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Sommario del 03/08/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa nomina mons. Pozzo segretario della Commissione "Ecclesia Dei" e mons. Krajewski Elemosiniere
  • Il teologo Mokrani: da Papa Francesco nuove energie per il dialogo tra cristiani e musulmani
  • Il card. Sandri: in preghiera per padre Dall’Oglio e i vescovi rapiti, cessi la guerra in Siria
  • Dal 5 al 9 agosto, il card. Turkson in Giappone per commemorare le vittime di Hiroshima e Nagasaki
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Allarme terrorismo: gli Stati Uniti chiudono 21 sedi diplomatiche. Si teme un attacco di Al Qaeda
  • Egitto. Usa adottano misure di sicurezza. Segnali di dialogo tra islamisti e fronte laico
  • Afghanistan. Attacco terroristico a consolato indiano: almeno 8 morti
  • Italia. Berlusconi prospetta ritorno al voto. Bondi: il Paese rischia guerra civile
  • Dichiarato donna senza intervento chirurgico. Controversa sentenza del Tribunale di Rovereto
  • Chiusi al traffico i Fori imperiali: un'area archeologica unica al mondo
  • Pet therapy: bimba in terapia intensiva al Gemelli salvata dal suo cane
  • Il restauro del "Tesoro di S. Francesco": 293 reliquie nella chiesa "romana" del Santo di Assisi
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Appello dei ribelli per p. Dall’Oglio. Unicef: 400 mila in trappola a Homs
  • India. Lo Stato del Mahdya Pradesh verso una modifica alle legge sulle conversioni
  • Nigeria. Mons. Doeme: Boko Haram è prodotto della corruzione nazionale
  • Iran. Si insedia il nuovo presidente Rohani, polemiche con Israele
  • Iran. Giovane convertito al cristianesimo condannato a 10 anni di carcere
  • Navi Pillay: stop al piano israeliano di espulsione dei beduini dal Negev
  • Successo del “Progetto Convergenza” contro il lavoro minorile in India
  • Mauritania. Terres des Hommes in aiuto alle bambine sfruttate
  • Terra Santa: l’Anno della Fede si chiuderà il 17 novembre con una giornata speciale
  • Colombia, al via l'ottavo Congresso mondiale degli ex alunni gesuiti
  • A ottobre a Brasilia la Settimana della formazione sulla parrocchia missionaria
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa nomina mons. Pozzo segretario della Commissione "Ecclesia Dei" e mons. Krajewski Elemosiniere

    ◊   Papa Francesco ha nominato nuovo segretario della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei» mons. Guido Pozzo, arcivescovo titolare di Bagnoregio, triestino, 61 anni, finora Elemosiniere di Sua Santità. La Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” è stata istituita da Giovanni Paolo II nel 1988 con il compito di facilitare la piena comunione ecclesiale di quanti sono legati alla Fraternità fondata da mons. Marcel Lefèbvre e desiderano rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica. Mons. Pozzo, che dopo nove mesi torna all'incarico precedente, è ritenuto particolarmente competente nelle questioni trattate dalla "Ecclesia Dei".

    Come nuovo Elemosiniere, il Papa ha nominato mons. Konrad Krajewski, polacco, 49 anni, finora cerimoniere pontificio e officiale dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Benevento, con dignità di arcivescovo. L’Elemosineria Apostolica svolge un un compito che esiste da sempre, anche se è stata strutturata nel XIII secolo da Gregorio X: aiuta quanti hanno bisogno a nome del Pontefice, con piccoli gesti quotidiani, nel silenzio e con discrezione. Si tratta delle più diverse richieste di aiuto, come bollette, affitti, cure mediche. Una carità giornaliera che i Papi sostengono personalmente per far sentire la vicinanza della Chiesa alla singola persona. Papa Francesco, che definisce i poveri come "la carne di Cristo sofferente", vuole rilanciare in modo particolare la missione di questo organismo. (A cura di Sergio Centofanti)

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    Il teologo Mokrani: da Papa Francesco nuove energie per il dialogo tra cristiani e musulmani

    ◊   “Dobbiamo formare i nostri giovani a pensare e parlare in modo rispettoso delle altre religioni e dei loro seguaci”: è uno dei passaggi chiave del messaggio che Papa Francesco ha indirizzato, ieri, ai musulmani di tutto il mondo in occasione della fine del Ramadan. Un gesto molto significativo, come sottolinea il teologo musulmano Adnane Mokrani al microfono di Alessandro Gisotti:

    R. – Innanzitutto, come musulmano sono molto contento di ricevere questo messaggio di pace e di auguri da un grande Papa. Già il suo nome – Francesco – indica l’interesse verso il dialogo interreligioso: San Francesco è un simbolo del dialogo con i musulmani. E dunque, la scelta stessa del nome è stata un segno positivo per il dialogo interreligioso. E poi è la prima volta che un Papa firma una lettera così viva, così bella, aperta, un appello al rispetto reciproco come base comune dell’amicizia; poi, un appello ai giovani di rispettare le altre religioni, i leader delle altre religioni …

    D. – Papa Francesco che viene da pochissimi giorni dall’esperienza entusiasmante della Gmg di Rio si rivolge proprio con particolare attenzione ai giovani, alla loro formazione, all’educazione …

    R. – Questa attenzione particolare ai giovani è molto importante: educare i giovani al dialogo, alla convivenza, ai valori comuni per una umanità più pacifica, più accogliente … Secondo me, questo è un lavoro comune, un impegno comune che deve essere l’obiettivo del dialogo interreligioso per i prossimi anni.

    D. – Come vengono visti nel mondo musulmano – guardando anche ai media – questi gesti di cordialità, di attenzione da parte di Papa Francesco verso i fedeli dell’Islam?

    R. – Io credo che ricevano un’accoglienza abbastanza positiva, nonostante che il mondo islamico oggi sia preso da tanti problemi e sfide, e quindi i mass media sono più interessati a quello che sta succedendo in Egitto, in Tunisia e in Siria: è un momento assai difficile. Ma secondo me, questo messaggio può incoraggiare le persone che stanno lavorando nel campo del dialogo interreligioso, ad andare avanti, ad avere speranza e a trovare nuove energie. Secondo me, è un messaggio che dà speranza e aiuta le persone che lavorano in questo campo.

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    Il card. Sandri: in preghiera per padre Dall’Oglio e i vescovi rapiti, cessi la guerra in Siria

    ◊   Il cardinale prefetto, Leonardo Sandri, insieme a tutta la Congregazione per le Chiese Orientali, “nel persistere dell’incertezza” della situazione del padre gesuita Paolo Dall’Oglio, “esprime al Preposito Generale e a tutti i Religiosi della Compagnia di Gesù la propria vicinanza nella preghiera”. Insieme alle Chiese della regione, si legge in un comunicato del dicastero, si “ricorda l’assoluto silenzio che pesa sulla sorte di due vescovi e di due sacerdoti rapiti mesi fa, come quella di tanti altri, siriani e stranieri, nella medesima dolorosa condizione”. Infine, conclude la nota, si prega “perché cessi la guerra e sia restituita la pace all’amata Siria e a tutti i popoli del Medio Oriente”.

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    Dal 5 al 9 agosto, il card. Turkson in Giappone per commemorare le vittime di Hiroshima e Nagasaki

    ◊   Saranno cinque giorni all’insegna della preghiera e della promozione della pace quelli che vedranno il card. Peter Turkson in Giappone. Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace si appresta, infatti, a partire per il Paese del Sol levante in occasione delle commemorazioni dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, avvenuti nel 1945. In particolare, la visita del porporato si inserirà nell’iniziativa “Dieci giorni per la pace”, promossa dalla Conferenza episcopale giapponese, tra il 6 ed il 15 agosto, in memoria delle vittime delle bombe atomiche. Molto fitto il programma delle celebrazioni a cui parteciperà il card. Turkson: ad Hiroshima, lunedì 5 agosto presiederà la Santa Messa per la pace nella Cattedrale della città, mentre il giorno seguente prenderà parte ad un incontro interreligioso – insieme a buddisti, scintoisti e protestanti – dove pronuncerà un discorso incentrato sulla collaborazione reciproca nella costruzione della pace mondiale. Mercoledì 7 agosto, il card. Turkson si sposterà a Nagasaki per partecipare ad una cena promossa dal Centro interreligioso per il dialogo sulla pace mondiale. Il giorno dopo, nell’ambito di una cerimonia commemorativa interreligiosa organizzata presso il Ground-Zero Park della città, il presidente del dicastero vaticano per la Giustizia e la pace reciterà una preghiera per tutte le vittime, con un particolare ricordo anche per tutti coloro che non sono deceduti, ma soffrono ancora a causa degli effetti della radioattività. Infine, il 9 agosto, sempre a Nagasaki, il porporato presiederà la Santa Messa per la pace nel mondo. “Quando Giovanni Paolo II visitò Hiroshima nel febbraio del 1981 – informa una nota del dicastero vaticano – lanciò un appello alla pace in tutto il mondo”. Papa Wojtyla, infatti, chiese ai governanti, a tutti gli uomini del mondo ed in particolare ai giovani di prendere una solenne decisione: “Che la guerra non venga mai più tollerata e vista come mezzo per risolvere le divergenze” e di “creare insieme un nuovo futuro di fraternità e solidarietà”. Rispondendo a tale appello, i vescovi del Paese hanno sempre offerto preghiere e pellegrinaggi in ogni diocesi, con l’obiettivo di favorire la pace ed incoraggiando i fedeli non solo a “pregare per vittime, ma anche a riaffermare la follia della guerra ed a diventare operatori di pace”. Da ricordare, inoltre, che già lo scorso giugno la Conferenza episcopale giapponese aveva diffuso un messaggio dedicato all’evento “Dieci giorni per la pace” e incentrato sul 50.mo anniversario della “Pacem in Terris”, l’enciclica siglata da Giovanni XXIII nel 1963. “Questa enciclica – si legge nel messaggio a firma del presidente dei vescovi, mons. Peter Takeo Okada – offre insegnamenti sui diritti e i doveri dell’uomo, sull’autorità dello Stato e sul bene comune, insieme a temi di interesse internazionale come verità, giustizia, solidarietà, la questione dei rifugiati, il disarmo e lo sviluppo economico”. E non solo: “Il sottotitolo dell’enciclica – scrivono ancora i presuli –‘Sulla pace fra tutte le genti, nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà’, esprime l’idea fondamentale che all’origine della pace c’è la tutela dei diritti e della dignità umana e che la stessa pace può essere realizzata solo quando lo sviluppo dell’uomo è mirato alla costruzione di una società più umana”. (A cura di Isabella Piro)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia - Città della Pieve, dal titolo “Accolti dai poveri, a Rio de Janeiro”.

    Un nuovo inizio per la Chiesa in Brasile: sul viaggio del Papa a Rio de Janeiro intervista di Gianluca Biccini al cardinale Claudio Hummes.

    Augusto Pessina riguardo alla nuova legge sulle staminali embrionali umane in Francia.

    Un articolo di Cristian Martini Grimaldi dal titolo “La lezione del segundo san Francisco Xavier”: rileggendo “Yo vivi la bomba atomica” del gesuita Pedro Arrupe.

    Potentissima madre: Fabrizio Bisconti sull’icona mariana conservata nella basilica pontificia di Santa Maria Maggiore.

    La forza di Angela: Felice Accrocca sui testi della mistica di Foligno sotto il bisturi della filologia.

    A caccia di avventure (in poltrona): Rossella Fabiani sull’Iran e la Georgia attraverso le guide.

    L’indispensabile via del dialogo in Medio Oriente: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

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    Oggi in Primo Piano



    Allarme terrorismo: gli Stati Uniti chiudono 21 sedi diplomatiche. Si teme un attacco di Al Qaeda

    ◊   Saranno 21 le sedi diplomatiche statunitensi chiuse domani per un “allarme terrorismo”. In un comunicato del Dipartimento di Stato americano si parla di minacce “gravi e credibili”. Obiettivi di Al Qaeda sarebbero ambasciate e turisti americani in Africa e Medio Oriente. Su questo allarme, Michele Raviart ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:

    R. – E’ un allarme che viene da più fonti, fonti principalmente di tipo elettronico, ed anche da alcuni informatori sul terreno, nelle zone dove sono presenti Al Qaeda e le realtà ad essa vicina. Si teme un possibile attacco verso i cosiddetti “bersagli morbidi”, sullo stile di quanto avvenuto in Spagna alcuni anni fa. E’ per questo che nei confronti dei cittadini americani e delle delegazioni diplomatiche, il dipartimento di Stato ha provveduto alla chiusura precauzionale delle ambasciate.

    D. – Questo allarme riguarda anche i cittadini. Cosa rischia la gente comune?

    R. – La gente comune rischia di trovarsi, come spesso avviene, coinvolta nei terribili atti terroristici, in mezzo a quello che ormai è il mondo di oggi, cioè una realtà che non è più sicura come vorremmo che fosse, anche se naturalmente le forze dell’ordine e i servizi di Intelligence lavorano esattamente per far sì che ciascuno di noi possa vivere con serenità la propria quotidianità.

    D. – Che cosa vuole nel 2013 Al Qaeda?

    R. – Al Qaeda vuole innanzitutto riprendere il suo punto di centralità nel mondo dei movimenti jihadisti. Realtà che ha un po’ perso, negli ultimi anni, a seguito delle efficaci attività di antiterrorismo, che sono state svolte dalla comunità internazionale. Al Qaeda adesso è una realtà meno centralizzata del passato, ma non di meno presente con una serie di realtà religiose che vanno dal Corno d’Africa, allo Yemen, all’Africa subsahariana, che sono particolarmente strutturate e presenti su quelle aree.

    D. – Abbiamo parlato dello Yemen, che tra l’altro è l’unico Paese nel quale sono state chiuse anche alcune ambasciate europee. Perché in quel Paese è particolarmente sensibile l’allarme terrorismo?

    R. – Perché è un Paese dove da molto tempo si vive una realtà di difficoltà, di autorevolezza da parte del potere centrale, che si scontra con dinamiche tribali e religiose endemiche all’interno della nazione. Questo rende lo Yemen un Paese particolarmente importante e da supportare nelle politiche di prevenzione.

    D. – Sembra esserci un allarme minore in Europa. Si è detto che i Marines sono pronti ad intervenire. Qual è la situazione della sicurezza europea e, a questo punto, italiana in particolare, riguardo alla minaccia del terrorismo?

    R. – Le operazioni che negli ultimi anni hanno caratterizzato le attività di prevenzione, di antiterrorismo nel nostro Paese dimostrano come le forze dell’ordine e i servizi abbiano lavorato in maniera eccellente. Da noi non è avvenuto quello che è avvenuto purtroppo in altri Paesi. Questo non vuol dire che la linea della tensione si sia abbassata, anzi, semmai, continua a mantenersi estremamente elevato il livello di guardia. Nondimeno in Europa, grazie ad una tradizione di qualità proprio delle Forze dell’ordine e dei servizi di Intelligence, molte delle realtà, delle cellule terroristiche sono sotto controllo. Questo, però, naturalmente non esclude i cosiddetti lupi solitari o altre realtà, che oggettivamente sono così piccole da rischiare spesso di andare sotto i radar della sorveglianza.

    D. – Si può fare un bilancio della lotta al terrorismo? A che punto siamo?

    R. – E’ una battaglia che riguarda soprattutto la politica e lo stato sociale all’interno dei diversi Paesi. Guardare la lotta ad Al Qaeda, al terrorismo a matrici religiose, esclusivamente dal prisma dei risultati di tipo “militare” non è sufficiente. Ci vorranno molti anni e soprattutto occorreranno forti politiche di collaborazione e di supporto all’instaurazione nei nostri Paesi di realtà democratiche, considerate dai propri cittadini autorevoli e non solo autoritarie.

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    Egitto. Usa adottano misure di sicurezza. Segnali di dialogo tra islamisti e fronte laico

    ◊   In Egitto continuano i sit-in dei Fratelli Musulmani che protestano per la deposizione del presidente Morsi. Intanto, gli Stati Uniti adottano misure di sicurezza a difesa del personale diplomatico, dopo le accuse di Al Qaeda a Washington di aver complottato con i militari per destituire il capo dello Stato. Sul fronte politico si intravedono, tuttavia, timidi segnali di apertura al dialogo. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesca Paci, inviata della Stampa per il Medio Oriente:

    R. - Sicuramente, ci sono dei tentativi di avvicinamento. Ne è prova l’intervista che il vicepresidente, Mohamed El Baradei, ha concesso al Washington Post, nella quale parla della necessità di riconciliazione nazionale. Il problema è che, poi, quello che succede in piazza è un muro contro muro, nel senso che i sostenitori del deposto presidente Morsi sembrano decisi a non smantellare il sit-in principale, quello che si trova a Nasser City, ma anzi a inaugurarne di nuovi. Chiaramente, questo è qualcosa che l’esercito non potrebbe tollerare.

    D. - Da una parte, il fronte musulmano decapitato, in qualche modo, con la deposizione del presidente Morsi. Dall’altra, il fronte laico che neanche in questa situazione riesce a darsi un leader. Potrebbero avere la meglio i militari e con quali conseguenze?

    R. - Io credo che i militari, qualunque cosa facciano, cerchino il sostegno popolare. Quindi, da questo punto di vista, come dicono tantissimi leader in Egitto, portano avanti un colpo di Stato anomalo, nel senso che i militari chiedono dalla gente di essere legittimati e la verità è che la gente li legittima realmente.

    D. - Il leader di Al Qaeda, Al Zawahiri, ha accusato apertamente gli Stati Uniti di avere, assieme ai militari, favorito la deposizione del presidente Morsi. Ma se così fosse, che interesse ci sarebbe stato nel togliere il potere a un leader che, comunque, teneva in mano la situazione con una certa stabilità?

    R. - Contrariamente a quello che gli egiziani pensano, la dichiarazione di Al Zawahiri prova non solo quanto gli americani non siano direttamente coinvolti, ma quanto siano stati invece spiazzati rispetto a quanto accaduto e quanto poco riescano a capire di quello che accadrà. Prova ne sia, che vengono detestati da entrambe le piazze. Invece, i liberal, quelli che appoggiano i militari, ritengono che gli americani hanno sostenuto troppo a lungo i Fratelli musulmani al potere. Adesso che il segretario di Stato, John Kerry, dal Pakistan ha detto che tutto sommato l’esercito sta lavorando per portare la democrazia, gli islamisti dicono: “Allora stanno con gli altri”. Il fatto che in questo momento gli Usa vengano detestati da parte di tutti, prova quanto, secondo me, in realtà gli americani siano interessati alla stabilità in Egitto, ma non capiscono da quale parte possa arrivare.

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    Afghanistan. Attacco terroristico a consolato indiano: almeno 8 morti

    ◊   È di almeno 8 morti, tra cui tre bambini, e 25 feriti, il bilancio di un grave attentato avvenuto stamattina in Afghanistan, nei pressi del consolato indiano di Jalalabad. L’attacco è avvenuto all’indomani dalla diramazione dell’allarme terrorismo nell’area da parte degli Stati Uniti. Il servizio di Roberta Barbi:

    Un attacco kamikaze è tornato a insanguinare oggi l’Afghanistan, e precisamente Jalalabad, capoluogo dell’instabile provincia di Nangarhar. L’obiettivo è stato il consolato dell’India: cinque gli attentatori, due dei quali si sono fatti esplodere all’interno di un’auto carica di esplosivo; gli altri hanno ingaggiato una sparatoria con le forze dell’ordine. Non ci sono vittime tra i funzionari, ma i morti sono quasi tutti civili afghani che stavano uscendo da una moschea nelle vicinanze: tra loro anche alcuni bambini che seguivano un corso di religione. Molti anche i danni materiali e traffico bloccato nell’area colpita. Nessuna rivendicazione, per ora, ma i talebani prendono le distanze dall’attentato. Una dura condanna arriva anche dal Ministero dell’Interno: “Tali atti sono contrari ai valori dell’Islam –si legge in un comunicato – e ai valori in cui credono gli afghani pacifici”. Non è la prima volta che in Afghanistan le sedi diplomatiche indiane finiscono nel mirino dei terroristi: era già accaduto nel 2008 e nel 2009 e ad essere stata colpita era l’ambasciata indiana a Kabul; gli attacchi opera del gruppo pakistano Lashkhar-e-Taiba.

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    Italia. Berlusconi prospetta ritorno al voto. Bondi: il Paese rischia guerra civile

    ◊   In Italia appare incerta la sorte del governo Letta. Dopo la condanna definitiva per frode fiscale, Silvio Berlusconi prospetta la via di nuove elezioni se non ci sarà una riforma della giustizia. Ma per il Pd una riforma, come quella indicata dal Pdl, è improponibile. Far cadere il governo - ha detto il premier Enrico Letta - è un delitto, ma il momento è difficile. Per il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, il Paese rischia di precipitare nel baratro se non verranno trovate soluzioni adeguate. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “O la politica – ha detto Bondi - è capace di trovare delle soluzioni capaci di ripristinare un normale equilibrio fra i poteri dello Stato e nello stesso tempo rendere possibile l'agibilità politica del leader del maggior partito italiano, oppure l'Italia rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti”. Ma quali sono i rischi, soprattutto in ambito economico, in caso di caduta del governo Letta? Risponde l’economista Alberto Quadrio Curzio:

    “I rischi sarebbero molto gravi e molto pesanti, perché la crisi economica italiana non è certamente superata: la valutazione dei titoli di Stato del nostro Paese continua ad essere traballante e quindi gli spread potrebbero allargarsi a dismisura ed infine perché il contesto politico internazionale giudicherebbe che l’instabilità dell’Italia è davvero un’entità patologica. Bisogna anteporre certamente gli interessi del Paese a quelli dei partiti. Teniamo conto che il tasso di disoccupazione nel nostro Paese ha raggiunto più del 12 %; che la disoccupazione giovanile è quasi al 40%; che la crescita è negativa; che le imprese stanno chiudendo. Chiunque abbia a cuore il bene comune, non può pensare ad una crisi di governo che sarebbe certamente contro gli interessi del popolo italiano”.

    I parlamentari e i ministri del Pdl – ha detto Renato Schifani – sono pronti a dimettersi se non sarà accolta, dal presidente Napolitano, la richiesta di grazia. Per il segretario del Partito Democratico, Guglielmo Epifani, il Pdl vuol far ricadere sul Pd la responsabilità della rottura del patto di governo. Il Pd – ha detto Epifani - è pronto a tutto. E’ inaccettabile – ha aggiunto - la riforma della giustizia proposta dal Pdl. La fase politica è dunque delicata. Lo snodo cruciale è stabilire le priorità per il bene del Paese. Ancora l’economista Quadrio Curzio:

    “Credo che il popolo italiano possa avere un riferimento specifico su ciò che è necessario e su ciò che non è necessario nel presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che è un fedele interprete della Costituzione e della democrazia italiana”.

    Il Pdl ha infine reso noto che domani scenderà in piazza a Roma in difesa del suo leader, Silvio Berlusconi, e per chiedere la riforma della giustizia.

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    Dichiarato donna senza intervento chirurgico. Controversa sentenza del Tribunale di Rovereto

    ◊   Nato maschio, oggi sui documenti ha ottenuto di essere identificato come femmina, senza dover ricorrere ad intervento chirurgico o a sterilizzazione. E’ accaduto a Rovereto dove il Tribunale ha accolto la richiesta di un uomo cinquantenne che dichiarava con decisione di sentirsi donna, senza vivere per questo “conflittualità” psicofisiche. Secondo il giudice, l’operazione per rimuovere gli organi genitali è necessaria solo se nell’individuo la discrepanza tra psico-sessualità e sesso anatomico genera un rifiuto nei confronti del proprio corpo. Quale le implicazioni di questa sentenza? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Gianfranco Amato, presidente dei “Giuristi per la Vita”:

    R. – Purtroppo, bisogna dire che questo è l’ennesimo tentativo di introdurre nel nostro ordinamento giuridico il concetto di identità di genere, inteso come la percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico. Si tratta di un cambiamento, anche antropologico, inevitabilmente destinato ad avere gravi e serie conseguenze. Quel che preoccupa e che inquieta, è che questa cosa sia avvenuta non attraverso un processo decisionale del Parlamento, con una legge, ma attraverso la giurisprudenza. E’ una questione antropologica troppo importante per essere lasciata all’esperimento e al laboratorio di magistrati che si arrogano il diritto di diventare giudici legislatori.

    D. – Il benessere psicofisico in questa sentenza è stato determinante per consentire a quest’uomo di essere dichiarato donna …

    R. – Il punto fondamentale è proprio questo: in virtù del concetto della teoria del gender, non si è uomini o donne a seconda del dato oggettivo che emerge dalla natura, ma in base alla percezione soggettiva: cioè, si decide che cosa si è. Per cui, il desiderio diventa diritto, il capriccio diventa diritto. Questo, dal punto di vista giuridico, è molto preoccupante!

    D. – Queste considerazioni cambiano, invece, per chi si sottopone ad un intervento chirurgico?

    R. – No, in realtà non cambiano. Il nostro ordinamento giuridico prevede, oggi, per espressa normativa, che si possa accedere al cambiamento del sesso attraverso l’operazione chirurgica. Ma anche la scelta di sottoporsi ad un intervento chirurgico è figlia di questa impostazione soggettiva.

    D. – Quindi potremmo dire che con questa sentenza c’è un ulteriore arbitrio, un’ulteriore libertà nell’interpretazione della legge?

    R. – Certo: è un passo ulteriore verso la teoria del gender; supera anche quella barriera minima che fino ad oggi è riconosciuta essere la fisicità, quindi non c’è neanche più bisogno dell’intervento che modifichi la natura.

    D. – Questo caso ha tre precedenti, in Italia, tutti a Roma: il primo nel ’97, poi nel 2011 e nel 2012. Ecco, sentenze di questo tipo rafforzano – come lei dice – l’ideologia del gender che, ricordiamo, secondo l’Osservatorio van Thuân per la Dottrina sociale della Chiesa, sta snaturando la natura umana e rappresenta un’emergenza non meno grave ed urgente di povertà e sfruttamento …

    R. – Certo: si sta modificando una concezione antropologica che appartiene a duemila anni di storia! La nostra società è erede della grande civiltà greco-romana, rielaborata anche dall’esperienza storica del cristianesimo, ha un rispetto per l’oggettività del reale, della natura.

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    Chiusi al traffico i Fori imperiali: un'area archeologica unica al mondo

    ◊   La rivoluzione a Roma è iniziata oggi, alle 5.30 del mattino, con la chiusura al traffico privato il tratto compreso tra largo Corrado Ricci e il Colosseo, per dare il via alla pedonalizzazione dei Fori Imperiali. E in serata la "Notte dei Fori" sancirà la partenza del progetto voluto dal sindaco, Ignazio Marino. Potrebbe diventare il parco archeologico più grande al mondo, il cui valore è indiscutibile, al di là della polemiche e dei dubbi che il progetto suscita. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Niente più auto e moto, il grande cuore archeologico della capitale, un’area unica al mondo per estensione e significato, torna ad essere una passeggiata nella storia, da fare a piedi o in bici, per curiosare tra sepolcri, mercati e basiliche che raccontano la vita di secoli, tra Palatino ed Esquilino. Prima una zona paludosa, poi un foro con i suoi primi edifici politici, giudiziari e religiosi, finché Cesare non decise di cambiare le cose, come racconta Romolo Augusto Staccioli, docente di Storia e Archeologia dell’Italia antica:

    “I Fori Imperiali cominciano proprio per iniziativa di Cesare, che per ampliare l’antico foro, cioè la grande piazza centrale della città, fece costruire, adiacente all’antico, un nuovo foro, cioè una nuova piazza porticata con un tempio e così via, che in qualche modo ampliasse l’area del vecchio foro, insufficiente alle necessità della città in continua espansione”.

    I successori di Cesare fecero lo stesso, fino alla sontuosa opera di Traiano, nel II sec. d.C., e il risultato fu una sorta di odierno centro direzionale, dove si decidevano anche le sorti del mondo, visto che l’Impero, ai tempi di Traiano, era esteso su tre continenti.

    “C’è anche questo da tenere in considerazione, perché in alcune delle strutture, degli edifici, delle installazioni di questi fori si svolgevano compiti di particolare importanza, per quanto riguarda il governo non solo della città, ma anzi, soprattutto dello Stato e cioè dell’Impero”.

    Ma come e chi viveva nell’area dei Fori?

    “Si poteva transitare, essendo piazze porticate, circondate di portici, sotto i quali si poteva passeggiare e ci si poteva intrattenere, ci si poteva incontrare e si potevano svolgere funzioni, a volte anche di carattere privato. Sotto alcuni di questi portici erano esposte opere d’arte, sculture, come per esempio nel Foro di Augusto. Erano, quindi, anche dei musei. C’era una grande possibilità di usufruire di questi spazi pubblici da parte di tutta la popolazione. La vita privata in casa era una prerogativa soprattutto delle grandi famiglie, dei ricchi. In genere, la popolazione, i cittadini del ceto medio e, a maggior ragione, i più poveri vivevano in gran parte all’aperto”.

    Ma quanto resta ancora da scoprire in questa immensa area archeologica? Ancora il prof. Staccioli:

    “Da scoprire non c’è molto. Del resto, gli ultimi scavi che sono stati condotti hanno confermato tutto questo, perché la parte ancora sepolta, quella cioè attraversata da via dei Fori Imperiali è costituita, rappresentata dagli spazi aperti, dalle piazze vere e proprie, dove non ci poteva essere molto, qualche monumento forse di secondo ordine. Tutto sommato, quindi, le cose principali, i resti degli edifici più importanti sono stati tutti rimessi in luce, scoperti, e c’è ancora ben poco da scoprire. Salvo, com’è successo per il Foro di Nerva, trovare quelli che sono i resti delle fasi posteriori alla fine del mondo antico, il momento dell’abbandono di queste grandi piazze monumentali e della riutilizzazione molto parziale di alcune strutture”.

    Da qui, l’unicità di uno spazio archeologico, che tutto il mondo invidia alla capitale italiana.

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    Pet therapy: bimba in terapia intensiva al Gemelli salvata dal suo cane

    ◊   Una bella storia a lieto fine. Si tratta del primo caso di pet-therapy in terapia intensiva pediatrica nel Lazio e tra le prime esperienze di questo tipo conosciute in Italia. Una bimba di dieci anni, affetta da mielite postinfettiva con una rara forma di tetraplegia temporanea e depressione, è stata aiutata nelle cure dal suo cane, Porthos, un cucciolo di golden retriver, e ora è guarita. Sull’argomento, Federica Baioni ha intervistato il prof. Giorgio Conti, a capo dell’equipe medica multidisciplinare di rianimatori pediatrici, neuropsichiatri infantili ed ematologi del Policlinico Gemelli:

    R. – Una bimba di 10 anni, una bellissima bimba di 10 anni, ha avuto purtroppo una complicanza molto molto seria. In seguito a una banale infezione ha avuto una mielite, cioè un’infiammazione del midollo spinale per cui purtroppo è rimasta paralizzata – braccia, gambe e anche i muscoli respiratori – ed è stato necessario connetterla a una macchina che la facesse respirare. Così la bimba è piombata in uno stato depressivo profondissimo: si immagini una bimba di 10 anni attivissima, che faceva danza e, che si ritrova tetraplegica in un letto di terapia intensiva

    D. – E’ intervenuto un medico speciale a salvarla: ce lo può raccontare?

    R. – Noi le avevamo provate tutte ma nonostante ci fossero il papà e la mamma, che sono bravissimi, vicino a le, la bimba continuava – dal punto di vista psicologico – a essere in uno stato terribile di depressione profondissima, mutismo assoluto. Per cui, abbiamo pensato alla pet-therapy. Loro hanno un cucciolo di cane, un golden retriver, che si chiama Portos, e abbiamo pensato – ovviamente con l’ok della nostra direzione sanitaria – di provare a fare intervenire Portos. E in effetti, con nostra grande gioia, fin dalla prima sessione di "pet therapy" la bimba è migliorata dal punto di vista psicologico in maniera strepitosa: sia come tono dell’umore, inizialmente, e poi nei giorni successivi – anche grazie, ovviamente, alle cure tradizionali: questo non dobbiamo dimenticarlo – ha cominciato a fare un recupero neurologico strepitoso, che ci ha lasciato senza parole. Abbiamo iniziato a fare fisioterapia in maniera più aggressiva, siamo riusciti a staccarla dal ventilatore, a farla respirare spontaneamente, e sempre con l’aiuto del nostro cucciolo siamo riusciti – nel giro di un paio di mesi – a rimandarla a casa veramente guarita.

    D. – I genitori hanno accettato di buon grado questo vostro intervento, immagino…

    R. – Sì: la famiglia è una famiglia meravigliosa, che ha creduto in noi. Consideri che per le cure di questa bimba siamo stati un’équipe multidisciplinare composta di rianimatori pediatrici, di ematologi e di neurologi pediatrici. E loro erano legatissimi: è stata veramente quella che si chiama un’alleanza terapeutica, per ottenere l’effetto massimale. Ci hanno creduto e ci hanno supportato. Ovviamente, c’è una cosa molto importante da dire, e bisogna dirla assolutamente, anche per il pubblico: non è che si può prendere qualsiasi animale, metterlo in una terapia intensiva pediatrica, senza regole e sperare di ottenere il risultato. La pet therapy si basa sul contatto con animali di piccola taglia, se possibile, che siano assolutamente, perfettamente sani. Entrano con un protocollo strettissimo, nel senso che devono essere visitati da un veterinario, devono essere vaccinati, devono essere pulitissimi, vengono fatti transitare all’interno della terapia intensiva su un carrello in modo che non debbano camminare per il reparto, e poi stanno con il bimbo, lo fanno giocare, lo fanno sorridere… E’ stato il primo caso che abbiamo trattato con la pet therapy: ci credevamo, per quello che avevamo letto – negli Stati Uniti è abbastanza diffusa, anche nel nostro Paese, anche se non nelle terapie intensive.

    D. – E’ il primo caso nel Lazio di pet therapy in terapia intensiva, vero?

    R. – Sono al corrente di un programma di pet therapy che è stato attivato anche a Milano in un altro ospedale pediatrico, e credo che questi siano veramente i primissimi casi.

    D. – Quanti casi in Europa ci sono stati prima di questo nel Lazio, del vostro?

    R. – In terapia intensiva pediatrica credo si contino sulle dita di una, massimo due mani, perché veramente è una cosa un po’ fuori dal comune. Invece noi abbiamo intenzione proprio di partire con un programma di pet therapy, ovviamente con indicazioni molto precise, insieme ai neurologi pediatrici: non è una cosa sulla quale fare trattamento senza indicazioni precise, ovviamente. Rispettando le regole e con le dovute attenzioni, io credo sia possibile ottenere buonissimi risultati per questi bimbi, che in terapia intensiva pediatrica hanno già tanti problemi: riuscire a farli sorridere e riuscire a farli tornare a giocare. Questo è un po’ lo scopo.

    D. – Lei pensa che questo tipo di esperienza possa essere declinata anche su un paziente adulto?

    R. – Assolutamente sì. C’è esperienza sull’adulto molto molto ampia negli Stati Uniti: nelle linee guida della terapia intensiva è previsto che, se un paziente ricoverato in terapia intensiva abbia un cane, un gatto o un animaletto a cui è affezionato, possa ricevere la visita anche del suo cucciolo, del suo animale. Quindi, sull’adulto è forse ancora più facile da realizzare che in terapia intensiva pediatrica.

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    Il restauro del "Tesoro di S. Francesco": 293 reliquie nella chiesa "romana" del Santo di Assisi

    ◊   “I tesori di san Francesco a Ripa” è il titolo del progetto di restauro riguardante 293 autentiche di reliquie e del parato liturgico dell'Immacolata Concezione, risalente alla metà del 1700, presentato di recente a Roma nella chiesa ritenuta la casa "romana" del Santo di Assisi. Questa iniziativa di Confartigianato Imprese Roma si inserisce fra i principali eventi per celebrare il prossimo 4 ottobre la Festa di S. Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, insieme con l’onomastico di Papa Francesco. Daniel Ienciu ha parlato del restauto e degli oggetti che lo riguardano con Giancarlo di Nunzio, coordinatore del progetto:

    R. – La Chiesa trasteverina di San Francesco a Ripa contiene molti tesori: alcuni hanno bisogno di essere restaurati altri no. Ritengo che il principale tesoro sia la cella del Santo: questa piccola stanza dove San Francesco di Assisi alloggiava quando era a Roma. In questa stanza, è contenuta una pietra, un sasso su cui il Santo posava la testa. C’è anche un bellissimo armadio all’interno del quale sono custodite le reliquie dei più importanti Santi francescani. Capolavori custoditi in San Francesco a Ripa: un crocefisso di bronzo di Alessandro Algardi, la statua di Ludovica Alberoni del Bernini, una delle ultime opere di questo pittore, e anche un ritratto-tavola di San Francesco di Margaritone d’Arezzo, opera che risale al 1200.

    D. – Ci spiega qual è la caratteristica della Chiesa di San Francesco a Ripa?

    R. – La caratteristica di questa Chiesa – con l’annesso Convento – è l’essere considerata la “casa di San Francesco a Roma”: quando San Francesco veniva a Roma, alloggiava in questa Chiesa, che risale al IX secolo. All’epoca era annesso alla Chiesa un piccolo ospedale per i pellegrini che sbarcavano nel vicino porto di Ripa Grande. San Francesco ha soggiornato più volte in questo convento dal 1219. Nel 1229, soltanto tre anni dopo la morte del Santo, Papa Gregorio IX ne decretò la definitiva cessione ai Frati minori. Nel 1231, veniva eretta la prima Chiesa dedicata a San Francesco di Assisi.

    D. – Quali sono state le conclusioni di questo incontro?

    R. – Questa iniziativa si concluderà con l’esposizione di questi manufatti che verranno restaurati – mi riferisco alle 293 autentiche di reliquie e al parato liturgico della Immacolata Concezione – e il 2 ottobre sarà inaugurata una mostra con ingresso libero per chi la vorrà visitare e che rimarrà aperta fino al 10 ottobre. Questa mostra fa parte degli eventi dedicati a celebrare il 4 ottobre la Festa di San Francesco di Assisi, Patrono di Italia, ma quest’anno per la prima volta nella storia della Chiesa anche l’onomastico del Santo Padre.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 18.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù è interpellato da due fratelli che litigano sull’eredità paterna. Il Signore risponde con una parabola e dice:

    «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Anche questa Domenica, che trova molti di noi in vacanza, il Signore risorto viene a cercarci con la sua parola, viene a mettere a nudo le radici delle nostre ansie, dei nostri affanni, divisioni e guerre. La parabola che la Liturgia ci propone è la risposta a due fratelli: uno ha rubato tutta l’eredità, e l’altro protesta per l’ingiustizia subita. A tutti e due, ma anche a noi, Gesù dice: Siete fuori strada. “La vita non dipende da ciò che uno possiede”. Lo dimostra il ricco della parabola, e i tanti ricchi di oggi che si affannano per accumulare ricchezze, anche quando i magazzini scoppiano al punto che bisogna costruirne di più grandi, e finalmente ci si può dire: “Anima mia, ti sei assicurata la vita per molti anni, ora riposati, mangia, bevi e divertiti!”. La parola del Signore, con ironia di fronte alla stupidità provocata dalle ricchezze, ci annunzia dove tutto questo va a finire: “Stolto, questa notte ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”. E conclude: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. Davanti all’”enigma della condizione umana, che diventa massimo davanti alla morte” (GS 18), la prima risposta esistenziale da cercare è il senso della vita. La vita non può ridursi ad affanno, a violenza quotidiana per assicurarci quattro centesimi, gestiti dalle banche, a rincorrere vanità, riempiendo la casa di nullità, di polvere – che chiamiamo comodità –, senza avere neppure più tempo per ciò che conta davvero: sediamoci alla mensa con Cristo, mangiamo il suo corpo, beviamo il suo sangue, e sapremo da dove ci viene la vita.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Appello dei ribelli per p. Dall’Oglio. Unicef: 400 mila in trappola a Homs

    ◊   Dopo una notte e una mattinata di combattimenti, un gruppo di ribelli appartenenti a sigle diverse è riuscito a espugnare un deposito di armi a nord di Damasco, in Siria, precisamente nei pressi del villaggio di Qaldun, situato a ridosso della strategica autostrada che collega la capitale ad Aleppo. La notizia è data dall’Osservatorio siriano dei Diritti umani, che riferisce anche del contenuto del deposito: per lo più armi anticarro, missili terra-terra e diverse munizioni. Sempre i ribelli, riuniti nella Coalizione nazionale siriana che si oppone ad Assad, hanno manifestato oggi “profonda preoccupazione” per la sorte del gesuita, padre Paolo Dall’Oglio, di cui si sono perse le tracce da lunedì scorso, sollecitando “la divulgazione di qualunque informazione suscettibile di contribuire a stabilire dove si trovi e a garantirne l’incolumità”. Ma un altro appello allarmante arriva dall’Unicef che denuncia le condizioni di circa 400 mila persone, tra cui molti bambini, “intrappolati” dalla guerra nel quartiere Al-Waer di Homs, dove i nuovi posti di blocco stanno impedendo agli aiuti di entrare. Il direttore esecutivo dell’agenzia Onu, Anthony Lake, rivolge un appello “a tutte le parti in causa per facilitare un accesso sicuro alle famiglie e fornire assistenza essenziale in particolare a quelle di Al-Waer, che vogliono andare via in modo dignitoso e sicuro”. (R.B.)

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    India. Lo Stato del Mahdya Pradesh verso una modifica alle legge sulle conversioni

    ◊   La democrazia in India potrebbe essere in pericolo: questa la denuncia del "Global Council of Indian Christians", che attraverso AsiaNews riferisce che nello Stato del Mahdya Pradesh, guidato da un partito nazionalista indù, si vorrebbe far passare un emendamento alla legge anti-conversione che porterebbe a quattro anni di carcere e a multe salate per chi opera conversioni, sacerdoti compresi. “Non ratificare la modifica sarebbe un segno di democrazia, soprattutto in vista del 67.mo anniversario dell’indipendenza dell’India, che si festeggia il 15 agosto", afferma il presidente del Council, che ha inviato una petizione al governatore dello Stato. "Il governo - incalza - cerca di imporre una simile legge per compiacere la maggioranza indù in vista delle prossime elezioni”. L’emendamento impone ai sacerdoti di fornire alle autorità locali, almeno un mese prima della cerimonia, tutti i dettagli dei fedeli che hanno deciso di abbracciare la nuova religione, rischiando anche di venir accusati di conversione forzata e di dover pagare una multa da 50 a 100 mila rupie, oltre a tre o quattro anni di prigione. (R.B.)

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    Nigeria. Mons. Doeme: Boko Haram è prodotto della corruzione nazionale

    ◊   Il vescovo di Maiduguri, nel nord della Nigeria, mons. Oliver Dashe Doeme, denuncia alla Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” la precaria condizione in cui versa il Paese, anche a causa dell’imperversare del gruppo estremistico Boko Haram, che definisce “un prodotto della corruzione dilagante”. “Per combatterli è assolutamente necessario porre un freno a questa piaga – sono le sue parole riferite dal Sir – e assicurare un futuro ai nostri giovani”. Un altro problema della società nigeriana, secondo il presule, è che l’economia si basa quasi esclusivamente sull’estrazione del petrolio: “Gli altri settori non sono sostenuti adeguatamente – ha aggiunto – soprattutto quello agricolo. Eppure, la Nigeria è un Paese ricco di risorse”. Un intervento immediato anche negli ambiti economici, invece, sottrarrebbe i giovani alle pressioni dei gruppi fondamentalisti. In questo contesto, il clero nigeriano “continua a offrire la propria testimonianza di fede; i sacerdoti rimangono nelle parrocchie e continuano a servire la comunità a rischio della loro stessa vita”. Intanto, arriva la notizia che il capo del gruppo di Boko Haram, Shekau, rimasto ferito in una sparatoria, è stato deposto dai suoi e sostituito con Abu Zamira Mohammed, il principale sostenitore dei negoziati che da qualche tempo sarebbero stati avviati con il governo di Abuja. Secondo indiscrezioni, l'esecutivo avrebbe accettato il cessate-il-fuoco proposto da Boko Haram il 26 giugno scorso, a patto che fosse destituito l'allora capo Shekau. Ciò fa ben sperare per un futuro di pace. (R.B.)

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    Iran. Si insedia il nuovo presidente Rohani, polemiche con Israele

    ◊   La Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha dato la sua approvazione ufficiale alla scelta di Hassan Rohani come nuovo presidente dell’Iran, eletto nel giugno scorso, nel corso di una cerimonia ufficiale alla presenza delle massime autorità del Paese. Rohani, che questa domenica s’insedia in carica, è già stato protagonista di un episodio che ha avuto immediata risonanza internazionale: alcune sue dichiarazioni su Israele hanno causato la pronta reazione di Netanyahu. Il neopresidente iraniano ha accusato alcuni organi di stampa di aver distorto il suo pensiero. Intanto, alla cerimonia di insediamento sono attesi diversi capi di Stato e di governo da tutto il mondo (tranne da Israele e Stati Uniti, unici non invitati), ma la sola personalità occidentale che ha confermato la sua presenza è l’ex Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana. Israele teme che la cerimonia diventi una sostanziale legittimazione delle ambizioni nucleari del Paese da parte delle cancellerie occidentali. Più che il nucleare o il rapporto con Israele, però, la principale sfida che l’Iran di Rohani si troverà ad affrontare riguarda la grave crisi economica in cui versa il Paese, con un’inflazione pari al 45%. A pesare sull’economia sono anche le sanzioni internazionali emesse per la persistente incapacità di trovare un accordo sul piano nucleare, che ha tagliato la principale fonte di ricavo iraniana, cioè l’esportazione di petrolio. (R.B.)

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    Iran. Giovane convertito al cristianesimo condannato a 10 anni di carcere

    ◊   Un giovane iraniano è stato condannato a dieci anni di carcere per essersi convertito al cristianesimo, fatto che viene definito “attentato alla sicurezza nazionale della Repubblica Islamica”. A dare la notizia è il sito d’informazione Herana che si occupa spesso di questioni legate ai diritti umani e alla libertà religiosa. Secondo quanto riportato, Mostafa Bordbar, questo il nome del ragazzo che vive a Rasht, sul Mar Caspio, è stato riconosciuto colpevole dal Tribunale della Rivoluzione di Teheran di aver partecipato “a riunioni religiose in chiese clandestine” e di aver fatto “propaganda religiosa nel Paese”. L’arresto sarebbe avvenuto nel dicembre dello scorso anno, mentre il giovane stava celebrando il Natale in una chiesa privata. Negli ultimi anni in Iran c’è stato un vero e proprio giro di vite della magistratura contro coloro che si convertono dall’Islam ad altre religioni: non solo il cristianesimo, ma anche lo zoroastrismo e la fede baha’i: circa 300 persone sarebbero state arrestate per questi motivi in un Paese in cui tale reato può essere punito addirittura con la pena capitale. (R.B.)

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    Navi Pillay: stop al piano israeliano di espulsione dei beduini dal Negev

    ◊   L’Alto Commissario Onu per i Diritti umani, Navi Pillay, ha criticato duramente il piano approvato dal governo israeliano che mira ad espellere 40 mila arabi beduini dalla regione meridionale del deserto del Negev. Il piano "Prawer-Begin" approvato dall’esecutivo di Tel Aviv prevede la demolizione di 40 villaggi beduini e la confisca di oltre 70 mila ettari di terra. I beduini, ha sottolineato la Pillay, hanno gli stessi diritti che hanno gli altri abitanti israeliani ed ha aggiunto che il governo di Tel Aviv deve riconoscere i diritti di proprietà sulla terra della comunità beduina. Per la Pillay, il governo israeliano sta perseguendo una “politica discriminatoria” nei confronti di questa popolazione e dunque il piano "Prawer-Begin" deve essere fermato. Nel deserto del Negev vivono oltre 260 mila beduini, molti dei quali in condizioni di estrema povertà. In questi giorni si sono moltiplicate le manifestazioni di protesta per chiedere di fermare le demolizioni. Nei giorni scorsi, inoltre, Amnesty International ha chiesto con forza di non procedere con il piano di espulsione dei beduini. (A.G.)

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    Successo del “Progetto Convergenza” contro il lavoro minorile in India

    ◊   Si chiama “Progetto Convergenza” l’iniziativa del Programma internazionale per l’eradicazione del lavoro infantile dell’Organizzazione internazionale del lavoro che fa capo alle Nazioni Unite e che ha coinvolto le autorità delle zone urbane e rurali di cinque Stati dell’India. L’obiettivo è quello di prevenire il lavoro minorile e recuperare i piccoli che già lavorano, ma la parte del recupero è più ampia e include anche i genitori, perché è stato rilevato che la loro indipendenza economica è fondamentale in merito. Il progetto – conclude la Fides – sta riscuotendo particolare successo nella città indiana di Muskan, dove i volontari sono accanto ai funzionari del distretto per fornire servizi alle famiglie dei bimbi costretti a lavorare. (R.B.)

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    Mauritania. Terres des Hommes in aiuto alle bambine sfruttate

    ◊   La Fondazione francese Terres des Hommes si occupa da anni dei minori in Mauritania, in particolare delle bambine costrette a lavorare, che poi spesso sono vittima di violenze e abusi dai loro stessi datori di lavoro. Circa un terzo fra loro, il 33%, è stato reinserito nella società grazie al lavoro della Fondazione, che mostra tale realtà in un video-documentario intitolato “Petit Bonnes”, dedicato allo sfruttamento lavorativo domestico delle bambine, per lo più tra i 5 e i 13 anni d’età e provenienti dalle aree rurali più povere. I dati riferiti dall’agenzia Fides e aggiornati al giugno 2013 parlano di oltre 2500 piccole con meno di 14 anni soccorse dalla Fondazione che le ha trovate in condizioni davvero precarie: non andavano a scuola ed erano sottoposte a turni di lavoro massacranti, oltre ad essere spesso aggredite e stuprate. La Fondazione, infine, è impegnata anche nell’aiuto alle donne che vogliono aprire esercizi commerciali quali sartorie, saloni da parrucchiere o negozi che vendono generi alimentari o bevande. (R.B.)

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    Terra Santa: l’Anno della Fede si chiuderà il 17 novembre con una giornata speciale

    ◊   L’Anno della Fede in Terra Santa si concluderà ufficialmente domenica 17 novembre con una solenne celebrazione al Monte del Precipizio presieduta dal Patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal. Lo riferisce l’agenzia Fides, cui il vicario patriarcale del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali, racconta che il governo si è molto adoperato affinché il luogo sia in grado di accogliere circa 60 mila fedeli appartenenti a varie comunità nazionali, tanto che si sta pensando a una celebrazione in più lingue. Lo stesso giorno, inoltre, denominato “Giornata internazionale della Fede”, si avrà la possibilità di visitare i Luoghi Santi di Nazareth e di partecipare a una fiaccolata diretta verso la Basilica dell’Annunciazione. L’evento è stato promosso dalle Chiese cattoliche di Terra Santa assieme alla Custodia francescana per chiudere l’Anno indetto da Benedetto XVI, vissuto come “tempo di particolare riflessione per favorire una sempre più piena conversione a Dio” nella città dove l’Incarnazione di Cristo ha avuto inizio. La celebrazione anticiperà di una settimana la chiusura solenne dell’Anno della Fede in Vaticano, in calendario il 24 novembre. (R.B.)

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    Colombia, al via l'ottavo Congresso mondiale degli ex alunni gesuiti

    ◊   Educazione e impegno sociale saranno i temi al centro dell’ottavo Congresso mondiale degli ex-alunni gesuiti, che verrà ospitato a Medellín, in Colombia, dal 14 al 18 agosto prossimi. Secondo quando riferito all’agenzia Fides dalla Curia generalizia dei gesuiti - e secondo quando riferito dal presidente del Congresso, Fabio Tobón, che assieme a padre Donaldo Ortiz ha organizzato l’evento - si sta lavorando da due anni affinché vengano in Colombia gli ex-alunni di circa 120 Paesi. Il preposito generaledella Compagnia, padre Adolfo Nicolas, terrà il discorso di apertura. Seguiranno sei conferenze e gruppi di studio, molto importanti, ha sottolineato Tobón, "per conoscere ciò che gli ex-alunni stanno facendo in ogni parte del mondo e in quali opere sociali sono impegnati". Secondo quanto riferito dagli organizzatori, ciò aiuterà a migliorare l’impegno gesuita in Colombia, anche nel campo sociale. (F.B.)

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    A ottobre a Brasilia la Settimana della formazione sulla parrocchia missionaria

    ◊   "La pastorale missionaria: la natura, gli ambiti, le vie": è questo il tema della Settimana di formazione sulla parrocchia missionaria, in programma dal 14 al 18 ottobre a Brasilia, capitale del Brasile. Giunta alla sua quarta edizione, la Settimana è promossa dal Centro culturale missionario della città, dalla Commissione episcopale per la Missione continentale e dalle Pontificie Opere Missionarie. Secondo quanto riportato all’agenzia Fides da mons.Sergio Braschi, presidente della Commissione episcopale per l'Azione missionaria e del Consiglio missionario nazionale, l'iniziativa si propone di riflettere sulla possibilità, per la parrocchia, di diventare missionaria in modo efficace attraverso una corretta formazione degli operatori, di una ristrutturazione del suo ambito, di un'evangelizzazione efficace nel suo contesto socioculturale e di un'animazione missionaria che riesca a rilanciarsi nella collaborazione interecclesiale. Gli organizzatori auspicano che l'evento serva anche da stimolo per una formazione più approfondita dei sacerdoti del Brasile su questo tema. (F.B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 215

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.