affrontare la vanità quotidiana

    ◊   “Le Giornate mondiale della Gioventù non sono ‘fuochi d’artificio’”, così il Papa nel primo Angelus, stamane in piazza San Pietro, dopo il rientro domenica scorsa da Rio de Janeiro, a sottolineare il senso di un cammino dei giovani, che prosegue nel tempo, attraverso i continenti, con la Croce di Cristo, per vincere “la vanità del quotidiano”. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Un “grande dono” per il Brasile, per l’America Latina e per il mondo intero. Papa Francesco ha chiesto a tutti di ringraziare il Signore per la Gmg celebrata A Rio de Janeiro.

    “Non dobbiamo mai dimenticare che le Giornate Mondiali della Gioventù non sono ‘fuochi d’artificio’, momenti di entusiasmo fini a se stessi”.

    Sono tappe di un lungo cammino iniziato nel 1985 da Giovanni Paolo II e continuato con Benedetto XVI. E “anch’io – ha aggiunto – ho potuto vivere questa meravigliosa tappa in Brasile” Ma ha chiarito:

    “Ricordiamo sempre: i giovani non seguono il Papa, seguono Gesù Cristo, portando la sua Croce”.

    Il Papa guida e accompagna i giovani in questo cammino di fede e di speranza. Poi un grazie ai giovani che hanno partecipato “anche a costo di sacrifici” e a tutto il popolo del Brasile, “generoso”, “di grande cuore”.

    “Il Signore ricompensi tutti quelli che hanno lavorato per questa grande festa della fede”.

    Quindi un’intenzione di preghiera perché questi giovani incontrati a Rio possano tradurre questa esperienza “nei comportamenti di tutti i giorni”, “in scelte importanti di vita, rispondendo alla chiamata personale del Signore”, rifiutando “l’assurdità di basare la propria felicità sull’avere”, come richiama il Vangelo domenicale.

    “I giovani sono particolarmente sensibili al vuoto di significato e di valori che spesso li circonda. E purtroppo ne pagano le conseguenze”.

    Al contrario l’incontro con Gesù vivo, nella sua grande famiglia che è la Chiesa, riempie il cuore di gioia, di vita vera, di bene profondo, “che non passa e non marcisce:”

    “lo abbiamo visto sui volti dei ragazzi a Rio. Ma questa esperienza deve affrontare la vanità quotidiana, il veleno del vuoto che si insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull’avere, che illudono i giovani con il consumismo”.

    Dopo la preghiera mariana, i saluti ai fedeli in piazza, nonostante il caldo torrido di Roma.

    “Grazie a tutti! Ma ci sono tanti giovani in Piazza! Questo sembra Rio de Janeiro”.

    Ed ancora un richiamo particolare:

    "Un saluto alla nostra Madre, la Salus Populi Romani. Tutti insieme un saluto alla Madre!"

    Quindi un ricordo speciale per i parroci e per tutti i sacerdoti del mondo nella odierna memoria del loro patrono:

    “San Giovanni Maria Vianney. Cari confratelli, stiamo uniti nella preghiera e nella carità pastorale”.

    Infine “un pensiero di profonda gratitudine” per Paolo VI, in vista del 35 anniversario della sua morte, il 6 agosto del 1978, festa della Trasfigurazione.

    inizio pagina

    L’esperienza entusiasmante della Gmg rivive in un e-book di padre Antonio Spadaro

    ◊   La Gmg di Rio de Janeiro si è conclusa da qualche giorno, ma la grande festa di fede che ha pervaso il Brasile rivive ora nelle pagine di un e-book di padre Antonio Spadaro. Il volume, 74 pagine, è scaricabile gratuitamente sul blog Cyberteologia.it e raccoglie i tweet e le immagini che il direttore di “Civiltà Cattolica” ha pubblicato sui social network nei giorni in cui era a Rio con Papa Francesco e i giovani di tutti il mondo. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Antonio Spadaro si sofferma su questa iniziativa editoriale e sull’esperienza della Gmg:

    R. – L’esperienza che abbiamo vissuto a Rio de Janeiro è stata un’esperienza straordinaria, di grande entusiasmo, di grande colore, vivacità, energia, e tutta questa energia si è espressa in tweets, posts su facebook: molti giovani, di fatto, hanno condiviso l’evento che stavano vivendo nei social networks per farne partecipi gli amici, le persone care che stanno anche lontano. Quindi, questo grande evento della Giornata mondiale della gioventù di fatto è stato un evento vissuto lì, sulla spiaggia di Copacabana ma certamente vissuto anche in tutto il mondo all’interno delle reti sociali e di relazione. Quindi, anch’io ho sentito l’esigenza – vivendo quell’evento in presa diretta – di condividere l’esperienza che stavo facendo, quindi postando immagini, parole, citazioni del Papa e così restituire, in qualche modo, l’immagine live – cioè: vivente – di quello che stavo vivendo. E alla fine mi sono reso conto che era una sorta di diario e forse valeva la pena raccogliere tutte queste immagini, queste situazioni vissute per restituirle non semplicemente per un ricordo, ma per rivivere quei momenti insieme con le persone che lo hanno seguito con me.

    D. – L’account twitter del Papa ha raggiunto e superato gli 8 milioni di follower proprio durante la Gmg: non può essere un caso …

    R. – No, assolutamente! Direi, anzi, che il Papa si è rivelato come la persona, il leader mondiale più seguito e più influente, direi, non tanto per numero di follower quanto per capacità di incidenza e per numero, anche, di retweet, come si suol dire, cioè di persone che hanno citato i tweet del Papa. La sua presenza è una presenza molto fisica – lo abbiamo visto: il Papa era sempre presente con la sua fisicità, con i giovani. Ma proprio questa fisicità ha permesso ai giovani di condividere questa presenza anche nei social network, e la condivisione implica l’integrazione.

    D. – Lei ha vissuto intensamente la gmg di Rio. Cosa l’ha colpita nei tanti giovani che ha incontrato, nel mondo reale come in quello digitale?

    R. – La grande energia che il popolo brasiliano o latinoamericano in generale, ma i giovani di tutto il mondo, in realtà, riescono ad esprimere. Certo, questa Giornata mondiale della gioventù vissuta in America Latina ha avuto un connotazione speciale legata proprio alla temperatura spirituale di questo grande Continente. Allora, la cosa che più mi ha colpito è questa energia di cui il Papa stesso ha parlato e che deve coniugarsi con la sapienza dei più grandi. In fondo, questa Giornata della gioventù, in realtà, seguendo i discorsi del Papa, è stata più una Giornata mondiale del patto sociale, cioè del fatto che tutta la società è una, è unita, e giovani e anziani, energia e sapienza, devono collaborare per un mondo migliore.

    inizio pagina

    Giornata della Pace 2014. Mons. Giudici: globalizzare la fraternità

    ◊   “Fraternità, fondamento e via per la pace”: sarà questo il tema della prossima Giornata mondiale della Pace 2014, la prima celebrata da Papa Francesco. Federico Piana ha chiesto a mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi una riflessione a partire dalla famiglia, dove sperimentiamo la prima forma di fraternità.

    R. – Coglie un aspetto comune a tutti noi: tutti abbiamo l’esperienza della fraternità, nel senso che tutti quanti cresciamo in famiglia e quindi sappiamo cos’è un fratello o una sorella. Questo ci aiuta poi, certamente, ad applicare questa esperienza alla complessità della nostra vita.

    D. – Tante volte ci dimentichiamo di questo...

    R. – Sì, diciamo che ci sono degli aspetti che non riusciamo poi a tradurre nella concretezza della nostra vita. Talvolta diamo per scontato questa fraternità e quindi la facciamo diventare qualcosa che esigiamo dagli altri piuttosto che qualcosa che doniamo agli altri. Certamente tutto questo ha a che fare con la pace, perché una fraternità che costruisca la pace è una fraternità che va, certo, fondata sull’esperienza della nostra fragilità, sull’esperienza della ricchezza che ogni incontro con qualcuno diverso da noi, ma fratello, ma sorella, ci aiuta a vivere, e poi certamente va approfondita e purificata, cercando di tradurre in atto questa uguaglianza che la fraternità ci consegna.

    D. – Possiamo dire che la cultura del benessere fa perdere questo senso di responsabilità e della relazione fraterna?

    R. – Certamente. Possedere dei beni ci fa poi soprattutto preoccupati nel mantenerli e magari ci fa sentire una sorta di antagonismo nei confronti degli altri, vuoi perché ne hanno di più o ne hanno diversamente da noi, vuoi perché pare che ci portino via i nostri. Penso ancora che il benessere ci metta in una condizione d’indifferenza nei confronti dell’altro. Una persona sta bene e non si accorge che è anche lei nella fragilità: non si accorge, non guarda, non vede chi è nella sofferenza o nella penuria. E poi, in un certo senso, tutto questo diventa anche un sentimento, talvolta, purtroppo, sociale, di paura dello straniero, di chi è diverso, di chi ha costumi diversi dai miei. Il possedere io le cose, il non avere bisogno degli altri mi fa poi incapace di cogliere che magari l’altro che arriva nel mio Paese ha bisogno di qualcosa.

    D. – Come si può a questo punto globalizzare la fraternità e non l’indifferenza, come ha più volte detto Papa Francesco?

    R. – Globalizziamo la fraternità quando ci educhiamo a pensare che, proprio perché siamo tutti fratelli, figli di Dio, i beni che abbiamo ricevuto sulla terra sono di tutti. In questo senso, quindi, l’esperienza religiosa, in particolare quella cristiana, ma ogni esperienza religiosa, aiuta a globalizzare la fraternità. Aiuta anche, poi, una certa maturità umana, che possiamo conquistare guardando attorno a noi e guardando anche un po’ più lontano, magari - soprattutto noi europei, noi italiani – guardando un po’ più lontano di quello che è il nostro vivere sociale, la nostra presenza. In terzo luogo, anche il cercare di esprimere, attraverso le strutture politiche e sociali, questo tipo di atteggiamento. Un Paese è più o meno capace di fraternità, naturalmente, quando anche coloro che sono eletti, dei suoi cittadini, sono capaci di vivere questo tema della fraternità con decisione.

    inizio pagina

    Festa del S. Curato d'Ars, il prete semplice che insegnò come si diventa amici di Gesù

    ◊   La Chiesa, che dal 1925 lo venera come patrono dei parroci, celebra oggi la memoria di San Giovanni Maria Vianney, universalmente conosciuto come il Santo Curato d’Ars. Vissuto tra il 1786 e 1859, la sua opera pastorale condotta per 40 anni in un piccolo villaggio della Francia è diventata un modello di santità sacerdotale. Alla sua figura e protezione Benedetto XVI affidò nel 2009 l’Anno sacerdotale, dedicandogli un ammirato ritratto. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il più Santo dei parroci della storia della Chiesa dalla maggior parte dei suoi formatori era considerato una sorta di disastro. Quando diventa prete, a 29 anni compiuti, Giovanni Maria Vianney è praticamente considerato “vecchio”. Colpa di un grave gap di partenza – a 17 anni è molto più esperto di pecore e mucche, che pascola fin da bambino, che di libri – e soprattutto dello scoglio contro cui si infrangerà la sua tenacia bruciandogli tempo prezioso: il latino. È un vero romanzo la vita del futuro Curato d’Ars. Da ragazzo è allegro e sensibile alla fede, ma quando pensa al seminario non ha i soldi per la retta e quando un generoso sacerdote, che lo sosterrà per anni, si offre di fargli cominciare gli studi, sono gli studi stentati e le frequenti bocciature a renderlo oggetto di derisione: un sempliciotto, buono per i campi, e non per l’austero prestigio di una tonaca. Sacerdote però riesce a diventarlo, grato a Dio come pochi per il dono ricevuto, e si tuffa con ardore nella sua missione. Fiamma che non si attenua quando scopre dove dovrà trasferirsi: una parrocchia in un posto a fatica rintracciabile sulle mappe della Francia, Ars, casette d’argilla, 200 anime e una spaventosa ignoranza collettiva. Qui, dal cuore da tanti giudicato insipiente di quel giovane prete vecchio, scaturisce un prodigio che trasforma in poco tempo il villaggio dimenticato da Dio in un villaggio dove Dio si è scelto una casa. Cosa sia accaduto lo spiegava quattro anni fa Benedetto XVI:

    “Nel servizio pastorale, tanto semplice quanto straordinariamente fecondo, questo anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della Francia riuscì talmente ad immedesimarsi col proprio ministero, da divenire, anche in maniera visibilmente ed universalmente riconoscibile,
    alter Christus, immagine del Buon Pastore, che, a differenza del mercenario, dà la vita per le proprie pecore. Sull’esempio del Buon Pastore, egli ha dato la vita nei decenni del suo servizio sacerdotale”.

    Il curato di campagna è un uomo povero tra poveri, che prega molto, che va a cercare i parrocchiani fin sui campi, che raduna i loro figli analfabeti per insegnare catechismo e che catechizza gli adulti alla domenica, con omelie semplici quanto incisive che ben presto nella piccola chiesetta di Ars i posti sono solo in piedi. Ingaggia una lotta senza quartiere contro le conseguenze dell’ignoranza, per esempio l’abuso di alcol, cui tanti contadini sono avvezzi. Dal pulpito si scaglia contro gli osti che, dice, “rubano il pane di una povera donna e dei suoi ragazzi dando da bere a quegli ubriachi che spendono la domenica tutto ciò che hanno guadagnato durante la settimana”, scendendo “al di sotto della bestia più bestia”. Di contro, è maestro del perdono sacramentale, che amministra ininterrottamente per ore, dimenticandosi persino di mangiare:

    “La sua esistenza fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale”.

    Guardando al modello di sacerdozio illuminato dal Curato d’Ars, il Papa ora emerito affermò: “Dipende dalla santità la credibilità della testimonianza e, in definitiva, l’efficacia stessa della missione di ogni sacerdote”:

    “Fu ‘innamorato’ di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i cristiani e per tutte le persone che cercano Dio”.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Allarme Terrorismo: dopo gli Usa anche Francia, Gran Bretagna e Germania chiudono le ambasciate nello Yemen

    ◊   Giornata di apprensione per l’allarme terrorismo di matrice qaedista lanciato dall’intelligence statunitense. Anche l’Interpool ha confermato la minaccia segnalata giovedì. Elevate le misure di sicurezza davanti alle ambasciate occidentali nello Yemen. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    E’ sullo Yemen che sembra concentrarsi la preoccupazione maggiore. Dopo Stati Uniti, anche Francia, Gran Bretaga e Germania hanno deciso di chiudere le proprie sedi diplomatiche almeno fino a lunedì. Le autorità yemenite hanno raddoppiato le misure di sicurezza: da stamattina blindati stazionano nei pressi delle strutture occidentali e l’esercito sta effettuando controlli capillari verso tutte le strade di accesso alla capitale Sanaa. Intanto emergono nuovi particolari sulla minaccia di attacchi terroristici lanciata giovedì. Media statunitensi parlano addirittura di cellule presenti sul posto e pronte a colpire, ma non si sa dove. L’Interpool ricorda che c’è lo zampino di Al Qaeda dietro alle maxi evasioni di prigionieri avvenute di recente in diversi Paesi islamici come Afghanistan, Libia, Iraq e Pakistan. Per questo motivo la struttura con sede a Lione ha confermato l’allarme. E anche diversi esponenti del Dipartimento di Stato americano ribadiscono che questa volta la minaccia è credibile. In queste ore alla Casa Bianca l’ultimo vertice presieduto dalla consigliere per la Sicurezza Nazionale, Susan Rice, alla presenza di tutti i responsabili dei vari settori. Obama segue la situazione dalla residenza di Camp David. E ha già dato ordine di mettere in campo ogni misura pur di garantire la sicurezza agli americani. Centinaia di marines sono pronti a difendere ambasciate e consolati, non solo nei Paesi islamici, ma anche in Europa.

    inizio pagina

    Somalia: un seme di speranza nei progetti Intersos di rientro dei profughi a Mogadiscio e Galkayo

    ◊   In Somalia, malgrado i miliziani fondamentalisti di al-Shabaab continuino a colpire obiettivi governativi e internazionali, una tendenza incoraggiante è rappresentata dal ritorno alle comunità di origine di numerosi rifugiati e sfollati interni. Con questi ultimi lavora anche l’Ong italiana Intersos, che partecipa ad un progetto di rientri dai campi delle città di Galkayo e Mogadiscio. A Nairobi, Davide Maggiore ha intervistato Andrea Martinotti, project manager del programma:

    R. - Gli stessi beneficiari che noi supportiamo hanno espresso la volontà di ritornare nei loro villaggi di origine a seguito del cambiamento positivo che c’è stato negli ultimi anni e di un governo che sta sempre più prendendo piede in Somalia. Da lì inizia un processo sia con la comunità che con le autorità locali, in cui vengono identificate delle persone, dei leader in questi campi, che vengono supportati per avere un viaggio nei villaggi di origine per capire le reali condizioni nei loro villaggi: come sono i servizi di base, se ci sono problemi di terra, se ci sono problemi di clan… I beneficiari devono prendere una decisione informata, se tornare a casa o meno.

    D. - Poi, per chi appunto decide di aderire al rientro, c’è la fase che avviene direttamente sul campo, con il supporto soprattutto all’agricoltura e all’allevamento…

    R. - Il pacchetto assistenza che Intersos distribuisce all’inizio è composto da accessori per la casa - quindi anche teli di plastica, pentole, piatti, bicchieri, coperte materassi… - semi ed attrezzi per l’agricoltura. Ovviamente l’approccio che ha Intersos è quello di lungo periodo. E’ molto importante che, una volta nei villaggi di origine, i beneficiari abbiano accesso ovviamente ai servizi di base. Intersos sta adesso implementando un progetto di “cash for work”, in cui 900 beneficiari lavorano su delle opere pubbliche. In questi giorni stiamo distribuendo anche capre, perché molte delle comunità che noi assistiamo hanno anche bestiame.

    D. - Quindi lo scopo finale è quello di rendere autosufficienti queste comunità?

    R. - Questo per Intersos è fondamentale soprattutto perché in queste comunità, prima di essere sfollate, avevano questo stile di vita. Quindi nel lungo periodo è importantissimo che la sostenibilità di un ritorno venga garantita tramite agricoltura e bestiame.

    D. - Avete già avuto delle relazioni positive in questo progetto?

    R. - Dopo un paio di mese, si fa un controllo incrociato per vedere se le famiglie rimangono nei villaggi di origine o se, invece, ritornano a Mogadiscio o a Galkayo. Finora abbiamo riscontrato che le famiglie rimangono nei villaggi di origine: alcuni giovani della famiglia si muovono ogni tanto nelle località di Mogadiscio e Galkayo, ma comunque tornano sempre nei villaggi di origine.

    D. - Quali sono, invece, le sfide principali che bisogna affrontare all’interno di un programma del genere?

    R. - Un problema che Intersos riscontra soprattutto nei villaggi di origine - visto che comunque al-Shaabab è ancora presente - è l’accesso direttamente al villaggio. Le autorità locali supportano nel 90 per cento dei casi Intersos e il nostro staff in questo programma, come anche negli altri.

    inizio pagina

    Pakistan, Tv offre in premio bambini per fare audience. La sociologa Manna: un’aberrazione

    ◊   La notizia è di quelle che fanno il giro del mondo, aprono dibattito su giornali e siti web e suscitano scandalo ma lo show di successo va avanti: è una regola dello spettacolo! Ci si chiede se questa regola debba essere rispettata quando in un popolare programma della Tv in Pakistan vengono dati in premio, alle coppie di partecipanti ad un quiz sul Corano, bambini abbandonati da adottare ad uso e consumo di audience. Roberta Gisotti ne ha parlato con Elisa Manna, sociologa, responsabile delle Politiche culturali del Censis.

    D. - Elisa Manna, che dire di fronte a quest’ennesima - come definirla – provocazione, invadenza, trasgressione dei media a fine di audience?

    R. – E’ un segnale preoccupante di un’invasione ormai di qualunque aspetto e dimensione dell’umano da parte di un sistema che deve produrre ascolti, che deve produrre 'effetto' sul pubblico. Certamente l’adozione di un bambino, l’incontro tra i genitori e un bambino, è un qualcosa che appartiene al vissuto privatissimo delle persone e che dovrebbe restare tale. Fa parte di questa tendenza alla spettacolarizzazione, all’uso strumentale di momenti molto intimi, molto privati, che purtroppo è una tendenza che attraversa i media ormai da molti anni.

    D. – Il programma è realizzato in collaborazione con un’organizzazione non governativa che assiste bambini bisognosi. Come dire che il buon fine giustifica i mezzi, spregiudicati e spettacolari per raggiungere lo scopo. Questa è stata un po’ la difesa di questa ong...

    R. – Evidentemente ci sono degli aspetti in questa vicenda che sembrano essere positivi: l’incontro appunto di un bambino che non ha genitori con una famiglia che può accoglierlo e la facilitazione di questo evento. Ma a me pare che bisogna mettere dei paletti. Non dimentichiamo che alcune televisioni, in ambito internazionale, trasmettono tranquillamente – ed è successo anche in Italia – dei parti, per esempio. Allora, questo mettere in piazza davanti all’occhio della telecamera i momenti più intimi e privati dell’umano, a me sembra veramente qualcosa di aberrante, da combattere in maniera decisa, senza se e senza ma.

    D. – Un’aberrazione – in tanti l’hanno definita così – costruita però a tavolino da squadre di autori, pagati anche 'profumatamente', per sorprendere il pubblico...

    R. – Dobbiamo renderci conto, essere consapevoli del fatto che il sistema dei media è un sistema che produce sostanzialmente prodotti per attirare pubblico e per poter vendere spazi pubblicitari. E’ totalmente, quindi, votato e finalizzato al lucro. Noi spesso diamo per scontato che chi fa il programmista, il regista televisivo o qualunque operatore nell’ambito della produzione dei media, sia una persona che ha una coscienza sociale. Non hanno la sensazione che quello che fanno poi contribuisce alla costruzione di una civiltà e, vorrei dire, anche di una democrazia. Oggi viviamo in un mondo in cui i media davvero sono diventati pervasivi. La dimensione, quindi, dell’educazione e della crescita critica del pubblico, degli operatori dell’informazione e di tutti quelli che hanno responsabilità nel campo dei media, diventa veramente insostituibile.

    D. – Sviluppare quindi una vera e propria cultura di difesa da questi media che sono contro la persona, sia dentro che fuori lo schermo, e che sappiamo fanno danni che emergono anche nel tempo....

    R. – Su questo c’è una letteratura scientifica enorme, vastissima. Il problema è di riuscire a far arrivare quello che si sa dal punto di vista scientifico sull’influenza dei media e farlo diventare materia di consapevolezza di un pubblico largo. Finché, infatti, resterà ad appannaggio solo di pochi esperti, di pochi studiosi, non ci sarà quella pressione sociale da parte del pubblico più ampio sui media, perché migliorino il proprio senso di responsabilità. E’ attraverso la conoscenza che la persona può essere consapevole dei propri diritti di essere rispettato come individuo, ma anche e soprattutto come educatore, come persona che cresce le nuove generazioni: siano i figli, siano gli allievi per un insegnante, siano i ragazzi che frequentano un centro sportivo. Tutti quelli che hanno una funzione educativa devono essere consapevoli che hanno a che fare con un mondo dei contenuti mediatici, che spesso è in contraddizione con quello che è il loro tentativo educante. Devono fare, quindi, pressione sociale, per ottenere un sistema dei media più responsabile.

    inizio pagina

    L’Associazione Bambini Cardiopatici nel mondo festeggia 20 anni di impegno

    ◊   Vent’anni di impegno in favore dei bambini con gravi patologie al cuore: è il traguardo raggiunto dall’Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo (www.bambinicardiopatici.it). Il sodalizio umanitario, nato a Milano, è presente in 26 Paesi e in questi anni ha eseguito oltre 1600 operazioni salvavita e 4 mila diagnosi di bambini cardiopatici. Alessandro Gisotti ha intervistato il fondatore dell’associazione, il prof. Alessandro Frigiola, primario di Cardiochirurgia all’Ospedale San Donato di Milano:

    R. - Le cardiopatie congenite rappresentano la prima causa di morte tra tutte le malformazioni ed hanno più di cinque milioni di bambini che aspettano di essere operati. Su richiesta di moltissimi Paesi ho iniziato, nel 1993 – insieme alla dott.ssa Silvia Cirri – a collaborare con l’Egitto, che è stato il primo Paese in cui ci siamo recati e dove abbiamo trovato centinaia di bambini in attesa della nostra visita per cercare di trovare una soluzione ai loro problemi.

    D. – Guardando alla missione, oltre agli interventi veri e propri c’è anche una dimensione di formazione…

    R. – La formazione vede una priorità assoluta e finora l’associazione – insieme al Policlinico San Donato – ha offerto più di 300 borse di studio, della durata che va dai sei mesi ai due anni – a 300 medici provenienti da 20 Paesi del mondo.

    D. – E’ possibile tra le tante storie, tra i tanti interventi che hanno salvato la vita a bambini in così tante parti del mondo, c’è una storia che lei potrebbe raccontare e che in qualche modo sintetizza e simboleggia l’esperienza e la missione della sua associazione?

    R. – Fra le varie storie - ovviamente ce ne sono tante – ricordo quella di un bambino quando eravamo ad Alessandria d’Egitto: era il terzo figlio di una coppia che aveva già perso i primi due per una cardiopatia congenita. Lo mettiamo sul tavolo operatorio e al momento di aprire lo sterno - dopo averlo aperto, come si fa di solito per “incrociare” il cuore - scopriamo che in quel grande centro non c’era il divaricatore per tenere aperto lo sterno e fare l’intervento. Abbiamo avuto un momento di panico, nel senso che con il torace già aperto non si poteva operare il bambino; quindi, ho messo due fili di acciaio sullo sterno – uno a destra ed uno a sinistra – e due infermieri a destra e sinistra tiravano per tenere aperto il torace finché io potessi operare.

    D. – Questo bambino ce l’ha fatta…

    R. – L’intervento per fortuna è andato bene. Adesso il bambino di questa coppia, dopo i due che invece erano deceduti, sta bene.

    D. – Questo dà proprio il senso anche di una missione straordinaria: salvare la vita di bambini che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità.

    R. – Assolutamente. Per esempio per dare anche un’idea: in Egitto ed in Perù quando siamo arrivati la mortalità che avevano loro per questo tipo di interventi era attorno al 50-60%; su 100 bambini che operavano ne morivano circa 60. Adesso, dopo anni di collaborazione con noi e decine e decine di missioni, la mortalità è scesa al 20%.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Nuovi sbarchi di immigrati a Lampedusa e Crotone: forse tre donne morte nella traversata

    ◊   Nuova giornata di sbarchi di immigrati sulle coste italiane. Se ne registrano tre a Lampedusa, dove in queste ore sono approdate 264 persone, tra cui un gruppo di 90 somali in pessime condizioni di salute. Alcuni di loro hanno raccontato di tre donne morte di stenti nel corso della traversata, durata 5 giorni. I corpi sarebbero stati abbandonati in mare. Un altro sbarco è avvenuto a Crotone, in Calabria: si tratta di un gommone con a bordo 22 migranti di origine siriana, che le autorità marittime hanno soccorso in nottata al largo. Due sono sospettati di essere gli scafisti.

    inizio pagina

    Iran: oggi il giuramento del neo presidente Rwhani davanti al Parlamento

    ◊   Il neo presidente iraniano Hassan Rowhani presta giuramento oggi davanti al Parlamento, dopo l’investitura ufficiale avvenuta ieri con l’appoggio della guida suprema, Ali Khameni. Il 64enne religioso moderato è il settimo presidente della Repubblica islamica ed ha già assicurato che il governo di Theran “compirà tutti i passi fondamentali per innalzare la posizione dell’Iran sulla base all'interesse nazionale ed eliminando le sanzioni oppressive". Alla cerimonia odierna, per la prima volta in occasione di un giuramento presidenziale, assistono diversi capi di Stato stranieri. Secondo i media locali, sono una sessantina le delegazioni estere invitate. L’unica personalità occidentale presente è l’ex Alto rappresentante per la politica Estera e di Sicurezza dell’Ue, Solana.

    inizio pagina

    Egitto: ancora tensione al Cairo, si cercano soluzioni per uscire dalla crisi

    ◊   In Egitto prove di dialogo tra le parti nel tentativo di superare la crisi, dopo la destituzione del presidente Morsi. La notte scorsa il generale al Sissi, ministro della Difesa e comandante delle Forze armate, ha incontrato alcuni esponenti islamici nonostante alcune frange del movimento abbiano chiesto di escludere dalle trattative il leader dell’esercito. Intanto al Cairo prosegue la missione degli inviati di Stati Uniti edUnione Europea, Burns e Leon, che stanno avendo colloqui con esponenti del governo ad interim e dei Fratelli Musulmani. In città la tensione resta alta. Le tendopoli islamiche resistono alle diffide delle autorità, mentre i seguaci di Morsi hanno indetto nuove manifestazioni di protesta per oggi. Sul loro capo pende l’accusa di torture e uccisioni avanzata da Amnesty International, che ha raccolto prove e testimonianze dei sopravvissuti.

    inizio pagina

    Zimbabwe: Mugabe vince le presidenziali. Usa e Ue denunciano irregolarità

    ◊   Nello Zimbabwe, la Commissione Elettorale ha dichiarato Robert Mugabe vincitore delle elezioni presidenziali del 31 luglio scorso con il 61% dei voti. Il leader, 89enne, ha conquistato così il suo settimo mandato. Il suo principale sfidante, Morgan Tsvangirai, capo del Movimento per il cambiamento democratico, si è fermato al 32% delle preferenze contestando l’esito delle consultazioni. Per il segretario di Stato americano, John Kerry, ci sono state “pesanti irregolarità”, pertanto i risultati della tornata non sono “credibili”. Sulla stessa linea anche l’Unione Europea che ha espresso preoccupazione per la vicenda. Invece, il presidente sudafricano Jacob Zuma si è congratulato con Mugabe per la vittoria, parlando di un voto “riuscito” e chiedendo a tutti i partiti di opposizione di accettare il responso delle urne.

    inizio pagina

    Israele: rilascio di 26 detenuti palestinesi il 13 agosto

    ◊   Il prossimo 13 agosto Israele rilascerà 26 detenuti palestinesi come gesto di distensione per l’avvio dei negoziati di pace diretti, previsto il giorno successivo. Lo ha annunciato il capo negoziatore palestinese Erakat, spiegando che si tratta della prima delle quattro fasi durante le quali torneranno in libertà 104 prigionieri. Lo Stato ebraico – ha spiegato – ha preso la decisione la scorsa settimana proprio per dare un segnale al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen.

    inizio pagina

    Filippine, a Manila il 7 settembre tutti uniti per la vita

    ◊   Universitari e parlamentari filippini uniti in difesa della vita: nell'arcipelago asiatico si allarga, quindi, il fronte che si batte contro le politiche pro aborto. Il movimento studentesco della University of Asia and the Pacific, secondo quanto riferisce Asianews, ha organizzato per il 7 settembre una conferenza sulla castità e la vita intitolata: “Real Love Revolution 2013”. La manifestazione si svolgerà al Philippine International Convention Center Plenary Hall di Pasay di Manila. Tra i temi dell’incontro: l’importanza della castità e della difesa della vita in ogni sua forma ed espressione. I relatori illustreranno i differenti aspetti che ruotano attorno alla scelta della castità e alle influenze di questa nella società contemporanea. Si parlerà anche della Reproductive Health Bill (RH Law), di contraccezione, divorzio, sesso prematrimoniale e gravidanze giovanili. Nel corso dell’evento si terrà anche una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dal neopresidente della Conferenza episcopale filippina, mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan. Alla funzione è prevista la partecipazione di almeno otto mila persone. Nel frattempo, alcuni parlamentari, guidati da Ferdinand Martin Romualdez e da Lito Atienza, ex sindaco di Manila, provenienti in larga maggioranza dal “blocco indipendente”, hanno formato una “coalizione per la vita” in seno alla Camera. Lo scopo è quello di promuovere politiche, leggi e norme che privilegino la famiglia. La legge “di salute riproduttiva”, provvedimento approvato nel dicembre scorso, rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere più di due figli. Il disegno di legge è promosso soprattutto dalle grandi organizzazioni internazionali, come ad esempio Onu e Unicef, che legano l’alto tasso di natalità alla povertà del Paese. (F.B.)

    inizio pagina

    Esce l'edizione in cinese di "Youcat", il catechismo dedicato ai giovani

    ◊   Esce finalmente anche in cinese “Youcat”, il catechismo della Chiesa cattolica riservato ai giovani. La nuova edizione, con la classica rilegatura gialla, secondo quanto riferisce l’agenzia Asianews, è di facile consultazione e si rifa a quella pubblicata nel 2011 in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, che fu tradotto in numerose lingue. L’uscita, annunciata con soddisfazione sui principali social network asiatici, ha visto dallo scorso anno a Hong Kong, Macao e Taiwan numerosi gruppi giovanili cattolici interessati. Finora era disponibile solo nella versione inglese, ma la casa editrice Kuangchi Cultural Group di Taipei lo ha tradotto e stampat in cinese. La nuova versione del libro è composta da 304 pagine e l’introduzione critta da Benedetto XVI. Youcat attrae molti lettori che sono in cerca di risposte a problemi, piste di riflessione personale e comunitaria o anche solo un po' d'ispirazione per la preghiera. Da quando ne è stata annunciata la vendita sul web, il 23 luglio scorso, questa edizione in cinese sta vendendo molte copie a Taiwan, Hong Kong e Macao. “Sono molto contenta che questo libro sia ora nelle nostre mani, possiamo usarlo nei campi estivi di agosto e soprattutto nel cammino di fede del prossimo anno catechistico”, ha detto suor Zhuang che da anni lavora con i giovani di due parrocchie di Hsinchu. E infine, Chen Zhiyin, la traduttrice, si dice molto contenta auspicando che questo libro possa aiutare giovani e ragazzi di lingua cinese ad approfondire la loro relazione con Gesù e con la Chiesa. (F.B.)

    inizio pagina

    In Bangladesh una scuola di teologia per religiosi e laici

    ◊   Corsi di teologia dedicati a laici e sacerdoti per rendere la Chiesa del Bangladesh più attiva. Con questo obiettivo la Conferenza episcopale del Paese e il Seminario maggiore hanno organizzato, in questi giorni, un seminario nazionale in cui si è discusso di come migliorare l’insegnamento della dottrina cattolica. All’incontro hanno partecipato 62 intellettuali, sei vescovi e 30 sacerdoti. La Chiesa, secondo quanto ha riferito ad AsiaNews il segretario generale della “Bangladesh Christian Association”, non è fatta solo del clero, ma anche di laici, che hanno bisogno di studiare di più la teologia. Tra i relatori del seminario anche mons. Patrick D'’Rozario, arcivescovo di Dhaka e presidente della Conferenza episcopale locale, che ha ribadito: “Vogliamo che i laici cattolici siano più preparati sulla dottrina, e perciò avvieremo corsi ad hoc”. In Bangladesh l’Islam è religione di Stato: su una popolazione di circa 163.6 milioni di persone, l’89% sono musulmani, il 9,6% indù e appena lo 0,4% cristiani (per lo più cattolici). (F.B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 216

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.