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Sommario del 18/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il card. Wuerl al Sinodo: la nuova evangelizzazione impegni tutti al rinnovamento della fede
  • Sinodo. Presentati i temi della relazione conclusiva: la Chiesa punta sui laici e i catechisti
  • Sinodo. Mons. Moraglia: la nuova evangelizzazione comunichi una fede amica della ragione
  • Al Sinodo l’intervento di Kiko Argüello: necessaria riflessione seria sulla nostra fede
  • Sinodo. Don Perini: le parrocchie hanno una forza incredibile, ma devono svegliarsi
  • I Padri sinodali in Campidoglio per una giornata di dialogo sulla nuova evangelizzazione
  • La storia del padre gesuita Giacomo Berthieu, martire in Madagascar. Domenica sarà canonizzato
  • Il Papa nomina mons. Tobin arcivescovo di Indianapolis. Nomina episcopale in Canada
  • Unificati Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e Pontificio Consiglio della Cultura
  • Mons. Mamberti riceve le Lettere credenziali del nuovo ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, si lavora a una tregua. L'analista: è un test per futuri accordi con Damasco
  • Crisi Ue. Berlino: sì a diritto di intervento sui bilanci nazionali. Vertice a Bruxelles
  • Uruguay: depenalizzato l'aborto. La Chiesa: legge contro il primo dei diritti, il diritto alla vita
  • Ddl corruzione. Catricalà: no "ping pong" tra le Camere. Il parere di Alberto Vannucci
  • Giornata europea contro la tratta di esseri umani: 12 milioni le vittime nel mondo
  • Presentata la Giornata mondiale sull’osteoporosi, sullo slogan "Cattura la frattura"
  • Festival di musica e arte sacra: sette concerti dedicati all'Anno della Fede
  • Roma. Aperto il Salone dell'Editoria sociale "Le Americhe e noi"
  • Cinema. Esce "Il comandante e la cicogna", lo sguardo dei "grandi" di ieri sull'Italia di oggi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Incontro di Padri sinodali sui cristiani e conflitti in Medio Oriente
  • Pakistan: il Paese è con Malala nonostante la violenza dei talebani
  • Iraq: il nunzio mons. Lingua consegna ad al Sistani l'esortazione "Ecclesia in Medio Oriente"
  • Nigeria. Mons. Kaigama: violenza contraria ai veri valori di cristianesimo e islam
  • Colombia: iniziato a porte chiuse il dialogo fra governo e Farc
  • Indonesia. Banda Aceh: chiuse 9 chiese e 6 templi buddisti su pressione degli islamisti
  • Cambogia: veglie e preghiere dei cattolici in ricordo di re Sihanouk
  • Myanmar: l'arcivescovo di Yangon ha aperto l'Anno della Fede
  • Nepal: l'Anno della Fede nel segno del dialogo interreligioso
  • Taiwan: l’Anno della Fede nella diocesi di Tai Nan
  • Tahiti: i cattolici mobilitati per l'Anno della Fede
  • Mali: le popolazioni del nord afflitte da conflitto e carestia
  • Ciad: bambini emigrati finalmente riuniti alle rispettive famiglie
  • Unitalsi: le reliquie del Beato Giovanni Paolo II in pellegrinaggio a Lourdes
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il card. Wuerl al Sinodo: la nuova evangelizzazione impegni tutti al rinnovamento della fede

    ◊   Lavori a porte chiuse, oggi, al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione in corso in Vaticano. In programma, la prima fase di preparazione dei documenti finali. Ieri pomeriggio, invece, il cardinale Donarl Wuerl, relatore generale dell'Assise, ha presentato la "Relazione dopo la discussione" (Relatio post disceptationem), che raccoglie i temi più importanti del Sinodo, utili alla preparazione dei documenti finali. Alla presenza del Papa, il porporato ha ribadito che la nuova evangelizzazione non è un programma momentaneo, ma un modo di guardare al futuro della Chiesa. Il servizio di Isabella Piro:

    Raccoglie le fila, il cardinale Wuerl, e lo fa con lo stile diretto e chiaro che lo contraddistingue. La nuova evangelizzazione, dice, non è un programma momentaneo, ma un modo di guardare al futuro della Chiesa e di vederci tutti impegnati nel rinnovamento della fede, perché annunciare il Vangelo è la missione ecclesiale primaria.

    Oggi soprattutto, dice il porporato nella sua relazione pronunciata in latino, il ministero della Chiesa è in una fase di riesame del suo modo di portare la Parola di Dio in un contesto nuovo, globalizzato, carico di sfide eccezionali e dove c’è una grande ignoranza della fede, in particolare nei Paesi di antica cristianità. In pratica, sottolinea il relatore generale del Sinodo, quello che occorre è un rinnovamento spirituale, che la Chiesa deve proclamare e realizzare.

    Cosa fare dunque? Il cardinale Wuerl ricorda in sintesi tutti i temi più urgenti del Sinodo: il dialogo interreligioso, soprattutto nella parte del mondo dominata dall’influsso musulmano; la violenza e la riduzione della libertà religiosa; l’impegno ecumenico; lo sviluppo dell’agone mediatico, che richiede un nuovo linguaggio e una nuova arte della comunicazione nella Chiesa.

    Grande è anche la sfida che pone la nuova evangelizzazione nell’ambito della cultura e quindi nel legame tra persona-comunità-società. Per questo, un grande contributo può giungere dal Cortile dei Gentili, così come anche dalle opere di giustizia sociale e di carità della Chiesa verso i poveri ed i sofferenti.

    Poi, il porporato indica alcuni ‘strumenti’ pratici per un nuovo annuncio del Vangelo: le parrocchie, le piccole comunità, le scuole, le università, i pellegrinaggi, i catechisti, ai quali, forse, è giunto il momento di conferire un ministero stabile nella Chiesa. Ma è soprattutto il matrimonio, la famiglia Chiesa domestica, afferma il cardinale Wuerl, l’istituzione che riesce a trasmettere la fede nelle situazioni più difficili, a formare la persona umana, e che oggi ha bisogno di essere sostenuta, tanto è pressata da una realtà secolarizzata. E fondamentale è anche la donna, sia nella vita della Chiesa che nella trasmissione della fede.

    Naturalmente, il cardinale Wuerl dedica ampio spazio ai sacerdoti ed ai consacrati, insostituibili per la nuova evangelizzazione: in un’epoca in cui scarseggia la formazione sul mistero di Cristo, essi vanno proprio formati sulla natura del loro compito, evidenziando l’importanza del celibato.

    Il relatore generale ricorda, inoltre, la necessità di integrare i laici, a tutti i livelli, nell’organizzazione della Chiesa locale, poiché tutti i cattolici devono richiamare la gente alla pratica della fede, con la parola sì, ma soprattutto con l’azione e con la vita. In questo contesto, anche le migrazioni, oggi tanto diffuse, possono offrire opportunità alla nuova evangelizzazione, grazie al principio dell’accoglienza e dell’integrazione.

    La relazione del cardinale Wuerl contiene, infine, 14 domande: ad esse dovranno rispondere i Padri Sinodali, preparando così il terreno alla stesura dei documenti finali dell’Assise.

    Ci vuole tempo, conclude il porporato, per un’iniziativa diligente e coerente verso i cattolici inattivi a livello personale. Ma in fondo, ora che la Chiesa conosce le proprie difficoltà, le tensioni, le inquietudini, i peccati e la sua umana debolezza, è tempo di guardare ad una nuova Pentecoste, di vivere la Parola di Dio e di condividerla con gioia.

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    Sinodo. Presentati i temi della relazione conclusiva: la Chiesa punta sui laici e i catechisti

    ◊   Parrocchia, ruolo dei laici e dei catechisti, ma anche impegno dei sacerdoti in particolare nei luoghi di pellegrinaggio: di tutto questo si è parlato questa mattina alla conferenza stampa voluta il giorno dopo la presentazione della Relatio post disceptationem, fatta ieri pomeriggio dal cardinale Donald Wuerl, che ha sintetizzato i principali temi emersi finora al Sinodo. I lavori dei Padri sinodali proseguono nei cosiddetti Circoli minori. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Per descrivere in una sola parola o in una sola immagine quello che succede nel Sinodo, posso dire che la Chiesa sta nelle fiamme dello Spirito Santo”.

    A parlare è Sua Beatitudine Sviatoslav Schevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica ucraina. La vivacità della Chiesa che si incontra nelle persone di vescovi che vivono in Paesi e realtà così diversi tra loro; le sfide e l’entusiasmo che si riaccende di fronte all’invito di Benedetto XVI alla nuova evangelizzazione e all’Anno della fede: questi gli elementi che tornano nei vari interventi. Poi alcune specificità. Il cardinale John Tong Hon, vescovo di Hong Kong (Cina), sottolinea l’importanza di continuare a parlare del ruolo dei catechisti, che può essere valorizzato proprio grazie allo scambio di esperienze. A essere nuovi – sottolinea il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica democratica del Congo) – devono essere l’ardore, il metodo e l’espressione in un mondo, aggiunge, in cui tanti non credono più:

    “Come possiamo parlare di Dio, di Gesù Cristo, a un mondo che non crede più e che non pone la questione di Dio o che pone questa questione male?”

    Mons. Ján Babjak, arcivescovo metropolita di Prešov per i cattolici di rito bizantino, presidente del Consiglio della Chiesa Slovacca, sottolinea l’importanza dei luoghi di pellegrinaggio, con una raccomandazione:

    “A questi luoghi di pellegrinaggio dobbiamo mettere i sacerdoti più preparati e maturi, quelli che amano Dio e anche quelli che amano gli uomini, che sono chiamati a servire specialmente attraverso le Confessioni, l’ascolto e la discussione sui loro problemi”.

    Speranze e sfide si affrontano nell’unità e nello scambio:

    “It’ just wonderful to be part…"
    Queste sono parole di mons. José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles, che confida quanto sia straordinario per lui, che è alla prima avventura sinodale, ritrovarsi parte di una Chiesa che riflette e discute e, sottolinea, dà tanta importanza al ruolo del laicato. E di laicato e di parrocchia parla in particolare l'arcivescovo maggiore Schevchuk:

    “La parrocchia è questo luogo dove oggi la Chiesa può aiutare le famiglie a trasmettere la fede cristiana alle nuove generazioni e lo è perché la fede può essere trasmessa solo dai credenti che la vivono. La parrocchia è questo luogo di incontro con il Cristo vivente, risorto, presente nella Chiesa”.

    Su sollecitazione dei giornalisti, poi, il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa spiega:

    “Ci sono molti nuovi movimenti da noi. Naturalmente, bisogna mettere un po’ di ordine, perché altrimenti ognuno comincia a fare ciò che vuole e c’è disordine nella casa. Normalmente, i vescovi sono aperti, i nuovi movimenti fanno il loro lavoro senza difficoltà ma ogni tanto c’è qualcuno che vuole imporsi al vescovo… Ciascuno faccia il suo lavoro e poi le cose andranno bene!".

    In sostanza, tutti ribadiscono la sfida: indicare la strada di verità e bellezza della fede.

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    Sinodo. Mons. Moraglia: la nuova evangelizzazione comunichi una fede amica della ragione

    ◊   La nuova evangelizzazione riservi maggior spazio alla catechesi, con speciale attenzione alla complementarietà tra fede e ragione. Il tema è stato portato all’attenzione del sinodo nei giorni scorsi dal Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, che ha denunciato il “complesso di inferiorità” vissuto da molti cristiani nei confronti della modernità a causa del non risolto conflitto tra fede e ragione. “Il silenzio del cattolico-medio, nel dare ragioni della sua speranza – ha detto il presule – è fragorosissimo”. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – Credo che il complesso di inferiorità sia determinato dal fatto che il cattolico non ha sempre chiaro, nel modo dovuto, che cosa è la fede. La fede non è un impiastro tra la ragione e il soprannaturale, ma la fede non è neanche un fideismo: essa è una visione totale sulla realtà.

    D. – Il connubio fede-ragione è anche una premessa per porsi in dialogo attivo nei confronti della società contemporanea…

    R. – Sì, l’uomo condivide, al di là delle culture, la sua umanità e la sua umanità può essere proprio intercettata attraverso l’elaborazione comune, per quanto possibile condivisa, delle problematiche umane. La persona non credente deve essere incontrata laddove possiamo trovare dei punti fondamentali in comune, che io ritengo essere quelli della ragione.

    D. – Quindi gli educatori, i catechisti dovrebbero comprendere che trasmettere la fede vuol dire trasmettere qualcosa di ragionevole?

    R. – Qualcosa di ragionevole, qualcosa di umano, qualcosa che difende la ragione, intesa non come un assoluto. Quindi io credo che ci debba essere, a livello di vita condivisa della comunità cattolica – ad esempio nelle parrocchie - la capacità di elaborare una fede amica della ragione.

    D. – Come trasmettere la fede oggi? Se pensiamo all’Italia: in un contesto segnato da una crisi economica, politica, valoriale…

    R. – Penso che noi dobbiamo sempre cogliere in tutte le situazioni le opportunità che quelle situazioni ci danno. Io credo che la crisi valoriale, la crisi economica, che spero non diventi crisi sociale, possa riportarci tutti all’essenziale: quando si guarda all’essenziale, si trovano anche degli elementi comuni che, quando invece c’è un’eccessiva abbondanza, vengono persi di vista.

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    Al Sinodo l’intervento di Kiko Argüello: necessaria riflessione seria sulla nostra fede

    ◊   Cristo è risorto. Questo annuncio dato duemila anni fa alle donne presso il sepolcro di Gesù, sprigiona ancora oggi la sua forza liberando l’uomo del XXI secolo dalle catene della morte. E’ l’esperienza che quotidianamente fa il Cammino Neocatecumenale, nato in Spagna quasi cinquant’anni fa, come frutto del Concilio Vaticano II. L’esperienza di questo itinerario ecclesiale, diffuso oggi nei cinque continenti, è stata raccontata nell’aula del Sinodo da uno degli uditori, il co-iniziatore del “Cammino” Francisco Argüello, Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Tutti noi uomini, per la paura che abbiamo della morte, siamo soggetti al ricatto del demonio: facciamo cioè quello che vuole il demonio: divorzi, aborti, omicidi, menzogne. Cristo, mediante la sua morte e resurrezione, è venuto a togliere questo potere al demonio: Cristo vince la morte e dona all’uomo la possibilità di una vita eterna, una vita che ha vinto la morte.

    D. – Il Cammino Neocatecumenale, annunciando all’uomo contemporaneo che Cristo è Risorto, che Dio ama l’umanità, porta in tante situazioni di morte, la Resurrezione. Come in termini concreti?

    R. – Facciamo un esempio. Una coppia si sposa: l’uomo non conosce Gesù Cristo, ha dentro di sé la morte, perché l’umanità separandosi da Dio vive in una condizione mortale. Nel momento in cui vive un conflitto all’interno del matrimonio, l’uomo o la donna non sa come risolverlo, si sente morire e decide di divorziare; se quest’uomo, è cristiano, quindi non ha dentro la morte perché dentro è guarito, affronta la situazione di sofferenza e di conflitto e non divorzia. Tuttavia tanta gente cattolica divorzia: questo perché ha bisogno di una nuova evangelizzazione.

    D. – Il Cammino Neocatecumenale, proponendo una riscoperta del Sacramento del Battesimo, dell’iniziazione dei catecumeni, rappresenta una forma di nuova evangelizzazione...

    R. – Giovanni Paolo II ha riconosciuto il Cammino e ha detto: riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica valido per i tempi di oggi. Egli ha auspicato che i vescovi aiutino questa opera per la nuova evangelizzazione.

    D. – I padri sinodali ribadiscono l’importanza dei nuovi movimenti e delle nuove comunità per la nuova evangelizzazione: essi contribuiscono a quella primavera cristiana che sta avvenendo all’interno della Chiesa. Qui al Sinodo si respira la comunione che c’è tra i singoli movimenti, nonostante le differenze, nonostante la diversità di carismi…

    R. – Noi siamo tutti amici. Io ero molto amico di Chiara Lubich, di don Giussani. Siamo in comunione anche con i Carismatici. E’ una diceria quando si vorrebbe far credere che i movimenti sono in conflitto tra loro. Non è vero, perché tutti abbiamo lo stesso Spirito.

    D. – Il suo auspicio per questo Anno della Fede da poco iniziato?

    R. – E’ importantissimo ripensare cosa sia la fede. Perché l’Europa ha perso l’orientamento? Perché sta succedendo tutto questo? Perché la gente è andata via dalla Chiesa? Dobbiamo fare una riflessione seria anche sulla nostra stessa fede e dobbiamo farla tutti: preti, vescovi, realtà ecclesiali, parrocchie. E’ un momento provvidenziale quest’anno della Fede: dobbiamo ripensare la nostra fede per portare avanti una nuova evangelizzazione.

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    Sinodo. Don Perini: le parrocchie hanno una forza incredibile, ma devono svegliarsi

    ◊   Uno dei temi ricorrenti in questi giorni di dibattito al Sinodo dedicato alla Nuova Evangelizzazione è quello della riscoperta della parrocchia come luogo privilegiato per un nuovo annuncio del Vangelo. Porta in assemblea la sua esperienza in proposito don Piergiorgio Perini, presidente dell'Organismo Internazionale di Servizio per le Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione. Fabio Colagrande lo ha intervistato:

    R. - Abbiamo avuto tante testimonianze di difficoltà, di tristezza, di fallimenti. Io posso portare una parola di speranza, anche quando la situazione degenera, fino al punto della sconfitta totale. Anche allora, se si dà spazio allo Spirito Santo, le cose non solo si aggiustano, ma si mettono effettivamente al positivo. L’elemento più significativo nella Nuova Evangelizzazione, è lo Spirito Santo - come dice anche Papa Giovanni Paolo II e Paolo VI - è l’elemento più importante per la Nuova Evangelizzazione. Senza Spirito Santo si batte l’aria, non si costruisce niente; per poter sperimentare la gioia di una costruzione nuova, dobbiamo dare spazio allo Spirito Santo.

    D. - In aula, in questi giorni, si è parlato della necessità di far tornare le parrocchie luoghi privilegiati, per la Nuova Evangelizzazione. Per la sua esperienza, quanto è importante questo aspetto?

    R. - Si è parlato di tantissimi argomenti, tutti interessanti, ma per me il cuore della situazione negativa, sta nel fatto che la parrocchia non si sveglia. È una forza incredibile quella che abbiamo attraverso le parrocchie, una forza che può risolvere infinite situazioni di difficoltà. Ma, se non ci si decide a dare spazio alla parrocchia, perché si svegli, perché esca dalla sua tranquilla, pacifica vita ordinaria e non bruci dell’azione e dell’impegno per la Nuova Evangelizzazione, si fa un lavoro inutile.

    D. - Si è detto anche che le parrocchie non possono essere semplici luoghi di servizio. Cosa significa questo?

    R. - Questo significa che la parrocchia ha in sé una vitalità, una capacità di orientare il cristiano e la comunità intera che non sempre viene sfruttata. Io, nella mia esperienza, posso dire che molte parrocchie che hanno seguito il metodo di evangelizzazione, attraverso le cellule parrocchiali, hanno cambiato faccia, una novità totale. Perché, cambia il pastore, è il cuore del pastore che finalmente mette a fuoco che il suo compito primario, fondamentale, è quello di essere annunciatore del Vangelo e di creare altri annunciatori, attraverso l’opera che lui compie sui laici.

    D. - Le parrocchie devono fare rete: questo è un altro elemento che è emerso dal Sinodo, è importante?

    R. - Anche questo è molto importante, il collegamento tra le parrocchie, in modo che ci siano momenti anche d’incoraggiamento reciproco, di verifica e costruzione. Questo è importantissimo, perché nessuno deve sentirsi isolato o solo, a lottare contro il male e a perseguire il bene.

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    I Padri sinodali in Campidoglio per una giornata di dialogo sulla nuova evangelizzazione

    ◊   "Una bella notizia": è stato questo il tema della giornata di confronto e dialogo sulla nuova evangelizzazione che si è svolta in Campidoglio questa mattina. L’iniziativa è stata promossa da Roma Capitale, in collaborazione con la Radio Vaticana, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e Hope. Ha seguito i lavori Davide Dionisi:

    Oggi il Sinodo è uscito ufficialmente dal Vaticano per proporre una giornata di confronto e di dialogo sulla nuova evangelizzazione. Lo ha fatto nella Sala della Protomoteca in Campidoglio, quasi a voler testimoniare che l’annuncio della parola di Dio è possibile anche partendo dalle istituzioni, dagli organismi che rappresentano i cittadini. E, tenuto conto del momento difficile che sta attraversando il settore politico, economico e finanziario, quello dei Padri sinodali è stato davvero un segnale forte. Ma da dove partire per inventare e costruire strade e forme nuove per annunciare il Vangelo? Lo abbiamo chiesto a mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

    “Dalla testimonianza personale e comunitaria, soprattutto da una vita santa: siccome tutti siamo peccatori, il primo passo della nuova evangelizzazione è la conversione. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato che tutti siamo chiamati alla santità e abbiamo i mezzi nella Chiesa – basti pensare ai Sacramenti – per seguire questa via di trasformazione indispensabile per essere cristiani autentici, e dunque agenti di nuova evangelizzazione. Poi, oggi abbiamo anche i moderni mezzi di comunicazione e questa gioia di essere cristiani possiamo trasmetterla anche agli altri”.

    A padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, abbiamo chiesto in che modo la Chiesa deve porsi nelle istituzioni o nelle finanze, come testimone udibile e credibile:

    “Per esempio: la prospettiva della solidarietà, della fraternità, della gratuità ti fa uscire da un modo di vivere le realtà economiche, le realtà politiche in termini di forze di potere, di rapporti di interessi di parte o personali e di vedere l’attività economica e politica e sociale nella prospettiva di un bene comune. Un bene comune superiore che è fondato proprio sul fatto che siamo figli di un unico Padre, che siamo fratelli e sorelle in questo mondo …”.

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    La storia del padre gesuita Giacomo Berthieu, martire in Madagascar. Domenica sarà canonizzato

    ◊   Padre Giacomo Berthieu fu un sacerdote gesuita innamorato di Dio e della sua gente malgascia. Venne ucciso per la sua fede nel 1896 in un piccolo villaggio del Madagascar. Domenica il Papa lo canonizzerà in Piazza San Pietro. Di questa figura Benedetta Capelli ha parlato con il postulatore della sua causa, padre Anton Witwer:

    R. - E’ sempre rimasto fedele alla fede ed è sempre rimasto fedele alla gente cristiana di quell’ambiente: voleva veramente stare con la gente malgascia, voleva riuscire ad aiutarla a rimanere fedele alla fede.

    D. - Un esempio che, secondo lei, ha dato frutti nella terra del Madagascar?

    R. - Sì, certamente. E questa è sempre stata una caratteristica della sua persona: sin dall’inizio si è sempre sentito attratto dalla gente semplice, dalla gente povera, dalla gente che più aveva bisogno. Proprio questo ha fatto maturare anche in lui la sua vocazione missionaria: prima di entrare nella Compagnia di Gesù è stato per dieci anni sacerdote diocesano. Questo suo amore per la gente, questo suo desiderio di annunciare Gesù Cristo lo ha portato nella missione. Era una persona molto semplice, molto umile e ha cercato di fare di tutto per far comprendere alla gente che Dio ci è vicino: Dio, Gesù Cristo, è vicino alla persona semplice, povera, malata.

    D. - La sua fu una morte molto violenta…

    R. - Questo è vero. Tutta la sua vita è stata una preparazione al suo martirio: era disposto a offrire la sua vita per gli altri e questo per testimoniare Gesù Cristo. Quando i gruppi di Menalamba, che volevano estirpare la fede cristiana dal Paese, lo trovarono e lo presero immediatamente, non appena videro il Crocifisso che portava al collo, gli dissero: “Ecco il tuo amuleto: è di questo che ti servi per traviare la gente?”. E la sua risposta fu: “Continuerò ancora a pregare e a far pregare per te!”.

    D. - Siamo nell’Anno della Fede: questo nuovo santo può essere un emblema per la nuova evangelizzazione?

    R. - Sì, perché la sua testimonianza è veramente una testimonianza di fede, perché la fede è espressione dell’amore per il prossimo e per Dio.

    D. - C’è un episodio particolare della vita del nuovo santo che è, per lei, emblematico?

    R. - Per motivi politici, in alcuni periodi, doveva lasciare la gente malgascia e andare a lavorare fra i soldati francesi: in lui c’era sempre il profondo desiderio di tornare, quanto prima possibile, tra la sua gente, per confortarla, per assicurarsi che potesse vivere pienamente la fede cristiana.

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    Il Papa nomina mons. Tobin arcivescovo di Indianapolis. Nomina episcopale in Canada

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo di Indianapolis mons. Joseph William Tobin, dei Redentoristi, finora arcivescovo titolare di Obba e segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. mons. Joseph William Tobin, C.SS.R., è nato a Detroit (Michigan), nell’omonima arcidiocesi, il 3 maggio 1952. Entrato nella Congregazione del Santissimo Redentore, ha emesso la Professione temporanea il 5 agosto 1972 e quella solenne il 21 agosto 1976. Nel 1975 ha ottenuto il Baccalaureato in Filosofia presso l’Holy Redeemer College a Waterford (Wisconsin); nel 1977 il Master of Religious Education e nel 1979 il Master of Divinity (Teologia Pastorale) presso il Mount Saint Alphonsus Major Seminary ad Esopus (New York). Ordinato sacerdote il primo giugno 1978, ha svolto gli incarichi seguenti: Vicario parrocchiale (1979-1984) e, poi, Parroco (1984-1990) della Holy Redeemer Parish a Detroit; Vicario Episcopale nell’arcidiocesi di Detroit (1980-1986); Parroco della Saint Alphonsus Parish a Chicago (1990-1991). Nel 1991 è stato eletto Consultore Generale dei Padri Redentoristi ed il 9 settembre 1997 Superiore Generale. È stato riconfermato in tale incarico il 26 settembre 2003. Nello stesso anno è diventato Vice-Presidente dell’Unione dei Superiori Generali. Inoltre, è stato Membro del Consiglio per i Rapporti tra la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e le Unioni Internazionali dei Superiori e delle Superiore Generali (2001-2009). Nominato Segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica il 2 agosto 2010 ed elevato in pari tempo alla sede titolare di Obba, con dignità di Arcivescovo, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 9 ottobre successivo. Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo, il francese, l’italiano e il portoghese.

    In Canada, il Papa ha nominato vescovo di Saint Paul in Alberta il sacerdote Paul Terrio, del clero dell’arcidiocesi di Edmonton, finora direttore per le Vocazioni nella medesima arcidiocesi e Presidente delNewman Theological College di Edmonton. Il Rev.do Paul Terrio è nato il 4 maggio 1943 a Montréal, Québec. Nel 1966 ha ottenuto il Bachelor of Arts presso la Concordia University di Montréal. Iscritto all’Università di Montréal, nel 1970 ha ottenuto la Licenza in Teologia e, nel 1983, l’Abilitazione per l’insegnamento presso la Concordia University di Montréal. Nel 1988 ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. È stato ordinato sacerdote il 23 maggio 1970 per l’arcidiocesi di Montréal. Dopo la sua ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale nella Cattedrale di Montréal (1970-1976); Professore al College di Montréal (1976-1983) ed al Seminario Maggiore di Brasilia (1983-1994). In seguito è stato Parroco della St Peter’s Parish di Villeneuve, Edmonton (1995-2001) ed anche Formatore nel Seminario Saint Joseph, Edmonton (1994-1997). Dal 2002 e fino al mese di agosto del 2012 è stato Parroco della Holy Trinity Parish di Spruce Grove, Edmonton. Incardinatosi nell’arcidiocesi di Edmonton nel 2001, è membro del Comitato per la Formazione e l’Educazione del Clero, Direttore dell’ufficio per le vocazioni sacerdotali e, dal giugno 2012, Presidente del Newman Theological College.

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    Unificati Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e Pontificio Consiglio della Cultura

    ◊   Dal prossimo 3 novembre la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa verrà unita al Pontificio Consiglio della Cultura. E’ quanto ha deciso il Papa con il Motu Proprio “Pulchritudinis fidei” del 30 luglio 2012, il cui testo è pubblicato nel fascicolo di agosto degli Acta Apostolicae Sedis. Una nota storica del Dicastero vaticano per la cultura spiega il contesto e gli obiettivi di questa unificazione.

    Giovanni Paolo II aveva creato due Organismi, la cui finalità specifica consisteva nel dialogo con le culture e con le arti, e la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale generato dalla fede cristiana. Il Pontificio Consiglio della Cultura venne creato il 20 maggio del 1982; poi, nel 1993, si giunse alla fusione con il Pontificio Consiglio per il Dialogo con i Non Credenti, così che il Dicastero della Cultura assumeva anche la finalità del dialogo con il mondo della non credenza.

    La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa è stata creata da Giovanni Paolo II nel 1993. In essa confluivano le esperienze maturate precedentemente. Infatti Pio XII aveva istituito, nel 1952, la Commissione Centrale per l’Arte Sacra. Giovanni Paolo II, da parte sua, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus (28 giugno 1988), l’aveva poi trasformata nella Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e Storico della Chiesa, collegandola alla Congregazione per il Clero. Infine, con il Motu proprio Inde a Pontificatus (25 marzo 1993), lo stesso Giovanni Paolo II, sottolineando l’esigenza di “uno stretto rapporto tra il lavoro di codesto Pontificio Consiglio della Cultura e l’attività a cui è chiamata la Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e Storico della Chiesa”, ne cambiava la denominazione in Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, collegandola non più alla Congregazione del Clero ma, appunto, al Pontificio Consiglio della Cultura.

    L’unificazione dei due Organismi – spiega la nota - suggella, così un percorso di convergenza, attuato anche negli ordinamenti di molte Nazioni, verso una visione culturale ampia e articolata nella sua organicità e unitarietà, in cui anche lo straordinario patrimonio storico-artistico della Chiesa, prodotto lungo i secoli, con le sue più specifiche esigenze di tutela, conservazione e valorizzazione, riceve una sua più degna collocazione nell’ambito della attività culturali promosse dalla Santa Sede.

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    Mons. Mamberti riceve le Lettere credenziali del nuovo ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede

    ◊   Il nuovo ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede, Carl-Henri Guiteau, è stato ricevuto oggi dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, al quale ha consegnato le lettere che lo accreditano nella sua carica. Guiteau aveva presentato le Lettere credenziali a Benedetto XVI il 6 luglio 2009, in qualità di Inviato straordinario e plenipotenziario di Haiti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, i profughi siriani, sui quali incombe la minaccia dell'inverno.

    Ristoro e vigili del fuoco sotto il Cupolone: in cultura, Pietro Zander sui restauri della Tribuna sud della basilica vaticana e di una fontana posta a quaranta metri di altezza sulla terrazza settentrionale di San Pietro.

    Aspettando l'estate: Giuliano Zanchi su Rouault e Matisse esposti al Museo di Bergamo in occasione del cinquantenario del Vaticano (entrambe le opere sono del 1952 ma già racchiudono il senso di una stagione che si apriva).

    In bilico sulla sedia gestatoria: anticipazione del saggio - in uscita su "Civiltà Cattolica" - di Giovanni Sale su Giovanni XXIII e i tre anni che precedettero il concilio nel diario di padre Roberto Tucci, direttore in quegli anni della rivista dei gesuiti.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Istantanee della storia nell'isola di Afrodite": vasi, sculture e monili in mostra al Quirinale per raccontare sette millenni di storia di Cipro.

    Nell'informazione religiosa, un articolo dal titolo "Una legge che ferisce l'Uruguay": prime reazioni dei vescovi alla legalizzazione dell'aborto".

    Una bella notizia per Roma: in Campidoglio l'incontro e la testimonianza dei padri sinodali.

    Nell'informazione vaticana, gli interventi dei padri sinodali.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, si lavora a una tregua. L'analista: è un test per futuri accordi con Damasco

    ◊   In Siria, proseguono le schermaglie armate con la Turchia, mentre il conflitto interno continua a provocare vittime. Di fronte a questa situazione, sempre più difficile, non si affievolisce la speranza della comunità internazionale di trovare una via d’uscita alla crisi. C’è attesa per la nuova tregua che il mediatore di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, proporrà sabato prossimo a Damasco. Favorevole all’ipotesi l’Iran. Ma quali gli ostacoli ad un cessate-il-fuoco in Siria? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Paolo Quercia, analista internazionale.

    R. - Per adesso si sta lavorando su un cessate-il-fuoco, in occasione di una festività, che dura pochi giorni, per cui è presto per parlare di tregua. In realtà, è un importante test per verificare se ci sia la possibilità di un accordo politico, perché i principali Paesi coinvolti nel conflitto siriano, soprattutto quelli regionali - Iraq, Iran, Egitto e Arabia Saudita - stanno cercando di verificare un accordo politico. Quindi, la tregua servirà anche a questo, e probabilmente anche a verificare se nel fronte antigovernativo esistono gruppi che non vogliono portare avanti una tregua.

    D. - C’è l’assenso non dichiarato delle grandi potenze, sia quelle che appoggiano Assad sia quelle contrarie al regime di Damasco?

    R. - Sì, sembra che ci sia, seppure informalmente. Quindi, questa è la principale differenza rispetto ai tentativi precedenti. Questa volta sembra, dunque, più vicina la possibilità di una tregua, perlomeno di un’interruzione dei combattimenti.

    D. - Se da una parte Brahimi ha come interlocutore il governo di Damasco, dall’altra c’è una schiera di oppositori al regime con anime diverse. Questa è una difficoltà in più?

    R. - Esatto. Io credo che la tregua servirà anche a verificare se tutte le componenti antiregime la rispetteranno. Quindi, che livello di coerenza ci sia tra gli oppositori. Perché poi, in realtà, anche la componente militare unisce gruppi di combattimento, che hanno agende molto diverse tra di loro e sostegni internazionali molto diversi tra di loro, fino a movimenti che possiamo definire jihadisti e che quindi hanno agende molto diverse. Per cui, questa è la grande difficoltà: da un lato, c’è un regime che può essere identificato e, per quanto riguarda la parte antigovernativa, c’è una grande difficoltà di identificare l’interlocutore.

    D. - L’aggravarsi in maniera esponenziale del dramma umanitario potrebbe accelerare l’ipotesi di un cessate-il-fuoco?

    R. - Sicuramente, si registrano almeno 300 mila sfollati nei Paesi vicini, di cui 100 mila in Turchia. Il governo turco ha mandato dei segnali all’Europa, facendo presente che di questo problema dei profughi - che la Turchia, ma anche la Giordania e il Libano stanno gestendo ormai da circa 19 mesi - l’Unione Europea non si sta facendo carico e che pian piano bisognerebbe anche iniziare a porre il problema di un aiuto europeo per questo dramma umanitario. Sicuramente, questo è un elemento che può favorire ulteriormente il clima di una possibile tregua.

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    Crisi Ue. Berlino: sì a diritto di intervento sui bilanci nazionali. Vertice a Bruxelles

    ◊   Mercati europei piatti in attesa dell’apertura del vertice a Bruxelles dei capi di Stato e di governo dell'Unione. Ancora in calo gli spread, mentre la Germania fa sapere di essere favorevole ad accordare "un effettivo diritto di ingerenza sui bilanci nazionali". La Grecia, intanto, si ferma per lo sciopero generale, il secondo in settimane, per dire basta alla politica di austerità messa in campo dal governo di Samaras. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    “Dare all'Europa il diritto di intervento sui bilanci nazionali". Parola della cancelliera tedesca, Angela Merkel, che non manca di sottolineare davanti al Bundestag la necessità di avere un commissario unico per l'euro e di rafforzare il parlamento europeo. La cancelliera, però, propone anche un fondo di solidarietà per investire nei Paesi membri, ricavato per esempio dalla "tobin tax", e auspica che “la Grecia non esca dall’euro”. Messaggio importante per il governo di Atene, che ha bisogno di una potente iniezione di fiducia, anche per contrastare l’ondata di contestazioni popolari che stanno gettando la nazione nel panico. La giornata odierna ne è la dimostrazione più concreta: il secondo sciopero generale in tre settimane, un intero Paese paralizzato dalle proteste anti-austerità e violenti scontri ad Atene tra polizia e black bloc. Istanze, quelle del popolo ellenico, che rischiano di passare in secondo piano, anche a Bruxelles, dove oggi e domani si riuniranno i capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi europei. Un appuntamento “di tappa”, lo hanno definito gli analisti, da cui non dovrebbero uscire – almeno secondo l’agenda dei lavori – decisioni concrete né sulla Grecia, né sulla Spagna, altro anello debole d’Europa. Qui, una boccata d’aria è giunta stamattina in seguito all’asta di titoli di Stato, che ha visto la collocazione di 4,61 miliardi di bond, con i tassi in calo su tutte le scadenze.

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    Uruguay: depenalizzato l'aborto. La Chiesa: legge contro il primo dei diritti, il diritto alla vita

    ◊   In Uruguay, il Senato ha approvato ieri la legge sulla depenalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza. La Chiesa uruguayana ha espresso il suo “profondo dolore” per una normativa che “in pratica – afferma - legalizza l'aborto”. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Vicariato della Famiglia e della Vita dell'Arcidiocesi di Montevideo sottolinea in una nota che “questa decisione va contro il primo diritto umano che è il diritto alla vita, è in contrasto con la Costituzione”, è “un’aggressione all’essere umano innocente - e pertanto a tutta la società uruguaiana nel suo complesso - ed è un'offesa a Dio Creatore”.

    Eravamo orgogliosi – prosegue la nota – “di essere uno dei primi Paesi ad abolire la pena di morte”, ma oggi “è un giorno triste per l'Uruguay, un Paese che è stato un rifugio per molte persone che sono venute in cerca di nuove opportunità, una società in cui molti hanno trovato dei motivi per continuare a vivere” e “ora nega ad altri uruguayani il diritto di vivere. La legge approvata dal Senato è una ferita inferta alla nazione, alle più nobili tradizioni della nostra terra”.

    “La Chiesa – aggiunge il comunicato - comprende il dramma che molte coppie e specialmente molte donne vivono di fronte ad una gravidanza non desiderata, ma ha sempre affermato che questa situazione sfida tutti coloro che sono coinvolti - le famiglie, la società civile e le autorità - a trovare soluzioni che rispettino la vita”.

    Inoltre, spiega l’Arcidiocesi di Montevideo, “se il fatto che con l'aborto una vita umana venga eliminata non registra l’unanimità delle opinioni - anche se la scienza lo dimostra - il solo dubbio che questo genera dovrebbe essere sufficiente per fermare la sua approvazione”. E “i vari eufemismi con cui si maschera questa legge non toglie nulla alla gravità di ciò che è stato approvato”. Ma “poiché abbiamo fiducia in Gesù Cristo, Signore della vita e della storia – conclude la nota - continuiamo a guardare al nostro futuro con speranza, contribuendo alla difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale”.

    La legge - approvata ieri grazie al voto dei senatori della coalizione di centrosinistra, al governo – prevede l’aborto fino alla 12.ma settimana e in altri casi fino alla 14.ma, previa consultazione con una commissione di medici, psicologi e assistenti sociali. L’aborto potrà essere invece direttamente autorizzato in caso di rischio grave per la salute della madre, stupro o possibili malformazioni del nascituro. L’Uruguay, dopo Cuba (1965) e la Guyana (1995), è il terzo Paese dell’America Latina a legalizzare l'aborto.

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    Ddl corruzione. Catricalà: no "ping pong" tra le Camere. Il parere di Alberto Vannucci

    ◊   Il ddl sulla corruzione approvato ieri da Palazzo Madama. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, spera che non ci sia alcun ping pong tra Senato e Camera, perché – ha detto “tra le prime cause di mancato investimento estero in Italia c'e' proprio la corruzione”. Per la Ue questo provvedimento può migliorare il clima per le imprese. Alessandro Guarasci ha sentito Alberto Vannucci, professore di Scienze Politiche a Pisa ed esperto del settore.

    R. – Finalmente a 20 anni da "Mani pulite", si configura un intervento normativo organico, pur con le molte ombre che sono state evidenziate e che anch’io tendo a rilevare. Ci si fa carico di un problema che in Italia è endemico, diffuso capillarmente, e che finora era stato oggetto di una sorta di rimozione forzata dall’agenda politica.

    D. – Da molti viene giudicato un compromesso al ribasso il fatto che sia stata rinviata l’incandidabilità dei condannati in via definitiva con pene superiori ai due anni. Ci sarà una legge delega?

    R. – Si delega a un eccessivo intervento del governo, che comunque - visti i paletti posti dal disegno di legge - prevede comunque un intervento soltanto su condanne definitive e superiori ai due anni. Ma sappiamo bene che in molti casi la complessità e la durata dei procedimenti è tale per cui molti soggetti politici, che sono comunque inquisiti e fortemente compromessi, potrebbero comunque avere una possibilità di inserirsi nelle liste elettorali e quindi venire eletti.

    D. – Arriva la figura di un "super commissario": è una figura che può essere davvero efficace, secondo lei?

    R. – Temo proprio di no, perché, di fatto, sarà un super burocrate che andrà in qualche modo a controllare e a verificare l’adempimento formale da parte delle varie amministrazioni. Il rischio è quello di sovraccaricare di ulteriori pratiche, procedure, compiti e incombenze, una amministrazione pubblica che già fatica a gestire i carichi di lavoro ordinari. Non s’incide sulla realtà del fenomeno, se non si prevedono poteri ispettivi.

    D. – Non si è intervenuti, per esempio, sul falso in bilancio, però nasce il reato di corruzione tra privati. Insomma, un primo passo, secondo lei?

    R. – Introdurre il reato di corruzione privata era in qualche modo vincolante per l’Italia, vista la Convenzione europea che dovevamo ratificare da più di 12 anni. Di fatto, questa figura che si è introdotta di corruzione privata copre una realtà estremamente ampia, perché le tangenti non sono soltanto quelle che si pagano a funzionari, a politici. Le tangenti purtroppo sono anche quelle che inquinano i processi di mercato, quindi i rapporti fra soggetti privati. L’inserimento di questa disposizione prevede, da un lato, la possibilità soltanto di intervenire su querela di parte - e molto spesso sia i corrotti che i corruttori privati non hanno alcun interesse a denunciare questo tipo di fatti illeciti - dall’altra, la pena massima prevista è di appena tre anni, il che significa che la durata della prescrizione è di solo sei anni e che non è possibile per la magistratura intervenire con attività, come le intercettazioni telefoniche, per scoprire questo tipo di reati.

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    Giornata europea contro la tratta di esseri umani: 12 milioni le vittime nel mondo

    ◊   Si celebra oggi la Giornata europea contro la tratta di esseri umani, reato tra i più gravi a livello mondiale, violando i diritti delle persone, costrette ai lavori forzati, in massima parte sfruttate a scopi sessuali. Un’industria illegale che frutta miliardi di dollari. Di questi temi, hanno discusso in questi giorni a Londra parlamentari europei ed esperti. Tra le associazione chiamate a partecipare l’Ecpat, in prima linea nella lotta al traffico, alla pornografia e alla prostituzione infantile. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Si stima siano nel mondo 12 milioni le persone "trafficate", per l’80% sfruttate a scopi sessuali, in massima parte donne, 2 su 10 minorenni, in balia di organizzazioni criminose. Il fenomeno è diffuso in tutti i Paesi del mondo, che esportano e importano moderni schiavi. L’Europa non fa eccezione. Quasi tutti i Paesi sono mete della tratta, che giunge dall’Asia orientale, dal Sud America, dall’Africa occidentale, in particolare dalla Nigeria, ma soprattutto dal centro, sud ed est europeo. Fabio Bellumore, portavoce dell’Ecpat-Italia:

    R. – In Europa, si dice che il 79% delle vittime siano femmine, di cui il 12% minorenni, mentre il 21% sono uomini di cui il 3% minorenni. La tratta di persone, di esseri umani e in particolare di bambini è un triste mercato: si calcola che in Italia, sull’intera fascia di donne prostituite, tra il 7 e il 10 % siano minorenni.

    D. – L’Unione Europea nel giugno scorso ha varato un piano per contrastare questa vergognosa attività. Quali sono i punti principali?

    R. – I punti sono: una migliore identificazione e protezione delle vittime, un perseguimento crescente dei trafficanti, lo sviluppo di sistemi di protezione dell’infanzia, la creazione di unità nazionali preposte all’applicazione della legge sul traffico di esseri minori e la creazione di squadre investigative comuni. Ecpat-Italia sostiene da tempo che il traffico di persone e il traffico di minori è un racket di cui bisogna seguire i soldi. Se si mettesse insieme una cooperazione, cioè un’azione congiunta dei vari Stati, un’azione giudiziaria congiunta, si potrebbe veramente lavorare meglio. Questo è quello che noi abbiamo detto anche a Londra nel Parlamento inglese, dove il presidente di Ecpat Italia era presente, l’altro ieri e ieri.

    D. – Quindi, trattare questo fenomeno come una vera e propria attività di criminalità organizzata?

    R. – Sì, esatto: bisogna trattarlo in questa maniera.

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    Presentata la Giornata mondiale sull’osteoporosi, sullo slogan "Cattura la frattura"

    ◊   “Cattura la frattura”: è il nome dello slogan promosso dall’International Osteoporosis Foundation e da "Firmo", fondazione Raffaella Becagli, in vista della Giornata mondiale dell’osteoporosi, che ricorre il 20 ottobre. Si calcola che nel mondo ogni 3 secondi avvenga una frattura per un totale di 9 milioni all’anno. Ma fare prevenzione si può, come ricordato oggi nella conferenza stampa di presentazione della Giornata, alla quale ha preso parte anche l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. L’ha seguita per noi Debora Donnini:

    A volte una semplice frattura al polso può essere un campanello d’allarme per fare prevenzione e, così, evitare altre fratture: in una parola bisogna trattare la fragilità. E’ questo l’obiettivo dell’International Osteoporosis Foundation e della fondazione "Firmo" per la Giornata mondiale dell’osteoporosi, una malattia caratterizzata da una riduzione della massa ossea e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo con conseguente aumento del rischio di frattura. Una malattia che solo in Italia colpisce circa 4 milioni e mezzo di persone. Sentiamo l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari:

    “Vorrei essere vicino non soltanto a questo tema, ma a tutte queste persone che, in tutto il mondo, sono colpite da questa malattia. Adesso è in corso il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione e penso che anche qui ci sia un’occasione per evangelizzare queste persone: le loro sofferenze devono offrirle per gli altri e, come ha scritto Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica 'Salvifici Doloris', far bene a chi soffre è far bene alla propria sofferenza”.

    Sono in aumento le fratture di femore degli anziani in Italia, ma c’è una notizia positiva: sono in costante diminuzione le fratture di femore nelle donne tra 65 e 74 anni di età. Bisogna dunque puntare sulla prevenzione. Sentiamo la prof.ssa Maria Luisa Brandi, ordinario di endocrinologia all’Università di Firenze e presidente della fondazione "Firmo" per la ricerca sulle malattie ossee:

    R. – Parliamo un po’ di numeri italiani: una donna su cinque, entro i 60 anni, ha già l’osteoporosi; abbiamo circa 100 mila fratture di femore nei pazienti sopra i 65 anni e un totale di tutte le fratture negli ultrasessantacinquenni - quindi fratture in persone più fragili - di circa 500 mila. Se l’osteoporosi è già una condizione che è spia di fragilità ossea, la frattura è già una fragilità dichiarata. Quindi, quando c’è una frattura, il paziente deve avere una diagnosi e deve avere un percorso terapeutico e di prevenzione. Se questo non lo facciamo nei fratturati - come sta avvenendo oggi perché noi trattiamo 2 donne fratturate su 10 - il 50 per cento dei pazienti fratturati di femore, quando noi li ricoveriamo, hanno già avuto un’altra frattura, la fragilità, ma non lo sapevano.

    D. – L’osteoporosi colpisce per lo più le donne?

    R. – In Italia l'osteoporosi riguarda circa 3 milioni di donne e un milione e mezzo di uomini, per un totale di circa 4 milioni e mezzo di persone. Anche gli uomini sono colpiti, lo sanno di meno ma naturalmente sono colpiti in numero inferiore.

    D. – Come si può fare prevenzione e qual è il ruolo della vitamina D, di cui si parla molto in questo periodo?

    R. – La prevenzione è anzitutto nello stile di vita perché quando noi preveniamo, facciamo una prevenzione che chiamiamo primaria, in cui l’introito di calcio deve essere quello raccomandato per l’età, il movimento deve essere raccomandato e deve essere fatto tutti i giorni e naturalmente la vitamina D deve essere in quantità adeguate. E questo perché la vitamina D è l’ormone che ci fa assorbire calcio a livello intestinale. Allora sapere se si hanno livelli adeguati di vitamina D è complicato, per esempio per le persone giovani, perché non vengono sottoposte a test. Le persone giovani sono quelle che noi oggi consideriamo perfette, perché sono giovani, si espongono alla luce, ma fra le persone giovani ci potrebbero essere anche persone che non hanno una quantità sufficiente di vitamina D.

    D. – Quindi la vitamina D è molto legata all’osteoporosi?

    R. – Sì, perché è l’ormone che ci fa assorbire calcio a livello intestinale, che è il minerale fondamentale per la mineralizzazione dello scheletro.

    D. – Come si forma la vitamina D?

    R. – La vitamina D si forma sotto la pelle e sotto l’influenza dei raggi del sole ed è per questo che si dice per 10 minuti al giorno di esporre il collo, il volto e possibilmente gambe e braccia - cosa che nel periodo invernale diventa più difficile - senza protettori solari. Non è che dobbiamo stare tanto all’aria aperta, ma un po’ tutti i giorni: altrimenti di inverno rischiamo di avere un po’ di insufficienza e allora dovremmo dare della vitamina D. Questo oggi è raccomandato per le donne dopo la menopausa, ma non è certo raccomandato per i giovani.

    D. – Però somministrare la vitamina D comporta dei rischi e va fatto quindi con molta cautela? Può essere tossica?

    R. – Può essere tossica a dosaggi molto alti. E’ molto difficile avere una tossicità con i dosaggi oggi a disposizione e quelli raccomandati nella popolazione di età avanzata. Quindi la tossicità la escluderei, però non vanno prese comunque integrazioni senza sapere di averne bisogno. Questo mai!

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    Festival di musica e arte sacra: sette concerti dedicati all'Anno della Fede

    ◊   Sarà dedicata all’Anno della Fede l’11.ma edizione del Festival internazionale di Musica e Arte sacra, presentato oggi a Roma ed in programma dal 2 al 13 novembre prossimi. Si rinnova dunque il prezioso impegno della Fondazione diretta da Albert Courtial sia di far risuonare il repertorio sacro nelle basiliche patriarcali romane, affidandolo a complessi prestigiosi, sia di promuovere la tutela di questi luoghi con un importante lavoro di restauro. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Una rarità apre il Festival il 2 novembre nella Basilica di Sant’Ignazio di Loyola: è l’ottocentesca Messa da Requiem del romano Giovanni Sgambati, sofferta e autentica spiritualità in una pagina dedicata alla memoria di re Umberto I. Esecuzione d’eccezione invece, seppur privata, l’11 novembre nella Cappella Sistina: un omaggio al Papa da suo fratello Georg Ratzinger, sacerdote e autore della Missa Anno Santo, opera teologica voluminosa per densità armonica e spunti tematici, che arricchisce ed eleva, come è nella finalità del Festival. Il cardinale Angelo Comastri, presidente onorario della fondazione pro musica e arte sacra:

    “E’ una musica che nasce dalla fede e quindi è una musica che attira anche alla fede. Tutto quello che c’è nella Chiesa, infatti, di artistico, non è altro che l’espressione, la bellezza interiore, che si traduce in forme esteriori”.

    E dall’Anno della Fede ispiratore e destinatario di questa edizione nasce un auspicio particolare:

    “Se cresciamo nella fede, veramente la società diventerà una bella melodia, un canto a più voci, dove non ci sarà nessuna stonatura. Io mi auguro che, veramente, il Festival invogli tutti a mettersi in sintonia con Dio, per essere una bella armonia nel mondo”.

    Eminenti gli ospiti internazionali, al fianco delle formazioni del teatro dell’opera e della Roma Sinfonietta. Dalla Germania, arriva lo Johann Rosenmüller Ensemble con il Bach Chor Siegen, dall’Inghilterra il coro della Cattedrale di Westminster, impegnato sulla polifonia romana e la musica corale cattolica delle isole britanniche, rispettivamente l’11 e il 12 novembre. Tutto mozartiano sarà invece il programma dei Wiener Philarmoniker, a Roma, il 13 novembre, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, nella formazione da camera insieme al soprano Chen Reiss. In tutto, sette concerti, a cavallo di oltre cinque secoli di musica, a cui si accompagna l’arte da valorizzare e tutelare l'arte, come è successo quest’anno col restauro che ha ridato lustro all’intero prospetto meridionale della Basilica di San Pietro e alla Fontana della Burbera, all’ombra del Cupolone, che porta la firma del Valadier. Restauro importantissimo e momento di felicità per la Fabbrica di San Pietro, come sottolinea il direttore scientifico dei lavori, Pietro Zander:

    Quest’anno, esattamente nell’anno in cui ricorre il IV centenario dal completamento della facciata, si è concluso il restauro del prospetto sud, quindi dalla parte dell’attuale via Gregorio VII: una superficie di 14 mila metri quadrati, di cui quest’anno si è restaurato l’ultimo lotto, il terzo lotto, ovvero la tribuna sud, che corrisponde a quella parte dell’edificio petriano, realizzato su progetto di Michelangelo Buonarroti. Insieme a questo c’è un altro restauro, altrettanto importante, più piccolo e meno appariscente, che è il restauro di una fontana che si trova nella parte più alta della basilica, in un posto molto suggestivo e bello, ed è una fontana della fine del ‘700, risistemata nel 1826 dall’architetto Giuseppe Valadier. E’ la fontana che portava l’acqua sulla sommità della basilica e che riutilizza un sarcofago, rinvenuto sulla via Cassia, che è il sarcofago della mamma del vicecomandante dei vigili del fuoco dell’antica Roma. E’ importantissimo restaurarlo, come anche il restaurare il prospetto esterno della basilica, nell’Anno della Fede, in quanto si restaura un luogo che è il luogo dove da sempre converge la devozione da ogni parte del mondo”.

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    Roma. Aperto il Salone dell'Editoria sociale "Le Americhe e noi"

    ◊   A Roma si è aperto questa mattina, nel cuore del quartiere Testaccio, il Salone dell'Editoria sociale, un'iniziativa in corso fino a domenica 21 ottobre voluta da un coordinamento di varie realtà giornalistiche ed editoriali, sensibili ai bisogni della società. “Le Americhe e noi” il tema scelto come focus per il programma di questa quarta edizione. La collega Silvia Koch ha intervistato Giuliano Battiston, giornalista freelance e curatore del programma, sulla natura del progetto e degli appuntamenti in calendario:

    R. – Abbiamo coltivato questa idea con un proposito molto semplice: mettere a confronto e favorire il dialogo tra quanti operano nel Terzo settore, nel volontariato, nelle organizzazioni non governative e quanti invece lavorano nell’editoria e nella comunicazione sociale. Cerchiamo di fare questo attraverso incontri, dibattiti, presentazioni, all’interno di una cornice tematica che ogni anno è declinata in modo diverso. L’anno scorso, i temi proposti erano quelli dell’etica e della responsabilità pubblica. Quest’anno, abbiamo deciso invece di ragionare sulle "Americhe e noi". C’è ovviamente una coincidenza cronologica: c’è il fatto che il Salone si tiene a ridosso delle prossime elezioni statunitensi che ci riguardano molto da vicino. Diciamo che è un pretesto per cercare di capire il modo in cui ci siamo relazionati e ci relazioniamo agli Stati Uniti, all’intero continente americano, il modo in cui abbiamo assimilato e rielaborato alcuni modelli culturali economici e politici e lo faremo con una serie di incontri molto articolata.

    D. – Entrando nel dettaglio del programma, ci può fornire qualche pillola degli appuntamenti che si possono seguire?

    R. – Ragioneremo sull’esempio di modelli culturali più virtuosi che vengono dagli Stati Uniti, negli incontri dedicati a grandi scrittori. Poi, cercheremo di ragionare anche su modelli un po’ meno virtuosi, quelli che riguardano il modo in cui sono intese le relazioni internazionali, di questo parleremo venerdì. Domani, con due grandi osservatori della politica internazionale che saranno Robert Fisk - giornalista dell’Indipendent che segue il Medio Oriente da ormai tre decenni - e il saggista pakistano Tariq Ali, cercheremo di tracciare il bilancio di 10 anni di guerra al terrore. Sabato mattina, circoscriveremo geograficamente l’attenzione puntandola sull’Europa e cercheremo di capire quali siano le radici del populismo, un fenomeno che si sta affermando in diversi Paesi europei e che ci preoccupa molto. C’è in Europa una crisi di illegittimità istituzionale molto forte: c’è uno scatto crescente tra la politica e la società, tra la classe dirigente e il corpo dei cittadini, e i cittadini sono disillusi e disincantati. Cercheremo di capire perché con Zygmunt Bauman, uno dei più influenti pensatori dei nostri tempi, con la filosofa ungherese Ágnes Heller e con la sociologa di Varsavia Aleksandra Jasinska-Kania. L’appuntamento è per sabato mattina. Poi cercheremo anche di ragionare sui modelli economici. Siamo immersi in una crisi in cui non si vedono vie d’uscita: noi cercheremo di tracciare la genealogia della crisi, di capire perché è scoppiata, più in generale di capire i rapporti tra politica e economia, cioè come la politica può indirizzare e orientare le scelte di politica economica e perché abbiamo adottato in modo così disinvolto e il modello neoliberista.

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    Cinema. Esce "Il comandante e la cicogna", lo sguardo dei "grandi" di ieri sull'Italia di oggi

    ◊   “Il comandante e la cicogna” è l’ultimo film di Silvio Soldini da oggi sugli schermi: tra realtà e fantasia statue parlanti e personaggi veri vanno alla ricerca di un mondo migliore in una storia ariosa, corale e che guarda con speranza al futuro dell’Italia. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Sconsolato Garibaldi, immobile perché è una statua, guarda due donne che litigano per un parcheggio, una ragazzina che compie atti vandalici, un cameriere menefreghista, e riflette tra sé: “Quasi quasi era meglio che questo paese rimanesse sotto gli austriaci”. Poi ci sono Leopardi e Leonardo da Vinci che si uniscono a questa disillusa confessione. L’Italia, nel nuovo film di Silvio Soldini, non è abitata del tutto male, ma sono tante le occasioni in cui la disonestà emerge e si fa insopportabile. Con ironia e poesia due mondi coesistono: il nostro reale, non bello, e quello fantastico in cui loro, le statue appunto, hanno qualche cosa da dire, da dirci. Sconsolate, sembrano più sagge degli uomini, anche se una storia d’amore nasce, o un atto generoso spunta qua e là. Diamo alle statue qualche motivo per sperare in un futuro migliore? Lo abbiamo chiesto allo stesso Soldini:

    R. - Io credo di sì, perché: sia Leo, che Diana - che cominciano una storia d’amore alla fine del film - si trovano e cercano di andare oltre a tutto questo che noi vediamo e subiamo tutti i giorni. Credo che in questo discorso, la cicogna sia anche molto importante, perché il volo della cicogna - come dice Garibaldi - è “portator di buon auspicio”. Quando atterra sulla testa del suo cavallo, è qualcosa di molto bello da vedere e poetico, che fa forse guardare al futuro con più speranza di quella che noi riusciamo ad avere in questo momento.

    D. - Volti, vite diverse e tanti linguaggi: per quale ragione?

    R. - L’idea che ogni personaggio parlasse con una sua musicalità - tratta da un dialetto, da un’origine - viene proprio dall’idea che questo volo di questa cicogna che attraversa sia un volo sopra l’Italia, non sopra un’unica città. Quindi, mi piaceva che ci fossero delle musicalità diverse, che rappresentassero un pochino questa nazione.

    D. - Combattendo il malaffare e la disonestà, un gruppo di personaggi sono puri e difendono dei valori. Avranno la meglio. Il suo è un film ottimista?

    R. - Io credo che sia un film - più che ottimista - che cerca di dare speranza, che forse è quella che manca in questo momento, in generale, a causa anche di come sta andando l’Italia e della nostra classe politica. Credo che non sia un momento che ci dà speranza e le cose che leggiamo sul giornale a me tagliano le gambe, piuttosto che spronarmi e guardare al futuro con speranza.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Incontro di Padri sinodali sui cristiani e conflitti in Medio Oriente

    ◊   Le rivendicazioni dei popoli arabi per ottenere riforme costituzionali, economiche e sociali sono giuste e legittime, ma non lo è affatto la pretesa di imporre tali cambiamenti “dall'esterno e attraverso la forza”, come la scelta di scatenare “la violenza e la guerra” in nome di tali obiettivi. E' questo uno dei criteri di discernimento emersi durante una riunione di Patriarchi, Cardinali e Vescovi svoltasi in margine ai lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione in corso in Vaticano. L'incontro – al quale hanno partecipato, tra gli altri, i Cardinali Timothy Dolan, Leonardo Sandri, Louis Tauran e Pèter Erdő, insieme al Patriarca greco-melchita Grégoire III Laham – si è svolto lunedì 15 ottobre presso il Pontificio Collegio Maronita, su invito del Patriarca della Chiesa maronita Béchara Boutros El Raï, e ha fornito l'occasione di un confronto sul ruolo dei cristiani in Libano e in Medio Oriente nell'attuale, delicata congiuntura storico-politica. Dalla sintesi della riunione, pervenuta all’Agenzia Fides, emerge che rispetto alla crisi siriana i padri sinodali presenti alla riunione hanno concordemente auspicato che una soluzione del conflitto e la realizzazione delle riforme siano raggiunte “attraverso il dialogo e il negoziato politico e diplomatico”. I presenti hanno anche ribadito che, alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate. I Patriarchi, i Cardinali e i Vescovi riuniti al Pontificio Collegio Maronita hanno anche condiviso il rammarico per la politica di alcune potenze dell'area mediorientale e occidentale che “sfruttano le proteste popolari e le loro rivendicazioni per seminare il caos e promuovere i conflitti interni e settari”, preoccupate solo di incrementare il traffico d'armi e affermare i propri interessi strategici. Tutti hanno concordato che in questa fase storica la road map per i cristiani del Medio Oriente è rappresentata dalle parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso della sua recente visita apostolica in Libano. L'invito rivolto a tutti i cristiani dell'area mediorientale è quello di “perseverare nella loro testimonianza unica di convivenza islamo-cristiana”, anche resistendo ai conflitti religiosi e culturali che vengono fomentati per miope interesse politico “da alcune potenze regionali e internazionali”. (R.P.)

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    Pakistan: il Paese è con Malala nonostante la violenza dei talebani

    ◊   Mentre la scuola di Mingora, dove studiava Malala Yousafzai, la ragazza vittima di un attentato talebano che lotta fra la vita e la morte, è stata costretta a una temporanea chiusura “per le minacce ricevute e la troppa attenzione dei media”, il fronte di tutti i movimenti talebani dell’Asia meridionale e centrale ha diffuso una dichiarazione pubblica per ribadire “la legittimità della morte di Malala”. Come riferiscono fonti dell'agenzia Fides in Pakistan, i gruppi Tehrik-i-Taliban Pakistan, Harkat-e-Islami Uzbekistan e Al-Sahab, braccio di A-Qaeda, si sono impegnate in uno sforzo congiunto per giustificare l'aggressione a Malala e ridurre l'impatto delle reazioni, interne e internazionali, contro l’atto criminoso. La dichiarazione degli estremisti ricorda che “chi denigra l’attentato a Malala, ignora abusi e uccisioni da parte dei governi degli Stati Uniti e del Pakistan”. “Malala meritava di morire perché aveva parlato contro i mujaheddin”, notano i gruppi talebani, descrivendo Malala come una “spia dell'Occidente”. Non motivano, invece, l’attacco come reazione all’impegno della ragazza per l’istruzione femminile. Padre James Channan, Domenicano, responsabile del “Peace Center” di Lahore, molto impegnato nel dialogo interreligioso, commenta a Fides: “Nonostante queste dichiarazioni degli estremisti, tutto il Pakistan è con Malala. Credo che la sua vicenda abbia scosso le coscienze e creato una nuova consapevolezza. Oggi nella società civile, nella politica, nei mass media, nell’opinione pubblica, tutti dicono di rifiutare la talebanizzazione del Pakistan. E’ cresciuto un sentimento anti-talebano”. Padre James nota: “Nel Paese di susseguono, dappertutto, manifestazioni e incontri in favore di Malala. Ogni giorno scendono in strada studenti, avvocati, gruppi femminili, mentre ci sono molti incontri interreligiosi. Tutti sostengono un Pakistan dove siano garantiti l’istruzione, le pari opportunità, i diritti delle donne, la vita e la dignità di ogni cittadino”. (R.P.)

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    Iraq: il nunzio mons. Lingua consegna ad al Sistani l'esortazione "Ecclesia in Medio Oriente"

    ◊   In un incontro avuto ieri a Najaf, il nunzio apostolico di Iraq e Giordania, mons. Giorgio Lingua, ha consegnato all‘ayatollah Al Sistani, figura religiosa più in vista della città santa sciita, l’Esortazione post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. A darne notizia è il sito Baghdadhope ripreso dall'agenzia Sir, che riporta le dichiarazioni del nunzio: “lo scopo della visita a Najaf era quello di visitare i luoghi cristiani scoperti in quella città. Al Sistani ci ha concesso una visita di cortesia durante la quale gli ho consegnato l’esortazione ‘Ecclesia in Medio Oriente’ ed abbiamo commentato il recente viaggio del Papa in Libano risultato molto significativo anche per il dialogo interreligioso. Il clerico sciita ha ricordato ai giovani che i musulmani e i cristiani, l’islam e il cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana”. Nell’incontro, inoltre, è stato sottolineato quanto i cristiani siano parte integrante ed antichissima del tessuto sociale iracheno. Tra i siti visitati da mons. Lingua che guidava una nutrita delegazione di sacerdoti e vescovi, la biblioteca di Al-Haidariyah, il santuario dell‘Imam Alī, il terzo luogo sacro in termini di importanza per gli sciiti del mondo, dopo La Mecca e Medina e i resti archeologici della città di Hira. (R.P.)

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    Nigeria. Mons. Kaigama: violenza contraria ai veri valori di cristianesimo e islam

    ◊   Ritornare ai veri valori del cristianesimo e dell’islam per creare una società nigeriana che viva nella pace e nell’armonia. È l’appello lanciato da mons. Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, nel suo intervento al Forum organizzato dalla Federal Radio Corporation of Nigeria su “Tolleranza Religiosa e Coesistenza Pacifica”. Mons. Kaigama ha sottolineato che le tre religioni monoteiste, ebraismo, cristianesimo e islam, predicano la pace e la tolleranza. In particolare l’arcivescovo di Jos ha ricordato diversi passi evangelici nei quali Gesù esorta al dialogo per risolvere le dispute, evitando la violenza. Mons. Kaigama - riporta l'agenzia Fides - ha quindi presentato alcuni esempi di solidarietà tra cristiani e musulmani, facendo riferimento anche alla sua esperienza personale. “Di recente sono stato invitato dai giovani musulmani di Jos a rompere il digiuno del Ramadan nella Moschea Centrale, mentre alcuni anni fa ho trascorso due notti a casa del compianto Emiro di Wase, Alhaji Haruna Abdulahi, e ho viaggiato con lui in Germania per due settimane, per presentare i nostri sforzi di costruzione della pace. Per me questi sono esempi di dialogo di vita che auspico per i musulmani e i cristiani” ha concluso mons. Kaigama. L’appello del presidente della Conferenza episcopale nigeriana giunge mentre il Paese è sconvolto in diverse aree dalla violenza. Ieri 30 persone sono morte nello Stato centrale di Benue in un attacco perpetrato da allevatori Fulani, in gran parte musulmani, contro un villaggio abitato da agricoltori Tiv, in maggioranza cristiani. Nei giorni scorsi a Maidugiri durante violenti scontri tra l’esercito e il gruppo islamista Boko Haram, sono state uccise almeno 24 persone. (R.P.)

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    Colombia: iniziato a porte chiuse il dialogo fra governo e Farc

    ◊   Il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui confermano l'incontro per il Dialogo di pace a Oslo, capitale della Norvegia, sia pure in ritardo rispetto al calendario stabilito in precedenza, poiché la delegazione del governo non è potuta partire in tempo dalla Colombia per i forti temporali. Infatti l'incontro, secondo la nota inviata all'agenzia Fides, avrebbe dovuto iniziare martedì scorso, invece ha avuto inizio ieri, e si svolgerà a porte chiuse. In questo primo incontro si dovrà definire una agenda dei punti principali, poi il dialogo si svolgerà nella seconda località scelta in precedenza, L'Avana, a Cuba. La Norvegia è stata presente fin dall'inizio delle trattative, per questo si è offerta di ospitare il primo tavolo di dialogo. Insieme a Cuba è così diventata garante di questo Dialogo di Pace che tutti auspicano chiuda una sanguinosa guerra interna durata 50 anni. I rappresentanti di Cile e Venezuela partecipano come testimoni di una vicenda che può diventare esemplare per altri Paesi americani. I punti da trattare, secondo la stampa internazionale, sono: la proprietà delle terre e lo sviluppo rurale, la partecipazione politica e l'opposizione, la fine del conflitto armato, il narcotraffico e il risarcimento delle vittime. La Chiesa cattolica della Colombia ha chiamato i fedeli e tutte le persone di buona volontà a pregare per il buon esito di questo dialogo. (R.P.)

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    Indonesia. Banda Aceh: chiuse 9 chiese e 6 templi buddisti su pressione degli islamisti

    ◊   Le autorità di Banda Aceh - capoluogo della provincia autonoma speciale di Aceh Nanggroe Darussalam - hanno ordinato la chiusura di nove case di preghiera cristiane e altre sei buddiste, per presunte irregolarità inerenti i permessi di costruzione. La decisione - riferisce l'agenzia AsiaNews, è giunta ieri, come annunciato dal vice-sindaco Hajjah Illiza Sa'aduddin Djamal secondo cui gli edifici erano "illegali" per la mancanza dell'Izin Mendirikan Bangunan (Imb). Come riferito dalla donna, il diritto proibisce di usare costruzioni private per "cerimonie o funzioni religiose". Il funzionario avverte che "Aceh è una regione autonoma, che prevede l'applicazione della Shariah, la legge islamica" e le case di preghiera violavano le leggi vigenti perché "prive dell'Imb". Il riferimento è all'Izin Mendirikan Bangunan (Imb), delibera scritta che permette l'apertura di un cantiere. La vicenda si complica se si tratta di un luogo di culto cristiano: serve il nulla osta di un certo numero di residenti nell'area e del gruppo per il dialogo interreligioso. Ma i progetti vengono spesso bloccati dietro pressioni di movimenti radicali islamici. La vice-sindaco Djamal ha chiesto che vengano "sorvegliate" le attività delle comunità buddiste e cristiane, perché svolgano le funzioni nei luoghi previsti. Una decisione, spiega, presa per "mantenere l'armonia interconfessionale". E aggiunge: "non rilasceremo alcun nuovo Imb per altre chiese o vihara buddisti". Il provvedimento è accolto con entusiasmo dalla frangia islamista locale. Il capo del Fronte di difesa islamico (Fpi) ad Aceh, Yusuf Al-Qardhawy, invita molte altre amministrazioni a seguire l'esempio di Banda Aceh, applicando la legge islamica e bloccando qualsiasi attività di culto non musulmana e priva di approvazione. Egli assicura il monitoraggio "continuo sul campo", per verificare che le norme vengano fatte rispettare. Fonti locali sottolineano che la chiusura dei luoghi di culto buddisti e cristiani, disposta dal comune, è conseguenza diretta della denuncia fatta dagli islamisti per l'uso "improprio" degli edifici. La provincia di Aceh, la più occidentale dell'arcipelago di Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, è anche l'unica in cui vige la shariah; il rispetto delle regole è inoltre assicurato dalla presenza per le strade della "polizia della morale", un corpo speciale che punisce le violazioni al costume. In passato sotto la guida del governatore Irwandy Yusuf - capo della guerriglia - vigeva una relativa calma e armonia interreligiosa fra maggioranza musulmana e "stranieri" di diverse confessioni non islamiche. Tuttavia, negli ultimi tempi la situazione è cambiata: sono iniziati gli attacchi contro le minoranze religiose, l'ala fondamentalista ha guadagnato sempre più potere e libertà di azione. Alle elezioni dello scorso aprile ha trionfato Zaini Abdullah, anch'egli leader della guerriglia separatista a lungo in esilio in Svezia, che ha promesso lotta alla corruzione e applicazione della legge islamica. Ed è proprio la rigida applicazione della shariah una delle condizioni poste dai ribelli indipendentisti a Jakarta, per mettere fine alla guerra armata. A testimonianza della crescente tensione interreligiosa, nel recente passato l'area è stata teatro di attacchi e violenze contro le comunità cristiane, che hanno portato alla chiusura dei luoghi di culto. (R.P.)

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    Cambogia: veglie e preghiere dei cattolici in ricordo di re Sihanouk

    ◊   La morte di re Norodorm Sihanouk era un evento "atteso", che non ha colto di sorpresa la popolazione cambogiana; "l'età avanzata e l'esilio" che si era imposto dal 2004 "lo hanno tenuto lontano dalle vicende interne, ma la gente mostra però ancora di amarlo". È quanto afferma p. Mario Ghezzi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) da 12 anni nel Paese del Sud-est asiatico, che anticipa all'agenzia AsiaNews la "veglia di preghiera di tutte le comunità cattoliche" in programma per sabato sera, 20 ottobre. Phnom Penh ha accolto listata a lutto la salma dell'ex monarca, scomparso all'età di 89 anni il 15 ottobre scorso a Pechino, dove ha trascorso per cure mediche gli ultimi anni di vita. Secondo fonti governative, quasi 100mila persone hanno assistito al passaggio della bara, durante il tragitto dall'aeroporto a Palazzo reale. La Cambogia osserva una settimana di lutto nazionale e la salma di Sihanouk resterà esposta per tre mesi, per permettere alla popolazione di dare l'estremo saluto a un politico, prima ancora di un monarca, che ha segnato la storia recente del Paese. Il governo ha bandito programmi radio e tv "gioiosi", che contrastano con il "dolore" per la perdita del re. Cancellato anche il Festival dell'acqua, in programma il mese prossimo, celebrazione caratterizzata da fiere, eventi e fuochi d'artificio che attira ogni anno milioni di visitatori. Padre Ghezzi conferma ad AsiaNews la "gran folla che ha accompagnato il passaggio della bara", nei "10 km che dividono l'aeroporto dal Palazzo reale". Il missionario racconta che "nonostante il sole cocente, molti hanno atteso anche cinque ore per veder passare la bara". Anche la Chiesa cattolica cambogiana intende onorare la memoria del defunto monarca, con eventi speciali e celebrazioni. "Sabato sera - racconta padre Ghezzi - si terrà una veglia di preghiera in tutte le comunità cattoliche del vicariato apostolico" di Phnom Penh. Nella capitale la celebrazione sarà presieduta dal vescovo emerito mons. Emile Destombes, che "ha personalmente conosciuto e incontrato più volte re Sihanouk". Il prelato racconta sempre, conclude il missionario Pime, di come il monarca gli avesse confidato che "nella sua camera da letto avesse una statua della Madonna di Lourdes, che invocava ogni sera prima di coricarsi". Intanto analisti ed esperti di politica cambogiana si interrogano sul lascito del defunto re e sul futuro della monarchia nel Paese. Se in passato re Sihanouk ha saputo guidare la nazione all'indipendenza, altri ricordano le troppe influenze esercitate dagli stranieri e la connivenza col regime dei Khmer rossi, durante il quale anch'egli ha perso cinque dei suoi 14 figli. Un tempo egli era considerato una "minaccia" per il potere del premier Hun Sen, col quale ha più volte avuto forti scontri verbali; tuttavia, la decisione di abdicare nel 2004 per il figlio Sihamoni ha contribuito a placare le acque, stemperando la lotta di potere. Oggi l'attuale monarca è visto come una figura "simbolica", senza nessuna influenza reale nella vita della nazione. Per questo i più concordano nell'affermare che il vero erede di re Sihanouk è l'attuale Primo Ministro Hun Sen, ex quadro nel regime di Pol Pot, da decenni alla guida della Cambogia e vero leader della nazione. (R.P.)

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    Myanmar: l'arcivescovo di Yangon ha aperto l'Anno della Fede

    ◊   Mons. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, ha presieduto giovedì scorso, presso la Cattedrale di Santa Maria, la solenne Eucaristia che ha aperto l’Anno della Fede nell’arcidiocesi di Yangon. In riferimento al 50° anniversario del Concilio Vaticano II, il presule ha ricordato la forza delle sfide che quell’evento ha posto alle strutture ed ai fedeli. Alla solenne celebrazione hanno preso parte sacerdoti diocesani e religiosi, consacrati e fedeli laici di tutte e 39 le parrocchie dell’arcidiocesi, per un totale di circa 1000 persone. L’evento è stato segnato anche da alcuni gesti come l’innalzamento di una bandiera fuori la cattedrale e l’accensione di un cero. All’omelia mons. Bo ha ricordato il 50° anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II. “Il Vaticano II è stato il Concilio più significativo e importante dei secoli XX e XXI della vita della Chiesa”. Ricordando le parole del beato Papa Giovanni XXIII ha detto: “La Madre Chiesa si rallegra perché Dio Padre ha gettato il suo sguardo su di noi, siamo stati unti da Dio Spirito e inviati da Dio Figlio” e ha incoraggiato i sacerdoti, i religiosi e i fedeli a lavorare sempre più per il dialogo, l’apertura, la riconciliazione e l'unità. “Il messaggio centrale del Vaticano II – ha proseguito l’arcivescovo – riguarda un ‘Cambio di atteggiamento’. Molti di coloro che lo conoscono, non l’hanno ancora attuato pienamente; molti ancora non l’hanno studiato e molti fanno finta di non conoscerlo, perché le sfide che il Concilio ha posto di fronte a noi sono piuttosto scomode per le strutture e le persone”. Mons. Maung Bo ha anche spiegato l’itinerario disposto da Benedetto XVI per l’Anno della Fede: studiare in dettaglio il Credo degli Apostoli e il Catechismo della Chiesa Cattolica; intensificare la testimonianza della carità; studiare la storia della propria fede e, in particolare, vedere come la santità e il peccato co-esistano. E ha detto ai presenti “studiate la vostra fede, condividete la vostra fede, testimoniate la vostra fede!”. In conclusione, ha esortato i sacerdoti e i religiosi “a dare attenzione alle persone, al perché dicono alcune cose, piuttosto che a quello che dicono”. Nell’Anno della Fede, i parroci sono invitati a dare la priorità al catechismo, ai fedeli nelle loro parrocchie. (A.T.)

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    Nepal: l'Anno della Fede nel segno del dialogo interreligioso

    ◊   La Chiesa nepalese dà il via all'Anno della fede indetto da papa Benedetto XVI lo scorso 11 ottobre. Alla messa celebrata lo scorso 14 ottobre da padre Robin Rai, parroco della chiesa dell'Assunzione a Kathmandu, hanno partecipato centinaia di persone, fra cui molti non cristiani. Nell'omelia, padre Rai ha invitato la piccola comunità cattolica nepalese a "rinnovare e rinvigorire la propria fede in Dio, attraverso la preghiera e agli insegnamenti della Chiesa cattolica". Durante la celebrazione - riferisce l'agenzia AsiaNews - cattolici e non cattolici hanno recitato insieme l'invocazione proposta per la celebrazione dell'Anno della fede, tradotta in lingua nepali. Per l'occasione, la Chiesa nepalese ha stampato centinaia di volantini, in cui spiega l'importanza dell'Anno della Fede anche per i non cristiani. Molti fedeli hanno sottolineato l'importanza di questa iniziativa per la popolazione. "Il Nepal - afferma uno di loro - si trova in una drammatica fase di transizione, e da Paese confessionale sta trasformandosi in una nazione laica". Tuttavia, la gente mantiene un forte senso religioso e rispetto del sacro, e si definisce "incuriosita" dalla proposta del Papa. In questi anni molti indù, soprattutto delle caste più basse, si sono avvicinati al cattolicesimo e al cristianesimo. Proprio per questo, secondo padre Rai i cattolici devono vivere quest'anno come un'opportunità per approfondire la loro fede in Dio e nella Chiesa, ed essere testimoni di fronte ai non cristiani che in modo spontaneo si avvicinano a Cristo. Dal 2006, con la caduta della monarchia di stampo indù e la proclamazione dello Stato laico, i cristiani nepalesi godono di una maggiore libertà di culto e di espressione nella società. Negli anni, il numero dei cristiani è cresciuto in modo costante, e oggi si attesta intorno ai due milioni. Anche la piccola comunità cattolica ha registrato un regolare aumento dei fedeli, che a tutt'oggi sono circa 9 mila. La Chiesa cattolica è attiva nel campo dell'educazione e gestisce 31 istituti scolastici, otto nella sola Kathmandu. Nel settore educativo sono coinvolti 65 sacerdoti, 17 religiosi e oltre 160 suore. (R.P.)

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    Taiwan: l’Anno della Fede nella diocesi di Tai Nan

    ◊   Una manifestazione nel parco pubblico della cittadina di Tai Nan per presentare le attività e l’organizzazione della Chiesa cattolica, ha aperto ufficialmente, il 13 ottobre scorso, l’Anno della Fede nella diocesi di Tai Nan dell’isola di Taiwan. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, parrocchie, istituti missionari, associazioni, scuole, la casa editrice diocesana, hanno allestito una trentina di stand per presentare la fede cattolica e il servizio della Chiesa. Oltre 3 mila fedeli hanno partecipato all’iniziativa, durata per l’intero weekend. Mons. Bosco Lin Ji Nan, vescovo diocesano, ha presieduto nel parco la solenne Eucaristia per l’apertura dell’Anno della Fede. Le autorità civili hanno preso parte alla manifestazione riconoscendo pubblicamente il contributo offerto dalla Chiesa alla società, soprattutto nell’ambito del servizio agli anziani, ai poveri, ai bambini disabili, confermando che la Chiesa “ama non solo Tai Nan, ma tutta Taiwan”. Nell’occasione Mons. Lin ha assegnato un premio ai volontari e ai religiosi che hanno servito la Chiesa con particolare dedizione. Nel pomeriggio l’imprevista visita di mons. Peter Liu, arcivescovo di Kaohsiung, è stata una felice sorpresa per tutti i presenti. Mons. Liu ha detto di essere venuto a portare “l’amicizia della diocesi sorella”, ma anche “per fare esperienza di questa bella iniziativa”. (L..F.)

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    Tahiti: i cattolici mobilitati per l'Anno della Fede

    ◊   I cattolici di Tahiti si sono mobilitati per l’Anno della Fede, esprimendo la “piena comunione” con l’iniziativa lanciata da Benedetto XVI e desiderando offrire una “testimonianza pubblica di fede”. Come riporta l'agenzia Fides dall’arcidiocesi di Papeete, oltre 500 persone si sono riunite nella cattedrale l’11 ottobre, per la celebrazione di apertura dell’Anno della Fede. Il 13 ottobre la Chiesa locale ha organizzato un grande raduno di oltre mille fra bambini e giovani che hanno gremito la chiesa di St. Paul a Mahina. Domenica scorsa, una folla di oltre 3.000 fedeli ha dato vita ad una marcia di preghiere e canti per le strade di Papeete, portando striscioni con slogan inneggianti alla fede. Come riferisce a Fides il cancelliere dell’arcidiocesi, Dominique Soupé, “è chiaro che le persone sono più che mai pronte a mostrare pubblicamente di credere in Dio”. Per i giovani, in particolare, nota il cancelliere “una tradizionale processione si trasforma in un corteo festoso, che offre una testimonianza della loro vitalità spirituale”. E la celebrazione eucaristica, nel rispetto della liturgia della Chiesa, diventa “un momento in cui la musica è pienamente coinvolta e aiuta la relazione intima fra il fedele e Cristo. La Chiesa di Tahiti – prosegue – tiene bene a mente gli obiettivi fissati dal Santo Padre per l’Anno della Fede: approfondire la fede cristiana e promuovere la nuova evangelizzazione”. Con i giovani saranno aperti nuovi percorsi specifici di fede, mentre una delle difficoltà è “ottenere una coerenza tra la vita quotidiana e gli ideali spirituali che si proclamano, cantando nei cortei”. La comunità cattolica locale, conclude il cancelliere, “confida nell’azione dello Spirito Santo e in una nuova Pentecoste per la Chiesa”. (R.P.)

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    Mali: le popolazioni del nord afflitte da conflitto e carestia

    ◊   Non solo le conseguenze quotidiane del conflitto armato ma anche le recenti alluvioni che hanno distrutto i raccolti e decimato il bestiame: è la difficile sorte che tocca alle popolazioni del Nord del Mali, un vasto territorio controllato dai gruppi armati islamici e tuareg. A lanciare l’allarme è il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), impegnato da mesi accanto alla Croce Rossa maliana nella distribuzione di aiuti alimentari destinati a circa 420.000 persone nelle regioni di Mopti, Gao, Kidal e Timbuctù. “Il cibo c’è ma il problema per quelle popolazioni rimaste senza lavoro e quindi senza soldi è riuscire a comprarlo. I prezzi sono tre volte superiori a quelli normali in questo periodo dell’anno, quello dei raccolti” dice all'agenzia Misna Germain Mwehu, portavoce del Cicr, sottolineando che la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che “a causa del conflitto nei mesi scorsi i contadini non hanno ricevuto sementi e materiale utile per coltivare che di solito arriva dal Sud del paese”. Di conseguenza i raccolti sono scarsi e “purtroppo i pochi terreni seminati sono stati allagati dalle recenti alluvioni, soprattutto quelli che si trovano nei pressi del fiume Niger, che ha rotto gli argini” aggiunge l’operatore umanitario. Inoltre molti capi di bestiame sono stati portati via dalle acque, ipotecando ulteriormente la sopravvivenza della gente che vive in zone molto estese, aride e carenti in infrastrutture. Le intense piogge, il difficile accesso ad acqua potabile e servizi sanitari adeguati hanno anche avuto conseguenze sanitarie. Il mese scorso, su 1500 pazienti ricoverati presso l’Ospedale regionale di Gao il 30% era afflitto da malaria. Da Bamako il presidente dell’Associazione maliana per i diritti umani (Amdh), Moktar Mariko, riferisce alla Misna la “situazione contraddittoria” nella quale si trovano le popolazioni delle regioni settentrionali. Da una parte, per guadagnare il consenso della gente i ribelli “non gli fanno mancare medicinali, personale medico, con volontari che arrivano anche dal Sud, e garantiscono pulizia e sicurezza nelle strade”. Dall’altra, però, i ribelli si rendono responsabili di “gravi violazioni dei diritti umani nel nome della sharia (legge islamica) infliggendo punizioni corporee estreme, prelevando ragazze e donne nelle abitazioni, tenendo le scuole chiuse e cosi via”. Sembra invece migliorare la sorte dei maliani, almeno 50.000 secondo i dati ufficiali, rifugiati nel confinante Niger. “Abbiamo superato i problemi iniziali delle abitudini alimentari dei maliani che preferiscono il riso al granoturco e bevono molto tè. Mensilmente nei cinque campi profughi ogni nucleo familiare riceve una razione alimentare che comprende olio, zucchero, riso e fagioli” dice alla Misna Tidjani Amadou, della Croce Rossa del Niger. Grazie ad accordi siglati con il Fondo Onu per l’Infanzia (Unicef) “abbiamo già aperto alcune classi per consentire ai giovani maliani di non perdere la scuola anche se vivono in condizioni piuttosto difficili per la loro giovane età” aggiunge l’operatore umanitario, sottolineando che “un’iniziale epidemia di colera è ormai rientrata”. (R.P.)

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    Ciad: bambini emigrati finalmente riuniti alle rispettive famiglie

    ◊   La maggior parte degli studenti di Corano del Ciad che si trovavano in Nigeria per motivi di studio, e che nel marzo scorso erano stati costretti a fuggire per tornare nel loro Paese a causa delle violenze in corso nel nord della Nigeria, si sono ora riuniti ai loro genitori. Circa 575 dei 1.000 giovani fuggiti dalla Nigeria - riferisce l'agenzia Fides - erano bambini, l’80% dei quali soli, in viaggio con il loro marabutto – santone musulmano – o insegnante di Corano. Per mesi sono rimasti nei villaggi di N'Gouboua, nella regione di Lac nel Ciad occidentale, dove famiglie locali, autorità del posto e agenzie umanitarie hanno fornito loro cibo, riparo e materiale scolastico. Da marzo l’Unicef, la Croce Rossa del Ciad e il Ministero degli Affari Sociali, avevano raggruppato 340 bambini con le rispettive famiglie in 48 villaggi. Secondo un rapporto dell’organizzazione Human Rights Watch, migliaia di famiglie dell’Africa occidentale mandano i propri figli ad imparare il Corano fuori dal proprio paese, sotto la guida di un insegnante religioso o di un imam. Alcuni non incontrano difficoltà, ma i minori che viaggiano da soli spesso trascorrono la maggior parte della giornata a chiedere l’elemosina invece di andare a scuola, hanno una scarsa assistenza sanitaria e a volte nessuna, cibo inadeguato, e subiscono abusi. Agli studenti di Corano è impedita una educazione formale con qualifiche riconosciute, e adesso si aggiunge anche il rischio che nella loro formazione si possano insinuare ideologie ispirate a Boko Haram. Le agenzie e il Ministero tengono sotto controllo ogni progresso fatto dai piccoli studenti quando vengono riuniti con le rispettive famiglie. E’ un processo molto difficile dato che molti bambini inizialmente sono allontanati perchè le famiglie non possono permettersi di mantenerli. (R.P.)

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    Unitalsi: le reliquie del Beato Giovanni Paolo II in pellegrinaggio a Lourdes

    ◊   Nel pellegrinaggio a Lourdes dal 21 al 27 ottobre, l’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) con circa 1.000 persone tra ammalati e volontari della sezione romana-laziale, per concessione di mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari, porterà le reliquie del beato Giovanni Paolo II. “Siamo nell’Anno della fede e in questi giorni si sta svolgendo il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, un tema che stava molto a cuore a Giovanni Paolo II - afferma Salvatore Pagliuca, presidente nazionale Unitalsi - Karol Wojtyla continua ancora oggi a influenzare la Chiesa e la gente, per questo grazie alla concessione fatta da mons. Zimowski all’Unitalsi, la preziosa testimonianza di fede, fatta dall’ampolla con il sangue di Papa Wojtyla sarà portata in processione dall’Unitalsi nel santuario di Lourdes per essere ammirata e venerata da pellegrini e fedeli di tutto il mondo”. “Per l’Unitalsi - conclude Pagliuca - la presenza del reliquiario del beato nel pellegrinaggio è un segno ricco di significati, perché rappresenta la presenza delle sue idee, dei suoi sentimenti, la presenza soprattutto dell’amore dell’uomo e del pastore che ha donato alla gente, ai fedeli e in particolare agli ammalati e disabili, come ricorderanno i nostri amici in difficoltà dell’associazione che parteciperanno al pellegrinaggio verso Lourdes”.(L.F.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 292

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.