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Sommario del 21/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Servizio all’uomo e al vangelo: con l’esempio dei nuovi Santi il Papa incoraggia padri sinodali e missionari. Un pensiero a Lourdes
  • Giornata missionaria mondiale: un’occasione rinnovata nell’Anno della fede
  • Al Sinodo, il cardinale Sistach: la nuova evangelizzazione parli il linguaggio dell’amore
  • Oggi in Primo Piano

  • Preoccupazione per Siria e Libano: la riflessione di padre Samir
  • Tensione tra Egitto ed Etiopia per la gestione delle acque del Nilo
  • Al Gemelli, seminario sulla missione del chirurgo in contesti di guerra
  • Movimento per la Vita: 70 mila aborti per la pillola del giorno dopo
  • Proclamati i vincitori di "Religion Today", Festival internazionale del cinema delle religioni
  • Musica e solidarietà: a Roma una festa per i bambini disagiati
  • Strumento nelle mani di Dio: la vita di Chiara Corbella, nella testimonianza del marito
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Inondazioni a Lourdes: Santuario chiuso per alcuni giorni
  • Il Premio Matteo Ricci a Fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta
  • Le reliquie di Giovanni Paolo II e Padre Pio negli Ospedali di Roma
  • Iraq: una Università cattolica per il futuro dei giovani iracheni
  • Kenya: la Chiesa esorta a scegliere leader onesti per le prossime presidenziali
  • Filippine: “Giornata della gioventù” in onore del nuovo santo Pedro Calungsod
  • Cina: numerosi eventi della comunità cattolica per l'Anno della Fede
  • Roma: convegno del Rinnovamento nello Spirito per l'Anno della Fede
  • Un orfanotrofio in Laos e una scuola in Vietnam: due progetti a favore dei bambini disagiati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Servizio all’uomo e al vangelo: con l’esempio dei nuovi Santi il Papa incoraggia padri sinodali e missionari. Un pensiero a Lourdes

    ◊   L’assemblea sinodale che si misura con la sfida della nuova evangelizzazione e i missionari ricordati in particolare nella Giornata Mondiale Missionaria: sono le due circostanze che hanno coinciso con la messa di Canonizzazione di 7 beati di 6 diverse nazionalità. In una Piazza San Pietro riempita da 80.000 persone, Benedetto XVI ha celebrato la Cappella Papale per la Canonizzazione di Giacomo Berthieu, Pietro Calungsod, Giovanni Battista Piamarta, Maria Carmen Sullés y Barangueras, Marianna Cope, Caterina Tekakwitha, Anna Schäffer. Il servizio di Fausta Speranza:

    “La Chiesa ravviva la consapevolezza di essere tutta intera in perenne stato di servizio all’uomo e al Vangelo, come Colui che ha offerto se stesso fino al sacrificio della vita”. Con queste parole il Papa richiama l’esempio dei nuovi Santi e saluta l’Assemblea sinodale:

    “Rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, che riempite Piazza San Pietro, in particolare le Delegazioni ufficiali e i pellegrini venuti per festeggiare i sette nuovi Santi. Saluto con affetto i Cardinali e i Vescovi che in questi giorni stanno partecipando all’Assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione".

    Benedetto XVI parla di “felice coincidenza” sottolineando che il cristiano, sia in terre lontane sia in regioni di antica cristianità, è “chiamato a testimoniare e annunciare il messaggio cristiano conformandosi a Gesù Cristo, seguendo la sua stessa via. E il Papa ribadisce con le parole del vangelo di Marco: “Il figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Afferma chiaramente: questo hanno fatto i sette nuovi Santi e parla di “eroico coraggio”, di “totale consacrazione a Dio” e di “generoso servizio ai fratelli”.

    "La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione, che viene prefigurato dal profeta Isaia nella prima Lettura: il Servo del Signore è il Giusto che «giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11), è Gesù Cristo, crocifisso, risorto e vivo nella gloria".

    E poi un ricordo ad uno ad uno. Jacques Berthieu, nato nel 1838, in Francia, gesuita, in Madagascar “ha lottato contro l’ingiustizia, mentre recava sollievo ai poveri e ai malati”.

    "Que la vie de cet évengélisateur soit un encouragement ...
    La vita di questo evangelizzatore sia un incoraggiamento e un modello per i sacerdoti, affinché siano uomini di Dio come lui! Il suo esempio aiuti i numerosi cristiani oggi perseguitati a causa della fede! Possa la sua intercessione, in questo Anno della fede, portare frutti per il Madagascar e il continente africano! Dio benedica il popolo malgascio!".

    Il filippino Pedro Calungsod, vissuto nella seconda metà del ‘600, è stato catechista con i missionari Gesuiti. Vicino al popolo Chamorro, tra “persecuzioni a causa di invidie e calunnie” si è distinto per “fede e carità profonde”.

    "May the example and the courageous witness of Pedro Calungsod ...
    Possano l’esempio e la coraggiosa testimonianza di Pedro Calungsod ispirare le care popolazioni delle Filippine ad annunciare il Regno di Dio con forza e guadagnare anime a Dio!”.

    Giovanni Battista Piamarta, sacerdote della diocesi di Brescia, “fu un grande apostolo della carità e della gioventù”:

    "Preferiva le soste davanti al santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e risurrezione di Cristo, per attingere forza spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali".


    In Spagna, nel 1848, è nata Maria del Carmelo Sallés y Barangueras, che si è distinta per l’impegno nell’insegnamento:

    "Su obra educativa, confiada a la Virgen Inmaculada, ...
    La sua opera educativa, affidata alla Vergine Immacolata, continua a portare frutti abbondanti in mezzo alla gioventù mediante l’impegno generoso delle sue figlie, che come lei si pongono nelle mani del Dio che tutto può”.

    Marianne Cope, nata nel 1838 ad Heppenheim, in Germania, è stata religiosa impegnata in particolare a prendersi cura dei lebbrosi delle Hawaii.

    "At a time when little could be done for those suffering ...
    Quando ancora si poteva fare poco per quanti soffrivano di questa terribile malattia, Marianne Cope dimostrò l’amore, il coraggio e l’entusiasmo più alti. Ella è un luminoso e forte esempio della migliore tradizione cattolica nell’accudire alle sorelle e dello spirito del suo amato San Francesco".

    E poi c’è la figura particolarissima di Kateri Tekakwitha, nata nell’odierno stato di New York nel 1656 da padre Mohawk e da madre cristiana algonchina. E’ la prima santa amerinda.

    "Kateri nous impressionne par l'action de la grâce ...
    Kateri ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei, fede e cultura si arricchiscono a vicenda! Il suo esempio ci aiuti a vivere là dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù! Santa Kateri, patrona del Canada e prima santa amerinda, noi ti affidiamo il rinnovamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord! Dio benedica le prime nazioni!”.

    La prima dei due nuovi santi nati in Germania è Anna Schäffer di Mindelstetten. Un grave incidente sul lavoro l’ha costretta a letto ma non ha impoverito la sua vocazione.

    "Ihr Apostolat des Betens und des Leidens, des Opferns und ...
    Possa il suo apostolato di preghiera e di sofferenza, di sacrificio e di espiazione costituire un esempio luminoso per i fedeli nella sua Patria, e la sua intercessione rafforzi il movimento cristiano di hospice [centri di cure palliative per malati terminali] nel loro benefico servizio".

    “I nuovi Santi – dice il Papa - sono diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale, ma sono uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo”:

    “Possa la testimonianza dei nuovi Santi, della loro vita generosamente offerta per amore di Cristo, parlare oggi a tutta la Chiesa, e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla nella sua missione di annunciare il Vangelo al mondo intero.”

    Al momento della recita dell’Angelus, Benedetto XVI rivolge un pensiero a Lourdes, colpita dalla esondazione del fiume Gave che ha allagato anche la grotta delle Apparizioni della Madonna:

    “Prima di concludere questa celebrazione, rivolgiamoci a colei che è la Regina di tutti i santi, la Vergine Maria, con un pensiero a Lourdes, colpita da una grave esondazione del Gave, che ha allagato anche la Grotta delle Apparizioni della Madonna”.

    E poi la preghiera per i missionari e per i vescovi riuniti in Assemblea sinodale:

    “Vogliamo oggi affidare alla materna protezione della Vergine Maria i missionari e le missionarie – sacerdoti, religiosi e laici – che in ogni parte del mondo spargono il buon seme del Vangelo. Preghiamo anche per il Sinodo dei Vescovi, che in queste settimane si sta confrontando con la sfida della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

    Può essere interessante notare che Benedetto XVI indossa il fanone, la piccola veste liturgica che dal X secolo è di pertinenza esclusiva del Pontefice. Prima di oggi, l’ultimo pontefice a indossarlo è stato il beato Giovanni Paolo II a Santa Cecilia. Prima di lui Paolo VI lo aveva indossato in alcune occasioni durante il Concilio.

    Dopo la celebrazione, prima dell’Angelus, nella cappella della pietà il Papa ha rivolto un saluto alle delegazioni giunte dai vari Paesi, guidate in gran parte da ministri e nel caso delle Filippine dal vicepresidente Jejomar C. Binay; nel caso del Canada dal presidente della Camera dei Comuni Andrew Scheer; nel caso della Germania dalla Presidente Dieta Regionale Baviera, Signora Barbara Stamm. Nel caso degli Stati Uniti dall’ambasciatore presso la Santa Sede, Miguel H. Díaz. E l’ultima nota è che le reliquie portate all’altare in processione sono state 6: relative a tutti i nuovi Santi ad eccezione del martire Pedro Calungsod di cui non si conservano reliquie.

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    Giornata missionaria mondiale: un’occasione rinnovata nell’Anno della fede

    ◊   Un’importante occasione di preghiera e riflessione sui temi della vocazione missionaria di ogni cristiano. E’ questa la profonda essenza dell’ottobre missionario che culmina proprio nell’odierna Giornata Missionaria Mondiale. Sull’importanza della dimensione missionaria della vita cristiana e sul mese di ottobre dedicato proprio alla missione, Federico Piana ha intervistato don Gianni Cesena, direttore dell’Ufficio Cei per la cooperazione fra le chiese:

    R. - E’ interessante iniziare l’anno pastorale delle nostre Chiese ponendo subito l’attenzione sul tema della missione. L’Ottobre Missionario è una sorta di estensione della Giornata Missionaria Mondiale che è iniziata oltre 85 anni fa su proposta del circolo dei seminaristi di Sassari. Papa Pio XI accolse l’idea di celebrare ogni anno una Giornata Missionaria Mondiale. Ovviamente non si voleva fare una giornata solo di raccolta e neppure solo di sensibilizzazione sui grandi temi della missione e dell’annuncio del Vangelo nel mondo ma si voleva anche pensare a un itinerario educativo e di preghiera molto forte. E da qui è nato, non solo in Italia ma in tantissimi Paesi del mondo, quello che oggi generalmente chiamiamo l’Ottobre Missionario.

    D. - Il tema di quest’anno qual è?

    R. - Per l’Italia noi cerchiamo sempre di tradurre la tematica generale che ci viene affidata dal messaggio del Papa per il nostro Paese, ma quest’anno certamente non potevamo “saltare” il tema dell’Anno della fede e abbiamo preso una frase di Paolo dalla seconda Lettera ai Corinzi: “Ho creduto perciò ho parlato”. Vogliamo dire alla nostra gente, alla gente delle nostre comunità: guardate ai missionari, sono testimoni, sanno parlare del Vangelo perché anzitutto hanno fatto un itinerario di fede e credono. Ma vogliamo anche che i nostri missionari dicano alle nostre comunità, ai singoli credenti delle nostre comunità: guardate che se voi avete creduto dovete parlare. Diceva Giovanni Paolo II: la fede si rafforza donandola. Non è solo compito del missionario che parte per Paesi lontani ma è il compito di ogni cristiano.

    D. - Che connessione possiamo leggere tra questo ottobre missionario e l’Anno della fede?

    R. – Io credo che la connessione ci venga data dal tema che ho appena enunciato e anche dal messaggio del Papa che ogni anno accompagna la Giornata Missionaria Mondiale e l’ottobre missionario. Il Papa cita il suo documento, “Porta Fidei”, che dice: chiamati a far risplendere la parola di verità. Lo dice per i missionari i quali quindi si sentono di nuovo incoraggiati e impegnati in questo, ma lo dice anche per tutti i credenti. Ormai da tanto tempo la Giornata Missionaria è “mondiale” non solo perché si fa una raccolta per le chiese del mondo ma perché tutte le Chiese del mondo guardano alle Chiese sorelle per uno scambio dell’esperienza di fede. Noi oggi veniamo arricchiti non solo dall’esempio dei nostri missionari che partono, che annunciano, che danno conseguenza al tema dell’evangelizzazione della Buona Notizia anche attraverso opere molto importanti nel campo della salute, dell’educazione, dei diritti della persona umana; noi oggi guardiamo anche a quelle stesse comunità degli altri continenti per dire: ecco fratelli e sorelle nella fede, che talvolta con la loro freschezza – e io aggiungerei anche con il loro martirio se pensiamo alle comunità perseguitate - hanno da dare a noi un grande esempio di fede. Noi evangelizzatori non possiamo che esserne evangelizzati.

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    Al Sinodo, il cardinale Sistach: la nuova evangelizzazione parli il linguaggio dell’amore

    ◊   La nuova evangelizzazione, come ricordato da Benedetto XVI, è rivolta principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa. L’indebolimento della fede in Paesi storicamente legati al Cristianesimo è dunque oggetto di riflessione da parte dei Padri sinodali in queste settimane di lavori in Vaticano. Lo conferma il card. Lluis Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – La nuova evangelizzazione è assolutamente necessaria. Oggi dobbiamo annunciare Gesù e il suo Vangelo a tutte le persone, in un momento in cui - almeno, nell’Occidente europeo – poche persone vanno a Messa. Dobbiamo uscire dalle chiese e andare lì, dove si trovano le persone e imparare a conoscere anche il contesto socio-religioso e culturale del nostro mondo. Siamo chiamati a trovare i metodi, il linguaggio e l’ardore necessario per annunciare Gesù.

    D. – Una sfida per l’Europa, per il Vecchio Continente, depositario dei valori cristiani ma che sembra averli dimenticati. Quali le frontiere di questa sfida?

    R. – Sì: ci sono tante persone che vivono come se Dio non esistesse. La secolarizzazione è forte. Ma l’uomo, la donna conservano ancora un senso religioso, sono alla ricerca del senso della vita. Dobbiamo credere nella presenza di Dio scritta nel profondo dei cuori dell’uomo e della donna, perché Dio lavora forse più di quanto noi pensiamo. C’è un linguaggio che penso che tutti capiscano, ed è il linguaggio dell’amore. Perché il linguaggio dell’amore è compreso da tutti? Perché tutti vogliono essere amati e amare!

    D. – Oggi la sfida che si pone di fronte al mondo occidentale è quella del relativismo, più volte indicata anche dal Papa, e questo fa sì che quando si annuncia il Vangelo, e lo si annuncia presentandolo come la verità, si viene identificati come arroganti, presuntuosi …

    R. – Sì, e questa è una difficoltà importante. Noi proponiamo il messaggio di Gesù con fiducia, e lo facciamo per due ragioni: perché amiamo molto Gesù. Gesù ha dato la sua vita, il suo sangue sulla Croce, è morto e risorto, per la salvezza di tutti gli uomini e le donne, per l’umanità. E per questo noi vogliamo che tutti conoscano il messaggio di Gesù. Poi c’è anche un’altra ragione: noi amiamo i nostri fratelli e vogliamo offrire loro il meglio di ciò che abbiamo ricevuto: il tesoro della fede, il tesoro della salvezza, quello che Gesù ci ha dato. Per questo noi vogliamo annunciare il messaggio di Gesù. E dobbiamo farlo con convinzione, affinché quelli che ci ascoltano dicano: “Questa gente ci crede davvero, e lo vive, anche!”. Credo che anche la crisi economica che stiamo vivendo induce tante persone a riflettere. Quella del relativismo sarà la strada migliore per l’umanità? Il fatto che ciascuno possa fare della propria vita quello che vuole, che non ci sia un ordine … questo è buono o non è buono? E dove conduce tutto questo? Ci ha condotto certamente all’egoismo, all’individualismo, a cercare ciascuno il proprio vantaggio prescindendo dagli altri … Penso quindi che anche la crisi economica induca a pensare che questa non possa essere la strada.

    D. – Si vive un momento di disorientamento a causa della crisi: manca il lavoro, non ci sono più riferimenti, anche da un punto di vista politico … la Chiesa in questa fase storica di disorientamento, rappresenta un punto di riferimento?

    R. – Sì, e questo per due ragioni. La prima è perché la Chiesa, attraverso le parrocchie e le Caritas, fa molto per le persone e le famiglie che hanno tante e gravi necessità; fa molto per i poveri, ai quali il mondo non guarda. E poi la seconda ragione è che la Chiesa annuncia un messaggio di austerità, di rigore, di conversione, di abbandono dell’egoismo, di invito alla ricerca del bene di tutti …

    D. – Qui al Sinodo è stata ribadita anche l’importanza del rilancio di alcuni Sacramenti, in particolare quello della penitenza, definito il Sacramento della nuova evangelizzazione

    R. – Certamente, perché se non c’è la conversione del cuore non può esserci vera evangelizzazione. E’ molto importante questo sacramento perché ci aiuta a riconoscere la nostra debolezza e la misericordia di Dio. Nel Sacramento della penitenza c’è anche una dimensione antropologica molto importante: la verità della persona umana, del peccato originale e delle sue conseguenze, della salvezza di Dio, della misericordia di Dio, dell’amore di Dio che perdona.

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    Oggi in Primo Piano



    Preoccupazione per Siria e Libano: la riflessione di padre Samir

    ◊   Un appello al governo siriano e ai ribelli affinché proclamino un cessate il fuoco unilaterale. È quanto richiesto dall'inviato di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, in occasione dell’incontro di stamani con il presidente siriano Assad. Sul terreno intanto è violenza senza fine: 31 morti e decine di feriti in un attentato nel quartiere cristiano di Damasco. Infine resta altissima la tensione con Libano, dove oggi, a Beirut, migliaia di persone parteciperanno ai funerali di Wissam al Hassan, capo dell'intelligence morto nell’attentato di venerdì scorso. Il servizio di Marco Guerra:

    “Mi rivolgo a tutti in affinché cessino le ostilità e che questa tregua sia rispettata a partire da oggi o da domani”. A margine dei colloqui con il presidente Assad, l’inviato dell’Onu Brahimi lancia l’ennesimo appello per un cessate il fuoco che lasci spazio ad una soluzione diplomatica del conflitto. Un’esortazione che, a parole, è stata raccolta dal capo di stato siriano che ha espresso sostegno ad ogni iniziativa basata sul rispetto della sovranità; ma che nei fatti è viene smentita dalle violenze che proseguono sul terreno. Oggi due attentati hanno scosso Aleppo e Damasco. Nella capitale almeno 30 persone sono state uccise da un’auto bomba fatta esplodere nel quartiere cristiano di Bab Tuma. Ma a tenere con il fiato sospeso la comunità internazionale sono le diverse ripercussioni regionali del conflitto in Siria. Oggi in Libano è massima allerta: miglia di persone stanno affollando il centro di Beirut per i funerali del capo dell’inteligence Hassan, ucciso venerdì scorso in un attentato che, secondo molti Paesi, va attribuito alla volontà del governo siriano di destabilizzare tutta l’area. L'opposizione libanese ha affermato che i funerali saranno un'occasione per protestare contro "il macellaio Assad", mentre l’esercito presidia le strade per evitare il contatto tra manifestanti di opposte fazioni.

    Fabio Colagrande ha raccolto il commento di padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:

    R. – La prima vittima è stato un ministro dell’intelligence molto bravo, assai giovane – aveva 46 anni – ci si aspettava molto da lui. Era un musulmano sunnita. E’ triste, ma questa purtroppo è la situazione del Medio Oriente e del Libano. Speriamo solo – e preghiamo – che questo attentato non produca ulteriori attentati, che la cosa si fermi qui e che la Siria possa ritrovare, con l’aiuto di Brahimi Lakhdar e altri “Brahimi” un po’ di pace, almeno una tregua, per riflettere sul futuro: questo è quello che conta, anche per noi in Libano, che la Siria ritrovi la sua sicurezza e la sua normalità. Questa situazione crea tanti problemi anche altrove, e soprattutto per la gente della Siria. Anche per questo il Santo Padre ha deciso di inviare una delegazione per sostenere, per portare il sostegno del Sinodo alla popolazione della Siria, dando anche un contributo materiale per aiutarla.

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    Tensione tra Egitto ed Etiopia per la gestione delle acque del Nilo

    ◊   Tensioni crescenti tra Egitto ed Etiopia sono state svelate negli scorsi giorni da un documento pubblicato dal sito Wikileaks. A dividere i due Paesi, dissidi sulla gestione delle acque del Nilo, materia regolata dal 2011 da un nuovo accordo, e tornata d’attualità anche con l’indipendenza del Sud Sudan, che potrebbe cambiare gli equilibri della regione. Davide Maggiore ne ha parlato con Emanuele Fantini, ricercatore dell’Università di Torino ed esperto dell’area:

    R. – A lungo, la gestione delle acque del Nilo è stata regolata da un Trattato del 1959 tra Egitto e Sudan, che tutelava in particolare i diritti dello “Stato a valle”, ovvero dell’Egitto. Questo Trattato ignorava i diritti dei restanti Paesi che fanno parte del bacino del Nilo, e quindi l’Etiopia, l’Uganda, il Kenya, la Tanzania, il Burundi e il Rwanda. Per tentare di ovviare a questa situazione, nel 1999 è stata lanciata l’iniziativa del Bacino del Nilo – Nile Basin Initiative – che si proponeva proprio di essere uno spazio di negoziazioni internazionale. Nel 2009 si è giunti alla creazione di un accordo-quadro complessivo che istituisce un organo che vorrebbe essere un’autorità sovrannazionale per la gestione delle acque del Nilo.

    D. – Tuttavia, si tratta appunto di date precedenti all’indipendenza del Sud Sudan. Come l’apparire di questo nuovo Stato ha cambiato, in un certo senso, le carte in tavola?

    R. – Nel 2011 si è raggiunta la ratifica di questo nuovo Trattato da parte di sei Paesi, che quindi è formalmente entrato in vigore. Il problema è che questi sei Stati sono tutti i Paesi “a monte”, in quanto Egitto e Sudan lamentano che questo nuovo accordo non riconosca sufficientemente e non tuteli i diritti storici di gestione e di accesso alle acque. Il Sud Sudan mi sembra esitante, in questo momento, a prendere una posizione definita: perché da un lato, comunque, continua a beneficiare del supporto e di aiuti anche del governo egiziano e quindi non vuole inimicarselo; dall’altro, sta sviluppando relazioni economiche, politiche e commerciali in particolare con l’Etiopia …

    D. – Questo potrebbe in qualche modo influenzare, invece, le difficili negoziazioni che su molti altri temi il Sud Sudan intrattiene in questo momento con il Nord?

    R. – Un’eventuale ratifica da parte del Sud Sudan di questo nuovo accordo per la gestione delle acque del Nilo, creerebbe al governo di Juba forse più problemi con il Cairo. Di sicuro, quella dell’accesso alle risorse idriche resta una partita estremamente delicata nella demarcazione del confine tra Nord e Sud Sudan nelle regioni dell’Abyei e del South Kordofan in cui – appunto – le popolazioni seminomadi si spostano per avere accesso ai pascoli e alle risorse idriche, a seconda delle stagioni.

    D. – Più in generale, qual è l’importanza economica e geo-politica del Nilo?

    R. – Credo sia importante sottolineare come nella storia la condivisione di un corso d’acqua abbia spinto gli Stati a cooperare, piuttosto che a combattere. Tuttavia, alcuni fattori, legati alla gestione dell’acqua, contribuiscono ad alimentare la tensione e questi fattori sono: l’esistenza di progetti unilaterali di sfruttamento delle risorse idriche, e nel Bacino, in questo momento, ci sono le dighe che l’Etiopia sta costruendo; l’assenza di un quadro istituzionale internazionale consolidato per la negoziazione e infine le trasformazioni socio-economiche. Nel Bacino del Nilo si trovano Paesi estremamente popolosi e in forte crescita demografica in cui si stanno verificando processi significativi di crescita economica, che aumentano la pressione sulle risorse idriche.

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    Al Gemelli, seminario sulla missione del chirurgo in contesti di guerra

    ◊   Confrontarsi con emergenze umanitarie, operare in zone di conflitto e disagiate, è una delle prove più difficili per un medico, in particolare per un chirurgo. Diventa un dovere sapersi adattare a nuovi paradigmi e acquisire conoscenze e una formazione adeguata a fronteggiare situazioni estreme. È da questa particolare visione della missione del medico che nasce il seminario “Chirurgia di guerra e non: situazioni estreme” promosso dalla Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale dell’Università Cattolica, e svoltosi nei giorni scorsi al Policlinico Gemelli di Roma. A portare la sua testimonianza Mauro Della Torre, chirurgo della Croce Rossa Internazionale di Ginevra, da anni impegnato su vari scenari di tensione. Salvatore Sabatino gli ha chiesto cosa spinga un chirurgo a fare una scelta così estrema:

    R. – Sono scelte importanti. Sono scelte caratterizzate da situazioni in cui la chirurgia, lo stato di lavoro in Italia – o perlomeno nei nostri ospedali – ci porta a cambiare, per diversi motivi. Prima di tutto, c’è un’etica personale, un’etica professionale. Quando ci si rende conto, alla fine della giornata, che con i soldi che si spendono per un giorno di ospedalizzazione per un paziente in Italia si possono curare per mesi pazienti in situazioni estreme in condizioni con risorse limitate. Quindi, in linea di massima è un approccio sostanzialmente personale, non clinico-professionale.

    D. – Si opera senza tecnologia, nella maggior parte dei casi, in emergenza, in scenari che sono pericolosi: insomma, una scelta coraggiosa...

    R. – Si vuole riuscire a garantire un minimo di supporto sanitario a persone che non hanno niente, e generalmente – come Croce Rossa internazionale – lavoriamo in scenari di guerra, per cui le risorse sono limitate, i livelli di sicurezza sono molto bassi. Però, alla fine della giornata ci ricrediamo sempre di quello che facciamo guardando in faccia questi pazienti che altrimenti avrebbero un destino diverso.

    D. – Lei ha operato in Palestina, in Uganda, in Etiopia, in Sudan: tutte situazioni estreme. Cosa le è rimasto impresso nella mente, di quelle esperienze?

    R. – I ricordi sono molteplici, ognuno ha un evento caratteristico. Molte volte, purtroppo, rimangono degli incubi che in qualche modo vengono alleggeriti dal sorriso di un bambino o da un risultato positivo. Non ci pensiamo perché sostanzialmente siamo dei professionisti e come tali dobbiamo agire; molte volte siamo freddi al momento dell’intervento, dell’azione chirurgica. Il problema nasce con i ricordi, nei mesi successivi, magari guardando delle fotografie. Lì, probabilmente, può esserci un momento di caduta e di ripensamento, ma dura molto poco.

    D. – Cosa direbbe ad un giovane chirurgo che vuole intraprendere questa strada?

    R. – Ma questa è una passione … non dico innata, però non dev’essere spinta; dev’essere qualcosa di interiore che deve nascere. E’ una chirurgia difficile, perché non siamo specialisti: siamo "un chirurgo che deve saper lavorare per 20 chirurghi". Io dico di coltivare un po’ la passione, di coltivare uno spirito – tra l’altro – umanitario, perché non ci fermiamo solamente all’atto chirurgico o clinico: poi c’è qualcosa che va oltre: è la solidarietà con queste persone. Quindi, è molto complesso.

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    Movimento per la Vita: 70 mila aborti per la pillola del giorno dopo

    ◊   Una misura efficace per arrivare ad una diminuzione del numero degli aborti in Italia non è la ‘Legge 194’, ma “l’azione assistenziale, educativa e culturale al servizio della vita e della maternità svolta in vario modo nella società civile”. E’ quanto si sottolinea nel VII Rapporto al Parlamento, presentato a Montecitorio dal Movimento per la Vita italiano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Rapporto del Movimento per la Vita propone un esame critico della Relazione, dello scorso 8 ottobre, del ministero della Salute sull’attuazione della Legge 194, contenente le norme per l’interruzione volontaria di gravidanza. Nella Relazione ministeriale si afferma che, a partire dal 1983, il numero degli aborti legali è in calo. Si tratta in realtà di un dato fuorviante, come sottolinea il presidente del Movimento per la Vita in Italia, Carlo Casini:

    “Un dato non sicuro perché ci sono dei fatti nuovi che prima non esistevano e che riducono certamente il numero degli aborti legali, quelli registrati. Nel 1982 e nel 1983 non c’era la pillola del giorno dopo. 380 mila confezioni, vendute ogni anno, non sappiamo quanti aborti precocissimi e non conosciuti abbiano provocato. Ma si può immaginare che siano uno su quattro. Quindi 60 – 70 mila aborti che ci sono, ma che non sono conteggiati. Si aggiunga che le donne in età feconda, per effetto del crollo della natalità, erano quasi il doppio nel 1982 e nel 1983 di quelle che oggi sono in grado di generare. Si aggiunga ancora che il numero degli aborti spontanei, che sono un indicatore a volte anche degli aborti volontari nascosti, è singolarmente aumentato dell’80% dal 1982 ad oggi. Quindi io ho dubbi che ci sia un calo così grande come quello indicato dal ministro. In ogni caso, sono convinto che se un calo - come auspicabile - c’è stato, il merito non è certo della legge, ma del magistero sempre più esteso e sempre più compreso della Chiesa italiana e del volontariato a servizio per la vita”.

    Il Movimento per la Vita ribadisce anche due proposte chiedendo mirati interventi legislativi per il riconoscimento della capacità giuridica del concepito e per la riforma dei consultori familiari. Ancora Carlo Casini:

    “Bisogna dire che l’inizio della vita umana è il concepimento. E non c’è neanche bisogno di toccare la Legge 194 per dirlo. Basta solamente riformare l’Art. 1 del nostro Codice civile, riconoscendo che ogni essere umano, fin dal concepimento, ha la capacità giuridica, cioè è un soggetto. La seconda riforma è la riforma dei consultori familiari, che dovrebbero essere il luogo di alternativa all’aborto, non di alternativa nel senso di distribuzione di contraccettivi. Ma di alternativa nel senso che, anche in presenza di una gravidanza non desiderata, opera in modo da aiutare la donna ad evitare l’aborto. Per far questo bisogna fare una riforma dei consultori familiari, e qualche ritocco alla Legge 194, in modo che il passaggio attraverso i consultori familiari sia obbligatorio, ma non costringa i medici della struttura a rilasciare il documento che autorizza l’aborto. C’è una proposta già presentata al Parlamento. Speriamo che venga presa in considerazione”.

    Secondo stime ufficiali, sono 5.729.708 gli aborti legali dal 1978 al 2011. Quelli clandestini, sarebbero stati, solo nel 2011, più di 15000. Nel Rapporto del Movimento per la Vita si sottolinea infine la preziosa opera svolta dagli oltre 300 ‘Centri di aiuto alla vita’, una rete basata esclusivamente sul volontariato. Nel 2010 e nel 2011 queste strutture hanno accompagnato la nascita di oltre 20 mila bambini, assistendo circa 28 mila gestanti ed entrando in contatto con altre 40 mila donne.

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    Proclamati i vincitori di "Religion Today", Festival internazionale del cinema delle religioni

    ◊   Ieri a Trento la proclamazione dei film vincitori della 15° edizione di Religion Today, il Festival delle religioni, promosso dall’associazione Bianconero, con 57 film in concorso provenienti da tutto il mondo. Fino al 24 ottobre il Festival toccherà varie altre località italiane. Ce ne riferisce Mariangela Brunet:

    Con il titolo “Conflitti, Religioni e Non-violenza”, Religion Today, ha approfondito il ruolo delle religioni, nell’attualità di un mondo abitato dalla violenza, ed ha contrapposto ogni tentazione fondamentalista di intransigenza e di chiusura, con i valori del rispetto, dell’accoglienza reciproca, della disponibilità al dialogo. Il primo premio “Nello spirito della fede” è stato assegnato al danese “Football is God” di Ole Bendtzen. Il documentario esplora la stretta relazione tra calcio fede passione e la necessità di sentirsi parte di qualcosa di più grande di sé. Ad esso segue la menzione del documentario norvegese “Gunnar Goes God” di Hall Jensen per la descrizione schietta del vuoto esistenziale creato da questa società tecnologica e scientista e del conseguente bisogno di senso. Invece come miglior film è stato scelto il polacco “I colori della passione” di Lech Majewski per la sua storia di coraggio, di ribellione e di sacrificio e per la profonda analisi della storia e della cultura del popolo fiammingo. Ha meritato menzione l’italiano “Sa Gràscia” di Bonifacio Angius per la valorizzazione dell’importante rapporto del popolo sardo con la religione. Infine come miglior cortometraggio l’israeliano “Mia sorella” di Oshrat Meirovitch per il suo sguardo nei pregiudizi che circondano la vita di una giovane donna ortodossa.

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    Musica e solidarietà: a Roma una festa per i bambini disagiati

    ◊   “Costruire con la musica”. E’ il titolo della giornata organizzata oggi al Parco della musica di Roma, un’occasione di festa e solidarietà per raccogliere strumenti musicali usati, da restaurare e destinare ai bambini delle realtà più disagiate, sostenendo un coraggioso progetto didattico. Ne è promotore la onlus Comitato Sistema della Orchestre e dei Cori giovanili e infantili, che da quasi due anni opera in Italia su ispirazione del modello attuato in Venezuela dal maestro Antonio Abreu, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso il presidente del Comitato, Roberto Grossi:

    R. - È una onlus nata neanche due anni fa su impegno della società civile, in particolare della Federcultura della scuola di Fiesole con il sostegno di Claudio Abbado, il quale è anche presidente onorario dell’organizzazione, e il maestro Abbreu. È un’organizzazione nazionale che si richiama all’esperienza educativa realizzata in Venezuela ormai da oltre trenta anni dal maestro Abbreu, che attraverso la musica ha creato un sistema di educazione sociale, riscatto soprattutto dei bambini che vivono in condizioni di marginalità, proponendo un approccio alla musica totalmente diverso rispetto a quello tradizionale perché è totalmente inclusivo, gratuito, pone immediatamente i bambini a suonare insieme agli altri. In un anno e mezzo il sistema è cresciuto tantissimo. Adesso sono 30 nuclei, vale a dire 30 centri educativi permanenti in tutta Italia dislocati nei quartieri più disagiati, da San Basilio a Roma, fino ai quartieri periferici di Bari, dove ad esempio, una ex discoteca della camorra “Il Momart” è stata tolta alla malavita e assegnata ai nostri nuclei.

    D. – Ci può parlare dell’età di questi bambini e del modo attraverso il quale voi li contattate. Come ci arrivate?

    R. - Cominciamo a lavorare con i bambini già dai tre anni, quindi più o meno all’età della scuola materna fino ai 18 anni. Li raggruppiamo in luoghi specifici che talvolta sono le scuole, altre le parrocchie, delle istituzioni musicali o culturali. Siamo noi che andiamo dove c’è necessità e dove c’è disagio. Oppure, a volte vengono spontaneamente: iniziative di insegnanti, associazioni.. Il comitato si attiva e dà una mano.

    D. - Mi diceva che lavorate con i bambini già dai tre anni…

    R. - Certo dai tre anni. Fare musica è un’esperienza di vita. Ti insegnano subito ad ascoltare te stesso, a battere i ritmi, i bambini studiano già la lunghezza delle note e iniziano a imbracciare i primi strumenti.

    D. - Bambini solo con disagio sociale o anche bambini con disagi fisici?

    R. - Vogliamo dare una risposta agli uni e agli altri. Abbiamo dei centri speciali che operano con i bambini sordomuti, che partecipano alla musica muovendo le mani, oppure bambini che sono su sedie a rotelle che iniziano a suonare il pianoforte, fino a bambini che sono figli di tossicodipendenti o addirittura adolescenti che a dodici anni hanno già fatto uso di droghe. Tutto questo sotto la spinta volontaristica; quindi i professori di orchestra, gli educatori lo fanno perché credono che in questo modo si possa dare una speranza e un futuro.

    D. - La festa di domenica sarà un’occasione non solo per far conoscere tutto questo, ma sarà anche un momento per fare un po’ di raccolta di strumenti che servono a questi bambini..

    R. -Non vogliamo solamente porre un problema: quello del numero dei bambini che abbandonano la scuola che è sempre di più alto negli ultimi anni, oppure quello della fascia di povertà delle famiglie che si è allargata, ma vogliamo anche proporre delle alternative: chiamare tutti i cittadini romani, e non solo, a portare, a donare, un piccolo strumento che era lì, a casa, facendolo rivivere. Quindi più che altro è l’occasione che noi vogliamo creare, facendo tuttavia vedere cosa vuol dire portare avanti questa esperienza educativa, e quali sono i risultati.

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    Strumento nelle mani di Dio: la vita di Chiara Corbella, nella testimonianza del marito

    ◊   “La nostra è stata una storia come tante”. Sono le parole di Enrico Petrillo, il marito di Chiara Corbella, la giovane mamma di 28 anni scomparsa quattro mesi fa dopo aver rifiutato le cure anti-tumore per portare avanti la gravidanza del suo ultimo figlio, Francesco. Chiara era già stata madre, anche se per poche ore, di due bimbi Maria e Davide nati con gravi malformazioni ma fortemente voluti. Tanto l’interesse nell’opinione pubblica e sui social network per questa “seconda Gianna Beretta Molla” come l’aveva definita il cardinale vicario Agostino Vallini ai suoi funerali. Benedetta Capelli ha incontrato Enrico Petrillo che così ripercorre questi ultimi quattro mesi:

    R. - Sono passati quattro mesi e a volte mi sembra molto di più, perché comunque Chiara mi manca tanto. E a volte mi sembra poco anche per metabolizzare tutto quello che abbiamo vissuto e quanto è accaduto. La cosa positiva è che quanto successo sta portando tanti frutti nel mondo intero. Mi arrivano e–mail da tutto il mondo e sapere che il suo sacrificio è servito a qualcosa mi rende molto felice; chissà quanti bimbi - già lo so perché tanti me lo hanno già scritto - nascono perché lei ha dato la sua testimonianza. E questo mi rende un marito molto orgoglioso delle sue scelte. Dopo la diagnosi di terminalità mi disse: “Senti Enrico, ma se tu sapessi che il tuo sacrificio potrebbe salvare dieci persone, lo faresti?”. Ho risposto: “Spero di sì. Spero che Dio mi dia la grazia di farlo”. E lei mi ha risposto: “Bene, credo che potrei chiedergli la guarigione ma solo Dio sa quello che voglio veramente”. Questo è quello che mi ha detto Chiara, e in quel momento ho intuito che forse c’era molto di più rispetto ad una guarigione fisica.

    D. - C'è qualcosa, in questo periodo, che ti ha dato fastidio?

    R. - Quello che mi dà più fastidio è il fatto che in questi quattro mesi hanno scritto un po’ di tutto senza conoscere bene la storia, senza avere rispetto per questo tempo, anche se in generale – devo essere sincero – penso ci sia stato molto rispetto nei nostri confronti. Onestamente un po’ mi arrabbio e dico: “No, hanno romanzato tutto, vogliono solamente esaltare gli aspetti più romantici, più eclatanti”. Ma invece a me sembra una storia molto ordinaria e così poco straordinaria.

    D. - Cosa dire allora su di voi: chi siete veramente? Se allora dobbiamo sgomberare il campo da tanti equivoci, qual è la notizia?

    R. - La notizia è che Gesù Cristo manifesta la sua forza nella nostra debolezza. Così, è stato per me e per Chiara. Noi sapevamo di non essere degli eroi, sapevamo che da soli non potevamo farcela e quindi ci siamo aggrappati a Cristo con tutte le nostre forze. Per vincere le tue paure devi gridare: Abbà Padre! Credo che per noi questa sia stata la nostra forza.

    D. - La fede vi ha aiutato nell’affrontare tutte le difficoltà. Ma per una donna come Chiara, una mamma come lei, la presenza della Vergine probabilmente è stata fondamentale. Come è entrata Maria nella vostra storia?

    R. - Maria è entrata nella nostra storia prima singolarmente, in quanto Chiara ha avuto una grande devozione per la Madonna, fin da piccola. Poi, come in tutti i cammini, questo amore è cresciuto, maturato fino a capire che non si può arrivare a Gesù senza passare per Lei. Il caso ha voluto che ci conoscessimo a Medjugorje, ma certo poteva accadere in qualsiasi altro posto del mondo. Però, la storia ha voluto che ci conoscessimo lì. Siamo quindi rimasti legati a quel luogo: ringraziare la Madonna che nella nostra vita abbiamo sentito vicino, soprattutto in questi anni, per come erano andate le gravidanze di Maria, di Davide, che potevano essere comunque delle storie devastanti di per sé invece per noi sono state delle belle esperienze, nonostante il dolore che - sottolineo – abbiamo provato nella nostra vita. Ci siamo fatti però consolare tanto.

    D. - Cosa provi quando parlano di Chiara, della sua testimonianza fuori dal comune?

    R. - La presenza di Dio nella nostra storia, in quella di Chiara soprattutto, per come ha vissuto la Croce, per come è morta, mi fa intuire che ci sia qualcosa di molto grande. Tanti mi hanno detto: “Però lei ha avuto tanta grazia...”, come se Dio non volesse dare la grazia anche a loro. Dio vuole darla anche a te, forse tu non vuoi essere santo! Di Chiara abbiamo trovato una lettera che aveva scritto forse quando aveva sette anni, pregava la Vergine chiedendole di essere santa. Ci siamo commossi quando l’abbiamo trovata.

    D. - Hai parlato di una lettera e un’altra lettera l’avete consegnata a Benedetto XVI, il primo maggio scorso. Come è stato quell’incontro?

    R. - È stato un incontro di grande consolazione. Sono stati tutti piccoli segni prima della scomparsa di Chiara, che Dio ci ha voluto dare, come questo dell’incontro con il Papa. Durante il baciamano, gli abbiamo consegnato questa lettera, nella quale in breve gli raccontavamo la nostra storia. Sapevamo già che alcuni amici avevano "consegnato" la nostra storia al Santo Padre, e sapevamo che aveva già pregato per noi. In pochi minuti gli ho raccontato che già avevamo due bimbi in Cielo, e quindi il Papa ha nuovamente benedetto Chiara in un modo più commovente, abbracciandola. Qualsiasi fosse stata la grazia, in quel momento abbiamo capito che sarebbe stata sotto la volontà del Signore.

    D. - Siamo nell’Anno della Fede. La vostra storia di coppia potrebbe essere importante per la Nuova Evangelizzazione…

    R. - Mi auguro di si, perché spero che possa dare ad ognuno il coraggio di affrontare la sua Croce nell’Anno della Fede. Ad Assisi ci hanno insegnato che il contrario della paura è la fede. Quindi in questo anno spero che chi ha paura potrà affrontare la sua Croce con questa consapevolezza.

    D. - Di cosa può essere testimone Chiara?

    R. - La nostra storia può donare delle risposte ai problemi di oggi e che, secondo me, sono i più importanti: l’aborto, l’eutanasia, l’accoglienza di un bimbo disabile. Come diceva Chiara: “Dio mette la verità nei nostri cuori e non c’è possibilità di fraintenderla”.

    D. - C'è un messaggio particolare per chi ci ascolta?

    R. - Sicuramente vorrei dire di non strumentalizzare Chiara. Mi auguro che ognuno di noi possa essere testimone vero soprattutto di Cristo e di Dio. In questa storia, io lo sono stato come marito, lo sono come padre di Francesco, e ognuno di voi lo può essere come testimone indiretto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Inondazioni a Lourdes: Santuario chiuso per alcuni giorni

    ◊   Stanno tutti bene i circa 500 pellegrini, di diverse nazionalità, evacuati ieri dal santuario di Lourdes, nel sud ovest della Francia, a causa delle forti piogge che hanno fatto esondare il fiume Gave de Pau. “Tanta pioggia e tanta paura, ma il peggio è passato”, ha raccontato il presidente nazionale dell'Unitalsi, Salvatore Pagliuca. Intanto la situazione sta tornando alla normalità: il fiume Gave de Pau, che ha inondato alcune aree del santuario, sta tornando a livelli standard. Il luogo di culto riaprirà tra martedì e mercoledì della prossima settimana, non appena saranno concluse le operazioni di pompaggio, pulizia e restauro.

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    Il Premio Matteo Ricci a Fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta

    ◊   Il premio internazionale Matteo Ricci, promosso dall’Università cattolica del Sacro Cuore, quest‘anno sarà conferito a Fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine di Malta. In occasione del conferimento, martedì 23 ottobre alle 11.00 in Cattolica (Milano - Largo Gemelli, 1), Fra’ Matthew Festing pronuncerà una Lectio Cathedrae Magistralis sul tema “Charity: the basis of civilized human life. How the Order of Malta should play its part”. Saranno presenti, tra gli altri - riferisce l'agenzia Sir - il prorettore vicario dell’Università Franco Anelli e il preside della Facoltà di Scienze politiche, Carlo Beretta. Il premio è stato istituito nel 1998 dalla Facoltà di Scienze politiche dell‘Università Cattolica, sotto la presidenza di Alberto Quadrio Curzio, in memoria del missionario gesuita vissuto tra il XVI e XVII secolo. L’edizione di quest’anno è stata vinta da Fra’ Matthew Festing per “aver orientato e stimolato, nelle sue alte funzioni, cariche e adempimenti, le molteplici attività dell’Ordine, sempre cristianamente orientate ai valori della solidarietà, del rispetto della tutela della persona, del sostegno ai deboli e agli indifesi. Valori che trovano concreta attuazione nelle azioni a carattere umanitario che l’Ordine porta avanti attualmente in oltre 120 paesi del mondo”. (R.P.)

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    Le reliquie di Giovanni Paolo II e Padre Pio negli Ospedali di Roma

    ◊   Inizierà il 22 ottobre, dal Policlinico Umberto I di Roma, in occasione dell’ Anno della fede, la peregrinatio delle reliquie del beato Giovanni Paolo II e di San Pio di Pietralcina, che durante quest’anno visiteranno tutti gli ospedali, le case di cura e di riposo della capitale. La peregrinatio - riferisce l'agenzia Zenit - sarà aperta alle 12 da una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale della Salute, nella memoria del beato Giovanni Paolo II. L’inizativa, vuole dare agli ammalati, la possibilità di un momento di preghiera e di un incontro con due grandi personalità della Chiesa, che in vita conobbero la sofferenza del corpo personale e degli ammalati. Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, visitò più volte gli ospedali romani, mentre Padre Pio nel fondare la “Casa di Sollievo dalla Sofferenza” a San Giovanni Rotondo, volle dare il suo contributo per alleviare il dolore umano. Le prossime tappe visitate dalle reliquie saranno, la casa di riposo “Villa San Francesco”, la casa di cura “Buon Pastore”, e il policlinico “Tor Vergata”. “Quante volte – ha scritto il vescovo Leuzzi nella lettera rivolta agli ammalati in occasione dell’ inizio della peregrinatio - abbiamo letto nel Vangelo che Gesù ha incontrato tanti ammalati. Talvolta li ha anche guariti. Ma soprattutto ha sofferto come uno di noi. Aveva ragione il Beato Giovanni Paolo II. La malattia non è un incidente o una punizione: è la nostra condizione umana! Nessuna prestazione sanitaria potrà spiegare questo mistero: solo Gesù, con la sua morte e resurrezione, può aiutarci a comprenderlo perché si è impegnato a stare sempre con noi. E’ Lui che incoraggia tutti a prendersi cura dei fratelli per essere pronti a vivere con gioia il tempo della nostra sofferenza. E’ il grande insegnamento di S. Pio di Pietrelcina: unito a Gesù Crocifisso e pronto a promuovere il sollievo della sofferenza". (R.P.)

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    Iraq: una Università cattolica per il futuro dei giovani iracheni

    ◊   Ieri pomeriggio ad Ankawa, sobborgo di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, all'interno di un'area di 30mila mq messa a disposizione dalla Chiesa caldea, è stata posta la prima pietra della futura Università cattolica. Alla cerimonia è intervenuto anche il governatore di Erbil, Nawzad Hadi Mawlood, che ha espresso, nel discorso inaugurale il sostegno delle istituzioni civili ad un progetto accademico considerato di grande impatto sociale. L'impresa è, a suo modo, un frutto dell'Assemblea sinodale sul Medio Oriente svoltasi a Roma nell'ottobre 2010: “Quel Sinodo – spiega all'agenzia Fides l'arcivescovo caldeo di Erbil, Bashar Warda, grande patrocinatore dell'iniziativa – ci ha richiamato a cercare forme concrete di aiuto alla presenza e alla testimonianza dei cristiani in Medio Oriente. Abbiamo preso contatti con l'Universitè Saint-Esprit di Kaslik, il rinomato Ateneo fondato in Libano dall'Ordine Libanese Maronita, chiedendo loro di aiutarci a portare avanti il nostro progetto. La risposta è stata entusiasta. Contiamo di concludere i lavori entro il 2015”. L'obiettivo è creare un polo d'insegnamento universitario privato aperto a tutti, conforme alle esigenze del mercato e strettamente associato alla ricerca scientifica. Due sacerdoti caldei, temporaneamente a Roma per gli studi nelle Accademie pontificie, stanno anche seguendo corsi di management amministrativo per assumere ruoli di gestione e coordinamento nella futura Università. Già nel periodo di rodaggio si prevede che le strutture potranno ospitare fino a 3mila studenti, con percorsi e livelli accademici differenziati e prevalentemente attinenti all'area umanistica tecnico-scientifica (informatica,, tecniche amministrative, scienze dell'economia). Ad Ankawa è già dislocato il Babel College, la facoltà di teologia e filosofia affiliata alla Pontificia Università Urbaniana che attualmente rappresenta l'unico centro cristiano di studi teologici di alto livello operante in Irak. L'impulso a investire risorse in un'Università privata orientata alle discipline umanistiche e tecnico scientifiche nell'attuale contesto iracheno è connotato da evidenti implicazioni pastorali. Nonostante le relative condizioni di sicurezza sociale che contraddistinguono il Kurdistan iracheno, molti giovani cristiani considerano la loro provvisoria residenza nell'area come una tappa sul cammino dell'emigrazione. “L'Università - sostiene con fiducia il vescovo Warda - offrirà una buona chance per intensificare la rete di contatti con le analoghe istituzioni cattoliche di tutto il mondo. Sarà anche uno strumento utile, nel momento critico che sta attraversando l'Irak: abbiamo bisogno di queste risorse per aiutare anche i giovani cristiani che vogliono continuare a testimoniare il dono della fede nella loro terra”. (R.P.)

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    Kenya: la Chiesa esorta a scegliere leader onesti per le prossime presidenziali

    ◊   “Che cosa viene prima: l'integrità dei leader o la loro appartenenza religiosa? Desideri essere governato da un leader disonesto appartenente alla tua affiliazione religiosa o da un leader onesto, indipPendentemente dalla sua identità religiosa ?” chiede padre Wilybard Lagho, vicario di Mombasa e presidente del Coast Interfaith Council of Clerics, in una riflessione sulle prossime elezioni presidenziali che si terranno in Kenya l’anno prossimo. “Le elezioni saranno l’occasione per gli elettori di scegliere leader onesti a prescindere dal loro censo, appartenenza etnica o religiosa. La scelta dei responsabili politici sarà un test dell'integrità degli elettori”afferma il documento inviato all’Agenzia Fides. In riferimento ai recenti scontri interreligiosi avvenuti a Mombasa, padre Lagho, richiamandosi tanto al Corano che alla Bibbia, invita musulmani e cristiani alla pacifica convivenza e al buon vicinato. “Nella regione costiera, e in particolare a Mombasa, dove musulmani e cristiani vivono negli stessi quartieri, cerchiamo di vivere insieme in pace. Uno dei miei ‘Hadith’ preferiti (Detti del Profeta) riguarda il buon vicinato: descrive Jibrael (Gabriel) che raccomanda di trattare i vicini gentilmente ed educatamente, fino al punto che ho pensato che mi avrebbe ordinato di farne i miei eredi (Sahih Bukhari All-Il libro di Ahkam)”. Citando la parabola del Buon Samaritano del Vangelo, p. Lagho ricorda: “ai cristiani viene insegnato che i loro vicini sono i più bisognosi, in altre parole, i più vulnerabili, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale, etnica e religiosa (vedi Luca 20, 25-37)”. “Lasciate che i leader religiosi si uniscano nell’incoraggiare gli elettori a scegliere leader onesti che liberino il nostro popolo dalla attuale leadership corrotta che ha, purtroppo, determinato l'impunità cronica nella nostra nazione. Per una volta, lasciate che i credenti vadano oltre l’appartenenza sociale, etnica e religiosa nella scelta dei leader politici” conclude padre Lagho. (R.P.)

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    Filippine: “Giornata della gioventù” in onore del nuovo santo Pedro Calungsod

    ◊   Mentre oggi a Roma veniva celebrata la canonizzazione del beato filippino Pedro Calungsod, insieme ad altri 6 beati, i giovani filippini hanno vissuto oggi una “Giornata della Gioventù” in onore del nuovo Santo. In tutte le diocesi filippine, riferisce all'agenzia Fides la Conferenza episcopale, si sono svolti programmi speciali particolarmente rivolti ai giovani, dato che Pedro è un santo giovane (fu martirizzato a 17 anni), in cui i giovani filippini si identificano e si riconoscono. La speciale odierna “Giornata della gioventù filippina”, spiegano fonti locali di Fides, è stata anche l’occasione per presentare ufficialmente l'Anno della Fede ai giovani. Su iniziativa della “Commissione per la gioventù”, nella diocesi di Novaliches, in linea con la celebrazione nazionale, si è tenuta una speciale Giornata dal titolo “Amigo: Giornata Calungsod” che ha visto riuniti migliaia di giovani filippini per festeggiare il nuovo Santo. Nella giornata i giovani hanno sfilato in una marcia festosa per le strade, mettendo in mostra i loro talenti creativi con rappresentazioni musicali e teatrali, e portando ad altri giovani una testimonianza della loro fede. A Manila, presso la chiesa del Santo Niño, nel quartiere di Tondo, si è tenuto un evento concomitante con la celebrazione che si è svolta in piazza San Pietro: oltre mille giovani da tutta l’arcidiocesi di Manila hanno seguito in diretta tv il rito della canonizzazione e poi hanno continuato il loro meeting con momenti di preghiera, canti, feste e condivisione. (R.P.)

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    Cina: numerosi eventi della comunità cattolica per l'Anno della Fede

    ◊   La comunità cattolica cinese, in comunione con la Chiesa universale, sta iniziando a percorrere la via dell’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI con molte iniziative. Secondo quanto riferisce l’Agenzia Fides, la diocesi di Lan Zhou della provincia di Gan Su, ha formato l’Associazione caritativa dello Spirito Santo in occasione dell’Anno della Fede. Oltre 800 fedeli hanno preso parte alla solenne apertura dell’Anno della Fede presieduta da mons. Han Zhi Hai, vescovo della diocesi, che si è svolta il 14 ottobre, e alla nascita dell’Associazione. Dopo una solenne processione, il vescovo ha spiegato il significato dell’Anno della Fede, quindi si è soffermato sul Catechismo della Chiesa cattolica, sulla vita dei fedeli secondo la Parola di Dio, sulla missione dell’evangelizzazione affidata ai cristiani. La diocesi di Chang Zhi della provincia di Shan Xi ha già concluso il primo corso di formazione per gli operatori dell’evangelizzazione e il Seminario sull’Anno della Fede, che si è tenuto dal 15 al 17 ottobre, dopo l’apertura diocesana dell’11 ottobre. Durante il rito di apertura, il vescovo diocesano, mons. Jin Dao Yuan, ha sottolineato l’importanza dell’approfondimento della fede oggi, in un momento in cui le persone sono sempre più lontane dalla Chiesa: i fedeli devono prendere “la fede come base, la speranza come forza, la carità come azione”. Alla chiusura del corso, un centinaio di catechisti ha rinnovato davanti a mons. Jin l’impegno di testimonianza della fede. La diocesi di Liao Ning ha aperto l’Anno della Fede il 14 ottobre, con la lettura della Lettera pastorale per l’Anno della Fede redatta dal vescovo, mons. Pei Jun Min, che ha presieduto anche la cerimonia di apertura, durante la quale ha esortato i fedeli a recitare, riflettere ed approfondire il Credo, riassunto delle verità di fede. La comunità di Ren Qui della diocesi di Xian Xian ha aperto l’Anno della Fede con una celebrazione cui hanno partecipato oltre mille laici, tra rappresentati di tutti villaggi, catechisti, membri delle associazioni, giovani e congregazioni religiose. Il sacerdote celebrante ha suggerito a tutti di vivere l’Anno della Fede con i Sacramenti, l’adorazione e la Parola di Dio, che “sono strumenti intramontabili per consolidare la fede”. (R.P.)

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    Roma: convegno del Rinnovamento nello Spirito per l'Anno della Fede

    ◊   All’inizio dell’Anno della fede, mentre si celebra il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione, il Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS) promuove a Roma, giovedì 25 ottobre, dalle ore 16.30 alle 19.30, nell’aula magna della Pontificia università gregoriana (piazza della Pilotta 4), il convegno sullo Spirito Santo sul tema “Lo Spirito Santo. Roveto ardente nella Chiesa. Colonna di fuoco nel mondo. Per una cultura della Pentecoste nel nostro tempo”. “Sono ormai trascorsi 25 anni dalla pubblicazione dell’enciclica Dominum et Vivificantem, dedicata da Giovanni Paolo II allo Spirito Santo - spiegano gli organizzatori all'agenzia Sir -. Vogliamo rileggere la presenza e l’azione dello Spirito Santo nella Chiesa e nel mondo, come segno distintivo e attuativo della novità del Concilio ecumenico vaticano II”. Al convegno, promosso nel 40° anniversario della nascita di Rns in Italia, interverranno, tra gli altri, il card.inale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, il cardinale Albert Vanhoye, già rettore del Pontificio Istituto biblico, il cardinale Ivan Dias, prefetto emerito della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo emerito di Viterbo. (R.P.)

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    Un orfanotrofio in Laos e una scuola in Vietnam: due progetti a favore dei bambini disagiati

    ◊   Un gruppo di 7 professioniste svedesi ha fondato a Singapore l’organizzazione benefica Together for Charity. Si tratta di donne sposate, espatriate dal loro paese di origine, che presa coscienza della situazione estremamente privilegiata in cui vivono a Singapore rispetto ai paesi vicini, hanno deciso di impegnarsi personalmente per cambiare queste realtà con l’obiettivo di migliorare la vita dei bambini più svantaggiati. Attualmente Together for Charity concentra i suoi aiuti in due progetti. Uno riguarda l’orfanotrofio Deak Kum Pa, a Luang Prabang, in Laos, e l’altro la scuola di inglese di Mui Ne, in Vietnam. L’orfanotrofio è diretto dal governo del Laos. I bambini - riferisce l'agenzia Fides - vengono presi dalla strada e da situazioni di estrema povertà, a loro si offre l’opportunità di andare a scuola e di vivere in sicurezza e in ambienti confortevoli. Deak Kum Pa accoglie oltre 500 bambini, ma il loro numero continua ad aumentare. L’orfanotrofio funziona anche come scuola. Una delle prime preoccupazioni riguarda l’alimentazione, visto che con un piatto di riso e una zuppa al giorno i piccoli non sono in condizione di crescere nè di apprendere. Attualmente mangiano regolarmente carne, frutta, uova e pane. Grazie al contributo di generosi benefattori, nel 2012 sono stati ammessi altri 30 bambini. La scuola di inglese di Mui Ne, in Vietnam, offre ai piccoli, tra i più poveri della città, la possibilità di imparare l’inglese, con l’obiettivo di metterli in grado di guadagnarsi da vivere in futuro nella crescente industria del turismo. Oltre alle lezioni di inglese e di elementi di informatica, nella scuola si educa anche all’amicizia e all’interscambio. Mui Ne ha anche una seconda sede, una casa per studenti a Phan Thiet, limitrofa a Mui Ne. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 295

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.