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Sommario del 28/09/2012
◊ “Il Messaggio cristiano viene seminato e si radica efficacemente là dove è vissuto in modo autentico ed eloquente da una comunità”: è quanto afferma il Papa in un messaggio inviato in occasione dell’apertura ieri a San Gallo, in Svizzera, della plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee). Benedetto XVI invita a “riflettere sul perenne compito dell’evangelizzazione e sulla sua attuale rinnovata urgenza” nella consapevolezza che l’annuncio deve essere sostenuto “dalla testimonianza della carità fraterna" e animato "dalla preghiera comune”. Il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, da parte sua, ha sottolineato che l’Europa è travolta da una crisi di speranza e priva di motivazioni spirituali – ha precisato - rischia di perdere la sua piena realizzazione. Nella Messa di questa mattina, il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che l´Europa è chiamata a essere fiduciosa, perché la fiducia è una premessa per dare un servizio generoso e sereno ai cittadini. Da San Gallo il servizio del nostro inviato Mario Galgano:
L´incontro annuale dei vescovi europei è dettato dall’ansia pastorale delle Chiese in Europa, ma anche dal desiderio di dare un doveroso contributo al cammino dell’Europa, ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco nella sua omelia a San Gallo questa mattina. Il destino dell’Europa – ha aggiunto - non è tanto una unità di interessi, ma una comunità di destino. Quindi ha rilevato che l’esistenza umana, come la storia delle Nazioni, è una sequenza di pagine diverse, di luci e di ombre, di alti e di bassi, di gioie e dolori. Si susseguono abbracci e lontananze, successi e delusioni, parole e silenzi. Dopo la Messa, celebrata nella cattedrale di San Gallo, sono continuati i lavori su temi che riguardano le Chiese in Europa. Con l'aiuto di alcuni esperti, i vescovi stanno approfondendo gli aspetti economici, sociali, politici, ma anche ecclesiali e pastorali, della crisi che colpisce il vecchio continente. L´obiettivo – come ha anche sottolineato il cardinale Bagnasco – è di rilanciare l'impegno dei credenti per l'evangelizzazione nel mondo contemporaneo. La sessione plenaria annuale dell'organismo ecclesiale è iniziata ieri con un’ampia prolusione del presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee), cardinale Péter Erdő. Il cardinale ungherese aveva affermato che "la cosiddetta crisi economica e finanziaria pone una serie di questioni fondamentali sul funzionamento dell'economia, della società e della democrazia in Europa". La plenaria dei vescovi europei si svolgerà fino al 30 settembre: la cittadina Svizzera è stata scelta come sede dell’incontro per commemorare il 1400.mo anniversario dell’arrivo di San Gallo nell’omonimo cantone.
◊ Il Premio Ratzinger 2012, giunto alla seconda edizione, sarà consegnato il prossimo 20 ottobre dal Papa al filosofo e storico francese Rémi Brague e al teologo statunitense Brian Daley. Il Premio è stato presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Camillo Ruini, presidente del comitato scientifico della Fondazione Joseph Ratzinger–Benedetto XVI e da mons. Giuseppe Scotti, presidente della Fondazione vaticana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Le parole pronunciate da Benedetto XVI nell’omelia della Pasqua di quest’anno delineano lo scopo della Fondazione vaticana: porre al centro della riflessione la questione di Dio. “Il buio veramente minaccioso per l’uomo – aveva detto il Papa – è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga”. Porre agli occhi dell’opinione pubblica la “questione di Dio” – ha detto mons. Giuseppe Scotti - significa smorzare il buio su Dio che minaccia il mondo:
“Assegnare il Premio Ratzinger vuol dire assegnare un premio a degli uomini e a delle donne che, con il loro studio e che con il loro lavoro scientifico, hanno ridato o tentano di ridare speranza all’uomo, proprio perché capaci di mettere Dio al centro come il primo e il più grande investimento per l’uomo stesso”.
A ricevere il Premio dal Papa, che consiste in una pergamena e in un assegno di 50 mila euro, saranno il prossimo 20 ottobre nella Sala Clementina, in Vaticano, il filosofo e storico francese Rémi Brague e il padre gesuita statunitense Brian E. Daley, teologo e patrologo. Presentando i profili dei due premiati, il cardinale Camillo Ruini ha indicato nella ricerca alimentata dalla Parola l’impegno che anima entrambi:
“Rémi Brague è a mio parere un filosofo vero e al contempo un grande storico del pensiero e della cultura, che unisce alla forza speculativa e alla visione storica una fede cristiana e cattolica profonda ed esplicita, senza complessi. Brian E. Daley è un grande storico della teologia patristica, ma anche un uomo impegnato con tutto se stesso nella vita e nella missione della Chiesa, che unisce esemplarmente il rigore scientifico alla passione per il Vangelo”.
La Fondazione vaticana Joseph Ratzinger–Benedetto XVI mette a disposizione borse di studio per dottorandi in Teologia e ha come finalità, oltre alla premiazione di studiosi che si sono contraddistinti nella ricerca, la promozione della conoscenza e dello studio della teologia. La Fondazione è anche impegnata nell’organizzazione di convegni di alto valore scientifico. Il prossimo, che si terrà dall’8 al 9 novembre a Rio de Janeiro, è incentrato sul tema “Cosa fa sì che l’uomo sia uomo”.
Il vescovo di Angoulême in visita “ad Limina” dal Papa: in Francia, segni di rinascita della fede
◊ Prosegue in Vaticano la visita “ad Limina” dei presuli francesi. Un evento che avviene a pochi giorni dall’inizio del Sinodo sulla nuova evangelizzazione e dell’Anno della Fede. Due eventi che, auspicano i vescovi francesi, potranno dare nuovo slancio alla missione della Chiesa in Francia. E’ quanto spera anche il vescovo di Angoulême, nella Francia centro-occidentale, mons. Claude Jean Pierre Dagens. Al microfono di Xavier Sartre, il presule esprime innanzitutto la gioia dell’incontro con il Papa:
R. - Una grande gioia. La gioia di pregare, di andare prima di tutto davanti alla Tomba di San Pietro e di incontrare il Successore di Pietro, il nostro Papa Benedetto XVI.
D. - Qual è la situazione della Chiesa e della religione in Francia?
R. - Sulla situazione francese, c’è come un’ambivalenza. Ci sono fenomeni di preoccupazione, di indebolimento delle istituzioni cattoliche, ma ci sono anche fenomeni di rinascita, soprattutto nella collaborazione vera tra i sacerdoti e i battezzati, gli uomini e le donne del popolo di Dio. Questa partecipazione comune alla missione cristiana, fa che tutta questa gente scopra la verità della Chiesa, non come un’organizzazione un po’ complicata, ma come corpo di Cristo. Papa Benedetto lo dice molto spesso: lo scopo della Chiesa non è la Chiesa, e noi spesso lo dimentichiamo. Lo scopo della Chiesa è l’incontro con Cristo!
D. - Questo incontro con Cristo è la base della nuova evangelizzazione..
R. - Certamente è il cuore. E in Francia, c’è un luogo dove questo incontro personale e anche comunitario con Cristo, si pratica tutto l’anno: la “Comunità di Taizé”. Ci sono molti giovani che vengono in pellegrinaggio per sentire la Parola di Dio, per pregare, per far silenzio. Il silenzio è molto importante per l’incontro con Cristo. E poi la possibilità per i giovani ma anche per gli adulti, di andare alle origini della vita verso la Risurrezione di Cristo, il Mistero Pasquale.
◊ Il Papa ha ricevuto stamani al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, in successive udienze, il sig. Zion Evrony, ambasciatore di Israele per la presentazione delle Lettere Credenziali; il cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Oggi pomeriggio, alle 17.30, il congedo dai dipendenti delle Ville Pontificie.
Cardinale Ravasi: Laurea honoris causa dall’Università Cattolica di Giovanni Paolo II a Lublino
◊ Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha ricevuto il dottorato honoris causa dell’Università Cattolica di Giovanni Paolo II a Lublino. La cerimonia si è svolta ieri pomeriggio nell’ambito del IV Congresso della Cultura Cristiana intitolato: “Ricercare l’uomo nell’uomo – radici cristiane della speranza”. Nell’occasione il porporato ha tenuto una Lectio Magistralis in cui, partendo dal binomio Incarnazione e modernità, ha affrontato il rapporto tra il presente e l’eterno.
Oggi - ha sottolineato – “la modernità, con la sua cultura instabile, liquida, legata alla frammentazione, appare incapace di comprendere le verità ultime”: “la scienza dovrebbe risolvere ormai tutto, la psicanalisi spiega già completamente il mistero della persona e il sacro eventualmente è qualcosa solo di magico o di curioso”. D’altra parte, ha proseguito, ci sono religioni che separano totalmente il divino e l’umano, il cielo dalla terra. Invece – ha detto - “la religione biblica non è una religione che decolla dalla realtà verso cieli mitici e misticoidi, è una religione che è nel tempio e nella piazza”. Gesù, vero Dio e vero uomo, segna l’unione tra trascendente e immanente, tra tempo ed eternità: “l’Incarnazione – e questo è un appello per noi – è il confronto continuo con il presente”.
Il cardinale Ravasi ribadisce, quindi, che oggi occorre “riproporre le verità ultime” perché “il presente non basta ad esprimere la creatura umana, non basta il finito e il contingente a descrivere l’essere e l’esistere”. “La nostra ricerca nel mondo contemporaneo – è stato il suo auspicio conclusivo – sia fedele alla modernità, al presente, alla ‘sarx’ (carne, ndr), come fece Cristo, ma ci sia sempre questa resa, questo abbandono, questa ricerca e tensione verso l’eterno e l’infinito”. (A cura di Sergio Centofanti)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L'Europa ha urgenza di una nuova evangelizzazione: il messaggio del Papa all'assemblea del Consiglio delle Conferenze episcopali del continente.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la richiesta del premier israeliano, nel discorso all'Onu, di iniziative per bloccare il programma nucleare iraniano.
In cultura, un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Ancore fissate al cielo": il Premio Ratzinger a Rémi Brague e a Brian Daley.
Un po' di decoro: Roberto Dodaro, preside dell'Istituto patristico Augustinianum, sulla contestazione di Agostino, nel "De civitate Dei", dei modelli portati a esempio da Cicerone.
Tutto in quell'inizio folgorante: a cent'anni dalla nascita, Emilio Ranzato ricorda il regista Michelangelo Antonioni, con una nota di Gaetano Vallini dal titolo "La pennichella di Gassman" (una caustica battuta lo punzecchiava nel film "Il sorpasso").
Una pace sognata guardando l'East River: dal libro "Dag Hammarskjold. La pace possibile", dedicato al segretario generale delle Nazioni Unite (dal 1953 al 1961), l'introduzione dell'autore, Susanna Pesenti e la prefazione del ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi.
Grillo e la poetica della conversione: Paolo Vian sulla ricerca di Francesco Ferretti riguardo al benedettino che fu amico e corrispondente di Torquato Tasso.
Nuova giornata di sangue in Siria: almeno 60 morti. L’Onu lancia l’allarme profughi
◊ Ancora una giornata di sangue in Siria, mentre la comunità internazionale è sempre più preoccupata per l’escalation di violenza in atto. "C’è il rischio che si trasformi in un campo di battaglia regionale" hanno denunciato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il numero uno della Lega Araba, Nabil el Araby, ed il rappresentante speciale Lakhdar Brahimi, durante un incontro al Palazzo di Vetro a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
E’ un venerdì di sangue per la Siria. L’ennesimo di questa guerra che continua a produrre morte e distruzione. Sono almeno 60 le persone rimaste uccise solo oggi, alcune delle quali sono state finite in esecuzioni sommarie. E’ accaduto ad Aleppo, dove infuria una battaglia definita “senza precedenti” da testimoni sul posto; ma scontri si segnalano anche in alcuni popolosi sobborghi di Damasco. Una carneficina che produce anche un’incessante ondata di profughi, così come dichiarato dall’Onu, che prevede entro la fine dell’anno oltre 700mila persone in fuga dal Paese. Intanto il Consiglio Onu sui diritti umani ha approvato a Ginevra il rinnovo del mandato della Commissione d’inchiesta sulla violazioni in Siria. Riuniti in sessione a Ginevra i 47 Paesi membri hanno approvato una risoluzione in tal senso con 41 voti a favore, 3 astenuti e tre contrari: Russia, Cina e Cuba.
A causa dell'incessante ondata di profughi in fuga dalla Siria, Iraq, Giordania, Turchia, ma soprattutto Libano rischiano di non poter far fronte agli arrivi e all’assistenza. Proprio a Beirut Davide Maggiore ha intervistato Davide Bernocchi, rappresentante di Catholic Relief Services nel Paese dei Cedri, che traccia un drammatico profilo della situazione:
R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ad oggi ha registrato più di 200 mila rifugiati provenienti dalla Siria nei Paesi circostanti; i numeri reali sono chiaramente molto più alti. La situazione è diversa da Paese a Paese. Turchia e Giordania hanno istituito dei campi, la stessa cosa avviene adesso in Iraq mentre in Libano l’assistenza è più diretta e viene direttamente dalle Nazioni Unite o dalle organizzazioni non governative.
D. – Cosa si può dire più in particolare di quanto sta accadendo in Libano, per quanto riguarda l’assistenza?
R. – Il Libano, in termini di numeri, è il secondo Paese per numero di rifugiati: sono più di 75 mila le persone che finora sono state assistite dalla comunità internazionale e dalle associazioni umanitarie. Anche qui i rifugiati reali sono molti di più. Il problema è che Libano e Siria sono due Paesi con una contiguità storica ed etnica molto forte, per cui molti rifugiati, in realtà, sono assistiti da familiari o gente che appartiene alla loro comunità; altri si possono permettere ad oggi di affittare una casa, anche perché il Libano non richiede particolare burocrazia per l’ingresso dei siriani. Il problema è per il futuro: ci chiediamo che cosa succederà se la situazione di crisi in Siria si protrarrà e queste persone non potranno più permettersi di essere autosufficienti in Libano.
D. – In questo contesto, come agisce Catholic Relief Services?
R. – Catholic Relief Services lavora a livello regionale con tutte le Caritas dei Paesi limitrofi che accolgono rifugiati. In realtà, Catholic Relief Services ha un’esperienza di lunga data sia in Giordania sia in Libano, e ha lavorato con le Caritas locali nell’accoglienza dei profughi iracheni. E quindi, questa è una base molto solida per il lavoro che si sta facendo ora con i siriani. Direi che l’elemento dei rifugiati iracheni è un elemento al quale bisogna porre attenzione: la Siria ne aveva ben oltre un milione, molte di queste persone non sono in condizioni di rientrare in Iraq per cui la comunità internazionale deve veramente riservare attenzione alla loro sorte.
All'Onu si riaccende la questione israelo-palestinese. Netanyahu: attenti all'atomica iraniana
◊ Questione isaraelo-palestinese e nucleare iraniano al centro ieri dell’Assemblea generale dell’Onu in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Elena Molinari:
Entro l’estate l’Iran potrà produrre l’uranio per la sua prima atomica. Lanciando questo allarme, Benjamin Nethanyau ha chiesto ieri all’Assemblea generale dell’Onu di ’tracciare una chiara linea rossa’ sul programma nucleare iraniano. Dal podio, il premier israeliano ha realmente tracciato una linea su un cartellone che teneva in mano. Nethanyau ha anche respinto l’accusa di fare “pulizia etnica” in territorio arabo mossagli dal presidente palestinese. Abu Mazen parlando poco prima al Palazzo di Vetro aveva definito illegali gli insediamenti ebraici e aveva detto di aver avviato consultazioni per ottenere dall’Assemblea il riconoscimento come Stato non membro per la Palestina. Lo scorso anno Abu Mazen non era riuscito a ottenere una promozione nello status palestinese dal Consiglio di Sicurezza.
Agli incontri di ieri all’Assemblea generale dell’Onu, oltre alla questione israelo-palestinese e al nucleare iraniano, è emerso anche l’allarme condiviso sul rischio che il conflitto in Siria si trasformi in “un campo di battaglia regionale”. Fausta Speranza ne ha parlato con Maria Grazie Einardu, docente di storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:
R. – L’Assemblea generale delle Nazioni Unite è un potente amplificatore di ogni argomento. Quindi, una cosa è quello che si dice in aula, una cosa è quello che si fa nei corridoi o in altre sedi. E’ chiaro che chi va, parla forte, parla a tutti, parla anche alla propria opinione pubblica e all’opinione pubblica internazionale. Riguardo al tema della Siria, si sta cercando in ogni sede di staccare il veto cinese dal veto russo; i Paesi arabi chiedono un intervento non necessariamente militare in Siria e stanno premendo sulla Cina affinché almeno in questo la Russia rimanga totalmente isolata. Per quanto riguarda, invece, l’intervento di Netanyahu, ancora una volta il presidente israeliano ha parlato all’opinione pubblica, inoltre ha cercato – nei limiti del possibile – di moderare i toni che ha avuto finora verso gli Stati Uniti, soprattutto verso il presidente Obama. Ma anche lui ha fatto un esercizio di routine. Ha parlato anche Abu Mazen che ha semplicemente ricordato tutta una serie di cose che gli serviranno tra pochissimi mesi, quando chiederà di nuovo di diventare Stato membro delle Nazioni Unite.
D. – Insomma, sembra che tutti abbiano un po’ preparato il terreno in funzione di proprie politiche. Ma la politica internazionale, che margine di azione ha, per la Siria e per evitare davvero che si arrivi ad un “campo di battaglia regionale”?
R. – Il margine d’azione c’è, perché nulla sarà regionale se non con la collaborazione o a causa degli errori dei Paesi della Lega Araba, in primis i vicini della Siria, ma anche gli altri. Il ruolo degli arabi è determinante, sia politicamente nel premere sui Paesi che si oppongono ad un’incisiva azione politica, ma anche naturalmente da un punto di vista tattico locale.
Francia: tasse e tagli per 37 miliardi per abbattere il debito salito al 91%
◊ Sforzo “senza precedenti”: così in Francia il ministro dell'Economia, Pierre Moscovici, ha commentato la legge di bilancio per il 2013 presentata oggi al Consiglio dei ministri per la riduzione delle spese pubbliche. Si parla di quasi 37 miliardi di euro da recuperare tra aumenti delle imposte e tagli. Il governo francese corre ai ripari visto che il debito pubblico è salito al 91% del Pil e negli ultimi mesi il Paese ha segnato una crescita zero. Fausta Speranza ha intervistato il prof. Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università di Roma, Sapienza:
R. - In realtà che l’economia reale e quindi che la produzione e l’occupazione in Francia non andassero bene, anzi che soprattutto in questi ultimi due anni stessero andando male, lo sapevamo. I dati più preoccupanti erano questa deindustrializzazione accentuata e soprattutto questo disavanzo della bilancia dei pagamenti correnti: la Francia non riesce più ad esportare in modo da pagare quello che deve importare ed ha un deficit crescente. Questi erano segni che conoscevamo da tempo, ma quello che ha gravato è proprio questo effetto della crisi in Europa e cioè una situazione che ormai - direi - sta portando la Francia in un’area di recessione, insieme ad altri Paesi. C’è da dire che si tratta di una recessione lieve, perché il suo debito lo può finanziare con tassi bassissimi e in qualche modo vicinissimi a quelli tedeschi. Quindi parliamo di uno spread praticamente inesistente. Questa è una contraddizione che, però, non durerà a lungo.
D. - Si tratta, infatti, di un equilibrio abbastanza precario…
R. - Direi sicuramente di sì. E’ un equilibrio che non è in grado di essere sostenuto perché l’andamento dell’economia reale, molto probabilmente, farà gioco su questa situazione finanziaria. Questo spiega anche perché la Francia abbia quest’atteggiamento, in qualche maniera, ambivalente: quindi da un lato un atteggiamento di solidarietà e di schieramento con Paesi come l’Italia e la Spagna e dall’altro di un forte interesse a mantenere i rapporti con la Germania, perché questa sua credibilità sui mercati finanziari deve molto proprio a questo rapporto con la Germania. Quindi ci abitueremo a questo atteggiamento della Francia oscillante tra la solidarietà mediterranea e l’alleanza di ferro con il governo tedesco e con la Germania.
D. - Abbiamo parlato tanto di rigore e di compiti a casa da fare da parte dei singoli Stati: allora alla Francia quale compito andrebbe assegnato?
R. - Per la Francia c’è un compito in qualche modo - se vogliamo - simile al nostro: la Francia deve recuperare competitività, deve recuperare capacità di produrre, soprattutto nell’industria e in questo siamo messi meglio noi. Il problema della Francia non è tanto un problema di contorno: sta nel motore dell’economia francese, che ormai da diversi anni è entrato in crisi e quindi un motore industriale che fa fatica e dei servizi che non riescono a compensare questa carenza dal punto di vista della capacità industriale. In realtà per la Francia il compito è un compito di medio periodo, molto, ma molto, complesso. Naturalmente ci sono poi gli interventi da fare subito - questi il governo, come sappiamo, li sta varando - e che sono di riportare il deficit pubblico al 3 per cento e quindi dentro un parametro che viene considerato in linea con le necessità di governance europea. Quindi immediatamente ci sono le misure di politica fiscale, ma molto più importante saranno le misure dirette a rilanciare lo sviluppo e la capacità produttiva dell’economia francese.
Somalia: cade Chisimaio, ultima roccaforte degli integralisti Shabab
◊ In Somalia è stato inferto un duro colpo agli estremisti islamici di Al Shabab, legati ad Al Qaeda. Dopo aspri combattimenti, l’esercito keniano, che fa parte della missione Amison dell’Unione Africana, ha conquistato la città di Chisimaio, ultima roccaforte degli insorti. Si tratta di una fase importante per il Paese del Corno d’Africa che sta procedendo sulla strada della normalizzazione. Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di Angelo Masetti, portavoce del Forum Italia–Somalia:
R. - La cacciata di Shabab da Chisimaio è sicuramente un momento molto importante sulla strada per la stabilizzazione della Somalia. C’è da chiedersi se la conquista di Chisimaio sia definitiva perché non è la prima volta che la città vede la liberazione dai gruppi che la opprimono con atti di violenza e che poi hanno lasciato spazio ad altri gruppi. Dipende molto da quale sia la volontà internazionale di mantenere la zona sotto controllo, e portarla definitivamente sotto il controllo del governo legittimo.
D. - Gli Shabab, nelle scorse settimane, hanno compiuto una serie di attacchi; hanno quindi alzato il tiro minacciando i parlamentari. Cosa sta accadendo all’interno di questo movimento?
R. - Il movimento di Al Shabab evidentemente si sente in pericolo perché il vertice dello Stato somalo è praticamente cambiato in maniera radicale. La questione da verificare è se il nuovo presidente, che proviene da un gruppo chiamato Al Islah - la branca somala dei Fratelli musulmani - avrà la forza, la volontà e la capacità di prendere le distanze da movimenti islamisti più radicali e capire poi se avrà il sostegno internazionale sia dal punto di vista finanziario che da quello militare.
D. - Quest’ultima cosa è uno degli ostacoli nel processo di stabilizzazione del Paese o ce ne sono anche altri?
R. - Il processo di stabilizzazione del Paese è sempre stato difficile perché le interferenze dall’estero sulla realtà somala sono state forti ed estremamente invasive. Un’altra questione che dobbiamo tenere sott’occhio è l’utilizzo dei fondi internazionali. Alcuni mesi fa, è uscito un rapporto delle Nazioni Unite sulla Somalia che ha denunciato la sparizione di grandi quantità di denaro e di aiuti internazionali. Fonti somale denunciano poi che i soldi non solo vengono spesi male in Somalia ma ne arrivano molto meno di quelli che dovrebbero arrivare. Purtroppo la crisi somala che dura da 22 anni ha reso felici, in termini economici e di corruzione, tantissime persone, molte delle quali non sono somale e non sono in Somalia.
D. - All’Onu, in particolar modo il premier italiano Monti ha ribadito che è necessario non sottovalutare la Somalia, la stabilità di questo Paese è infatti fondamentale per la sicurezza globale...
R. - La Somalia è fondamentale per la sicurezza dell’Africa Sub-Sahariana. Fino all’arrivo di Al Shabab, in Somalia non esistevano gruppi integralisti o islamisti violenti. Nel Paese si è lasciato crescere Al Shabab, mantenendo quest’ultimo al sicuro da qualsiasi tipo di minaccia che tendesse a reprimerlo. Dopo di che Al Shabab -ovviamente alimentato da Paesi stranieri- ha continuato a crescere, ad aumentare la propria forza, ed è diventato un pericolo anche per altri Paesi, perché è noto che in Somalia, nei territori controllati da Al Shabab, vengono addestrati anche altri islamisti che compiono attentati in altri Paesi africani, come ad esempio i Boko Haram.
D. - Ad oggi che Paese è la Somalia? Questa presa di Chisimaio fa un po’ sperare per il futuro?
R. - Sicuramente sì. Però dobbiamo domandarci: gli Al Shabab che stanno abbandonando ordinatamente Mogadiscio, dove vanno a finire? Andranno a finire in altre parti remote della Somalia. E la domande è: il governo legittimo, verrà messo nelle condizioni di poter porre sotto il suo controllo queste zone? Se non rispondiamo a questo tipo di domande, la presa di Chisimaio potrebbe essere qualche cosa di estremamente futile.
Lettera pastorale dei vescovi cileni. Mons. Ezzati: più giustizia e solidarietà nel Paese
◊ "Umanizzare e condividere in forma equa lo sviluppo del Cile": è il titolo della nuova Lettera Pastorale della Conferenza episcopale locale presentata ieri, presso l’Università cattolica nella capitale cilena, da mons. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago e presidente dei vescovi del Paese. Il presule – riferisce l’Agenzia Fides - ha ribadito ancora una volta la richiesta di perdono a quanti sono stati oggetto di abusi sessuali da parte di sacerdoti e religiosi. La Chiesa – ha detto - ha perso credibilità a causa delle nostre debolezze e mancanze". "Noi siamo i primi a dover essere evangelizzati. Dobbiamo rivedere i nostri comportamenti personali e le strutture della Chiesa: la modalità di esercitare il nostro sacerdozio, le forme di partecipazione, il posto dato ai laici, in particolare alle donne. E' necessario riesaminare la nostra predicazione e i nostri sistemi educativi per vedere quali valori riusciamo a trasmettere". La Lettera pastorale tocca anche le questioni economiche ricordando che lo sviluppo non deve dimenticare i più poveri. Ascoltiamo in proposito mons. Ricardo Ezzati intervistato da padre Hugo Guillermo Ortiz:
R. – Noi vogliamo dire con molta forza che lo sviluppo vero significa la crescita di tutte le persone e di tutta la persona, e che questo sviluppo implica anche la giusta partecipazione di tutti alle risorse del Paese e quindi una dimensione sociale molto forte. Uno sviluppo che vogliamo che arrivi a tutti in modo giusto ed equo. Lo chiediamo a partire dalla coscienza di essere vescovi e membri di una Chiesa che vede nella carità, nella giustizia e nella solidarietà un compito urgente nel mondo di oggi.
D. – Qual è il vostro appello?
R. – La Chiesa invita i cristiani, ma anche coloro che vivono insieme con noi – uomini e donne di buona volontà – a guardare a Gesù Cristo, al Vangelo e a capire da Gesù Cristo e dal Vangelo quali siano le luci e le forze che Gesù e il Vangelo ci offrono per un vero sviluppo. Quindi possiamo dire che Gesù Cristo e il Vangelo ci aiutano a capire la dignità della persona umana, di ogni persona umana fin dal suo concepimento e fino alla morte naturale; Gesù e il suo Vangelo ci invitano a cambiare l’individualismo con un amore ed una solidarietà fattivi; Gesù Cristo e il Vangelo ci aiutano a capire il valore del servizio, di tutto ciò che è gratuito nella vita delle persone e della società. Gesù Cristo e il Vangelo ci aiutano a riscoprire e ad incontrare più profondamente il senso della vera libertà a cui aspiriamo; ci invitano anche a capire e ad affrontare il dolore, la debolezza e anche le cose che non ci piacciono. Gesù Cristo ci invita a guardare e ci invita a camminare sulla strada della dignità del lavoro umano, ci invita a guardare ai processi educativi con molta attenzione in modo tale che sia tutta la persona l’oggetto ed il fine di ogni compito educativo. E infine, Gesù Cristo – in una società pluralista – ci invita anche a guardare e a fondare la vita sociale su valori solidi.
D. – La Chiesa, dunque, si mette al servizio del Paese …
R. – E’ un servizio che vuole essere umile, ma anche un servizio che offriamo a fronte alta, sicuri che il Vangelo e la Persona del Signore siano indispensabili per un vero e grande sviluppo di tutta la nazione e di ogni persona. Ecco, in sintesi, vogliamo che il nostro Paese sia un Paese più cristiano, più felice, un Paese nel quale ci sia più giustizia, più fraternità, più solidarietà e più speranza.
Mons. Crociata: continuare col risanamento, benvenuto ciò che serve allo scopo
◊ Per il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, l'Italia deve continuare sulla via del risanamento per uscire dalla crisi. Il presule ha parlato al termine del Consiglio episcopale permanente della Cei, che si è tenuto a Roma. Monsignor Crociata ha anche ribadito la piena disponibilità della Chiesa “a raccogliere i suggerimenti che verranno per servire meglio l’impegno che il Papa e la stessa Congregazione della Fede hanno manifestato contro la pedofilia”. Alessandro Guarasci:
Il Paese ancora non ha terminato il suo periodo di transizione. C’è bisogno di sostenere le famiglie, economicamente e culturalmente, evitando di far passare modelli come le coppie di fatto. L’Italia, quindi, ha bisogno di stabilità per i vescovi, che, senza soffermarsi sui nomi, registrano la disponibilità di Monti a proseguire il suo cammino. Il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata:
“Continuare un’opera di risanamento, di riforma per una ripresa e un rilancio non solo economico. Tutto ciò che serve a questo scopo, in questi mesi e oltre la scadenza naturale della legislatura, è benvenuto”.
La società italiana, dice mons. Crociata, sembra presa da sentimenti di “sconcerto” e “incoraggiamento”. Incoraggiamento per una possibile uscita dalla crisi, scoraggiamento alimentato dagli episodi di “corruttele” che attraversano la classe politica.
“C’è bisogno di un modo nuovo, di persone che abbiano la capacità di pensare oltre il proprio immediato orizzonte, vorrei dire non solo privato, ma anche di parte”.
Dunque, per i vescovi, “si avverte la necessità di un nuovo patto sociale, a partire dalla riscoperta di ragioni vere e condivise che possano far vivere insieme una vita buona e virtuosa”. Mons. Crociata si dice poi possibilista su un’amnistia per i carcerati. Tra le decisioni prese la data del convegno ecclesiale nazionale: sarà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.
Cresce in Europa il traffico di esseri umani: in aumento le donne sfruttate sessualmente
◊ Il traffico di esseri umani è la seconda fonte principale di profitto per i criminali dopo quello di droga. Un giro di affari che ammonta a 32 miliardi di dollari. La denuncia è contenuta in un Rapporto presentato dall’ufficio degli Affari interni della Commissione Europea. Tre quarti delle vittime sono oggetto di sfruttamento sessuale: il 79% sono donne: tra di loro il 12% risultano essere minorenni. Romania e Bulgaria i Paesi più colpiti. Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio Tratta donne e minori dell’Unione superiori maggiori d’Italia:
R. - Quello che è ancora molto strano è che, dopo tanti anni che noi stiamo lavorando, non sembra diminuire questa terribile schiavitù del 21.mo secolo: nella tipologia e nei numeri continua a essere una forma di schiavitù sempre più in crescita. Le minorenni oggi giorno aumentano sempre di numero. Il problema è enorme. Si parla di 12 milioni di gente trafficata, di cui l’80 per cento per sfruttamento sessuale. Siamo sempre più convinti che, se non aggiungiamo la riduzione della richiesta, soprattutto di sesso a pagamento, noi non riusciremo mai a colpire questo terribile fenomeno. Pensiamo che solo in Italia possiamo avere un giro mensile di ricerca di sesso a pagamento di 9 milioni di clienti.
D. – Tra le cause di questa impennata di traffico di esseri umani, secondo lei, ci può essere anche la crisi economica?
R. – Non credo, potrebbe però essere un’aggravante. Il fatto stesso che continuano a esserci le persone che cercano, usano poi ributtano sulla strada queste persone significa che non c’è la crisi economica, vuol dire che per questo settore la crisi economica non esiste. Abbiamo una grande responsabilità: ricordare a ogni persona che veramente è fatta a immagine di Dio e non può essere mai trattata da schiava, mai da oggetto di compravendita.
D. - Qual è il messaggio che si sente di lanciare?
R. - Il messaggio è molto chiaro e molto bello. Abbiamo una legislazione che dal ’98 ci ha offerto l’opportunità di riconoscere, per queste persone, la riduzione in schiavitù. Queste persone secondo la nostra legislazione potevano essere accolte nelle nostre case famiglia e riprendere in mano la loro vita. Dal ’98 in un centinaio delle nostre case famiglia che gestiamo in Italia come religiose sono passate oltre 6mila donne che hanno recuperato la voglia di vivere. Purtroppo adesso abbiamo difficoltà ad applicare questa legge, non perché la legge è cambiata, ma perché non viene più applicata, non viene offerta la possibilità di aiutare in un modo vero e serio queste persone. Quindi questo nostro appello anche alla nostra politica, alle nostre istituzioni, a quelli che operano in questo settore: noi vogliamo avere una maggiore collaborazione. E’ necessario lavorare in rete per ridare a ogni persona la possibilità di riprendersi e superare quel terribile passato che hanno vissuto in questi lunghi anni di riduzione in schiavitù. Anni nei quali sono state svuotate di tutto.
D. - Lei dice che non è cambiata la legge, ma allora cosa è cambiato?
R. – E’ cambiata l’applicazione della legge, perché ormai la legge è ad libitum, ad personam. Se trovi un questore, se trovi operatori governativi che veramente collaborano con le nostre istituzioni, allora, tu puoi offrire a questa persona la possibilità di un vero recupero. Se questa persona riesce ad avere un permesso di soggiorno, ritorna ad essere legalmente in Italia con la sua dignità, con la sua voglia di offrire il suo lavoro, di rifarsi davvero una vita… Ma quando noi abbiamo nelle comunità ragazze che possono stare 12, 18, 24 mesi, dopo che magari hanno fatto anche la denuncia dei loro sfruttatori, e poi non riusciamo ad ottenere un permesso di soggiorno, queste persone vivono veramente nella disperazione. Sembra quasi che noi le prendiamo in giro. Invece, c’è la possibilità per loro, perché questa legge ce lo concede, soltanto che non viene più applicata come doveva essere applicata e come è stata applicata in principio.
A Roma, un convegno sullo sviluppo del Continente africano
◊ “Le Risorse Naturali Africane al servizio del raggiungimento degli obiettivi del Millennio”: è il tema al centro di un incontro tra parlamentari ed esponenti delle Organizzazioni finanziarie regionali, promosso a Roma dall'Awepa, l'Associazione di Parlamentari Europei per l'Africa. Deputati europei al fianco di deputati africani, dunque, per promuovere il rafforzamento delle istituzioni democratiche dell'Africa. Sulla sessione, ospitata oggi dal parlamento italiano, ci riferisce Silvia Koch:
É entrata subito nel vivo la discussione di oggi a Montecitorio, dedicata allo sviluppo del continente africano, voluta per spiegare il rapporto tra le risorse africane e il ritardo nello sviluppo del Continente. Una stessa esigenza di fondo costituisce la base di partenza di tutte le relazioni presentate: trovare la strada per tradurre l'immenso potenziale africano, in termini di ricchezza culturale, di minerali e metalli, combustibili e produzioni agricole, in una reale crescita per gli Stati e le popolazioni locali. Si parla di Africa ma la lotta alla povertà coinvolge direttamente i parlamentari europei presenti che chiedono di "responsabilizzare le multinazionali occidentali, che sfruttano le risorse dell'Africa in maniera indiscriminata".
La crescita del Continente africano, avvertono, non può restare appannaggio solo di Ong e associazioni, ma chiama direttamente in causa le istituzioni politiche. Dal pubblico viene un monito, lo eprime proprio un parlamentare africano: è imperativo coinvolgere le comunità locali che accolgono i progetti di sviluppo. Altrimenti sarà un disastro. E poi ancora puntare ai consistenti ricavi delle ricchezze africane più che agli aiuti internazionali, promuovere il libero accesso delle produzioni africane ai mercati, combattere la corruzione diffusa in molti Stati e contenere la "fuga dei cervelli" dal continente. Queste indicazioni saranno poi raccolte in una Dichiarazione Politica conclusiva, che indicherà ai singoli Parlamenti la direzione da intraprendere.
Santa Chiara e la donna al centro del Festival Francescano al via oggi a Rimini
◊ La donna e il suo ruolo nella società, nella cultura e nella Chiesa. E’ il cuore del sesto Festival Francescano in corso da oggi a domenica a Rimini con il titolo “Femminile, plurale”. 50 gli ospiti tra politici, esponenti della società civile, religiosi, accademici e artisti. 100 gli appuntamenti tra tavole rotonde, spettacoli e mostre, per raccontare il mondo delle donne nell’ottavo centenario della consacrazione di Santa Chiara di Assisi. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Femminile perché racconta il ruolo delle donne oggi, “plurale” perché multiforme è l’apporto che queste danno nei vari ambiti della società e nelle diverse culture. Il Festival Francescano quest’anno si tinge di rosa in occasione dell’ottavo centenario della conversione di Chiara d’Assisi, una Santa che può essere d’esempio anche per la donna dell’era 2.0. Fra Giordano Ferri, coordinatore del festival francescano:
“Chiara è un esempio splendido, una donna forte, una donna anche rivoluzionaria, una donna che nel Medioevo scrive, come prima donna, una regola per donne in un momento in cui tutte le regole per le religiose erano scritte da sacerdoti. Una donna che è capace di dire di "no" anche al Papa, in un periodo in cui la donna difficilmente poteva rivolgere la parola a un uomo; dice di "no" al Papa perché voleva assolutamente vivere la povertà più radicale”.
Tanti i temi nell’agenda del festival: la conciliazione famiglia lavoro, la donna nel Vangelo e nella Chiesa, il ruolo femminile nei processi di pace come nella "Primavera Araba". Altrettanti i nomi che si avvicenderanno in tavole rotonde e relazioni: dal vescovo di Rimini mons. Lambiasi al vescovo di san Marino-Montefeltro mons. Negri; dal ministro Fornero alla leader Cgil, Camusso. Unico e indispensabile l’apporto della donna alla società, al pari di quello dell’uomo, ma dai caratteri profondamente diversi. Ancora Fra Giordano Ferri:
“Nel rapporto con Francesco, Chiara non è semplicemente un’esecutrice del carisma e delle idee di Francesco, ma dà un apporto decisivo, originale, al carisma francescano. Quindi, possiamo dire che il carisma francescano è fondato sulle due colonne che sono Chiara e Francesco. Crediamo che in questo momento in particolare ci sia una grande confusione nella nostra cultura. In questi ultimi 50 anni si è passati dal femminismo ad una confusione tra i sessi. La dottrina sociale della Chiesa ribadisce l’importanza dell’apporto di entrambi i sessi, distinti, ben caratterizzati: l’uomo e la donna lavorano insieme, operano insieme”.
Al Festival non poteva mancare lo spettacolo: in cartellone, tra gli altri, la prima del musical “Chiara e Francesco. L’amore quello vero” degli stessi autori di “Forza venite gente”. E poi l’arte con una mostra dedicata alla fondatrice delle Clarisse. Fiore all’occhiello dell’esposizione un capolavoro del gotico internazionale italiano: la tavola della “Madonna con bambino in gloria” di Gentile da Fabriano.
Giornata contro lo spreco: impegno di 100 sindaci per il recupero di cibo
◊ In occasione della prima Giornata contro lo spreco di cibo, che ricorre domani, parte la campagna di sensibilizzazione "Nordest Spreco Zero". Sempre domani, a Trieste, cento sindaci sottoscriveranno una carta che stabilisce pratiche e strategie per non sprecare il cibo. Eliana Astorri ha parlato dell’iniziativa con il prof. Andrea Segré, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e presidente di “Last minute market”:
R. - Lo spreco è un fenomeno mondiale, perché i dati della Fao ci ricordano che si spreca ovunque: nei Paesi cosiddetti sviluppati, questo spreco è alla fine della catena agroalimentare. E’ proprio nel nostro modo di vivere, di fare la spesa, di accumulare tanto cibo, spesso di pessima qualità, e quindi poi di sprecarlo, perché noi - purtroppo - non diamo più valore al cibo, volgiamo spendere poco e quindi anche sprecarlo, gettarlo via, quando è ancora buono... diventa quasi un’abitudine. La nostra lotta contro lo spreco è partita dall’Unione Europea, in modo particolare dal Parlamento, perché volevamo porre questo tema all’attenzione di tutti.
D. - Esiste dunque una risoluzione del parlamento europeo su come evitare lo spreco di alimenti…
R. - Esattamente. Noi abbiamo iniziato a lavorarci due anni fa, all’inizio di questa campagna, che si chiama “Un anno contro lo spreco”. Il parlamento, dunque, ci ha lavorato, ha fatto tanti emendamenti a questa dichiarazione ed ha votato in plenaria una risoluzione che contiene degli elementi molto concreti e che tutti possono applicare in attesa che diventi operativa dal punto di vista della Commissione europea. L’obiettivo della Carta, che i cento sindaci firmeranno a Trieste, è proprio quella di declinare, dal punto di vista operativo, la riduzione degli sprechi a partire dalle nostre comunità locali e sociali.
D. - Come fate a recuperare questi alimenti che vengono sprecati nella case e - suppongo - nei ristoranti?
R. - In verità dalle case non si può recuperare e proprio per questo bisogna che parliamo e che cerchiamo di indurre un comportamento più responsabile e forse anche un po’ più sobrio: non si può recuperare il cibo dalle case, ma si può recuperare invece dai campi fino alla grande distribuzione, passando per l’industria. Il nostro è un sistema sostenibile, che abbiamo sviluppato all’università, nel senso che rispetta tutti i parametri economici, ambientali e sociali, in pratica stimolando la donazione fra un "donatore" - che potrebbe essere un ipermercato - che ha una eccedenza che deve smaltire, e un beneficiario - solitamente un ente caritativo - che ha bisogno: promuovendo, però, questo scambio in loco, perché trasportare, immagazzinare queste derrate potrebbe costare di più rispetto al valore del recupero. E’ un “chilometro zero dello spreco”! Dobbiamo avere ben chiaro che lo spreco è un fallimento del mercato e non può andare avanti così: dobbiamo ridurlo in modo che le risorse si liberino e possano essere utilizzate per favorire indigenti, esclusi, ma non dando - questo è il messaggio finale - gli avanzi dei ricchi ai poveri. Non credo che questa sia la soluzione!
A Lampedusa la 10.ma edizione di "O' Scià". Intervista con Claudio Baglioni
◊ Ciao "O’ Scià": si intitola così la manifestazione artistica ospitata dall’isola di Lampedusa da ieri fino a domani. Giunto alla decima edizione, l’evento vede dodici artisti italiani – tra cui Luciano Ligabue e Fiorella Mannoia – salire sul palco per ribadire l’importanza dell’integrazione e per non spegnere i riflettori su un’isola approdo dei migranti. Isabella Piro ha parlato con l’ideatore dell’iniziativa, il cantautore Claudio Baglioni:
R. - Una manifestazione che in Italia riesce ad andare avanti per dieci anni è già un piccolo miracolo. Questa è una storia che è cominciata piano piano, con molta modestia e forse la stessa pacatezza, la stessa sensazione del sensibile, del poco, l’ha mantenuta per tutto il tempo. Poi quest’anno - in cui sembrava veramente impossibile organizzare questo decennale - si è invece riusciti a tagliare il traguardo dei dieci anni di storia.
D. - Molto del lavoro organizzativo di questa edizione di "O’ Scià" viene svolto dai volontari. È un segno importante…
R. - Sì, quest’anno poi veramente senza questa azione di volontariato e senza la collaborazione di molta parte dell’isola di Lampedusa, degli operatori turistici, sarebbe stato impensabile. Questo significa che c’è proprio un’intenzione comune, in un Paese che tende sempre più spesso a dividersi, a lacerarsi, con la politica anche nelle piazze mediatiche… Invece, questo segno di compartecipazione è veramente molto interessante ed esemplare.
D. - Grazie ad "O’ Scià" arriva a Lampedusa la prima risonanza magnetica a corpo intero, un gesto concreto per quest’isola…
R. - Questo è veramente un oggetto tangibile e poi attraverso l’istallazione di questi apparati verrà risistemata una buona parte anche del Pronto soccorso. Siamo felici anche per questo: che isole così lontane vengano dotate di un macchinario sanitario così utile, con la collaborazione del Ministero della Salute, della regione, dell’Assessorato alla Sanità e la nazionale cantanti. Siamo contenti, questa è veramente una cosa che si tocca con mano.
D. - Ad "O’ Scià" anche un torneo di calcio giovanile che vede la sfida tra ragazzi rom e ragazzi siciliani. Lo sport come strumento di integrazione quindi…
R. - Lo sport è sempre questo. Da poco ci sono state le Olimpiadi di Londra e abbiamo visto quanto Paesi diversi, le etnie si sappiano mescolare, i tratti somatici, i colori, i costumi. E’ bene che questo lo si cominci a fare fin da piccoli, anche perché quando si è piccoli non si hanno pregiudizi, poi cominciamo culturalmente a crearli. Allora, l’intenzione è di fare un torneo giovanile di calcio del Mediterraneo, per stabilire ancora una volta che il mare non è un elemento che divide, ma che unisce. Tutta la società moderna nasce intorno al Mediterraneo. Il torneo si chiama “Passa!”, proprio come si dice da bambini quando c’è un pallone - “Dammelo che anch’io ci gioco un po'” - ma è anche l’idea di darsi una mano, di aiutarsi in questo senso, di collaborazione e di preparazione per un futuro migliore.
D. - In Italia, nella zona del Mediterraneo in generale, in dieci anni come è cambiato l’approccio alla questione delle immigrazioni?
R. - Purtroppo, non c’è da raccontare grandissimi risultati. Il mondo è molto complesso, stiamo assistendo anche in questi ultimi tempi a grandi turbolenze in molti Paesi del mondo, non si è riusciti a realizzare un insieme di soluzioni a quello che però è un avvenimento epocale. Poi, in un momento di crisi come questo si sentono ancora di più le differenze, i dolori, le difficoltà e allora si continua a lavorare, sperando che questa non sia materia di speculazione solamente per un consenso elettorale, ma che vada in fondo ai problemi, con capacità, con maturità, affinché la stessa opinione pubblica sia meglio informata.
D. - Come cambiare questa mentalità?
R. - Seguire l’esempio di quanti ogni giorno lavorano nel rispetto degli altri, nell’idea della solidarietà, nella capacità di mettere insieme energie, nel non facile cammino della cosiddetta integrazione, perché nulla è facile. E’ un processo duro e faticoso per tutti, però dobbiamo continuare. Una delle grandi frasi di qualsiasi fede religiosa e fondamento di vita: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
D. - Sul palco insieme a te anche 11 artisti italiani. Cosa dà la musica ad "O’ Scià" e cosa "O’ Scià" dà alla musica?
R. - "O’ Scià" è veramente un’occasione quasi unica nel panorama generale, perché è musica che si fa su una spiaggia, molto improvvisata il più delle volte. Negli anni ci sono stati più di 300 artisti tra musicisti, interpreti, cantanti, attori, poeti. E' come trovarsi e fare un percorso insieme. Quest’anno, è un’edizione estremamente particolare, con 11 grandissimi nomi - poi io mi aggiungerò a loro - e alcuni sono proprio quelli che hanno voluto esserci in questa occasione. Non saranno solo partecipazioni brevi, ma quest’anno saranno veramente dei mini concerti o dei concerti interi, quindi è l’occasione per dire “Ciao O’ Scià”. L’abbiamo chiamato così per questo, perché siamo felici di averla sotto i piedi e vicino al cuore.
Nei cinema italiani, "Reality", l'ultimo film di Matteo Garrone
◊ Esce oggi nelle sale italiane “Reality”, l’ultimo film di Matteo Garrone, Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Dopo il drammatico “Gomorra”, una diversa storia italiana, raccontata attraverso le ossessioni e le ingenuità di un aspirante partecipante al Grande Fratello. Il servizio di Luca Pellegrini:
Il mondo di "Reality", in cui Matteo Garrone ambienta le tragicomiche avventure di Luciano, pur essendo fiabesco, in fondo fa paura. Il protagonista, interpretato generosamente da Aniello Arena, condannato all’ergastolo e impegnato da anni nel campo della recitazione, è un pescivendolo napoletano che rimane lui questa volta impigliato nell’ossessione televisiva per il Grande Fratello, dopo aver partecipato a un provino spinto dai parenti. Il modello dell’Italia cui aspira è davvero inquietante, la finzione si sostituisce alla realtà. Il regista romano a questo proposito precisa:
R. – La storia che ho raccontato, è una storia che è accaduta realmente e quindi questo è un punto di partenza. Però ci terrei a far notare che noi tutti viviamo in una società di consumi. In qualche modo noi tutti siamo vittime di seduzioni, di paradisi artificiali. Ora dipende chiaramente dai modelli che si hanno. Nel nostro caso, Luciano ha questo modello di poter entrare nel mondo dello spettacolo e cambiare il proprio destino e quello dei propri familiari. Poi lui, in qualche modo, si ritrova coinvolto dentro un meccanismo. Non lo sento come un personaggio così lontano da me sinceramente... Anche io sono fragile, sono vittima di mille seduzioni. Per questo non me la sento di fare discorsi moralisti e dire: “Guardate questo personaggio, guardate come siamo ridotti!”. Io sono parte di questo meccanismo, sono parte di questa società e sono umanamente vicino a questo personaggio. Quindi con questo spirito ho seguito le avventure standogli accanto, senza mai mettermi al di sopra e giudicare.
D. - Che cosa rappresenta per Luciano e per molti la televisione?
R. - Per molti, il fatto di riuscire ad entrare dentro la televisione, non è solo un fatto narcisistico, è anche una certificazione della tua esistenza, cioè quello che accade in televisione, molto spesso è più vero di quello che vivi tu nella vita di tutti i giorni. Quindi poter entrare dentro la televisione, significa esistere. Di conseguenza, diventa un problema non solo narcisistico ma esistenziale e questo riguarda tutta la seconda parte del film, in cui Luciano sprofonda dentro questa ossessione.
Iraq: assalto al carcere di Tikrit, 13 poliziotti uccisi, 83 detenuti evasi
◊ Almeno 13 poliziotti rimasti uccisi e 83 detenuti evasi. È il bilancio degli scontri avvenuti nel carcere iracheno di Tikrit questa mattina a seguito dell’attacco di un gruppo di uomini armati. “Tutti i detenuti fuggiti – ha dichiarato il governatore provinciale – sono membri di Al Qaeda”. Durante gli scontri avrebbero perso la vita anche 11 uomini tra gli assaltatori. Secondo la ricostruzione delle autorità l’attacco, lanciato con lo scopo di impadronirsi della struttura, sarebbe avvenuto dopo che un attentatore si era fatto esplodere all’ingresso dell’edificio. Durante gli scontri, molti dei detenuti sono riusciti ad evadere. Le guardie del carcere, in collaborazione con le forze di sicurezza sopraggiunte, sono riuscite successivamente a riprendere il controllo dell’edificio. (L.P.)
“40 giorni per la vita”: manifestazione in tutto il mondo per contrastare l’aborto
◊ “40 days for life”. È questa l’iniziativa pro vita che si svolge in 316 città, giunta ormai alla sua V edizione. “40 giorni per la vita” è una campagna comunitaria di impegno sociale, come evidenzia l’agenzia Zenit, che focalizza l’attenzione sul dramma dell’aborto con il fine di fermarlo, attraverso un programma suddiviso in tre punti: preghiera, digiuno e veglie itineranti davanti alle cliniche o agli ospedali. La manifestazione, partita il 26 settembre, toccherà le principali città di Sati Uniti, Canada, Sud America, Australia, Europa e Uganda, e si concluderà il 4 novembre prossimo. Ogni anno, fin dagli inizi nel 2007, la campagna ha sempre fatto registrare grandi numeri: gli organizzatori parlano di oltre 525mila persone che si sono riunite per pregare e digiunare con l’intento di far cessare gli aborti e oltre 15mila tra Chiese e congregazioni che hanno partecipato alle campagne di questi anni. “I 40 giorni – sottolineano gli organizzatori – sono ispirati dalla storia biblica, dove Dio usa il periodo di 40 giorni o anni per trasformare individui, comunità, il mondo intero. Da Noè nel diluvio, a Mosè sul monte, a Gesù nel deserto, è chiaro che Dio vede il valore trasformativo per il suo popolo della sfida dei 40 giorni”. (L.P.)
Il Custode di Terra Santa: pregare per i “cari fratelli della Siria”
◊ Preghiere e intercessioni a favore “dei cari fratelli della Siria che stanno vivendo un momento difficile”. È l’invito, riportato dall’agenzia Fides, rivolto dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ai frati francescani della Custodia di Terra Santa. “In questi ultimi mesi – ha scritto padre Pizzaballa – la situazione nel Medio Oriente si è fatta ancora una volta incandescente, e tante nuove e antiche paure si sono ripresentate alla nostra coscienza. La nostra unica risorsa è rivolgere il nostro sguardo al Padre di tutte le misericordie e lasciarci guidare da lui”. L’invito di padre Pizzaballa, nello specifico, è rivolto affinché i frati della Custodia inseriscano alcune formule di invocazione e intercessione “pro-Siria” nella recita quotidiana delle Ore. Ma la preghiera come via per trovare una soluzione non è indicata solo da padre Pizzaballa. “A Damasco e in tutta la Siria – ha raccontato padre Romualdo Fernandez Ferreira, vicario delegato del Vicariato apostolico di Aleppo dei Latini e custode del memoriale di San Paolo a Damasco-Tabbaleh – è dal marzo 2011 che in tutte le chiese si organizzano liturgie, preghiere e adorazioni per la pace e per chiedere che il conflitto abbia fine”. (L.P.)
Istanbul: simposio islamo-cristiano sul tema “Essere straniero e dialogare con l’altro”
◊ Con alcuni minuti di silenzio perché ognuno potesse pregare l’unico Dio in cui cattolici, musulmani ed ebrei credono, ma che pregano in modo diverso, è iniziato questa mattina a Yeşilköy, quartiere di Istanbul, il Simposio cristiano-islamico sul tema “Essere straniero e dialogare con l’altro”. Folla da record, quest’anno, con oltre 130 partecipanti, tra cui si è distinto un folto gruppo di studentesse dalla facoltà di teologia dell’università di Marmara con alcuni loro professori. Presente l’imam del luogo, il vicario apostolico di Istanbul mons. Louis Pelâtre e mons. Yusuf Sag, vicario patriarcale dei siro-cattolici, nonché presidente della commissione per il dialogo interreligioso, che hanno salutato i partecipanti, augurando che l’impegno per il dialogo, di cui si parla sempre più spesso e che sembra compromesso da fatti incresciosi che avvengono qua e là per il mondo, possa diventare una confortante realtà. Dialogo, è stato detto con una felice espressione, è poter dire: “La mia sicurezza dipende da te”, con riferimento alla sicurezza fisica (bando quindi alla violenza di qualsiasi genere) e alla sicurezza religiosa (libertà di poter vivere il proprio credo religioso). Si è poi parlato dello straniero nella Bibbia in una relazione affidata a padre Frédéric Manns, professore nello studio biblico di Gerusalemme, il quale ha ricordato come il primo “straniero” sia stato Israele prima con l’emigrazione in Egitto e poi con la schiavitù di Babilonia, dopo la quale il popolo si è maggiormente aperto all’accoglienza, come testimoniano i libri di Rut e di Giona. Egli ha poi fatto notare come Gesù abbia rivoluzionato le cinque distinzioni che gli ebrei facevano tra straniero e straniero, identificandosi con tutti: “Quello che avete fatto al più piccolo l’avete fatto a me”. A mezzogiorno i partecipanti hanno partecipato alla preghiera nella moschea cittadina, accolti calorosamente dall’imam, che ha riservato loro un posto d’onore, invitando tutti ad accettarsi scambievolmente in nome dell’unico Dio. Il simposio continuerà nel pomeriggio con relazioni affidate a professori musulmani, e si concluderà domani con una liturgia della Parola nella chiesa di Santo Stefano di Yeşilköy. (A cura di padre Egidio Picucci)
Egitto: accordo tra musulmani e copti per la nuova Costituzione
◊ Musulmani e copti sono al lavoro per trovare un accordo per risolvere le controversie riguardanti la nuova Costituzione in Egitto. I partiti politici egiziani, rappresentanti della Chiesa copta e di Al-Azhar, riuniti presso la Camera, come riporta l’agenzia Fides, hanno deciso di mantenere l’articolo 2 della Costituzione redatta nel 1971 che recita “L’Islam è la religione dello Stato, l’arabo è la sua lingua ufficiale e i principi della Sharia islamica sono una principale fonte della legislazione”, sostituendo la correzione del 1980 in cui si affermava che “i principi della Sharia islamica sono la principale fonte”. Ma, aspetto altrettanto importante, è stato stabilito anche che i fedeli cristiani e ebrei possono far ricorso alle loro norme religiose per quanto riguarda le questioni religiose personali come, ad esempio, il matrimonio. È prevista anche la cancellazione degli articoli che limitano la libertà di stampa. (L.P.)
Elezioni in Venezuela: la Chiesa invita a “pensare al bene comune”
◊ “Mettersi al di sopra delle proprie ideologie e pensare al bene del Paese”. È l’invito, riportato dall’agenzia Fides, che mons. Diego Rafael Padròn Sanchez, arcivescovo di Cumanà e presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, rivolge ai candidati alle prossime elezioni presidenziali del 7 ottobre. Al momento di scegliere un candidato, sottolinea mons. Padròn, si deve “cercare soprattutto che ci sia giustizia, in particolare la cura per le persone più svantaggiate della società e che in ogni momento la Costituzione non sia solo un libro, ma una realtà concreta in Venezuela”. La Chiesa cattolica, ha ricordato ancora l’arcivescovo, ha chiesto tre cose al popolo: “voto di coscienza pensando al bene comune; voto in libertà con sicurezza e votare pacificamente”. Dopo le elezioni del 7 ottobre per il Venezuela inizierà una nuova tappa e la Chiesa, conclude mons. Padròn, sarà al fianco del popolo nelle sue preoccupazioni, nei suoi bisogni e nelle sue manifestazioni. (L.P.)
Parigi: mostra per raccontare la storia impossibile dei missionari nel Tibet
◊ Una mostra, dal titolo “Missions du toit du monde”, per raccontare la missione, ritenuta impossibile, di alcuni missionari in Tibet, tra le cime montuose più alte del mondo, in un territorio che non ha mai visto la presenza continua di sacerdoti. Padre Georges Colomb, superiore generale della Società per le Missioni Estere di Parigi (Mep), racconta così, riporta l’agenzia Fides, la mostra: “La Missione viene presentata come impossibile, ricordando i tentativi, dal XVII secolo fino al 1950, e come una missione decentrata sul territorio: dal suo inizio, nel 1846, alla sua scomparsa, nel 1952, il Vicariato Apostolico del Tibet, affidato alla Società per le Missioni Estere di Parigi, non ha mai conosciuto una presenza continua all’interno del Paese”. Nel 1951 tutti i missionari furono espulsi. Nella mostra si descrivono tutte le difficoltà che i missionari hanno dovuto affrontare, dalla cultura, così distante da quella cristiana cattolica, che ha visto un’unica ordinazione di un sacerdote tibetano, nel 1891, fino all’impatto con il territorio, dovendo attraversare alcune delle montagne più alte del mondo. Una mostra, che verrà inaugurata il 29 settembre a Parigi, per richiamare la memoria dei confratelli che hanno dato la vita per una missione impossibile, prendere esempio dal loro coraggio e dalla loro abnegazione per non guardare agli avvenimenti solo secondo l’ottica umana. (L.P.)
Salesiani: servizi informatici e formazione per i giovani del Madagascar
◊ La missione salesiana di Bevanevik, in Madagascar, potrà offrire ai suoi giovani nuovi servizi e una formazione migliore, grazie all’iniziativa di Informatici Senza Frontiere (Isf), organizzazione di volontari professionisti delle tecnologie dell’informazione, in collaborazione con Monoclick, uno dei principali venditori online di prodotti di tecnologia. Isf nacque nel 2005 con lo scopo di mettere al servizio di chi vive nelle aree più disagiate del mondo le conoscenze e le strumentazioni informatiche. Quest’anno ha avuto l’appoggio di Monoclick che ha deciso di mettere a disposizione i proventi delle campagne autunnali “Back to school” e “Back to work”, il tutto a favore della missione salesiana di Bevanevik. Questa iniziativa, come sottolinea l’agenzia Fides, permetterà la realizzazione di un’aula informatica presso la Missione Salesiana e di formare i relativi docenti. Ad oggi, i salesiani collaborano a Bevanevik, nelle zone più disagiate, con scuole elementari, medie e superiori, offrendo sostegno a oltre 3000 bambini. Attraverso la nuova struttura, i salesiani cercheranno di garantire una migliore formazione ai giovani del luogo (L.P.)
“Tra cielo e terra”: a Pavia, festival di arte sacra
◊ Artisti e architetti, italiani e internazionali, prenderanno parte al Festival internazionale “Tra terra e cielo” di Pavia. Il Festival, organizzato dalla Fondazione “Frate Sole”, si svolgerà nel Cortile di Broletto, e avrà luogo da domani fino al 4 ottobre, periodo nel quale la città, come sottolinea l'agenzia Sir, diverrà luogo di richiamo per i cultori dell’arte e dell’architettura sacra. In parallelo alla mostra, domani e domenica, sono previsti dei percorsi per bambini e ragazzi, con laboratori artistico-didattici. Al suo interno poi il Festival ospiterà anche la V edizione del premio internazionale di architettura sacra, per il quale verranno valutati ben 116 progetti. (L.P.)
Taiwan: un premio alla comunità cattolica per l’opera nella società civile
◊ La testimonianza cristiana come esempio di integrazione fra culture e fedi religiose diverse, e fonte di miglioramento del livello di vita generale del Paese. Queste le motivazioni, riportate dall’agenzia AsiaNews, che hanno spinto il governo di Taiwan ha conferire un premio ai cattolici, sacerdoti, religiosi, suore e laici, per il loro servizio nella società civile. Ogni anno il governo premia le migliori organizzazioni religiose che si distinguono per aiuti alla società taiwanese. Quest’anno, sono ben sette le organizzazioni cattoliche che ricevono il riconoscimento: L’Arcidiocesi di Taipei, la Conferenza episcopale, la Diocesi di Xinzhu, la Congregazione delle suore del Cuore Immacolato, la Diocesi di Chiayi, la Congregazione delle Sorelle della Provvidenza e la Compagnia di Gesù. (L.P.)
Nepal: ambulanze senza personale qualificato, a rischio la salute dei pazienti
◊ Il Servizio di Ambulanze del Nepal (NAS) può contare su appena 21 paramedici specializzati per un bacino di utenza di oltre 30 milioni di abitanti. L’allarme, lanciato attraverso l’agenzia Fides, riporta anche i dati della Croce Rossa del Nepal (NRCS), la Ong più vasta del paese, che possiede un parco di 168 ambulanze ma nessun paramedico, e solo il 35% degli autisti di questi mezzi ha una formazione di pronto soccorso. La maggior parte delle vetture che circolano come ambulanze sono dunque macchine private, totalmente inadatte alle cure mediche e prive delle attrezzature necessarie. Da una ricerca condotta dal Patan Hospital, è emerso inoltre che meno del 10% delle persone che si recano nelle strutture sanitarie per interventi di pronto soccorso nella Valle di Kathmandu arrivano in ambulanza, oltre la metà utilizzano il taxi. Molti di quelli che arrivano con le auto della polizia, taxi o autobus subiscono ulteriori trauma a causa del trasporto. A Kathmandu ci sono circa 2 milioni di abitanti e solo 21 ambulanze ufficialmente registrate, la maggior parte delle quali di proprietà di ong locali. La situazione peggiora nelle aree montuose, dove questi mezzi di trasporto non esistono, e solo 2-3 ospedali delle zone più impervie del paese dispongono di paramedici qualificati all’interno del loro staff. A causa della mancanza di personale idoneo i pazienti spesso muoiono durante il trasporto in ospedale. (M.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 272