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Sommario del 14/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: la ricchezza non dà la felicità sulla terra né la vita eterna, occorre condividerla con i poveri
  • Il Sinodo auspica una primavera cristiana perché nei Paesi arabi ci sia più libertà e pace
  • Sinodo. Mons. Onaiyekan: i cristiani in Nigeria rispondano con la pace alle violenze estremiste
  • Il cardinale Wuerl: il mondo ha sete di Dio, ma bisogna rinnovare testimonianza e linguaggi
  • Oggi in Primo Piano

  • Mali. L'Onu pronta ad intervenire per risolvere la spaccatura tra Nord e Sud
  • Elezioni in Montenegro: favorito il centrosinistra dell'ex premier Djukanovic, filo-europeista
  • Mons. Ayuso Guixot al Forum di Istanbul: libertà religiosa necessaria per la giustizia sociale
  • L'Anno della fede a Napoli. Il cardinale Sepe: portare con coraggio il Vangelo in un mondo ferito
  • Superare la noia dell'omelia: nuovo Corso alla Pontificia Università Salesiana
  • Un frate francescano canta le lodi di Dio nel tempio del pop
  • Campagna del Fondo Ambiente Italiano: "Ricordati di salvare l'Italia"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria, attaccata moschea: almeno 20 morti
  • Raid israeliani a Gaza: uccisi 3 militanti salafiti
  • Siria: il governo chiude lo spazio aereo alla Turchia. Scontri al confine con la Giordania
  • Pakistan: migliorano le condizioni di Malala, ferita dai Talebani
  • Eurozona in ripresa mentre si protesta ancora a Madrid
  • Lituania: si vota per il parlamento e per la nuova centrale nucleare
  • Il traffico di armi leggere supera 8,5 miliardi di dollari l’anno
  • Centro America, carovana delle madri alla ricerca dei figli scomparsi
  • Libano, catechisti e missionari “inviati speciali” nell’Anno della fede
  • Anno della fede in Tagikistan: “anno di grazia” per la piccola comunità cattolica
  • Rapporto Caritas 2012: la crisi si abbatte sulle vecchie povertà e ne crea nuove
  • A Catania il 17 ottobre "La notte dei senza dimora"
  • La Cei promuove un nuovo sito per l'accesso digitale ai catechismi
  • Sequestrate in Italia 4 mila tonnellate di alimenti nocivi
  • Al via in Italia la settimana del Pianeta Terra: 136 eventi per scoprire le geoscienze
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: la ricchezza non dà la felicità sulla terra né la vita eterna, occorre condividerla con i poveri

    ◊   La ricchezza non dà la felicità sulla terra né la vita eterna: è quanto ha detto il Papa oggi all’Angelus rivolgendosi ai tanti pellegrini radunati in Piazza San Pietro. Benedetto XVI ha preso lo spunto dal Vangelo della liturgia domenicale invitando a usare la ricchezza in modo evangelico: condividendola con i più poveri. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Vangelo di questa domenica è quella del “giovane ricco” che osserva esteriormente tutti i comandamenti di Dio ma non ha “ancora trovato la vera felicità” e per questo domanda a Gesù come fare per «avere in eredità la vita eterna». Questa la riflessione del Papa:

    “Da una parte egli è attratto, come tutti, dalla pienezza della vita; dall’altra, essendo abituato a contare sulle proprie ricchezze, pensa che anche la vita eterna si possa in qualche modo «acquistare», magari osservando un comandamento speciale”.

    Gesù coglie il desiderio profondo che c’è in quella persona, e “fissa su di lui uno sguardo pieno d’amore: lo sguardo di Dio”:

    “Ma Gesù capisce anche qual è il punto debole di quell’uomo: è proprio il suo attaccamento ai suoi molti beni; e perciò gli propone di dare tutto ai poveri, così che il suo tesoro – e quindi il suo cuore – non sia più sulla terra, ma in cielo, e aggiunge: «Vieni! Seguimi!» (v. 22). Quel tale, però, invece di accogliere con gioia l’invito di Gesù, se ne va via rattristato (cfr v. 23), perché non riesce a distaccarsi dalle sue ricchezze, che non potranno mai dargli la felicità e la vita eterna”.

    Gesù insegna che per un ricco è molto difficile entrare nel Regno di Dio, ma non impossibile:

    “Infatti, Dio può conquistare il cuore di una persona che possiede molti beni e spingerla alla solidarietà e alla condivisione con chi è bisognoso, con i poveri, ad entrare cioè nella logica del dono”.

    “La storia della Chiesa – osserva - è piena di esempi di persone ricche, che hanno usato i propri beni in modo evangelico, raggiungendo anche la santità”, come San Francesco, Santa Elisabetta d’Ungheria o San Carlo Borromeo. Quindi cita San Clemente di Alessandria:

    «La parabola insegni ai ricchi che non devono trascurare la loro salvezza come se fossero già condannati, né devono buttare a mare la ricchezza né condannarla come insidiosa e ostile alla vita, ma devono imparare in quale modo usare la ricchezza e procurarsi la vita»”.

    Al termine dell’Angelus, il Papa ha ricordato che ieri, a Praga, sono stati proclamati Beati Federico Bachstein e tredici Confratelli dell’Ordine dei Frati Minori uccisi nel 1611 a causa della loro fede:

    “Sono i primi Beati dell’Anno della fede, e sono martiri: ci ricordano che credere in Cristo significa essere disposti anche a soffrire con Lui e per Lui”.

    Infine, ha salutato i fedeli giunti dalla Polonia, dove oggi si celebra “la Giornata del Papa” con il motto: “Giovanni Paolo II – Papa della Famiglia”, e i partecipanti all’Ecorally San Marino-Città del Vaticano.

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    Il Sinodo auspica una primavera cristiana perché nei Paesi arabi ci sia più libertà e pace

    ◊   Pausa domenicale, oggi, al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. I lavori riprenderanno domattina, con il proseguimento della discussione generale. Ieri pomeriggio, invece, l’Assemblea episcopale ha affrontato il tema della presenza dei cristiani nei Paesi arabi, auspicando l’avvio di una “primavera cristiana” che aiuti lo sviluppo della libertà e della pace. Il servizio di Isabella Piro:

    Una “primavera cristiana” che contribuisca, grazie alla nuova evangelizzazione, allo sviluppo di una vera “primavera araba” di democrazia, libertà, giustizia e pace contro tutte le forme di violenza e di soppressione dei diritti. E’ questo l’auspicio del Sinodo per il Medio Oriente e per quei Paesi – come Iraq, Egitto e Siria – in cui si riscontrano aggressioni ingiustificate contro i cristiani. Sono atti, affermano i vescovi, che deformano il volto dell’islam moderato.

    Di qui, l’invito a promuovere il dialogo interreligioso, soprattutto attraverso la testimonianza di vita quotidiana. Anche perché – nota il Sinodo - basta un giorno per diventare musulmano ed è poi difficile rinunciare a questa religione, mentre un corso di catechismo dura in media tre anni, ma i battezzati si dimenticano facilmente della Chiesa cattolica, forse perché la loro fede è emotiva e superficiale.

    Quindi, spazio ai giovani: i Padri sinodali ripongono in loro la fiducia della Chiesa, in quanto nuovi agenti di evangelizzazione, soprattutto fra i coetanei. Centrale, per questo, il sostegno alla famiglia, vera Chiesa domestica: chi ha figli, ha speranza, dicono i vescovi, mentre l’Europa, ad esempio, con la sua natalità in calo, sembra aver contratto il virus della paura del futuro.

    Sulla stessa linea, anche l’apprezzamento che l’Assemblea episcopale esprime alle comunità ecclesiali di base e ai catechisti, ritenuti fondamentali per la nuova evangelizzazione, soprattutto là dove mancano i sacerdoti. Per loro, il Sinodo chiede condizioni lavorative migliori, un ministero stabile nella Chiesa ed una maggiore valorizzazione del loro operato. La premura del Sinodo va anche ai seminari, affinché riescano ad essere più autonomi dal punto di vista economico, e alle coppie divorziate che spesso si sentono incomprese ed escluse. Bisogna ricordare loro, invece, dicono i vescovi, che esse sono sempre nel cuore della Chiesa.

    Infine, l’Assise sinodale richiama il legame tra fede e carità, ribadendo che esse devono procedere insieme: solo così infatti, la prima non sarà qualcosa di astratto e la seconda non rimarrà semplice filantropia.

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    Sinodo. Mons. Onaiyekan: i cristiani in Nigeria rispondano con la pace alle violenze estremiste

    ◊   La religione non venga manipolata dalla politica, ma sia uno strumento di pace. E’ con questa esortazione che i Padri sinodali hanno espresso vicinanza e solidarietà alla Nigeria. Nel Nord del Paese, scenario di attentati condotti dai fondamentalisti di Boko Haram spesso contro luoghi cristiani, la Chiesa è impegnata nella promozione della giustizia e della pace. Lo conferma l’arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onaiyekan, al microfono del nostro inviato al Sinodo Paolo Ondarza:

    R. – La Chiesa in Nigeria è parte della comunità nigeriana e, in quanto parte della comunità nigeriana, si trova sotto la pressione di gruppi terroristici islamici che hanno causato tanto disordine, particolarmente nel Nord. Non credo si tratti di un attacco diretto soltanto ai cattolici o, più in generale, ai cristiani. Stiamo parlando di un problema nazionale, anche il governo nigeriano lo considera tale. Non si deve dimenticare che la Nigeria non è un Paese islamico dove i cristiani sono una minoranza sotto persecuzione. Il nostro presidente è un cristiano anglicano. Il presidente del nostro Senato è un cattolico. Insomma, non si deve pensare alla Nigeria o ai cristiani della Nigeria come ad un piccolo gruppo sotto persecuzione. Ci troviamo di fronte ad una sfida enorme: la nostra situazione richiede che i cristiani, e i cattolici in particolare, vivano la loro fede con convinzione e specialmente che siano uomini di pace.

    D. – La testimonianza dei cristiani è molto importante per la Nigeria...

    R. – E’ molto importante. Adesso la comunità cristiana è molto provata perché con gli attacchi alle chiese tanti fedeli cominciano a perdere il “gioiello” cristiano del perdono verso i nemici e c’è chi addirittura chi manifesta il desiderio di vendetta, di rappresaglia. Noi diciamo: no! Non è così che si vive da cristiani. E non è neanche così che si giungerà alla pace nel Paese.

    D. – Il fatto che si colpiscano spesso luoghi di culto cristiani durante celebrazioni importanti per la fede cristiana, che significato ha?

    R. - No, questa gente cerca bersagli facili: una chiesa nella città è un facile bersaglio, non è protetta da particolari misure di sicurezza e quindi la colpiscono. Ma quando si tratta di una celebrazione grande, per esempio dello Stato, in cui le misure di sicurezza sono elevatissime, nessuno si avvicina. Nella mia cattedrale ad Abuja abbiamo provveduto alla sicurezza in modo molto ben organizzato: ad esempio le automobili non possono avvicinarsi alla chiesa; tutti parcheggiano la macchina lontano e vengono in chiesa a piedi. E’ il prezzo che dobbiamo pagare per la sicurezza.

    D. - Cosa vuol dire parlare di nuova evangelizzazione in Nigeria?

    R. – In un Paese come il nostro, dove l’evangelizzazione è recente, parlare di nuova evangelizzazione vuol dire dare un nuovo slancio alle cose che come cristiani facciamo. Io sono cristiano di seconda generazione, il mio papà si è convertito e mi ha allevato come un cattolico: il mio compito è ritrovare l’entusiasmo di mio padre nella fede ed è quanto cerco di fare!

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    Il cardinale Wuerl: il mondo ha sete di Dio, ma bisogna rinnovare testimonianza e linguaggi

    ◊   Di fronte ad uno “tsunami di influenza secolare” che dagli anni ’70 e ’80 ha cambiato “in modo drammatico” il volto delle nostre società, i cristiani superino la sindrome dell’imbarazzo di annunciare Gesù. Così il relatore generale del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, lunedì scorso ha aperto i lavori dell’assise che si svolge a 50 anni dal Concilio Vaticano II. Ascoltiamo il porporato al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – The council began with...
    Il Concilio è iniziato con la richiesta del Beato Papa Giovanni XXIII di portare l’antica e vera fede e proclamarla in modo che potesse essere ascoltata oggi, dalla cultura moderna in cui viviamo. Aggiornare l’annuncio della fede, presentarla nella sua verità, ma in un linguaggio che potesse essere capito oggi. La nuova evangelizzazione è questo: portare il mistero meraviglioso della nostra fede, la rivelazione di Gesù Cristo, ed annunciarla ad un mondo che ha bisogno di ascoltare il Vangelo, ma in un tono, un linguaggio che tocchi la gente dei nostri giorni.

    D. – Eppure oggi il mondo sembra voler dimenticare Dio, volerlo accantonare nella sfera privata. Come rispondere a questo? Assistiamo anche ad una certa timidezza da parte degli stessi cattolici nel proclamare il Vangelo...

    R. – I think that part of what we need…
    Penso che oggi ciò che dobbiamo fare possa essere spiegato in tre fasi. Primo, rinnovare la nostra fede individualmente. Ognuno di noi deve rinnovare la propria convinzione, la propria fede e poi essere sicuro nella Verità, dimorare nella Verità, riconoscere che il Vangelo di Gesù Cristo è la Verità. Secondo, dobbiamo essere tolleranti nei confronti degli altri, ma non dobbiamo mai accettare compromessi o vergognarci della verità della Buona Novella. E la terza parte della nuova evangelizzazione è condividere semplicemente il dono della fede con il prossimo: dire che Dio ci ama, che Cristo è venuto per salvarci. Lo Spirito ci sostiene nel cammino della vita, per costruire una società vera e giusta. Tutto quello che dobbiamo fare è proclamare la fede, ed entrare nel suo mistero.

    D. – Occorre, come lei ha detto nella sua relazione prima della discussione, superare la sindrome dell’imbarazzo nell’annuncio della fede...

    R. – It’s very important that we move…
    E’ molto importante che abbandoniamo l’idea che non si possa parlare della fede fuori dalla Chiesa, non se ne possa parlare fuori delle nostre case. Il messaggio meraviglioso è che Gesù è venuto a insegnarci l’amore al prossimo, la dedizione per gli altri, ma una dedizione che nasce dal nostro essere figli di Dio, possiamo amare l’altro con la grazia dello Spirito Santo. La sindrome dell’imbarazzo nell’annuncio della fede dovrebbe essere una cosa del passato.

    D. – C’è un’immagine molto forte che lei ha utilizzato: lei ha parlato di uno “tsunami di influenza secolare nella vita della Chiesa”, che negli anni ’70 e ’80 ha spazzato via alcuni indicatori molto importanti a livello valoriale, come il matrimonio, la famiglia. Oggi come raccogliere questa sfida e riproporre il pensiero della Chiesa?

    R. – What we need to be able to do…
    Quello che dobbiamo essere in grado di fare alla luce di questo tsunami, perché ha davvero portato via dal nostro mondo occidentale le indicazioni di base di quello che siamo, i nostri valori – il matrimonio, la famiglia, il bene e il male – quello che dobbiamo fare è iniziare a ricordare ovunque che esiste una verità sulla natura umana, siamo veramente fatti ad immagine e somiglianza di Dio e da questo derivano il nostro relazionarci agli altri, la concezione di famiglia e di matrimonio, fondamenta della società. Noi sappiamo che questo è vero, lo abbiamo sempre saputo, è parte della cultura occidentale, della cultura mondiale.

    D. – Come continuare a proclamare la verità sull’uomo, sulla famiglia, sull’amore umano, nonostante le accuse di essere retrogradi, non al passo con i tempi?

    R. – Today it’s becoming very very clear…
    Oggi sta diventando sempre più chiaro che la grande e viva tradizione della Chiesa sia la giusta via per rendere più umano l’essere umano. Siamo creati a immagine e somiglianza di Dio, per questo crediamo nel matrimonio tra uomo e donna come costitutivo della famiglia. Credo che la gente oggi inizi a comprendere che questa è la verità, e che il secolarismo non offre le basi su cui costruire la vita e il futuro.

    D. – Non teme che a volte si rischi di parlare un linguaggio attento a non ferire le opinioni degli altri e poco, invece, a proclamare la verità?

    R. – We have to be aware...
    Dobbiamo essere consapevoli di due cose. La prima, che noi proclamiamo la Verità rivelata da Gesù Cristo. La seconda, che dobbiamo dire questa verità nell’amore. Possiamo essere tolleranti nei confronti degli altri, ma questo non significa che dobbiamo scusarci o vergognarci per quello in cui crediamo. La voce di Cristo, la voce del Vangelo, la voce della Chiesa deve essere proclamata nelle piazze pubbliche. Noi diciamo la Verità nell’amore e dobbiamo impegnarci per questo in ogni ambito della vita politica e pubblica. I nostri figli e nipoti crescono in questa società. Dobbiamo essere coinvolti a costruire la società sui valori cristiani, dobbiamo far sentire la nostra voce nel mondo.

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    Oggi in Primo Piano



    Mali. L'Onu pronta ad intervenire per risolvere la spaccatura tra Nord e Sud

    ◊   In Mali sale la tensione. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che concede ai Paesi dell'Africa occidentale 45 giorni di tempo per definire un piano di intervento militare. Il Paese continua ad essere diviso in due, da una parte il Nord in mano agli islamisti di Ansar al Dine, legati ad al Qaeda del Maghreb Islamico, e ai Tuareg; dall’altra il Sud controllato da un governo di transizione. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Le Nazioni Unite scendono in campo per tentare di sciogliere il nodo che stritola il Mali, diviso tra un Nord in mano ai ribelli ed un Sud in transizione politica, dopo il golpe dei militari a marzo. Il Consiglio di Sicurezza ha adottato un documento nel quale si sostiene la pianificazione per l'invio di una forza internazionale di stabilizzazione, come chiesto ufficialmente, in una lettera inviata dal presidente del Mali, Dioncounda Traoré, alla fine di settembre.

    Assegnati al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, 45 giorni di tempo per consultarsi con l'Unione Africana, l'Ecowas e le autorità maliane, per presentare una relazione dettagliata su come la Forza dovrà essere creata, finanziata, e distribuita. Poi ci sarà un secondo passaggio che seguirà alle raccomandazioni del segretario generale Onu, ovvero l’approvazione di una seconda risoluzione per autorizzare l'invio delle truppe.

    I Quindici sottolineano la necessità che si avvii un processo politico nel Paese, accelerando la transizione dell'esecutivo, rinnovata la richiesta ai militanti affinché taglino qualsiasi legame con i gruppi affiliati ad al Qaeda del Maghreb islamico. Pronte anche una serie di misure restrittive, come l’adozione di sanzioni mirate. Ribadito l’obbligo, per i ribelli, di porre fine a tutte le violazioni dei diritti umani, tra cui attacchi contro la popolazione, violenze sessuali e reclutamento di bambini soldato.

    L’Ecowas si è detta pronta all’invio di circa 3mila soldati per aiutare l'esercito nazionale a liberare le zone del Nord. Tuttavia l’Onu precisa che un'operazione militare ha bisogno di un'attenta pianificazione, poiché un intervento mal gestito potrebbe aggravare la già drammatica situazione degli sfollati e di milioni di persone nel Paese. Sulla decisione del Consiglio di Sicurezza abbiamo raccolto l’analisi di Marco Massoni direttore ricerca per l’Africa del Centro Militare di Studi Strategici e docente di relazioni internazionali presso l’American University of Rome:

    R. – E’ una decisione positiva, perché significa che la Comunità internazionale sta prendendo sul serio quanto - da anni ormai – sta avvenendo nel Sahel e quanto è successo più recentemente in Mali. Una Risoluzione che, comunque, avrà bisogno di ulteriori approfondimenti e poi anche di una seconda risoluzione, con un mandato chiaro, circoscritto e delimitato per quella che sarà un’operazione molto probabilmente solo dell'Ecowas, cioè la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, che interverranno, anche forti della grande esperienza che negli ultimi 20 anni hanno portato avanti nella positiva risoluzione di conflitti come peacekeepers in altri Paesi membri.

    D. – Questo intervento si cala in una situazione molto complessa: da una parte un governo in transizione, dopo il golpe dei militari a marzo; dall’altra, i tuareg e gli estremisti islamici…

    R. – Il colpo di Stato è intervenuto in un momento estremamente delicato ed ha non solo indebolito il contrasto per l’avanza dei tuareg e degli islamisti. Ha anche contribuito a mantenere il Paese in una situazione di stallo che non ha consentito alcuno sviluppo. Il problema fondamentale è che il Sahel, da anni, è una zona particolarmente fragile e delicata, e per troppo tempo si è sottovalutato il problema.

    D. – Dopo questo documento dei Quindici ci sarà un intervento a breve?

    R. – Temo che ci sia la volontà di alcuni attori di mantenere la situazione ancora, per alcuni mesi, in stallo. Probabilmente c’è interesse ad attendere, a vedere cosa accadrà in Somalia, dove la situazione sta migliorando – per fortuna! – e cosa accadrà in Siria.

    D. – In che senso la crisi siriana ricade su quella maliana?

    R. – Sappiamo che in questi ultimi anni c’è stato uno spostamento della conflittualità mediorientale fino all’Africa Occidentale e probabilmente si è sviluppato un secondo polo, in cui anche al Qaeda – al Qaeda del Maghreb islamico in generale – sta traendo giovamento. Questo comporta una sorta di nuova linea di fronte fra occidentali e islamisti, in un territorio che, fino a pochi anni fa, non interessava a nessuno.

    D. – Quindi in termini di tempo quanto ci vorrà prima che le forze internazionali entrino in campo?

    R. – Credo che non si muoverà nulla fino alla fine dell’anno, anche perché la forza di intervento rapido della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale è realizzabile nel giro di trenta giorni: questa cosa sarebbe potuta avvenire già ad aprile e maggio scorso, ma non si è voluta fare perché probabilmente ci sono troppi interessi di tipo globale. Motivo, questo, per cui anche attori molto lontani dallo stesso Mali devono valutare se è opportuno, adesso o più tardi, intervenire. Una cosa è certa: più si lascia che la situazione si stabilizzi e peggio è! E questo perché in Mali confluiscono – sia da un punto di vista logistico, sia da un punto di vista di interesse – tutta una serie di fattori, che lo faranno conclamare come un nuovo-punto di scontro.

    D. - In questo scenario l'ex presidente della Commissione Europea ed ex premier italiano, Romano Prodi, nominato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, come inviato speciale per il Sahel, ha annunciato che mercoledì prossimo si recherà nella capitale maliana Bamako per colloqui. Cosa significa questo incarico?

    R. - Questo incarico significa che si vuole arrivare ad una soluzione negoziata, cosa affatto scontata, e che per certi aspetti potrebbe anche contraddire l’esigenza di uno scontro armato.

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    Elezioni in Montenegro: favorito il centrosinistra dell'ex premier Djukanovic, filo-europeista

    ◊   Elezioni anticipate oggi in Montenegro: si tratta della terza tornata elettorale nel Paese, indipendente dalla Serbia dal 2006. Grande favorita è la coalizione di centrosinistra, guidata dall'ex premier Milo Djukanovic, favorevole ad accelerare l'adesione all’Unione Europea. Per un bilancio del governo Djukanovic, Giancarlo La Vella ha intervistato Luka Zanoni, direttore del sito web “Osservatorio Balcani-Caucaso”:

    R. – Djukanovic sta dominando da anni la scena politica del Montenegro. A lui va dato il pregio di essere riuscito ad ottenere l’indipendenza. Ed è una cosa su cui ha puntato anche in questa campagna elettorale, creando un nuovo confronto tra chi è pro e chi è contro l’indipendenza.

    D. - In questa fase di crisi economica globale, qual è la situazione di un Paese di nuova formazione, come il Montenegro?

    R. – Il Montenegro si trova in una situazione economica piuttosto grave. Le varie privatizzazioni che ci sono state, tra cui quella dell’alluminio, sono state una sorta di fallimento, perché gli investitori russi e anche italiani hanno fatto tutti un piccolo passo indietro. Alla luce di questa situazione difficile, Djukanovic si ripresenta un’altra volta. Rappresenta in qualche modo “la certezza” di fronte all’incertezza. Non è l’uomo nuovo e punta sulla questione europea, perché la considera appunto un nuovo cavallo di battaglia.

    D. – E a proposito delle istanze europee, a che punto è il processo di adesione a Bruxelles?

    R. – Il Montenegro, in effetti, è uno dei Paesi che più si è spinto in avanti, lungo il percorso di integrazione europea. Ha avuto una data di avvio dei negoziati ed è un pezzo più avanti della Serbia, per esempio, che ha solo lo stato di Paese candidato.

    D. – Che cosa rimane dell’esperienza federale con la Jugoslavia e poi di quella successiva, dell’unione con la Serbia?

    R. – Rimangono rapporti di buon vicinato, diciamo così. Una delle polemiche, per rimanere nell’ambito della campagna elettorale, è stata la questione del Kosovo. Ovviamente, quando il Kosovo è diventato indipendente il Montenegro ha poi riconosciuto l’indipendenza e quindi si è mosso su un binario diverso, alternativo a quello della Serbia. Ci sono buoni rapporti con la Croazia, ma con Belgrado c’è stata un po’ di frizione, sia riguardo alla questione del Kosovo appunto, sia riguardo ad altre questioni, che possono essere la lingua, la Chiesa e così via. Una volta erano insieme, poi si sono divisi, e quindi si è accentuato lo iato tra il Montenegro e la Serbia.

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    Mons. Ayuso Guixot al Forum di Istanbul: libertà religiosa necessaria per la giustizia sociale

    ◊   Si è concluso oggi in Turchia il Forum mondiale di Istanbul sul tema della giustizia. Il Forum nasce come luogo di incontro di leader politici, imprenditori, docenti universitari, intellettuali, leader di Ong e personalità dei media di tutto il mondo per discutere questioni sociali, politiche ed economiche a livello regionale e globali. Tra i partecipanti, padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, accompagnato dal nunzio in Turchia mons. Antonio. Lucibello. Tracey McClure ha chiesto a mons. Ayuso Guixot di sintetizzarci il suo intervento:

    R. – I reminded the participants that justice and peace...
    Ho ricordato ai partecipanti che la giustizia e la pace cercano il bene di ognuno e di tutti e per questa ragione esigono ordine e verità. Quando una di esse viene minacciata, entrambe vengono meno; quando la giustizia viene offesa, anche la pace viene messa in pericolo. La causa ultima di molti dei problemi che influiscono su una coesistenza pacifica e sullo sviluppo di tutti oggi, di cui siamo ben consapevoli, sono l’ineguaglianza e l’ingiustizia, ma il ruolo della religione è quello di promuovere la giustizia, un’uguaglianza che rientra nel “nuovo ordine globale”, che sta a cuore a tutti noi.

    D. – Quindi, qual è il ruolo della religione?

    R. – Indeed, religion has a role...
    La religione ha davvero un ruolo da giocare per il benessere e il giusto ordine della società, anche se sarebbe sbagliato limitare la religione ad un mero ruolo sociale. Sfortunatamente, il ruolo della religione nella società moderna viene spesso frainteso, non apprezzato e persino criticato, perché ritenuta fonte di problemi e conflitti nella società moderna. Ricordo che nel rivolgersi ai rappresentanti della società britannica, Papa Benedetto XVI, durante la sua visita in Gran Bretagna, nel 2010, ha notato che “le forme distorte della religione, come il settarismo e il fondamentalismo” possono creare problemi sociali. La religione, intesa in maniera corretta e apprezzata in maniera corretta, secondo il Papa, gioca un ruolo importante nel dibattito politico, quello di “aiutare a purificare e ad illuminare l’uso della ragione nella ricerca di oggettivi principi morali”. Quindi, “La religione... non è un problema... ma contribuisce in maniera vitale al dialogo nazionale”. La religione, dunque, ha un ruolo nel dibattito politico, non nel fornire soluzioni politiche concrete, che non rientrano nella sua competenza, ma nel ricordare alla società le oggettive norme morali alla base della giustizia e di una società giusta. E la società deve permettere alla religione di avere una sua propria voce nella pubblica piazza.

    D. – Cosa intende con questo?

    R. – Well, that religion cannot be understood...
    Che la religione non può essere intesa come un fatto solamente privato. Una società libera e giusta non viene minacciata dal fatto di permettere agli individui di esprimere le convinzioni che hanno nel cuore in franchezza, sincerità e verità. La libertà religiosa è alla base del progetto sociale ed è necessaria per la giustizia sociale. La libertà religiosa, quindi, è la base fondamentale per tutte le altre libertà. Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 1995, quando citò il ruolo della libertà religiosa nell’aiutare a causare il crollo del comunismo europeo, fece una dichiarazione profonda sul potere della voce morale della religione nell'abbattere le tirannie.

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    L'Anno della fede a Napoli. Il cardinale Sepe: portare con coraggio il Vangelo in un mondo ferito

    ◊   Giovedì scorso Benedetto XVI ha aperto con una solenne celebrazione sul sagrato della Basilica di San Pietro, l’Anno della Fede. In tutte le diocesi del mondo sono svariate le iniziative legate a questo anno di grazia voluto dal Papa. Le proposte, nelle singole realtà locali, cercano di rispondere alle necessità particolari, come a Napoli, dove sono previsti dialoghi con la città, lectio divine, giornate dedicate a fidanzati e sposi, processioni e avvenimenti culturali. Ma su che cosa punta in particolare il nuovo anno pastorale nell’arcidiocesi di Napoli? Tiziana Campisi lo ha chiesto al suo arcivescovo, il cardinale Crescenzio Sepe:

    R. – Quest’anno abbiamo messo come piano immediato dell’anno pastorale una fede rinnovata che deve contemplare la formazione integrale del cristiano che quando esce dalla Chiesa deve continuare a testimoniare questa fede nell’ambiente della società, nel luogo di lavoro nel quale è inserito.

    D. – Che cosa può dare l’Anno della fede all’arcidiocesi di Napoli?

    R. - Io credo che possa dare nuova vitalità all’interno della vita ecclesiale in quanto tale, un rinnovamento che deve partire dai pastori, dal vescovo, dai sacerdoti, dai religiosi e da tutti i laici. Certamente anche a Napoli c’è un mondo ferito, un mondo dove esiste anche la secolarizzazione, dove esiste anche una certa indifferenza religiosa, dove qualche volta si cerca di confinare la propria credenza solo nell’ambito personale, dove anche il dio denaro, le deviazioni morali, le illegalità, la corruzione, hanno parte, però c’è preponderante la volontà, direi soprattutto da parte dei laici, di essere di nuovo protagonisti di una vita cristiana che sia anche fermento di una vita più civile più autenticamente sociale.

    D. - Quali necessità sta vivendo la sua arcidiocesi?

    R. – Un po’ quella che si nota dappertutto. Ci sono difficoltà di ordine sociale, di ordine economico, di ordine finanziario. Sono una città e una diocesi che hanno sempre sofferto della mancanza di lavoro, di una educazione civile, di una vita che sia sentita come parte di comunità e quindi inserita anche nel contesto particolare che è tipico della nostra regione, della nostra città. Allora se noi riusciamo a smuovere queste incrostazioni e a far prendere coscienza di questa nostra realtà, delle ricchezze che ha, delle eccellenze dei suoi uomini, della buona volontà dei giovani, che sono una forza trainante di tutta la nostra comunità, allora questo può dare frutti insperati.

    D. - Quali parole vorrebbe rivolgere ai suoi fedeli all’inizio di quest’anno della fede?

    R. – Avere coraggio. Aprite i vostri cuori, aprite i vostri cuori e fate cadere tutte quelle mura di egoismo e di particolarismo perché solo aprendoci a Dio e aprendoci ai fratelli noi possiamo vivere con coerenza, con responsabilità, il dono della fede che Dio ci ha dato.

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    Superare la noia dell'omelia: nuovo Corso alla Pontificia Università Salesiana

    ◊   “Parlare in pubblico”: è diventato materia d’università. L’originale Corso – mirato in particolare a migliorare la comunicazione nelle omelie e nelle catechesi - viene proposto quest’anno dalla Facoltà di Scienze della comunicazioni sociale della Pontificia Università Salesiana. Docenti, Giusi Saija e Simonetta Blasi, professionista del marketing, e docente nella stessa Facoltà di Teorie e Tecniche della pubblicità. Roberta Gisotti ha intervistato Simonetta Blasi:

    R. - L’idea di questo corso nasce insieme a un percorso in comunicazione pastorale, quindi rivolto prevalentemente ai religiosi, ai sacerdoti e anche a qualche laico particolarmente interessato ad operare nell’ambito della comunicazione in pubblico per vincere - forse in parte - la “noia dell’omelia” e quindi per ravvivare il rapporto con i fedeli. Una scelta coraggiosa perché implica due figure laiche ovvero la mia collega ed io, che in qualche modo, veniamo da mondi differenti: il mondo dello spettacolo e il mondo della comunicazione pubblicitaria. Insieme, mettiamo in gioco le nostre competenze per trarre elementi, technicalities e suggerimenti che possano - in qualche maniera - ravvivare questo rapporto di attenzione. Molti altri elementi entrano in gioco, a cominciare dalla comunicazione non verbale. Se vogliamo, questo è un percorso che invita anche a ritrovarsi in autenticità nel rapporto. Del resto diceva lo stesso Paolo VI che l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni.

    D. - Ma quanto è importante esprimersi con efficacia? Spesso i fedeli si lamentano - anche lei lo ha accennato - della noiosità delle omelie…

    R. - Ci sono - purtroppo - le trappole del buon pastore; molte volte ci si dilunga con toni anche soporiferi - se così si può dire - al di là del valore immenso che invece la parola può dare. Quindi, questo percorso tende veramente a valorizzare la parola. Quello che si pensa, quello che molti analisti autorevoli pensano in questo contesto, è che si sia persa - appunto - la vivacità della testimonianza, la gioia della trasmissione della Parola, del messaggio evangelico, e che in qualche modo, questo abbia poi allontanato le persone. Si fa troppa teologia, forse troppa filosofia, e si fanno pochi riferimenti alla vita, all’esperienza vera delle persone, che è esperienza di chi parla, di chi professa la Parola, ma è anche esperienza di vita di chi ascolta.

    D. - Un Corso aperto anche ai laici ma rivolto soprattutto a sacerdoti e suore. Qualcuno sarà meravigliato che sono stati scelti come docenti un’esperta di pubblicità e un’esperta di spettacolo…

    R. - In questo c’è il coraggio, la lungimiranza, un po’ la visione di chi ha promosso questo Corso. Io personalmente provengo da esperienze di corsi di breve durata di public speaking che però solitamente tengo per aziende. L’idea e il coraggio di intraprendere un percorso a livello universitario è nata per dare naturalmente uno spessore diverso e contestualizzarlo nell’ambito della comunicazione pastorale. L’idea delle presenze laiche probabilmente vuole essere un invito a creare quel ponte - quell’esperienza che di cui parlavo prima - tra i fedeli che vogliono sentir parlare maggiormente di esperienza, e i religiosi che in qualche modo dall’esperienza della vita dei laici, possono attingere ulteriore ispirazione.

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    Un frate francescano canta le lodi di Dio nel tempio del pop

    ◊   Dalla Porziuncola al mondo intero, attraverso la musica, anzi attraverso la voce. E’ l’esperienza del frate francescano Alessandro Brustenghi, dell'Ordine dei Frati Minori, 34 anni, il tenore che ha conquistato la Decca-Universal e per la major più famosa al mondo ha inciso l’album in uscita domani, 15 ottobre. Voice from Assisi è stato registrato nel tempio del pop, gli studi londinesi di Abbey Road, dove frate Alessandro ha portato il messaggio di San Francesco attraverso 11 brani dal repertorio sacro. Il ricavato andrà alle opere di carità dell'Ordine dei Frati Minori. Gabriella Ceraso ha incontrato il giovane interprete:

    R. - I brani li abbiamo scelti tutti insieme: con il manager, il produttore e anche con altri frati e altri musicisti. Il messaggio è proprio quello della lode, cioè quando ti trovi di fronte a Dio, la prima preghiera che hai è quella dello stupore, perché Dio è bellezza. E allora lo lodi, lo ringrazi, e cominci a dire che lui è tutto il bene. Quando scopri questo, per te diventa il punto fondamentale della tua vita.

    D. - La musica come passione è arrivata prima della chiamata religiosa. È una passione o una priorità?

    R. - Il Signore ha pensato di instradarmi prima verso la musica, e poi di donarmi la vera priorità, che è quella della vita consacrata.

    D. - L’Ordine le ha insegnato anche una reinterpretazione del canto, di questa passione?

    R. - Già da prima avevo una concezione molto spirituale del canto che ho ricevuto da due grandi maestri a livello musicale: Johann Sebastian Bach e Michael Jackson. Tutto viene da Dio, arricchisce l’umanità e torna a Dio. Poi ascoltando cosa Francesco dice riguardo ai talenti, ho interiorizzato il fatto che la musica è il modo con cui Dio mi permette di amare e di comunicare il suo amore. Nella mia vita poi ho sperimentato la Provvidenza, proprio perché non ho cercato nulla e ho visto che c’è stata una continua proposta che ho riconosciuto anche grazie ai frati e agli amici che mi hanno aiutato a riconoscere la presenza di Dio in tutto questo. Forse il Signore ci sta chiedendo di evangelizzare semplicemente essendo noi stessi, poche pianificazioni a tavolino; ascoltare la voce di Dio e andare!

    D. – Lei ha registrato i suoi brani a Londra nei celeberrimi studi di Abbey Road, nel regno del rock. Crede nell’osmosi possibile tra questi due mondi così diversi, così lontani, il sacro e il profano, il commerciale e lo spirituale?

    R. - Il sacro parla direttamente di Dio. Il profano quando è bellezza, quando è bontà parla indirettamente di Dio. Il problema si pone quando la bellezza viene utilizzata per scopi negativi, per la lanciare dei messaggi sbagliati. Però credo in questa osmosi per il semplice fatto che più che un’osmosi è uno svelamento della vera natura della musica. Non è una comunicazione tra due mondi diversi, sono due facce di una stessa medaglia.

    D. - Non ha timore di perdere qualcosa di quell’umiltà che Francesco ha incarnato più di ogni altro?

    R. - Considerando che devo ancora imparare l’umiltà e ci vorrà ancora tutta la vita, credo, l’unica paura che ho è quella di non accogliere la grazia di Dio e di rimanere distaccato dalla fraternità, dai miei amici. Ma io ringrazio Dio e ho veramente tanta fiducia in Lui e in questa cosa, perché vedo che con me ci sono i frati, i miei amici che mi aiutano.

    D. - A livello emotivo che cosa ha significato o comunque che cosa ha provato entrando negli studi di Londra con il suo abito e anche con il cuore, e nella mente le lodi a Dio…

    R. - È stato molto bello, perché pensavo a quanta musica ha commosso i cuori di tante persone, quante persone hanno cambiato la propria vita ascoltando una canzone. E questo è stato possibile perché qualcuno ha lavorato, ha registrato, ha promosso. Allora io entrando in Abbey Road ho sentito tutto questo.

    D. - Quindi non si è sentito fuori luogo?

    R. - No, sono stato molto emozionato, ma felice.

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    Campagna del Fondo Ambiente Italiano: "Ricordati di salvare l'Italia"

    ◊   “Ricordati di salvare l’Italia”: si propone con questo slogan la campagna nazionale di raccolta fondi del FAI, Fondo Ambiente Italiano, in corso fino al 28 ottobre. Con un sms al numero 45503 è possibile donare due euro per sostenere tre progetti di valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico su cui il FAI intende impegnarsi prossimamente in Puglia, Emilia e Liguria. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla risorsa rappresentata per l’Italia dai suoi beni culturali, domenica 21 ottobre, in 70 città, si svolgerà anche un’originale maratona. Ma perché gli italiani sembrano amare così poco il loro Paese? Adriana Masotti ne ha parlato con Ilaria Borletti Buitoni, presidente del FAI:

    R. – Io credo che gli italiani amino l’Italia, ma credo che la cultura del paesaggio e l’attaccamento, la consapevolezza del patrimonio culturale monumentale, sia purtroppo molto bassa. Non c’è stata nella scuola una spinta perché sia più alta, le istituzioni non hanno dato un buon esempio… Il risultato è che negli italiani - anche se secondo me questa situazione sta cambiando - c’è una consapevolezza veramente poco diffusa di quanto questo patrimonio culturale debba essere protetto, conservato e valorizzato.

    D. – Da qui anche la campagna nazionale del FAI…

    R. – Proprio per lanciare un appello e l’appello è: primo, valorizzando il patrimonio culturale si può anche creare sviluppo e quindi creare occupazione; secondo, bisogna che i cittadini si rendano conto che devono rappresentare una sollecitazione per le istituzioni. Il FAI rappresenta in questo anche una voce di stimolo alla politica e alle istituzioni sui temi che riguardano la tutela e la valorizzazione del patrimonio eccezionale di cultura, di storia, di natura che ha il nostro Paese.

    D. - Quando di stratta di soldi si sta sempre molto attenti: a cosa serviranno i due euro che siamo invitati tutti a devolvere al FAI attraverso questa iniziativa?

    R. – Intanto c’è da dire che un sms al 45503 di due euro non è, per fortuna, una spesa che si può considerare eccessiva. Noi destineremo il ricavato di questa campagna in particolare a tre progetti. Uno è un’abbazia in Puglia, in provincia di Lecce, l’abbazia romanica di Santa Maria di Cerrate che ci è stata data dalla provincia, quindi è un bene pubblico, per 30 anni, per essere restaurata e riaperta al pubblico. E il Salento è una zona di straordinaria bellezza…. Poi a Finale Emilia, che è stato l’epicentro del terremoto, c’è il municipio che è un bellissimo edificio neoclassico; è stato affidato al FAI e noi lo restaureremo. Come per l’Aquila, quando abbiamo restaurato la Fontana delle 99 cannelle, questo sarà il nostro contributo alla ripresa dopo il terremoto. Poi c’è Punta Mesco che è un grande progetto di natura in Liguria. La Liguria è stata travolta da frane, inondazioni, in tempi purtroppo molto recenti e Punta Mesco sarà proprio un esempio di come si può recuperare il paesaggio anche preservandolo da questo tipo di eventi.

    D. – Nel corso della campagna, domenica 21 ottobre, ci sarà anche un’altra iniziativa aperta a tutti, la FAI-MARATHON che è una maratona che si corre con gli occhi: cosa significa?

    R. - E’ una maratona che avverrà in circa 70 città italiane. Sul nostro sito, , si vede quali città parteciperanno. E’ una maratona, io dico, anche per pigri, nel senso che lo scopo non è la competizione agonistica ma, camminando nella città in cui si vive, nel paese in cui si vive, lo scopo è la conoscenza di quello che è in quel luogo il patrimonio artistico, storico, monumentale. Quindi è di nuovo una grande manifestazione che serve per accrescere il livello di sensibilità e di consapevolezza, perché senza quello è difficile che la politica dei beni culturali nel nostro Paese possa cambiare.

    D. – Siamo in un tempo di crisi economica, è il momento giusto per parlare di arte, di cultura, di paesaggio?

    R. – Secondo me è proprio questo il momento per farlo. L’Italia ha perso molte vocazioni produttive, molte aziende se ne sono andate e cosa ci rimane? Ci rimane uno straordinario patrimonio che se fosse valorizzato si tradurrebbe in sviluppo e in occupazione. Quindi io penso che proprio in questo momento dobbiamo riflettere su un tipo di sviluppo diverso in Italia.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria, attaccata moschea: almeno 20 morti

    ◊   Ancora violenze nel nord, prevalentemente musulmano, della Nigeria. Uomini armati hanno aperto il fuoco sul fedeli in preghiera in una moschea, uccidendo almeno 20 persone. L'attentato è avvenuto a Dodo Dawa, villaggio nello Stato di Kaduna. Non vi sono state finora rivendicazioni. A compiere la strage sarebbe stata una banda di rapinatori e banditi che non erano riusciti, nei giorni scorsi, a depredare il villaggio a causa della forte reazione degli abitanti e di un gruppo di autodifesa appositamente costituito. Un portavoce militare, colonnello Sani Usman, ha detto che ''i banditi erano stati cacciati dagli abitanti e oggi sono tornati in città e si sono vendicati''. Un funzionario locale, Abdullahi Muhammad, ha spiegato che ''gli abitanti del villaggio venivano terrorizzati da un gruppo di ladri che, armati, arrivavano da accampamenti nella foresta per depredarli. Ma si sono difesi e i banditi sono tornati in forze e si sono vendicati''.


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    Raid israeliani a Gaza: uccisi 3 militanti salafiti

    ◊   Alta tensione nella Striscia di Gaza dopo i raid israeliani in cui sono rimasti uccisi tre militanti palestinesi, tra cui il capo della cellula salafita del Consiglio dell'Ashura dei Mujaheddin, responsabili di molti attacchi con i razzi verso Israele. Lo Stato ebraico ha elevato lo stato di allerta nelle località vicine all'enclave palestinese per timore di rappresaglie. Ieri è stato ucciso il 43enne palestinese con cittadinanza giordana Hisham al-Saedni, capo della cellula salafita. Un missile israeliano ha centrato la moto su cui viaggiava nei pressi di Jabaliya, nel nord della Striscia, insieme a un altro militante di 42 anni, anche lui ucciso. Un dodicenne che si trovava nei pressi è rimasto ferito. Oggi un altro attacco israeliano a Khan Younis, nel sud della Striscia, ha colpito due militanti del Fronte popolare di liberazione della Palestina che si apprestavano a lanciare razzi verso Israele. Uno dei due militanti, un 23enne, è morto e l'altro è rimasto ferito in modo grave. In previsione di possibili lanci di razzi e missili palestinesi, gli abitanti delle aree vicine alla frontiera con Gaza devono restare vicino a rifugi o a zone protette. Secondo Israele, al-Saedni stava progettando un grande attentato in collaborazione con miliziani qaedisti attivi nel Sinai egiziano. Al-Saadni era stato detenuto oltre un anno in un carcere di Hamas a Gaza. Il nuovo raid è stato ordinato in risposta al lancio di un razzo piovuto in un campus disabitato nella regione di Eshkol, nel sud di Israele.


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    Siria: il governo chiude lo spazio aereo alla Turchia. Scontri al confine con la Giordania

    ◊   La Siria ha vietato il passaggio di aerei civili turchi sul proprio territorio. La decisione, in vigore da questa notte, sarebbe stata la conseguenza di un provvedimento analogo emanato dal governo turco. Le autorità di Ankara smentiscono di aver mai adottato misure del genere e hanno ribadito che costringeranno all’atterraggio solo i velivoli che trasportino illegalmente materiale militare diretto alle forze di Assad, come è avvenuto mercoledì scorso con un aereo proveniente da Mosca. Intanto nella notte un'autobomba è esplosa nei sobborghi di Damasco uccidendo otto persone, tra le quali un bambino e due donne. Scontri anche al confine siro-giordano, dove l’esercito siriano ha aperto il fuoco su circa 400 profughi che cercavano di fuggire dal Paese, ferendone in modo grave almeno cinque. La sparatoria è avvenuta vicino alla città siriana di Tal Shebab, mentre ora i feriti si trovano negli ospedali di Ramtha, nel nord della Giordania. L’organizzazione internazionale Human Rights Watch ha inoltre accusato l’esercito di Assad di aver utilizzato bombe a grappolo di fabbricazione russa contro i civili nella città di Maarat, conquistata dai ribelli la scorsa settimana. Sul piano diplomatico è arrivato oggi a Teheran il rappresentate speciale delle Nazioni Unite Lakhtar Brahimi. Il diplomatico algerino incontrerà il ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Salehi per “scambiare punti di vista e negoziare sulla questione siriana”. Il viaggio di Brahimi, che ha già toccato Turchia e Arabia Saudita, si concluderà domani in Iraq. (M.R.)


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    Pakistan: migliorano le condizioni di Malala, ferita dai Talebani

    ◊   Migliorano lentamente le condizioni di salute di Malala Yousufzai, la 14enne attivista pakistana gravemente ferita alla testa e al collo dai Talebani quattro giorni fa nel tragitto tra casa e scuola. La ragazza, aggredita per il suo impegno nel promuovere l’istruzione femminile nel Paese, si trova ora in terapia intensiva all’ospedale militare di cardiologia a Rawalpindi e si sta valutando se trasferirla o meno negli Emirati Arabi Uniti per continuare le cure. Secondo fonti militari i medici non hanno ancora preso una decisione. Intanto, è già atterrata ad Islamabad un’”aeroambulanza” messa a disposizione dalla famiglia reale di Dubai. Alla ragazza sono state ridotte le quantità di sedativi e un portavoce delle Forze armate pakistane, ha affermato che “Malala ha mosso mani e piedi”. Solidarietà alla ragazza è stata espressa dagli islamisti pakistani del “Consiglio per la difesa del Pakistan” e dal presidente dell’Afghanistan Hamid Karzai, che in una lettera ai leader religiosi e politici pakistani ha sottolineato la necessità di prendere misure coordinate tra Afghanistan e Pakistan per combattere terrorismo ed estremismo. E proprio in Afghanistan ieri nove milioni e mezzo di studenti in oltre 15mila scuole hanno pregato per Malala. “Non dovevano spararle, è una ragazza come noi“, ha dichiarato una studentessa, mentre il portavoce del Ministero dell’Istruzione afghano, Amanullah Iman ha spiegato che “l’attacco a lei è anche un attacco contro l’insegnamento”. (M.R.)


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    Eurozona in ripresa mentre si protesta ancora a Madrid

    ◊   “L’economia dell’Eurozona è molto meglio di quella di inizio anno”. Ad affermarlo è il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, a margine dei lavori dell’assemblea del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale a Tokyo. Il gruppo del G30 si è riunito a porte chiuse per esaminare lo stato dell’economia mondiale. Draghi ha ribadito l’importanza delle misure anti-spread decise a settembre dalla Bce, giudicate “necessarie dopo la rottura della catena di trasmissione della politica monetaria nell’area Euro”. Preoccupata della crisi del settore finanziario è invece Christine Lagarde, direttore generale del FMI, per il quale “molti progressi sono stati sul fronte della regolamentazione e della riduzione, ma molto resta ancora da fare”. Intanto, da Singapore il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble assicura che non ci sarà nessun default in Grecia e che non ha senso speculare sull’uscita del Paese dall’euro, mentre secondo il settimanale "Der Spiegel" la Troika (Fmi, Uce, Bce) concederà ulteriori due anni ad Atene per centrare gli obiettivi chiesti al governo. Ieri in Spagna circa 2mila persone hanno protestato per denunciare gli effetti della crisi sulla popolazione. I manifestanti hanno marciato dalla sede dell’Ue di Madrid alla Puerta del Sol al grido di “non dobbiamo pagare”. Tra i maggiori motivi di malcontento il salvataggio delle banche spagnole da parte dello Stato e il taglio dei servizi pubblici. (M.R.)


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    Lituania: si vota per il parlamento e per la nuova centrale nucleare

    ◊   Doppio appuntamento elettorale in Lituania, dove oggi si vota per le elezioni politiche e per il referendum sulla nuova centrale nucleare. Favorito il partito socialdemocratico d’opposizione “Ordine e giustizia”, guidato dall’ex-presidente Rolandas Paksas, già sottoposto a impeachment otto anni fa per aver concesso la cittadinanza lituana ad uno dei maggiori finanziatori della sua campagna elettorale, atto giudicato in contrasto con la Costituzione. Il governo del primo ministro Andrius Kubilius, in carica dal 2008 è stato caratterizzato da forti tagli alle spese, alta disoccupazione e un abbassamento generale della qualità della vita, che ha portato molti cittadini lituani ad emigrare all’estero, generando un declino demografico tra i più alti d’Europa. La nuova centrale nucleare, che dovrebbe sostituire quella risalente all’epoca sovietica, chiusa nel 2009, è invece l’oggetto del referendum. I sostenitori del “si”, dicono che il nuovo impianto permetterebbe l’autonomia energetica della Lituania, ora dipendente per questo dalle importazioni di gas dalla Russia, mentre gli oppositori, che secondo i sondaggi sarebbero la maggioranza, puntano il dito sugli alti costi del progetto, che supererebbero i cinque miliardi di Euro. (M.R.)


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    Il traffico di armi leggere supera 8,5 miliardi di dollari l’anno

    ◊   “Il valore annuo dei trasferimenti legali di armi leggere e di piccolo calibro, compresi accessori, ricambi e munizioni supera gli 8,5 miliardi di dollari”, oltre il doppio rispetto al 2006. E’ quanto emerge dal rapporto Small Arms Survey 2012. Se si sommano i traffici illeciti - precisa Eric Berman, direttore generale della ricerca - i profitti varcano la soglia fatidica “dei 10 miliardi di dollari l’anno”. Nonostante i bilanci occidentali della difesa siano sempre più ridotti – sottolinea Avvenire - le prospettive per gli armamenti leggeri non sono affatto negative. Nel 2009, gli Stati Uniti hanno primeggiato fra gli esportatori, con 706 milioni di dollari, seguiti dall’Italia (507 milioni) e dalla Germania (452 milioni). Sempre gli Usa, il Regno Unito e l’Arabia Saudita figurano tra i principali importatori. I dati doganali parlano chiaro: ogni anno si aggiungono al triste computo 530-580mila nuove armi da fuoco, prodotte da un migliaio di aziende in un centinaio di paesi. Il fucile d’assalto belga Fal è fabbricato fra gli altri in Argentina, Australia, Brasile e India e adoperato da almeno 65 eserciti. Il Kalashnikov è stato prodotto in 100 milioni di esemplari e sul mercato nero africano si trova per 30 dollari. Secondo l’Ong Oxfam, i 26 paesi sotto embargo internazionale o regionale sono riusciti a importare armi per 2,2 miliardi di dollari dal 2000 ad oggi. Molte partite di armi che giungono nel continente africano sono smerciate in piccoli lotti a compratori per lo più ignoti. (A.L.)

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    Centro America, carovana delle madri alla ricerca dei figli scomparsi

    ◊   La "Carovana delle Madri del Centro America" arriverà domani a El Ceibo punto importante nella frontiera tra Messico e Guatemala. La carovana è composta da genitori di El Salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala che cercano i loro figli scomparsi in Messico in transito verso gli Stati Uniti In una nota inviata all’Agenzia Fides si ricorda che la carovana è partita il 10 ottobre, con l’intenzione di arrivare il 3 novembre al Distretto Federale di Città del Messico, percorrendo 14 Stati e fermandosi in 23 città, in cerca di indizi che possono condurre ai loro figli scomparsi.Durante i quasi 4.600 chilometri di percorrenza, i partecipanti saranno aiutati da enti locali, ostelli dei migranti, istituti di migrazione degli Stati di Tlaxcala, Tamaulipas e del Distretto Federale, nonché da università, attivisti e sostenitori dei diritti dei migranti. L'iniziativa mira anche richiamare l'attenzione sul trattamento che le autorità messicane offrono agli immigrati centroamericani. Sulle strade del Messico diversi migranti sono scomparsi, negli ultimi sei anni, da quando in Messico è scoppiata la "guerra contro la criminalità organizzata." Non ci sono statistiche ufficiali, ma si afferma che la campagna ha provocato circa 70.000 tra morti e dispersi, tra i quali vi sono diversi migranti. Le madri che partecipano alla Carovana hanno anche fatto richiesta per l'esumazione dei corpi che si trovano nelle fosse comuni nei cimiteri, dove sono sepolti centinaia di persone senza identificazione. La Chiesa dei Paesi centro-americani ha denunciato in diversi occasioni questa drammatica situazione. (A.L.)

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    Libano, catechisti e missionari “inviati speciali” nell’Anno della fede

    ◊   Saranno in Libano gli “inviati speciali nell’Anno della fede” per “irradiare lo spirito missionario e lo slancio di solidarietà universale”. Sono gli oltre 700 fra sacerdoti, suore, laici, formatori, animatori, catechisti che hanno ricevuto un solenne “mandato missionario” dal patriarca maronita Bechara Boutros Rai. Lo riferisce all’Agenzia Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Libano rimarcando che la solenne celebrazione, svoltasi ne giorni scorsi a Bkerke, sede del Patriarcato maronita, intendeva “aprire il mese missionario e presentare a tutta la comunità la Lettera Apostolica ‘Porta Fidei’, in cui il Papa spiega i contenuti e lo spirito dell’Anno della Fede”. Nella celebrazione, “si è compreso il profondo legame fra l’Anno delle fede e la dimensione missionaria a cui sono chiamati tutti i fedeli in Medio Oriente”. Anche il nunzio apostolico in Libano, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, presente all’Eucarestia, ha voluto sottolineare “il ruolo missionario dei catechisti, come ribadito nell’Esortazione apostolica "Ecclesia in Medio Oriente”, consegnata dal Papa nel suo recente viaggio in Libano. “La Chiesa in Libano – conclude il direttore delle Pom – intende motivare i suoi animatori, catechisti, religiosi e missionari, perché possano rinnovare lo slancio dell’evangelizzazione nell’Anno della fede”. (A.L.)

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    Anno della fede in Tagikistan: “anno di grazia” per la piccola comunità cattolica

    ◊   E’ un “anno di grazia” quello che vivrà la piccola comunità cattolica in Tagikistan. Nell’Anno della Fede”, indetto da Papa Benedetto XVI, la comunità farà “memoria delle origini”, celebrando il 25.mo anniversario dell’istituzione della “missio sui iuris”, eretta nel 1997 da Papa Giovanni Paolo II. La Chiesa cattolica – riferisce all’agenzia Fides padre Carlos Avila, dell’Istituto del Verbo Incarnato - è in Tagikistan da circa 40 anni ma dal 1974 ha iniziato a svilupparsi da quando i cattolici hanno costruito la prima chiesa nella città di Dushanbe. “I primi fedeli cattolici, per lo più di nazionalità tedesca, arrivarono da Russia, Ucraina e Lituania durante le deportazioni del periodo dell'Unione Sovietica. Sono stati i pionieri che hanno portato il seme della fede in questa terra”. “La comunità cattolica – continua padre Carlos Avila – divenne una delle più numerose dell'Unione Sovietica. Dalla tragica guerra civile del 1992-1993, iniziò però un esodo dei fedeli, non solo cattolici, che decisero di lasciare il paese per le difficoltà interne”. “Oggi – conclude il missionario – la Chiesa cattolica, nonostante i tempi difficili passati, è rinata e vive una vita nuova, con coraggio, fede e speranza”. I cristiani delle diverse confessioni (in tutto 150 mila persone) potrebbero andare incontro a nuove difficoltà per le nuove restrizioni alla libertà religiosa imposte nel 2011 e per la nuova “legge sulla responsabilità genitoriale”, che vieta qualsiasi forma di educazione religiosa ai bambini. (A.L.)

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    Rapporto Caritas 2012: la crisi si abbatte sulle vecchie povertà e ne crea nuove

    ◊   "I ripartenti. Povertà croniche e inedite. Percorsi di risalita nella stagione della crisi". È il titolo della nuova edizione del Rapporto Caritas 2012 su povertà ed esclusione sociale in Italia, che per la prima volta il 17 ottobre prossimo, Giornata internazionale di lotta alla povertà, sarà presentato e reso disponibile in versione integrale, insieme a un dépliant di sintesi e ad altro materiale di approfondimento. Il Rapporto 2012 parte dal lavoro di animazione, ascolto e osservazione condotto dalle 220 Caritas diocesane in Italia. La rilevazione fotografa i profili delle persone che si sono rivolte nel 2011 ai Centri Caritas, aiutandoci a capire come la crisi stia fortemente incidendo sulle vecchie povertà, facendone nel contempo emergere di nuove. Si tratta di storie e volti incontrati ogni giorno. Una "povertà ordinaria" che si aggiunge ai fenomeni di grave emarginazione. Ma accanto a questo, nel Rapporto 2012 c’è anche qualche segnale di speranza, rappresentato dalle esperienze avviate in tutte le diocesi per cercare di rispondere ai crescenti bisogni e al moltiplicarsi delle richieste. (L.F.)

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    A Catania il 17 ottobre "La notte dei senza dimora"

    ◊   “Dire no alla povertà”. E’ questo obiettivo dell’iniziativa “La notte dei senza dimora” promossa dalla Caritas diocesana di Catania. L’appuntamento – rende noto il Sir - è nella città etnea, in piazza Università, mercoledì 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà. “Vogliamo compiere un gesto simbolico di condivisione – spiegano gli organizzatori – e allo stesso tempo informare e sensibilizzare la gente sulla questione sociale del disagio e della marginalità sociale”. Verranno allestiti degli stands dove verrà distribuito materiale informativo delle associazioni partecipanti all'evento. Inoltre ci sarà un momento dedicato all'informazione attraverso le voci delle persone senza dimora e degli operatori della Caritas e delle altre associazioni partecipanti all'evento. Ci sarà anche la raccolta delle coperte che verranno donate all'Unità di Strada della Caritas Diocesana. (A.L.)

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    La Cei promuove un nuovo sito per l'accesso digitale ai catechismi

    ◊   Nell’apertura dell’Anno della fede, arriva il sito www.educat.it, una nuova forma di accesso digitale ai catechismi, «anche in linea con le nuove richieste dalla didattica di bambini e ragazzi», spiega mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei. Il sito, ideato e realizzato dalla Segreteria generale della Cei, continua mons. Crociata, presenta «tutti i testi dei catechismi, sia in versione navigabile, sia in versione sfogliabile, le note e, cosa più importante, l’intero apparato sinottico con il Catechismo della Chiesa cattolica». Oltre ai collegamenti incrociati tra i diversi testi, il sito offre la possibilità di accedere direttamente a tutte le citazioni della Bibbia, sia nella versione Cei del 2008 sia in quella del 1974. I testi sono accessibili mediante navigazione e indice tematico, grazie a un motore di ricerca completo ed esteso a tutti i testi di corredo. Una speciale barra di navigazione poi consente all’utente di mantenere memoria delle proprie visite, attivare un segnalibro, fare stampe personalizzate. Il sito, integralmente accessibile, può essere consultato attraverso i tablet e sarà presto disponibile anche in forma di App.(L.F.)

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    Sequestrate in Italia 4 mila tonnellate di alimenti nocivi

    ◊   In Italia quasi 4 mila tonnellate di conserve alimentari, per un valore di circa 4 milioni di euro, sono state sequestrate dai Nas nell'ambito di controlli a tappeto sul territorio nazionale effettuate nelle ultime settimane nelle aziende di produzione e distribuzione del settore. Si tratta - precisa un comunicato ripreso dal quotidiano “Avvenire” - di "prodotti irregolari e potenzialmente pericolosi per la salute". Circa 300 le ispezioni; rilevate irregolarità nel 25% delle strutture controllate. Sono state segnalate alle autorità 70 persone. In particolare, i Nas di Roma - prosegue il comunicato - hanno individuato, nella zona est della capitale, "un opificio in pessime condizioni igienico sanitarie, i cui locali adibiti a laboratorio e a deposito di alimenti, erano caratterizzati da pavimentazione sconnessa, presenza di sporco diffuso, mancanza di protezioni contro l'intrusione di roditori ed insetti; in un piazzale esterno alla struttura, assolutamente non idoneo per la conservazione di alimenti e privo di copertura, erano stoccati fusti in plastica contenenti materie prime vegetali (pomodori, melanzane, olive, etc.) ed un tank contenente olio di semi. Tali prodotti, quasi tutti privi di indicazioni tali da individuarne la provenienza, esposti alla luce del sole ed agli animali ed insetti, sarebbero stati utilizzati dalla ditta per produrre conserve in confezioni destinate direttamente al consumatore laziale. Molti dei fusti presentavano formazioni di muffe a diretto contatto con i vegetali". Nella provincia di Foggia è stato "accertato che un'azienda svolgeva la propria attività in modo del tutto abusivo. Al suo interno i militari hanno rinvenuto 160 fusti di vegetali in salamoia prodotti dalla ditta, che stavano per essere inviati presso altre aziende del settore nonostante fossero evidentemente conservati in maniera non idonea ed invasi da parassiti". I Nas di Napoli, poi, hanno individuato in un cortile esterno ad un'azienda di produzione decine di fusti in plastica con semilavorato di pesche (scarto della produzione aziendale di frutta sciroppata) destinato alla preparazione di succhi di frutta, che all'esame dei militari sono risultati invasi da muffe, moscerini e parassiti. Nella provincia di Perugia i Nas hanno trovato all’interno di una ditta insetti, escrementi animali e un roditore morto. E in un'azienda della provincia di Bologna, specializzata nella lavorazione di frutta in genere, hanno sottoposto a sequestro oltre 26 tonnellate di materie prime provenienti dall'estero, scadute anche da 2 anni e conservate in celle frigo. (A.L.)

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    Al via in Italia la settimana del Pianeta Terra: 136 eventi per scoprire le geoscienze

    ◊   Parte oggi in Italia la “settimana del Pianeta Terra”, promossa dalla Federazione italiana scienze della terra” (Fist) con l’obiettivo di diffondere la cultura geologica e mostrare le applicazioni nella vita quotidiana delle geoscienze. Previsti fino al 21 ottobre oltre 130 “geo-eventi” in 90 città: visite museali, spettacoli teatrali ed escursioni su vulcani, fiumi, laghi, grotte e miniere. In Liguria sarà possibile passeggiare sul fondo dell’antico oceano al Parco naturale dell’Aveto, mentre a Catania si potrà osservare la morfologia dell’Etna e gli effetti del terremoto del 1863. Paesaggi risalenti al Paleolitico saranno visitabili ad Allumiere e Tolfa, vicino Roma, mentre Torino ospiterà una convention nazionale di geologi ed esperti per confrontarsi sui problemi geologici del territorio piemontese. “La settimana della terra rappresenta un’occasione importante per il nostro Paese, che è così indissolubilmente legato alle bellezze, alle risorse e ai pericoli che ci riserva il nostro pianeta”, ha spiegato Mario Soldati, componente della commissione nazionale della Fist per l’organizzazione dell’evento. Il programmo completo delle iniziative è sul sito www.settimanaterra.org (M.R.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 288

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