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Sommario del 30/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa per i migranti. Il parroco di Lampedusa: serve una grande generosità del cuore
  • Nomine episcopali nelle Filippine e in Perù
  • Sinodo. Il dovere di annunciare Cristo: interviste con il card. Erdö e don Carrón
  • Mons. Mamberti sui 20 anni di rapporti tra Santa Sede e Croazia: la sfida ora è l'integrazione nell'Ue
  • Il cardinale Sarah: ripartire dall’Africa, “polmone spirituale dell’umanità”
  • Nuovo ciclo della Radio Vaticana sul Catechismo a 20 anni dalla pubblicazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Usa: Sandy semina morte e distruzione. Testimonianza dell'ex capo dei vigili del fuoco di New York
  • Presidenziali Usa: Obama e Romney al rush finale
  • Afghanistan: prossime presidenziali il 5 aprile 2014. Karzai non potrà ripresentarsi
  • La Grecia annuncia l'accordo per nuovi aiuti
  • Rapporto Caritas-Migrantes: oltre 5 milioni gli immigrati, la crisi colpisce più duro gli stranieri
  • "L'usura, il Bot delle mafie". Libera presenta in un Rapporto gli affari delle cosche
  • Cala risparmio delle famiglie, cresce fiducia verso il futuro: lo rileva ricerca Acri-Ipsos
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: scelti i tre candidati per la successione di Shenouda III
  • Pakistan: rilasciato un cristiano accusato di blasfemia. Le Ong: rivedere la legge
  • Egitto: la Chiesa copta lamenta persecuzioni e discriminazioni
  • India: per leader protestante a rischio la vita dei cristiani in Karnataka
  • India: il governo blocca l’Ong cattolica “Cordaid”
  • Haiti: raccolti distrutti e nuovi casi di colera dopo l'uragano Sandy
  • Congo: per i tre religiosi rapiti nel Nord Kivu sarebbe stata contattata la società civile
  • Congo: domani giornata di protesta a Bukavu indetta dalla società civile contro l'insicurezza
  • Bangladesh: si aggrava il problema del traffico di minori
  • Messico: ogni anno muoiono assassinati 31 mila minori di 15 anni
  • Mamme dei migranti centroamericani scomparsi in Messico pregano nella Basilica di Guadalupe
  • Repubblica Dominicana: il cardinale Lopez Rodriguez dice basta alle violenze contro le donne
  • 29 novembre: Giornata speciale di trasmissioni in Eurovisione sul tema della povertà
  • Portogallo: organizzazioni cattoliche denunciano regressione sociale e aumento della povertà
  • Spagna: primo Congresso nazionale di pastorale giovanile
  • Terra Santa: nuovo Centro per anziani a Betlemme
  • Roma: manifestazione per la dignità e i diritti dei profughi del Nord Africa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa per i migranti. Il parroco di Lampedusa: serve una grande generosità del cuore

    ◊   “Fede e speranza” riempiono spesso “il bagaglio di coloro che emigrano”. E’ uno dei passaggi forti del Messaggio del Papa per la Giornata del Migrante e del Rifugiato, pubblicato ieri. Un documento che ribadisce come ogni cristiano e ogni persona di buona volontà sia chiamata a vedere nel migrante innanzitutto la ricchezza inestimabile della sua persona. Alessandro Gisotti ha chiesto a don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, quale parte del Messaggio l’abbia colpito maggiormente:

    R. – Mi ha colpito quando cita in particolare la Gaudium et Spes del Papa, parlando dell’umanità che la Chiesa deve sperimentare nell’incontro con l’altro: le gioie e i dolori dell’altro sono le gioie e i dolori della Chiesa tutta. Mi pare che lì si colga molto bene il significato di questo incontro che sperimentiamo nel viaggio della speranza dei migranti.

    D. – Questo aspetto dell’arricchimento reciproco, lei lo ha sperimentato? La sua comunità di fedeli di Lampedusa lo ha sperimentato?

    R. – Sì: anche se spesso il primo impatto è quello di una forma di timore mista ad un po’ di preoccupazione, di paura… Però, il confronto con l’altro, con la storia dell’altro, con il dolore dell’altro aiuta a rivedere anche la nostra storia, il nostro dolore e la nostra sofferenza. Perché spesso, nella rinascita dell’altro che viene accolto nella nostra terra noi vediamo provocare le nostre stesse aspettative: provocare in positivo, perché significa che ci dobbiamo rimettere in discussione, anche e soprattutto, direi, nel rapporto con il Vangelo e quindi con la Parola di Dio. Lì andiamo a verificare la nostra stessa speranza alla luce della loro speranza, la nostra stessa fede nell’esperienza della loro fede.

    D. – Il Papa, d’altronde, sottolinea che la Chiesa deve evitare il rischio dell’assistenzialismo: la Chiesa deve evitare questo rischio e favorire invece l’autentica integrazione…

    R. – Sicuramente, è la sfida più grande che è posta dinanzi a noi. Perché è vero che noi, come comunità parrocchiale, facciamo l’esperienza dell’incontro primo, della prima accoglienza, qui. Però, bisogna riconoscere che la difficoltà più grande è quella dell’integrazione, perché sicuramente comporta un percorso molto lungo e spesso faticoso. E’ la sfida più importante o più grande, quella dell’integrazione, alla quale credo che non siamo perfettamente preparati. In questo, ritengo che da parte nostra serva una riflessione maggiore e forse una generosità del cuore ancora più grande.

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    Nomine episcopali nelle Filippine e in Perù

    ◊   Nelle Filippine, Benedetto XVI ha nominato Vescovo di San Fernando de La Union mons. Rodolfo F. Beltran, trasferendolo dal Vicariato Apostolico di Bontoc-Lagawe. Mons. Rodolfo F. Beltran è nato a Gattaran, nell’arcidiocesi di Tuguegarao, il 13 novembre 1948. Ha seguito gli studi di filosofia all’Immaculate Conception Major Seminary di Vigan, Ilocos Sur, e quelli di teologia all'Università Santo Tomas di Manila, conseguendo la Licenza in Sacra Teologia. È stato ordinato sacerdote il 25 marzo 1976 per l’arcidiocesi di Tuguegarao. Dopo l’ordinazione è stato per due anni Vice-Rettore nel San Jacinto Seminary di Tuguegarao, poi Vicario Parrocchiale alla Holy Angels parish di Tuao, Cagayan, ed infine Decano degli Studi al San Pablo Regional College Seminary di Baguio City. Dal 1985 al 1990 ha studiato a Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, conseguendo il Dottorato in Filosofia. Tornato in Patria, dal 1990 al 1997 è stato Rettore al San Pablo Regional College Seminary di Baguio City. Dal 1997 al 2005 è stato Parroco, prima a Saint Anne parish di Buguey, Cagayan, e poi a St. Peter Cathedral di Tuguegarao City. Eletto alla sede titolare di Buffada e nominato Vicario Apostolico di Bontoc-Lagawe il 18 marzo 2006, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 16 maggio dello stesso anno.

    In Perù, il Papa ha nominato Vescovo Ordinario Militare per il Paese mons. Guillermo Martín Abanto Guzmán, trasferendolo dalla sede titolare di Pinhel e dall’ufficio di Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Lima. Mons. Guillermo Martín Abanto Guzmán è nato il 1° luglio 1964 a Trujillo (Perù). Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia nella Facoltà di Teologia pontificia e civile di Lima. È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992 nella Basilica Cattedrale di Lima, incardinato nell’arcidiocesi di Lima. Dal 1993 al 1994 è stato insegnante nel Seminario propedeutico Casa di Nazareth. Ha svolto poi diversi uffici pastorali: dal 1994 al 2009 è stato Parroco in quattro parrocchie, Decano del Decanato, Vicario Episcopale, Cappellano delle Religiose Orsoline e Coordinatore dell’équipe di Promozione vocazionale dell’arcidiocesi di Lima. Il 30 gennaio 2009 è stato eletto Vescovo titolare di Pinhel e nominato Vescovo Ausiliare per l’arcidiocesi di Lima. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 aprile successivo. È stato rappresentante dell’Arcivescovo di Lima presso l’Istituto Superiore di Studi Teologici (ISET), Membro del Consiglio Presbiterale, del Collegio di Consultori, del Tribunale di esame sinodale, Coordinatore della Pastorale di Movimenti ecclesiali.

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    Sinodo. Il dovere di annunciare Cristo: interviste con il card. Erdö e don Carrón

    ◊   Testimoniare il Vangelo è un dovere per tutti i battezzati. Così il cardinale Péter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali dell'Europa, commenta i lavori del Sinodo sulla nuova evangelizzazione conclusi domenica scorsa in Vaticano. Ascoltiamolo tracciare un bilancio dell’assise al microfono di Paolo Ondarza:

    R. - Penso che questo sia stato un Sinodo molto ricco di contenuto. L’evangelizzazione non è soltanto la trasmissione di un contenuto intellettuale - questo sarebbe un’informazione - ma noi dobbiamo essere testimoni. Tutti i fedeli, tutti i singoli battezzati hanno questo dovere. Quindi, evangelizzare non è una cosa facoltativa, compito di una categoria di cristiani, ma è un dovere strettamente connesso con il battesimo stesso.

    D. - Quali le frontiere della Chiesa in Europa, per fare nuova evangelizzazione?

    R. - Prima di tutto, la nuova evangelizzazione non si riferisce soltanto a questi continenti di antica tradizione cristiana, però ha un significato speciale nel nostro mondo, dove la cultura cristiana, una volta, era quella dominante; oggi in seguito alla secolarizzazione, non è più così. All’interno dell’Europa ci sono delle differenze molto grandi, per esempio tra Paesi come l’Olanda e la Turchia, l’Italia e la Russia e così via. Tuttavia nelle diverse situazioni, troviamo elementi comuni ed uno di questi elementi è sicuramente la grande secolarizzazione.

    D. - Il messaggio del Vangelo, lei ha detto, è scritto, inciso nelle pietre delle città del Vecchio Continente, disegnato e dipinto nelle opere d’arte che le rendono belle e attraenti per i tanti turisti che visitano i Paesi europei…

    R. - L’eredità artistica, presente negli edifici che vediamo nelle nostre città, porta ancora il messaggio del Vangelo. Quindi, se noi non annunciamo il Vangelo, cominciano a “gridare le pietre”. Noi siamo chiamati a spiegare “la voce delle pietre”. Dobbiamo conoscere questa nostra eredità e apprezzarla: tante persone lontane dalla Chiesa sanno apprezzare la cultura cristiana pur non avendo una vita di fede. Siamo chiamati ad evangelizzare anche attraverso questi mezzi.

    D. - L’evangelizzazione in Europa esce rinnovata da questo Sinodo?

    R. - Ne sono convinto, sì. È per questo che preghiamo.

    Portare la gioia di essere cristiani in tutti gli ambienti della vita quotidiana. E’ ciò che da sempre anima la Fraternità di Comunione e Liberazione e che ancora oggi è la strada indicata dai suoi appartenenti per la nuova evangelizzazione. Tra i padri partecipanti al Sinodo sulla nuova evangelizzazione c’era don Julián Carrón, presidente di Cl. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. - Mi ha colpito, rileggendo il documento Porta Fidei, il fatto che il Papa comincia dicendo che oggi non si può dare per scontata la fede: non è un presupposto ovvio. Con questa impressione, e rileggendo poi l'Instrumentum laboris per la preparazione del Sinodo, mi ha colpito molto un passaggio in cui si metteva in evidenza la preoccupazione per il fatto che il cristianesimo non viene comunicato nei luoghi in cui si svolge la vita degli uomini: il posto di lavoro, il quartiere... Questa è veramente una sfida che dobbiamo affrontare, perché attualmente non richiamiamo alcun interesse. Questo ci dice della sfida che il cristianesimo diventi una realtà presente in noi, nel modo di affrontare le cose di tutti i giorni, perché altrimenti sarà difficile che gli uomini si possano interessare a quello che facciamo quando la domenica ci incontriamo per la Messa.

    D. - Quindi, essere nei luoghi in cui si trova la gente, intercettare la gente e anche la richiesta di assoluto che ha l’uomo. Nella vostra esperienza concreta, questo come si traduce?

    R. - Si traduce nel tentativo costante di essere presenti, adesso come prima, nell’ambiente, nella scuola, nell’università e nei luoghi di lavoro, dove - con il nostro tentativo sempre “ironico” - cerchiamo di rendere presente il cristianesimo come proposta e testimonianza. Noi questo ce l’abbiamo a cuore, perché è la possibilità per noi stessi di poter verificare - nella vita concreta, nel lavoro, nella famiglia, nei rapporti - la verità di quello in cui crediamo. E in primo luogo, lo vogliamo per noi stessi, perché se questo sarà vero per noi, noi stessi potremo dimostrare agli altri come la fede sia in grado di rinnovare la vita quotidiana.

    D. - Deve partire da un’esperienza di conversione personale?

    R. - Certo, è l’inizio di qualsiasi comunicazione della fede. E’ il primo passo. Convertendoci a Cristo, potremo poi toccare con mano che questa conversione è utile per la vita, per la nostra vita, per la vita degli uomini nostri fratelli e per la vita del mondo.

    D. - Oggi, tutto questo ha una motivazione in più, se pensiamo anche alla crisi valoriale – anche a livello politico – che la nostra società sta attraversando. Come può tradursi questo impegno, quindi?

    R. – Già nel modo in cui, per esempio, ciascuno vive la propria professionalità sul posto di lavoro, nel modo in cui è presente nel quartiere o nel piccolo paese dove abita. Se quello che prevale è il nuovo stile di vita, insieme con il desiderio di comunicarlo all’altro affinché diventi un bene per gli altri – sottolineando quindi anche l’aspetto del bene comune che può ritornare a tutti – ciò significa che esso potrà poi raggiungere anche le persone che si impegnano direttamente nel campo politico.

    D. - In apertura dell’Anno della Fede, qual è il suo auspicio?

    R. - Il mio augurio, e il mio desiderio, per me e per tutti gli amici, per tutti i cristiani, è quello che ci dice il Papa: di sapere riscoprire il valore della fede, affinché possiamo uscire da questo Anno della Fede più convinti, più persuasi che mai del fatto che la fede è il dono più prezioso che ci è capitato nella vita.

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    Mons. Mamberti sui 20 anni di rapporti tra Santa Sede e Croazia: la sfida ora è l'integrazione nell'Ue

    ◊   Auguro alla Croazia di vedere realizzata presto, così come è nei programmi, “l’aspirazione alla piena integrazione europea”. Sono le parole con le quali l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha concluso ieri in Vaticano il suo intervento alla Conferenza celebrativa del 20.mo anniversario dei rapporti diplomatici Santa Sede e Croazia. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    È il 1992 l’anno di svolta nella storia recente della Croazia: il regime comunista cade, i croati sono tra i primi a proclamare la propria indipendenza da Belgrado, accelerando il processo di dissoluzione dell’allora Jugoslavia. La Santa Sede è tra i primi a riconoscere la nuova sovranità e appena due anni dopo Giovanni Paolo II rende visita al nuovo Stato, mentre in lontananza ancora rimbomba l’artiglieria contro Sarajevo. Dunque, pur contando 1300 anni di vicinanza e di rapporti “intensi” tra Santa Sede e l’antico popolo croato, non c’è dubbio – ha affermato mons. Mamberti – che “gli ultimi venti anni sono stati tra quelli più difficili ed allo stesso tempo cruciali per il suo futuro”. “Fin dalle origini – aveva detto nel giugno dello scorso anno Benedetto XVI visitando Zagabria – la vostra Nazione appartiene all’Europa e ad essa offre, in modo peculiare, il contributo di valori spirituali e morali che hanno plasmato per secoli la vita quotidiana e l’identità personale e nazionale dei suoi figli”. Oggi – ha ripreso mons. Mamberti dopo aver citato il Papa – “le sfide continuano” e i croati del 21.mo secolo “non possono che interrogarsi circa i valori sui quali intendono costruire la vita dei singoli e quella dell’intera nazione”.

    Benché la Chiesa e la comunità politica “operino a livelli diversi e siano indipendenti l'una dall'altra, entrambe – ha osservato il segretario per i Rapporti con gli Stati –servono gli stessi soggetti che, allo stesso tempo, sono fedeli della Chiesa e cittadini dello Stato”. In questo servizio, ha proseguito, “c'è ampio spazio per il dialogo e la cooperazione, a servizio della dignità di ogni uomo. Al centro della mutua cooperazione, infatti, sta il nostro impegno condiviso per il bene comune e per la promozione dei valori spirituali e morali, che conferiscono alla società croata il suo saldo fondamento”. Quindi, mons. Mamberti ha terminato l’intervento augurando alla Croazia che, “nel momento in cui viene prospettata e realizzata l’aspirazione di piena integrazione nell’Unione Europea”, il Paese “rafforzi la sua identità e così sia fermento di bene per gli altri Paesi”.

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    Il cardinale Sarah: ripartire dall’Africa, “polmone spirituale dell’umanità”

    ◊   “Il Benin e la Santa Sede” e “Il Papa Benedetto XVI in Benin” sono i due volumi presentati ieri a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, entrambi pubblicati dalla Lev, Libreria Editrice Vaticana, e curati dall’ambasciata del Benin presso la Santa Sede. Nel corso della presentazione dei volumi, a quasi un anno dal viaggio del Papa in Benin, è stata offerta un’ampia riflessione del card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Il porporato ha ricordato che, per parlare di quanto sta accadendo in Africa, occorra "un discernimento comunitario” nel quale non si escludano “gli occhi degli uomini”, in particolare dei poveri, e “gli occhi di Dio”. Riferendosi alla crisi mondiale – crisi economica ma anche “spirituale, etica ed antropologica” – il cardinale Sarah ha evidenziato che l’Africa, da sempre ai margini dei circuiti economici-finanziari, ha subito fenomeni indiretti della crisi come l’accaparramento delle risorse e lo sfruttamento delle risorse naturali a vantaggio delle multinazionali con la completa esclusione dei locali.

    Non mancano però elementi di conforto – ha aggiunto – come tassi di crescita buoni e alcune guerre risolte, come pure l’immigrazione dall’Europa, dal Portogallo in particolare, al grande continente africano. Permangono però delle conflittualità, delle pandemie e il fenomeno delle migrazioni di massa. La Chiesa locale – ha proseguito il cardinale Sarah – continua ad avere uno sviluppo notevole nonostante i casi di Nigeria e Kenia dove “non mancano i martiri”. “Tocca ai governi - ha aggiunto il presidente di Cor Unum – garantire non solo l’esercizio della libertà religiosa ma anche la libertà di coscienza che sono i diritti fondamentali della persona”. Necessario ribadire che “non esistono modelli di sviluppo unici” e quindi “non si deve cadere nella tentazione di assumere come positivi modelli di vita, di comportamento e di consumo stranieri”, cose che rischiano di imporsi come ideologie: “dal consumismo alla teoria del gender”. “Occorre – ha detto il cardinale Sarah – uno sviluppo che passi attraverso l’istruzione, l’educazione, la dignità del lavoro, la tutela della salute, il rispetto dell’ambiente”.
    Infine, sulla nuova evangelizzazione, tema al centro del Sinodo appena concluso, il porporato ha soggiunto che è un “tema cruciale per tenere viva l’esperienza della fede in Africa e perché il Vangelo può forgiare la nostra cultura arricchendola”. Sottolineando il grande contributo portato dal Concilio Vaticano II, ha ribadito quali sono le nuove sfide della Chiesa in Africa: sentirsi parte della Chiesa universale; la pastorale della carità e la conversione che significa anche riconciliazione di fronte alle guerre in corso. “Dovremmo ripartire dall’Africa – ha concluso il cardinale Sarah – ‘polmone spirituale dell’umanità’, dai suoi valori più profondi: le relazioni umane, la famiglia e il senso di Dio”.(B.C.)

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    Nuovo ciclo della Radio Vaticana sul Catechismo a 20 anni dalla pubblicazione

    ◊   Si era alla metà degli Anni Ottanta del secolo scorso quando nella Chiesa iniziava l’elaborazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. A richiederlo era stato il Sinodo dei Vescovi, celebrato a 20 anni dal Concilio Vaticano II. Altri 20 anni sono trascorsi dalla pubblicazione di un'opera organica, frutto della consultazione di tutte le Chiese locali. Oggi, proponiamo la prima puntata di una nuova rubrica incentrata sull’importanza di questo testo fondamentale per la fede cristiana, curata dal gesuita, padre Dariusz Kowalczyk:

    Tra diversi inviti che il Papa Benedetto XVI ci ha rivolto in occasione dell’Anno della Fede vi è anche quello di leggere il Catechismo. Nella bellissima lettera “Porta fidei” il Santo Padre esprime la sua convinzione che il Catechismo sia durante tutto l'anno “un vero strumento e sostegno della fede”.

    Abbiamo delle diverse versioni del Catechismo. Prima di tutto il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 fa. Poi, una sua versione più breve: il Compendio del Catechismo. L’anno scorso invece è uscito il CatechismoYouCat, indirizzato ai giovani. Tutte le versioni del Catechismo hanno avuto una grande diffusione, sono state tradotte in molte lingue e vendute in milioni di copie. Nonostante tutto ciò è vera l’opinione che il grande Catechismo e le sue versioni abbiano penetrato solo una minima parte della comunità della Chiesa. E sebbene il Catechismo sia “uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II”, è anche vero che esso è una delle opere meno comprese e apprezzate. L’Anno della Fede è un'occasione per cercare di cambiare questa situazione.

    Nella prefazione di Benedetto XVI al catechismo YouCat troviamo una fervente chiamata: “Vi invito – scrive il Papa – studiate il catechismo con passione e perseveranza! Sacrificate il vostro tempo per esso! Studiatelo nel silenzio della vostra camera, leggetelo in due, se siete amici, formate gruppi e reti di studio, scambiatevi idee su Internet. Rimanete ad ogni modo in dialogo sulla vostra fede!”.

    Questo ciclo di riflessioni sul Catechismo che inizia oggi vuole essere una spinta per rispondere a quell'invito del Papa Benedetto. Ci soffermeremo su diversi capitoli della parte prima del Catechismo, intitolata: La professione della fede per rimanere, come ha chiesto il Papa in dialogo sulla nostra fede. Prendiamo quindi in mano il Catechismo!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo "Fedeltà radicale nell'amore per il presente": concilio e modernità in un libro di Giuliano Zanchi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Siria e la difficoltà di trovare una soluzione politica al conflitto.

    In cultura, un articolo di Antonio Paolucci dal titolo "Cinque secoli di luce accecante": il 31 ottobre 1512 Giulio II inaugurava la volta della Cappella Sistina completata da Michelangelo dopo quattro anni di lavoro.

    007 licenza di piangere: Gaetano Vallini su "Skyfall", uno dei più riusciti capitoli della saga; intervista di Luca Pellegrini a Daniel Craig; Emilio Ranzato sui cinquant'anni di un personaggio che continua a cambiare e Silvia Guidi sull'alter ego di Ian Fleming.

    Sul cammino degli uni con gli altri: il vescovo di Graz-Seckau, monsignor Egon Kapellari, in occasione dei cent'anni della legge sull'islam in Austria.

    Per una collaborazione sempre più amichevole: nell'informazione vaticana, l'arcivescovo Dominique Mamberti per i vent'anni di relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Croazia.

    Nuovi orizzonti di comunione per la vita consacrata: il cardinale Braz de Aviz per l'inaugurazione dell'anno accademico dello Studium del dicastero per i religiosi.

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    Oggi in Primo Piano



    Usa: Sandy semina morte e distruzione. Testimonianza dell'ex capo dei vigili del fuoco di New York

    ◊   Sono 17 le persone morte per l’uragano Sandy negli Stati Uniti e una in Canada. Le vittime, molte per caduta di alberi, sono negli stati di New Jersey, New York, Maryland, North Carolina, West Virginia, Pennsylvania e Connecticut. Il presidente Obama ha dichiarato lo stato di grave calamità naturale per New York e New Jersey, mentre è black-out in ben 13 Stati. Diverse compagnie aeree hanno sospeso i voli per New York e Washington. Il servizio di Fausta Speranza:

    Almeno 6,5 milioni di americani al buio. I black-out riguardano anche il District of Columbia, dove si trova la capitale federale Washington. A New York, niente luce elettrica dalla 29.ma strada in giù. Nel quartiere del Queens, nonostante la tanta acqua, è scoppiato un incendio che ha coinvolto 15 edifici. La zona nota come Lower Manhattan è stata ricoperta da una marea di oltre 4 metri. Ora però l’acqua sta scendendo. La Grande Mela offre oggi uno scenario surreale, pochissime persone e macchine anche per le strade centrali: tanti mezzi dei vigili del fuoco. D’altra parte sono chiusi uffici, scuole, nonché Wall Street. Allagamento anche nel New Jersey, dove in particolare la preoccupazione è per la centrale nucleare di Oyster Creek, che si trova nel sud a soli 40 km da Atlantic City, località turistica di mare devastata dal ciclone. Al momento, l’uragano Sandy è stato declassato a “tempesta post-tropicale”, ma rimane pericoloso per la costa orientale degli Usa, dove potrebbe toccare 60 milioni di persone.

    Per una testimonianza su quanto sta accadendo nelle aree più colpite da “Sandy”, Alessandro Gisotti ha raggiunto, telefonicamente a New York, Daniel Nigro, l’ex comandante dei vigili del fuoco della città all’epoca dell’11 settembre:

    R. – The most critical part of the storm has been the surge…
    La parte più critica della tempesta è l’ondata di acqua alta che ha superato ogni record, che ha allagato la zona in maniera inimmaginabile. C’è la devastazione in tutte le nostre aree più basse: i tunnel, la metropolitana sono allagati, le case di migliaia di persone sono allagate… I primi soccorritori si sono trovati di fronte a zone della città che non riuscivano a raggiungere. i camion non riuscivano ad arrivare e nella sola zona del Queens. Abbiamo perso probabilmente un centinaio di edifici, distrutti dagli incendi.

    D. – Quale è la situazione peggiore, ora?

    R. – Well, I think the tide is coming back up again one more time…
    Credo che la marea stia per tornare: è peggio di quanto si potesse immaginare. La devastazione è così estesa… Non è solo qui a New York: sono molti gli Stati colpiti e probabilmente sono almeno 16 milioni le persone coinvolte negli Stati Uniti.

    D. – Vigili del fuoco, polizia, volontari stanno facendo il possibile…
    Stanno facendo molto più del possibile: stanno rischiando la loro vita. Il loro intervento è stato febbrile per tutta la notte per evacuare ospedali, persone rimaste intrappolate nelle macchine e nelle case… Finora, ci sono state vittime dovute nella maggior parte alla caduta di alberi.

    D. – Ovviamente, la sua speranza è che questa terribile tempesta si esaurisca quanto prima…

    R. – We hope it just keeps moving to that the people in this area can at least…
    Noi speriamo che continui a spostarsi, affinché le persone che vivono in questa parte del Paese possano almeno incominciare l’opera di ricostruzione della loro vita, in questa zona che ha subito un’alluvione così grave.

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    Presidenziali Usa: Obama e Romney al rush finale

    ◊   Con lo sguardo rivolto agli Stati della Costa Est investiti dall’uragano “Sandy”, Barack Obama e Mitt Romney si apprestano a percorrere il tratto finale della corsa verso la Casa Bianca: a una settimana esatta dal voto del 6 novembre, i sondaggi continuano a dare in sostanziale parità i due candidati, con un lieve vantaggio del presidente nello Stato chiave dell’Ohio. Sulla fase conclusiva della campagna elettorale pesa però fortemente proprio l’uragano “Sandy”, come spiega l’americanista dell’Università di Firenze, Federico Romero, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – C’è l’impatto di scombussolare tutte le pianificazioni e le previsioni che erano state fatte: dove vanno i candidati, dove si riesce a mandare in onda gli spot elettorali, come si mobilitano gli elettori per il voto anticipato che in alcune zone è già possibile… Del resto, potrebbe anche non avere, alla fine dei conti, nessun effetto. Ma sta di fatto che, per alcuni giorni, distrarrà gran parte degli elettori dalla campagna, in parte dormiente, e poi potrebbe avere invece un effetto più radicale se per caso uno dei due candidati, in particolare il presidente, commettesse degli errori o delle gaffe nella gestione successiva. E’ chiaro che il presidente ci mette la faccia, ma in qualche modo anche Romney potrebbe inciampare in dichiarazioni incaute, avventate. Quindi, introduce sostanzialmente un elemento di imprevedibilità per i prossimi tre-quattro giorni.

    D. – Il dato che più si evidenzia di queste ultime settimane è il recupero, e secondo alcuni sondaggi addirittura il vantaggio, di Romney su Obama. Come è stato possibile?

    R. – In parte, perché Romney partiva con uno svantaggio naturale: quello di essere meno conosciuto, meno visibile all’elettorato nel suo complesso. Si era spostato molto sui toni della destra radicale per poter vincere le primarie all’interno del suo partito. Quindi, con i dibattiti televisivi lui si è effettivamente affacciato per la prima volta sulla scena nazionale in modo da essere visto da tutti, in particolare dagli elettori indipendenti. E giacché nel primo dibattito ha fatto piuttosto bene - e ha avuto di fronte un Obama invece decisamente spento - questo l’ha spinto abbastanza in alto nei sondaggi. Dopo di che, è iniziata la campagna finale in cui i due candidati sono sostanzialmente in una condizione di parità, ma anche con una distribuzione geografica da Stato a Stato piuttosto diversa. E sarà poi questa che deciderà le elezioni.

    D. – Economia e lavoro sono sicuramente i temi su cui si deciderà questa tornata elettorale. Su questo, Romney può vincere – su questo Obama può perdere. Qual è la sua impressione, al momento?

    R. – L’impressione è che Obama in qualche modo abbia scontato a lungo, e continui a scontare adesso, non tanto una sua incapacità di gestire la crisi economica, perché per molti aspetti invece l’ha gestita in maniera efficace; quanto di riuscire a comunicare un senso chiaro agli elettori di come da questa crisi si potrà uscire, di quali misure prendere. Probabilmente, il suo tallone d’Achille in questa campagna elettorale è stato quello di non riuscire a indicare un programma abbastanza chiaro per i prossimi quattro anni, anche se il suo problema, ovviamente, è quello di avere avuto – e probabilmente avere in futuro – un Congresso piuttosto ostile e poco collaborativo. Quindi, è arrivato in una condizione di debolezza data da una economia stagnante o in bassa crescita, e da una seria difficoltà di comunicazione della Casa Bianca.

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    Afghanistan: prossime presidenziali il 5 aprile 2014. Karzai non potrà ripresentarsi

    ◊   Sono state fissate per il 5 aprile del 2014 le elezioni presidenziali in Afghanistan, un Paese ancora non del tutto pacificato. Le consultazioni coincidono praticamente con il ritiro delle forze della coalizione, che lasceranno Kabul qualche mese prima. L’evento segna la fine dell’era presidenziale di Hamid Karzai, che non potrà presentarsi per un terzo mandato. Sullo scenario che va delineandosi in Afghanistan, l'opinione di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, intervistato da Giancarlo La Vella:

    R. – Certamente, il ritiro delle truppe internazionali proietta su queste elezioni presidenziali un’ombra molto, molto lunga e anche un po’ fosca. E' anche possibile che per il dopo-Karzai emergano personaggi poco noti, esattamente come lo era a suo tempo Karzai stesso, che era una figura influente dell’opposizione e dei talebani, ma piuttosto ignota fuori dagli specialisti del settore.

    D. – Perché, durante il suo mandato, non ha ricevuto il favore della maggioranza del suo Paese?

    R. – Credo che in questo ci siano tanti fattori da tenere presenti. Innanzitutto, Karzai è molto identificato, piaccia o no, con l’occupazione o la liberazione portata dalle truppe internazionali e questo a molti afghani non piace. In secondo luogo, non è che Karzai sia stato un modello di efficienza né di trasparenza. In terzo luogo, va considerato un fattore in qualche modo indipendente dalle parti in causa e cioè la struttura fortemente tribale dell’Afghanistan: Karzai è un rappresentante della maggioranza pashtun e chi rappresenta una determinata tribù ha diritto ad un certo "spoil system", sia dal punto di vista delle risorse, sia dal punto di vista dei posti di potere. Il che significa, altrettanto ovviamente, che quelli che da questo "spoil system" sono tagliati fuori, non possono essere granché contenti.

    D. – Proiettiamoci nella situazione del 2014: non ci sarà più la forza internazionale, ci sarà un nuovo presidente. In che modo, la comunità internazionale dovrà interfacciarsi con le autorità afghane?

    R. – Questo è veramente difficile da dire, perché un’interfaccia troppo stretta, un’assistenza troppo diretta, provoca in qualche modo l’ostilità di una parte della popolazione che si sente messa sotto tutela, espropriata delle proprie capacità di decisione. D’altra parte, una delle grandi difficoltà dell’operazione in Afghanistan è proprio la lontananza e quindi l’assenza del contatto. In altre parole, tenere d’occhio quello che succede in un Paese al confine con il Pakistan, lontanissimo dall’Occidente – e che invece dev’essere assistito con continuità e con una profonda conoscenza del territorio – diventa molto complicato. Io credo che dobbiamo archiviare la sfida di questi dieci anni e riconoscere con franchezza che i risultati realmente ottenuti sul campo, che non mancano, sono però molto lontani da quelli che ci aspettavamo. E poi cominciare fin da subito a preparare il “dopo”, perché il “dopo” – è inutile nasconderselo – può svolgersi in maniera relativamente tranquilla, ma può anche aprire le porte a una vera catastrofe, se le forze distruttive e ostili ai progressi che sono stati fatti in questi anni dovessero coagularsi e prevalere.

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    La Grecia annuncia l'accordo per nuovi aiuti

    ◊   Il premier Antonis Samaras ha annunciato di aver raggiunto l'accordo con la troika (Fmi, Ue e Bce) per la nuova tranche di aiuti da 31,5 miliardi di euro. Lo riferisce Antenna tv. "Abbiamo ottenuto tutto il possibile. Se le misure e il bilancio saranno approvate dal Parlamento la Grecia uscirà dalla crisi", ha detto il primo ministro. Intanto, il premier italiano, Mario Monti, dal Worl Economic Forum ribadisce che "l'Europa uscirà dalla crisi solo quando sarà capace di tornare alla crescita". E oggi incontro a Belino tra la cancelliera Merkel e i leader di Ocse, Banca Mondiale, Fondo Monetario internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio e Organizzazione Internazionale del Lavoro, tutti insieme per fare il punto sulla crisi e strategie di rilancio. Domani, a Bruxelles ci sarà la riunione dei ministri delle finanze sul tappeto la situazione greca, e il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha confermato che l'8 novembre ci sarà un incontro straordinario per esaminare proprio il caso del Paese ellenico, mentre le banche di Atene hanno rinviato di un altro mese, al 30 novembre, la pubblicazione dei risultati del primo semestre dell'anno.

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    Rapporto Caritas-Migrantes: oltre 5 milioni gli immigrati, la crisi colpisce più duro gli stranieri

    ◊   Rimane stabile il numero degli immigrati in Italia. Secondo il rapporto Caritas-Migrantes, presentato oggi a Roma, gli stranieri hanno di poco superato i 5 milioni di persone alla fine del 2011, un numero appena più alto di quello stimato lo scorso. Il loro ruolo è ancora fondamentale nella società, nonostante la crisi si sia fatta sentire in modo pesante sui posti di lavoro. Alessandro Guarasci.

    L’Italia ha bisogno di maggiore integrazione per gli stranieri, e questo perché, secondo Caritas-Migrantes, il loro arrivo andrà a compensare sempre più il calo della natalità degli italiani. Il 63% degli stranieri vive al Nord, il 23,8% al Centro e solo il 12,8% al Sud. Il 54% è cristiano. Per il ministro della Cooperazione, Andrea Riccardi, il parlamento deve fare di più sul fronte dello ius soli:

    “Forse, chi era favorevole non ha portato fino in fondo quelle che, secondo me, devono essere le conseguenze. Credo che noi dobbiamo vedere il tema dell’immigrazione in maniera nuova: come un elemento di crescita e di sviluppo del nostro Paese”.

    Gli immigrati sentono la crisi. Tra gli stranieri, infatti, il tasso di disoccupazione è salito al 12%, contro l’8% di chi è nato in Italia. Circa 250 mila sono i titolari di impresa. Va però fatto notare che le 750 mila assunzioni di cittadini immigrati hanno compensato, almeno in parte, la perdita di oltre un milione di posti di lavoro causata dalla recessione, come dice mons. Giancarlo Perego direttore della Fondazione Migrantes:

    “Non sono mancate, però, le occupazioni in tanti settori, che effettivamente necessitano ancora, e sempre di più, di manodopera straniera. Penso al mondo agricolo, al mondo del turismo, al tema dei marittimi, al mondo dei servizi sociali: badanti e assistenti sociali”.

    Caritas-Migrantes chiede maggiore integrazione. E questo lo si può fare soprattutto tramite misure che facilitino il permesso di soggiorno e la lotta al lavoro sommerso.

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    "L'usura, il Bot delle mafie". Libera presenta in un Rapporto gli affari delle cosche

    ◊   “Usura, il Bot delle mafie. Fotografia di un paese strozzato”. E’ il dossier presentato oggi a Roma da Libera sui clan che fanno affari con usura di mafia. In tempo di crisi, spiega il Rapporto, c’è chi da tempo ha capito come fare tanti soldi con i soldi. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    I 55 clan criminali sparsi in tutta Italia prosperano sempre più con l’usura mafiosa. Camorra, mafia, ‘ndrangheta, sono impegnate in questo florido business, molto florido, e anche delocalizzato: è sufficiente guardare i tassi di interesse applicati sui prestiti e che variano da regione a regione, da città a città. Se a Roma si arriva anche a tassi pari al 1500% annui, a Milano si scende al 150%. Stessa altalena nelle province, nel nordest padovano i clan chiedono fino al 180% annuo, ad Aprila, nel basso Lazio, si è raggiunto il record con il 1075% di tasso annuo. Il dossier ci dice che se l’usura delle mafie si mostra stabile nelle metropoli, così non è nelle province, dove penetra sempre più velocemente. E questo a causa soprattutto della crisi economica e di un sistema bancario che non sostiene gli imprenditori. don Luigi Ciotti, presidente di Libera:

    “Bisogna che si sblocchi questo problema con le banche, riguardo a quelle imprese che sono solide, ma senza liquidi, e che rischiano di andare verso il fallimento, perché non hanno accesso al credito con le banche. E’ il sistema bancario che deve essere ridefinito. Lo stesso avviene da parte dell’ente pubblico. Il pubblico non paga nei termini dovuti, rinvia. Bisogna allora che da una parte il sistema bancario e dall’altra l’ente pubblico trovino modalità efficaci per andare incontro a chi sta onestamente lavorando e che può concretamente dare risposte positive. Le mafie intercettano un segmento di sofferenza, di fatica, di disperazione, hanno denaro liquido e lo offrono a tassi altissimi, se non ce la fai a pagare si impadroniscono della tua azienda, usando la faccia pulita dell’imprenditore”.

    Il silenzio che circonda l’usura mafiosa è forte e la vittima cade preda di una particolare forma di schiavitù. Il dossier elenca le minacce, le promesse di morte, quello che definisce “il galateo dell’usurario mafioso”. L’usura uccide l’economia e le persone, ne sono evidente prova anche i tanti suicidi che si sono susseguiti negli ultimi mesi:

    “Abbiamo incontrato persone con situazioni di sofferenza immensa: donne ricattate con prestazioni sessuali, persone che sono state invitate dall’organizzazione mafiosa a diventare a loro volta reclutatori di nuovi clienti, persone imprigionate magari per due giorni e minacciate se non pagavano. Abbiamo trovato gente davvero disperata. C’è molto silenzio in questo mondo, c’è molto timore di parlare, anche perché l’interlocutore dall’altra parte è la mafia”.

    Le piccole e medie imprese rischiano sempre più di cadere in mani mafiose, complice anche la collusione di professionisti senza scrupoli. Di qui, l’appello a tutti, soprattutto alla politica, a fare la sua parte. “Al di là degli slogan – denuncia don Ciotti – non si è vista una vera lotta alla corruzione, alle mafie, all'usura''. Uno sguardo poi al voto in Sicilia, una vera rivoluzione che ha portato alla vittoria il candidato del Pd e dell’Udc, Rosario Crocetta, nuovo presidente della regione siciliana:

    “E’ una cosa che mi ha fatto piacere, non a caso eravamo andati a Gela per sostenerlo quando era sindaco. Ben venga, perché ha bisogno di essere aiutato, sostenuto. E’ uno che non le manda certamente a dire, ma non basta. In Sicilia quello che m’inquieta è toccare con mano che un cittadino su due non è andato a votare. C’è una sfiducia nella politica dell’attuale momento. Da una parte, troviamo bravi uomini e donne, seriamente impegnati in politica, nel contrasto alla criminalità, alle mafie, alle varie forme d’illegalità. Però, c’è anche gran parte del Paese che è alla finestra a guardare o che non fa quello che dovrebbe. Anche noi come cittadini abbiamo la responsabilità di fare la nostra parte. Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, perché il quadro che ci circonda ci pone domande, interrogativi. E la domanda che io continuo a pormi è: come mai da 400 anni noi parliamo di camorra, da 200 anni parliamo di Cosa Nostra e da oltre 100 anni parliamo di ‘ndrangheta? Dobbiamo chiederci come mai”.

    Qualcosa non funziona, ha concluso don Ciotti, quando si vedono leggi che escono mortificate da mediazioni verso il basso e compromessi, nonostante la volontà iniziale. La presentazione del Rapporto è stata anche l’occasione per lanciare la Fondazione Antiusura “Interese Uomo”, che finora ha operato sul territorio della provincia di Potenza e che ora amplia il proprio impegno a livello nazionale.

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    Cala risparmio delle famiglie, cresce fiducia verso il futuro: lo rileva ricerca Acri-Ipsos

    ◊   “Gli italiani guardano al futuro con una nuova fiducia, nonostante la durezza del momento attuale''. Lo rileva l’indagine: “Gli italiani e il risparmio” presentata stamani a Roma, alla vigilia dell’85.ma Giornata Mondiale del Risparmio. Il servizio di Adriana Masotti:

    Gli italiani hanno ancora la propensione al risparmio, ma sono sempre di meno le famiglie che riescono effettivamente a farlo. E’ ciò che emerge dall'indagine realizzata da Acri insieme con Ipsos. Solo il 28% delle famiglie è riuscito a mettere da parte qualcosa, era il 35% lo scorso anno. Prevalgono invece, e sono il 40%, coloro che spendono tutti i loro guadagni mentre cresce al 31% quelli che per arrivare a fine mese devono ricorrere ai risparmi precedenti o ai debiti. A causa della crisi, salgono al 26% gli italiani che riferiscono un repentino peggioramento del proprio tenore di vita, quasi scomparsi coloro che dichiarano un miglioramento. In generale, guardando all’attuale riduzione dei consumi, secondo i dati presentati oggi, è in atto un vero e proprio cambio di comportamento diffuso anche tra coloro che non hanno subito effetti negativi dalla crisi. Il consumo per tutti risulta oggi più razionale, con una crescente attenzione agli sprechi e la disponibilità a spendere di più solo per qualcosa che valga davvero di più.

    I tagli più decisi riguardano soprattutto il pasto fuori casa, la fruizione artistico-culturale, i viaggi e le vacanze. Ancora in calo le spese per l’abbigliamento, per i prodotti alimentari e per la casa e per i consumi legati alla cura della persona. Dall’indagine, risulta inoltre che per gli italiani la casa non è più l’investimento sicuro per eccellenza. Si preferisce tenere i propri risparmi liquidi - il 28% dichiara di non fidarsi di alcun investimento - o destinarli a titoli di Stato e libretti postali. In maniera forse inattesa, cresce invece la fiducia complessiva per il futuro a livello personale, nazionale, europeo e mondiale. Il 45% degli italiani, poi, si definisce ottimista, benché l'86% ritenga che la crisi in corso sia molto grave e ancora lunga. E cresce anche la fiducia nei confronti dell'Italia. Gli sfiduciati superano ancora i fiduciosi: sono il 37% contro il 32%, ma lo scorso anno gli sfiduciati erano oltre la metà della popolazione.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: scelti i tre candidati per la successione di Shenouda III

    ◊   Le elezioni per la scelta del successore di papa Shenouda III hanno individuato ieri al Cairo tre nomi, sui cinque possibili candidati. Si tratta di: Amba Raphael, 52 anni, vescovo responsabile delle parrocchie del centro del Cairo, che ha collezionato 1980 voti; Amba Tawadraus, 60 anni, vescovo della diocesi di Behaira, sud-est di Alessandria d'Egitto, il quale ha ricevuto 1623 preferenze; l'igumeno Rouphail Afa Mina, 70 anni, del monastero Mina Mari e allievo del patriarca Kyrillos VI, predecessore del patriarca defunto, con 1530 voci. In totale gli elettori che hanno preso parte alla scelta erano 2412: di questi, 2400 sono parte del Santo Sinodo, del Faith Denomination Council e del Religious Endowments Council, così come un gruppo di monache e laici in rappresentanza di tutte le diocesi in Egitto e all'estero. A questi si sono inoltre aggiunti cinque rappresentanti della Chiesa etiope e sette moderatori. Le elezioni si sono svolte al monastero di Amba Rouaiss, ad Abbasseyya, un sobborgo nel centro del Cairo, dove è situata la grande cattedrale di San Marco, seme originario della Chiesa ortodossa copta, all'interno della quale papa Shenouda III ha ricevuto papa Giovanni Paolo II nel febbraio del 2000. I risultati sono stati diffusi da Ctv Channel, il canale tv ufficiale della Chiesa copta. I due monaci del monastero siriano di Dayr al Souriani, l'igumeno Seraphim e l'igumeno Pachômios - gli altri due candidati in lizza - hanno ricevuto rispettivamente 380 e 305 voti. Questi due erano anche i candidati più giovani, avendo rispettivamente 53 e 49 anni. Domenica prossima, 4 novembre, si terrà una grande cerimonia alla cattedrale di San Marco con una messa solenne e l'estrazione sull'altare di uno dei tre candidati finalisti. Il sorteggio sarà fatto da un giovanissimo diacono di due o tre anni al massimo che, bendati gli occhi, dovrà estrarre a sorte uno dei tre foglietti, con impresso il nome del prescelto e vincitore. I nomi dei tre finalisti non rappresentano certo una sorpresa, sia per quanto concerne i due vescovi che per il più anziano del trio, il 70enne igumeno Rouphail Afa Mina. Negli ultimi mesi essi hanno fornito una buona testimonianza di unità di vedute e uno spirito alieno da competitività fra loro per la successione di Shenouda III. Difatti Amba Raphael ha indicato Amba Tawadraus per le elezioni e avrebbe voluto ritirarsi dall'elezione, ma il suo desiderio è stato respinto dalla commissione elettorale. Amba Raphael, un passato alle spalle da medico e chirurgo, è conosciuto come "il vescovo asceta". Egli è sostenuto da Amba Moussa, vescovo responsabile della pastorale giovanile, che è stato anche il suo insegnante, e da molti altri vescovi fra i quali vi è il decano Amba Mikhaïl, vescovo di Assiout per oltre 60 anni. Egli è molto apprezzato dalle congregazioni delle dieci chiese in centro al Cairo, è molto riservato e riottoso a parlare con i media, confida molto nella spiritualità. Amba Tawadraus, ex farmacista, è impegnato nella riunificazione di tutte le chiese e, in particolare, dei copti della diaspora dispersi nel mondo. Egli è stato candidato da Amba Raphael e altri sei vescovi tra i quali Amba Souryal, vescovo di Melbourne in Australia. Egli possiede un inglese fluente. L'igumeno Rouphail Afa Mina è stato segretario personale del defunto papa Kyrillos VI, predecessore di papa Shenouda, prima di diventare monaco al monastero di Mari Mina, a sud-ovest di Alessandria, dal quale proveniva pure papa Kyrillos. Egli è famoso come "l'amato monaco" o "grazia fra le grazie" o, ancora, "leone del deserto". Autore di 25 libri su riti e spiritualità, così come su molti santi, egli è sostenuto da tutti i vescovi un tempo monaci del monastero di St. Mina, tra i quali vi è Amba Ermeya, il segretario particolare di papa Shenouda, che ha intrecciato buone relazioni con i Fratelli musulmani. Egli crede fermamente nella collegialità. L'intero Egitto e, in particolare, tutte le comunità cristiane - che hanno chiesto ai loro fedeli tre giorni di preghiera e digiuno, a partire dal primo di novembre - sono in attesa della scelta finale per domenica prossima, 4 novembre, e si intensificano le preghiere perché venga eletta una persona buona, capace di fronteggiare il momento di estrema delicatezza che sta attraversando il Paese. (R.P.)

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    Pakistan: rilasciato un cristiano accusato di blasfemia. Le Ong: rivedere la legge

    ◊   Dopo il clamoroso caso di Rimsha Masih, la bambina cristiana accusata di blasfemia e liberata su cauzione, per un altro cristiano, arrestato sulla base di false accuse, si sono aperte le porte del carcere: a Khuram Shahzad Masih è stata concessa la libertà su cauzione (100mila rupie, quasi mille dollari) da un giudice della Corte Suprema, che ha ordinato la conclusione del processo entro tre mesi. Come riferito all'agenzia Fides, gli avvocati del team della “Legal Evangelical Association Development” (Lead), che seguono il caso, dicono che il 24enne “è fisicamente provato, ma non smette di ringraziare Dio”. La sua famiglia (moglie e tre figli) ha potuto riabbracciarlo dopo 11 mesi di prigionia. Il giovane era stato arrestato il 5 dicembre 2011 nei pressi di Lahore (in Punjab) con l’accusa di aver bruciato pagine del Corano. Un altro caso pendente, dello stesso genere, è quello di Martha Bibi, donna cristiana accusata falsamente di blasfemia: nel processo a suo carico la prossima udienza è fissata per il 3 novembre, per le ultima testimonianze del contraddittorio. Martha Bibi è stata arrestata il 22 gennaio 2007 e, come informano fonti di Fides, in quattro anni di detenzione, ha subito maltrattamenti. Di fronte al perpetuarsi di patenti ingiustizie, come nei casi di Rimsha Masih, Khuram Shahzad Masih e Martha Bibi, un gruppo di Ong internazionali ha pubblicato una dichiarazione invitando il governo del Pakistan a garantire i diritti delle minoranze e modificare con urgenza la legge sulla blasfemia, “questione che resta cruciale”. In un comunicato congiunto inviato a Fides, le Ong “Minority Rights Group International” (MRG), “International Dalit Solidarity Network”, “Franciscans International” e “Pakistan Dalit Solidarity Network”, chiedono al Pakistan di abrogare le leggi discriminatorie e proteggere i più vulnerabili e gli emarginati. Secondo le Ong, il Pakistan non ha tenuto fede agli impegni presi davanti alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite, soprattutto sulla “protezione delle minoranze e degli intoccabili (dalit)”, dato che “la situazione delle minoranze è peggiorata nel corso degli ultimi anni”. “Discriminazione e violenza contro le minoranze religiose sono largamente diffuse, mentre i colpevoli godono di impunità” affermano le Ong. “La legge sulla blasfemia – conclude il testo – costituisce la base per la discriminazione religiosa istituzionalizzata e su base castale, nonché per la violenza e l'oppressione perpetrata dallo Stato e da gruppi privati”. (R.P.)

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    Egitto: la Chiesa copta lamenta persecuzioni e discriminazioni

    ◊   Mentre la Chiesa copta egiziana si appresta ad eleggere il suo nuovo papa, Kamil Seddiq, il Segretario del Millet Council (Al-Maglis al-Milli), l’organo incaricato degli affari amministrativi della Chiesa, lancia l’allarme sulle violenze e le discriminazioni nei confronti dei propri fedeli. “La Bibbia viene data alle fiamme e la polizia non interviene. È ora che il Presidente Morsy dimostri che è il Presidente di tutti gli egiziani con le azioni, non solo a parole” ha affermato Seddiq, secondo quanto riporta il quotidiano Al Masry Al Youm ripreso dall'agenzia Fides. Secondo Seddiq, dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, sono aumentate le discriminazioni e le violenze settarie nei confronti dei copti sia nell’ambito dell’educazione che in quello dei mass media. Sporadici incidenti settari sono stati segnalati nel mese di ottobre ad Alessandria, Dahshur e Rafah. Domenica 28 ottobre cinque copti sono rimasti feriti in violenti scontri interconfessionali nei pressi di una chiesa a sud del Cairo, esplosi quando alcuni estremisti musulmani hanno cercato di impedire ai copti di recarsi a Messa. “Dobbiamo far fonte all’intransigenza delle autorità ogni volta che vogliamo costruire una chiesa” ha aggiunto Seddiq augurandosi che “il nuovo Papa stabilisca buone relazioni con lo Stato”. (R.P.)

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    India: per leader protestante a rischio la vita dei cristiani in Karnataka

    ◊   "La vita dei cristiani del Karnataka è a rischio": così Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), commenta all'agenzia AsiaNews tre nuovi incidenti causati da ultranazionalisti indù nello Stato indiano. Due attacchi sono avvenuti nel distretto dell'Hassan, a cinque giorni di distanza; il terzo nel distretto di Davanagere. Sebbene si tratti di casi diversi tra loro, in comune hanno le vittime - tutte comunità pentecostali - e l'inefficienza della polizia. In due incidenti, le violenze dei radicali indù sono state tali da costringere al ricovero in ospedale alcuni cristiani, per la gravità delle ferite riportate. L'ultimo attacco in ordine di tempo è avvenuto il 27 ottobre scorso nel distretto di Davanagere. Al termine di un programma spirituale di tre giorni, circa 200 radicali indù della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) hanno fatto irruzione nella Divine Healing Medicine Church. Secondo gli attivisti indù, i cristiani stavano disturbando la quiete pubblica e praticando conversioni forzate. Intanto, sei agenti di polizia (su segnalazione della Rss) sono arrivati sul posto e hanno iniziato a interrogare il rev. Rajashekhar e i fedeli. Incuranti delle forze dell'ordine, i radicali indù hanno iniziato a colpire i cristiani con bastoni e pietre, ferendo 15 persone. Cinque di loro - incluse due donne - sono state ricoverate al Chigateri Goverment Hospital. Questa chiesa pentecostale è nata nel 1997 e conta circa 1000 fedeli. Durante i pogrom del 2008, essa è stata vittima di attacchi da parte di ultranazionalisti indù. Un giorno prima, nel distretto di Hassan, cinque fedeli della Calvary Prarthana Mandira di Javagal sono stati picchiati e feriti da un gruppo di fondamentalisti indù. Gli aggressori accusavano la piccola comunità - con la sua fede in Cristo - di violare le tradizioni del villaggio, dove tutti gli abitanti sono indù e pagano un tributo al tempio. Di fronte al rifiuto dei cristiani di convertirsi all'induismo, è scattata la violenza. Le vittime - Venkatesh, Girish, Annaiah, Somu e Kanakamma - sono state ricoverate d'urgenza al Chikmagalur Government Hospital. Nello stesso distretto, il 21 ottobre scorso a Kushalnagar due radicali indù si sono introdotti nella Indian Pentecostal Church del rev. Abraham Koshy, accusandolo di praticare conversioni forzate e schiaffeggiandolo. Prima di andarsene, gli uomini lo hanno minacciato di tornare con altre persone, se non avesse interrotto di condurre servizi di preghiera. Appena se ne sono andati, il rev. Abraham si è recato dalla polizia locale per sporgere denuncia. Il vice commissario gli ha assicurato protezione. Secondo il presidente del Gcic, questi incidenti sono "una vergogna" per le credenziali laiche dell'India. "Lo Stato - sottolinea - sta fallendo nelle sue responsabilità di proteggere la minoranza cristiana, ed è imbarazzante che quest'intolleranza crescente avvenga con il tacito assenso delle autorità. Dove governa il Bharatiya Janata Party (Bjp, il partito ultranazionalista indù), i cristiani sono cittadini di seconda classe". Tuttavia, aggiunge, "per noi cristiani quanto accade deve chiamarci a rinnovare e dare nuova vita alla nostra fede, come incoraggia a fare Benedetto XVI per questo Anno della Fede". (R.P.)

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    India: il governo blocca l’Ong cattolica “Cordaid”

    ◊   Il governo indiano “sta usando la clava con la società civile”. È quanto dice all’agenzia Fides John Dayal, laico cattolico, intellettuale e saggista, responsabile della “All India Catholic Union” e collaboratore della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi indiani. Dopo aver già revocato 4.300 licenze per altrettante Organizzazioni non governative (Ong), il governo federale dell’India prende di mira organizzazioni di Paesi europei e degli Usa. Il governo, nota Dayal, “sembra voler soffocare le voci critiche della società civile, che si alzano su questioni come la tortura, la libertà religiosa, la pena di morte, le esercitazioni militari nel Nordest del Paese”. L’arma preferita usata dal governo è “la minaccia di annullare la licenza che consente alle Ong, in particolare ai gruppi religiosi di tutte le fedi, di portare avanti i loro progetti, grazie agli aiuti finanziari esteri”. I destinatari principali di donazioni e progetti di sviluppo gestiti da Chiese, gruppi cattolici e protestanti, associazioni e Ong, sono in larga misura le comunità povere ed emarginate, i tribali ed i dalit. Le Ong dipendono da fondi esteri per svolgere la loro attività umanitarie e di cooperazione, per la maggior parte nei settori dell’istruzione e della sanità. Ora, informa Dayal, il governo dell'Unione ha emesso ordinanze che “di fatto impediscono il finanziamento da alcune agenzie europee e statunitensi”. Ai gruppi indiani è stato detto che devono ottenere una preventiva autorizzazione da parte del Ministero degli Interni, il che complica e ritarda notevolmente le procedure. Fra gli enti “bloccati” vi è “Cordaid”, ente cattolico olandese, reo di aver dato fondi ad alcune Ong indiane che chiedono l'abrogazione della “Legge sui poteri speciali alle Forze armate”, responsabili di violazioni dei diritti umani in Kashmir e nel Nordest dell’India. “Cordaid” ha anche finanziato la campagna contro la corruzione guidata dall’attivista sociale Anna Hazare. Questo provvedimento ha creato il panico tra le Ong, che rischiano il fallimento: fra queste, le Ong che operano per la riabilitazione delle vittime e dei profughi, dopo la violenza anticristiana in Orissa. Il governo indiano giustifica tali atti in nome della trasparenza e della “sicurezza nazionale”. Ma, secondo gli esperti “non vi sono reali timori in materia di criminalità o di infiltrazioni terroristiche”. Il provvedimento, conclude Dayal a Fides, è invece una forma di pressione sulle organizzazioni della società civile, d’altro canto “un cedimento alla destra indù che accusa l'Occidente di finanziare le conversioni al cristianesimo”. Fra le oltre due milioni di Ong esistenti in India, quelle registrate a livello federale sono 38.436. Fra queste, 21.508 ricevono contributi dall’estero. (R.P.)

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    Haiti: raccolti distrutti e nuovi casi di colera dopo l'uragano Sandy

    ◊   Sono bilanci ancora provvisori ma già ingenti quelli relativi alla devastazione portata dall’uragano Sandy su Haiti, il paese caraibico che ha contato finora il maggior numero di vittime, 52, ma anche pesanti danni all’agricoltura. “L’economia ha sofferto un duro colpo. La maggior parte delle coltivazioni che restavano dopo l’uragano Isaac, risalente all’agosto scorso, sono state distrutte da Sandy” ha detto il primo ministro Laurent Lamothe. Ci vorranno ancora alcuni giorni per avere un bilancio completo dei danni, ha aggiunto Lamothe, avvertendo che il Paese dovrà “affrontare il problema della sicurezza alimentare”. La situazione - riferisce l'agenzia Misna - è particolarmente grave nel sud dove “la tormenta si è portata via tutto” ha detto una fonte del ministero dell’Agricoltura, sia le grandi piantagioni che quelle su scala familiare; questo potrebbe provocare l’aumento dei prezzi degli alimenti già cresciuti negli ultimi mesi nell’ambito di una complessiva impennata del costo della vita che ha innescato ripetute manifestazioni di protesta. Con Sandy sono 18.000 le famiglie rimaste senza casa dopo crolli di fatiscenti abitazioni che ospitavano alcuni degli sfollati causati dal terremoto del gennaio 2010. L’Organizzazione sanitaria panamericana ha riferito inoltre che sono stati registrati 86 nuovi casi di colera, individuato per la prima volta nell’ottobre 2010 e che da allora ha ucciso 7400 persone, colpendone centinaia di migliaia. A Cuba, che per la prima volta dal 2006 ha contato nove vittime legate a un evento meteorologico, Sandy ha distrutto gran parte dei raccolti di caffè, prodotto che dà lavoro a 35.000 agricoltori. (R.P.)

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    Congo: per i tre religiosi rapiti nel Nord Kivu sarebbe stata contattata la società civile

    ◊   “Dal giorno rapimento abbiamo ricevuto diverse telefonate, ma finora nessuna ci ha portato sulla strada giusta. Stiamo procedendo a verifiche sulla base delle informazioni ottenute ma non siamo ancora arrivati all’identità dei rapitori né alle loro motivazioni” dice all'agenzia Misna mons. Paluku Sikuly Melchisedec, vescovo della diocesi di Butembo-Beni, nell’instabile provincia del Nord-Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Dal 19 ottobre non si hanno più notizie dei tre religiosi congolesi della congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, rapiti in un convento della parrocchia di Nostra Signora dei Poveri a Mbau, a una ventina di chilometri a nord di Beni. I padri, tutti cittadini congolesi, Jean-Pierre Ndulani, Anselme Wasinkundi e Edmond Bamutute, sono stati portati via da non meglio identificati uomini armati, forse una decina, che parlavano swahili. Eppure nelle ultime ore l’emittente locale ‘Radio Okapi’ ha rilanciato la testimonianza di alcuni responsabili della società civile del Nord-Kivu che sostengono di essere stati contattati dai rapitori per una richiesta di riscatto – una somma di 50.000 dollari – in cambio delle liberazione dei tre religiosi, di cui uno “verserebbe in condizioni di salute preoccupanti”. Anche l’amministratore del territorio di Beni, Amisi Kalonda, ha dichiarato di aver ricevuto un appello telefonico da un non meglio precisato gruppo che trattiene i padri Assunzionisti e esige una somma di denaro per liberarli. “Non siamo stati contattati direttamente da queste persone né abbiamo ricevuto richieste che vanno in questa direzione” afferma mons. Sikuly, escludendo di poter rispondere positivamente a un’eventuale domanda di riscatto. Chiedendo ai rapitori la “liberazione senza condizioni dei tre religiosi”, il vescovo di Butembo-Beni ringrazia “tutti quelli che stanno contribuendo alle ricerche e ci stanno sostenendo in questa dura prova, a cominciare dai fedeli”. Secondo il prelato “molti indizi fanno pensare che i responsabili del rapimento possano essere un gruppo che cerca di farsi conoscere con qualche azione eclatante”. Poche ore dopo il rapimento dei padri Assunzionisti, proprio a Beni, è stata annunciata la costituzione di un nuovo movimento politico-militare, l’Unione per la riabilitazione della democrazia in Congo (Urdc). Altre due piste sono state individuate dagli esponenti locali della chiesa cattolica: quella dei ribelli ugandesi delle Adf-Nalu, attivi nella zona e in passato già responsabili di azioni simili ai danni dei civili nel settore di Mbau-Beni. Ma non è escluso un possibile coinvolgimento della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), appena ribattezzato Esercito rivoluzionario del Congo (Arc): anche se ha il suo ‘feudo’ nel territorio di Rutshuru alcuni dei suoi uomini sarebbero già infiltrati a Beni. (R.P.)

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    Congo: domani giornata di protesta a Bukavu indetta dalla società civile contro l'insicurezza

    ◊   Una giornata di “città morta”, con uffici e negozi chiusi, per protestare contro il degrado delle condizioni di sicurezza, è stata proclamata per domani, 31 ottobre, dal Coordinamento della Società civile di Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, la protesta è stata decisa in una riunione tenutasi il 27 ottobre, alla quale hanno partecipato le diverse associazioni della società civile locale che hanno analizzato la situazione della sicurezza nel nord e nel sud del Kivu. Il quadro che ne è uscito è preoccupante: presenza di diversi gruppi armati dediti a minacce, estorsioni e violenze nei confronti della popolazione; rapimenti e omicidi mirati di leader e personalità; indebolimento delle autorità dello Stato; impoverimento della popolazione tartassata da imposte sovente illegali e abusive; occupazione, lenta ma progressiva, di porzioni del territorio nazionale da parte di gruppi stranieri o legati a potenze esterne. Proprio in questi giorni il medico Denis Mukwege, impegnato da anni nell’assistenza delle donne vittime delle violenze sessuali, è stato costretto ad abbandonare Bukavu, dopo essere sfuggito ad un assalto armato alla sua abitazione. “L’insicurezza riguarda tutti, grandi e piccoli, uomini e donne, giovani e vecchi” afferma il comunicato. (R.P.)

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    Bangladesh: si aggrava il problema del traffico di minori

    ◊   In Bangladesh continua ad aggravarsi il problema del traffico dei minori. Secondo gli operatori umanitari, il problema è difficile da affrontare a causa della mancanza di dati fondati. Ogni anno non vengono denunciati i casi di migliaia di bambini vittime della tratta dal Bangladesh verso altri Paesi. Le uniche statistiche affidabili - riferisce l'agenzia Fides - sono quelle che si riferiscono al numero di bambini tratti in salvo ogni anno e ai casi aperti contro i mercanti di esseri umani che vengono condannati ogni anno. Secondo la Ong inglese Plan International, negli ultimi 10 anni, circa 200 mila bambine bengalesi sono state attirate con l’inganno nell’industria del sesso nei Paesi limitrofi, e si pensa che possano essere ancora di più. I dati disponibili sono pochi, per cui i rapporti della polizia e dei mezzi di comunicazione sono le principali fonti. Per poter disporre di statistiche attendibili sono necessari sistemi di monitoraggio più accurati. Il governo sta facendo progressi nella raccolta dati, cercando di registrare online i dati di nascita per combattere i matrimoni precoci. Inoltre nel 2010 il governo, in collaborazione con Unicef e Dhaka City Corporation, ha stabilito un numero verde gratuito contro il traffico di minori. Dal 2011, secondo l’Aparajeyo Bangladesh, organizzazione nazionale a tutela dei diritti dei bambini, grazie a questo numero verde sono stati salvati 312 bambini. Da quanto risulta nel rapporto 2012 sulla tratta umana del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, i piccoli bengalesi vengono coinvolti all’interno del Paese nello sfruttamento sessuale, nella servitù domestica, nei lavori forzati e nell’accattonaggio. (R.P.)

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    Messico: ogni anno muoiono assassinati 31 mila minori di 15 anni

    ◊   Persiste l’abuso contro i minori e aumenta la violenza verso questa fascia più debole. In Messico, il fenomeno del maltrattamento fisico contro bambini e bambine, insieme ad altre forme di castigo crudeli e degradanti, è per la maggior parte incrementato dai genitori, dagli altri componenti della famiglia e dagli insegnanti. Nel Paese, inoltre, ci sono 3 milioni di minori lavoratori e l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica che, ogni anno, muoiono per omicidio circa 31 mila minori di 15 anni. Attraverso il Programa de Asuntos de la Niñez y la Familia, la Commissione nazionale dei diritti umani del Messico vuole promuovere e divulgare la conoscenza dei diritti umani dei 32 milioni e 500 mila minori che vivono nel paese, al fine di stabilire un ambiente sociale più sicuro. Secondo i dati degli organismi internazionali, a livello mondiale, la violenza contro la popolazione infantile colpisce oltre un miliardo di bambine e bambini. Si calcola inoltre che almeno 150 milioni di bambine e 73 milioni di bambini siano vittime di rapporti sessuali forzati. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha segnalato il coinvolgimento di 215 milioni di piccoli ancora minorenni, senza una salario minimo, oltre a 5 milioni e 700 mila costretti a lavorare in condizione di schiavitù. Uno studio recente di questo organismo internazionale rivela che in Messico ci sono 1 milione e 8 mila bambini vittime della prostituzione e 1 milione e 200 mila vittime della tratta. (R.P.)

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    Mamme dei migranti centroamericani scomparsi in Messico pregano nella Basilica di Guadalupe

    ◊   Sono partite il 15 ottobre dal territorio messicano, le mamme centroamericane che integrano la carovana “Liberando la speranza” alla ricerca dei loro figli emigrati di cui non hanno più notizie. Il gruppo formato da una quarantina di donne di diverse nazioni del Centro America intendono percorrere tutto il territorio messicano fino alla frontiera con gli Stati Uniti. La scorsa domenica la carovana si è recata alla basilica della Madonna di Guadalupe, patrona del Messico e di tutta l’America per partecipare alla celebrazione eucaristica e pregare per i loro figli. Il parroco che le ha ricevute nella basilica ha pregato con loro per la sorte dei loro figli, e dopo la messa le ha accompagnate per i diversi locali del Santuario. Le donne sono arrivate alla basilica con le fotografie dei figli, ma anche dei mariti, le figlie, i nipoti, appese al collo e portando bandiere dei loro rispettivi Paesi per chiedere all’amata "Vergine morena” di far riavere i loro cari. Nel loro percorso tentano di seguire il percorso dei loro cari per tentare di trovare un segnale di vita per ricuperarli. La tragedia dei migranti che per compiere il loro “sogno americano” attraversano a piedi la frontiera del Messico con gli Stati Uniti è ben conosciuta. Vengono dall’Honduras, Nicaragua, El Salvador e Guatemala e sono praticamente inghiottite dalla violenza e dalla criminalità , sono sequestrati o reclutati dalle bande vincolate ai cartelli del narcotraffico e del traffico sessuale, ma anche uccisi. (A cura di Alina Tufani)

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    Repubblica Dominicana: il cardinale Lopez Rodriguez dice basta alle violenze contro le donne

    ◊   Migliaia di cattolici si sono riuniti domenica scorsa, presso il "Centro de los Heroes" per l'apertura dell'Anno della Fede. Il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, ha esortato a pregare per il Paese, perché riesca ad uscire dalla situazione stressante che lo colpisce e ha denunciato con energia la crudeltà degli uomini verso le donne. Ha inoltre chiesto al governo di aumentare gli aiuti alle centinaia di famiglie colpite dall'uragano Sandy che ha causato ingenti danni alla zona dei Caraibi. "Voi tutti sapete, come me, che nel paese c'è molta tensione in questo momento. Ma vogliamo comunque denunciare i crimini, le malvagità di molti uomini che uccidono le donne" ha detto il cardinale. Nel comunicato inviato all'agenzia Fides si leggono le sue parole: "molte cose ci infastidiscono, ma questa addirittura ci provoca il voltastomaco. Un Paese che ha una tradizione di 500 anni di fede cristiana non può vivere oggi in questo modo, così fuori dal Vangelo. Penso che questo Anno della Fede possa aiutare tutti noi a vivere intensamente la fede cristiana, sulla base del Vangelo predicato da Gesù Cristo". Il cardinale López Rodríguez ha parlato al termine della "Marcia Mariana", partita verso le 3 del pomeriggio da piazza Juan Baron e arrivata al "Centro de los Heroes", dove ha presieduto l’Eucaristia concelebrata dai vescovi ausiliari di Santo Domingo. La Marcia, durata 2 ore, ha attraversato la via principale con più di 40 carri addobbati per la tradizionale festa della Madonna. Erano presenti i fedeli delle 204 parrocchie di tutta la provincia e persone venute da tutto il Paese. (R.P.)

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    29 novembre: Giornata speciale di trasmissioni in Eurovisione sul tema della povertà

    ◊   L'Unione Europea di Radiodiffusione (Ebu/Uer) organizza il 29 novembre una speciale Giornata di trasmissioni in Eurovisione dedicata al tema della povertà. L’”Eurovision's Why Poverty? Day” si iscrive nell’ambito del Progetto “Why Poverty”, iniziativa promossa da “Steps International”, in collaborazione con la Bbc, e con la Dr, la radiotelevisione danese. La Giornata prevede diversi eventi tra i quali si segnalano una conferenza internazionale a Copenhagen, trasmessa in diretta dalla Dr, alla quale parteciperanno esperti e personalità politiche da tutto il mondo e la trasmissione in prima serata di uno di otto docu-film sulla povertà da parte di diverse televisioni europee coinvolte nel Progetto “Why poverty”, tra le quali Arte, Bbc Dr, Npo, Nrk, Svt, Yle. Si tratta di lungometraggi realizzati da otto registi per la Bbc e la Dr. A questi eventi vanno aggiunte altre iniziative in fase di realizzazione. Ma le iniziative non si fermano qui: nel mese di novembre un grande numero di televisioni di tutto il mondo lanceranno insieme una delle più grandi coproduzioni internazionali di quest’ultimo decennio. Molte di esse dedicheranno un’intera settimana di trasmissioni al tema della povertà. La settimana a tema comprenderà la messa in onda quotidiana degli 8 docu-film lunghi, o almeno alcuni di essi, sui principali canali televisivi nazionali; l’inserimento di spazi dedicati alla povertà nel vissuto quotidiano nelle news e in programmi culturali di approfondimento; la trasmissione sulle tv nazionali di dibatti sul tema con esperti e la trasmissione in streaming di altri 30 brevi documentari realizzati da giovani registi emergenti. Sono inoltre previsti eventi educativi in collaborazione con le scuole. (L.Z.)

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    Portogallo: organizzazioni cattoliche denunciano regressione sociale e aumento della povertà

    ◊   "Rileviamo che è in atto un enorme regresso sociale, che colpisce soprattutto i più deboli, portando un aumento della povertà, dell’insicurezza, della violenza e altri problemi sociali" si legge nel comunicato dei Movimenti degli Operai Cattolici pubblicato dall'agenzia Ecclesia, di cui è pervenuta copia all’agenzia Fides. L’Associazione degli operai cattolici e la Gioventù Cattolica del Portogallo hanno definito, in una dichiarazione ufficiale congiunta, come "grande regressione sociale" la proposta di bilancio dello Stato promossa dal governo per il 2013. Il movimento Lega degli Operai cattolici (Loc), il Movimento dei lavoratori cristiani (Mtc) e il Movimento Gioventù Operaia Cattolica (Joc) parlano di "ingiustizie" nella proposta del governo. Il documento critica anche la riduzione dei vari benefici sociali: "è ovvia la chiara svalutazione del lavoro umano e il disprezzo per i diritti dei lavoratori". "Queste opzioni attaccano violentemente i redditi da lavoro e dei cittadini più poveri; mostrano l'incapacità di combattere la corruzione, la frode fiscale e la promiscuità tra interessi privati e servizi pubblici; mostrano irresponsabilità nella gestione finanziaria del settore bancario". La nota conclude: "A tutti noi, giovani, adulti, anziani e bambini, compete dunque l’essere consapevoli della realtà, ripensare i valori con cui vogliamo costruire la società e agire coerentemente". (R.P.)

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    Spagna: primo Congresso nazionale di pastorale giovanile

    ◊   Si celebrerà dal 1° al 4 novembre a Valencia, con il motto “Anche voi mi renderete testimonianza (Gv 15,27)”, il primo Congresso Nazionale di Pastorale Giovanile della Spagna, promosso e organizzato dalla Conferenza episcopale spagnola (Cee). All’evento sono attesi circa 2000 partecipanti, tra animatori, catechisti e supervisori che operano nel campo della pastorale. Secondo quanto riferisce l’agenzia Ans parteciperanno inoltre 50 delegati della Pastorale giovanile salesiana che saranno impegnati nell’animazione dei momenti di preghiera e nella presentazione delle comunità cristiane giovanili. Scopo primario di questo congresso, come affermato dagli organizzatori, è “scoprire nuovi cammini per evangelizzare i giovani e far sì che essi siano a loro volta testimoni del Vangelo nella cultura di oggi”. Il congresso si articolerà attorno a tre relazioni principali. Nella giornata di venerdì 2 novembre, l’arcivescovo di Valencia, mons. Carlos Osoro, presenterà un intervento dal titolo “Per te la vita è Cristo. Il primo annuncio”. Sabato 3 sarà il vescovo di San Sebastián, mons. D. José Ignacio Munilla, responsabile del dipartimento della Gioventù della Cee, a parlare di “L’evangelizzazione dei giovani di fronte all’emergenza affettiva”. Domenica 4, infine, il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, interverrà su la “Pastorale giovanile di fronte all’emergenza educativa moderna: il magistero di Benedetto XVI”. Al termine di ogni relazione ci sarà spazio per una riflessione che approfondirà di volta in volta un aspetto specifico della Pastorale giovanile. In occasione del Congresso, inoltre, movimenti, congregazioni religiose e altri organismi ecclesiali presenteranno in varie chiese di Valencia circa 40 esperienze di pastorale giovanile. Tra queste, il salesiano don David Cano Charfolé, presenterà una delle proposte della Pastorale Giovanile Salesiana, le comunità cristiane di giovani, che da alcuni anni propongono un’offerta per i giovani adulti che hanno compiuto un cammino di formazione alla fede nelle parrocchie, scuole o centri giovanili. La Pastorale giovanile salesiana è anche fortemente impegnata nella preparazione dei momenti di preghiera del congresso, e ha voluto sin dall’inizio trovare il modo per essere presente a quest’importante iniziativa della Chiesa in Spagna. In totale ci saranno circa 50 persone tra salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, membri della Famiglia Salesiana ed animatori. (L.Z.)

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    Terra Santa: nuovo Centro per anziani a Betlemme

    ◊   Inaugurato a Betlemme, in Terra Santa, il Centro diurno per gli anziani Sant’Antonio. A sostenere la realizzazione del Centro, cofinanziato dal Comitato della Conferenza episcopale italiana, Ats Pro Terra Sancta. “Alle radici della cristianità: gli anziani protagonisti della storia di Betlemme“: questo il nome del progetto di cui stanno beneficiando anziani e alcune famiglie, selezionate in collaborazione con il Centro francescano per i servizi sociali, che Ats Pro Terra Sancta sostiene dal 2009, che cerca di rispondere ai bisogni delle famiglie più povere di Betlemme. Il Centro, riferisce il portale www.proterrasancta.org, sorge a fianco della già esistente Casa d’accoglienza per anziani della Società Caritatevole Antoniana ed è aperto tre volte alla settimana dalla mattina fino al pomeriggio. Il Centro anziani è nato con un duplice scopo: assistenziale e socio-culturale. Alcuni operatori sociali preparano per ogni incontro attività ricreative per favorire la socializzazione, ma è previsto anche un servizio domiciliare di assistenza primaria. Per quanto riguarda l’aspetto socio-culturale il progetto si pone l’obiettivo di costruire ‘’un ponte’’ tra le nuove e le vecchie generazioni mediante la produzione di un racconto storico degli anziani. La Società Caritatevole Antoniana è presente da 100 anni a Betlemme. Si tratta di un’organizzazione senza scopo di lucro al servizio dei poveri, soprattutto delle vedove e delle donne sole non autosufficenti. Nel 1942 è stata aperta la prima Casa di riposo per vedove, donne anziane abbandonate e casi sociali molto gravi. Questa Casa oggi ospita 28 donne, le quali godono di un servizio completo, anche considerato che l’Autorità palestinese non offre nessun tipo di sussidio o servizi a favore degli anziani. Il sostegno di Ats Pro Terra Sancta rientra nel programma "Betlemme è anche anziana". (T.C.)

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    Roma: manifestazione per la dignità e i diritti dei profughi del Nord Africa

    ◊   “Il rischio di innescare tensioni sociali è altissimo”. E’ quanto lamentano alcune delle organizzazioni sociali e sindacali (tra cui, Centro Astalli, Asgi, Cir) impegnate per il rispetto dei diritti e della dignità dei migranti che oggi hanno organizzato una manifestazione a Roma, per chiedere al governo risposte certe sulla sorte delle migliaia di persone giunte nel nostro Paese dalla Libia in guerra nel 2011. “Preoccupa la mancanza di un provvedimento che consenta alle molte migliaia di persone presenti di ottenere un titolo di soggiorno di lungo periodo, senza il quale è impossibile avviare qualsiasi progetto di inserimento sociale”, si legge nell’appello che spiega i motivi della mobilitazione. Secondo i promotori della manifestazione, “In mancanza di soluzioni concrete e rispettose della dignità delle persone e dei territori coinvolti, il rischio di innescare tensioni sociali e di provocare ulteriore disagio è altissimo. Senza soluzioni realistiche e dignitose si rischia di sprecare ancora per molto tempo ingenti risorse pubbliche alimentando peraltro razzismo e conflitti”. Al governo, le diverse organizzazioni chiedono con urgenza una “soluzione dignitosa e efficace per l’inclusione sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di integrazione di queste persone con precisi percorsi di uscita dai centri emergenziali con una chiara previsione di misure di sostegno”. (L.F.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 304

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.