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Sommario del 16/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: c'è "una nuova primavera del cristianesimo". Intervista inedita del Papa per il film "Bells of Europe"
  • Benedetto XVI alla Fao: soluzioni condivise contro la malnutrizione, sostegno alle cooperative
  • Sinodo, le Chiese martiri del 20.mo secolo. Mons. Bercea: ci diede coraggio la Radio Vaticana
  • Sinodo, appello per Haiti. Mons. Saturné: abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti
  • Sinodo. Interviste con il cardinale di San Paolo Odilo Scherer e padre Paolo Martinelli
  • Domenica la Canonizzazione di Giovanni Battista Piamarta, cuore immenso a servizio dei giovani
  • Anno della Fede. Commissione Teologica: il lavoro del teologo è finalizzato all'evangelizzazione
  • Nota della S. Sede: non riconosciuti né tutelati altri Ordini equestri di nuova istituzione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Vento di secessione in Europa: i casi di Scozia, Fiandre, Catalogna e Baviera
  • Giornata mondiale dell'alimentazione: "Libertà dalla fame"
  • 16 ottobre '43: Roma ricorda la deportazione degli ebrei. Le parole di uno scampato
  • Musei Vaticani. Riallestito il Padiglione delle Carrozze, c'è la giardinetta dell'attentato al Papa
  • Il ministro Riccardi inaugura l'Anno accademico dell'Ups: convivere nella divesità è un'arte da imparare
  • Alla sezione polacca della Radio Vaticana il Premio ‘Totus’ in memoria di Giovanni Paolo II
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Israele: la Knesset vota lo scioglimento anticipato. Alle urne il 22 gennaio
  • Cuba: cancellati i "permessi d'uscita" dal Paese
  • India: nel Karnataka ancora attacchi alle chiese. Il Tamil Nadu permette i riti nelle case
  • Rapporto 2012 sulla libertà religiosa: in aumento le discriminazioni contro i cristiani
  • Egitto: i cattolici del Paese a scuola di “formazione politica”
  • Usa: domenica il pellegrinaggio per la vita a Washington promosso dai vescovi
  • Usa: la voce dei vescovi sul tema della libertà religiosa e della riforma sanitaria
  • Messico: nuovo intervento della Chiesa sulla gestione delle carceri
  • Ecuador: assemblea dei vescovi su Anno della Fede e nuova evangelizzazione
  • Sudan: appello di pace dei vescovi, dopo gli accordi di Addis Abeba
  • Tanzania: arresti e impegno al dialogo dopo l'assalto alle chiese
  • Nigeria: per le alluvioni la Chiesa lancia un appello alla solidarietà nazionale
  • Thailandia: per l'Anno della Fede il cardinale Kitbunchu chiede di "aprire le porte a Cristo”
  • Giappone: messaggio dei vescovi per l’apertura dell’Anno della Fede
  • Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata del ringraziamento
  • Anno della Fede: in un libro le riflessioni di Paolo VI sulla fede
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: c'è "una nuova primavera del cristianesimo". Intervista inedita del Papa per il film "Bells of Europe"

    ◊   Ieri sera, dopo la sessione sinodale, è stato presentato a un certo numero di Padri sinodali il film “Bells of Europe – Campane d’Europa” sul tema dei rapporti fra il cristianesimo, la cultura europea e il futuro del Continente. Il film presenta estratti di una serie di eccezionali interviste originali con le maggiori personalità religiose cristiane, il Papa Benedetto XVI, il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il Patriarca di Mosca Kirill, l’Arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, l’ex presidente della federazione delle Chiese Evangeliche in Germania Huber e altre personalità della politica e della cultura. Il filo unificante del film è dato dal suono delle campane dei diversi angoli del Continente e dalla fusione di una campana nell’antica fonderia di Agnone. La colonna sonora è realizzata anche con musiche del famoso compositore estone Arvo Pärt. Anche Arvo Pärt è intervistato, e spiega come sia stato appunto ispirato dal tintinnio delle campane. Realizzato dal Centro Televisivo Vaticano in base a un’idea del Padre Germano Marani, con il supporto di diverse altre istituzioni, fra cui la Fondazione La Gregoriana, il film è ora a disposizione di RAI Cinema, che ne detiene i diritti per la diffusione televisiva e home video. Un fascicolo con i testi integrali delle interviste realizzate in occasione del film, in versione italiana e inglese, è stato distribuito a tutti i partecipanti al Sinodo. Da segnalare naturalmente anzitutto il testo dell’ampia intervista del Santo Padre Benedetto XVI, che riportiamo qui di seguito:

    D. – Santità, nelle sue Encicliche Lei sta proponendo un'antropologia forte, un uomo abitato dalla carità di Dio, un uomo dalla razionalità allargata dall’esperienza di fede, un uomo che ha una responsabilità sociale grazie alla dinamica della carità, ricevuta e donata nella verità. Santità, proprio in questo orizzonte antropologico in cui il messaggio evangelico esalta tutti gli elementi degni della persona umana, purificando le scorie che offuscano l'autentico volto dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, Lei ha più volte ribadito che questa riscoperta del volto umano, dei valori evangelici, delle profonde radici dell'Europa è motivo di grande speranza per il continente europeo e non solo. Può spiegarci le ragioni della sua speranza?

    R. – Il primo motivo della mia speranza consiste nel fatto che il desiderio di Dio, la ricerca di Dio è profondamente scritta in ogni anima umana e non può scomparire. Certamente, per un certo tempo, si può dimenticare Dio, accantonarlo, occuparsi di altre cose, ma Dio non scompare mai. E’ semplicemente vero quanto dice sant’Agostino, che noi uomini siamo inquieti finché non abbiamo trovato Dio. Questa inquietudine anche oggi esiste. E’ la speranza che l’uomo sempre di nuovo, anche oggi, si ponga in cammino verso questo Dio. Il secondo motivo della mia speranza consiste nel fatto che il Vangelo di Gesù Cristo, la fede in Cristo è semplicemente vera. E la verità non invecchia. Anch’essa si può dimenticare per un certo tempo, si possono trovare altre cose, la si può accantonare, ma la verità come tale non scompare. Le ideologie hanno un tempo contato. Sembrano forti, irresistibili, ma dopo un certo periodo si consumano, non hanno più la forza in loro, perché manca loro una verità profonda. Sono particelle di verità, ma alla fine si sono consumate. Invece il Vangelo è vero, e perciò non si consuma mai. In tutti i periodi della storia appaiono sue nuove dimensioni, appare tutta la sua novità nel rispondere alle esigenze del cuore e della ragione umana, che può camminare in questa verità e trovarvisi. E perciò, proprio per questo motivo, sono convinto che ci sia anche una nuova primavera del cristianesimo. Un terzo motivo empirico lo vediamo nel fatto che questa inquietudine oggi lavora nella gioventù. I giovani hanno visto tante cose – le offerte delle ideologie e del consumismo – ma colgono il vuoto in tutto questo, la sua insufficienza. L’uomo è creato per l’infinito. Tutto il finito è troppo poco. E perciò vediamo come, proprio nelle nuove generazioni, questa inquietudine si risveglia di nuovo ed essi si mettono in cammino, e così ci sono nuove scoperte della bellezza del cristianesimo. Un cristianesimo non a prezzo moderato, non ridotto, ma nella sua radicalità e profondità. Quindi, mi sembra che l’antropologia come tale ci indichi che ci saranno sempre nuovi risvegli del cristianesimo e i fatti lo confermano con una parola: fondamento profondo. E’ il cristianesimo. E’ vero, e la verità ha sempre un futuro.

    D. – Santità, Lei ha più volte ribadito che l’Europa ha avuto e ha tuttora un influsso culturale su tutto il genere umano e non può fare a meno di sentirsi particolarmente responsabile, non solo del proprio futuro, ma anche di quello dell’umanità intera. Guardando avanti, è possibile tratteggiare i contorni della testimonianza visibile dei cattolici e dei cristiani appartenenti alle Chiese ortodosse e protestanti, nell’Europa dall’Atlantico agli Urali, che, vivendo i valori evangelici in cui credono contribuiscano alla costruzione di un’Europa più fedele a Cristo, più accogliente, solidale, non solo custodendo l’eredità culturale e spirituale che li contraddistingue, ma anche nell’impegno a cercare vie nuove per affrontare le grandi sfide comuni che contrassegnano l’epoca post-moderna e multiculturale?

    R. – Si tratta della grande questione. E’ evidente che l’Europa ha anche oggi nel mondo un grande peso sia economico, sia culturale e intellettuale. E, in corrispondenza a questo peso, ha una grande responsabilità. Ma l’Europa deve, come Lei ha accennato, trovare ancora la sua piena identità per poter parlare e agire secondo la sua responsabilità. Il problema oggi non sono più, secondo me, le differenze nazionali. Si tratta di diversità che non sono più divisioni, grazie a Dio. Le nazioni rimangono e nella loro diversità culturale, umana, temperamentale, sono una ricchezza che si completa e dà nascita ad una grande sinfonia di culture. Sono fondamentalmente una cultura comune. Il problema dell’Europa di trovare la sua identità mi sembra consistere nel fatto che in Europa oggi abbiamo due anime: un’anima è una ragione astratta, anti-storica, che intende dominare tutto perché si sente sopra tutte le culture. Una ragione finalmente arrivata a se stessa che intende emanciparsi da tutte le tradizioni e i valori culturali in favore di un’astratta razionalità. La prima sentenza di Strasburgo sul Crocifisso era un esempio di questa ragione astratta che vuole emanciparsi da tutte le tradizioni, dalla storia stessa. Ma così non si può vivere. Per di più, anche la “ragione pura” è condizionata da una determinata situazione storica, e solo in questo senso può esistere. L’altra anima è quella che possiamo chiamare cristiana, che si apre a tutto quello che è ragionevole, che ha essa stessa creato l’audacia della ragione e la libertà di una ragione critica, ma rimane ancorata alle radici che hanno dato origine a questa Europa, che l’hanno costruita nei grandi valori, nelle grandi intuizioni, nella visione della fede cristiana. Come Lei ha accennato, soprattutto nel dialogo ecumenico tra Chiesa cattolica, ortodossa, protestante, quest’anima deve trovare una comune espressione e deve poi incontrarsi con questa ragione astratta, cioè accettare e conservare la libertà critica della ragione rispetto a tutto quello che può fare e ha fatto, ma praticarla, concretizzarla nel fondamento, nella coesione con i grandi valori che ci ha dato il cristianesimo. Solo in questa sintesi l’Europa può avere il suo peso nel dialogo interculturale dell’umanità di oggi e di domani, perché una ragione che si è emancipata da tutte le culture non può entrare in un dialogo interculturale. Solo una ragione che ha un’identità storica e morale può anche parlare con gli altri, cercare una interculturalità nella quale tutti possono entrare e trovare una unità fondamentale dei valori che possono aprire le strade al futuro, a un nuovo umanesimo, che deve essere il nostro scopo. E per noi questo umanesimo cresce proprio dalla grande idea dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio.

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    Benedetto XVI alla Fao: soluzioni condivise contro la malnutrizione, sostegno alle cooperative

    ◊   Gli effetti della crisi economica colpiscono sempre più bisogni primari e, tra questi, anche “il fondamentale diritto di ogni persona a una nutrizione sufficiente e sana, aggravando specialmente la situazione di quanti vivono in condizioni di povertà e sottosviluppo”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel suo Messaggio al direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, in occasione dell’odierna Giornata mondiale dell’alimentazione, incentrata sul tema “Le cooperative agricole nutrono il mondo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco.

    Il contesto attuale, sottolinea il Papa, "richiama le istituzioni nazionali e internazionali all’impegno per liberare l’umanità dalla fame attraverso lo sviluppo agricolo e la crescita delle comunità rurali". “Sulla malnutrizione – si legge nel messaggio – pesano un graduale disimpegno e un’eccessiva competitività che rischiano di far dimenticare come solo soluzioni comuni e condivise sono in grado di dare risposte adeguate alle attese di persone e di popoli”. Non si tratta “solo di dare sostegno alle cooperative quali espressione di una diversa forma di organizzazione economica e sociale, ma di considerarle un vero strumento dell’azione internazionale”. “L’esperienza realizzata in tanti Paesi – ricorda il Papa - mostra, infatti, che le cooperative, oltre a dare impulso al lavoro agricolo sono un modo per consentire agli agricoltori e alle popolazioni rurali di intervenire nei momenti decisionali e insieme uno strumento efficace per realizzare quello sviluppo integrale di cui la persona è fondamento e fine”.

    “Garantire la libertà dalla fame – prosegue il Santo Padre – significa essere consapevoli che l’attività delle istituzioni e l’apporto di uomini e donne impegnati può raggiungere adeguati risultati solo mediante azioni e strutture ispirate dalla solidarietà e orientate alla partecipazione”. Dando la dovuta priorità alla dimensione umana, le cooperative possono superare il profilo esclusivamente tecnico del lavoro agricolo: “Ne rivalutano la centralità nell’attività economica e così – scrive il Pontefice – favoriscono risposte adeguate alle reali necessità locali”. La Chiesa cattolica – conclude Benedetto XVI – considera anche il lavoro e l’impresa cooperativa “come modi per vivere un’esperienza di unità e di solidarietà capace di superare le differenze e perfino i conflitti sociali fra le persone e fra i diversi gruppi”. “Per questo con il suo insegnamento e la sua azione ha da sempre sostenuto il modello delle cooperative in quanto è convinta che la loro attività non si limita alla sola dimensione economica, ma concorre alla crescita umana, sociale, culturale e morale di quanti ne sono parte e della comunità in cui esse sono inserite”.

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    Sinodo, le Chiese martiri del 20.mo secolo. Mons. Bercea: ci diede coraggio la Radio Vaticana

    ◊   Il sangue dei martiri del XX secolo risvegli la vita cristiana e colmi il vuoto creato da anni di dittatura: è il significativo auspicio espresso oggi dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione, in corso in Vaticano. Al centro dei lavori, anche un messaggio di sostegno e solidarietà per la Chiesa di Haiti, da due anni impegnata nella ricostruzione del Paese, devastato dal terremoto del 2010. Il servizio di Isabella Piro:

    Sono le Chiese che hanno vissuto sulla propria pelle la dittatura del regime comunista a far risuonare la loro voce nell’Aula del Sinodo. Raccontano le difficoltà di chi è stato esposto al pubblico ludibrio, da parte dello Stato, perché professava la propria fede; parlano dell’uomo voluto dalle istituzioni inconsistente, senza Dio e senza Chiesa; citano le persecuzioni che hanno lasciato tracce profonde ancora oggi. Ma sono testimonianze forti di speranza: i martiri del XX secolo, dice il Sinodo, devono risvegliare la vita cristiana ed il desiderio di rendere ragione della fede, colmando quel vuoto creato da anni di dittatura. La nuova evangelizzazione, quindi, guardi anche a questi martiri, credibile perché hanno creduto quando la gente non credeva più in niente.

    Un’ulteriore testimonianza arriva dalla Cina: all’inizio dei lavori, il segretario generale del Sinodo, mons. Eterovic, legge un breve messaggio di mons. Lucas Ly, vescovo di Fengxiang, in Cina. Vissuto in carcere per 20 anni e liberato solo nel ’79, il presule oggi ha 90 anni ed è ritenuto un punto di riferimento per la difesa della Chiesa e della disciplina cattolica nel Paese orientale. Nel suo messaggio ai Padri sinodali, incoraggia il loro lavoro e porta idealmente al Papa la vicinanza ed il sostegno di tutti i cattolici cinesi.

    Poi, l’Assemblea dei vescovi esprime la sua vicinanza alla Chiesa e alla popolazione di Haiti, colpite due anni fa da un violento sisma. La ricostruzione del Paese sia non solo materiale, ma anche spirituale, dicono i presuli, tesa alla formazione integrale delle genti.

    Il Sinodo affronta, quindi, la questione delle scuole cattoliche: chiede che abbiano un’identità visibile e rispettata e che la religione non sia considerata una materia da studiare solo in Chiesa o a casa. Altro punto all’ordine del giorno, quelle delle istituzioni della Chiesa: bisogna comprendere quali riforme siano necessarie affinché l’evangelizzazione sia davvero credibile, dice il Sinodo. Di qui, il richiamo a dare più ascolto ai laici, pronti ad assumersi responsabilità pastorali, in particolare là dove mancano sacerdoti.

    Dall’Africa, invece, giunge il suggerimento a guardare all’annuncio del Vangelo nell’ambito dell’inculturazione perché la fede non si testimonia una volta per tutte, ma è in dialogo permanente con la cultura ed è quindi sempre dinamica ed in movimento. Ulteriori spunti affermano che la nuova evangelizzazione deve far conoscere all’uomo il volto misericordioso di Cristo e suggeriscono, quindi, la pratica del sacramento della riconciliazione affinché si esca da un’atmosfera amorale, come quella contemporanea, e si comprenda meglio il senso del peccato e del perdono.

    Sulla stessa linea anche l’invito a vivere l’Eucaristia come fonte di vita spirituale, capace di attrarre gli uomini grazie alla bellezza del divino. In quest’ottica, dall’Asia in particolare arriva la proposta di applicare il principio di sussidiarietà nella traduzione dei testi liturgici, affinché non sia esclusivamente letterale, ma tenga conto anche delle diversità culturali locali.

    Forte, poi, il richiamo a non dimenticare i poveri ed a considerare gli ospedali spazi privilegiati della nuova evangelizzazione, là dove la Chiesa è veicolo della presenza di Dio, soprattutto in un quadro preoccupante come quello odierno, in cui si vive un nuovo rapporto tra la pastorale e la bioetica. E ancora: il Sinodo non dimentica le parrocchie come fulcro dell’annuncio del Vangelo e chiede che siano rafforzati i legami tra loro, insieme alle scuole e alle famiglie, formando in modo adeguato catechisti e animatori.

    Infine, il Sinodo dà voce agli uditori, per lo più laici che operano nel settore della nuova evangelizzazione. Le loro testimonianze sono vive e vibranti: esprimono il loro punto di vista in prima persona e non nascondono le sofferenze di chi proviene da scenari drammatici, come la Siria. Il loro suggerimento è tuttavia gioioso: la partita della fede si gioca come una partita di calcio in due tempi, dicono: il primo tempo è il primo annuncio, il secondo è la catechesi. Gli evangelizzatori giochino quindi i primi quaranta minuti, mentre teologi e catechisti scendano in campo successivamente, quando si tratta di vincere la sfida.

    Ieri pomeriggio, invece, il Sinodo ha riflettuto sulle figure dei Santi: essi sono convincenti perché sono coerenti nella vita e nella fede. E la coerenza è la chiave della nuova evangelizzazione. Ogni cultura può essere evangelizzata, perché la carità – praticata dai Santi – è compresa da tutti. Soprattutto nell’epoca contemporanea, dicono i vescovi, in cui è diffusa una mentalità che disprezza la religione, la considera un ostacolo allo sviluppo e spinge l’uomo all’ateismo mascherato dall’indifferenza e alimentato anche dalle discordie interne alla Chiesa che a volte offre un cattivo esempio.

    Per la nuova evangelizzazione occorrono, dunque, nuovi evangelizzatori – sostengono i vescovi – che abbiano una fede retta, pratichino l’arte della preghiera, siano appassionati del Signore, così da non restare al margine delle sfide più urgenti della contemporaneità, come le minacce alla pace o il vilipendio dei diritti umani fondamentali, tra cui il diritto alla vita. In pratica, evidenzia il Sinodo, bisogna essere cristiani per convinzione e non per tradizione, offrendo un servizio generoso alla fede in Cristo e partendo dalla conversione personale.

    Per ottenere questo risultato, i Padri sinodali richiamano l’importanza dell’apostolato biblico, dell’omiletica e della catechesi che devono essere più coinvolgenti e parlare direttamente al cuore dell’uomo, assetato della Parola di Dio e in cerca di un vero significato per la sua vita. Anche perché, soprattutto in Africa, la nuova evangelizzazione deve fronteggiare le sètte che, con le loro promesse illusorie di salute e successo immediati, provocano una vera emorragia di cristiani dalla Chiesa.

    Sulla stessa linea, anche il richiamo a rafforzare le parrocchie e a porre maggiore attenzione al linguaggio che viene usato per evangelizzare: se troppo complicato, infatti, esso finirà per allontanare i giovani. Di qui, anche la necessità anche di una formazione spirituale per gli operatori dei media cattolici, soprattutto in un’epoca in cui i mass media in genere mirano a screditare e indebolire la Chiesa. L’idea di fondo, quindi, è quella di fare "gioco di squadra" tra laici e sacerdoti per annunciare Cristo al mondo.

    Poi, il Sinodo torna a parlare della questione della famiglia, che oggi si trova da sola ad affrontare migrazioni, urbanizzazioni, divorzi, separazioni, infertilità. Essa va invece accompagnata prima e dopo il matrimonio e, in quegli Stati in cui la Costituzione riconosce vari tipi di unioni, la Chiesa ha il diritto di dire il suo no. E sarebbe una grave mancanza, concludono i vescovi, se la nuova evangelizzazione non guardasse anche alle coppie di fatto, separate o divorziate, realtà dolorosa che coinvolge tante persone dal cuore ferito, ma desiderose di proseguire il loro cammino con la Chiesa.

    Toccanti le testimonianze ascoltate nell'Aula sinodale delle Chiese che in anni recentissimi hanno versato il sangue sotto il regime comunista sovietico per il solo fatto di professare la fede in Cristo. Al microfono dell'inviato al Sinodo, Paolo Ondarza, le parole di mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare in Romania:

    R. – Dobbiamo ritornare alla testimonianza dei nostri martiri della Romania. Dal 1948 in poi, e fino al 1964, le carceri in Romania erano piene: c’erano cattolici, ortodossi… I comunisti hanno voluto distruggere la Chiesa e gli intellettuali per poter controllare tutto. Queste persone hanno dato la vita per Cristo: i comunisti hanno cercato di trovare tanti capi d’accusa, ma non ne avevano. La loro grande colpa era quella di essere cattolici. Riusciamo a cogliere questa testimonianza forte per il nostro oggi? In realtà, non sono tanto lontani da noi, sono ancora vive le persone che li hanno conosciuti.

    D. – Ricordiamo che il martire cristiano non è un fanatico: il martire cristiano è qualcuno che non si piega nelle proprie convinzioni di fede di fronte alla prepotenza…

    R. – Erano persone con una grande disponibilità, con una grande bontà e una grande carità. Ovunque siano stati, sono diventati dei modelli: riuscirono addirittura ad addolcire il comportamento di quelli che li sorvegliavano, che prima li avevano terrorizzati… Sono morti per amore di Cristo, non con arroganza ma con umiltà e con la pace nel cuore, con serenità, convinti che questo loro comportamento avrebbe portato la vita e la speranza. Sì, perché in quei momenti, quando tutto era grigio e buio, quando i comunisti erano riusciti a trasformare il nostro Paese in un grande carcere dal quale nessuno sarebbe potuto uscire, c’era bisogno di speranza. Ora, parlando con la Radio Vaticana, io ho questo ricordo: quando i miei genitori hanno avuto la prima radio – io vengo da un piccolo paesino – siamo riusciti ad ascoltare la Messa alla Radio Vaticana. La mia mamma ha messo una Croce sulla radio e nella nostra casa sono venute tante persone e davanti alla radio ci siamo trovati come davanti all’altare. All’inizio della liturgia, ci alzavamo tutti in piedi; al Vangelo, come si usa da noi, ci inginocchiavamo. Naturalmente, non potevamo fare la comunione, non avevamo un sacerdote, ma indossavamo tutti il vestito della domenica: partecipavamo davvero alla Messa. La prima volta che ho ascoltato la liturgia è stato alla Radio Vaticana. Mentre noi partecipavamo alla Messa attraverso la radio, i nostri martiri erano dietro alle sbarre. Eravamo uniti nella preghiera: le loro preghiere dal carcere e le nostre guidate dalla Radio Vaticana. Un mio zio che poi è diventato cardinale è stato 16 anni in carcere; quando è tornato, con i capelli rasati a zero, con gli occhi fuori dalle orbite, sono rimasto così impressionato dalla sua personalità! Era alto 1,85 metri, e l’hanno tenuto tre anni in isolamento in una stanza di un metro per un metro e cinquanta, e doveva stare in piedi tutto il giorno. Questi martiri erano esposti al freddo, a -30°… Vede, queste cose parlano ancora oggi, si trasmettono: il sangue dei martiri è il seme per la nascita di nuovi cristiani.

    D. – Quello che lei sta raccontando suggerisce quanto possa essere potente il ruolo dei mezzi di comunicazione per arrivare nei luoghi nei quali è impossibile predicare il Vangelo. E anche oggi, questa sfida rimane attuale in tante parti del mondo …

    R. – E’ importante: come Radio Vaticana avete fatto del bene, e continuate a farne. Pensi, la mia mamma anni fa ci ha fatto conoscere la Santa Messa attraverso la Radio Vaticana. Adesso lei è malata, a letto, e le tiene compagnia l’ascolto della Radio Vaticana! Qualcuno l’ha definita “la Chiesa dell’etere”. Veramente, fate un bene enorme: agli anziani ma anche ai giovani, a quelli che sono per strada e ascoltano la radio in macchina, dovunque nel mondo … Continuate a farlo, e fatelo con convinzione! Anche voi attraverso la Radio Vaticana fate una grandissima opera di evangelizzazione.

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    Sinodo, appello per Haiti. Mons. Saturné: abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti

    ◊   Il pensiero dei Padri sinodali è andato anche alla drammatica situazione di Haiti tra i paesi più poveri al mondo, che, dopo il disastroso sisma del 2010 e la conseguente epidemia di colera, vive in un persistente stato di emergenza umanitaria. Al microfono di Paolo Ondarza ascoltiamo l’appello di mons. Launay Saturné, vescovo della diocesi haitiana di Jacmel:

    R. – Sono contento di parlare con la Radio Vaticana. In Haiti ci sono ancora tanti problemi, dopo il terremoto c’è stato anche il colera… Vorrei fare un appello a tutti coloro che ascoltano: abbiamo bisogno della solidarietà internazionale, della solidarietà della Chiesa. Grazie per quello che voi avete fatto per Haiti, ma il cammino di ricostruzione è ancora lungo e abbiamo bisogno della vostra solidarietà.

    D. – Non è fuori luogo parlare in un Sinodo per la nuova evangelizzazione della situazione di Haiti visto che in aula è stata ribadito come la nuova evangelizzazione passi anche per la vicinanza ai poveri…

    R. - Questo Sinodo è un’occasione per i vescovi di Haiti per capire come fare portare avanti l’evangelizzazione: in Haiti adesso cerchiamo di ricostruire le case, ma dobbiamo ricostruire anche l’uomo. Per rifare le persone abbiamo bisogno di evangelizzazione, per edificare un uomo spirituale. Quando avremo un uomo spirituale, un uomo nuovo, tutti quanti lavoreranno per un Paese nuovo e anche per una Chiesa nuova.

    D. - La sua gente così provata dalla povertà, come forse non riusciamo neanche ad immaginarci, confida nella sua presenza qui al Sinodo?

    R. – Il popolo ha fede in Dio, in Gesù Cristo, la fede nello Spirito Santo. La fede ci aiuta ad andare avanti e penso che questo messaggio valga non soltanto per i Paesi poveri, ma per tutti quanti: abbiamo bisogno della nostra fede per andare avanti.

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    Sinodo. Interviste con il cardinale di San Paolo Odilo Scherer e padre Paolo Martinelli

    ◊   Dopo una settimana di lavori sinodali, il comune denominatore della nuova evangelizzazione è emerso in Aula nelle molte sfaccettature, figlie di altrettanti universi culturali nei quali il Vangelo è andato radicandosi. A proporne una lettura è uno dei padri sinodali, l’arcivescovo di S. Paolo del Brasile, il cardinale Odilo Scherer, al microfono di Silvonei Protz, della redazione brasiliana della nostra emittente:

    R. - Anzitutto, c’è un bisogno molto sentito di evangelizzare di nuovo. Ciò non vuol dire che quel che si è fatto in passato non vale: vale, ma lo dobbiamo fare di nuovo. Non possiamo pensare che è già stato fatto, non possiamo partire dal presupposto che una volta fatto è fatto per sempre, perché i tempi cambiano, la cultura cambia, la mentalità della gente cambia e quindi noi dobbiamo evangelizzare sempre e di nuovo. Secondo: le situazioni sono molto diverse da una regione all’altra del mondo. Anche se la nuova evangelizzazione è necessaria in tutti i Paesi, in tutte le parti del mondo, i modi e gli accenti sono molto diversi: le regioni dove i cristiani sono messi a confronto, per esempio, con altre religioni – in Oriente, ma anche nell’area islamica – la gente, i cristiani, i cattolici, avvertono il problema in un certo modo. Altra è la maniera di come è sentita la necessità della nuova evangelizzazione per esempio in Europa, nell’America del Nord, nel mondo occidentale, dove i problemi sono di carattere culturale: legati piuttosto al materialismo, al relativismo, a un certo atteggiamento culturale che tralascia la religione e crede di poter trovare la felicità e infine la realizzazione piena della vita nei beni di questo mondo. Altra ancora è, per esempio, la maniera di come noi in America Latina sentiamo il bisogno della nuova evangelizzazione. Abbiamo uno sviluppo storico diverso della nostra Chiesa. Noi, per esempio, veniamo messi a confronto con i nuovi movimenti religiosi pentecostali, che ci pongono delle sfide molto severe: affermare l’identità, per esempio, della nostra Chiesa cattolica, della fede cattolica, dare alla gente la conferma della fede, dar loro questa chiarezza nella loro fede, attraverso la quale anche loro possano difendersi dagli attacchi di coloro che tentano in qualche modo di farli vacillare nella fede e far perdere la fiducia nella Chiesa cattolica. Dunque, la questione della nuova èvangelizzazione è molto ampia, molto complessa e, durante questa prima settimana, abbiamo già avuto un po’ la panoramica delle cose: quando bene c’è, ma anche quante cose richiedono un impegno ulteriore e più profondo.

    "Il cristiano non deve esser tiepido" e la fede deve divenire in noi fiamma dell'amore capace così di “accendere” il prossimo. Lo ha ricordato Benedetto XVI in apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione in corso dalla settimana scorsa in Vaticano. Di questi temi Fabio Colagrande ha parlato con uno dei partecipanti all’assemblea sinodale: padre Paolo Martinelli, frate Cappuccino, preside dell'Istituto Francescano di Spiritualità presso la Pontificia Università “Antonianum” in Roma, esperto al Sinodo:

    R. - Credo che sia un clima molto bello ed è anche una gioia grande potersi incontrare e sentire come la Chiesa sta vivendo, in questi momenti, nelle diverse parti del mondo, questa urgenza di evangelizzare e della nuova evangelizzazione. Credo che sia un incontro arricchente proprio per tutti, nella condivisione delle esperienze comuni: è molto bello potersi confrontare su una riflessione che, già da tempo evidentemente, è in atto sia a livello delle chiese locali, che anche nei centri accademici. Credo che questo confronto, il fatto di poter vivere insieme tre settimane - parlando, condividendo le riflessioni, le esperienze - sia qualcosa che stia arricchendo davvero tanto, tutti. Penso sarà un po’ come un laboratorio per il futuro.

    D. - Come francescano, esperto anche di spiritualità, qual è il suo auspicio, proprio per quanto riguarda nuovi metodi di annuncio del Vangelo. Di cosa ha bisogno, davvero, la Chiesa, in questo momento?

    R. - Credo che l’approccio - anche come è scritto nell'Istrumentum
    laboris
    - sia il fatto che il punto centrale della Nuova Evangelizzazione, non sia tanto una nuova strategia pastorale, ma sia proprio il rinnovamento dell’esperienza spirituale, cioè di un incontro nuovo e vivo con la persona di Cristo, che rimette in moto il cuore, la libertà della persona. Credo che il focus veramente sia l’esperienza spirituale, cioè: il rinnovo, il riaccadere dell’incontro con Cristo, come realtà capace di risanare, guarire, rilanciare la propria esperienza umana e di relazione con tutta la realtà. Credo che questo sia un po’ il centro di tutto.

    D. - In questo senso, possiamo anche rileggere le parole che vi ha rivolto il Papa, in apertura del Sinodo, questa condanna del “cristianesimo tiepido”…

    R. - Sì. Credo che questo sia proprio il punto fondamentale. Se si potesse dire, un po’ in sintesi, è il passare da una fede per “convenzione” a una fede di “convinzione”, perché realmente si fa l’esperienza che Cristo è Colui per il quale vale la pena vivere. Ecco, credo che questo sia il superamento della “tiepidezza”: quando si torna a riscoprire che Cristo dà senso ad ogni momento della vita.

    D. - Che significato assume l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, che coincide con l’apertura dell’Anno della Fede - per volere del Papa - ma coincide anche con questa prima settimana di lavori del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione?

    R. - Credo che - come ha ricordato il Papa, nell’omelia per l’inizio del Sinodo - veramente il Concilio costituisce il fondamento anche della stessa idea della nuova evangelizzazione: questa idea di “ridire” Cristo in modo adeguato, nel nostro tempo, perché si torni, appunto, a fare esperienza sensibile ed entusiasmante di Lui. Credo che il Sinodo abbia proprio ben presente l’evento del Concilio, come la base vera della nuova evangelizzazione.


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    Domenica la Canonizzazione di Giovanni Battista Piamarta, cuore immenso a servizio dei giovani

    ◊   Una vita spesa a servizio dei giovani e del loro futuro. E’ questa una delle molte definizioni che meglio descrivono padre Giovanni Battista Piamarta, bresciano, che il Papa domenica prossima canonizzerà in Piazza San Pietro. Fu il fondatore nel 1900 della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth e della Congregazione delle Suore Umili Serve del Signore. L’amore per i giovani culminò nella creazione dell’Istituto “Artigianelli” dedicato alla preparazione professionale e alla crescita cristiana di migliaia di ragazzi. Una figura attualissima secondo il postulatore, padre Igor Fabiano Manzillo. L’intervista è di Benedetta Capelli:

    R. - E’ un’attualità sconvolgente, perché è andato a lavorare e a vivere tutta la sua vita, la sua esperienza di vita e di santità, proprio in un campo molto particolare: il campo dei giovani, ma giovani poveri del mondo del lavoro. Quindi, il suo grande desiderio è stato quello di dare famiglia, istruzione ed un lavoro a dei ragazzi, dei giovani che non avevano altre possibilità, che non avevano prospettive. Erano ragazzi poveri, abbandonati, orfani, in giro per la città, sarebbero diventati dei delinquenti. Ecco, l’idea è proprio questa: prendere questi ragazzi e renderli protagonisti del loro futuro, cioè, dando a loro un futuro; dare un futuro a dei giovani che erano, sicuramente, sprovvisti di futuro.

    D. - Oggi, a tanti giovani che hanno bisogno di essere sostenuti, anche nel loro percorso lavorativo, che cosa può insegnare questa figura?

    R. - Padre Piamarta diceva: “Al peggior giovane della città, se tu dai fiducia, dai speranza, dai la capacità di compiere miracoli”. Se noi carichiamo i nostri giovani di fiducia e di speranza, li rendiamo capaci di fare miracoli. Ecco allora, l’idea che padre Piamarta, il pensiero che padre Piamarta può regalare ai giovani oggi, ai giovani del mondo del lavoro - così precario, così difficile: è questa grande fiducia nelle proprie capacità, perché le nostre capacità sono dono di Dio. Grande fiducia nella Provvidenza, come presenza di Dio che accompagna la nostra vita. Padre Piamarta diceva: “Io sono una piccola goccia d’inchiostro, in fondo al grande libro d’oro degli apostoli della carità”. Allora, io dico che questa goccia diventa santa: diventa santa la macchia che è stato padre Piamarta. Anche tutti noi, tutti i nostri giovani, quando, per mille problemi ci sentiamo degli scarabocchi, abbiamo la possibilità di diventare dei “bei” scarabocchi.

    D. - Che fine hanno fatto gli “artigianelli” di padre Piamarta?

    R. - Gli “artigianelli” sono oggi un grande istituto, con 700 ragazzi impegnati nella formazione professionale - di cui un 20-23% sono ragazzi extracomunitari - e con un’altra scuola media di 300 alunni. Gli “artigianelli” sono oggi Istituti sparsi nella provincia di Brescia: Istituto Bonsignori di Remedello, Istituto Piamarta di Brescia, Istituto Santa Maria di Nazareth a Brescia. E inoltre, sparsi nelle parrocchie e nelle parrocchie degli istituti del Brasile, del Cile, dell’Angola e del Mozambico. Se voi pensate che abbiamo un istituto di quattromila ragazzi poverissimi - in uno dei quartieri più poveri di Luanda - dove anche insegnare a raddrizzare un chiodo, vuol dire cominciare ad insegnare un lavoro, ecco che possiamo dire veramente che gli “artigianelli” si sono diffusi in questi Paesi, e i padri degli “artigianelli” stanno aiutando questi ragazzi a crescere.

    D. - C’è un episodio particolare al quale lei, come postulatore, si sente particolarmente legato nel raccontare, appunto, la profondità ed il carisma di padre Piamarta?

    R. - Il carisma di padre Piamarta è questa attenzione ai giovani. Non c’è un fatto in sé particolare: è il grande fatto che tutte le mattine questo prete - dalle quattro alle sette e mezzo - se ne stava in chiesa, sicuramente al buio e al freddo, perché solo da lì lui poteva tirar fuori la forza per poi vivere in mezzo a questi ragazzi, insegnare un lavoro, trovare i fondi per aiutare questi ragazzi. Di fronte al vescovo che dice: “Don Giovanni dobbiamo chiudere, perché l’Istituto è in rosso”;,padre Piamarta: “Eccellenza, morirò qui con i miei ragazzi. Se dobbiamo morire, muoio con loro”.

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    Anno della Fede. Commissione Teologica: il lavoro del teologo è finalizzato all'evangelizzazione

    ◊   La Commissione Teologica Internazionale, in quanto comunità di fede, desidera esprimere la sua attenzione al “messaggio di conversione di quest’Anno della fede” rinnovando il suo impegno al servizio della Chiesa. Così afferma un messaggio della stessa Commissione pubblicato oggi per l’Anno della Fede appena iniziato. A tale scopo, il prossimo 6 dicembre - in occasione della sua sessione plenaria annuale e sotto la guida del suo presidente, l’arcivescovo Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - la Commissione Teologica Internazionale compirà un pellegrinaggio alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, “per affidare il proprio lavoro, e quello di tutti teologi cattolici, alla Vergine”, “baluardo della vera fede”. In occasione dell’Anno della Fede, la Commissione si impegna, quindi, a “portare il suo contributo specifico alla nuova evangelizzazione promossa dalla Santa Sede”. Questo significa “scrutare il mistero rivelato con tutte le risorse della ragione illuminata dalla fede, a beneficio di tutti i credenti: favorendo anche la sua recezione nelle culture attuali”.

    “La teologia deriva tutta intera dalla fede”, ricorda ancora il messaggio della Commissione, nel quale si mette in evidenza come solo la fede permetta al teologo di accedere realmente alla verità di Dio. Ed è sempre la fede, animata dalla carità, a suscitare in lui il dinamismo spirituale che lo spinge ad esplorare senza sosta “la multiforme sapienza di Dio”. Il testo cita, poi, la Lettera Apostolica Porta fidei di Benedetto XVI per ricordare che la “teologia tende a comprendere in modo più profondo non solo i contenuti della fede”, ma anche “l’atto con cui decidiamo di affidarci totalmente a Dio, in piena libertà”, l’atto di credere. Il teologo, “si interroga perciò sul modo in cui la grazia preveniente di Dio suscita, nel cuore stesso della libertà dell’uomo, il 'sì' della fede”, e mostra come la fede dia “forma a tutte le dimensioni della vita cristiana, personale, familiare e comunitaria”. Il lavoro del teologo è, infatti, finalizzato “alla crescita della fede nel popolo di Dio” e “alla missione evangelizzatrice della Chiesa”.

    Il teologo è anche “servitore della gioia cristiana”, sottolinea il messaggio della Commissione Teologica Internazionale, che cita anche San Tommaso d’Aquino e Sant’Agostino. Fine ultimo della fede non può essere che Dio soltanto: “Credere in Dio” è il “tratto costitutivo essenziale del dinamismo della fede”. Il credente, quindi, nella sua personale adesione di fede alla Parola di Dio, è attratto sovranamente da quel “Bene assoluto che è la beata Trinità” ed è proprio il desiderio della beatitudine, radicato nel più profondo di noi stessi, che mette lo spirito umano in tensione per condurlo all’abbandono di tutta la sua vita a Dio. In questo senso, conclude il messaggio, si può dire con verità che la fede e la stessa teologia, come scientia fidei, procura a tutti gli "innamorati della bellezza spirituale" una "reale pregustazione della gioia eterna”. (A cura di Debora Donnini)

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    Nota della S. Sede: non riconosciuti né tutelati altri Ordini equestri di nuova istituzione

    ◊   La Santa Sede non riconosce né tutela Ordini di nuova istituzione o di derivazione medievale oltre ai propri Ordini Equestri, che sono l’Ordine Supremo del Cristo, l’Ordine dello Speron d'Oro, l’Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e l’Ordine di San Silvestro Papa, oltre al Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta e l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. È questa l’essenza di una precisazione contenuta in un comunicato della Segreteria di Stato la quale, si legge, “a seguito di frequenti richieste di informazioni in merito all'atteggiamento della Santa Sede nei confronti degli Ordini Equestri dedicati a Santi o aventi intitolazioni sacre ritiene opportuno ribadire quanto già pubblicato in passato” e cioè che Oltre ai propri Ordini Equestri (Ordine Supremo del Cristo, Ordine dello Speron d'Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), la Santa Sede riconosce e tutela soltanto il Sovrano Militare Ordine di Malta – ovvero Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta – e l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e non intende innovare in merito”.

    “Tutti gli altri Ordini, di nuova istituzione o fatti derivare da quelli medievali, non sono – si precisa nella nota ufficiale – riconosciuti dalla Santa Sede, non potendosi questa far garante della loro legittimità storica e giuridica, delle loro finalità e dei loro sistemi organizzativi”. Inoltre, continua e conclude il comunicato, “ad evitare equivoci purtroppo possibili, anche a causa del rilascio illecito di documenti e dell'uso indebito di luoghi sacri, e ad impedire la continuazione di abusi che poi risultano a danno di molte persone in buona fede, la Santa Sede conferma di non attribuire alcun valore ai diplomi cavallereschi e alle relative insegne che siano rilasciati dai sodalizi non riconosciuti e di non ritenere appropriato l'uso delle chiese e cappelle per le cosiddette ‘cerimonie di investitura’”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per un'umanità libera dalla fame: nel messaggio per la giornata dell'alimentazione il Papa chiede protezione e aiuto per il lavoro agricolo

    La disfatta della rivoluzione sessuale: in prima pagina, Lucetta Scaraffia sul libro del demografo Roberto Volpi "Il sesso spuntato. Il crepuscolo della riproduzione sessuale in Occidente".

    In rilievo, nel'informazione internazionale, l'allarme profughi in Siria.

    In cultura, un articolo dell'arcivescovo Vincenzo Bertolone: cent'anni fa, il 17 ottobre 1912, nasceva Albino Luciani.

    "L'Osservatore della Domenica" e il Vaticano II: digitalizzato dall'Istituto Sturzo lo speciale sul concilio pubblicato nel 1966.

    Nell'informazione religiosa, sulla riscoperta dell'identità del ministero sacerdotale, un articolo dell'arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, segretario della Congregazione per il Clero, dal titolo "Il nutrimento della gioia interiore".

    Nell'informazione vaticana, gli interventi dei padri sinodali.

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    Oggi in Primo Piano



    Vento di secessione in Europa: i casi di Scozia, Fiandre, Catalogna e Baviera

    ◊   Il primo ministro britannico, David Cameron, e Alex Salmond, primo ministro indipendentista scozzese, hanno firmato ieri a Edimburgo l'accordo per indire entro il 2014 un referendum sull'indipendenza della Scozia. Si tratta solo dell’ultimo caso di richiesta di secessione, che segue le istanze indipendentiste della Catalogna, delle Fiandre e della Baviera. Cosa sta succedendo dunque in Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Federiga Bindi, titolare della cattedra Jean Monnet presso l’Università Tor Vergata di Roma:

    R. – Sembra che la gente pensi che “piccolo è bello” e non si renda conto che invece già i Paesi-Stati nazionali europei sono piccoli e impotenti di fronte alla crisi globale: essere ancora più piccoli diventa pericoloso, è un’illusione, insomma, quella di pensare di fare meglio.

    D. – E in effetti, noi ci troviamo in un momento in cui la storia ci racconta che, anche dal punto di vista economico, più si è globalizzati meglio è…

    R. – Assolutamente: si è globalizzati, punto. C’è poco da fare. E quindi, è meglio farsene una ragione e lavorare con il vento a favore – se vogliamo – piuttosto che con il vento contro.

    D. – Un’Europa che si divide al suo interno, si indebolisce ulteriormente: ad esempio, di fronte alle politiche economiche che ci mettono sullo stesso piano rispetto a grandi Paesi che in questi ultimi anni sono entrati come attori principali dell’economia, come la Cina e l’India. Queste divisioni interne, quanto influiscono poi sui rapporti con questi Stati?

    R. – Non voglio pensare a quello che potrebbe essere un’Unione Europea invece che a 27 – e presto 28 Stati – a 36-37: sarebbe uno stillicidio, ma soprattutto ci sarebbe l’impossibilità di decidere.

    D. – Molti osservatori parlano di questi fenomeni come di un riflesso diretto di un crescente sfasamento tra problemi europei e politiche nazionali. Qual è la sua idea?

    R. – Io credo ci sia uno sfasamento tra politica e cittadini e questo si riflette ovunque. In questo contesto, chi è meno cittadino del mondo pensa che chiudersi nel proprio angolo protegga di più piuttosto che esporsi, non rendendosi conto che in realtà è proprio essendo piccoli che si è più esposti.

    D. – Tra la Scozia, le Fiandre, l’Italia e la Germania, qual è la situazione oggettivamente più preoccupante?

    R. – Credo quella delle Fiandre, dopo il voto dello scorso fine settimana. Anche perché lì c’è una lunga storia di revanscismo, anche violento, e quindi sarà interessante vedere cosa succederà, adesso che i nazionalisti hanno preso anche Anversa.

    D. – In molti casi, sono piuttosto i politici che vogliono proporre queste istanze secessioniste, mentre i cittadini non sono d’accordo. In Scozia, ad esempio, il 60-70% della popolazione non sarebbe d’accordo con la secessione. Quindi, anche in questo caso c’è una divisione?

    R. – Spesso sì. Il discorso più estremista viene dai politici e poi i cittadini non confermano. Si pensi anche il referendum sulla permanenza nell’Unione Europea dell’Inghilterra. Bisognerà però vedere come andrà la crisi mondiale, in questo periodo: se questo farà soffiare il vento sul fuoco della secessione o meno.

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    Giornata mondiale dell'alimentazione: "Libertà dalla fame"

    ◊   Ottocentocinquanta di persone milioni nutrite in maniera insufficiente o addirittura senza accesso al cibo. E' la stima della povertà per fame su scala mondiale. Trenta milioni di questi sventurati sono bambini. L'odierna Giornata mondiale dell'alimentazione richiama l'attenzione degli Stati su uno scenario dai contorni ancora drammatici. Eliana Astorri ne ha parlato col direttore del Centro di nutrizione umana del Policlinico Gemelli di Roma, il prof. Giacinto Miggiano:

    R. – Nei Paesi in via di sviluppo, il problema è innanzitutto quello della sottoalimentazione. Il quadro è molto complesso e polimorfo, nel senso che in alcuni Paesi del mondo mancano addirittura gli alimenti, oppure anche se gli alimenti ci sono, però di fatto la singola persona non ne ha l’accesso. Quindi, talvolta è un problema di produzione in quantità adeguata, ma molto spesso non è che non si produca a sufficienza, ma che non si distribuisce adeguatamente. L’accesso al cibo è un altro aspetto della povertà che si ha in alcune situazioni.

    D. - Diamo uno sguardo invece al dramma dei 30 milioni di bambini che ogni anno ne fanno le spese…

    R. - Quando si parla di fame nel mondo ci si riferisce a quelle persone che hanno un ridotto introito di alimentazione, soprattutto i bambini, quei soggetti che vivono in un momento della loro vita in cui è importante fare la massa, cioè cercare di crescere. Quindi, se c’è una malnutrizione, come viene chiamata, “per difetto”, nei bambini neonati o addirittura prima che nascono, nel seno della mamma, allora nasceranno bambini sottoalimentati. I bambini nei Paesi del Terzo mondo sono quelli a rischio. Bisogna tener presente che in questi ambienti le condizioni igienico-sanitarie spesso non sono adeguate e questo provoca una maggiore presenza di malattie infettive, che in tali persone accentua ancora di più la malnutrizione “per difetto” e, quindi, gli effetti della carenza di cibo. Tuttavia, occorre anche dire che in questi Paesi esistono fasce di popolazioni che, avendo ormai un tipo di alimentazione particolarmente ricca di olii e di grassi, vanno incontro anche al fenomeno dell’obesità. L’obesità dunque è un problema che non riguarda soltanto i Paesi dell’Occidente, i Paesi sviluppati, ma riguarda alcune fasce dei Paesi poveri.

    D. - Per celebrare la Giornata mondiale dell’alimentazione, il Centro di nutrizione umana del Gemelli ha dato il via ad una iniziativa per sensibilizzare il mondo accademico e sanitario. Di cosa si tratta?

    R. - L’iniziativa è stata sollecitata dalla Fao e dalle società che in qualche modo collaborano con la Fao per la celebrazione di questa giornata. Nella Facoltà di medicina, il Centro di nutrizione umana insieme con l’Auci, l'Associazione universitaria per la cooperazione internazionale, ha cercato di sviluppare una serie di iniziative volte a sensibilizzare tutte le persone che girano nel campus universitario su questo aspetto. La parola chiave che noi abbiamo dato a questa giornata mondiale qui da noi, nella Facoltà di medicina nel Policlinico Gemelli è: mangiare di meno e bene e mangiare tutti.

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    16 ottobre '43: Roma ricorda la deportazione degli ebrei. Le parole di uno scampato

    ◊   Si sono aperte stamattina alle 9, davanti al Tempio Maggiore di Roma, con la deposizione di una corona d’alloro, le cerimonie in ricordo della razzia dal Portico d'Ottavia del 16 ottobre 1943, a seguito della quale oltre mille ebrei furono strappati dalle proprie case e deportati ad Auschwitz. Tanti gli appuntamenti in programma che culmineranno in una marcia silenziosa a ritroso lungo quel percorso dal quale in pochi fecero ritorno. Presente alla cerimonia anche il premier italiano, Mario Monti. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Storici, studiosi, testimoni, autorità: in tanti a Roma oggi vogliono ricordare quella immensa ferita storica che fu la grande razzia del vecchio ghetto, iniziata alle 5.30 del mattino con 100 tedeschi armati di mitra a circondare il quartiere e a invadere le case di persone innocenti già isolate e private di molti loro diritti dalla promulgazione delle leggi razziali. Quando la maggior parte dell’ebraismo europeo era già stato eliminato si arrivò a colpire Roma. Il perché dallo storico Marcello Pezzetti:

    “Sembrava che la guerra fosse quasi finita. In quel momento, si è deciso di colpire la più antica comunità ebraica del mondo della diaspora. Cuore storico dell’ebraismo, in una nazione che aveva una tradizione anche cristiana, era la città della Chiesa, la città del Vaticano, e gli stessi ebrei erano convinti che in questa città non sarebbe successo. Oggi, finalmente comincia a essere chiara la coscienza che è qualcosa che ha colpito tutti”.

    Quella mattina tante famiglie furono tratte fuori a forza dalle loro case e dal Portico d’Ottavia furono condotte al Collegio militare di Trastevere, con destinazione i treni che portavano ad Auschwitz. Erano oltre mille, sono rimasti in pochi. Lello di Segni è tra questi:

    R. - Mio padre aveva fatto la guerra del ’15-’18 e mi disse: "Speriamo bene, che non succeda niente, ma io ho una paura matta". E aveva indovinato. Infatti, quella mattina hanno bussato alla porta e c’erano i tedeschi. Mio padre ci ha detto: "Stati buoni, cercate di stare calmi e fate tutto quello che dicono". I tedeschi mi dicevano di prendere quello, quell’altro… Io l’ho fatto e le posso dire che tutto quello che ho fatto è servito almeno per fare un viaggio leggermente più tranquillo. Mi hanno portato direttamente ad Auschwitz.

    D. – In quanti della sua famiglia siete arrivati ad Auschwitz?

    R. – Tutti: io, mio padre, mia madre, due fratelli e una sorella. Tanto è vero che ho salutato amichevolmente mia madre e le ho detto: "Tanto dopo ci vediamo, vedrai che ci metteranno in campo, io e papà lavoreremo, e voi aspetterete alla sera che rientriamo".

    D. – In quanti siete tornati?

    R. – Io e mio padre.

    D. – Quanti anni aveva allora?

    R. – 15 anni.

    Dopo tanta brutalità, a 69 anni di distanza oggi durante le celebrazioni emerge un aspetto positivo. Lo sottolinea Marcello Pezzetti:

    “E' la presa di coscienza che stanno avendo i giovani, gli studenti. Ho visto che vogliono ascoltare, vogliono sentire, vogliono sapere”.

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    Musei Vaticani. Riallestito il Padiglione delle Carrozze, c'è la giardinetta dell'attentato al Papa

    ◊   I Musei Vaticani hanno presentato oggi il nuovo allestimento del Padiglione delle Carrozze, creato nel 1973 da papa Paolo VI, e che conserva i mezzi di trasporto usati da vari Pontefici. Tra le nuove acquisizioni, c’è la Fiat Campagnola su cui il beato Giovanni Paolo II percorreva Piazza San Pietro al momento dell’attentato del 13 maggio 1981. Davide Maggiore ha intervistato Sandro Barbagallo, assistente alla direzione dei Musei Vaticani:

    R. – Quell’auto venne regalata al Pontefice a Torino, dalla Fiat, e venne immatricolata qui in Vaticano il 12 maggio 1980. Quindi, quest’auto è stata in uso esattamente un anno e un giorno. Questo è il motivo per cui è perfettamente conservata. C’è da dire che nell’ultimo anno di Pontificato del Beato Giovanni Paolo II, quell’auto era stata riutilizzata: alle udienze generali di Piazza San Pietro, infatti, il Papa si recava proprio con la Campagnola che ha utilizzato anche Papa Benedetto XVI, nei primi due mesi di Pontificato.

    D. – Non si tratta però dell’unica tra le nuove acquisizioni del Padiglione delle Carrozze: vogliamo ricordare le altre?

    R. – Dopo cinque anni di assenza ha fatto ritorno qui, nel Padiglione, la Citroën C6 donata a Pio XI nella primavera del 1930, quindi subito dopo il Concordato. C’è anche una Volkswagen “Maggiolino”, una macchina curiosissima per un Pontefice, che era stata donata a Giovanni Paolo II dalla “Volkswagen” messicana in quanto quest’auto era prodotta – fino al 2003 – proprio nelle industrie del Messico. Questa è l’ultima prodotta da quella catena di montaggio, e per questo diventa una sorta di unicum. Un altro oggetto non direttamente legato alla cosiddetta mobilità pontificia è il volante della Formula 1 2003 di Michael Schumacher, donato invece a Benedetto XVI nel 2005.

    D. – Vogliamo ricordare anche il valore storico della mostra allestita nel Padiglione delle Carrozze?

    R. – E’ veramente importante anche perché il Padiglione delle Carrozze, con la sua collezione, da uno spaccato di quella che era e che è la mobilità pontificia. La collezione inizia infatti con una carrozza interamente in legno intagliato e dorato, realizzata per volere di Papa Leone XII nel 1826, e si arriva alle automobili più moderne: le prime papamobili blindate che hanno fatto la loro apparizione subito dopo il 1981.

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    Il ministro Riccardi inaugura l'Anno accademico dell'Ups: convivere nella divesità è un'arte da imparare

    ◊   Solenne inaugurazione stamane dell’Anno accademico della Pontificia Università Salesiana (Ups), presente il prof. Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, che ha svolto la prolusione, dopo i saluti del rettore dell’Ups, il prof. Carlo Nanni. Ad aprire la giornata, la Messa presieduta dal rettore maggiore dei Salesiani, don Pasqual Chavez Villanueva. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Giocare al rialzo e osare la chiarezza, ossia dire apertamente chi siamo, cosa vogliamo, che cosa chiediamo”: il messaggio chiaro rivolto alla comunità universitaria da don Chavez, nell’omelia della Messa. Il cristianesimo “non può credere alle soluzioni facili, ai compromessi, alle benevole concessioni agli ammiccamenti equivoci, al gioco di equilibri per rimediare ai vuoti”, ha sottolineato il rettore maggiore dei Saelsiani, ricordando i 50 anni dal Concilio Vaticano II e la recente apertura del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione nell’Anno della Fede appena inaugurato. La nostra fede, ha proseguito don Chavez, “non può rinunciare ai suoi ideali e ridurre le proprie pretese”, che sono poi quelle stabilite da Cristo, e “arrivare ad amichevole componimenti e generose transazioni pur di recuperare popolarità e rinfoltire le file”. “La rilevanza della fede oggi – ha ammonito don Chavez – dipende dalla sua identità e non dal grado di accoglienza sociale”. “Non mi preoccupa – ha concluso – l’attuale crisi della Chiesa. Ciò di cui ho paura è di una vita cristiana insignificante”, dove “il cristiano non significa nulla, non ha nulla da dire, non dà fastidio a nessuno, quando non è spirituale”.

    Di autentica testimonianza cristiana c’è certo bisogno nel mondo di oggi, dove “viver insieme tra diversi è una delle grandi sfide che l’Italia, l’Europa e il mondo, sono chiamati ad affrontare”, ha messo in luce il prof. Riccardi nella sua prolusione sul tema “Integrazione e cooperazione: speranza di futuro”. “La diversità, l’alterità esistono”, ha sottolineato, “e la condivisione degli stessi luoghi con l’altro suscita problemi, pone domande. Se le pongono amministratori e intellettuali; ma le sentono anche l’uomo e la donna comuni”. Solo in Europa, ha soggiunto, abbiamo 33 milioni di cittadini stranieri, comunitari e non, che arrivano a 50 milioni con i nati all’estero divenuti cittadini di un Paese dell’Ue. “Convivere è sempre difficile” – ha aggiunto il ministro – “è un’arte da imparare e da coltivare”, che “richiede pazienza, impegno, ingegno”, “comprensione”, “regole e cultura”, investimento serio sull’integrazione”. A chi paventa per i giovani una vita con meno opportunità dei propri genitori, Riccardi ha risposto che “i tempi e le stagioni non sono un destino”, poiché “le nostre scelte – e la nostra visione – incidono e parecchio su quello che sarà il futuro”.

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    Alla sezione polacca della Radio Vaticana il Premio ‘Totus’ in memoria di Giovanni Paolo II

    ◊   La sezione polacca della Radio Vaticana ha ricevuto il Premio ‘Totus’ che da 12 anni la Fondazione “L’Opera del nuovo millennio” della Conferenza episcopale polacca assegna a chi si sia distinto per un impegno di promozione umana in opere caritative e educative, o di diffusione della cultura cristiana e degli insegnamenti di Giovanni Paolo II, o in particolare per il lavoro nell’ambito dei media. La cerimonia di consegna del Premio è avvenuta alla vigilia della Giornata che in Polonia ricorda l’elezione di Giovanni Paolo II. L’elezione è avvenuta il 16 ottobre di 34 anni fa e tradizionalmente la Giornata viene celebrata in Polonia la domenica precedente. A ritirare il Premio è stato padre Tadeusz Cieslak, responsabile per anni del programma polacco della Radio Vaticana. Lo ha intervistato Fausta Speranza:

    R. – La consegna di questo premio avviene sempre nella vigilia della Giornata papale in Polonia che viene celebrata la domenica prima del giorno 16 ottobre, la giornata dell’elezione di Giovanni Paolo II, di Karol Wojtyla. Per questo si inserisce in qualche modo nelle celebrazioni di questa Giornata. La cerimonia della consegna viene anche trasmessa dalla televisione polacca, dalla televisione pubblica. La cerimonia richiama anche tanti personaggi dei media non cattolici, persone importanti. La Fondazione “L’Opera del Nuovo Millennio” è un’iniziativa veramente importante perché si autodefinisce come un monumento di Giovanni Paolo II ma un monumento vivo, che possa essere una sorta di investimento per le nuove generazioni del Terzo Millennio.

    D. - Questo premio attribuito alla sezione polacca della Radio Vaticana è costituito da una statuetta d’argento e da una somma di denaro equivalente a 12mila euro. In che modo saranno spesi questi soldi?

    R. - La direzione della Radio Vaticana ha deciso di riconsegnare la somma alla Fondazione perché possa contribuire a sostenere un’iniziativa voluta proprio dalla Radio Vaticana e dalla Fondazione per aiutare una serie di stagisti a trascorrere qualche tempo a Roma. L’obiettivo è permettere loro di avvicinarsi alle attività vaticane, le attività del Papa e degli organismi centrali della Chiesa, con un’esperienza dal punto di vista mediatico, giornalistico.

    D. – In questa missione - perché la comunicazione in ambito cattolico è una vera e propria missione - che significato ha questo premio per lei e per tutta la sezione polacca?

    R. - Penso che questo premio non sia solo per questa generazione di lavoratori della Radio Vaticana ma è un premio per le generazioni di giornalisti di quasi 75 anni di esistenza del programma. Alcuni hanno lavorato in questa sezione anche nei tempi duri della Seconda Guerra Mondiale e poi dopo nei tempi del comunismo. Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato molto significativo per la sezione perché in qualche maniera la sezione polacca è diventata un focus anche mediatico e penso che questo sia un’onorificenza anche per i giornalisti - gesuiti, non gesuiti, laici, religiosi - che lavoravano in questi anni del pontificato di Giovanni Paolo II.

    D. – Certamente oggi la Polonia è un Paese completamente diverso e pieno di belle prospettive. Non c’è confronto con il periodo del comunismo e con tutto quello che ha passato. Però non mancano mai le sfide. Quali sono le sfide di oggi per la comunicazione in Polonia nell’ambito cattolico?

    R. – Una delle sfida è vincere la frammentazione dei media cattolici in Polonia, perfino una certa concorrenza tra loro. Questa è una delle difficoltà che bisogna sempre superare: tenere tutto insieme nell’ambito della Chiesa. Un’altra sfida è legata a questa iniziativa della Fondazione di promuovere qualcosa a favore delle nuove generazioni. Nonostante i progressi che si sono fatti in Polonia, dal punto di vista della vita civile, dell’economia o altro, esistono sempre ambiti di povertà. La Fondazione del nuovo millennio vuole sostenere gli studenti delle nuove generazioni che provengono proprio dalle famiglie povere, dagli ambienti piccoli, dai villaggi, dalle piccole città che adesso, in tempi di crisi, hanno sempre meno chance di promozione sociale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Israele: la Knesset vota lo scioglimento anticipato. Alle urne il 22 gennaio

    ◊   La Knesset ha votato lo scioglimento anticipato e nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento israeliano, che si terranno il prossimo 22 gennaio e segneranno l'inizio della 19ma legislatura. Il voto unanime dei 120 deputati che compongono l'unica Camera è arrivato nella serata di ieri alla terza lettura, al termine di un dibattito fiume durato oltre otto ore. Nei giorni scorsi - riferisce l'agenzia AsiaNews - il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto ai deputati, anticipando la volontà di tornare alle urne. "In meno di 100 giorni il popolo di Israele - ha sottolineato il Primo Ministro - deciderà chi dovrà condurlo, al cospetto delle più gravi sfide in materia di sicurezza che dovrà affrontare dal momento della nascita dello Stato". E, ha aggiunto il premier, accusato di "catastrofismo e allarmismo" dall'opposizione, sarà chiamato a risolvere "la più dura crisi economica che il mondo abbia conosciuto negli ultimi 80 anni". L'attuale governo di destra, guidato dal partito Likud vicino al premier e con 27 seggi in Parlamento, è in carica dal 2009; nell'ultimo triennio ha dovuto affrontare diverse questioni tuttora irrisolte, fra cui il processo di pace con i palestinesi e il conflitto (finora verbale) con Teheran in merito sulla "minaccia nucleare iraniana". Nelle ultime settimane la coalizione al potere è però scivolata su una materia di natura economica, il bilancio annuale. L'esecutivo non ha infatti saputo approvare il budget - che prevedeva tagli alle spese e minori fondi per il welfare - a causa dell'ostruzionismo dei partiti religiosi minori, contrari all'abbattimento degli stanziamenti di sussidi pubblici e di un freno ai sussidi governativi. Analisti ed esperti di politica israeliana attendono di capire se l'ex Primo Ministro Ehud Olmert deciderà o meno di candidarsi alle prossime elezioni. Sarebbe proprio l'ex sindaco di Gerusalemme e leader di Kadima il principale rivale di Netanyahu alla guida del Paese, ma il nodo sulla sua possibile partecipazione non è stato ancora sciolto anche se - al momento - non appare in grado di vincere la competizione con l'attuale premier, in testa alle preferenze dei cittadini. (R.P.)

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    Cuba: cancellati i "permessi d'uscita" dal Paese

    ◊   A partire dal 14 gennaio prossimo i cittadini cubani potranno uscire dall’isola con il semplice passaporto. L’ha annunciato oggi il governo de l’Avana. Dopo 50 anni non avranno quindi più bisogno dei permessi finora richiesti, i cosiddetti “cartas blancas”, che potevano essere negati senza motivazione. Non si avrà più bisogno neanche di una lettera d’invito da un cittadino del Paese straniero destinazione del viaggio. E’ una misura che rientra nel quadro delle tante riforme annunciate dal fratello di Fidel Castro, Raul, e che forse era una delle più attese. La durata del soggiorno all’estero sarà innalzata dagli attuali 11 mesi ai 24. Ad oggi, la violazione dei tempi di permanenza portava alla confisca dei beni e all’impossibilità di far rientro, perché ritenuti ormai espatriati definitivi. Rimangono in vigore le restrizioni per evitare la fuga di cervelli, scienziati e militari restano quindi esclusi dalle nuove norme. (F.S.)

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    India: nel Karnataka ancora attacchi alle chiese. Il Tamil Nadu permette i riti nelle case

    ◊   Grazie al patrocinio di funzionari e autorità, in Karnataka i nazionalisti indù maltrattano le comunità cristiane; violano la privacy delle loro case; disturbano i servizi di preghiera. È la denuncia di Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), dopo l'ennesimo caso di intolleranza religiosa nello Stato indiano. L'8 ottobre scorso, un funzionario della città di Wadi (distretto di Gulbarga) ha demolito il muro di una chiesa, senza presentare alcun avviso, né ordinanza comunale. Ramesh Pattedar, questo il suo nome, ha compiuto il gesto in tarda serata, con l'aiuto di alcuni uomini che si crede facciano parte di gruppi nazionalisti locali. Per Sajan George - riferisce l'agenzia Asianews - "l'aumento dell'intolleranza religiosa da parte di funzionari amministrativi e polizia" è "davvero preoccupante", soprattutto perché "in Karnataka gli incidenti anticristiani stanno crescendo a un ritmo vorticoso". Dà invece un segnale di speranza una sentenza dell'Alta corte di Madras (Tamil Nadu), che il 26 settembre scorso ha stabilito che non c'è bisogno di permessi per condurre servizi di preghiera all'interno di case private (pratica tipica delle Chiese pentecostali). "A persone di una particolare religione - ha dichiarato il giudice S. Manikumar -, che siano indù, cristiani o musulmani, non si può impedire di riunirsi in un dato luogo di culto, e non è necessario che esse ottengano un permesso preventivo da qualsiasi autorità". (R.P.)

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    Rapporto 2012 sulla libertà religiosa: in aumento le discriminazioni contro i cristiani

    ◊   E’ stato presentato oggi a Roma il “Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo 2012”, curato dalla Fondazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Ne viene fuori un quadro generale in fase di peggioramento rispetto al recente passato, nel quale sono soprattutto le comunità cristiane, anche se non le sole, a subire gravi discriminazioni, che spesso sfociano in aggressione e violenze. Ad esempio, in Cina e altri Paesi orientali sono in aumento - secondo il Rapporto - i tentativi dei governi di assoggettare le comunità religiose ai controlli dello Stato. Particolarmente preoccupante la situazione nel Paesi della "primavera araba", dove le istanze democratiche della prima ora hanno lasciato il passo ad un’Islam non moderato. L’estremismo islamico dà vita ad atti di vera e propria aggressione in diversi Paesi africani, come il Kenya, il Mali, la Nigeria e il Ciad. Caso estremo l’Arabia Saudita dove ai due milioni di cristiani residenti non è permessa alcuna manifestazione del proprio credo. Capitolo a parte è rappresentato dall’India e Pakistan, dove, dopo le violenze anticristiane degli anni scorsi nello Stato dell’Orissa, le leggi contro le conversioni rappresentano spesso alibi per commettere abusi di potere. E questo nonostante la Costituzione indiana riconosca il diritto alla libertà religiosa. Muta la situazione dei cristiani a causa di cambi della legislazione in Kirghizistan, in senso positivo, e in Tagikistan, in senso negativo, poiché la nuova legge sulle comunità religiose sta obbligando molti cristiani ad emigrare. Ma di fronte a tanti abusi e tanto dolore, non mancano gli esempi luminosi di collaborazione e di convivenza pacifica tra cristiani e altre religioni: spesso si riesce a lavorare insieme per il progresso della società. ( A cura di Giancarlo La Vella)


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    Egitto: i cattolici del Paese a scuola di “formazione politica”

    ◊   Nelle prossime settimane le comunità cattoliche egiziane promuoveranno corsi di formazione socio-politica per favorire il discernimento comune davanti alla transizione piena di incognite in atto nel grande Paese africano. L'iniziativa intende rilanciare l'esperienza pilota già ispirata dal patriarcato copto-cattolico dopo la fine del regime di Mubarak. “Ma adesso” spiega all'agenzia Fides Botros Fahim Awad Hanna, vescovo ausiliare di Alessandria dei copti cattolici “il Consiglio pastorale della Chiesa cattolica in Egitto nel suo incontro ai primi di ottobre ha raccomandato di potenziare questa opera di formazione, indicandola come priorità per tutte le comunità cattoliche egiziane di rito diverso”. L'esigenza di favorire un giudizio non sprovveduto davanti ai rivolgimenti politici e sociali che stanno interessando l'Egitto è stata avvertita fin dalla prima fiammata della rivolta, iniziata nel gennaio 2011. “Già a marzo di quell'anno” racconta il Vescovo Fahim Hanna “ci siamo accorti che qualcosa bisognava pur fare. Abbiamo iniziato incontri quindicinali presso la sede del Patriarcato copto cattolico. Le riunioni erano frequentate da una media di ottanta persone, compresi parecchi musulmani. Molti dei presenti erano formatori che avrebbero a loro volta riportato i contenuti delle lezioni nelle comunità locali”. Gli incontri facevano costante riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa. Tra i criteri-guida che ispiravano le sessioni c'erano sempre il rispetto dei diritti umani e la categoria laica di cittadinanza, valorizzata come base per una convivenza pacifica e libera da ogni discriminazione etnico-religiosa. Adesso, davanti ai nuovi sviluppi dello scenario politico egiziano - segnati dalla grande fioritura di partiti e movimenti e dall'affermazione dei Fratelli Musulmani - , la necessità di confrontarsi con l'attualità politica appare ancora più pressante. Il Vescovo Fahim Hanna spiega: “L'assemblea costituente è al lavoro. Stiamo aspettando la nuova Costituzione. Si compiono scelte destinate a condizionare le nostre vite individuali e comunitarie. Man mano che escono le bozze, dobbiamo avere gli strumenti per saper analizzare, per maturare un'opinione chiara e saperla esprimere, in modo da poter dire si o no alla nuova Costituzione in maniera ragionevole”. (R.P.)

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    Usa: domenica il pellegrinaggio per la vita a Washington promosso dai vescovi

    ◊   «Per la tutela della vita e per la libertà religiosa»: sono le invocazioni che hanno fatto da sfondo domenica scorsa, alle preghiere rivolte in occasione del pellegrinaggio che si è svolto a Washington, nella cornice della basilica del Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione. Una folta presenza di partecipanti – riferisce L’Osservatore Romano - ha animato l’iniziativa promossa dalla Conferenza episcopale per celebrare l’Anno della fede e ricordare la necessità di difendere la società dai tentativi di promuovere politiche in contrasto con i valori fondamentali. Nel richiamare le parole di Thomas Jefferson — uno dei padri fondatori della nazione e terzo presidente degli Stati Uniti — «il Dio che ci ha donato la vita, allo stesso tempo ci ha donato la libertà», l’arcivescovo di Baltimore e presidente della commissione per la libertà religiosa dell’episcopato, William Edward Lori, ha incoraggiato i presenti a perseguire con forza il rispetto del proprio credo, sia come cittadini che come fedeli, auspicando la modifica di quelle leggi e regolamenti che implicano limitazioni all’obiezione di coscienza e alle attività assistenziali e caritative. La speciale giornata di preghiera è stata scandita dalla messa presieduta dallo stesso arcivescovo Lori, alla quale sono seguite l’adorazione eucaristica e la riflessione dei fedeli. Le celebrazioni si sono concluse con la recita del rosario che ha segnato il punto di partenza di una novena dedicata alla vita e alla libertà che si concluderà il 22 ottobre. Il pellegrinaggio si inserisce, dunque, nel quadro delle iniziative promosse per l’Anno della fede, a cui i presuli stanno dedicando varie iniziative, alcune delle quali sotto forma di note contenenti “suggerimenti” o indicazioni per vivere in maniera consapevole e profonda la testimonianza quotidiana nelle proprie comunità. Proprio quello della difesa della libertà religiosa è diventato il fronte principale, per il quale i vescovi hanno da tempo chiamato tutti i fedeli all’azione, anche quelli di altre comunità. «Insieme — ha osservato in un intervento mons. Lori — possiamo fare grandi cose». (L.Z.)

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    Usa: la voce dei vescovi sul tema della libertà religiosa e della riforma sanitaria

    ◊   Un nuovo deciso intervento sul tema della libertà è giunto dai vescovi degli Stati Uniti, a seguito del recente dibattito televisivo tra i due i candidati alla vicepresidenza del Paese, il democratico Joe Biden e il repubblicano Paul Ryan. Tra le varie questioni di interesse nazionale e internazionale i due esponenti politici, hanno affrontato anche quella relativa alla riforma sanitaria, con particolare riferimento alle nuove direttive in campo assicurativo. Queste, ribadiscono i presuli in una nota ripresa da “L’Osservatore Romano” , sono lesive della libertà delle istituzioni e delle organizzazioni cattoliche, in quanto impongono a tutti i datori di lavoro (con poche e limitate eccezioni per quanto concerne gli istituti religiosi) di offrire ai propri dipendenti piani assicurativi privati che includano anche la sterilizzazione, la contraccezione e la distribuzione di farmaci abortivi. In risposta a un’affermazione emersa durante il dibattito tra i due candidati, secondo la quale le direttive non costringerebbero le istituzioni cattoliche o di altre religioni, tra cui gli ospedali, alla copertura dei contraccettivi, si puntualizza ancora una volta che l’impianto della legge favorisce in realtà la diffusione delle pratiche abortive. Le direttive — ricordano infatti i vescovi — contengono eccezioni per alcuni “datori di lavoro religiosi” che non si estendono agli ospedali cattolici o alle strutture caritative che offrono i loro servizi a tutte le persone a prescindere dal loro credo. La nota ripropone inoltre il problema dell’eventuale copertura economica dei piani assicurativi da parte di altri soggetti. Il Governo, per venire incontro alle esigenze delle comunità religiose, ha avanzato una proposta che solleverebbe le istituzioni e le organizzazioni cattoliche o di altre fedi dall’onere economico per i servizi che contrastano con il loro credo, che sarebbe messo a carico “di amministrazioni o agenzie indipendenti”. Secondo i vescovi tale proposta non risolve il problema. Di qui la rinnovata richiesta di rivedere le norme in questione. (L.Z.)

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    Messico: nuovo intervento della Chiesa sulla gestione delle carceri

    ◊   “La corruzione e la violazione dei diritti umani sono diffuse in quasi tutte le carceri del Paese. La corruzione mostruosa che prevale in queste istituzioni rivela chiaramente che con questo sistema e con il personale che lo gestisce, non si elimina certo la delinquenza e sarà difficile trovare la strada per un vero e proprio reinserimento sociale dei detenuti". E’ quanto si legge nell'editoriale del settimanale dell'arcidiocesi di Mexico "Desde la Fe", inviato all’agenzia Fides, dove la Chiesa cattolica sottolinea che i legislatori, ricorrendo con eccessiva frequenza alla carcerazione,hanno contribuito a far sì che il circolo chiuso “reato-carcere-contaminazione-reato” si rinnovi in un vicolo cieco. Pertanto si ritiene che oggi sia più che mai necessario trovare nuovi metodi: sanzioni per i reati minori, l’uso dei progressi tecnologici in carcere, qualificare professionalmente e selezionare il personale delle carceri. Il sistema carcerario in Messico è crollato da tempo. Ci sono 225.000 prigionieri nei circa 500 Centri di detenzione, e altri 100.000 circa con la sospensione condizionale della pena, rilasciati sotto controllo. Bisogna comunque considerare che si parla di 325.000 famiglie che vivono, in un modo o nell'altro, l'esperienza del carcere, perché vengono additate nelle loro comunità e, in molti casi, sono escluse dai programmi sociali. Il messaggio dell'arcidiocesi è chiaro: "Tutti dobbiamo avere una responsabilità sociale, perché tutti possiamo contribuire alla prevenzione della criminalità e alla costruzione della pace e della non-violenza". Inoltre il settimanale arcidiocesano definisce "inconcepibile" ciò che succede: la fuga massiccia di detenuti davanti agli occhi dei dirigenti dei Centri penali. In alcuni casi, i veicoli utilizzati per la fuga tornano indietro diverse volte, nello stesso stabilimento penale, per raccogliere altri detenuti che vogliono fuggire. "Ancora più assurdo e inaccettabile – sottolinea l’editoriale - è il fatto che, dopo tutto ciò, le autorità dicano all'opinione pubblica che si sta studiando come questo sia potuto avvenire". (R.P.)

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    Ecuador: assemblea dei vescovi su Anno della Fede e nuova evangelizzazione

    ◊   E' in corso l'82.ma Assemblea plenaria dei vescovi dell'Ecuador, nella Casa Santa Marianita a Baños. Il tema centrale di questa Assemblea è l'Anno della Fede, cui si affiancherà la programmazione pastorale delle diverse Commissioni in cui si articola la Conferenza episcopale ecuadoriana. Inoltre verrà reso un tributo alle "Misiones Vascas" (missioni diocesane della Spagna) presenti in Ecuador. Mons. René Coba Galarza, vescovo ausiliare di Quito, ha aperto ieri l’incontro, con una riflessione spirituale, mentre la celebrazione eucaristica di oggi, è presieduta da mons. Luis Cabrera Herrera, arcivescovo di Cuenca e vice presidente della Conferenza episcopale. L'apertura ufficiale dei lavori sarà presieduta dal nunzio apostolico, l’arcivescovo mons. Giacomo Guido Ottonello. Mons. Angel Sanchez, vescovo di Guaranda e segretario generale della Conferenza episcopale presenterà il programma e la metodologia di lavoro. Nello svolgersi dell'incontro, ci saranno delle conferenze legate ai temi missionari e alla nuova evangelizzazione: "Storia dell’evangelizzazione in Ecuador" (mons. José Vicente Eguiguren); "Scenari per la nuova evangelizzazione nella società e nella Chiesa in Ecuador" (a cura dell'economista Vicente Albornoz); "La pedagogia della fede nella nuova evangelizzazione" (mons. Julio Parrilla, Vescovo di Loja). Domani i vescovi dell'Ecuador andranno a celebrare l'Eucaristia nel santuario di Nostra Signora di Acqua Santa, quindi ci sarà l'omaggio dei vescovi alle "Misiones Vascas" presenti in Ecuador. L'Assemblea plenaria si concluderà il 19 ottobre. (R.P.)

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    Sudan: appello di pace dei vescovi, dopo gli accordi di Addis Abeba

    ◊   Combattere la corruzione e il nepotismo, rifiutare le logiche del tribalismo e impegnarsi a fondo per la pace e la prosperità reciproche: sono alcune delle raccomandazioni rivolte ai due Sudan dall’arcivescovo di Juba Paulino Luduku Loro e dal primate della chiesa anglicana e vescovo della diocesi di Juba Daniel Deng Bul. In un comunicato diffuso in seguito agli accordi di Addis Abeba e ripreso dall'agenzia Misna, i due rappresentanti religiosi si sono detti “lieti della perseveranza dimostrata dalle due parti nell’ambito del negoziato” e delle prime misure concretamente attivate come “la ripresa dei voli diretti tra Juba e Khartoum”. I prelati hanno quindi lodato la creazione di una zona demilitarizzata lungo la frontiera e sottolineato che per una buona riuscita del negoziato, anche sulle questioni rimaste in sospeso, come lo status della regione di Abyei “bisogna imparare a guardare al Sudan come ad un’unica famiglia costretta a dividersi, ma i cui beni devono essere equamente divisi in modo che nessuno dei suoi membri si trovi ad essere svantaggiato”. Questo principio, insistono i responsabili della Chiesa sudanese “deve guidare le azioni e le decisioni che verranno prese in futuro sui confini e sul petrolio”. Nella nota congiunta, i prelati sottolineano l’importanza dell’accordo di pace raggiunto a Jonglei lo scorso maggio tra le diverse comunità in lotta, mettendo in evidenza che “se anche rimangono alcune sfide da affrontare” la situazione “non è più come in passato”. I vescovi hanno invitato le comunità del Sud Sudan a “distanziarsi dalle ribellioni violente” auspicando al tempo stesso, da parte dell’esercito “ di rispondere con moderazione agli attacchi rispettando i diritti umani e non perpetrando abusi durante le loro attività”. Al governo di Juba viene richiesto infine di prendere azioni concrete contro la corruzione, e garantire il rispetto dei diritti dei cittadini; a quello di Khartoum, di accettare le proposte per una soluzione alla questione di Abyei, e favorire fine del conflitto in Blue Nile, Darfur e sui Monti Nuba. (R.P.)

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    Tanzania: arresti e impegno al dialogo dopo l'assalto alle chiese

    ◊   Più di 120 persone sono state arrestate a Dar es Salaam in relazione a disordini che erano culminati venerdì in assalti a tre chiese della principale città della Tanzania: la notizia, diffusa dalla polizia, è confermata all'agenzia Misna da responsabili della Conferenza episcopale. I disordini si erano verificati a Mbagala, un quartiere tra i più poveri di Dar es Salaam, abitato in maggioranza da musulmani. Centinaia di persone avevano preso d’assalto una chiesa anglicana, una luterana e una evangelica dopo che una lite tra ragazzi era sfociata in un atto ingiurioso nei confronti di una copia del Corano. Solo l’intervento della polizia, riferiscono le fonti dell'agenzia Misna, avevano impedito ai giovani di raggiungere la chiesa cattolica dell’area. Secondo padre Vic Missiaen, il segretario della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale, i disordini sono il frutto della “propaganda di gruppi estremisti in un quartiere dove la povertà alimenta tensioni sociali”. A Mbagala sarebbero attivi elementi legati a Uamsho (Risveglio, in lingua swahili), un gruppo islamico radicale forte soprattutto nell’isola di Zanzibar. “La grande maggioranza dei musulmani non condivide queste posizioni estremiste – sottolinea padre Missiaen – ma la presenza di questi gruppi costituisce un rischio”. A confermare gli orientamenti predominanti a Dar es Salaam è stato Sheikh Alhadi Musa, massima autorità islamica della città e presidente del Comitato interreligioso locale. Sheikh Musa ha sottolineato che l’oltraggio al Corano “non riflette in alcun modo la posizione della comunità cristiana”, annunciando l’invio a Mbangala di un gruppo di giovani incaricati di far comprendere a tutti l’importanza del dialogo tra le religioni. (R.P.)

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    Nigeria: per le alluvioni la Chiesa lancia un appello alla solidarietà nazionale

    ◊   Un appello alla solidarietà nazionale a favore delle popolazioni colpite dalle alluvioni è stato lanciato da mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria. L’appello è contenuto in una dichiarazione firmata da padre Evaristus Bassey, direttore esecutivo della Caritas nigeriana, inviata all’agenzia Fides. Le forti piogge che nelle ultime settimane hanno colpito diverse aree della Nigeria, alle quali si sono aggiunte le acque rilasciate dall’apertura della diga Ladgo un Camerun e di quella di Niger e Jebba in Nigeria, hanno provocato la morte di circa 2.000 persone. Secondo padre Bassey, Makurdi (capitale dello Stato di Benue) e Lakoja (capitale dello Stato di Kogi) hanno riportato seri danni, mentre rischiano lo sfollamento circa 25 milioni di persone che vivono nelle aree fluviali degli Stati di Anambra, Niger, Benue, Sokoto, Katsina, Lagos, Ondo, Delta, Rivers, Akwa Ibom, Bayelsa e Cross Rivers. Già oltre 38.000 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case negli Stati di Kano, Jigawa, Cross Rivers, Taraba, Adamawa, Niger e Anambra. Padre Bassey conferma che nelle diocesi di Idah circa 30.000 persone sono accolte in 13 campi per sfollati e che il loro numero cresce di giorno in giorno. “Le alluvioni hanno causato sofferenze indicibili a un gran numero di persone, famiglie e comunità. Proprietà dal valore di milioni di naira sono andate distrutte e migliaia di sfollati sono bloccati e devono far fronte alla fame, alle malattie e alla mancanza di un riparo e di abiti” conclude padre Bassey. (R.P.)

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    Thailandia: per l'Anno della Fede il cardinale Kitbunchu chiede di "aprire le porte a Cristo”

    ◊   "Le porte della fede per noi sono sempre aperte, pronte a guidarci a una vita unita a Dio". Con queste parole il cardinale Michael Mechai Kitbunchu, arcivescovo emerito di Bangkok, ha aperto le celebrazioni per l'Anno della Fede in Thailandia. Assente l'attuale arcivescovo della capitale mons. Francis Xavier Kriengsak Kovidhavanit, a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi in Vaticano, è quindi toccato al cardinale emerito presiedere l'evento inaugurale lo scorso 11 ottobre. Sacerdoti, leader cattolici e semplici fedeli provenienti da sei diversi distretti amministrativi si sono riuniti al santuario del beato padre Nicholas Boonkerd Kitbamrung a Samphran, provincia di Nakhon Pathom, a una trentina di km da Bangkok. Un invito alla recita del Rosario e del Credo secondo le intenzioni della Chiesa thai. E per quanti non hanno potuto assistere in prima persona, è venuta in soccorso la rete internet che ha trasmesso in diretta sul web del portale della Chiesa thai, le varie fasi della cerimonia. Il cardinale Kitbunchu ha schiuso l'accesso principale al santuario, in un gesto simbolico che intendeva richiamare l'apertura della "porta della fede" e consentire l'ingresso della comunità cristiana. A seguire, l'adorazione eucaristica. Al termine della funzione, il porporato ha benedetto la statua dedicata al beato padre Nicholas Boonkerd Kitbamrung, eretta proprio in occasione dell'Anno della Fede per ricordare la vita del sacerdote come "esempio e testimonianza di fede" in Thailandia. (L.F.)

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    Giappone: messaggio dei vescovi per l’apertura dell’Anno della Fede

    ◊   Riscoprire insieme la gioia della fede e attraverso essa vivere l’amore e la speranza in un futuro migliore per la società giapponese, attraversata oggi da tante paure e incertezze. Con questo messaggio i vescovi giapponesi hanno aperto l’11 ottobre l’Anno della Fede. Un messaggio all’insegna della speranza di fronte alle gravi difficoltà in cui vive il Paese: la crisi economica, il declino demografico, la questione più che mai aperta delle centrali nucleari, l’alto numero di suicidi, le difficoltà nei rapporti umani e nelle famiglie. “È come sentire tante urla nel silenzio che chiedono il senso della vita e della salvezza. In tali circostanze – scrivono i vescovi giapponesi citando Benedetto XVI - noi che abbiamo ricevuto il dono prezioso della fede siamo esortati a testimoniarla con le nostre parole e azioni, mentre scegliamo ‘di stare con il Signore per vivere con Lui’ (Porta Fidei, 10)”. In questo senso, evidenzia il messaggio, la drammatica esperienza del terremoto del 2011 in Giappone e del conseguente disastro nucleare di Fukushima ha anche offerto l’occasione per rimettere in discussione il modo di vivere la fede di ciascuno. Quella tragedia ha infatti insegnato l’importanza di essere vicini agli altri, la gioia di vivere insieme e la speranza nel futuro: “Attraverso queste esperienze Dio ha dato una nuova luce alla nostra fede”. Anche l’Anno della Fede ci invita a riscoprire questa grazia, sottolineano i presuli che insieme al Papa invitano quindi i fedeli giapponesi ad approfondire questa fede attraverso la preghiera, la Parola di Dio e l’Eucaristia. Un percorso – affermano in conclusione - che non può essere compiuto in solitudine, ma insieme. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata del ringraziamento

    ◊   In tempo di crisi economica, i vescovi italiani incoraggiano i tanti giovani che “stanno riscoprendo il lavoro agricolo” e tornano a chiedere “nuove politiche per l’accesso dei giovani al mercato fondiario”. L’incoraggiamento e l’appello - riferisce l'agenzia Sir - sono contenuti nel messaggio che la Commissione per i problemi sociali e il lavoro della Cei ha pubblicato in occasione la 62ª Giornata nazionale del ringraziamento che si celebra l’11 novembre per “ringraziare il Signore per ogni dono che si compie nelle nostre campagne e per il lavoro dei nostri agricoltori”. “Nel ritorno alla terra - scrivono i vescovi - possono aprirsi nuove prospettive per loro e insieme un modo nuovo di costruire il futuro di tutti noi”. Nel messaggio la Cei rivolge un grazie particolare alle Cooperative agricole che “ridanno vita a terreni abbandonati, in non pochi casi togliendoli alla malavita organizzata”. “La bellezza di una terra riscattata, che da deserto diventa giardino parla da sé: non solo cambia il paesaggio, ma soprattutto rincuora l’animo di tutti”. Poi il messaggio si rivolge ai giovani. “I giovani - scrive la Commissione Cei - hanno bisogno di adulti che si schierano dalla loro parte, che investono per loro e con loro”. In questa prospettiva, la Cei si fa portavoce di una serie di proposte già contenute in una nota pastorale del 2005 e volte a “diffondere un’azione educativa e culturale che valorizzi la dignità di chi sceglie di rimanere a lavorare in campagna”. È necessario - si legge nel messaggio della Cei - “favorire nuove politiche per l’accesso dei giovani al mercato fondiario e degli affitti, strumenti fiscali adeguati, incentivi per mettere a disposizione le terre, sostegno nella fase iniziale dell’attività aziendale, azionariato popolare diffuso”. E a questo proposito i vescovi chiedono di “rendere facile l’accesso al credito agevolato per i giovani agricoltori”. E concludono: “Di fronte alla grave crisi che tocca il mondo economico e industriale, occorre guardare al futuro del nostro Paese andando oltre schemi abituali. È importante guardare al nostro futuro nel rispetto e nella valorizzazione delle tipicità dei diversi territori che la bella storia d’Italia ha posto nelle nostre mani e che costituiscono l’unico Paese”. (R.P.)

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    Anno della Fede: in un libro le riflessioni di Paolo VI sulla fede

    ◊   L’anno della Fede indetto da Benedetto XVI in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II è un invito, in tempi difficili di dubbi e incertezze, a ripartire dalle fondamenta del nostro credere. Accogliendo l’appello di Benedetto XVI, Ettore Malnati - vicario episcopale per il laicato e la cultura per la diocesi di Trieste - ha raccolto e ordinato le riflessioni sulla fede che Paolo VI ha offerto lungo tutto l’arco del suo pontificato. Sono preghiere, esortazioni, discorsi e omelie che hanno come tema centrale la fede e il valore di questo grande dono per la vita quotidiana di ogni cristiano. Paolo IV ci ricorda che la fede è la grande sfida posta all’uomo moderno: è la strada per conoscere Dio e ritrovare la sua presenza nel mondo, ma senza entrare in conflitto né con la scienza, né tantomeno con il progresso, anzi illuminandone il cammino. Essa è inoltre la chiave principale per comprendere in profondità gli insegnamenti del Concilio Vaticano II e per risanare le ferite causate dalle interpretazioni arbitrarie. Attraverso gli insegnamenti di Paolo VI si può riscoprire cosa sia la fede, quanto sia necessaria e preziosa, per i laici così come per i sacerdoti, e come essa soltanto sia in grado di trasformare completamente la vita dell’uomo diventando fonte di gioia e offrendo la forza di generare testimonianza e carità. Il libro edito da Cantagalli, ha un'introduzione dell'arcivescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 290

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.